like a game of chess.

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  1. it's mandy‚ bitch
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    La passaporta presa al Ministero la fece ricomparire in un delle tante strade di Diagon Alley. Amanda rabbrividì, affondando le mani nude nelle tasche del cappotto di lana, il respiro che si condensava nell’aria, in piccole nuvolette. Visto l’orario – primo pomeriggio, poco dopo pranzo – le strade della cittadina magica erano insolitamente deserte e la maggior parte dei negozi ancora chiusi per la pausa. A dispetto del pallido sole invernale, l’aria era densa, ricolma di nebbia ed umidità, a tal punto da rendere l’atmosfera quasi spettrale. Le poche persone che incrociò camminavano velocemente, strette in pesanti mantelli e sciarpe di lana, ciascuno assorto nei propri pensieri o, forse, desiderosi di trovarsi altrove, al caldo, davanti ad uno scoppiettante caminetto e con una tazza fumante tra le mani. Raggiunse l’intersezione con Knockturn Alley, dove l’imponente facciata alabastrina della Gringott troneggiava sulla strada ed entrò, percorrendo gli scalini che conducevano alla hall principale. Il rumore dei suoi passi sul pregiato pavimento di marmo venne amplificato dall’eco degli alti soffitti ma, se non altro, la temperatura era molto più gradevole rispetto all’esterno. Incontrò lo sguardo di un’impiegata seduta alla reception principale e le rivolse un sorriso, avvicinandosi sino a coprire la distanza che le separava. « Buon pomeriggio e benvenuta alla Gringott, posso esserle utile? » Mandy notò che era vestita in maniera molto curata, le unghie smaltate di rosso scuro, perfettamente intonate alla sfumatura del rossetto, applicato con precisione quasi maniacale. « Sì, salve. Mi chiamo Amanda Brocklehurst, ho un appuntamento per una consulenza privata. » Gettò una rapida occhiata all’orologio che portava al polso. « Sono un po’ in anticipo, se dovesse essere un problema poss- » Ma la donna non la stava nemmeno ascoltando. Una volta udito il suo nome aveva aperto il grande registro rivestito di pelle bordeaux, scorrendo tutti i nomi degli appuntamenti della giornata, sino a fermarsi accanto al suo, tamburellando con il dito indice. « Ah, eccola qua! » Esclamò. « Quattordici e trenta, la signorina Brocklehurst. Ha un appuntamento con… » Esitò un istante, battendo le palpebre un paio di volte, come se faticasse a comprendere la propria grafia. « il signor Carrow. » Quasi trasalì nell’udire il cognome di Deimos, impallidendo leggermente. Fece per replicare – qualcosa, qualunque cosa - ma l’impiegata si era già alzata, lisciando il tessuto del golfino rosa pastello. « Dovrebbe essere già rientrato dal pranzo, vado a controllare se è pronto per riceverla. » Si allontanò a passo svelto, i sottili tacchi a spillo che ticchettavano sul pavimento ludico. Amanda sospirò, sfregandosi il viso con le mani, in un gesto abituale che tradiva parte del suo nervosismo. Spostò il peso da una gamba all’altra e si guardò attorno. Provava la spiacevole sensazione che lo sguardo dei pochi impiegati presenti, apparentemente ligi al proprio dovere, si fosse improvvisamente spostato su di lei. Si costrinse ad inspirare lentamente mentre l’inquietudine iniziava a tramutarsi in un panico crescente, che si espandeva a partire dalla bocca dello stomaco. Da quando era rimasta incinta – e ancor di più da quando era tornata dalla Danimarca – aveva accuratamente evitato qualunque occasione in cui avrebbe potuto imbattersi in Deimos Carrow. Si era concentrata sul lavoro, sul trasloco nelle Highlands, sull’inizio della sua nuova vita, ripetendosi, come un mantra, che tutto ciò che era accaduto in precedenza non la riguardava più. Non era più affar suo. Aveva preso consapevolmente quella decisione dopo averci riflettuto per mesi. Malgrado ciò, però, scacciarne completamente il pensiero era stato impossibile. I pochi giorni di vacanza sotto il periodo natalizio erano trascorsi con una lentezza snervante in cui le riunioni di famiglia erano state la ciliegina sulla torta: circondata dai Gaunt e dai Brocklehurst al completo, nonché ulteriori ospiti, Amanda non si era mai sentita tanto sola. Lo aveva realizzato durante la cena della vigilia, giocherellando pigramente con l’antipasto che aveva nel piatto, la mente lontana e le chiacchiere degli altri commensali ridotte ad un rumore ovattato di sottofondo. « Signorina. Signorina Brocklehurst? » La voce dell’impiegata la riscosse. Mandy battè ripetutamente le palpebre, disorientata. Non si era accorta che fosse tornata. Era troppo tardi per scappare – un’arte che Amanda aveva perfezionato nel corso di tutta la sua vita. « Mi segua, la prego. » La seguì lungo un corridoio che conduceva agli uffici, lo sguardo puntato sullo chignon elegante della donna che la precedeva, senza davvero vederlo. Si sentiva strana, come se non fosse realmente lì e si trattasse di una dimensione onirica dalla quale avrebbe potuto risvegliarsi da un momento all’altro. La donna si fermò accanto ad una porta aperta, in attesa che entrasse. Mandy si irrigidì, le dita strette a pugno sino a far sbiancare le nocche, all’interno delle tasche. Per la prima volta dopo anni sentì il bisogno di ricorrere alle pillole per soffocare ogni pensiero e sensazione. Prese un respiro profondo ed entrò nell’ufficio a passo incerto. L’addetta alla reception le richiuse la porta alle spalle ed Amanda sobbalzò, i nervi a fior di pelle. Si schiarì la voce, in un debole tentativo di riacquisire la compostezza che la caratterizzava. Era insolitamente pallida ed il cuore le batteva talmente velocemente che lo scorrere del sangue nelle tempie sovrastava qualunque altro rumore. « Buongiorno. » Rimase immobile, in piedi al centro della stanza, mentre lo sguardo si posava sulla figura di Deimos Carrow. Non osava guardare altrove, terrorizzata all’idea che, per qualche assurdo motivo, potesse esservi traccia di David. « Io… » Aprì la bocca e la richiuse. Non sapeva cosa dire. Come sta nostro figlio? Ave passato un buon primo Natale? Ti lascia dormire di notte oppure continua a svegliarsi alle tre del mattino? Probabilmente non esisteva nulla di opportuno da dire, in una situazione simile. Deglutì, sentendo la gola spiacevolmente secca. « Sono arrivata in anticipo, perciò… » Si strinse nelle spalle, avanzando di un paio di passi sino alla scrivania, ignorando la comoda poltroncina imbottita destinata ai clienti. « Se ha da fare posso aspettare che qualcun altro sia lib- » Nel gesticolare con le mani, mosse la sinistra di scatto, urtando un portapenne sulla scrivania. Il contenuto si rovesciò sul pavimento, spargendosi ovunque. « Ah! Mi dispiace. » Si chino in tutta fretta, raccogliendo la cancelleria e riponendola all’interno del contenitore. Lo posò sulla scrivania e si raddrizzò, premurandosi di fare un passo indietro. Guardò Deimos, a poco più di un metro e mezzo di distanza da lei, apparentemente imperturbabile. Era trascorso più di un anno dall’ultima volta che si erano ritrovati nella stessa stanza, prima di scoprire di essere incinta, di Copenaghen, della convivenza con Regulus. Da allora non vi era stato alcun contatto tra loro, nemmeno dopo il suo ritorno in Inghilterra. La notizia dell’esistenza di David, così come la sua egoistica decisione di affidarglielo, erano state accolte con assoluto silenzio. Al principio, Amanda ne era stata sollevata. Durante la gravidanza una piccola parte di lei era aveva temuto che Deimos Carrow non sarebbe stato intenzionato a ricoprire il ruolo di padre per un figlio che non aveva cercato e di cui, inoltre, era stato tenuto all’oscuro; non senza pretendere un confronto, per lo meno. L’assenza di qualunque tentativo di contattarla le aveva permesso di prendere un sospiro di sollievo ma, al contempo, l’aveva egualmente disorientata. Si era preparata a doverlo fronteggiarle, a dover spiegare le ragioni che avevano guidato le sue decisioni e invece… lui non le aveva chiesto nulla, mai. “Perché ora dovrebbe essere diverso?” Quell’ipotesi la aiutò a riprendere il controllo. Visti i precedenti, non vi era motivo di pensare che quell’appuntamento fosse casuale e puramente professionale. Si raddrizzò. « Avrei bisogno di un consulto sulla fusione di due camere blindate. » Esclamò infine, appoggiando la borsa sulla poltroncina e sfilandosi la giacca e la sciarpa. Si sedette, la scrivania ad interporsi tra loro come perfetta metafora dell’argomento su cui entrambi stavano tacendo. « In particolare, mi domandavo cosa ne sarebbe di una delle due camere, una volta svuotata. » Accavallò le gambe e posò le mani in grembo, tamburellando nervosamente con le dita. Pur non avendone ancora parlato con Regulus, in vista del matrimonio – e, di conseguenza, della relativa condivisione dei beni – aveva pensato a lungo all’eventualità di mantenere un conto personale, in modo da poterne disporre liberamente per le spese personali: le sembrava una soluzione pratica di cui avrebbero beneficiato entrambi unilateralmente. « Sarei interessata a mantenerne una personale e privata, come sola intestataria, in cui depositare una piccola parte dello stipendio ed eventuali accrediti straordinari. In maniera del tutto legale, ovviamente. » Piuttosto ironico che proprio lei si sentisse in dovere di rimarcare la necessità di essere trasparenti.

     
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    La vita di Deimos era cambiata in maniera impressionante, da poco prima di Natale era stata letteralmente messa sotto sopra dall'arrivo inaspettato di quel bambino. Un arrivo che Deimos aveva preferito tenere privato. I suoi orari e le sue giornate avevano subito un brusco cambiamento. Dopo aver contattato Jude aveva chiamato il suo avvocato, alla ricerca di un pratico e professionale consiglio; dopotutto non capitava tutti i giorni di vedersi consegnare un neonato sulla porta di casa. L'uomo gli aveva suggerito che se avesse voluto avrebbe potuto organizzare un'adozione sotto banco, così che nessuno avrebbe mai saputo o chiesto nulla a riguardo; una soluzione per cui Deimos era stato tentato di prenderlo a pugni. Nonostante le condizioni del suo arrivo non erano le più rosee, quel bambino era figlio suo, sangue del suo sangue e non avrebbe mai permesso a qualche estraneo di crescerlo. Aveva assunto una tata a tempo pieno e lui stesso aveva notevolmente ridotto i suoi orari. Non rimaneva più in ufficio fino alle dieci di sera e raramente si presentava prima delle otto. Un comportamento che in molti avevano trovato più che strano, ma di cui non doveva rendere conto a nessuno. Non aveva alcuna idea di come occuparsi di un bambino, ma con il tempo stava imparando, lentamente, ma lo stava facendo. Le notti erano sicuramente le più difficili, soprattutto all'inizio quando David si svegliava piuttosto spesso. Nonostante la presenza della tata non ignorava mai i pianti di suo figlio, preferiva essere lui a consolarlo, a sfamarlo e cambiarlo prima di metterlo nuovamente a letto; fare tutte quelle cose che Abraxas non aveva mai fatto. A undici mesi David era un bambino in salute, curioso e decisamente avventuroso; proprio per questo motivo casa sua era diventato un parco giochi a misura di bambino, completo di cancelletti, paraspigoli e meccanismi di blocco per cassetti; astuzie necessarie da quando il bambino aveva imparato a gattonare. Ogni tanto lo sorprendeva mentre cercava di tirarsi in piedi, aggrappandosi a qualsiasi superficie, salvo poi ricadere sul sedere. Deimos aveva sempre saputo che prima o poi sarebbe diventato padre, ma all'epoca di immaginava una realtà del tutto differente; una realtà più stabile che avrebbe condiviso con una compagna. Ricordava perfettamente Amanda e per i primi periodi, dopo l'arrivo di David, aveva provato più volte a cercarla, ma ogni suo sforzo risultava essere un buco nell'acqua. All'inizio si era ostinato, incredulo di fronte a tutta quell'indifferenza, ma di fronte alla realtà dei fatti aveva lasciato perdere; David non aveva bisogno di una madre che non lo voleva. Aveva incaricato il suo avvocato di sistemare tutte le carte, per avere la certezza e la sicurezza che David fosse solo una sua responsabilità; l'ultima cosa che voleva era essere trascinato in un'estenuante battaglia legale per la sua custodia. Quella mattina aveva faticato a recarsi in ufficio, il piccolo stava iniziando a mettere i dentini e aveva passato la notte in bianco, troppo impegnato a cullarlo contro il proprio petto. Aveva contattato la sua segretaria per spostare alcuni appuntamenti, ma alcuni di questi erano di natura urgente e non potevano essere posposti. Deimos raramente incontrava direttamente i clienti, salvo quando si trattava di clienti di alto profilo o con richieste particolari che necessitavano della sua approvazione. Durante la pausa pranzo aveva chiamato casa per sapere come stesse David e la tata lo aveva informato che nonostante i capricci aveva mangiato e che in quel momento stava riposando.; rincuorato dalle notizie tornò al lavoro per l'appuntamento successivo. « Buongiorno. » La voce della donna gli arrivò come una stilettata, privandolo della lucidità con cui solitamente svolgeva il suo lavoro. Deimos era una persona piuttosto chiusa, raramente lasciava intravedere i suoi sentimenti, ma per la prima volta non aveva alcun dubbio...era infatti certo che la sua rabbia fosse scritta sul suo volto a caratteri cubitali. Guardò la sua agenda e il nome di Amanda era lì e lo spinse a chiedersi come aveva fatto a non accorgersene. « Io…Sono arrivata in anticipo, perciò…Se ha da fare posso aspettare che qualcun altro sia lib- » L'aveva osservata mentre si spostava nel suo ufficio, mentre si avvicinava alla sua scrivania fuggendo dal suo sguardo collerico. Deimos non era un uomo crudele senza motivo, ma era un Carrow e il perdono non era nella sua natura; così come la compassione. Si era chiesto una volta sola per quale motivo Amanda avesse scelto di abbandonare il loro bambino e per quanto si fosse sforzato non aveva trovato una singola e valida spiegazione. « Ah! Mi dispiace. » Quando il portapenne volò sul pavimento lei si accovacciò per raccoglierlo e lui non poté fare a meno di sbuffare irritato. « Ormai sei qui, non vedo il motivo per cui tu debba uscire per poi rientrare. » Le fece segno di accomodarsi e lui fece la stessa cosa dopo essersi sbottonato la giacca. L'imponente scrivania di noce nero era spoglia, con pochi elementi di decoro personali, gli unici erano una serie di fotografie che ritraevano i suoi fratelli; cornici a cui recentemente si era aggiunta una foto di David. Geloso di quello scatto lo girò del tutto verso di sé, deciso a non concedere niente alla donna che lo aveva lasciato sulla porta di casa. « Avrei bisogno di un consulto sulla fusione di due camere blindate. » Scrutò lo sguardo della donna, alla ricerca di un cedimento, di un qualsiasi segnale che non la peggiorasse ulteriormente ai suoi occhi. « In particolare, mi domandavo cosa ne sarebbe di una delle due camere, una volta svuotata. Sarei interessata a mantenerne una personale e privata, come sola intestataria, in cui depositare una piccola parte dello stipendio ed eventuali accrediti straordinari. In maniera del tutto legale, ovviamente. » Per un momento si spogliò della figura di padre iperprotettivo e prese i documenti che la sua segretaria aveva sapientemente preparato per quell'appuntamento, una sorta di riassunto che conteneva tutte le informazioni sulle camere blindate di cui Amanda parlava. In base a quanto scritto il motivo alla base della fusione era il matrimonio, una camera apparteneva alla donna e l'altra ad un uomo che Deimos conosceva bene. Regulus Gaunt. « In base alle informazioni raccolte dalla mia assistente il contratto prematrimoniale è piuttosto vincolante, soprattutto per te... » Di fatto la donna sembrava dover dipendere in tutto e per tutto da quello che presto sarebbe diventato suo marito, dovette sforzarsi per non accartocciare quelle carte e urlarle di andarsene; frustrato dal fatto che sembrava non interessarle nulla del figlio che avevano avuto e che lui stava crescendo. « Di fatto si prevede una fusione totale del patrimonio e avere una camera personale di cui il tuo futuro marito non sa niente vorrebbe dire violare questo contratto... » Normalmente, ai clienti, dava educatamente del lei; un forma di rispetto che in quel momento non provava nei confronti di Amanda. « Di conseguenza io e la mia banca saremmo costretti ad informare il signor Gaunt...sono certo però che troverai un altro sotterfugio no?! Dopotutto sei stata più che abile a disfarti di mio figlio. » Mio figlio. Suo perchè lei aveva scelto di non esserci. « Dato che il matrimonio procede dubito che tuo marito sappia del bambino o sbaglio? » Lui stesso non sarebbe mai riuscito ad accettare il figlio di un altro uomo dalla donna che sarebbe dovuta diventare sua moglie. Deimos non era una persona affabile e comprensiva, il suo passato era fatto più di ombre che di luci, ma nonostante ciò dava un valore inestimabile alla lealtà. « Cosa ti ha spinto ad abbandonarlo? Sapevi benissimo chi fossi...quando hai scoperto di essere incinta non dovei fare altro che bussare alla mia porta...o forse pensavi che te l'avrei sbattuta in faccia? » Quella che Deimos le stava dando era una possibilità, la possibilità di spiegarsi...un'occasione che non le avrebbe offerto una seconda volta.
     
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    Sin dal momento in cui aveva deciso di tornare in Inghilterra, Amanda era stata consapevole che, presto o tardi, quel momento sarebbe arrivato. Se avrebbe dovuto immaginarlo, però, non avrebbe pensato che il suo primo confronto con Deimos Carrow sarebbe stato tra quattro mura di un ufficio, in un luogo tanto freddo ed impersonale come la Gringott; piuttosto ironico dal momento che, lì dentro, lei era l’ospite, ed anche uno poco gradito, a giudicare dall’espressione irosa dipinta sul viso di Deimos. Non che potesse fargliene una colpa: l’esistenza di David aveva avuto conseguenze sulla vita di entrambi e, con ogni probabilità, molti degli interrogativi di Deimos ancora richiedevano una risposta. « Ormai sei qui, non vedo il motivo per cui tu debba uscire per poi rientrare. » Annuì ed avanzò nell’ufficio, sentendo su di sé lo sguardo gelido dell’uomo. Sapeva che la stava studiando, alla ricerca di un indizio, un cedimento che tradisse una quale reazione emotiva. Era così che si usava in certi ambienti, i medesimi in cui Amanda era nata e cresciuta e dai quali, purtroppo, aveva assimilato i tratti peggiori; un destino che sperava non toccasse anche a David.
    Mentre si accomodava sulla comoda poltroncina imbottita, non le sfuggì il movimento compiuto da Deimos. Un gesto tutt’altro che casuale, quello di premurarsi di nasconderle una cornice ben precisa, forse persino infantile ma che, nonostante tutto, la ferì più di quanto avrebbe voluto. Strinse le labbra, frenando il tremito di quello inferiore, ed accusò il colpo; il primo di molti, probabilmente. « In base alle informazioni raccolte dalla mia assistente il contratto prematrimoniale è piuttosto vincolante, soprattutto per te... » Nell’apprendere quella notizia, l’espressione sul viso di Amanda si indurì leggermente ma non parve troppo sorpresa. Sebbene non fosse mai stata informata di tutti i dettagli relativi al suo fidanzamento con Regulus, conosceva i Gaunt abbastanza bene da sapere che non lasciavano nulla al caso, in particolare quando in gioco vi erano i loro interessi. In quella situazione erano loro ad avere il coltello dalla parte del manico. « Di fatto si prevede una fusione totale del patrimonio e avere una camera personale di cui il tuo futuro marito non sa niente vorrebbe dire violare questo contratto... » Sostenne lo sguardo di Deimos mentre l’uomo parlava, impassibile dinanzi a quella mancanza di formalità. Mandy non era mai stata particolarmente legata ai titoli o alle forme di deferenza e, certamente, non sarebbe stato sufficiente uno sgarbo tanto lieve a indispettirla. No, se Deimos Carrow voleva metterla in difficoltà doveva fare di meglio. « Di conseguenza io e la mia banca saremmo costretti ad informare il signor Gaunt...sono certo però che troverai un altro sotterfugio no?! Dopotutto sei stata più che abile a disfarti di mio figlio. » Se riuscì a farsi scivolare addosso la velata minaccia relativa alla camera blindata, un guizzo di rabbia attraversò le iridi olivastre di Amanda. Si raddrizzò sulla sedia, assumendo una postura più rigida. « Ormai dovresti sapere che sono una donna piena di risorse, forse quasi quanto te. » Rispose, serafica, rivolgendogli un’espressione impenetrabile. Sapeva di meritarsi l’astio che gli leggeva nello sguardo ma non aveva gli avrebbe permesso di sminuire la complessità di ciò che aveva dovuto affrontare. “Non hai idea di cosa vuol dire.” « Cosa ti ha spinto ad abbandonarlo? Sapevi benissimo chi fossi...quando hai scoperto di essere incinta non dovei fare altro che bussare alla mia porta...o forse pensavi che te l'avrei sbattuta in faccia? » Erano tutte domande più che lecite, dubbi a cui Deimos doveva aver cercato di trovare una risposta da solo, nei mesi precedenti. Per un istante, Amanda soppesò l’eventualità di dirgli la verità, di togliersi quel peso e dare un senso ad un comportamento apparentemente spregevole ed inspiegabile. Non aveva avuto scelta: ancor prima di David, la sua vita era stata accuratamente pianificata dal fidanzamento con Regulus e, se Amanda avesse infranto quell’accordo, ne avrebbe pagato le conseguenze la sua intera famiglia. Una colpa con cui Mandy non sarebbe stata in grado di convivere dopo aver cercato la loro approvazione per tutta la vita. « Regulus non lo sa. » Replicò infine, soffocando un sospiro. « Nessuno lo sa, a parte noi. » Era stata molto attenta a nascondere la gravidanza sin da quando ne era venuta a conoscenza, rivolgendosi unicamente ad un medico privato, vincolato dal segreto professionale, e facendo richiesta di trasferimento temporaneo in Danimarca, con il pretesto di collaborare alle ultime operazioni per la Convenzione dei Paesi del Patto Scandinavo, in tempo per nascondere il ventre crescente. Ogni tassello si era incastrato al punto giusto e nessuno aveva scoperto dell’esistenza di David, nemmeno la sua famiglia. « Non te l’ho nascosto perché sei tu. Se la tua identità avesse avuto importanza non ci troveremmo in questa situazione. » Mandy sapeva per esperienza quanto la reputazione di una famiglia o un semplice cognome potessero influire sulla percezione di un individuo, spesso determinandone l’esistenza, nel bene e nel male. Per lei, non aveva molta importanza che Deimos fosse un Carrow. Non aveva mai dato peso alle voci di corridoio – non dopo i vent’anni, almeno –, conscia che molte persone si sarebbero indignate non poco se solo fossero venuti a conoscenza di ciò che la rispettabile e benvoluta famiglia Brocklehurst nascondeva dietro una facciata perfetta. Un matrimonio basato su denaro e dinamiche disfunzionali, una figlia maggiore con un debole per le pillole, fidanzata con un uomo che non amava e con un figlio bastardo e, infine, una figlia minore ribelle e testarda. Davvero una famiglia perfetta. « L’ho affidato a te perché sapevo che te ne saresti preso cura, non solo perché sei suo padre. Ci ho pensato a lungo prima di decidere cosa fare, all’inizio non ero nemmeno sicura di proseguire con... tutto. » Distolse lo sguardo, vergognandosi di quella sua stessa ammissione. Aveva preso in considerazione la possibilità di terminare la gravidanza solo perché presa dal panico e, una volta riacquisita la calma, se ne era pentita immediatamente. Probabilmente nel confessarlo a Deimos non avrebbe fatto altro che gettare benzina sul fuoco ma Amanda sentì il bisogno di farlo, come se rivelare quel dettaglio riprovevole la aiutasse ad alleviare un poco il proprio dolore. Veritas vos liberat, un lusso che Mandy non aveva mai potuto concedersi. « Io… » Esitò. Sarebbe stato tutto più semplice se Deimos avesse saputo dell’accordo tra i Brocklehurst e i Gaunt, un vero e proprio contratto a cui Amanda era tenuta a sottostare e di cui non poteva svelare l’esistenza. « Non ho mai voluto figli. Non so fare la madre, non sono adatta a quel ruolo e non voglio che un bambino ne paghi le conseguenze. Non sarebbe giusto. » Vi era un fondo di verità in quelle parole, racchiuso nell’esempio materno tutt’altro che amorevole rappresentato da Gwendolyn e, soprattutto, dalla ferma consapevolezza che nessun bambino sarebbe mai stato felice in un matrimonio privo di amore come quello che la aspettava con Regulus. Per tale ragione, aveva rinunciato tempo addietro all’idea di diventare madre, rifiutandosi fermamente di mettere al mondo dei figli affinché i Gaunt potessero usarli come mezzo per coronare la riabilitazione del loro cognome e, meticolosa com’era in ogni aspetto della sua vita, dal lavoro al non deludere le aspettative genitoriali, non aveva mai pensato di rimanere incinta per sbaglio. Dopo il panico iniziale non ci era voluto molto a ridurre a due le opzioni che aveva a disposizione: tenere il bambino e crescerlo come figlio di Regulus, nascondendo la reale paternità anche al fidanzato, oppure celarne l’esistenza ed affidarlo a Deimos, il suo vero padre. Quella razionalità era pian piano venuta meno con il passare dei mesi, sostituita da un amore crescente ed incondizionato ad ogni cambiamento nel suo corpo, ad ogni ecografia, ad ogni calcio o movimento di David nel pancione. Quando era nato, la sua intera esistenza era ruotata intorno a lui per mesi. Lo aveva osservato dormire per ore, cullandolo dolcemente per imprimere nella mente ogni dettaglio del suo viso, le piccole manine paffute, il suo profumo dolce e innocente. Non aveva mai amato qualcuno così tanto e, quando era giunto il momento di privarsene, Mandy aveva rinunciato a una parte di sé stessa. Eppure, era certa di aver preso la decisione migliore. « Non sto cercando di giustificarmi. So che la mia scelta può sembrare discutibile e forse lo è, tuttavia ciò che ho fatto l’ho fatto solo perché era la cosa migliore per David. » Era la prima volta che pronunciava il suo nome da quando se ne era separata e istintivamente i suoi occhi si spostarono da Deimos al retro della cornice sistemata sulla scrivania. Se solo avesse potuto, avrebbe dato qualunque cosa per vederlo ancora. « Sei libero di odiarmi o di considerarmi una persona orribile, ma non mi scuserò per aver fatto in modo che nostro figlio avesse ciò che io non posso dargli. » Non fu casuale la scelta di quel pronome, esattamente come non lo era stata da parte di Deimos: nostro perché, a dispetto di quanto Deimos volesse pensare, David era anche suo figlio.
     
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    « Ormai dovresti sapere che sono una donna piena di risorse, forse quasi quanto te. » Deimos non ne dubitava, nascondere quella gravidanza così a lungo e riuscire a mantenere intatto un fidanzamento non era roba da poco; senza ombra di dubbio Amanda sapeva benissimo come muovere le pedine sulla propria scacchiera. «Ti avrò sottovalutata, ma ti consiglio di non fare lo stesso errore nei miei confronti. » Deimos non era un uomo di per sé crudele, ma per proteggere i suoi affetti poteva diventare estremamente pericoloso. Il suo ideale di giustizia era del tutto opinabile e soprattutto non aveva niente a che fare con la legge è uguale per tutti. « Regulus non lo sa. » Come immaginavo. Non era un esperto di relazioni, ma dubitava che confessare al proprio fidanzato di essere rimasta incinta di un altro fosse la cosa migliore da fare. Conosceva Regulus e molto probabilmente non sarebbe stato molto propenso a far finta di niente. « Nessuno lo sa, a parte noi. » Deimos aveva fatto di tutto per mantenere la cosa segreta, per evitare che suo figlio fosse esposto ad un circo mediatico di cui non aveva assolutamente bisogno. Ciò però non significava che avrebbe continuato a tenerlo nascosto nell'ombra. « E cosa pensi di fare? Continuare a vivere come se niente fosse? » Sposare Regulus e fingere di non aver mai avuto un figlio?! Era un piano patetico dal punto di vista di Deimos, abbandonare il proprio figlio per cosa?! Per un uomo che tutto sommato non sembrava amare poi molto. L'uomo era sicuramente all'oscuro di quell'appuntamento e dubitava che ciò fosse il simbolo di una relazione solida. « Non te l’ho nascosto perché sei tu. Se la tua identità avesse avuto importanza non ci troveremmo in questa situazione. » « Però me l'hai nascosto lo stesso! » Gli aveva sottratto la possibilità di assistere alla sua nascita, di vivere l'attesa come qualsiasi padre; momenti che nessuno sarebbe stato in grado di restituirgli. Nemmeno il più dettagliato dei racconti poteva sopperire a quella mancanza. « L’ho affidato a te perché sapevo che te ne saresti preso cura, non solo perché sei suo padre. Ci ho pensato a lungo prima di decidere cosa fare, all’inizio non ero nemmeno sicura di proseguire con... tutto. » Di fronte a quella crudele ammissione si ritrovò impotente. Si alzò dalla sua comoda poltrona e in una frazione di secondo le carte che ricoprivano ordinatamente la sua scrivania si ritrovavano rovesciate per terra. Odiava che Amanda avesse preso in considerazione l'idea di mettere fine alla gravidanza, come se non avesse alcuna importanza. Lui rimproverava il suo essere stato incauto, di essersi comportato come un adolescente, ma quel bambino era sangue del suo sangue e non avrebbe permesso a nessuno di metterlo in pericolo. Strinse più volte i pugni, alla ricerca di quella calma glaciale che lo aveva sempre contraddistinto. « Non era una decisione che spettava solo a te. Posso capire che un figlio non programmato rischiava di mandare all'aria il tuo bel matrimonio, ma meritavo voce in capitolo. » Essere tenuto all'oscuro dell'esistenza di un figlio era ciò che più non riusciva a mandar giù. David era suo figlio, non era stato cercato, non era stato voluto; ma all'età di trentaquattro anni Deimos era più che pronto a prendersi le proprie responsabilità. « Non ho mai voluto figli. Non so fare la madre, non sono adatta a quel ruolo e non voglio che un bambino ne paghi le conseguenze. Non sarebbe giusto.» No, non sarebbe stato giusto. Nemmeno lui si credeva tagliato per fare il padre, ma in realtà Deimos lo era sempre un po' stato. Non era stato un semplice fratello maggiore per i gemelli, si era sempre sentito responsabile per loro, in dovere di proteggerli. Anche oggi, nonostante fossero entrambi adulti e vaccinati non poteva fare a meno di osservarli da lontano; di tenerli d'occhio dall'alto del suo scranno. « Non penso che ci sia qualcuno che sappia come fare da madre o da padre...posso dire con certezza che tutt'oggi mia madre non ne è ancora capace, mentre mio padre non ha mai avuto un briciolo di istinto paterno nel suo corpo... » Un mostro come lui non poteva amare nemmeno i suoi figli. « Cosa pensi?! Che quando mi sono ritrovato David di fronte alla porta di casa sapessi cosa fare? Sto imparando e continuerò a farlo. » Deimos però, al contrario di Amanda voleva farlo. Dalle parole della donna invece gli sembrava che non avesse la minima intenzione di dare una possibilità al piccolo. Accettare di essere nella vita di David voleva dire rinunciare alla bella vita che quel matrimonio molto probabilmente le avrebbe portato. « Non sto cercando di giustificarmi. So che la mia scelta può sembrare discutibile e forse lo è, tuttavia ciò che ho fatto l’ho fatto solo perché era la cosa migliore per David. » L'occhio della donna si posò sulla cornice sulla scrivania, cornice di cui non poteva vedere la foto poiché voltata verso di lui. Una parte di lui gli suggeriva di abbassare quella foto per impedirle di vedere il bambino; il bambino a cui lei stessa aveva rinunciato. « Sei libero di odiarmi o di considerarmi una persona orribile, ma non mi scuserò per aver fatto in modo che nostro figlio avesse ciò che io non posso dargli. » Odiare era un concetto troppo profondo, per quanto non lo avrebbe mai ammesso non poteva odiarla; fino a prova contraria era la madre di suo figlio. La madre di quel bambino che aveva messo sottosopra la sua vita nel momento migliore. Spinto da un briciolo di compassione voltò la fotografia verso la donna. Lasciando che vedesse quel bambino dai ricci capelli neri e lo sguardo limpido, sorrideva all'obbiettivo mentre si divorava i pugnetti paffuti. « Io non ti odio, ma lui lo farà. Quando si renderà conto di non avere una madre, una madre che ha scelto di non esserci ti odierà. Perchè si sentirà rifiutato dalla donna che avrebbe dovuto amarlo più di ogni altra cosa al mondo. » Un amore che a Deimos era mancato. Per i suoi genitori non era stato altro che il simbolo di un'eredità, l'eredità dei Carrow. Il figlio che avrebbe portato avanti la loro dinastia. Si augurava che Amanda avesse ben chiare le conseguenze della sua decisione. Non le avrebbe permesso di ritornare nella vita di suo figlio all'improvviso, come se niente fosse mai accaduto. « Quello che mi stai chiedendo è illegale quando ho preso le redini di questa banca mi sono ripromesso che sarebbe rimasta pulita. » Soprattutto se si consideravano le difficoltà che avevano affrontato nel momento in cui aveva preso il comando della Gringott. Il suo cognome accostato a quello della famosa banca aveva suscitato non poche polemiche.
     
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