Aula studio college

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    E'
    un'aula che si trova al terzo piano, completamente gestita dagli studenti, per permettere loro di avere uno spazio di condivisione e di supporto reciproco. E' adibita allo studio dei collegiali, lì dove possono ripetere ad alta voce (per questo solitamente c'è sempre un brusio generale, di sottofondo), senza aver paura di essere rimbeccati dalla bibliotecaria. Vi sono sia lunghe tavolate, sia tavolini più piccoli per i gruppi di studio più ristretti. Al suo interno vigono le normali e basilari norme di rispetto reciproco. E' aperta, dal lunedì al venerdì, dalle 9.00 alle 20.00.

    Questa discussione rientra nel progetto quotidianità


     
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    11/02 Camila e Olympia

    Alle tre in punto del pomeriggio, Camila si trova già nell’aula studio. Un’ora in anticipo rispetto all’appuntamento con Olympia, giusto per poter valutare meglio il campo di battaglia. Non vi si è mai recata, lei, preferendo il silenzio della Biblioteca al brusio di quegli ambienti. O forse, la verità, è che non ha mai trovato qualcuno con cui studiare, semplicemente. Si guarda intorno un po’ spaesata, scegliendo un posticino isolato in un banco a quattro. Tira fuori il libro promesso ad Olympia, iniziando a ripassare qualcosa. Saluta una compagna di corso, poco più in là, con un mesto sorriso - poi torna a ficcare il naso nei libri, sottolineando qualche parola chiave sugli effetti collaterali delle Pozioni.


    Edited by daydreaming - 11/2/2020, 12:40
     
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    Arriva tutta trafelata, con il fiato corto di chi ha corso e, sicuramente, non è abituato a farlo. La individua subito, sul fondo della sala. Ha scelto un posto appartato, lo stesso che avrebbe scelto lei, fosse arrivata prima. « Perdonami, spero di non averti fatta aspettare troppo. » Lascia crollare tutto il materiale a terra, per poi sedersi di fronte a lei. « C'era la fila in biblioteca, per ritirare i testi. Ci credi? Tutti che si sono svegliati stamattina. E la bibliotecaria mi ha anche detto che era la penultima dispensa che aveva disponibile. Sembra siano andate a ruba ultimamente. » Arriccia le labbra, per poi sorriderle. « Ciao comunque. Io sono Olympia. » Alla fine se ne esce così, dopo essersi tranquillizzata, con il fiato più regolare e un cenno della mano a mezzaluna, in aria. « Fammi dire subito che mi hai migliorato la giornata quando mi ha chiesto di poter ricondividere il post sui roghi in Australia. E' stato davvero importante e mi fa piacere condividere anche questa cosa. »

     
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    «Oh, no, figurati! Sono qui da cinque minuti.», mente sapendo di mentire, Camila, nel tentativo di mettere la compagna di studio a proprio agio. Forse perché, al contrario, lei entrerebbe in ansia se fosse l’ultima arrivata. «Sì, penso sia colpa dei miei colleghi. Stanno tutti preparando questa materia e, insomma, la Biblioteca è stata letteralmente invasa.», piega la testa di lato, impacciata. «Ma sono contenta tu l’abbia trovata. Anche se ovviamente avresti potuto usare la mia, tanto stiamo studiando insieme...», sussurra, un po’ incerta sulla parola insieme, che di solito non utilizza mai con nessuno, eccetto suo fratello. «Camila Davis.», le allunga la manina, sottraendosi subito dopo al contatto fisico con la ragazza pressoché sconosciuta. Nonostante le reticenze, comunque, è in grado di infonderle abbastanza calma. Sembra innocua. Camila, dunque, si rassicura, poi afferma: «Meno male... Non volevo essere invadente. Il tuo discorso mi ha colpita. Di solito su Wiztagram si postano solo... Stupidaggini, ecco.»
     
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    « Oh, già, hai ragione.. » Si ritrova a commentare, fissandola per qualche secondo. Non aveva pensato a quella evenienza, in tutta sincerità, forse perché con la mora che ha di fronte non ha assolutamente alcuna confidenza, se non si considerano le occhiate che si sono lanciate, una volta o due, uscite entrambe dalla sessione di domande al quartier generale degli Auror tedeschi. « L'importante è che si diffonda l'informazione, no? A più persone si arriva, più consapevolezza dovrebbe esserci. » In linea teorica, pensa senza però dirlo. « Allora.. vediamo da dove possiamo cominciare. » Si ritrova a dire, frugando tra le cose, tirando fuori quello e l'altro libro dalla tracolla dal fondo magicamente incantato. « Io ci ho già messo un po' le mani, ma ecco, c'è qualche concetto che mi entra in testa a fatica e allora ho pensato che l'aiuto di una futura medistrega potesse essere manna dal cielo. » Sembra ripensare soltanto in quel momento ad una cosa e allora tira fuori dalla borsa anche un altro libro. « "Tutti i veleni + 1" era il libro che ti dicevo, non so se l'avevate nella lista dei testi consigliati per il tuo esame. »



    Edited by anesthæsia¸ - 15/2/2020, 09:41
     
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    «Sì... Anche se adesso siamo un po’ fuori dal mondo, da questo punto di vista.», commenta, riferendosi al recente isolamento cui il mondo magico è stato costretto. Senza il peso del cellulare in tasca, deve ammetterlo, si sente meno coraggiosa. Non può inviare messaggi a Caleb, a Fawn, ai suoi genitori - è sola con se stessa. «Sì, certo. Allora, anch’io avevo già studiato tutto...», ma poi si affretta a correggersi, temendo di poter causare ansia con quella sua affermazione, un po’ come quando il collega di studio sostiene di essere arrivato al capitolo cento mentre gli altri macinano ancora l’introduzione dell’infinito tomo da preparare per l’esame. «Perché, insomma, ho seguito le lezioni e quindi sono andata passo passo... », sorride, ascoltando poi le parole di Olympia. «No, non l’avevamo. Però guardando l’indice non mi sembra ci siano grosse differenze di argomenti.», dice, dando una rapida occhiata alla prima pagina del manuale della Grifondoro. «Cosa hai trovato più difficile? Partiamo da questo...?»
     
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    « Ti dirò, la cosa non mi dispiace troppo, sai? » Olympia Potter ha sempre trovato un po' estraniante il cellulare, specie quando attraversava la piazza di Hogsmeade, lì dove un tempo c'erano gruppetti di studenti, qua e là, i quali partecipanti si perdevano dietro l'uso di quegli affari, spesso e volentieri senza parlarsi nemmeno per dei minuti interi. « Un tempo sono state combattute intere battaglie senza l'uso del cellulare e della rete internet magica. Per fare propaganda basta scendere in strada e usare gli altri mezzi a nostra disposizione. » Si sente molto sua nonna a snocciolare fuori quella sua convinzione, mentre si stringe nelle spalle. Certo, il Wiznet aiutava a far circolare le informazioni molto più velocemente, è vero, ma anche i giornali sanno fare il loro lavoro, se ben oliati e strutturati. « Basta solo trovare quello giusto. » Le sorride, quasi bambinescamente, prima di tornare con gli occhi ai suoi appunti. Ricerca i punti dove i fogli sono cerchiati in un evidentissimo, marcatissimo ovale rosso. « Principalmente ho problemi con gli effetti epatici che provocano le pozioni a base di Yuctan. » Si sente un po' cretina a lasciare lì quel suo dubbio, senza argomentarlo un pochino. « Okay, la Yuctan è una pianta velenosissima, e ci siamo. Ma se si usa un bezoar per contrastarne gli effetti dannosi e , alla peggio, letali, perché comunque alcuni pazienti si ritrovano ad avere il fegato spaccato in due, tanto da essere quasi irrecuperabili, alle volte? » Così come accade sempre con le cose che le interessano davvero, si accora, mettendo tutta se stessa in quel suo quesito. « Cioè, non ha senso, no? Sbaglio? »

     
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    Che stupida, Camila. Per un attimo ha pensato di aver detto la cosa giusta, di essersi esposta nel modo giusto. Che il proprio pensiero fosse corretto. La naturalezza con cui Olympia, invece, si mostra battagliera e ben decisa a non darsi per vinta, la stronca. La fa sentire piccola, come una delle noccioline che si è portata dietro per spezzare un’eventuale punta di appetito. «Sì, sì, credo di sì.», aggiunge, con un filo di voce, sentendosi più spaesata che mai. È sempre stato quello, il suo problema: non riuscire a trovare la forza in se stessa, doverla cercare necessariamente negli altri. In quei pochissimi altri che la circondano. E quando viene tagliato ogni tipo di connessione, insomma, non è semplice convincersi che tutto andrà bene, soprattutto senza gli infiniti incoraggiamenti di suo fratello. «Sì, tutto corretto...», dice Camila, attendendo che la rossa esprima il suo dubbio. «Sì, è vero, in alcuni casi non sortisce l’effetto sperato. Ehm, il motivo... È da ricercarsi nella persona, spiega, guardando un punto qualsiasi del tavolo di legno pur di non incrociare lo sguardo di Olympia. Fugge qualsiasi tipo di giudizio da parte sua. «Il fegato è la centrale di pulizia del corpo da tutte le sostanze tossiche, appunto... Grazie ad alcuni enzimi in particolare - ce ne sono alcuni che agiscono su determinati bersagli, altri su altri ancora - riesce a risolvere la situazione, per così dire. Una fetta di soggetti, invece, soprattutto per fattori genetici, non riesce a detossificare in maniera adeguata. Questo vuol dire che, a prescindere dall’effetto del bezoar, il danno si sarà perpetuato lo stesso. Certo, il bezoar è fondamentale e in quasi tutti i casi risolve il problema, ma... Altri pazienti avranno comunque un difetto di risposta per un fegato che non funziona correttamente. Che non funzionava da prima ancora dell’ingestione delle foglie di Yuctan. Mi... Mi spiego?», in fondo tutto riguarda sempre le persone, in un modo o nell’altro.
     
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    L'incertezza che sente nella voce di Camila le fa rialzare lo sguardo, di scatto, come a volersi accertare di non aver detto qualcosa di sbagliato, qualcosa che l'avesse turbata. Ma lei, per quanto la rossa provi a captare il suo sguardo, fugge, buttandosi a capofitto nella spiegazione. Essendo riservata, di natura, decide di non proseguire, di non incalzarla per sapere se ci sia effettivamente qualcosa che non va. Ascolta semplicemente in silenzio il sapere che le sta donando, appuntandosi le parti che più le servono per l'esame. « Oh, quindi la causa di ciò deve essere ricercata nei geni del singolo individuo? » Le domanda, come a voler rimarcare il concetto per non dimenticarselo mentre lo sta scrivendo. « Quindi simili condizioni potrebbero essere aggirate con una mappatura preventiva. » Butta lì, senza nemmeno pensarci su troppo. « Tipo, hai sentito della nuova tecnica magica di mappatura genetica che sta mettendo a punto Marie Blackwood? Credo che, se darà risulti soddisfacenti tanto da poter entrare a far parte del trial clinico abituale di ogni medimago, possa essere una grande svolta, specie per anticipare simili situazioni e quindi prenderle in tempo. » Prevenire è meglio che curare. Annuisce, quasi sovrappensiero, continuando a scrivere per qualche altro istante, per poi rialzare la testa su verso di lei. « Mi hai fatto capire più te con mezza spiegazione, che la prof a lezione per un intero mese. » Le sorride, cercando di infonderle un po' di calore. « Sei intelligente, hai qualcosa da dire, hai una voce, è bello che tu la usi e le dia libero sfogo. » Le sfugge, mentre arrossisce di qualche tonalità di rosso. « Scusa, non volevo risultare inopportuna, ma ecco, ti ci vedrei bene ad insegnare. »

     
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    Tira un sospiro di sollievo quando Olympia sembra convincersi della spiegazione che ha appena fornito. In realtà non ne è certa neanche lei, trattandosi di un argomento che non ha studiato nel dettaglio. Procedendo per associazione con altre situazioni simili, comunque, è arrivata a quella conclusione. La suggella con un sorriso, chiedendosi se la rossa le stia dando corda solo per non dispiacerla, oppure perché crede anche lei, davvero, che la genetica sia la chiave di tutto. Camila decide di mettere le mani avanti, prima di proseguire, preoccupata che Olympia si fidi troppo di una sua semplice intuizione, non avvalorata da prove scientifiche inoppugnabili. «Comunque dovremmo cercare un po’ di bibliografia a riguardo, per confermare la nostra ipotesi...», sostiene, mettendo a nudo le proprie insormontabili insicurezze. «Però sì, assolutamente, il concetto è quello. Lo screening di cui parli è già entrato a far parte della pratica clinica, però i pazienti ammessi, al momento, sono soggetti che presentano alcuni fattori di rischio, tra cui una familiarità... Per intenderci, devono essersi già verificati dei casi nel contesto del loro nucleo familiare. Ovviamente il passo successivo sarà l’estensione del test a tappeto all’intera popolazione.», afferma, sinceramente interessata allo studio della Blackwood. Poi Olympia la prende alla sprovvista, rivolgendole dei complimenti assolutamente inaspettati. Cami arrossisce - l’incarnato arriva alla stessa tonalità di quello della rossa; per un attimo sembrano quasi sorelle di emozione. «Non ci ho mai riflettuto, a dire il vero... Non so, forse mi vedo più nel campo della ricerca, nel silenzio -», e nella sicurezza, «- del laboratorio. Un po’ come la Blackwood.», ridacchia, distogliendo subito l’attenzione da una tematica che minaccia di diventare personale. O meglio, concentrando istintivamente l’attenzione sulla sua interlocutrice, così da allontanarla dalla propria persona. «Tu hai già dei piani, una volta conclusa l’università? Pensi che potrebbe piacere, a te, insegnare?»

     
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    L'ascolta, interessata. Ha un modo di parlare, Camila, che la mette a proprio agio, la fa sentire al posto giusto. E' tranquilla, pacata, dal tono di voce vellutato e morbido, uno di quelli che non può che infonderti sicurezza e pace allo stesso modo. « Oh, okay, questo ovviamente non lo sapevo. » Si appunta il fatto che lo screening è già in uso con pazienti con casi verificati di determinate malattie in famiglia. « Mmm non saprei sai? » Ammette, fissando i suoi occhioni scuri come la pece. Ci pensa un po' su, conscia del fatto che, tempi addietro, avrebbe avuto la risposta pronta, sempre a portata di mano. Infatti l'essere una violinista era la meta, il traguardo ultimo da tagliare per avere la vita perfetta che pensava di star costruendo. « Ma probabilmente anche io preferirei un lavoro più da ricerca. Nuove scoperte, nuove innovazioni, pochi contatti pubblici, poche chiacchiere con sconosciuti e quindi altrettante poche facce rosse che vanno a fare pendant con i miei capelli. Credo rientri di più nella mia comfort zone. » Sorride, sentendosi arrossire, leggermente. « Quindi chissà, magari ci ritroveremo, spalla a spalla, a fare le ricercatrici insieme. »
    L'idea non le dispiacerebbe. La personalità della ragazza che ha di fronte sembra essere assolutamente compatibile alla propria. Silenziosa, discreta, con molta voglia di fare, ma senza strafare. « Curiosità sciocca: perché hai scelto Medimagia? »
     
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    [ venerdì, 19.06 ]

    96470cf4b1377fa6aabf3cff043a36e3555007d0
    Winter non ha voglia di uscire di casa — ce l’aveva, fino ad un paio d’ore prima, ma la proposta fatta a Fawn che, prevedibilmente, prevedeva di ubriacarsi al Suspiria non è stata ben recepita. Non ha idea di come abbia fatto la Byrne a convincerla ad abbandonare i pensieri suicidi del suo fegato, già siglati con tanto di testamento, ed arrancare fino all’aula studio, perché gli esami si avvicinano anche se si avvicina il Midsummer.
    Per protesta, ha portato solo un quaderno ed una piuma — una grande, grandissima protesta. Non ha mai preso in mano un libro di venerdì sera, e non incomincerà a farlo adesso — certo, questo finché Fawn non decida di traviarla completamente, cosa che Winter spera non accada mai, nonostante la vena manipolatrice della nana che ha notato immediatamente.
    Spinge la porta, individuando velocemente la figura di Fawn, già accomodata ad un tavolo più spostato verso il lato destro dell’aula, accanto ad una finestra. Difficile non notarla, visto che quello è uno degli unici due tavoli con le lampade accese. «Ti detesto», soffia, mentre si lascia andare rumorosamente sulla sedia, «Dov’è il mio caffè? Il pedaggio mi sembrava cristallino», stringe gli occhi, riducendoli a due fessure. Incrocia le braccia sotto al petto, in un moto di maturità che recita tanto ho ragione io, pappappero. Forse sta scherzando — forse, «E comunque, quando chiude la baracca andiamo a bere qualcosa, compris, pessimo, pessimo accento francese, sua nonna si rivolterebbe nella tomba — o nel letto, visto che non ha ancora tirato le cuoia. «Sono troppo carina per marcire sui libri, e lo sei anche tu, secondo me te lo dimentichi e basta».
     
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    Quando Winter Bouchard l'aveva contattata col chiaro intento di andare a sbronzarsi, Fawn non aveva declinato subito. Per inciso: quella volta, la sua era stata tutto meno che indecisione. Per la verità, di non avere intenzione di tornare a casa ubriaca quel venerdì, lei l'aveva sempre saputo. E non era certamente tanto influenzabile da cambiare idea in un batter d'occhio, soltanto perché l'altra non era riuscita a farsi venire in mente una maniera più produttiva di trascorrere quella serata. Avrebbe potuto declinare, certo, di inviti ne declinava a bizzeffe praticamente ogni venerdì - era sempre stata un'animale sociale, la gente che sapeva chi fosse non mancava di certo, come non mancava chi, tra le sue conoscenze, voleva vederla per un drink - ma, per qualche ragione, aveva deciso di tenere d'occhio la studentessa di Magisprudenza. L'aveva presa a cuore, insomma, in una maniera tutta particolare.
    Quando questa si annunciò - col suo broncio di repertorio - sul viso delicato dell'americana si dipinse per appena un attimo l'ombra di un'espressione soddisfatta. « Aw, che carina. Enemies to friends to lovers much? » Sollevò lo sguardo, un sorriso angelico sulle labbra. « Tanto lo sai che sono una benedizione. Penso che l'angelo addetto alla tua carriera universitaria stia metaforicamente baciando la terra dove cammino, in questo momento. » Si strinse nelle spalle con naturalezza, prendendo una busta di carta dalla tracolla - conteneva, ovviamente, il pedaggio promesso alla bionda. E una dose anche per me. Ne estrasse due bicchieroni di caffè: « Et voilà. »
    «E comunque, quando chiude la baracca andiamo a bere qualcosa, compris L'altra le lanciò un'occhiata serissima: « Croissant, croissant. » Poi si sciolse in un sorriso: « Scherzo, Bouchard - sono una donna di parola. Se ho detto che dopo andiamo, andiamo. » Pausa. « Così mi spieghi anche come mai sei tanto tentennante sulla questione del Midsummer. Sbaglio, o solo ieri hai cambiato idea tre volte? »
    «Sono troppo carina per marcire sui libri, e lo sei anche tu, secondo me te lo dimentichi e basta»
    A quest'affermazione, Fawn - che nel frattempo aveva tirato fuori anche qualche dolciume preso appositamente per dare una botta di zuccheri ai loro cervelli stanchi - fece guizzare il proprio sguardo negli occhi chiari dell'amica. « Sbagliato. Primo: nessuna di noi due è carina. Io, modestie a parte, mi ritengo un dono del cielo.» Un'affermazione pronunciata sull'orlo di un sorriso, che però nascondeva un fondo di verità - insicura, Fawn Byrne non lo era stata mai. Non del proprio aspetto fisico, quantomeno. « Secondo: com'è che le due cose si contraddicono? Essere carine e stare sui libri, dico. » E anche qui, venne utilizzato un tono giocoso, la luce di chi sapeva di averti posto una domanda alla quale non potevi rispondere senza affossarti, negli occhi chiari. « E terzo - i tuoi libri, Winter. Dove sono? » Sollevò appena le sopracciglia. « O hai deciso di farmi camminare questa via crucis da sola? »


    Edited by anagapesis - 22/6/2020, 01:09
     
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    96470cf4b1377fa6aabf3cff043a36e3555007d0
    Una smorfia, sotto sotto divertita, quella che dedica a Fawn — «Se il principino è d’accordo, I’m all in», snocciola, fischiettando, «Proponiglielo — ménage à trois o meno, il mio obbiettivo sei tu, lo sai», le scocca un occhiolino, per poi scostare i capelli dietro le orecchie.
    «Oh, una benedizione, dice lei!», commenta, teatrale, alzando gli occhi al cielo, «E comunque, per inciso, l’angelo della mia carriera universitaria probabilmente sta già sotto a un ponte per la disperazione», si stringe nelle spalle, esagerando. Non che abbia una carriera più di tanto brillante, probabilmente perché non si è mai impegnata al massimo delle sue capacità, ma non si può lamentare, e nemmeno Lydia e Peter possono farlo, visti i trascorsi ad Ilvermorny.
    Le lancia un bacio volante, in vena di scherzare, mentre porta il bicchiere di caffè alle labbra, beandosi dell’odore che le raggiunge le narici ancora prima che del sapore. « Croissant, croissant. », scoppia a ridere, rischiando che il caffè le vada di traverso e le ustioni la trachea, «Hey, sono un quarto francese, tipo, non prendermi per il culo», il sorriso si distende, però, nel sentirla acconsentire alle sue richieste così pressanti, «Merci, angelo mio», sciabola le sopracciglia, nascondendosi poi dietro al bicchiere, quando la Byrne nomina il Midsummer. Giusto, piccolissimo dettaglio.
    «Oh, senti senti, un dono del cielo, scherza, alzando gli occhi al soffitto, «Sono d’accordo, però», le concede, «Anche se dubito che il cielo abbia avuto qualcosa di remoto a che fare, con me», sospira, «Oh- non è che si contraddicano, certo… però… si contraddicono per me», tenta di spiegare il suo ragionamento contorto, forse più nel tentativo di pararsi il culo arrampicandosi sugli specchi. «Diciamo… che non ho nulla in contrario con le belle ragazze che studiano, sono sicura che facciano gola a un sacco di-» nerd «bei maschioni», solleva le spalle, «ma io non studio il venerdì sera, me l’ha proibito il medico», arriccia il naso, visibilmente divertita.
    «Motivo per cui non ho portato i libri, questa si chiama manifestazione pacifica», scocca la lingua contro al palato, «Che ne dici, piuttosto, di chiudere i libri ed avere il nullaosta per parlare del Midsummer senza possibilità di ritirarsi, tipo… tu chiedi, io rispondo», propone, cercando di far leva sulla curiosità che sa sia rintanata da qualche parte, forse in mezzo a tutti quei capelli scuri che le invidia parecchio.
    Beve ancora un goccio di caffè, aggrappandosi al bicchiere quasi fosse tequila, «Comunque, in realtà… boh, non sono sicurissima di voler venire, alla fine… non ho voglia di andare da sola, è stato anche stupido partecipare alla caccia».
     
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    « Se tu volessi davvero stare con me, non penso che il principino sarebbe un così grande ostacolo. » Affermò, annuendo per rafforzare il concetto, un'espressione fintamente seria in volto. Suo malgrado, era contenta di vedere la Bouchard un po' più sciolta -e ad una prima occhiata, lucida - del solito. Libri o meno, almeno quel test era stato passato con successo. « Ne dedurrò quindi che non mi ami abbastanza. Ma non importa - me ne farò una ragione. » Prese dunque un sorso di caffè, osservando ancora la bionda oltre il proprio bicchierone. Non avrebbe saputo dire esattamente come mai, ma tutta quell'altalenanza della ragazza circa il ballo, l'aveva in qualche modo insospettita. Forse perché ci aveva visto qualcosa di strano, forse perché lei per prima, nei momenti critici, diventava essenzialmente un piccolo agglomerato di caos che non sapeva cosa farne della propria vita. «Non ti preoccupare, recupereremo il tuo an- ma allora è una persecuzione! » Una certa enfasi in quelle quattro parole, gli occhi verdi spalancati in un'espressione di teatrale orrore. Si era accorta, chiaramente, che il cognome di Winter non fosse anglosassone. E non ci aveva messo molto a comprenderne le origini, ma... era una persona, per natura, portata a stemperare, cogliere la palla al balzo e, in generale, creare un'atmosfera distesa col proprio interlocutore, specialmente se aveva ragione di crederlo preoccupato su altri fronti. « Voi francesi, intendo. June è francese. Erik parla francese. Tu, ora, te ne esci di essere francese - circa. Cosa state cercando di ottenere dalla sottoscritta? » Una finta occhiata inquisitoria, poi uno sbuffo di risata. « Però è carina, la Francia. Ci sono stata la scorsa estate. »
    «Oh- non è che si contraddicano, certo… però… si contraddicono per me» Si sporse leggermente in avanti, un'espressione sornione, in un muto dimmi di più mentre le lanciava un'occhiata divertita da sotto le ciglia. «Diciamo… che non ho nulla in contrario con le belle ragazze che studiano, sono sicura che facciano gola a un sacco di- bei maschioni» Qui, l'americana esalò una risata sommessa. « Che però non sono il tuo tipo, tiro ad indovinare. » «ma io non studio il venerdì sera, me l’ha proibito il medico» Fawn arricciò il naso, alquanto divertita dal fatto che, in qualche maniera, la giovane avesse comunque trovato il modo di averla vinta e, in effetti, non toccare libro quella sera. Hai vinto una battaglia, non la guerra. Ma non puoi saperlo, questo. «Che ne dici, piuttosto, di chiudere i libri ed avere il nullaosta per parlare del Midsummer senza possibilità di ritirarsi, tipo… tu chiedi, io rispondo»
    Un momento di silenzio. Il sopracciglio sinistro finemente inarcato, la mora spostò lo sguardo da Winter, al libro, poi nuovamente a Winter. Senza dire niente, fece per chiuderlo, senza tuttavia farne ancora toccare del tutto le due parti, gli occhi verde chiaro fissi in quelli di lei. « Senza possibilità di ritorno, dici? »
    Nell'osservarla arrampicarsi sugli specchi con la sua spiegazione, tuttavia, la rosso-oro scosse lentamente la testa facendo pure schioccare la lingua contro il palato, qualora la sua disapprovazione non fosse già stata evidente. « Ma voi di Magisprudenza non dovreste essere eloquenti? » Scherzò, prima di farsi più seria. « Facciamo così. Io chiudo i libri, ma dopo una domanda di prova. E mi riservo il diritto di riaprirli, qualora mi dicessi balle. » Patti chiari, amicizia lunga. Non stai contrattando con una scemotta, qui. « Raccontami della caccia. Nella fattispecie - com'è che vai da sola? Non ti hanno puntata » non ci credo « o non ti ha presa chi speravi? »


    Edited by anagapesis - 22/6/2020, 00:52
     
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