Pulse

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    La Mano Monca non era di per sé un luogo piacevole. Un odore vagamente sgradevole governava l'ambiente, e impregnava le pesanti tende che oscuravano le finestre, impedendo a qualsiasi luce dall'esterno di raggiungere la saletta principale. Chiunque, avventuratosi in una delle più buie viuzze di Knockturn Alley, avesse deciso di trovare ristoro nella piccola locanda, sarebbe stato accolto da quell'atmosfera cupa, desolata e ostile: un bancone quasi sempre incustodito, senza nessuno pronto a dare servizio, tavoli vuoti e sugli scaffali alcolici vecchi qualche secolo, dentro a bottiglie ricoperte di polvere. Alle pareti, pesanti catene di ferro battuto erano state appese dal proprietario a mo' di ornamento, amplificando - probabilmente in maniera voluta - l'effetto sinistro dell'ambiente. L'unica pietanza presente sul menù - il pasticcio di rana - sapeva letteralmente di piedi, e con ciò nessun cliente sembrava mai avere delle rimostranze in merito. Il personale era scorbutico, quasi sempre distratto da qualcos'altro, e data la permalosità avevi la costante sensazione che il cameriere di turno fosse in procinto di insaporire le tue pietanze con un'abbondante dose di sputi.
    Chiunque varcasse per la prima volta la soglia del locale non poteva che essere ripugnato dalla visibile assenza d'igiene, dalla generale noncuranza, e in ultimo da quei fastidiosissimi rumori provenienti dal sottosuolo. Tenete per caso qualche drago nascosto in cantina? era la classica battuta divertita e inconsapevole di qualche cliente non abituale, trovatosi lì per caso, nel vedere l'acqua tremare all'interno del proprio bicchiere, e udire qualche strano boato soffocato. I camerieri, di fronte a questo genere di interrogativi, sorridevano con fare enigmatico senza dire nulla.
    Malia era capitata lì quasi per caso, la prima volta. Era una serata tranquilla, in un quartiere rispettabile di Londra, i tacchi scomodi ancora addosso dopo l'ultima serata elegante organizzata dalla Lega, e gli spiriti più leggeri dopo una serie di burrobirre mandate giù. « Se hai voglia » le aveva detto Todd, una delle riserve della squadra, abbassando la voce e allungandosi sul tavolo nella sua direzione, con aria pressoché furtiva « ti porto in un posto figo. Ti piacerà. » L'immane curiosità della Stone non poteva non lasciarsi affascinare dal tono di proibizione del ragazzo, dall'occhiata fugace che si era gettato intorno mentre parlava per accertarsi che nessun altro ascoltasse, da quel sorriso malizioso. E così si era ritrovata a Knockturn Alley, e presto aveva scoperto quel mondo parallelo che aveva inizio nel retro del locale malconcio.
    A metri di profondità da quei bicchieri traballanti si nascondeva l’articolazione più importante della Mano Monca: il Pulse. Non era che un nome eminente per un sotterraneo stretto, lugubre e impolverato, che nessuno sembrava volersi prendere la briga di rimettere a posto per bene, nonostante l'assidua frequentazione di individui di ogni tipo. Ma forse il fascino del Pulse stava proprio in quella voluta decadenza: dagli spazi logori, alle travi basse all'entrata che costringevano tutti a piegarsi per passarvi al di sotto, alle assi di legno per metà scardinate pronte a far inciampare il primo distratto, fino ad arrivare alle macchie di sangue incrostato che imbrattavano il pavimento. Lo scantinato in cui si nascondeva il cuore del locale sapeva urlare caos anche nel silenzio del mattino, quando tutti gli ospiti della notte precedente l'avevano abbandonato.
    Ma le ore notturne erano il momento in cui quel luogo viveva di più: urla e schiamazzi rimbombavano tra quelle pareti di pietra, mentre una piccola folla si accalcava in un cerchio perfetto intorno a due individui. Malia aveva subito scoperto la natura paradossale di quel luogo, in cui la gente, una volta al centro di quel cerchio, sembrava attentare alla vita del proprio avversario e poi, una volta udito il rumore della pesante campana che decretava la fine dell'incontro, ci si abbracciava come dei vecchi amici. Per settimane aveva osservato decine di duelli ai margini di quel cerchio segnato per terra da un gesso, e ne aveva scoperto la natura quasi catartica. Provava una strana liberazione nel seguire i fiotti di luce che provenivano dalle bacchette dei maghi che si sfidavano, e nell'immaginarsi di volta in volta al loro posto, a scagliare questo o quello incantesimo.
    Ha iniziato a frequentare il Pulse con più assiduità nelle ultime due settimane, tanto da cominciare a riconoscere dei volti e distinguere qualche nome. Quella sera, quando entra dalla porta d'ingresso della Mano Monca, il barista - stranamente al suo posto - le dedica perfino un breve cenno di saluto. Lei procede diretta, come tutti gli altri frequentanti di quel piccolo club, verso la porta che dà sul retro del locale. Lì, sul pavimento sporco, una botola di legno che basta aprire con un colpo di bacchetta perché una lunga rampa di scale di pietra cominci a dispiegarsi magicamente di fronte all'ospite, scendendo giù, in profondità. Alla fine delle scale, in uno spazio lugubre campeggia un'enorme porta di legno, sulla cui superficie è necessario bussare con tre colpi esatti, prima di pronunciare la parola d'ordine segreta. « Bevo un sorso di bava di Graphorn. » Con queste parole, la porta si apre con uno scatto, rivelando l'indescrivibile caos che è il Pulse.
    Quando entra, quella sera, un centauro e un mago sono al centro del cerchio, e pare un incontro particolarmente avvincente, perché il banchetto delle scommesse tenuto all'entrata da un Folletto è affollato da maghi e streghe urlanti. Ma la fine è abbastanza scontata: al Centauro basta letteralmente un colpo di zoccoli per far perdere l'equilibrio al suo avversario, insieme alla bacchetta, e se la ride mentre la campana decreta la fine dell'incontro e la sua vittoria. « Bene, direi che questa non è che l'ennesima prova del perché i Centauri non vanno sfidati mai. » Con una risata, un uomo alto dalla folta barba scura occupa il centro del cerchio, mentre i due sfidanti si allontanano, confondendosi con il resto dei presenti. Reek è il proprietario della Mano Monca, e fondatore di quel piccolo club di duellanti un po' anticonvenzionale. Ha circa quarant'anni, ma i suoi sguardi duri e le movenze ne dimostrano molti di più: si parla tanto in giro di lui, di come abbia vissuto in giro per il mondo e collezionato nel proprio bagaglio le esperienze più assurde, si specula sulle centinaia di affari loschi in cui deve essere invischiato. Traffico illegale di uova di drago, vendita sottobanco di Pozione Antilupo, fabbricazione di documenti falsi e distribuzione di bacchette non certificate. Malia non è certa di quanto queste voci siano fondate, ma non le importa particolarmente. È burbero ma vagamente affascinante, in particolar modo quando mostra tutte le sue abilità da duellante al centro del cerchio, e la mora non è in grado di togliergli gli occhi di dosso. « Vedo che oggi ci sono tante facce nuove... Dunque forse è il caso di ripetere un paio di regole, per i nuovi arrivati. » Si guarda intorno per un istante di silenzio, poi si schiarisce la voce. « Prima di tutto, benvenuti o bentornati. Questo è un posto per chiunque. Il Pulse è il rifugio di tutti. Qui dentro non esistono Auror, delinquenti, Mangiamorte, né celebrità. La vostra vita, qui sotto, si azzera. Non importa chi siate, da dove venite o
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    cosa abbiate fatto: qui siete i benvenuti. Ma ci sono, ovviamente, delle regole da rispettare. »
    Annuisce con convinzione, mentre continua a guardarsi intorno, perlustrando tutti i volti dei presenti, uno ad uno. « Prima di tutto, qui il conflitto non esiste. Esiste solo il duello, che inizia e finisce con il suono di quella campana. » Nel parlare, indica un'enorme campana di rame collegata ad una spessa corda, che puntualmente viene tirata da Roran, il Centauro incaricato segnare l'inizio e la fine degli incontri. « Dopo il suono della campana, siamo tutti amici. Non accetto altre lotte al di fuori di questo cerchio. Seconda cosa: ogni duello dura cinque minuti esatti: non di più, non di meno. Avete ovviamente la facoltà di arrendervi, ma nessun terzo al di fuori del cerchio può intervenire in nessun modo. Soltanto io potrò porre fine ad un duello, nel caso in cui dovessi ritenerlo necessario. Le Maledizioni Senza Perdono non sono ammesse, così come tutte le altre forme più pericolose di Magia Oscura. So che alcuni di voi ne sono attratti, ma dovrete farne a meno. Bene. Mi sembra di aver detto tutto. Chi è il prossimo? » Reek si guarda intorno per qualche momento, fino a quando i suoi occhi chiari non si fermano sulla figura di Malia, che, quasi senza accorgersene, ha compiuto un passo in avanti. « Vengo io » pronuncia, con voce decisa, prima di avvicinarsi a lui al centro del cerchio, sfoderando dalla tasca dei jeans la propria bacchetta. È la prima volta che si propone. Fino ad ora è rimasta soltanto a guardare dall'esterno, curiosa. L'uomo le sorride, compiaciuto, prima di riprendere a scrutare la stanza. « Oh, ti dico già cinque galeoni per la piccoletta! » vede un uomo urlare al folletto, dall'altra parte della stanza, prima di sputare per terra. Qualcuno ride, altri bisbigliano qualcosa. Reek continua a fissare i presenti, incalzante. « Allora, chi ha voglia di sfidare la nostra nuova aggiunta? »




    [spoiler_tag][/spoiler_tag] Questa role rientra nel Progetto "Realtà aumentata" che permette la partecipazione alla stessa di chiunque ne voglia far parte nei termini della coerenza on game. Imprevisti possono succedere in qualunque momento. Partecipando, tal imprevisti si accettano implicitamente.


    NOTE ON:
    - Ricapitolando in breve: il Pulse è un club di duellanti magici un po' anticonvenzionale che ha sede nei sotterranei di una locanda di Knockturn Alley chiamata La Mano Monca. Vi si accede dal retro, dove da una botola per terra appaiono al visitatore delle scale magiche che conducono verso il sotterranei: lì per aprire sarà necessario recitare la frase segreta per poter entrare. Come potrete aver capito dal post il Pulse è una realtà in on già solida e operante da tempo: questo vi permette di ruolarvi la partecipazione dei vostri pg nei termini che preferite. Ad oggi possono essere veterani del club, oppure questa può essere la loro prima serata. Potete tranquillamente scegliere se postare per farli duellare o anche solo per farli assistere.
    - Il Pulse è un club di basso profilo, avvolto da un'aura di semi-segretezza, quindi se i vostri pg si trovano lì dentro è perché lo sono venuti a sapere tramite passaparola o per altre vie di questo tipo. Insomma, basta non fare che hanno letto un annuncio sulla Gazzetta del Profeta ecco AHAHAH
    - Si tratta di un club di duellanti, sì, ma non ha niente a che vedere con quello di Hogwarts: è molto violento, e i partecipanti possono venirne fuori con ferite anche profonde, per quanto sia vietato tentare di arrecare danni permanenti all'avversario. L'idea è basata su Fight Club di Palahniuk, quindi immaginatevi un vibe di quel tipo!
    - Ogni duello dura cinque minuti, valgono tutte le regole descritte dall'amico Reek, anche se, volendo, potete tranquillamente interrompere il duello di qualcun altro anche in corso d'opera, tenendo in conto il fatto che in on sia contro regolamento e dunque i vostri pg verranno invitati a uscire. Però ecco, fate vobis a vostra discrezione.
    - Tra i duellanti e gli spettatori ci sono anche creature magiche: Vampiri, Folletti, Centauri, Veela e tutte quelle creature che hanno un'intelligenza superiore. Siete liberissimi anche di fare un post autoconclusivo in cui descrivete un duello con una di queste creature, o con un eventuale png. Tenete sempre a mente però che queste creature utilizzano un tipo di magia diverso da quello dei maghi.
    - Come scritto sopra, l'uso della Magia Oscura è generalmente vietato dal club, ma bisogna anche considerare che siamo a Knockturn, il club è frequentato anche da qualche brutto ceffo e potrebbe capitare che di tanto in tanto qualche sgambetto venga fatto. Per intenderci, per molte cose stiamo sul filo del rasoio.

    NOTE OFF:
    - Vi pregherei di mantenere i post abbastanza snelli, così da facilitare la riuscita della role. Non voglio limitare nessuno, anche perché è bello ruolarsi le cose per bene, però, ecco, regoliamoci e non facciamo papiri interminabili pls.
    - In merito ai duelli invece una limitazione c'è: dal momento in cui un duello tra due pg ha inizio, i player interessati sono tenuti a portare avanti post brevi e incisivi, alla stregua di quelli del Progetto Quotidianità, per intenderci, in modo da poter concludere l'interazione in poco tempo.
    - Ogni duello avrà un tempo off di cinque giorni, dopodiché si passerà a quello successivo.
    - Gli esiti dei duelli saranno decretati dalla sorte, che mi sembra il modo più equo. Verso la fine del duello vi farò sapere, tramite un post qui o contattandovi in privato, chi sarà a dover vincere il duello. (Va da sé che per questo primo turno di duelli che riguarda la mia pg sarà un terzo player a tirare a sorte) Tutte le interazioni precedenti saranno però gestite da voi, con fiducia nella vostra discrezione di player.
    - In merito all'ultimo punto, sono assolutamente vietati i post autoconclusivi. Per farla breve, se il vostro pg scaglia un attacco all'avversario, non potete specificare se questo è andato a segno o meno, ma sta all'altro player decidere. Anche qui cerchiamo di usare moderazione e soprattutto realismo: è chiaro che se un pg riesce a difendersi da ogni attacco ricevuto, oltre a non essere credibile, fa perdere anche il bello di questo gioco. Nel caso in cui ci fossero comportamenti di questo tipo cambieremo modalità e si darà un esito random per ogni interazione fatta - però, regà, cerchiamo di evitare perché... peso.
    - Evitiamo in generale ogni forma di powerplay: siete liberi di usare ogni tipo di incantesimo ma anche qui a vostra descrizione. Insomma, evitiamo di far fare cose di questo tipo a pg che due anni fa stavano ancora a Hogwarts.
    - Mentre si svolge un duello, chi assiste è liberissimo di continuare a postare, anche con post di lunghezza normale, per reagire a ciò che sta succedendo, incoraggiare gli sfidanti o fare delle scommesse.
    - Per concludere, vorrei sottolineare che siete liberissimi di arricchire questa realtà con tutti i dettagli e i particolari che volete, date libero sfogo alla vostra fantasia ❤

    n.d.r. Si ringraziano Fede e Nic per l'aiuto e la disponibilità, e Nic in particolare per la fantasia nella scelta dei nomi, che sono tutti merito suo!




    Edited by anesthæsia¸ - 16/2/2020, 00:43
     
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    Credeteci o no, c'era stata una breva finestra di tempo, nella vita sregolata e per lo più disfunzionale del giovane Montgomery, nella quale era riuscito a tenere in mano le redini della sua vita al punto da smettere di fumare. Proprio lui, che aveva tenuto tra le labbra la prima sigaretta – senza neanche accenderla, tenuta lì come ci si prova un paio di scarpe prima di acquistarlo – all'età di 10 anni, aveva gettato un pacchetto consumato soltanto per metà nel cestino della spazzatura all'angolo tra Hyde Park, Knightsbridge, Piccadilly, Grosvenor Place e Constitution Hill, con il Constitution Arch a suggellare quell'ambiziosa promessa di non toccarne una mai più. E non era successo mentre era fatto, né colto da infantili vanità di chi sottovalutava l'entità dell'impegno preso; era successo solo un paio di mesi prima.
    Niente, se non soltanto un paio di incresciosi e irripetibili piaceri della carne, avrebbero potuto essere paragonati, nella mente del ragazzo, all'estasi, all'euforia, alla goduria che aveva sperimentato al momento del ricongiugimento con quell'atavico compagno di viaggio. Quella tra il tabacco e Tom era una storia d'amore, e niente avrebbe mai più potuto separarli. Probabilmente, si disse mentre gustava la quarantatrésima sigaretta da quando aveva ripreso a fumare, se mai avesse ripetuto quell'astensione l'avrebbe fatto solo per tornare a sperimentare il piacere di riprendere poco dopo.
    E qualcosa, forse metaforicamente, gli aveva sussurrato, in un respiro che si era fatto sempre più presente, più consapevole e vicino, che non importasse quanto lui cercasse di fuggire, di cambiarsi e di giocare al bimbo cresciuto, adulto e responsabile. Quella sigaretta doveva rimanere esattamente dove era stata per tutti quegli anni, e il suo stoicismo fatalista pure l'avrebbe continuato a guidare in ogni sua decisione.
    Non c'era da sorprendersi, quindi, se quella sera Tom se ne stava ubriaco fradicio in un vicolo buio di Notturn Alley. Le solite tendenze autodistruttive erano tornate a fargli compagnia, insieme ai tagli sul labbro per le risse in cui inevitabilmente sembrava volersi andare a cacciare, e alla spocchia di chi sembra non poterne mai prendere abbastanza. Eppure lui, vi sembrerà strano, ma al Pulse ci era finito per caso.
    La luce gialla del lampione illuminava lo sconosciuto in un modo sinistro, ma che a Tom ricordò quei film in bianco e nero babbani che a Fitz piaceva tanto guardare. A volte, nella Domus, Tom si annoiava al punto da stravaccarsi su una delle poltrone in raso imbottite, e fargli compagnia nelle sue sessioni di inspiegabilmente prolungate maratone di film vecchi. Non avrebbe saputo spiegare perché gli fosse parsa una buona idea – del resto non era quello, cioè che “fosse una buona idea” il principio che guidava le scelte di Thomas – ma si era messo a seguire quello conosciuto. Gli era sembrato di strisciare fino all'ingresso della Mano Monca, come in una sorta di sogno. Come fosse sott'acqua.
    Aveva storto il naso in un'espressione di disgusto lento e montante, gli occhi socchiusi e un dito floscio sotto le narici per bloccare il tanfo. Forse, se l'avesse inalato un po' di più, l'avrebbe risvegliato dal torpore. Com'era chiaro, era caduto rovinosamente sul pavimento, mentre scendeva le scale nascoste dalla botola. L'uomo che stava seguendo non aveva neanche badato a lui, e alla fine si era ripreso, ed era riuscito ad accostare la bacchetta all'orecchio quel tanto che bastasse per origliare la parola d'ordine. Un angolo della bocca gli si era alzato in un sorriso storto.
    L'aria, nel Pulse, sembra cambiare composizione. Sembra più fredda, più leggera, meno tangibile. Tutto sembra sospeso in uno stato di lucida follia, e persino l'alcol sembrò giocare un effetto meno pesante, sulla sua mente annebbiata. «30 GALEONI!!! 30 GALEONIIII, chi scommette di più? Ragazzo, scommetti di più?» Il goblin teneva tra le mani numerosi sacchetti in pelle marrone, la punta del naso rivolta contro di lui e quegli occhietti lucidi e umidi sembravano accusarlo. «N...No» Sbiancò. Che Thomas Montgomery fosse intimidito? No, era la nausea, appurò qualche secondo dopo, quando sboccò in un angolo buio e sudicio del sotterraneo.

    Era rimasto seduto, attendendo di sentirsi meglio per poter finalmente capire abbastanza di cosa stesse succedendo da cominciare a pensare all'opzione di partecipare. Quello era un fight club. Un luogo di combattimento. Un covo di scarti della società, troppo impotenti e inascoltati per fare qualcosa, decisamente ben al di sotto della soglia della povertà, un posto per anarchici e sfiduciati. Eppure gli parve di riconoscere un volto familiare, tra i lineamenti tumefatti dello stregone che faticava a rimettersi in piedi dopo l'ennesimo Stupeficium. Strizzò gli occhi, avvicinandosi. «Il Giudice Lockhart...?» E solo poco più a destra vide un membro della Commissione Eventi dell'Astra, un collega di lavoro di suo padre. E quello... Quello non era Zip Trambley?! Si guardò attorno, e realizzò che ciò che accomunava tutte quelle persone così diverse tra di loro fosse l'impossibilità a ignorare quella rabbia montante che, da sempre, lui si era portato dentro. Quella distruttività. O almeno, era così che Thomas, quella prima sera, vide il Pulse.
    «Vengo io». Gli occhi cerulei di Tom si posarono su una figura familiare, e forse più inattesa del Giudice ridotto a carta straccia sul pavimento di quella topaia a Notturn Alley. «Allora, chi ha voglia di sfidare la nostra nuova aggiunta?» Lo sguardo del ragazzo rimase fisso sul volto di Malia Stone mentre si faceva avanti, superando gli altri maghi e creature magiche che se ne stavano in piedi attorno al ring. Quando anche lei lo guardò, le rivolse un sorriso compiaciuto. Lo sapevo che eri un po' perversa sotto quell'aria così pura, Stone.
    «Bene, bene, bene, che abbiamo qui? Due nuovi membri al loro primo duello» «5 GALEONI!!! Chi offre di più??? 10? 10 GALEONI!!!» Tom le si avvicinò, il sorriso nascosto da un'espressione fintamente seria, mentre le tendeva la mano in un gesto di diplomatica sportività. «È bello vederti qui, Stone. Prometto che non ci andrò giù troppo pesante. Sarebbe un vero peccato rovinare quel tuo bel faccino» disse, ridacchiando poi per il cliché appena pronunciato. Indietreggiò, fino al limite destro del cerchio, e si mise in posizione, senza distogliere lo sguardo dall'avversaria. Era abbastanza lucido (o abbastanza brillo) da riuscire a combattere? «Il duello parte al suono della campana. Voglio ripetervi, di modo che vi sia chiaro da adesso, visto che siete nuovi arrivati, che non saranno ammessi incantesimi lanciati prima o dopo. Se lo fate, siete fuori. Un'ultima cosa: qui non usiamo i nostri veri nomi. Se vi conoscete, peggio per voi. Niente nomi, niente cognomi, niente di niente. Potete cominciare.» La campana suonò immediatamente dopo le sue parole, accodandosi ad esse come fosse un loro naturale proseguimento.


    Edited by roman candle - 26/2/2020, 16:13
     
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    Thomas Montgomery. Malia si trattiene dallo sbuffare in una mezza risata nel vederlo avanzare nella sua direzione a passo sicuro. Quando gli si avvicina, le pare quasi di riuscire ad avvertire un forte odore di alcol. Quanto ci hai dato dentro questa sera, Montgomery? Ma in fondo, in quello spazio così ristretto e soffocante, dagli odori tanto intensi, potrebbe sbagliarsi. « È bello vederti qui, Stone. Prometto che non ci andrò giù troppo pesante. Sarebbe un vero peccato rovinare quel tuo bel faccino. » Cattura lo sguardo del ragazzo, di rimando. « Certo sarebbe un problema. Poi come lo racconti alla mamma che hai fatto la bua a una femminuccia? » Si concede quel secondo d'ilarità, sollevando un angolo delle labbra piene in una smorfia che assomiglia ad un sorriso beffardo, prima che Reek si avvicini per decretare l'inizio del duello. E poi la campana suona, il rumore che riecheggia nello spazio angusto per qualche secondo. Malia ha sfoderato la bacchetta con qualche secondo d'anticipo, e questo piccolo vantaggio temporale le concede la possibilità di sferzare il primo colpo. Punta la bacchetta in direzione di Tom e scaglia un Inflatus non verbale, nella speranza di coglierlo alla sprovvista, se non altro per l'incantesimo insolito - e forse non esattamente adatto ad un duello - che ha scelto. Un lampo di luce bianca lascia la sua bacchetta, sferzando l'aria dello spazio che li separa.
     
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    Le dita della mano sfiorarono l'impugnatura della bacchetta, infilata tra la schiena e la cintura, soltanto qualche secondo più tardi rispetto alla sua avversaria. Chiaramente, quella non era la prima volta che si ritrovasse a duellare, e forse si aspettava che anche in un postaccio del genere le solite regole di buon costume venissero rispettate; chissà, magari si aspettava che un inchino precedesse l'inizio dello scontro, o che ci si aggirasse in cerchio con la bacchetta puntata contro l'altro per qualche secondo, temporeggiando prima di scagliarsi contro l'avversario. Ma la strega che aveva di fronte non aveva perso tempo, e lui non era stato abbastanza veloce da scansare il colpo. Provò a scansarsi quando i suoi riflessi glielo permisero, ma non bastò. L'ex Serpeverde si ritrovò, nel giro di pochi secondi, gonfiato da un incanto Inflatus non verbale di cui non si era neanche inizialmente accorto. Cominciò dalle gambe, sollevandole da terra, per poi risalire verso il tronco, e alle braccia. Nella stanza si sollevò una risata collettiva, qualcuno fischiò, altri batterono le mani. Se avesse raggiunto la mano destra probabilmente non sarebbe più riuscito ad impugnare la bacchetta, ma fu abbastanza rapido. «Finite». Tom si sgonfiò come un palloncino, ricadendo per terra. Si rialzò rapidamente, ripulendosi dalla polvere che ricopriva il pavimento. «Divertente! Proprio divertente.» Scandì poi, sorridendo, piegando leggermente la testa di lato. Non era un incanto offensivo, il suo intento era chiaramente un altro. «Herbifors» pronunciò con calma poi, con un gesto secco del polso. Tom non era solito scomporsi durante i duelli; amava punzecchiare l'avversario, prendersi il suo tempo, parlare fin troppo.
     
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    La Stone non può non sollazzarsi nel vedere il proprio incanto - decisamente infantile e probabilmente fuori luogo - riuscirle tanto facilmente. In poco più di qualche momento l'intero sotterraneo riecheggia delle risate di tutti i presenti, rivolti col naso all'insù a fissare un fluttuante Thomas Montgomery, triplicato in dimensioni. « Come ci si sente - lo provoca la Stone, guardandolo dal basso e mantenendo la bacchetta puntata nella sua direzione, per precauzione - ad essere un pallone gonfiato a tutti gli effetti, ora? » Solo nel pronunciare quelle parole riesce a cogliere l'ironia di quella situazione. Tuttavia i suoi attimi di gloria durano ben poco: Montgomery non fa nemmeno in tempo a gonfiarsi completamente, né a sfiorare il soffitto, che si adopera già per porre fine all'incanto dell'ex Grifondoro. Quando con un agile balzo atterra sul pavimento lercio del sotterraneo, intorno a loro si sente qualche fischio di delusione. E la contromisura di Thomas non tarda ad arrivare, perché Malia non fa in tempo a prepararsi a parare un colpo che l'ha già ricevuto. Strizza gli occhi, come pronta a un dolore fisico che però non la colpisce - non come la nuova serie di risate che riempiono di nuovo lo spazio, questa volta rivolte nella sua direzione. I suoi capelli scuri si sono ritirati alla radice, per dare spazio a quelle che sembrano vere e proprie radici, sporche perfino di terra, e che terminano con enormi fiori colorati. Non può non sorridere di fronte alla trovata originale del suo sfidante. « Andiamo, fai sul serio? » si lamenta scherzosamente, sbuffando in una mezza risata, mentre stringe meglio le mani intorno alla bacchetta. Okay, ora però basta cazzeggiare. « Stupeficium! »
     
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    Era divertente, per lui, punzecchiare così l'avversario. Anche a Hogwarts, nel Club dei Duellanti, il suo più grande vizio era fare il pagliaccio troppo a lungo e tralasciare incantesimi seri. Non li prendeva sul serio, al contrario dei suoi amici del Clavis. Ricordava ancora i lampi di ambizione che illuminavano lo sguardo di gente come Percy Watson, o lo stesso Nate – a patto che percepisse il proprio avversario come degno: pensava che, forse, quelle sfide erano la prova ultima del proprio peso come stregoni, l'azionarsi di meccanismi remoti ma estremamente emblematici della propria personalità, per loro. A lui – come al solito – non fregava molto. Così saltellava in punta di piedi attorno all'avversario, frustrandolo, sfuggente, lanciando incantesimi mai totalmente soddisfacenti. Non che non sapesse farlo, ma quella era una questione di temperamento: non è uno che si scaldi in fretta, Thomas, e non di certo per un motivo qualsiasi – figurarsi per uno stupido duello didattico. Così scoppiò in una delle sue solite risate quando sulla testa di Malia Stone spuntarono dei stupendi tulipani variopinti. «Andiamo, fai sul serio?» «E dài, pensavo ci stessimo divert–» «Stupeficium!» Lo scansò per un soffio, gettandosi all'indietro mantenendo a fatica l'equilibrio, scivolando sul pavimento ricoperto di ghiaia. L'incantesimo andò a schiantarsi contro un sacco da boxe dietro di lui, che subì un colpo talmente forte da rompere la catena che lo teneva appeso al soffitto e venire catapultato contro il muro. Tom lo indicò, con le sopracciglia eloquentemente alzate. «Stone, andiamo! Quello potevo essere io!» Scosse la testa, schioccando la lingua. «Bisogna che tieni i nervi a bada... Che fretta c'è?» Continuò a punzecchiarla temporeggiando, lo sguardo fisso su di lei. «E COMBATTI!» «Questo non è il club del libro, ragazzo!!! VOGLIAMO VEDERE DEL SANGUE!» Sbuffò, contrariato da quella frettolosità. Si voltò verso il loro pubblico, allargando le braccia in un gesto impotente. Che gli dispiacesse l'idea di farle male? «E va bene... Incendio.» Lanciò l'incantesimo dandole ancora parzialmente le spalle, ruotando quel tanto che bastasse a guardare il raggio fiammante che lasciava la punta della sua bacchetta, verso di lei.
     
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    Deve sembrare particolarmente ridicola, a sventolare la sua bacchetta mentre si muove a destra e a manca con movimenti rapidi, con due enormi tulipani colorati in testa al posto dei capelli. Ogni sua mossa sembra seguita da una buona dose di risate da parte dei presenti, ma Malia sceglie di non curarsene. Nemmeno si preoccupa di risolvere il problema, perché perderebbe secondi importanti. Un « Incendio » scagliato con leggerezza da Tom cattura la sua attenzione, ma non abbastanza rapidamente perché abbia il tempo di scansarsi. Riesce solo a ripararsi nel modo più istintivo in cui riesce, portando le braccia di fronte al viso, lì dove l'incantesimo del ragazzo stava per scagliarsi. Non è in grado di trattenere un urlo di dolore quando sente la bruciatura sulla pelle dell'avambraccio. Qualcuno tra la folla applaudisce. « VENTI GALEONI PER IL RAGAZZO! » Malia non si ferma ad esaminare la ferita, ma il suo occhio coglie l'enorme sacco da boxer che il suo incantesimo ha fatto cadere per terra, mancando l'avversario. Proprio alle sue spalle. Lo punta, e con una breve formula non verbale ne ottiene il controllo. Le basta un movimento secco della bacchetta e questo viene scagliato a gran velocità contro il ragazzo.
     
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    Se gliel'aveste chiesto a fine duello, lui l'avrebbe sicuramente smentito, ma la verità era che si era distratto. L'Incendio avrebbe dovuto disegnare un cerchio di fuoco attorno a lei in modo da renderla inoffensiva, ma non intendeva letteralmente colpirla con del fuoco. Poco cambiava, in realtà, dato che l'obiettivo era far finire a terra l'avversario quel tanto che bastasse a sentire il suono della campana decretare il vincitore, ma non era del tutto preparato. E il fuoco è un elemento con cui Tom ha molta confidenza, ma ben poco controllo. Così finì che la ragazza si coprì il volto, soffrendo solo qualche scottatura sulle braccia – ma comunque più di quanto lui avesse sinceramente previsto. Tuttavia non si scompose; però si distrasse, fermandosi per un momento a constatare l'entità della ferita che le aveva procurato. Fu solo per qualche secondo, ma, ormai l'aveva capito, Malia era veloce, diversamente rispetto a lui. Per questo non si accorse del sacco da boxe, che gli si scaraventò addosso nel giro di pochissimi istanti dopo che le fiamme si furono spente. Lo colpì sulla schiena, mozzandogli il fiato, e Thomas cadde in ginocchio, i palmi delle mani graffiati strusciandoli sul pavimento. Perse la bacchetta, e tentò di scansare quanto possibile il sacco controllato dalla ragazza, rotolandosi a terra e lanciandosi ora a destra, ora a sinistra. «COLPISCILO!» «FINISCILO!» «Grazie tante!!» Urlò di rimando, proprio mentre dovette accasciarsi supino per schivare un colpo alla testa. Dov'era la sua bacchetta? Un altro colpo arrivò di lato, stavolta, proprio sulla spalla, lanciandolo per terra scorticandogli braccio e gamba. Sentì il labbro cominciare a sanguinare, e lo ripulì velocemente con una nocca della mano. Stranamente non gli sovvennero commenti sardonici da elargire in quel momento, mentre continuava a incassare sempre più botte. L'ennesima fu allo stomaco, e dovette sputare del sangue a terra, stordito, sebbene, a modo suo, ci fosse abituato. Eppure, guardandolo bene, ci si sarebbe accorti dell'accenno di sorriso sul volto di Thomas. Finalmente avvistò la bacchetta, e corse, abbassandosi per schivare l'ennesimo fendente e acchiapparla. Riuscì a impugnarla giusto in tempo per interrompere l'incantesimo di Malia e acquisire il controllo del sacco, andandolo a far schiantare contro uno specchio sporco e dai bordi arrugginiti, dietro di lei. I pezzi di vetro caddero a terra e Tom prese la decisione senza pensarci troppo a lungo. «Oppugno» mormorò. I frammenti si sollevarono rapidi, e sferzarono l'aria con un suono metallico, verso di lei.
     
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    La sua mossa è di successo: il sacco riesce a colpire Tom più volte, tanto da costringerlo a rotolare per terra nel tentativo di evitare ulteriori percosse. È soddisfatta della propria trovata, non particolarmente scontata in fin dei conti - e forse si crogiola fin troppo nella soddisfazione, tanto da deconcentrarsi e perdere il controllo del sacco, che finisce in mano al suo avversario. Immaginando che Tom la ripagherà con la sua stessa moneta, è pronta a ripararsi, o a scansarsi all'ultimo dall'attacco dell'enorme sacco da boxe. Ma quest'ultimo viene piuttosto scaraventato contro uno specchio, che si frantuma in mille pezzi. Pezzo di merda! si ritrova a pensare la Stone, nel momento in cui le schegge di vetro si sollevano dal pavimento, e puntano i propri aculei nella sua direzione. Non è abbastanza rapida da anticipare l'incanto del ragazzo, ed è costretta a lanciarsi per terra per evitare parte dei suoi aggressori inanimati. Il suo « Protego! » arriva solo più tardi, quando già una buona quantità di schegge l'hanno comunque raggiunta, strappandole i vestiti in più punti e ferendola sulla pelle scoperta. Si accorge solo in quel momento di avere il fiatone. L'ustione sul braccio comincia a bruciare in modo fastidioso, e le rende difficile pensare con lucidità. È ancora in ginocchio sul pavimento polveroso della cantina, quando lancia un inconcludente « Expelliarmus! » seguito da un'ennesimo « Stupeficium! » mancato. « Diffindo! » pronuncia infine, esasperata, puntando la bacchetta nella direzione del ragazzo.
     
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    Quando Malia finì a terra, un urlo estasiato si alzò dalla folla che li circondava. Tom rimase concentrato su di lei, attento a non farsi colpire di nuovo, memore della prontezza della ragazza. Il fatto che fosse una femmina, non avrebbe mentito, lo aveva inizialmente inibito. Per quanto si rendesse conto che quello fosse un ragionamento semplicemente sbagliato, Thomas era stato cresciuto per diventare un gentiluomo, nel rispetto alcune tradizionali regole di buon costume che, sebbene provasse uno speciale piacere a infrangere e sfidare, in un modo o nell'altro aveva ormai fatto sue. Fino a quel momento, Tom si era limitato a controbattere agli attacchi di lei, mantenendosi sulla sua stessa lunghezza d'onda, seguendo il suo passo; per poter vincere, forse, non sarebbe bastato; eppure non avrebbe voluto spingersi tanto in là. Si conosceva, Thomas, e sapeva di non avere una percezione del limite chiara e limpida quanto gli altri; per lui era una linea più sfocata, più opaca. Vederla graffiata dalle schegge di vetro non potè non fargli specie, per qualche secondo; tuttavia, era stata proprio quella esitazione a costargli cara, poco prima: sentiva già il dolore livido delle costole e quello pungente della sbucciatura sulla spalla ammonirlo di rimanere in guardia: Malia non era solo una ragazza, era anche una duellante svelta e capace. Il fatto che fosse una donna andava messo da parte. A quel punto del duello, però, gli era abbastanza chiaro che la Stone fosse quasi allo stremo: il suo Protego fu tardivo, il che era strano per lei, e l'Expelliarmus che lo seguì colpì la parete dietro di lui. Sapeva che avrebbe dovuto approfittare per contrattaccare, e forse avrebbe potuto anche chiudere il combattimento, ma qualcosa lo fermò. L'ultimo «Diffindo!» lanciato dalla ragazza lo centrò soltanto parzialmente, cogliendolo su un fianco poco prima che si fosse scansato, alzando le braccia piegate. Poco più lento, e probabilmente la ferita sarebbe stata talmente profonda da colpire un organo. Premette una mano sulla ferita, che aveva preso a sanguinare, e mordendosi il labbro inferiore per il dolore. Ruotò il capo per scrollarsi di dosso il fastidio del pizzicore, serrò la mascella e si decise a lanciare un secco «Stupeficium» verso Malia.

    [...]


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    Poco dopo, Malia era stata sollevata dal pavimento e messa a sedere su una sedia, accostata alla parete, in un angolo poco affollato dello scantinato. Un altro duello era già cominciato, ma Tom le sedeva accanto, a terra, con le ginocchia piegate, aspettando che riprendesse i sensi.
    «Psst. Ehi, avete qualcosa che funzioni meglio di un Epismendo?» Chiese, allungandosi verso sinistra, un cenno del capo a indicare la ragazza accanto a lui. Il fondatore del Pulse, Reek, sedeva lì vicino, masticando della liquirizia, che sputava a terra di tanto in tanto, mentre parlottava con un paio di golbin. Rivolse a Tom un'occhiata trasversale, prima di avvicinarsi un po', per dare un'occhiata a Malia. Scioccò la lingua, prima di tirarsi fuori dalla bocca la stecca di liquirizia.«È conciata malino. Qui non abbiamo niente, perché se iniziassi a commerciare pozioni curative le userebbero tutti e si continuerebbe a duellare giorno e notte. L'unica cosa che riesce a mandare a casa questi stronzi è un osso rotto o un'amputazione» Scosse la testa, infastidito dal pensiero. Tom ridacchiò debolmente, per poi portarsi una mano sulle costole, appena curate. «In giro a Notturn puoi trovare un tizio. Esci dal locale, giri a destra, e al terzo lampione, all'incrocio tra la 13B e la 5A, trovi un tizio di nome Puck. Digli che ti manda Reek, e che suo fratello mi deve ancora 50 galeoni. Se non mi paga tra meno di una settimana Marvin dovrà tagliargli anche l'altro braccio, te lo dico io» Ridacchiò, sputando dell'altra liquirizia masticata. Tom annuì, ringraziandolo con un cenno del mento.
    «Fai piano» le aveva detto quando si era svegliata, lo sguardo puntato sulla nuova coppia di duellanti. Si era piegato in avanti per estrarre un pacchetto di sigarette dalla tasca posteriore dei jeans, non senza una notevole quantità di dolore nel compiere la manovra. Storcendo il naso per lo sforzo, se ne accese una, boccheggiando un paio di volte. Gliene offrì una, volgendo il pacchetto aperto verso di lei. «Ho dovuto persino medicarmi con un Brachium Emendo. Non ne castavo uno dal 2007, Stone. Devo ringraziarti per questo» le aveva infine sorriso, alzando un angolo della bocca, e soffermandosi a guardarla per qualche secondo. Il fatto di non sentirsi unicamente, arrogantemente, contento della vittoria, un po' lo stupiva. Si era passato la lingua sulle labbra, ancora spaccate. «Comunque, è stato un onore combattere contro di lei, signorina Stone. Amici come prima?» scherzò poi, ruotandosi di poco verso di lei e tenendole una mano sporca di sangue. Si era tirato su, ancora un po' dolorante, ripulendosi i pantaloni come potè. «C'è un tizio da cui devo andare per comprare una pozione... Te la senti di venire con me?» Strinse la sigaretta tra il pollice e l'indice, espirando una nuvoletta chiara.
     
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    «Bevo un sorso di bava di Graphorn.», dice Lily, dopo aver bussato tre volte alla porta del Pulse. E' venuta a conoscenza del locale per un passaparola di alcuni compagni di squadra. Ha colto l'occasione al volo, desiderosa più che mai di tenere mente e corpo impegnati. In un periodo come quello, trovare una valvola di sfogo diventa motivo di sopravvivenza. Non può permettersi di farlo col Quidditch, perché quello è il suo lavoro. Ma duellare è un modo decisamente utile per sciogliere i nervi. Oppure per sollecitarli ulteriormente, dipende dai punti di vista. «Ciao.», saluta un ragazzo che ha conosciuto lì, leggermente svogliata. Preferisce non stringere troppi legami, non in quel luogo, dove neanche si possono utilizzare i nomi veri, tra l'altro. Ogni tipo di sentimento è bandito. Tranne la rabbia, quella bisogna metterla tutta. «Venticinque Galeoni per la ragazza.», fa la sua scommessa, prendendo posto come spettatrice. Osserva Malia e Tom che se le danno di santa ragione, prendendo le parti della Stone. Non si tratta di solidarietà femminile, ha puntato su chi realmente crede possa vincere. Senza alcun tipo di ragionamento mentale dietro. Vive d'impulsività, Lilac Scamander.
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    «Vado io.», comunica a Reek, il proprietario del locale, quando il duello si conclude. Sa che si tratta solo di cinque minuti, ma vorrebbe fossero dieci. Venti. Trenta. Un'ora. Vorrebbe duellare fino a sentire le forze che si prosciugano, e a quel punto andare a casa e poggiare la testa sul cuscino. Finalmente prenderebbe sonno, stremata, anziché impiegare secoli prima di spegnere ogni pensiero e lasciarsi andare. «Allora, signori, chi si fa avanti? Non vorrete lasciare sola la nostra sfidante...»

     
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    Lui al Pulse è arrivato grazie a Zura. E' lei che gli ha fatto da cicerone, aprendogli le porte - e gli occhi - di un mondo segreto, affascinante e allo stesso tempo rabbioso. E' venuto lì già un paio di volte, ha duellato però una sola volta. Ci devono essere delle condizioni, per lui, per farsi avanti e sfidare un determinato avversario. Ci deve essere l'istinto, la chiamata, la stessa che forse avrebbe percepito, a livello della bocca dello stomaco, nel vedere entrare al centro della stanza gremita di gente niente di meno che Malia Stone. Ma ci pensa Thomas Montgomery - e chi se lo sarebbe aspettato da lui? La prossima volta mi devo aspettare anche Nate? - ad accogliere la sfida e lui segue il duello, rapito dalle loro offensive e controffensive, seguendo i fasci di luce come se facessero parte di un meraviglioso spettacolo teatrale. « Venti galeoni su di lui! » Non può non puntare che su di lui, lanciando i soldi all'allibratore più vicino che, concitato e avido, segna la scommessa e raccoglie i soldi. E alla fine, l'esito gli dà ragione, ripagandolo di quindici galeoni in più sopra la puntata.
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    Non male. Pensa, contando il gruzzoletto che gli è stato dato indietro, fino all'ultimo galeone, perché non si fida troppo di quella faccia stordita che ha su il ragazzo delle scommesse ed è solo quando la voce di Reek riecheggia per l'ambiente che rialza lo sguardo ceruleo. E riconosce all'istante la figura di Lily al centro, lì dove le luci la puntano come un occhio di bue. La sente all'istante, la chiamata, la stessa che lo porta a farsi avanti, con il suo solito cipiglio da sbruffone e la camminata sicura. « Eccomi! » Fa il suo ingresso sul ring con un sorriso, prima di rivolgere un'occhiata allusiva alla bionda. Non sono, esattamente, nei migliori dei rapporti al momento. Non dopo il teatrino che ha messo su lei dopo l'ultima festa. « Biondina » la saluta, facendole l'occhiolino, sapendo d'infastidirla con il suo atteggiamento e poi si sfila la giacca di pelle, lanciandola poco più in là, al di fuori dell'immaginario semicerchio. « Recap veloce delle regole per la nuova arrivata: si parte con il suono della campana, non sono ammessi incantesimi prima o dopo. Per il resto, tutto è valido, tranne la Magia Oscura. Siamo intesi? » Guarda entrambi, per avere un loro gesto d'assenso e Zip annuisce, prima che la campana suoni. La gente intorno a loro comincia ad urlare scommesse, mentre il ghigno non abbandona mai il viso del giovane che non impugna nemmeno la bacchetta. « Allora? » La incalza, sempre sorridente, facendole cenno con la mano di farsi avanti. « Prima le signorine! » Sarcastico, prende a muoversi in cerchio, con la mano che scatta solo dopo qualche secondo verso la tasca posteriore dei pantaloni, lì dove prende la bacchetta e la punta contro di lei. Casta un incantesimo assordante, giusto per cominciare a testare le capacità della ragazza. Perché sì, okay la cavalleria, okay tutto, ma al Pulse non si guarda in faccia nessuno e Zip ha intenzione di seguire alla lettera questa filosofia.

     
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    Quando Zip Trambley prende posto sul ring, Lily rotea gli occhi. Avrebbe preferito scontrarsi con uno sconosciuto: meno pensieri e più azione. Invece no, il ragazzo la sfida con la solita espressione da sbruffone. Attento, potresti farti male. Non lo dice, ma la sua espressione è molto chiara. «Chi non muore si rivede.», risponde, mentre lo osserva lanciare distante la giacca, come una star da palcoscenico che regala preziosi cimeli agli ammiratori. Riconosce quell'atteggiamento, perché è un po' anche il suo. Ma in ogni storia che si rispetti, il protagonista è uno solo. E lei non ha intenzione di fare alcun passo indietro. Fa un cenno a Reek quando ricapitola le regole, già facilmente impresse a memoria. Nulla di troppo complicato: niente magia oscura - non che avesse avuto intenzione di praticarla, a prescindere - e niente incantesimi al di fuori dei cinque minuti di duello. Afferra la bacchetta, puntandola contro lo spacciatore. La sfida parte con un rumore assordante evocato da Zip. Lily strizza gli occhi, infastidita, ma dura poco. E' stata colta alla sprovvista, ma di base è abituata al frastuono degli stadi da Quidditch. Per non perdere la concentrazione, comunque, pronuncia un: «Finite Incantatem.», augurandosi che la confusione si plachi, almeno di una spanna. Non ha intenzione di lasciare che il proprio lato impulsivo, predominante su quello razionale, possa prevalere indisturbato. Non da subito, almeno.
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    Le servirà come ultima arma, per sopravvivere. «Dismundo.», buona visione, Zip, augura all'avversario, evocando un incantesimo più antipatico che altro. La dimensione del sogno l'ha sempre affascinata, quella dell'incubo ancor di più. D'altro canto, per tirarsi fuori dai guai, è bene conoscere a menadito i propri nemici e le proprie paure. Ma l'obiettivo non è spaventarlo a morte - probabilmente ci vorrebbe più di questo. La piccola Scamander ha solo intenzione di distrarlo, per poi colpirlo duramente con un: «Aqua Erupto.», magari dritto al torace. «In altre circostanze ti direi che mi dispiace di averti colpito.», ma no, te lo meriti e basta.

     
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    Chi non muore si rivede. Sembra voler prendere in parola quel detto, la Scamander che lo guarda in cagnesco, probabilmente infastidita dal suo fare plateale. Ma è proprio questa la tattica di Zip, solitamente, nei duelli: prendere l'avversario per sfinimento. Stuzzicarlo, farlo incazzare a parole, così da fargli tirare fuori le sue carte migliori all'inizio. Farlo scaricare talmente tanto per poi fare lo scorpione: colpirlo alle spalle, quando è più vulnerabile, lasciandolo crollare a terra, con la faccia che finisce tra la polvere e il sangue incrostato. E, come previsto, lei smorza subito il suo divertimento stoppando l'incanto dopo qualche istante, lasciando che un piccolo broncio si profili sul volto del canadese. « Non ti è piaciuto il mio regalino? » Se la ride, Zip, abbassando forse fin troppo la guardia, tanto da non riuscire a fermare l'incantesimo che lei, con velocità, gli scaglia addosso. All'istante, la visuale del moro si riempie dei ricordi del Lockdown. Il castello preso in ostaggio dalle mille trappole che Kingsley aveva deciso di regalare loro. Urla di ragazzi moribondi sullo sfondo, mentre dallo sfondo si alza una figura, più smunta di quanto la ricordasse. Sembra essere un manichino, tanto è magra e pallida. Quando alza lo sguardo, con i capelli scuri che lasciano scoperto il suo viso, Zip ne riconosce le fattezze. Irina. « Zeppelin, ti prego, Zeppelin aiutami. » Scrolla la testa, il riccio, indietreggiando. E' solo un fottutissimo incanto. Rimani vigile. Non è altro che questo. « Zeppelin, figlio mio, ti prego! » Allunga la mano verso di lui, nello stesso istante in cui un geyser d'acqua lo colpisce, dal pavimento. E' una fiumana violenta, che lo destabilizza ma che, allo stesso tempo, spazza via ogni visione. E con sé quella della donna che l'ha messo al mondo. La forza dell'acqua è talmente forte che lo fa indietreggiare, con la testa che gli vola all'indietro. Ragiona, cazzo. L'acqua, nel frattempo,
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    raggiunge la gente della prima fila. « Trenta galeoni sulla ragazzina! » E' forse quella puntata contro di lui, che gli arriva alle orecchie, che lo scuote dal momento di confusione. « Protego! » Riesce a focalizzare la sua attenzione sul movimento della bacchetta, andando a crearsi intorno uno scudo protettivo, prima di castare a sua volto un Finite Incantatem. E' fradicio, dalla testa ai piedi, con la maglia che ormai aderisce al suo petto come fosse adesiva. Scrolla i capelli ricci, come un cane che è stato sotto la pioggia. « Davvero, bionda? Non te l'hanno insegnato a scuola che è un incanto da non fare nei luoghi chiusi? » Tossisce, mentre spera che l'adrenalina in circolo ci rimanga abbastanza da non cominciare a fargli accusare il dolore di quel getto d'acqua sparato addosso. « Guarda che hai fatto incazzare i tuoi fan! E una giocatrice professionista senza i suoi fan, cos'è? » Indica i tizi della prima fila, con quel ritrovato ghigno sulle labbra. Gli stessi che sì, sono davvero incazzati perché tutti bagnati. Usando quella finestra di tempo, si guarda intorno, trovando ciò che fa al caso suo. Fa levitare una cassa di legno, poco lontana dal semicerchio e quando è abbastanza vicina alla bionda, la fa esplodere con un Expulso. Il tutto serve a farle perdere abbastanza tempo e concentrazione, mentre lui decide di castare una Fattura Orcovolante non verbale, mantenendo il contatto visivo sulla bionda. Felice Halloween, bambolina!
     
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    Lily non è si è presentata al Pulse per chiacchierare. Il fatto di conoscere Zip non cambia le carte in tavola: meno intermezzi, più azione. Cerca soltanto questo dal duello - viceversa l'avrebbe invitato a bere un caffè. Per poi tirarglielo in faccia, magari, o qualcosa di molto simile. Si rende conto che il tentativo di intavolare una discussione abbia come unico fine quello di distrarla, per cui stringe i denti e tiene duro. Alla domanda della Serpe sul presunto regalino, la lingua di Lily inizia a prudere di rabbia. Vorrebbe dirgliene quattro, ma sceglie di mantenere un profilo basso: «Non fraintendermi, hai davvero ottimi gusti musicali. Ma preferisco l'incitamento della folla come sottofondo.», fa spallucce, rintanandosi nel proprio habitat naturale: quello dei tifosi degli stadi. Dopo aver scagliato il Dismundo, osserva attentamente la reazione di Zip. Il suo sguardo è perso nella finzione delle visioni, probabilmente non troppo piacevoli. Non si scompone, Lilac, cogliendolo di sorpresa con un getto d'acqua violento. Gli farà male, sì, ma non al punto da arrendersi. Questo lo sa anche lei, che indietreggia a sua volta per non scivolare sulle pozzanghere che si sono formate sul campo di battaglia. «Come sei gentile a ricordarlo. Hai svolto bene i compiti per casa, vedo.», piega la testa di lato, rivolgendogli un sorriso sarcastico, arricciando appena le labbra. «Non ti preoccupare per i tifosi. Lo dimenticheranno presto, quando verrà il momento d'incassare le quote scommesse in mio favore.», stringe forte la bacchetta, le nocche sbiancano all'istante sotto la tensione dei muscoli. Lo sforzo fisico le serve per placare il rancore, a poco a poco, fondamentale processo per mantenere la lucidità. Non ha il tempo di scansarsi, Lily, quando una cassa di legno le esplode a fianco. Cade a terra, all'indietro, avendo giusto il riflesso di poggiare il palmo della mano sul pavimento per attutire l'impatto. Striscia, si graffia, i lembi di cute iniziano ad aprirsi e a sanguinare. Ma non finisce lì. E' ancora piegata sulle ginocchia quando inizia l'assedio di un'infinità di mostriciattoli, tutti concentrati sul viso. La picchiettano, sfibrando le guance e la sella del naso. La Scamander passa una mano sul volto, nel tentativo di scacciarli, ma il risultato è quello di provocarli ulteriormente. «Emendo.», pronuncia, leccando le ferite di guerra. «Evanesco.», esclama, sperando che i mostriciattoli scompaiano in fretta.
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    «Fattura Orcovolante, eh? Peccato che il tuo nome non sia Ginevra Weasley.», lo sfotte apertamente, citando la maestra del suddetto incanto, benché le ferite sul volto brucino ancora. E' allora che, sulla scia del ragazzo, gli rivolge una Fattura Gambemolli. Tutti giù per terra, Trambley. «Ma no, Zip. Non c'è bisogno di strisciare per terra. Bastano a voce, le scuse.», lo provoca, sapendo perfettamente che, così, non otterrà proprio niente. Ma ogni occasione è buona per esporre la propria visione delle cose. «Rictusempra.», sibila, augurandosi che l'avversario venga scagliato il più lontano possibile da lei. Il tempo di fare mente locale.

     
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