Do you remember?

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    «Olivander! Ehi, Olivander!»
    Aleksej aveva tredici anni e una curiosità sconfinata. Poco importava che il Corvonero fosse circondato dai suoi amici e ancora meno che si conoscessero solo di vista, perché il piccolo Tassorosso si era tenuto dentro quella domanda dalla notte prima e se avesse continuato a quel modo, di sicuro sarebbe esploso. Praticamente non ci aveva dormito, aveva contato i secondi che lo avevano separato dall’arrivo del giorno successivo, quando avrebbe potuto cercare l’unico in grado di dargli una risposta, forse. Aveva tredici anni, occhioni azzurri accesi di curiosità e una zazzera biondo scuro terribilmente disordinata. Si faceva largo testardamente tra studenti molto più alti di lui che affollavano il corridoio, solo per raggiungere l’altro ragazzo. «Ehi, Greg!» Aveva le gote arrossate dalla corsa e un ampio sorriso che vibrava d’entusiasmo. «È vero che la tua famiglia si procura personalmente i nuclei delle bacchette? Come fate a procurarvi le corde di cuore di drago? E poi, che diavolo sono le corde di cuore di drago Una tempesta di domande, parole che quasi si mangiavano l’una con l’altra, tanta era l’eccitazione. Poco importava che qualcuno ridesse di lui o che potessero prenderlo in giro, perché Aleksej aveva solo tredici anni e aveva appena capito quanto amasse imparare.

    Aleksej aveva sedici anni e fissava distrattamente il Corvonero seduto al tavolo della sua casa. Lo guardava ridere con i suoi amici, ammantato di carisma, fascino e popolarità. I contatti erano scemati con il tempo, ma in fin dei conti non c'era mai stato molto di più di qualche scambio di battute e qualche saluto. Ed era normale, perché lui e Greagoir erano diversi sotto molti punti di vista e soprattutto non erano mai stati davvero amici. Solo conoscenti, coetanei che frequentavano la stessa scuola. Non che Aleksej ci perdesse il sonno, le cose erano semplicemente andate così. Eppure, ogni tanto si domandava ancora come mai. In fin dei conti, il Tassorosso non aveva mai avuto problemi a fare amicizia con nessuno. «Cosa guardi?» Quella domanda lo aveva strappato dai suoi pensieri. Aveva sorriso a Timothy, Tassorosso del suo stesso anno e suo amico, poi aveva solo scosso la testa. Ma, mentre i suoi compagni erano tornati a parlare della prossima partita, Tassorosso contro Grifondoro, gli occhi del ragazzo erano scivolati nuovamente verso Olivander. Aleksej aveva sedici anni, gli ormoni in subbuglio tipici degli adolescenti e un sacco di domande che gli affollavano la testa. E, per la prima volta, iniziava a rendersi conto di essere attratto dai ragazzi.



    Ma gli era passata. Non l’attrazione verso lo stesso sesso, chiaro, quanto più quella sbandata adolescenziale verso Greagoir Olivander, che in fin dei conti non era stata molto più di questo. Perché era cresciuto, era cambiato e le cose erano andate avanti, come succedeva sempre. Se ora il nome del ragazzo saltava fuori da qualche parte, Aleksej lo ricordava solo con un leggero sorriso, perché poteva anche essere stata una banale sbandata del passato, ma gli aveva permesso di scoprire un po’ meglio sé stesso, e di questo gliene era sempre stato segretamente grato. Quei ricordi gli tornarono alla mente mentre percorreva Diagon Alley, diretto proprio verso quel negozio che portava il nome della famiglia di fabbricanti di bacchette più famosa in Gran Bretagna. Il ragazzo che varcò la soglia, stretto in una giacca d’aviatore e con quella vecchia sciarpa da Tasso avvolta attorno al collo, non assomigliava quasi affatto alla sua versione adolescente. Il viso aveva perso le guance rosee e paffute, i lineamenti si erano fatti più decisi e i capelli avevano abbandonato il colore naturale per tingersi di un pallido biondo più simile al bianco. Aveva decisamente guadagnato centimetri, lasciandosi alle spalle l’immagine del piccolo Tassorosso che difficilmente raggiungeva le spalle dei propri compagni. Gli occhi però erano ancora gli stessi, di un blu disarmante e colmi di quella stessa curiosità ed entusiasmo che si portava dietro sin dalla più tenera età. Gli stessi occhi che si andarono a posare sugli scaffali pieni di scatole per bacchette, spalancandosi appena in un moto di meraviglia. Non metteva piede in quel posto dai suoi undici anni e farlo in quel momento fu come essere travolti da una cascata di ricordi, che sapevano di caldo e del colore dell’ambra. L’eccitazione, il nervosismo, la felicità nel ricevere la sua prima bacchetta, le mille domande che aveva sparato a raffica all’uomo oltre il bancone. Un sorriso si dipinse sulle sue labbra.
    «C’è qualcuno?» Chiese, guardandosi in giro e non trovando nessuno. Si mordicchiò le labbra, incapace di frenare la curiosità e approfittando di quell’assenza per sollevare le dita verso lo scaffale più vicino, abbastanza da poter sfiorare con i polpastrelli le piccole custodie. Almeno finché un rumore non lo fece trasalire e voltare di botto, ritirando velocemente la mano. «Scusa. Stavo solo dando un’occhiata, non c’era nessuno e-», ma si fermò, riconoscendo la figura che si era fatta avanti. Lo guardò incredulo, mettendo su dapprima un’espressione sorpresa, per poi sciogliersi in un sorriso contento che gli illuminò tutto il volto. «Greg? Ma dai, sei davvero tu?» Fece qualche passo in avanti, senza preoccuparsi troppo dello sguardo curioso e forse un po’ sfacciato che gli fece scorrere addosso. Non che lo facesse di proposito, il più delle volte non se ne accorgeva nemmeno, troppo spontaneo e diretto in tutto ciò che faceva per preoccuparsi di quale impressione potesse dare. «Sono Aleksej, ero in Tassorosso. Il ragazzino che ti tempestava di domande sulle bacchette. Non so se ti ricordi di me.» Lo disse con voce allegra, amichevole, di chi non avrebbe fatto il benché minimo dramma nell’eventualità di non essere ricordato. Non se lo aspettava, in fin dei conti. «Cavolo, non mi aspettavo di trovarti qui, ma adesso che ci penso forse avrei dovuto, in effetti. Ti occupi tu del negozio, ora?» Infilò le mani nelle tasche della giacca, con fare rilassato. Non c’era traccia di imbarazzo in lui, né timidezza, né il minimo accenno che lasciasse trapelare cosa l’altro ragazzo avesse rappresentato per lui in passato, perché era appunto questo, passato, e Aleksej viveva troppo nel presente per lasciarsi andare a quel genere di pensieri ed emozioni. Una cosa però non poteva non pensarla: crescendo, Greg non aveva fatto che migliorare. «Devo essere rimasto indietro su parecchie cose, negli ultimi anni. Sono stato via per un po'.» E in più era anche un tipo irrimediabilmente distratto, che faceva un po’ fatica a stare al passo con le notizie di cronaca e le ultime novità, quindi sì, per quanto assurdo fosse, si era del tutto perso la cosa. «Ma ehi, sono contento di trovarti qui. E parlando di questo, ho un problema con la mia bacchetta. Magari puoi aiutarmi?» Tirò giù la zip della giacca quel che bastava per poter sfilare la bacchetta dalla tasca interna. Acero, piuma di fenice, 11 pollici, flessibile. Ci si era trovato bene fin da quando l’aveva comprata, qualche anno prima, dopo che la sua primissima bacchetta aveva fatto una brutta fine, ma ultimamente aveva iniziato a dargli qualche problema. «L’ho comprata tre anni fa da un fabbricante di bacchette canadese, dopo aver rotto la mia.» Mise su un’espressione vagamente colpevole, dal momento che aveva appena confessato di aver rotto una delle bacchette degli Olivander, in pratica. «È sempre andata alla grande, in questi ultimi anni in giro per il mondo non mi ha mai deluso una sola volta, ma da quando ho iniziato il college ho come l’impressione che si sia impigrita e vorrei sapere cosa c’è che non va.» Gliela porse delicatamente, lasciandola nelle sue sapienti mani, certo che il ragazzo avrebbe saputo dargli una risposta.
     
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    Tutti i giovani si sentono immortali. C'era stato un periodo in cui Greagoir Olivander si era sentito più immortale di altri. Erano anni in cui la cruda realtà della vita non l'aveva ancora raggiunto, giovane rampollo di una dinastia di artigiani vissuto in un mondo ovattato e incredibile; anni in cui tutto sembrava girare per il verso giusto. In effetti, a conti fatti, non c'era stato nulla nella vita di Greg fino a quel momento che fosse andato veramente storto. I suoi amici scherzavano dicendo che senza dubbio, da piccolo, avevano cercato di affogarlo in un calderone di Felix Felicis - non che qualcuno volesse realmente affogare uno come Greagoir Olivander, il quale sembrava attirare su di sé l'affetto del prossimo. Perfino Morgana Crouch, la ragazza alla quale aveva strappato un innocente bacetto l'estate prima e che poi aveva lasciato una volta finito il primo semestre del terzo anno a Hogwarts, non sembrava portargli troppo rancore. Era stato pochi mesi prima che il Clavis Aurea si accorgesse di lui. Gli Olivander non erano mai stati "quel genere di famiglia purosangue", sfrontatamente ricca e marcatamente razzista, ma il prestigio che il loro nome che ancora oggi rimane incontrastato nella comunità magica li aveva sempre resi parte integrante della cosiddetta "alta società". Questo aveva fatto sì che il piccolo Greg iniziasse a camminare per i corridoi della scuola accompagnato dalla crema della società magica presente a scuola, ragazzi più grandi che aveva visto di sfuggita a qualche cena ma dai quali non aveva ricevuto troppe attenzioni. Era stato notato, il suo ego non sarebbe potuto esserne più accarezzato. L'autostima del giovane corvonero era decollata, senza però che questo attaccasse la sua naturale umiltà: anche dopo aver superato lo spartiacque sociale, non aveva mai smesso di essere lo stesso giovane tredicenne con una parola amica per tutti. Perfino per quello strano tassorosso che dal primo momento aveva cercato di saperne di più sulla nobile arte della fabbricazione di bacchette magiche. « Olivander! Ehi, Olivander! » Greagoir stava per raggiungere la biblioteca del castello, vestito della sua tunica scolastica nera bordata di blu, mentre con ampi gesti mimava chissà cosa ad uno dei suoi "nuovi amici". Al sentire il proprio cognome - unico a Hogwarts - si voltò e vide una macchietta gialla farsi largo tra persone molto più alte di lei; lo attese, facendo segno all'amico di precederlo, l'avrebbe raggiunto subito. « Ehi, Greg! » Non credeva di conoscerlo, ma era quasi sicuro di averlo visto da qualche parte.. alle serre, forse? Durante l'ora comune di Erbologia? Inarcò appena il sopracciglio, squadrando quel bizzarro ragazzino che gli era piombato davanti con le guance arrossate e così vedendolo, gli sembrò talmente strano da stargli simpatico. Adorava le cose strane. « In persona! » Al tasso bastarono pochi secondi di fiato ripreso per inondarlo di dubbi. « È vero che la tua famiglia si procura personalmente i nuclei delle bacchette? Come fate a procurarvi le corde di cuore di drago? E poi, che diavolo sono le corde di cuore di drago? » Una "o" di sorpresa si formò sulle labbra del biondo, prima di spalancarle in un gran sorriso. Gli interessavano le bacchette magiche, dunque! Non aveva mai incontrato nessuno così preso dalle bacchette.. salvo quando si guardava allo specchio la mattina. Peccato che nonno Garrick gli avesse vietato, stravietato e arcivietato di non far parola con anima viva di ciò che aveva iniziato ad imparare. Come diceva sempre il nonno, non avevano stretto un Voto Infrangibile solo perché aveva paura della lingua lunga del nipotino. « Hai presente i draghi? Se guardi nel petto, troverai un cuore, no? Come il nostro, ma più grande! Ecco, se guardi dentro il cuore trovi delle corde, che sono dei tendini. Perché il cuore è un muscolo. Capito? Corde di cuore di drago! » Ma l'avrebbe scoperto presto durante una delle lezioni di Cura delle creature magiche, non erano informazioni top secret. « Quanto al resto.. » Fischiettò appena, con le mani raccolte dietro la massa di ricci biondi. « Se-gre-to! »

    [...] Aveva diciassette anni, Greg, quando lesse il suo nome nel tabellone dei risultati degli esami M.A.G.O. e non si era sentito così immortale come in quel momento. Una sfilza imbarazzante di "Eccezionale". Era finalmente un mago adulto, la traccia magica sarebbe sparita e gli sarebbe stato permesso esercitare la magia fuori dalla scuola. Ma c'era qualcosa di molto più grande in ballo: la promessa che suo padre Gawen gli aveva fatto. "Io odio questo lavoro, quando ti diplomerai prometto di lasciarti le chiavi del negozio. Sarà tuo! Io ti aiuterò con la clientela, che è quello che so fare meglio". Aveva passato anni a far da garzone prima al nonno e poi al padre, aveva iniziato scaricando casse piene di ingredienti magici, per poi passare al magazzino, fino al libro contabile. Poco a poco aveva appreso ogni aspetto della gestione, dal primo all'ultimo passaggio. Si sentiva pronto. Salutò diverse facce note, e di facce note ce n'erano a bizzeffe! Era stato Caposcuola e aveva avuto un posto nella squadra di quidditch, aveva fatto ripetizioni a numerosi studenti e aveva infine lasciato la Presidenza del Clavis a Percy Watson. Sentiva di stare per chiudere un grandissimo capitolo della propria vita, e non senza una certa dose di malinconia, ma il sorriso sul suo viso lasciava trasparire quanta eccitazione avesse per il futuro. Stava percorrendo ad ampie falcate uno dei ponti in pietra del castello, quando notò una figura familiare che si era persa a guardare le guglie del castello per l'ultima volta, da studente. Negli anni erano aumentate le occasioni di aver a che fare con Aleksej, tra esercitazioni in classe e momenti di svago a Hogsmeade, e ogni volta aveva ricevuto una domanda diversa. Ogni volta Greg era stato evasivo, ma cordiale. « Quasi mi mancheranno le tue domande a bruciapelo, "Russo"! » scherzò, affiancandolo. Era da tempo che scherzava sul fatto di "non ricordare assolutamente il suo nome", così da avergli affibbiato quel soprannome. La verità era che lo trovava divertente, quasi quanto il "bacchettaro" con cui lo appellavano gli amici. Per qualche attimo si concesse un'ultima occhiata a sua volta. Hogwarts ti entra nel cuore, soprattutto se è stata casa per sette anni. « Ho visto il tuo nome nel tabellone - era l'unico nome sovietico, s'intende! - e.. congratulazioni! » Si avvicinò quindi, leggero, al viso di Aleksej. « Il segreto per una buona bacchetta è l'equilibrio. Non si possono mischiare legni e anime a caso! Ma potenzialmente tutte le combinazioni sono possibili, se si calibrano le dosi di legno e anima. Se la bacchetta è squilibrata.. boom! esplode! » e, ridendo di gusto, lo abbracciò frettolosamente per poi staccarsi. « Buona fortuna là fuori.. Aleksej. » e così com'era apparso, se ne andò, una sagoma alta e elegante nel sole di una mattina di Luglio.


    A ventitre anni, Greagoir Olivander poteva dire a buon diritto di aver smesso di sentirsi immortale. La verità nuda e cruda della vita come gli si era presentata era che questa sarebbe potuta finire in un battito di ciglia e nei modi più inconsueti. Puoi svegliarti una mattina e non arrivare alla sera o puoi non svegliarti affatto. Puoi andare ad uno stramaledetto ballo di Halloween e ritrovarti incastrato in una trappola mortale per mesi. Per questo motivo, tenendo saldamente i piedi ancorati a terra, Greg aveva deciso di godersi il bello della propria vita, un giorno alla volta, minuto per minuto. Aveva tanto di cui essere grato: una famiglia splendida e tanti amici intorno. Aveva l'inseparabile Theo e aveva il nuovo strano e ambiguo rapporto con Fitz, più che amici ma meno che amanti. Aveva soprattutto il lavoro dei propri sogni, a cui dedicava ogni giorno anima e corpo. Salvo casi sporadici di malattia o assenze dettate da impegni terzi, Greagoir lo si poteva trovare all'Emporio, là dove si sarebbe sempre potuto trovare un Olivander qualora lo si cercasse. Il fattaccio di Inverness aveva fatto saltare l'ultima distribuzione di sambuco e pioppo scozzese, il che non aveva certo giovato all'umore di Greg, il quale aveva dirottato la propria creatività verso i legni orientali: nelle ultime settimane aveva realizzato ben tre bacchette in ciliegio e un meraviglioso esemplare in quercia rossa, che non era ancora sicuro di voler mettere in vendita. Dopotutto, da quando Theo durante la guerra aveva razziato la sua collezione privata di bacchette ornamentali, un pensiero che era di vaga gelosia lo colpiva quando riusciva a fabbricare un esemplare ben fatto. Quel giorno, Greg stava ancora rigirando tra le dita la bacchetta di quercia rossa nel retrobottega, indeciso se crearle una confezione e catalogarla in negozio o se semplicemente "farla sparire" nella propria collezione, quando la campanella alla porta d'ingresso e una voce di cliente attirarono la sua attenzione. « Facciamo i conti dopo, bellezza! » miagolò, per tornare nell'ambiente principale. Vestito del suo grembiule in pelle di drago sopra una elegante camicia dalle maniche arrotolate, si fece avanti verso un ragazzo che stava curiosando tra gli scaffali. « Sono quasi certo che non troverai quel che cerchi. Non è così che funziona. » lo rimproverò, ma in maniera bonaria, sorridendogli affabile.
    F6by5VD
    « Posso aiutarti? » Il ragazzo, a occhio e croce un coetaneo, aveva già ritirato la mano con uno scatto. Perlomeno è solo un curiosone e non un ladro. « Scusa. Stavo solo dando un’occhiata, non c’era nessuno e- Greg? Ma dai, sei davvero tu? » Assottigliò gli occhi, l'artigiano, per cercare di capire se si conoscessero: l'altro aveva in effetti un viso familiare ma, lì per lì, non avrebbe saputo collocarlo in un contesto preciso. Siamo usciti insieme e poi mi hai fatto ghosting? « Greg Olivander, davvero io! » esclamò, enfatizzando il cognome perché chi altri potresti trovare all'Emporio Olivander? E tu chi saresti?, gli suggerì eloquentemente con l'espressione del viso. « Sono Aleksej, ero in Tassorosso. Il ragazzino che ti tempestava di domande sulle bacchette. Non so se ti ricordi di me. » Passarono cinque secondi buoni, prima che Greg si illuminasse in un gran sorriso e battesse le mani. « Aleksej! Ma certo, Merlinobbono! Hai cambiato i capelli, non è vero? Quasi non ti riconoscevo.. bel colore, a proposito! » Greagoir, invece, non era cambiato poi tanto: era cresciuto, il corpo si era tonificato con l'età e un lieve accenno di barba gli decorava il viso ma i biondi capelli ricci erano gli stessi, gli stessi erano gli occhi di cobalto. « Cavolo, non mi aspettavo di trovarti qui, ma adesso che ci penso forse avrei dovuto, in effetti. Ti occupi tu del negozio, ora? Devo essere rimasto indietro su parecchie cose, negli ultimi anni. Sono stato via per un po'. » Olivander annuì, posandosi con la spalla ad uno scaffale, le braccia strette al petto. Greagoir era figlio unico, se non avesse preso le redini il negozio sarebbe fallito.. o peggio, passato in mani non di famiglia. « Può sembrare poco, gestire il negozio di famiglia e non essere mai realmente uscito di casa, ma a conti fatti è ciò che volevo fare. E' questo il mio posto. » Non è forse vero, l'adagio che dice che la casa è dove si trova il cuore? Greg ci credeva fermamente e il suo cuore non si era mai spostato tanto da Diagon Alley. « Ma ehi, sono contento di trovarti qui. E parlando di questo, ho un problema con la mia bacchetta. Magari puoi aiutarmi? » Sgranò gli occhi - per cos'altro sarebbe dovuto venire in bottega, dopotutto? - e annuì ascoltando attentamente tutto il racconto. Bacchetta canadese, tre anni di utilizzo, perdita di efficacia dopo il viaggio. Per saperne di più dovette però aspettare di averla in mano, quando la soppesò e la osservò in controluce. « Vediamo.. legno di Acero e.. anima di piuma di fenice, un classico. Undici pollici, flessibile. » Camminò distrattamente fino al bancone, sul quale vi era una lampada che aiutò l'artigiano ad esaminare meglio la superficie della bacchetta. « Oh.. capisco.. ma certo.. » e strofinando con delicatezza le dita sul mento, alzò gli occhi azzurri verso Aleksej. « College, ah? Cosa studi? Come passi le giornate solitamente? » Giuro che c'entra con la bacchetta. Sembra creepy ma c'entra!
     
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    Segreto. Così gli aveva risposto al tempo, e Aleksej non aveva insistito, né aveva dimenticato. Semmai, quella singola parola non aveva fatto altro che accendere ancor più la sua curiosità e creare nella sua mente di tredicenne tanti meravigliosi scenari e rocambolesche avventure. L’ex-Tasso ricordava tutto ciò che Greg gli aveva detto duranti gli anni di scuola, anche se i loro scambi di battute non erano stati poi così tanti. In particolare, ricordava l’ultima volta che si erano parlati, quando gli aveva rivelato quel piccolo segreto a proposito delle bacchette. Aleksej si era poi chiesto se Greg avesse conservato quella rivelazione appositamente per quel momento, una sorta di uscita con stile, ma quale che fosse il motivo, restava uno dei ricordi più piacevoli che aveva di lui. Anche se al tempo non era riuscito a reagire in maniera appropriata né alla sua gentilezza, né al suo abbraccio, limitandosi ad arrossire come una melanzana e a balbettare un ringraziamento sconnesso. Era quasi strano essere lì, a fargli nuovamente domande sulle bacchette, anche se quella volta in veste di cliente e no, assolutamente non di ladro.
    « Greg Olivander, davvero io! » E lo era davvero, pensò Aleksej, sorridendo. Aveva conservato lo stesso carisma e lo stesso entusiasmo, così come anche la sua gentilezza, la stessa che gli aveva sempre riservato, anche se era stato sempre e solo un bizzarro ragazzino dalle tante domande e mai più che un semplice conoscente. « Aleksej! Ma certo, Merlinobbono! Hai cambiato i capelli, non è vero? Quasi non ti riconoscevo.. bel colore, a proposito! » Quella buffa espressione lo fece ridacchiare e nel tirare in ballo in suoi capelli, una mano salì quasi immediatamente a passare le dita tra le ciocche, in un gesto puramente istintivo e automatico. «Oh beh, grazie. Ho pensato di abbracciare pienamente le mie origini di glaciale sovietico.» disse, palesemente scherzando. Un’allusione a quell’appellativo che l’altro ragazzo gli aveva dato, quello di ‘’russo’’, anche se di russo Aleksej aveva solo il nome e il padre. Non gli dispiaceva, però. Al tempo lo aveva emozionato sapere che proprio Greagoir Olivander avesse un soprannome per lui, e che addirittura avesse notato il suo cognome tra quello di tanti altri. Adesso, invece, la cosa lo faceva sorridere con indulgenza e non poco divertimento, verso quella versione di sé stesso di anni addietro, che si era comportato come una vera e propria fangirl nei confronti dell’altro ragazzo.
    « Può sembrare poco, gestire il negozio di famiglia e non essere mai realmente uscito di casa, ma a conti fatti è ciò che volevo fare. E' questo il mio posto. » Aleksej aggrottò la fronte, mettendo su un’espressione interrogativa e inclinando leggermente il capo d’un lato, come un buffo cucciolo confuso. «Perché mai dovrebbe essere poco? Io credo che tu sia incredibilmente fortunato, non tutti possono dire di fare il lavoro dei propri sogni.» Gli rivolse un caldo sorriso, che voleva dirgli che non ci vedeva davvero niente di male nel fatto che fosse rimasto lì, nel negozio di famiglia, a portare avanti la tradizione degli Olivander, anche se lui stesso aveva fatto l’esatto contrario. Lui, al contrario, aveva cercato di mettere più distanza possibile tra sé e la propria famiglia, proprio a causa delle loro aspettative. «E onestamente, non avrei saputo immaginarti in veste diversa. Ci hai sempre saputo fare con le persone ed è sempre stato evidente quanto fossi appassionato e legato a tutto questo.» Il suo sguardo scivolò sugli scaffali che li circondavano, mentre un leggero sorriso dimorava sulle sue labbra. O almeno, questa era l'idea che si era fatto durante gli anni di scuola. «Quando ero piccolo ti immaginavo bardato con tanto di spada e armatura mentre strappavi piume alle fenici e cuori ai draghi.» Ridacchiò da solo. Era una rivelazione piuttosto stupida e imbarazzante, ma Aleksej la trovava divertente ora che era cresciuto. Comunque, restava il fatto che non avrebbe saputo immaginare nessun altro a cui chiedere consiglio o che sapesse risolvere il suo problema, quindi lasciò che lui studiasse la bacchetta, restandone in silenzio finché non fu interpellato. « College, ah? Cosa studi? Come passi le giornate solitamente? » L’ex-Tasso non era certo di capire come questo potesse essere rilevante, ma non era lui l’esperto in bacchette, quindi non si interrogò più di tanto in merito. «Arti figurative. Dopo aver viaggiato tanto, ho pensato che fermarmi un po’ e riprendere a studiare, e questa volta qualcosa che amo e che ho avuto la possibilità di scegliere per me stesso, sarebbe stata una nuova avventura, in un certo senso. Diciamo solo che alcune volte è più facile pensarlo di altre.» Sorrise. Non si pentiva affatto della scelta che aveva fatto, ma gli mancava viaggiare, gli mancava esplorare nuovi posti ed entrare in contatto con nuove culture. Assunse un’espressione pensierosa, mentre cercava di fare mente locale riguardo la sua giornata tipo. «Vediamo, frequento le lezioni, mi vedo con gli amici, faccio fotografie in giro, lavoro ai miei progetti e a quelli che ci affidano i professori, anche se più la prima che la seconda, perdo tempo a cercare di concentrarmi sullo studio, con scarsi risultati, partecipo alle feste e dormo poco. Oh, e mi guadagno da vivere da Mielandia. La normale e frenetica vita di uno studente, insomma.» Quello era più o meno un sunto della sua quotidianità e quando ebbe finito di sciorinarlo, guardò Greg con curiosa aspettativa nello sguardo. «Dici che la mia bacchetta non è soddisfatta del mio recente stile di vita?» Chiese, aggrottando la fronte con aria pensierosa e un po’ preoccupata. «Non ne so granché, ma so che ogni bacchetta ha una propria indole e…ecco, mi chiedevo, è possibile che una bacchetta si stanchi del suo proprietario?» La questione lo aveva turbato non poco, negli ultimi giorni, perché era vero che non possedeva quella bacchetta da chissà quanti anni, ma ci si era legato velocemente e profondamente durante i suoi viaggi, visto che più di una volta era stata proprio questa a salvargli la pelle. Non sapeva bene come spiegarlo, ma Aleksej aveva l’impressione che in più di un’occasione la sua bacchetta avesse agito ancor prima che l’incanto potesse lasciare le sue labbra o addirittura formarsi nella sua mente. L’aveva interpretato semplicemente come il risultato del legame profondo e istintivo che aveva stabilito con essa, ed era proprio in nome di quel legame che ora si intristiva nel pensare di averlo perso. «Lo so che può sembrare infantile, ma ci sono affezionato. Mi ha salvato la vita più di una volta.» Rivolse uno sguardo affettuoso a quello che magari agli occhi di alcuni non sarebbe stato altro che un pezzo di legno, un mero strumento che incanalava la magia della strega o del mago, ma che per lui era una fedele compagna di avventure. Poi i suoi occhi tornarono a Greg, e in essi vi fu una muta e ansiosa richiesta di rassicurazione.
     
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    Sotto la luce della lampada da tavolo, Greg poté studiare meglio la trama del legno della bacchetta. Non che ci fosse alcunché nel corpo: era perfettamente integra, neanche una scheggiatura, che comunque avrebbe attirato subito la sua attenzione. Ciò che lo incuriosiva maggiormente era, per deformazione professionale, studiare la bacchetta stessa. Per stessa ammissione di Aleksej, infatti, quell'esemplare in legno d'Acero provenire dal Canada. Non gli capitava spesso di confrontarsi col lavoro di altri artigiani, specie così lontani! L'acero, poi, non era tra i legni che utilizzava più spesso: ne fabbricava davvero pochi esemplari, perlopiù con materiali d'importazione. La bacchetta aveva una struttura solida e gli sembrò ben bilanciata, sebbene qua e là trovò piccoli dettagli che personalmente avrebbe fatto in modo diverso: l'avrebbe fatta un po' più lunga, regalando un paio di centimetri al manico per una presa più salda. Ma è questo, pensava, il bello dell'artigianato. Come i pittori, creiamo in modo diverso e non fabbrichiamo mai due bacchette uguali. Impossibile, sarebbe come generare due figli assolutamente identici. « Arti figurative. Dopo aver viaggiato tanto, ho pensato che fermarmi un po’ e riprendere a studiare, e questa volta qualcosa che amo e che ho avuto la possibilità di scegliere per me stesso, sarebbe stata una nuova avventura, in un certo senso. Diciamo solo che alcune volte è più facile pensarlo di altre. » Annuì, sorridendogli. Greagoir, a modo suo, si considerava un artista, cosicché gli venne naturale sentire una certa affinità con quello studente d'arte. Un po' come la sentiva con Fitz, ma in maniera diversa. « Vediamo, frequento le lezioni, mi vedo con gli amici, faccio fotografie in giro, lavoro ai miei progetti e a quelli che ci affidano i professori, anche se più la prima che la seconda, perdo tempo a cercare di concentrarmi sullo studio, con scarsi risultati, partecipo alle feste e dormo poco. Oh, e mi guadagno da vivere da Mielandia. La normale e frenetica vita di uno studente, insomma. » Si sentì un po' invadente nell'avergli posto una domanda simile, anche se, sì, una certa curiosità nel sapere che fine avesse fatto il piccolo russo dopo la scuola c'era. Da un certo punto di vista rivide sé stesso nelle parole di Aleksej, in quell'unico anno in cui aveva provato a studiare Ricerca e sviluppo magici e allo stesso tempo a lavorare in bottega. Alla fine aveva deciso per la rinuncia agli studi: non perché non avesse le capacità per proseguire, gli mancava lo stimolo. Aveva deciso di iscriversi al college dopo quasi sei anni di vita lontano dai libri e dallo status di studente. Ritornarvi gli era sembrato.. stretto. Aveva deciso così di dedicarsi a tempo pieno alla fabbricazione delle bacchette magiche, scelta di cui finora non si era minimamente pentito. « Uno studente d'arte e perfino fotografo! Allora devo assolutamente presentarti Fitzwilliam. E' un caro amico, da quest'anno tuo collega di corso e scatta delle foto meravigliose! ...ma forse sono un po' di parte. Andreste d'accordo. L'arte è fatta anche di scambio, no? » Per quel poco che ne capisco. Ma, da sempre pieno di curiosità, Greg aveva cercato di imparare il più possibile dall'amico, su quel mondo di estetica e bellezza che lo affascinava. Al massimo però avrebbe potuto fungere da musa. La mia arte è un'altra. Un tipo particolare di scultura, se vogliamo. Aleksej tornò però al punto. « Dici che la mia bacchetta non è soddisfatta del mio recente stile di vita? » Creativo e decisamente perspicace! . « Non ne so granché, ma so che ogni bacchetta ha una propria indole e…ecco, mi chiedevo, è possibile che una bacchetta si stanchi del suo proprietario? Lo so che può sembrare infantile, ma ci sono affezionato. Mi ha salvato la vita più di una volta. » Gli rivolse un'occhiata corrucciata, scuotendo il capo. « Infantile? Che assurdità! Non c'è nulla di più maturo che considerare una bacchetta per ciò che è: un artefatto magico, sì, ma vivo. Solo le cose vive hanno un'anima dentro, no? » A parte l'aglio, ma quello è un altro discorso. Pura semantica. Fece schioccare gioviale la lingua sul palato, rigirandosi la bacchetta tra le dita, quasi ci volesse giocare un po'. « Ma senza perdere tempo in complicati filosofeggiamenti.. bingo, Aleksej! Credo che la tua bacchetta soffra di un caso acuto di.. noia. » Formulata la diagnosi, fece roteare la bacchetta con mano esperta per restituirla al proprietario. « Dici bene, ogni bacchetta ha la sua indole e la tua è fatta di Acero. Penso ti abbia scelto proprio perché ti piace viaggiare, come mi dicevi prima. In più la sua anima è di Fenice, il che la rende non poco peperina! Un'accoppiata simpatica, anche se bisogna saperla prendere. » Ne approfittò quindi per alzarsi dal bancone, che oltrepassò con le mani affondate nei pantaloni. « Tranquillo, con questo non intendo che sarai costretto a spostarti per tutta la vita! Il viaggio è un sentimento, non solo un fatto diceva un saggio. Ti consiglio, per il prossimo periodo, di.. beh, non annoiarti! Cambia strada la mattina, conosci persone nuove, fai cose che ti stuzzichino la creatività. Vedrai che si riprenderà. » Colto da un'idea improvvisa, si avvicinò ad un armadietto dal quale estrasse una piccola ampolla di vetro. « Questo potrebbe aiutarti: è un lucido isolante per legni nordici. Alcune bacchette preferiscono i climi rigidi, come la tua. Potrebbe essersi sentita disorientata dal tuo rientro! Vuoi provarlo? Solo due galeoni. »

     
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3 replies since 20/2/2020, 21:32   125 views
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