Stanza n. 69

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    n fondo al corridoio del Dormitorio Maschile di Tassorosso, nei sotterranei, una delle ultime camere è quella appartenente a Émile Carrow e Otis Branwell. La stanza, costantemente invasa dal disordine, nonostante le strenue pulizie degli elfi domestici del castello durante il mattino, ha una struttura pressoché identica a quella di tutte le altre stanze degli alunni appartenenti alla casata di Tosca. Due letti a baldacchino, pesanti drappeggi riportanti i colori della casa, due bauli e due piccole scrivanie.

    Questa discussione rientra nel progetto quotidianità


     
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    Sdraiato sul letto, tiene un occhio chiuso mentre l'altro guarda il mondo attraverso il piccolo quadrato incorniciato dalle proprie dita. Unisce le mani come un vero regista che immagina di avere di fronte a sé una cinepresa, e sposta la sua telecamera immaginaria da una parte all'altra della camera, fino a quando non coglie un'immagine che gli pare doverosa catturare. « Ecco, vedi! » esclama esasperato, lanciando un'occhiata a Otis, seduto sul proprio letto, e accenna a Elvis che gracchia sul davanzale della finestra, illuminato dalle luci colorate del tramonto. « Guarda che foto fighissima che verrebbe! 'nnaggia la miseria O'! »
     
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    Otis, seduto sul suo letto alle prese con la preparazione per l'ennesima verifica di quel semestre, ormai quasi finite con l'approssimarsi della Pasqua, teneva la lingua fra i denti mentre cercava accuratamente di posizionare l'ultimo legnetto, che fungeva da tegola del tetto, del suo modellino in scala della Stamberga Strillante. Nella piccola stanza dei due Tassorosso, la luce del tramonto inondava lo spazio tra i due letti, e brillava sulle pareti tutte intorno, mentre qualche uccellino che cinguettava distante. Otis sciolse i muscoli del polso con qualche mossa ampia del braccio, lo ruotò, e schioccò le ossa della mano: quello era un lavoro di assoluta precisione. I pezzetti di legni si mantenevano a malapena con il poco di colla che era riuscito a trovare nei cassetti della scrivania, e sarebbe bastata una mossa sbagliata per far crollare l'intera costruzione. «Émi, mi serve concentrazione ora, mi raccomando, eh» fu l'ammonimento che rivolse all'amico, prima di stringere gli occhi e prepararsi alla mossa finale. Ecco che avvicinava la mano al tetto pericolante, il bastoncino intinto nella colla solo lungo il perimetro. Stava per poggiarlo... «Ecco, vedi E Otis saltò in alto, spaventato, lanciando il pezzetto di legno fuori dalla finestra. «Guarda che foto fighissima che verrebbe! 'nnaggia la miseria O'!»
    Lui chiuse gli occhi, strinse le labbra, non volendo vedere cosa ne fosse stato del suo modellino. Inspirò, espirò. Quando li riaprì, l'ammasso di legno appiccicoso sul suo letto gli ricordò più un modello in scala del Lago Nero. E il compito di Storia della Magia riguardava la ricostruzione dei posti più infestati della Gran Bretagna – non dei laghi più tristi del mondo. Sbuffò, il Tasso, esasperato ma tipicamente – considerando com'era fatto lui – più sconfitto che arrabbiato. «Uff... Ora devo cominciare da capo. Io questo modellino non lo faccio.» Incrociò le braccia al petto, imbronciato. «E tu devi trovarti un nuovo modo di passare il tempo. Perché non fai le foto con la macchinetta fotografica che ti ha regalato tua cugina?» Disse poi, prendendo a raccogliere i bastoncini appiccicosi dal suo copriletto uno alla volta, ritrovandoseli però attaccati alla mano – uno per ciascun dito.
     
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    Émile sussulta, nell'udire il rumore del modellino di Otis che crolla su se stesso. Sposta l'attenzione da quella inquadratura perfetta per rivolgere al compagno un'occhiata di scuse. « Ouch... Mi spiace. » Analizza il danno causato a distanza, constatando suo malgrado quanto poco ci sia di recuperabile del progetto del Tassorosso. « Magari puoi chiedere a qualcuno di tenertelo in piedi con la magia, piuttosto di accanirti con quella colla che non tiene un bel niente. » Fa spallucce, per poi scuotere convinto il capo al suo suggerimento. « No! Tu non capisci! Che senso ha fare foto se non posso caricarle su Wiztagram?! UN BEL NIENTE! » Sbuffa, rituffandosi sconfitto sul proprio materasso. « Niente ha più senso... » mormora a bassa voce, in un tono ridicolmente grave.
     
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    «Ma tutti la terranno su con la magia... Che senso ha usare la magia per costruire un modellino? Non ci vuole niente! Volevo fare buona impressione...» Cercare di staccarsi i bastoncini dalle dita risultava solo nel trovarsene il doppio sull'altra mano. «Mi aiuti?» Sbuffò Otis.
    Guardò l'amico di sottecchi mentre si lamentava in modo tragico della prolungata proibizione del Wiznet. «Stai un po' esagerando Émi... Ripensa a com'era quando ancora non esisteva e non lo usavi». Era facile parlare, per lui, perché, con lo spirito da anziano che si ritrovava, non aveva mai capito la particolare attrattiva che sembrava esercitare la tecnologia babbana sui suoi coetanei – a eccezione fatta per i videogiochi. I maghi non avevano niente del genere, e quando i suoi occhi si erano posti per la prima volta su una console di gioco e ne aveva appreso le potenzialità, ammirato la grafica ultra-realistica e apprezzato la semplice accessibilità per l'utente, era stato subito amore. Un weekend, qualche anno prima, lui e Veronica si erano messi a giocare a un videogioco, che erano riuscito a procurarsi grazie a qualche distante parente babbano, per 48 ore consecutive – con le opportune pause per il bagno e per dormire (ma questo dettaglio non lo menzionava perché non faceva lo stesso effetto). Adesso gli mancava non poter più giocare con quelle figurine animate bidimensionali, ma in fondo era un po' come immaginava dovesse essere per i più piccoli babbani che, una volta cresciuti, dimenticano i propri giocattoli. Però i social network erano una cosa che non aveva afferrato mai del tutto. «E comunque si vede che non leggi il Doxy... Abbiamo scritto un articolo al riguardo proprio qualche giorno fa...»


    Edited by the educator - 19/3/2020, 13:14
     
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    « O'... Non te lo volevo dire... Ma siamo in una scuola di magia... Scusa se ti ho scioccato. Se hai bisogno di tempo per riprenderti fammi sapere, eh » mormora stancamente, con aria sarcastica, puntando gli occhi verso il soffitto e incrociando le braccia al cielo. Senza il proprio cellulare, Émile si sente veramente perso. Si mette poi a sedere, udendo la richiesta dell'amico, e studia a distanza le sue mani piene di bastoncini e colla. « Sembri Edward mani di forbice. Hai presente? » ridacchia. « Se ti tocco, poi finisco anch'io così. Grazie ma passo. » Scuote la testa con decisione, e riprende posizione sul proprio letto. « Il fatto è che una volta che hai conosciuto il peccato non puoi farne a meno. Capisci??? Non posso più immaginare la mia vita senza cellulare. Senza meme accidenti! » aggiunge, con convinzione, deliberatamente ignorando l'affermazione del compagno sull'articolo del Doxie Pixie - che in effetti non è solito leggere. « Non capisco come fai tu piuttosto. Anche tu lo usavi sempre, non fare l'ipocrita! »



     
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    «E dài, lo so! È che il prof di Storia mi piace un sacco, lo sai... Dice che la sua materia non se la fila nessuno e io voglio impegnarmi... Ma tu che vuoi saperne di queste cose che già è tanto se ti ricordi i nomi dei prof» rispose, continuando cercare di staccarsi i bastoncini dalle dita. «Piuttosto se avessi avuto il telefono avrei potuto cercare una di quelle guide registrate dai babbani... Come si chiamano... Per capire come sciogliere 'sta maledetta colla» mugugnò, prima di lasciar cadere le mani sul letto, sconfitto. «Se ti piace così tanto far vedere la tua vita al pubblico perché non ti fai delle foto e le metti in giro per la scuola? È la stessa cosa. Lo Shame era troppo pericoloso, Em. Hanno fatto bene». Si alzò, recuperò un fazzoletto e riuscì finalmente nella sua impresa, liberandosi le dita. «Io lo usavo ma non ero certo dipendente come te» rispose infine, prendendo a tirare via la colla residua dai polpastrelli, quasi come fosse pelle morta. «Oddio, guarda, che schifo». Appallottolò un po' della colla secca strappata e la lanciò verso Émile, ridacchiando.
     
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    15/04/2020 - ore 19.03

    «Emi, non è che puoi abbassare la voce... Sto cercando di sentire...» Girò la manopola dell'antica radiolina che teneva sul comodino, accanto al letto. La lingua tra i denti, cercava di collegarsi sulla frequenza giusta per assicurarsi il suono più pulito e privo di interferenze possibile. Era una faccenda importante, quella. Peccato che Émile non la smettesse di fare chiasso, per motivi che Otis non si era neanche preoccupato di conoscere e a cui non prestava alcuna attenzione.
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    «...Le ultime settimane sono state molto difficili,, ma vorrei comunque ringraziare tutti per la vostra collaborazione... RADIO STREGA NETWORK, ONE STATION, ONE NATIO-» Assestò un paio di colpi sul retro della radiolina, sbuffando sonoramente. Quella comunicazione era importante, se lo sentiva. Del resto, a quel punto, era chiaro anche alle pietre centenarie del Castello che qualcosa aleggiasse nell'aria, al Ministero. Aveva aspettato non troppo pazientemente l'arrivo di quel momento, annunciato quella mattina dalla Gazzetta; non aveva neanche prestato attenzione in classe, gli occhi che a intermittenza saettavano verso l'orologio da polso calcolando mentalmente quanto mancasse alle 19. Finalmente, si era detto non senza una certa dose di orgoglio, avere una radio magica in camera si sarebbe rivelato essere molto più utile di quanto non avesse più volte insinuato Emi. E okay che lui la tirava fuori principalmente per ascoltare la trasmissione di Maddie Carrow... Ma chi l'ha detto che non si possa unire l'utile al dilettevole? «Le indagini eseguite dal corpo auror e dalle nostre squadre speciali, non sono state in grado di dimostrare alcun nesso tra gli eventi accaduti... Sono stati ingigantiti...» Di nuovo, la voce altisonante della Ministra Flamel fu interrotta dal gracchiare delle interferenze. «E dài, funziona!!!! Perché non funzioni?» Si alzò sul letto, tendendo la radio verso l'alto, come se questo potesse potenziarne la ricezione del segnale. E, stranamente, così fu. « Questa amministrazione ha sbagliato. Ci siamo affidati alle persone sbagliate, e abbiamo preso decisioni affrettate–» Stavolta fu il baccano provocato dal suo compagno di stanza a disturbarlo. «EMI! E STAI ZITTO!» «Dopo questa conferenza infatti, mi recherò personalmente presso l'Alta Corte dell'Wizengamot per presentare le mie dimissioni ufficiali.» La bocca spalancata, la stanza come interamente fermata nel tempo, messa in pausa. Forse anche la pioggia che batteva fuori dalla finestra si era arrestata. Si era voltato lentamente verso l'amico, anch'egli ammutolito, senza neanche fiatare. L'unica fonte di rumore nella stanza, e forse nell'intero Castello, proveniva dalla voce della Ministra. «...Tra le conseguenze più importanti, con effetto immediato quindi, la Wiznet verrà reintegrata. A giorni, di conseguenza, tutte le reti della stessa verranno riattivate così come verranno riavviate...» Si abbandonò, sedendosi sul letto, ad un rumoroso sospiro.
     
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    « Cioè, ma a te pare giusto? Non le chiedo mai niente. NIENTE! » borbotta il Tassorosso, tuffandosi sul proprio letto a peso morto, e cercando di ignorare i fischi e i suoni intermittenti della radio. Le braccia incrociate al petto e il tipico broncio offeso a increspargli le labbra, non si cura minimamente delle lamentele del compagno, troppo preso dai propri insormontabili problemi. La difficoltà di quel pomeriggio in particolare riguarda la fastidiosa faccenda del suo mantello, rovinato irreparabilmente due giorni prima dalla Pozione Erbicida che, vittima della distrazione, si è riversato addosso. « È due giorni che i prof mi rimproverano perché sto senza mantello, e non mi va di scrivere a mamma per dirle che l'ho rovinato e- » « Emi, non è che puoi abbassare la voce... Sto cercando di sentire... » « Sì, però ascolta, ho parlato con MADDIE » continua, applicando una certa enfasi sul nome della sorella, che di solito è sufficiente a catturare l'attenzione di Otis « e le ho chiesto di accompagnarmi questo sabato all'Emporio della Strega per aiutarmi a trovarne uno nuovo, perché lo sai che, uhm, lei ha più occhio di te per queste cose. » Ma nemmeno pronunciare il nome di Maddison sembra poter distrarre il giovane Branwell da quell'importantissima conferenza stampa della Ministra che così tanto desiderava ascoltare. Imperterrito, Emi continua a parlare. « Insomma, mi aveva detto che mi avrebbe accompagnato, e indovina cosa? Oggi se ne esce dicendo che non può più, perché questo e quell'altro l'hanno invitata alla sala giochi. E adesso mi toccherà andare da solo e io non sono capace di scegliere e tornerò con un mantello due volte la mia misura e- » « EMI! E STAI ZITTO! » Sussulta, il povero Emi, sinceramente colto alla sprovvista da quell'exploit, a suo dire veramente esagerato. Insomma, che sarà mai, l'ennesima comunicazione sugli Shamebond comesichiamano e gli andamenti della Gringott? Ammutolisce, però, incrociando le braccia al petto. Ancora più offeso. « Okay, però calmati. Accidenti, neanche stesse... » « Dopo questa conferenza infatti, mi recherò personalmente presso l'Alta Corte dell'Wizengamot per presentare le mie dimissioni ufficiali. » ...cadendo il governo. Spalanca gli occhi, incontrando quelli di Otis. « Ma... ma! » Scatta all'impiedi, gli occhi che restano puntati sull'amico, cogliendo improvvisamente l'importanza di quel momento. « Ma è la mamma di Ness che parla, no? Accidenti... Ma che è successo? » domanda, sempre più confuso, fino a quando la notizia successiva pronunciata da Eurus Flamel non riesce a fargli dimenticare il momentaneo dispiacere. Nell'udirla, gli occhi si spalancano di più, mentre fatica a mantenere quell'espressione contrita dal cordoglio. « Sta dicendo che torna la Wiznet? E i cellulari? E Wiztagram? » Inarca le sopracciglia, la voce che aumenta di un'ottava ad ogni domanda aggiunta. Combattuto e incapace di contenere quelle emozioni tanto contrastanti, ritorna a sedere sul letto, mentre l'ormai ex Ministro della Magia porge gli ultimi saluti. « Cavoli... » commenta soltanto, sinceramente dispiaciuto nell'udire quelle notizie, e tuttavia con la testa già da tutt'altra parte. « Ma quindi veramente dici che riaprono tutto? »
     
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    Confusione, rammarico, sfiducia, preoccupazione – questi alcuni dei suoi sentimenti. Cosa succedeva dietro le quinte? La Wiznet era davvero pericolosa, o era stato tutto un malinteso? E chi sarebbe salito al governo, ora? E che succedeva con Inverness? Avrebbe tanto voluto parlarne con la mamma, ma sapeva che avrebbe dovuto aspettare tutto il giorno prima di poterle parlare. «E così hanno sbagliato... Hanno ammesso che sia stato tutto un errore....» Scuoteva la testa, Otis, incredulo; del resto aveva iniziato a interessarsi alla politica solo da poco, il giovane Tassorosso, e un'idea propria, ben formata e chiara in merito a cosa si aspettasse dal Ministro della Magia non ce l'aveva ancora... Ma un senso di epistemica fiducia lo spingeva, a prescindere, a credere fortemente nell'autorità a capo del governo. Per questo si era sentito deluso al sentir parlare di scuse, di dimissioni riparatorie per aver commesso errori così gravi... Voleva dire che potevano sbagliare anche i pezzi grossi? Anche coloro che avevano tutto quel potere tra le mani? Ora, forse, cominciava a capire perché la gente criticava tanto i politici: sono umani anche loro. «Sì... Torna tutto tra qualche giorno, dicono... Io non ci capisco più niente» confessò all'amico, un po' affranto. «Però penso che possiamo usare di nuovo i cellulari, uscire liberamente... Pare non ci sia nessun pericolo a usare la Wiznet» Ma questo significava che fosse sicura? Quando il Ministero ne aveva bandito l'utilizzo lui si era ritrovato a sviluppare una crescente sfiducia verso i telefonini e i social network... Del resto, se lo diceva il governo, doveva per forza essere vero. Ma adesso non sapeva più a cosa credere. «Cavoli... Ma quindi veramente dici che riaprono tutto?» «Almeno finché non si voterà di nuovo per il prossimo Ministro... Ma io credo che non dovremmo usare il telefono, Em. E se è veramente pericoloso?»
     
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    Tutto un errore. Quasi inconsapevolmente, Émile si ritrova ad annuire a quelle parole, perché di certo bandire i social network magici, i cellulari e tutte le altre attività per lui è stato un errore, con tutto il rispetto per la mamma di Nessie che da sempre gli sembra una donna competente e che sa il fatto suo. Ma questa volta ha cannato. Non esita, in queste occasioni, a dimostrare l'infantile arroganza che gli fa credere di saperne un po' di più di chi gli sta intorno, e forse anche del Ministro della Magia in persona. « Ma è ovvio che non c'è nessun pericolo a usare la Wiznet! » gli fa eco con ovvietà, allargando le braccia. « Ma ti pare? È che loro sono vecchi e non hanno nemmeno capito come funzionava. Mi spiace dirlo ma è così! » Per quanto consapevole dei suoi limiti, in quel giudizio non si sente in alcun modo supponente. In fin dei conti, chi meglio di loro giovani avrebbe potuto capire in pieno il funzionamento e i pericoli legati a quella rete? « Ma cosa vuoi che ci succeda se usiamo solo Wiztagram e Whatsapp, Otis? » continua imperterrito, non volendo nemmeno sentire le preoccupazioni dell'amico. « Il peggio che ti può succedere è che la Dragomir ti segnali una foto. Lo sai che ho scoperto che era lei a segnalarmele? Che stronza. » Accigliato, si perde per qualche momento tra i suoi pensieri, già quasi fantasticando sul prossimo post con cui graziare tutti i suoi follower. Deve trovare una citazione appropriata. « Voglio dire, anche tutta la roba dello Shame... Neanche fosse un'organizzazione terroristica. Era un giochetto del cavolo. » E anche di pessimo gusto. Un giochetto del cavolo che l'anno precedente ha fatto girare sugli schermi dei telefoni di tutta Hogwarts foto private di sua cugina, capaci di far impallidire il povero Emi. Sconcertato e imbarazzato da quelle immagini, si è liberato seduta stante dell'applicazione, deciso a non voler più subire certi traumi. L'icona del gioco continuava però a riapparire misteriosamente sul suo schermo nonostante la sua piccola ribellione, convincendolo che fosse arrivato il momento di cambiare cellulare, perché quello evidentemente iniziava a dare i numeri. « Insomma vuoi davvero non toccare più un cellulare per questa roba? A me sembra esagerato. »
     
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    Prese a mordicchiarsi le dita, preoccupato ma più di tutto insicuro: non sapeva proprio che pesci prendere, di quale versione della stessa realtà fidarsi, ora che sembrava essersi capovolta. Insomma, Otis non era uno di quei pecoroni che credono a qualsiasi straccio di informazione vagamente credibile circoli in giro, né tantomeno era un complottista; tendeva a fidarsi però quasi ciecamente delle autorità, a rispettare le regole talmente rigidamente che violarle sarebbe stato fare una violenza a se stesso, figurarsi dubitarne. Aveva accolto i decreti non con particolare riluttanza, eccezion fatta per le uscite regolamentate, ma anche quelle erano alla fine state rispettate di buon grado, difese dalla rassicurante idea che “prevenire fosse meglio che curare” e che non si possa mai peccare di eccessivo zelo, per come la vedeva lui. Così, con una sensazione di quasi profetica e superiore pacatezza, aveva seguito ogni norma con attenzione e prudenza, sentendosi quasi immediatamente più sicuro per il solo fatto di non star disubbidendo lui da solo. La minaccia a cui la gente aveva dato un nome era lo Shame, nient'altro che un gioco per lui ma un'arma potenzialmente malvagia nelle mani delle persone sbagliate, come aveva dimostrato il circolare di fotografie private della cugina di Emi (che lui non aveva mai visto né avrebbe mai voluto vedere) e come sembrava fosse effettivamente successo, a giudicare da ciò che si diceva in giro. E lui ci aveva creduto, cavolo, avevano bandito tutto! Ora riprogrammare ognuno di quei pensieri, così, all'improvviso ricominciare a fidarsi... Una creatura timorosa come lui lo trovava faticoso. Si grattò la testa, ascoltando le proteste dell'amico, che pure capiva. «Non so... Forse hai ragione tu...» Del resto non voleva finire come sempre a fare la figura dell'antiquato, guastafeste grillo parlante. Così sospirò, stringendosi nelle spalle. «Ma tu il tuo cellulare ce l'hai ancora?» Fece infine, mentre spegneva la radiolina e la riponeva sul comodino disordinato.
     
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    7 settembre; ore 17.10

    La pioggia batteva insistente sulle finestre, che quando c'erano tempeste di quel tipo sembravano più fragili che mai, nonostante Otis fosse abbastanza sicuro che fossero incantate in modo da non rompersi. Nella stanza dei due amici sarebbe calato il più totale silenzio, se non fosse stato per quel ticchettio ritmato contro i vetri sottili. «Mi passi la
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    pergamena?»
    Silenzio. Seduto alla scrivania illuminata da qualche candela colante, Otis sospirò. «Emi, mi passi una pergamena nel mio baule?» Scandì più forte, ma comunque senza risposta. Ruotò sulla sedia, dopo aver sonoramente poggiato la piuma sul tavolo. «EMI!» La musica nelle orecchie del ragazzo poteva mai essere tanto forte? Sbuffando, e non avendo voglia di continuare a sbraitare, Otis si tirò su, pestando i piedi energicamente per terra, e marciò fino al proprio baule, chinandosi per recuperare la pergamena necessaria a completare i compiti di Aritmanzia. Solo quando richiuse pesantemente il baule il compagno di stanza incontrò il suo sguardo contrariato. «Diventerai sordo continuando così. Magari non ti interessa, visto che non sembra che tu faccia buon uso dell'udito a prescindere, vista la robaccia che ascolti.» Un'acidata decisamente fuori stile, per lui, e infatti ci vollero solo pochi secondi prima che il ragazzo sospirasse, scuotendo la testa. «Lo dico così, per dire... Ascolta quello che ti pare» Meglio o peggio? Aveva i nervi decisamente troppo tesi, quel pomeriggio, e quel tempaccio insistente non aiutava. Emi avrebbe dovuto allenarsi con la squadra di Quidditch, e Otis un po' si era sentito sollevato, quando gliel'aveva comunicato, perché da qualche giorno l'aria che tirava tra i due ragazzi era decisamente difficile da respirare – o quantomeno lo era per Otis. Loro malgrado, invece, l'allenamento era stato posticipato per il maltempo, come il meteo preannunciava sarebbe accaduto spesso, quel mese. Tornato a sedersi alla scrivania, fu nuovamente distratto dalla vibrazione del cellulare, che teneva ancora dello zaino dalla fine della lezione. «Oddio, Mun vuole vedermi» bisbigliò, incredulo, digitando immediatamente una risposta. «Questo venerdì. Mi mangerà. Mi sento che mi mangerà» Si voltò nuovamente verso l'amico, agitato. «Dovrei preoccuparmi? Dici che è grave che voglia vedermi?»


    Edited by the educator - 25/9/2020, 21:25
     
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    « Mi passi la pergamena? » Lo sguardo fisso sul manuale di Trasfigurazione, il labbro inferiore stretto fra i denti in un'espressione di concentrazione, Émile non accenna a distogliere l'attenzione dalla propria occupazione. « Emi, mi passi una pergamena nel mio baule? » Per qualche ragione, il giovane Tassorosso resta convinto che il modo migliore per risolvere un diverbio (in cui la colpa sta assolutamente e indiscutibilmente dall'altra parte) sia quello dell'ignorare il proprio avversario, fino al suo sfinimento. Questo è il trattamento che ha riservato a Louis dopo il banchetto d'inizio anno, e così anche il suo compagno di stanza si guadagna un comportamento non troppo diverso, anche grazie alle cuffie infilate nelle orecchie, che, seppur spente, sono il diversivo perfetto. « EMI! » Ma lo sfinimento di Otis arriva ben presto, e la sua voce acuta riesce a far sussultare Émile sul proprio materasso. « Ehhh dimmi! » Il tipico finto tonto, si toglie una cuffietta, ma Otis sta già rimediando per sé. « Diventerai sordo continuando così. Magari non ti interessa, visto che non sembra che tu faccia buon uso dell'udito a prescindere, vista la robaccia che ascolti. » Aggrotta la fronte, visibilmente infastidito. « Oh, ma i cazzi tuoi? » Devi sempre rompere le palle. E, nel pronunciare quelle parole, viene subito investito da un senso di liberazione misto al peso di una specie di senso di colpa. Si zittisce quasi subito, fingendo di non dar troppo peso alle scuse del compagno, e fa ricadere nuovamente lo sguardo sul proprio libro - almeno fino a quando Otis non lo distrae nuovamente. « Oddio, Mun vuole vedermi. Questo venerdì. Mi mangerà. Mi sento che mi mangerà. » E stavolta, seppur le parole del compagno vengano pronunciate in un sussurro, Émile dimentica la scusa della musica e solleva lo sguardo per posarlo su di lui. « Ti ha scritto lei? Così, random? » « Dovrei preoccuparmi? Dici che è grave che voglia vedermi? » Aggrotta la fronte, per poi alzare gli occhi al cielo con fare annoiato. « Ma che ne so, Otis. Mia cugina mica è un rottweiler... » Ridacchia tra sé e sé, per poi mettersi a sedere meglio sul letto. « Magari vuole vederti per robe, boh, da Caposcuola? Voglio dire, non penso che se la sia presa così tanto a morte per quella roba dell'articolo... » Si stringe nelle spalle, con una certa noncuranza, prima di chiudere il pesante volume con un tonfo. « Comunque mi fa ridere che prima fai tutto l'incazzato con me e poi vieni a chiedermi consigli. Almeno sii coerente con quello che fai, Otis. » Sbuffa, incrociando le braccia al petto e piombando silenziosamente tra i cuscini del proprio letto.

     
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    «No, chiaramente non mi ha scritto random... Ti pare che mi contatta Mun?» Ma poi perché gliene stava parlando? Che gliene fregava a Emi di quello che succedeva con Mun – o nella sua vita in generale, da quello che sembrava? Forse gliene parlava proprio per testarne l'interesse, per offrirgli l'opportunità di comportarsi come sempre, ascoltarlo, sostenerlo, anche se continuava ad avercela con lui. Eppure, suo malgrado, la risposta dell'amico, accompagnata da una risatina, fu tagliente come una lama – quasi che fosse lui, tra i due, quello offeso. «Mia cugina
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    mica è un rottweiler...»
    «Ma l'hai letto il post, scusa?» «Magari vuole vederti per robe, boh, da Caposcuola? Voglio dire, non penso che se la sia presa così tanto a morte per quella roba dell'articolo...» «Aspetta, te lo chiedo di nuovo... Hai letto il suo post su wiztagram?» Scosse la testa, allibito, incrociando le braccia al petto, sentendo che per l'ennesima volta in quei giorni l'amico stesse sminuendo la gravità di quanto fosse successo e continuasse a succedere. Incassò l'acidata di rimando del ragazzo, le braccia ancora conserte, ma un piccolo solco a segnargli la fronte, le sopracciglia appena più incurvate. «No, hai ragione, completamente. Errore mio» fece alla fine, alzando le mani, ruotando nuovamente sulla sedia. «Pensavo solo che conoscendo tua cugina potessi aiutarmi a capire cosa aspettarmi, come prenderla nel migliore dei modi per non irritarla, vista la sensibilità della cosa... Però sbaglio io a chiederti ancora consigli come se la cosa possa minimamente interessarti. Senti, piuttosto, ma Derek? Friday? Oggi pomeriggio avevano fare? Perché non vi trovate per studiare?» Non ci riusciva, a sbollire, né a moderare i toni. Ma non voleva litigare, come sempre, detestando lo scontro. Più di tutto, Otis sentiva di non poter contare sull'amico – una sensazione ormai radicata in lui da qualche mese, a ben pensarci – e certo non aiutava la situazione che si era creata attorno a lui e tutte le responsabilità che sentiva addosso. Per non contare cosa è successo ieri notte con Maddie. Si rabbuiò al pensiero di quel segreto che non avrebbe mai potuto dire all'amico, e intinse la penna nell'inchiostro per tentare di recuperare la concentrazione e non protrarre oltre quello scontro – prima che qualcuno dei due si facesse troppo male o perdesse le staffe. O forse prima che lo facesse lui.
     
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