It's been a long day without you, my friend

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    Betty aveva imparato che chiedere aiuto non era una vergogna, non era nemmeno un sintomo di debolezza, ma piuttosto un chiaro segno di quanto lei volesse andare avanti. Dopo il locjkdown si era chiusa in sé stessa e non aveva ottenuto niente, la paura e i ricordi non avevano fatto altro che divorarla lentamente dall'interno, rallentando il suo processo di guarigione. Dopo la disavventura di capodanno era stata la prima a presentarsi al colloquio con il cim, perché sentiva di aver bisogno di aiuto per andare avanti, di un aiuto professionale. Aveva messo subito in chiaro ciò di cui aveva bisogno; un percorso che l'aiutasse a venire a patti con quello che era successo, a superare gli incubi e le visioni di mani insanguinate che la tormentavano. « E questo come ti fa sentire Betty? » Guardò la dottoressa di traversa, non nascondendo la sua avversità nei confronti di quella domanda. Sin dal primo giorno aveva detto di odiare quella domanda, di trovarla fuorviante...soprattutto quando le sue emozioni sembravano essere sempre le stesse: quasi come se non stesse facendo alcun passo avanti. Quel primo giorno la dottoressa le aveva sorriso e le aveva semplicemente risposto: Quando questa domanda non ti darà più fastidio avrai una visione delle cose completamente diversa. Un giorno che a quanto pare non era ancora arrivato. « Mi sento spaventa, fragile e spesso sull'orlo di una crisi di nervi. » Si era immersa nello studio per distrarsi, per combattere quelle paure che la accompagnavano ogni giorno e sembravano non abbandonarla mai. « E poi mi arrabbio perchè continuo a chiedermi coma mai, quando io stessa so che nessuno risponderà a questa domanda e io mi ritrovo al punto di partenza con altre domande irrisolte. » Perchè per quanto odiasse ammetterlo si era rassegnata all'idea che non avrebbe mai ottenuto le risposte che voleva. « Direi che la rabbia è un passo avanti Betty...non sei più semplicemente spaventata di fronte a tutto ciò, ma inizi a ribellarti. » Era la prima volta che la dottoressa si esponeva tanto, mai nelle sedute precedenti le aveva detto di aver fatto passa avanti; parole che per Betty erano una piccola vittoria. « Stai ancora usando le medicine per dormire? » Annuì di fronte a quella domanda, quasi come se ammettere ciò la facesse sentire ancora più debole di quanto non fosse già. Aveva scelto di prendere le pillole quando la mancanza di sonno dovuta agli incubi aveva iniziato ad influire significativamente sul suo umore e sul suo fisico. Aveva perso parecchio peso e il volto appariva più scavato e meno luminoso, cambiamenti che l'avevano fatta correre ai ripari e invogliata a chiedere un ulteriore aiuto. «Non tutte le sere...tre volte a settimane mi dedico alla meditazione, quelle sere riesco a dormire un sonno piuttosto tranquillo, ma ci sono dei giorni in cui arrivo stremata e le medicine sono l'unica cosa che mi aiuta ad addormentarmi. » Il sorriso della dottoressa era comprensivo, quasi materno nei suoi confronti e Betty non poteva che esserne grata; erano qualità che l'avevano spinta a fidarsi della donna. « Ok va bene Betty, ricorda solo che se senti che le cose vanno fuori controllo puoi sempre chiamarmi e fisseremo un appuntamento immediatamente. Direi che per questa volta abbiamo finito...ci vediamo fra dieci giorni. Ricordati di tenere aggiornato il diario e di portarlo con te la prossima volta. » Era un piccolo diario dalla copertina turchese, un diario sui cui doveva trascrivere i suoi incubi o le piccole visioni che spesso le capitava di avere; un lavoro che in qualche modo l'aiutava a riprendere il controllo di sé. Prese il suo cappotto lasciò lo studio della dottoressa con un mezzo sorriso. Non si sentiva mai del tutto libera o soddisfatta, ma sicuramente era meno tormentata di quanto non lo fosse al momento dell'entrata. Stava percorrendo il corridoio quando una figura in particolare attirò la sua attenzione. Freddie. Le sfuggì un piccolo gemito, sconvolta da quella visione rimase pietrificata sul posto mentre lo vedeva entrare in uno studio seguito da un medico che si chiuse la porta alle sue spalle. Betty si appoggiò alla parete e prese un grosso respiro, rivedere quella famigliare zazzera rossa l'aveva sconvolta nel profondo. Il ragazzo era una grande parte della vita di Betty, era il suo migliore amico, la persona di cui si fidava ciecamente...l'unica che conosceva il vero tormento a cui i suoi genitori l'avevano sottoposta per anni. Da mesi non aveva sue notizie e la sua assenza non aveva fatto altro che scavare un buco profondo all'interno del suo cuore. Per quanto volesse scappare non poté fare a meno di rimanere lì, alla ricerca della conferma che non si era immaginata sulla e che Freddie era tornato. Mentre aspettava di vederlo spuntare da quella stanza non poté fare a meno di chiedersi che cosa gli avrebbe chiesto, che cosa gli avrebbe detto. Perchè sei scappato, perchè non mi hai cercato non appena sei tornato...perchè, perchè e ancora perchè. Questi che scomparivano del tutto di fronte al sollievo di vederlo nuovamente. Quesiti che Betty non gli avrebbe mai rivolto. Freddie non era un incosciente, o meglio non troppo, e sapeva che molto probabilmente aveva i suoi buoni motivi per aver preso quelle decisioni. Motivi che avrebbe o no avrebbe potuto condividere con lei, ma dopotutto era una decisione che spettava solamente a lui. Rimase ferma, di fronte a quella porta, incurante degli sguardi che infermieri e medici di passaggio le lanciavano; non si sarebbe schiodata di lì fino a quando non si sarebbe ritrovata faccia a faccia con lui. Ci volle quasi un'ora prima di vederlo emergere da quella stanza, prima di vedere nuovamente quel volto a lei tanto caro. Vide esattamente il momento in cui lui la vide e non poté fare a meno di sorridergli, Freddie era parte di lei e tutto ciò che realmente importava era che fosse nuovamente lì. Gli corse letteralmente incontro e gli lanciò le braccia al collo stringendolo forte, inspirando quel profumo tanto famigliare che associava a ricordi felici. «Sei tu, sei davvero tu...pensavo di aver preso un abbaglio e invece sei qui. » Lo strinse ancora una volta, quasi spaventata dall'idea che potesse scomparire da un momento all'altro senza lasciare alcuna traccia. Lentamente lo lasciò andare, riempiendosi lo sguardo della sua figura. « Mi sei mancato Freddie...mi sei mancato tantissimo. » Vorrei chiederti perchè, vorrei chiederti per come, ma in realtà mi basta averti nuovamente qui. Non voleva rivolgergli domande a cui forse non era pronto a rispondere, voleva solamente sentire il suono della sua voce ed avere la certezza di averlo nuovamente lì al suo fianco.
     
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    « Ho letto della conferenza stampa sulla Gazzetta. Congratulazioni Fred! Chi l'avrebbe mai detto che avrei aiutato un giocatore professionista. » C'è una punta di ironia nelle parole del dottor Renfield, ma benevola e propositiva. Hanno parlato a lungo del ritrovare sé stessi e una strada da percorrere; in un certo senso lo psichiatra aveva funto anche da consulente. Era entrato la prima volta nello studio che era un ragazzino smagrito, trascurato e a pezzi. Era ben lungi dal potersi considerare guarito - non sarò mai realmente guarito, la mia malattia dura per tutta la vita - ma quel ragazzino si era trasformato in un giovane uomo con un lavoro che in migliaia sognano. « Non ho potuto fare a meno di leggere, però, che il giornalista ha fatto delle insinuazioni. Lui e tanti altri.. non leggo solo la Gazzetta. Oggi più che mai, mi preme chiederti come ti senti. » Di insinuazioni ne aveva sentite a decine, sulle pagine dei giornali e fuori. E chissà quante ne avrebbe lette, se solo avesse potuto accedere ai social media e a wiznet! I decreti Flamel erano stati una manna dal cielo per la sua salute mentale. Alzò le spalle. « Mi sento.. mah. Bene, credo. Insomma.. è tutto relativo no? Bene ma non benissimo. Meglio di ieri, peggio di domani. » Una risposta vaga che lo psichiatra, Fred ne era consapevole, non si sarebbe fatto andar bene. Non si trovavano là per chiacchierare del più e del meno, non c'era spazio per tergiversare. « Da un lato credo abbiano ragione. Voglio dire, è la verità no? Ho fatto un provino per entrare in squadra ma è stata solo una formalità, per fugare ogni malalingua.. che comunque è arrivata lo stesso. E' normale.. io nipote dell'allenatore lo sono davvero e per davvero sono andato a chiedergli il posto. Il mio curriculum non ci è finito mica per caso, nell'ufficio del Signor Falcons Vattelappesca. » Fred era il tipo di ragazzo a cui importava il parere degli altri ma a cui non pensava, nel momento topico in cui occorreva prendere una decisione. Agita senza rifletterci troppo, compiva il balzo senza calcolare le distanze e solo una volta atterrato - sui suoi piedi o su una vittima innocente? - si guardava intorno, alla ricerca degli sguardi altrui. Quegli sguardi li aveva trovati e ora non faceva che pensarci. Malgrado dicesse di non badarci troppo, continuava quasi ossessivamente a chiedersi cosa pensasse realmente James o perfino sua madre, che le Harpies le aveva scalate senza mezzucci: Angelina Johnson si era costruita dal nulla, col solo sudore della sua fronte e il talento del suo cuore. Fred Weasley II non avrebbe potuto dire lo stesso. Croce e delizia dei figli d'arte. « Quindi pensi di non meritarti ciò che hai.. » provò a spronarlo il guaritore. Fred continuò a giocare con l'orlo dei jeans all'altezza della caviglia, nella gamba accavallata. « Penso che non lo merito più di tanti altri. Forse lo meriterò di più, col tempo.. riuscirò.. come posso spiegarmi? A raggiungere il traguardo, sincronizzare tutto. Perché ora mi sento come se avessi trovato il modo per correre alla velocità della luce e fossi arrivato ad un punto importante della mia vita.. ma in anticipo, troppo velocemente. Mi sento come se avessi lasciato indietro un pezzetto di me. La dignità forse. » Ma prima che il medico potesse replicare, Freddie alzò occhi e mani. « Lo so, lo so. Non farti del male, impara a perdonarti, impara a volerti bene. Ci sto provando, giuro. E poi.. tutto è relativo no? Cazzo, mi sto martoriando quando là fuori c'è chi ha fatto cose davvero orribili. » Ripensò ad Amunet, a ciò che aveva fatto. Tanti mesi prima, gli aveva confessato cose indicibili.. ma solo durante l'ultimo incontro l'aveva sentita veramente pentita. Un Sin Eater queste cose le sa. Amunet aveva ucciso delle persone, lei sì che aveva compiuto atti davvero orribili. Eppure ha trovato il modo di andare avanti, in qualche modo. Sarà la sua determinazione, sarà l'amore, saranno i fottuti arcobaleni e unicorni ma, alla sua maniera, sta andando avanti. I mesi che il disturbo bipolare gli aveva letteralmente rubato si fecero sentire: si ritrovò ad essere come molti suoi altri coetanei si erano sentiti una volta liberatisi dal peso della scuola, alle porte del mondo libero, senza vincoli. Fred era un giovane mago che aveva appena trovato un lavoro e che avrebbe dovuto scoprire come mettere insieme i pezzi per completare il quadro. Scoprire come si fa ad essere adulti funzionali e funzionanti.

    Alla prossima, doc. Aveva salutato così il dottor Renfield, prima di inforcare la vecchia giacca della squadra di Grifondoro, che aveva tenuto per ricordo, e uscire dallo studio. Il Centro di Igiene Mentale si trovava in un padiglione separato rispetto al resto dell'ospedale, era più tranquillo e meno frequentato; nei periodi che vi aveva passato, subito dopo il lockdown e ancora una volta al momento della diagnosi, aveva scoperto che la tranquillità era dovuta al fatto che i parenti che facevano visita ai pazienti erano molti, molti di meno. Forse la comunità magica faticava ancora ad accettare la malattia mentale, proprio come i babbani. Tutto il mondo è paese. Fece per incamminarsi lungo il corridoio, quando una chioma bionda e familiare attirò la sua attenzione: Betty gli apparve così, come il ricordo di un sogno. Non fu neppure sicuro che fosse realmente lei - vederla in quel posto gli sembrò quasi anacronistico - ma dovette fugare ogni dubbio quando la vide correre e gettarglisi al collo in un abbraccio caloroso. « Betty.. » Era strano. Ultimamente solo Angelina lo abbracciava ancora. Quel contatto fu straniante ma non sgradito. « Sei tu, sei davvero tu...pensavo di aver preso un abbaglio e invece sei qui. » Perfino la sua reazione lo lasciò senza parole. In un mondo in cui tutti erano giustamente offesi con lui, Betty era stata l'unica ad accoglierlo con un abbraccio e delle belle parole; era ciò che rendeva unica l'ex tassorosso, ciò che aveva sempre visto in lei. Fred Weasley poteva anche essere stato l'eroe buono della storia, un tempo, ma non sarebbe mai stato buono quanto Betty. « Mi sei mancato Freddie...mi sei mancato tantissimo. » Le accarezzò i capelli, prima di staccarsi e guardarla senza riuscire a trattenere un sorriso. Era come se il primo raggio di sole della giornata fosse apparso in cielo, alla fine, dopo ore di nuvole cupe. « Sei la prima che me lo dice. Non che me lo meriti.. ma fa piacere. » Si bloccò appena, quando vennero superati da un signore di mezza età che parlava in maniera logorroica e ossessiva ad un'infermiera. « Che dici, hai il tempo per un tè? » E un quarto d'ora dopo, avevano fatto in tempo ad arrivare all'ultimo piano dell'ospedale, riempire due grandi bicchieri d'asporto e ridiscendere in basso, nel grande cortile dell'ospedale che collegava il corpo centrale al padiglione del Centro di Igiene Mentale, in cui si erano incontrati. Durante il tragitto, non aveva fatto a meno di pensare al perché Betty fosse là. « Avrei tanto voluto rivederti in un altro posto.. » mormorò mogio, mentre passeggiavano lentamente. Le lanciò un'occhiata: se Fred era visibilmente cresciuto e portava sul corpo - e sotto gli occhi - i segni del proprio trascorso, anche Betty aveva le sue cicatrici. Non faticò a ricollegare la presenza dell'amica con tutto ciò che Mun gli aveva raccontato. « ..ma ho imparato che a volte da soli non ce la si fa, ecco tutto. Non è così? » In altri tempi, se avesse dovuto scommettere, Betty sarebbe stata l'ultima persona che avrebbe collocato al CIM o da un terapista in generale. Pensava infatti che le particolari qualità della Branwell, il suo ottimismo e la sua luce, fossero di per sé uno scudo contro le ombre della vita. E' troppo positiva per lasciarsi abbattere. Ma non aveva pensato che l'ombra più grande si cela là dove c'è tanta luce e l'animo sensibile di Betty forse si era rivelato un'arma a doppio taglio. « Ho rivisto Amunet da poco, colpa di un pranzo domenicale in famiglia.. già, fa strano anche a me. E.. mi ha detto quel che è successo mentre ero via. Parlo di tutto lo schifo. » Era certo che non aveva bisogno di altri appellativi. Lo Shame, il bullismo, le minacce e poi le morti. Così tante morti. Cosa poteva essere se non schifo? Il suo viso si rabbuiò. « Ha colpito anche te? »
     
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    « Betty.. » Si lasciò cullare dall'abbraccio del ragazzo, assorbendo tutto il calore che le regalò semplicemente carezzandole i capelli. Non c'era modo di descrivere a parole la voragine che la mancanza di Freddie aveva scavato dentro di lei, un vuoto che all'improvviso aveva ricominciato a riempirsi. « Sei la prima che me lo dice. Non che me lo meriti.. ma fa piacere. » Lo guardò tristemente, quasi come se la freddezza con cui sembrava essere stato accolto al suo ritorno ferisse indirettamente anche lei. Conosceva gran parte del clan Potter-Weasley, la storia con Albus e l'amicizia con Freddie l'avevano resa partecipe di molteplici ricorrenze: compleanni e natali a cui non vedeva l'ora di partecipare. La sua famiglia non era mai stata molto unita, motivo per cui ogni occasione era buona per circondarsi del calore di quel clan così numeroso. Una famiglia talmente unita che solo con il tempo avrebbe perdonato a Freddie la sua scomparsa. Una scomparsa che Betty non poteva fare a meno di capire. Il tradimento che entrambi avevano subito li aveva straziati, sbattuti a terra in un momento in cui faticavano a rimanere a galla; un tradimento che molto probabilmente il rosso aveva iniziato a processare solo grazie alla solitudine. « Quello che non ti meriti è la gogna, quando non hai fatto altro che prenderti del tempo. » Lei stessa aveva vissuto da reclusa per qualche mese, senza la minima voglia di un contatto con il mondo esterno; troppo concentrata sul suo dolore per stare con gli altri. Un dolore aggravato da tutto ciò che era successo all'interno del lock down, una sofferenza talmente potente da radere al suolo ogni sua certezza. « Che dici, hai il tempo per un tè? » Lo guardò con lo sguardo eloquente di chi non doveva neanche chiedere, perchè Betty non aveva alcun dubbio...era e sarebbe sempre stata dalla parte di Freddie. Motivo per cui lo seguì fino in caffetteria e poi nel cortile. Quella piccola zona verde era un riservato angolo di paradiso; più di una volta, mentre aspettava il suo turno, si era rifugiata lì per leggere e non pensare al prossimo colloquio. « Avrei tanto voluto rivederti in un altro posto.. » Annuì di fronte a quelle parole perchè erano la pura verità, lei stessa avrebbe preferito incontrarlo in un altro luogo e momento; non perchè si vergognasse del fatto di essere in terapia, ma perchè sapeva benissimo che quando si terminava una seduta la mente era un via vai unico di pensieri. Lei stessa non faceva altro che ripetere tutto ciò di cui aveva parlato con la dottoressa, riflettendo sulle sue parole. « ..ma ho imparato che a volte da soli non ce la si fa, ecco tutto. Non è così? » La realtà con cui lei stessa era scesa a patti con fatica, accettare di aver bisogno di aiuto non era mia facile, tutt'al più quando si trattava della sfera psico-emotiva. « A volte abbiamo semplicemente bisogno di una mano e ho faticato non poco per ammetterlo a me stessa. » Betty era sempre stata una persona positiva, preferiva dedicarsi agli altri piuttosto che a sé stessa, e subito dopo il lock down non era stata più in grado di prendersi cura di sé. Aveva bisogno di qualcuno che le mostrasse la strada per la guarigione. « Sono contenta di aver chiesto aiuto e se tornassi indietro lo rifarei. » Non era una persona che si lasciava abbattere dalle malelingue, non le interessava che i suoi compagni venissero a sapere di quelle sedute, così come non si vergognava di prendere le due medicine. In passato a causa dei suoi genitori la sua salute mentale era sempre stata una sorta di tabù, qualcosa di cui non parlare; che andava nascosto ad ogni costo. Un segreto che lei non era più stata in grado di sopportare e di cui si era finalmente liberata. « Ho rivisto Amunet da poco, colpa di un pranzo domenicale in famiglia.. già, fa strano anche a me. E.. mi ha detto quel che è successo mentre ero via. Parlo di tutto lo schifo. » Lo guardò compassionevole, certa di come quell'incontro l'avesse messo a dura prova, lei stessa ricordava benissimo i primi incontri con Mun e Albus dopo tutto ciò che era successo. Con il tempo le cose erano migliorate, ma all'inizio aveva sofferto ogni singola volta; ritrovandosi con il cuore spezzato più e più volte. « Ha colpito anche te? » Annuì rassegnata difronte a quella domanda, sentendo sulle proprie spalle il peso di ogni singolo avvenimento degli ultimi mesi. Strinse il bicchiere di tè tra le mani, assorbendo quel calore confortante. « Non mi ha semplicemente colpita, mi ha letteralmente sbattuta a terra. » Era stata colpita duramente e senza alcuna pietà, proprio nel momento in cui credeva di essersi rimessa in piedi era stata nuovamente atterrata; senza alcuna pietà. I suoi sonni erano ancora tormentati dal ritrovamento di quel corpo martoriato. « Sono passata dal dar fuoco all'abito da sposa di Mun...e ti giuro che non era assolutamente voluto » Si era ritrovata obbligata a scegliere tra rivivere il trauma che l'aveva quasi annientata o dar fuoco al sogno di Mun; una decisione che non aveva assolutamente preso a cuor leggero. « Per poi finire in bellezza e trovare il corpo di Donovan durante la festa di fine anno... » Non riuscì a controllare il lieve tremolio della sua voce, quella morte l'aveva toccata da vicino e molto probabilmente non l'avrebbe mai superata del tutto. Ma ciò che più la faceva soffrire era l'essere costantemente circondata dalla morte, senza alcuna possibilità di andare avanti e costruire qualcosa di concreto. « Hanno scelto me, hanno voluto che fossi io a trovare il suo corpo e non faccio altro che rivivere quel momento. » Un vero e proprio tormento a cui voleva mettere la parola fine. Ogni singolo avvenimento le aveva strappato via una parte di sé che non avrebbe mai più riavuto indietro, contaminando quella purezza che l'aveva sempre contraddistinta. Lo Shame aveva avvelenato la sua vita e piano piano stava cercando di fare la stessa cosa con la sua mente e quella degli altri. Forse proprio per questo non biasimava Freddie per essersene andato, lo capiva e lo giustificava. « Non so se tu abbia voglia di parlarne, ma perchè sei scappato così?! Il giorno prima c'eri e quello successivo hanno bussato alla mia porta chiedendo se fossi rimasto da me a dormire. » Prima ancora che avesse modo di risponderle gli posò una mano sul ginocchio. « Non sentirti obbligato a raccontarmelo, so che ogni percorso è diverso e se non sei ancora pronto a parlarne a me va bene...non ho alcuna fretta. » E non intendo andare da nessuna parte. La cosa più importante per lei era averlo nuovamente lì, era cambiato e nessuno poteva capirlo meglio di lei. « Ho letto dei Falcons e sono così felice per te...sappi che ho già prenotato la maglietta ufficiale con il tuo nome e un guanto di gomma piuma personalizzato. » In quanto a quidditch Betty era del tutto ignorante, odiava volare sul manico da scopa, ma sarebbe diventata la sua fan numero uno; pronta ad assistere ad ogni sua partita.
     
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    « A volte abbiamo semplicemente bisogno di una mano e ho faticato non poco per ammetterlo a me stessa. Sono contenta di aver chiesto aiuto e se tornassi indietro lo rifarei. » Fred ce la stava mettendo tutta ma c'erano momenti in cui non era poi così sicuro di essere d'accordo con Betty e con le proprie parole, pronunciate solamente una manciata di secondi prima. Era facile dire di aver accettato un aiuto psicologico, quando la realtà era ben altra: Angelina aveva letteralmente trascinato suo figlio al San Mungo. C'era arrivato sulle sue gambe solo perché sapeva che la signora Weasley non si sarebbe fatta problemi a prenderlo per i capelli, mentre George e Roxanne gli tenevano ferme le gambe. Aveva ceduto, alla fine, ma non aveva mai chiesto realmente aiuto. Betty, da quel punto di vista, si era dimostrata molto più coraggiosa di un figlio di Godric, checché ne avesse da dire il Cappello Parlante. In un certo qual modo, la invidiò, perfino; Betty avrebbe percorso un sentiero di guarigione più lineare, perché spianato dalla propria iniziale volontà. « Ma sentitela, Elizabeth Branwell, come si è fatta saggia! » La stava prendendo in giro con la bonarietà di un tempo e questo, in un modo totalmente inaspettato, lo fece sentire quasi a casa. Quando tutti e quattro si ritrovavano nella loro tavola calda. Se Mun era la mente e Albus l'anima, tu eri il cuore del gruppo, Betty. E il cuore, alla fine, fa sempre la cosa giusta. Ma tornò presto coi piedi per terra, schiacciato dal peso della consapevolezza che quel loro gruppo speciale si era allontanato irrimediabilmente. La magia si era rovinata col tempo. « A dire il vero, lo sei sempre stata. Molto più di noialtri. » Siamo stati noi tre a rovinare la magia, noi e i nostri drammi. Non abbiamo saputo proteggere qualcosa di tanto prezioso. Col senno di ciò che aveva appreso da Amunet, prima della loro separazione col botto, dovette chiederle necessariamente dello Shame e di ciò che era accaduto a Capodanno. La risposta di Betty, tristemente, non lo sorprese. « Non mi ha semplicemente colpita, mi ha letteralmente sbattuta a terra. » Come supponevo. Era al corrente solo di ciò che avevano patito Mun e Albus ma sapeva che, tra maledizioni Cruciatus e figli persi, c'erano di mezzo anche delle morti, tra cui quella della vecchia preside Brown di cui serbava ancora diversi ricordi, riconducibili all'essere finito svariate volte in presidenza per una lavata di capo, quando non ci pensavano i professori. « Sono passata dal dar fuoco all'abito da sposa di Mun...e ti giuro che non era assolutamente voluto » Con una piccola risatina soffocata nel bicchiere del tè, la interruppe involontariamente. « Scusami, lo so che non c'è nulla da ridere ma.. un po' ti invidio. Sembra una di quelle cazzate alla Freddie Weasley! » Non lo avrebbe mai fatto, di certo non ora, ma solo il cielo sa quante volte, quando si sentiva ancora scottato dalla rivelazione di Albus, aveva meditato chissà quali diaboliche trovate! Col senno del poi, era stato un bene ricevere una tale doccia fredda in pieno assetto di guerra. Alla fine, gli impeti da piccola peste di Fred erano passati in cavalleria, a favore di faccende molto più importanti. Betty quindi continuò il racconto: « Per poi finire in bellezza e trovare il corpo di Donovan durante la festa di fine anno.. hanno scelto me, hanno voluto che fossi io a trovare il suo corpo e non faccio altro che rivivere quel momento. » e ogni accenno di risata si dissolse immediatamente, a sentire le parole dell'amica. Un pesante brivido gli percorse la schiena, una sensazione di gelo gli penetro fin nelle ossa. Si rivide adolescente mentre trovava il corpo senza vita di Abigail Green. Aveva creduto per tanto tempo si fosse trattato di suicidio, si era perfino addossato una parte di colpa per non averlo capito prima, per non essere riuscito ad aiutarla; solo durante il lockdown, aveva scoperto la verità. Amunet e quel suo quaderno della morte. Follia, pura follia. Si rabbuiò visibilmente, e non che il suo umore già prima fosse alle stelle. « So di cosa stai parlando. Ho sognato il corpo senza vita di Abigail per.. cazzo, non so neanche io per quanto. A volte lo sogno ancora. E' stato.. » Traumatico. Ma dopo tutto ciò che avevano passato, la sua concezione di "trauma" si era notevolmente ampliata. « Non lo so. Ho perso una parte di me quel giorno. » Posò una mano sulla spalla di Betty, per farle sentire tutta la propria vicinanza. Non era mai stato bravo con le parole, preferiva agire. Ma cosa fare quando non c'è proprio nulla da fare? « Ma andrà meglio, Betty, te lo prometto. Lo strizzacervelli e il tempo, se non sistemeranno, sicuramente aiuteranno. Ne uscirai più forte. » Una stupida frase di circostanza. Io non ne sono uscito più forte. Ne sono uscito a pezzi e sopra quei pezzi la vita ci ha camminato in lungo e in largo, facendoli diventare briciole di niente. Guardatemi, il leone rampante di Grifondoro. Sono un rottame. Non aiutò la domanda dell'ex tassorosso, che lo punse involontariamente su un nervo scoperto. « Non so se tu abbia voglia di parlarne, ma perchè sei scappato così?! Il giorno prima c'eri e quello successivo hanno bussato alla mia porta chiedendo se fossi rimasto da me a dormire. » Dovevano essere stati Angelina e Chad. Sua madre gli aveva raccontato di come l'ex compagno di camera si fosse fatto in quattro per aiutarli nelle ricerche. Sentiva di aver messo in una situazione difficile pressoché tutti i propri affetti ma questo l'aveva capito solo dopo tantissimo tempo: quando aveva preso la decisione definitiva, in realtà non c'era stata nessuna vera riflessione dietro. Nel pieno di una fase maniacale, semplicemente gli era sembrata un'idea brillante evadere dalla propria noiosissima vita e scappare. Ciò che era accaduto nei mesi successivi, era stata una lenta discesa verso il buio. « Non sentirti obbligato a raccontarmelo, so che ogni percorso è diverso e se non sei ancora pronto a parlarne a me va bene...non ho alcuna fretta. » Grazie, dissero silenziosamente gli occhi del ragazzo. La ringraziò col cuore per non averlo messo spalle al muro, ancora una volta nel giro di pochissimo tempo; per non aver preteso spiegazioni con gli occhi iniettati di sangue; per avergli concesso, immeritatamente, ancora una volta un pizzico di fiducia. Sorseggiò il tè bollente, indeciso se raccontarle la verità, una minima parte di essa o semplicemente sorvolare. Betty era e continuava ad essere un pezzo importante della propria vita e forse proprio per questo gli faceva male, farsi vedere da lei come lo squilibrato che aveva mollato tutto per volare in Olanda e vivere alla giornata, ogni giorno sempre più simile ai tanti senzatetto o drogati che incontrava nelle stazioni della metro di Amsterdam. Stavo diventando uno di loro.. forse lo ero già diventato, quando gli auror olandesi mi hanno trovato. Alla fine, si abbandonò ad un gravoso sospiro. « E' successo che.. sono crollato. Non so quando abbia iniziato a sgretolarmi.. qui, nella testa.. forse proprio con Abigail. O forse è stato il lockdown, tutte quelle morti, tutte quelle urla ogni santo giorno. So solo che, quando siamo evasi, ho iniziato ad isolarmi sempre di più. Ero chiaramente depresso. Ma poi è scattato qualcosa.. e quel qualcosa era anche peggio. » Scosse la testa. Non era semplice. Con Amunet c'era riuscito, gli aveva vomitato di colpo il proprio segreto, ma aveva con l'ex serpeverde ben altro tipo di confidenza. « Morale della favola, oggi sono qui. Ci vengo ogni settimana: un piccolo prelievo di sangue, un'oretta di strizzacervelli e ritorno alla mia vita come se niente fosse. Prendo delle medicine e.. tiro avanti. » Ma Betty sapeva che stava tirando avanti alla maniera di Fred Weasley. In grande. « Ho letto dei Falcons e sono così felice per te...sappi che ho già prenotato la maglietta ufficiale con il tuo nome e un guanto di gomma piuma personalizzato. » Gli scappò da ridere e anche di questo le fu grato. Non si sarebbe abituato facilmente al fatto d'essere un giocatore di serie A, ergo con ben poche notizie da dare in esclusiva prima che un qualche giornalista arrivasse a lanciare lo scoop. « Fanno già le magliette? E dire che non sanno neppure se beccherò un bolide..! E' stata una decisione avventata e sono un bel po' arrugginito ma.. andiamo, cos'altro avrei potuto fare nella vita? » Il senzatetto o il drogato, per l'appunto. Durante il suo ultimo anno, aveva come tutti seguito le giornate di orientamento ma nessuna carriera gli sembrava adatta a lui, che non era mai stato un luminare né un grande studioso. L'alternativa era andare a lavorare ai Tiri Vispi Weasley insieme al padre. Mi sarei buttato sotto un treno a King's Cross dopo una settimana. « E tu invece? Sei ancora al college? Scusa, sono un po' fuori da tutti i giri. » Vi ho perso tutti di vista.

     
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