Happy (not) Valentine's day!

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    « Posso aiutarla, giovanotto? » La vocetta sottile dell'uomo preannuncia la sua entrata in scena. Il fioraio di Hogsmeade è un ometto sulla sessantina, non particolarmente alto di statura, e magro quanto un asticello. « ..Ah, sei tu » « Heilà, Johnny » « Jeremy.. » « Senti un po' Jenny..- » Sì, come intuibile, si conoscono già. Sfortunatamente per Jeremy. Il motivo, poi, non è chissà quanto complesso da immaginare. « -se sei quì per le tue cose illegali, te l'ho già detto. Non tratto quella roba » Ecco, appunto. Perchè sì, se vi state domandando se davvero Tuesday Mortimer abbia avuto il coraggio di recarsi da un fioraio in cerca d'erba -e non cipollina, questo basta una rapida occhiata alla sua persona per essere ben chiaro-..Beh, se ve lo state domandando significa che non lo conoscete veramente. Per vostra fortuna, aggiungeremmo. « E poi dovresti smetterla. Ti fa male » « Oh Jinxy, sei così carino quando ti preoccupi per me..Ma te l'ho detto, non sei il mio tipo! » Squittisce il ragazzo, voltandosi verso l'uomo con una rosa incastrata tra due ciocche di capelli. « Come stoooh? » Sfarfalla le ciglia ed arriccia le labbra. « ..Ed io ti ho detto altrettante volte che potresti essere mio figlio » Taglia corto, serio, il povero Jeremy Irvine. « Lo so Jasmin, lo so. Il daddy issues è proprio una tua fissa -davvero insistente, oltretutto, forse dovresti farti controllare, per la tua salute mentale dico- MA! » E con un saltello va a sedersi sopra uno dei banconi in legno « Oggi dobbiamo lasciare da parte i tuoi istinti primordiali per un bene ben più grande. Mi serve il tuo aiuto » E dicendo ciò annuisce, solenne..Prima di chinarsi per annusare una margheritina. « Sentiamo..Che hai combinato? » Sospira il signor Irvine, ormai piuttosto rassegnato. « Mi servono dei fiori, è chiaro -Dio Jason e ti pagano pure per fare il fioraio?- » Scuote la testa, visibilmente sconvolto « Per San Valentino » « Ma..San Valentino era due giorni fa » « E allora? Non è San Valentino ogni giorno, quando l'amore c'è? » Filosofico oggi. L'ometto resta immobile per qualche momento, un sopracciglio inarcato, il respiro trattenuto in gola. Probabilmente sta cercando di decifrare se quel piccolo schizzato lo stia prendendo in giro o meno. Con uno come Mortimer, d'altra parte, non si può mai sapere. Vuole bene a quel ragazzo, Irvine, in fondo. Strano da dire, davvero molto strano, ma non è poi così fastidioso. Divertente, a suo modo, ed è più che certo ci sia molto di più di quanto vuole far vedere, in lui. E' quindi con un sorriso a mezza bocca ed un sospiro, che si arrende. « Beh, in questo caso..Devi trovare dei fiori che la rappresentino. Dei fiori romantici, profumati, particolari. Devono rappresentare il tuo stato d'animo in sua presenza. Gettarle un messaggio chiaro e tondo. Dolcezza, tenerezza, bellez- » « CE L'HO! » E, squittendo, Tux balza giù dal bancone. « dei crisantemi. »
    [...] Ed eccolo dunque quì, Tuesday, col suo bel mazzolino di crisantemi. Hogsmeade. Stamberga Strillante. Le ha dato appuntamento lì d fronte, in quel pomeriggio gelido di una domenica di Febbraio. Le ha inviato un messaggio anonimo, piuttosto criptico. Certo, la sua scrittura illeggibile è sempre stata piuttosto semplice, da riconoscere, ma lui ci ha provato a fare il misterioso. E semmai -speranzoso!- per qualche strana legge divina possa esserci riuscito, si domanda se effettivamente lei si presenterà. Se vi state ancora chiedendo di chi si tratti, ed i crisantemi non sono stati capaci di lanciarvi un messaggio più che chiaro, è di Wednesday Mortimer che si sta parlando. Sì, sua sorella. E sì, avete ragione, è strano. Ed è proprio per questo che si trova lì, in mezzo a quello scenario piuttosto desolato che è il panorama circostante la Stamberga. Vedere sua sorella nella Stanza delle Necessità, qualche giorno fa, a partecipare a quel..gioco d'amore, lo ha fatto..Riflettere. Da quando è nata, la piccola Weed, Tuesday è proprio così che l'ha vista: piccola. Nessuna cattiveria dietro un tale modo di pensare, nessuna malizia, ma semplice istinto fraterno. Nonostante la famiglia particolarmente numerosa, Tuesday ha sempre nutrito un particolare affetto, per Weed. Sin da bambini, infatti, nonostante gli anni d'età che li dividevano -non poi così tanti, invero- i due fratelli sono sempre stati inseparabili. Ed è dunque così che l'ha sempre vista, almeno fino a qualche tempo fa. Quella piccola compagna di giochi con la quale, un tempo, era solito instaurare questo o quel gioco, per trascorrere le giornate nell'enorme villa Mortimer, sempre tanto affollata, eppure sempre tanto silenziosa, alle volte. Adocchiarla invece lì, in cerca di un appuntamento a S. Valentino, oltre che instaurargli un senso di gelosia diremmo per nulla indifferente, l'ha condotto ad una fastidiosa ma non per questo meno vera consapevolezza: Weed non era più quella bambina. Era cresciuta, e lo aveva fatto bene. Con quel suo cerchietto nero a spiccare tra i capelli d'argento, e quella pelle terribilmente pallida messa in risalto ancor di più dai vestiti scuri che spesso usava. Era bella, parecchio bella, e Tuesday non si sarebbe stupito, se avesse un giorno saputo dell'esistenza di una fila di ragazzi a correrle dietro. Certo, li avrebbe ammazzati tutti, ma dettagli. Si domandava ad ogni modo, Tux, se sua sorella fosse in cerca d'amore. Un tempo non sarebbe stato complicato, per lui, affermare l'insensatezza di un simile pensiero. Weed, la sua Weed, avrebbe preferito infilarsi cento spilli per occhio, piuttosto che rientrare nell'argomento fidanzatini. Negli ultimi tempi, però, conosceva così poco di lei. Si erano allontanati, dopo la sua malattia, e non sapeva nemmeno perchè. Si domandava allora, Tux, se fosse rientrata in quel circolo. In quell'età in cui ti senti inutile, inaccettabile, se non riesci a trovare qualcuno che possa ricambiarti. Si domandava se soffrisse di solitudine in un mondo pieno zeppo di gente, come faceva lui. Ed è dunque per questo che si trova quì ad oggi, il Serpeverde, per dimostrarle questo. Magari non servirà, ma sente di farlo comunque. Prima che sia troppo tardi. Prima che diventi come lui. Tu non sei sola. In ogni caso, avrai sempre me. So che fa abbastanza schifo ma...
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    « Ahi ahi ahi, Wednesday Allegra Mortimer..- Annuncia, non appena la figura minuta della ragazza gli si palesa dinnanzi, a stagliarsi in mezzo alla monotonia soffocante di quel paesaggio innevato. -cioè, davvero accetti appuntamenti loschi dagli sconosciuti? » Le gira attorno, una mano nella tasca, l'altra nascosta dietro la schiena « Dovrei dirlo a papà » E scuote la testa, con fare teatrale, prima di soffermarsi, finalmente. La fissa per un po', in quel suo solito modo di fare piuttosto inquietante, poi respira a fondo « Comunque, per tua fortuna il tipo losco in questione è tuo fratello, per questa volta.. » Fa una piccola pausa, prima di estrarre da dietro la schiena quel sontuoso quanto allegro mazzo di fiori, con allegata una scatolina di cioccolatini. Nera, lucida, col nastro bordeaux. « Volevo..Sì, ecco..Darti questi » Mormora, guardandola ancora per qualche istante, prima di distogliere lo sguardo. « Ovviamente era tutto per la mamma » Seh, certo. « Ma mi ha dato buca all'ultimo momento e quindi..Non farti strane idee. Mica so che il cioccolato fondente alle more è il tuo preferito. Tsk! » Soffia, roteando gli occhi « ..Vero che è il tuo preferito? » Batte le palpebre, due o tre volte, poi si mordicchia il labbro inferiore, visibilmente a disagio. E' forse..imbarazzato? « Per quel che vale, e anche se in ritardo.. » Pausa « e oltre al fatto che è piuttosto da sfigati ricevere fiori e cioccolata dal proprio fratello a San Valentino... » Si schiarisce la voce « Buon San Valentino!»
     
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    «MORTIMER!» La voce di Cassandra Langford tuonò per l'intero salone, minacciosa. Wednesday alzò lo sguardo dal libro di Alchimia che stava leggendo, mettendo a fuoco la macchiolina scura che,a passi felpati, si stava dirigendo verso di lei. Morgana le saltò in grembo, con un solo balzo, con precisione millimetrica, tra le padrona ed il tavolo. Weedy le carezzò la testolina e la gatta allungò il mento alla ricerca dell’unico essere umano da cui accettasse qualche coccola, di tanto in tanto. «Ah, sei qua!» Che osservatrice. La giovane Corvonero roteò gli occhi verso l'alto sospirando senza nascondere minimamente quanto fosse esasperata da quella situazione. Era la terza volta in una settimana che si trovava ad affrontare una situazione del genere. La prima volta era stata in sordina, quasi educatamente. Nella seconda occasione Cassie aveva alzato la voce, ma poi si era scusata. Stavolta la sua pazienza doveva essere arrivata al limite. «Mortimer! La tua stupida gatta ha provato ancora una volta a mangiarsi Stewart! Povero piccolo, guardalo!, è terrorizzato!» Weed fece forza sui talloni e si spinse all’indietro, allontanando la sedia dall’imponente tavolo di legno della biblioteca. Cassandra la stava rimproverando. La ragazza, dall’espressione preoccupata e paonazza, teneva sempre i capelli legati in una coda di cavallo. Erano così lunghi che anche in quel modo le arrivavano a metà schiena. Tra le mani, stretto delicatamente in un gesto protettivo, stringeva il suo topolino dal pelo color tortora. Gli accarezzava la testolina con il dito indice mentre questo non la smetteva di squittire. A Wednesday quell’animale stava cominciando a dare sui nervi. La figlia di mezzo dei Mortimer spostò nuovamente lo sguardo sulla compagna di Casa, non lasciando trapelare la men che minima emozione. «E’ una gatta, Cassandra. I gatti mangiano i topi. E Stewart è un topo.» La mano di Weed percorse più volte la schiena dell’animale, mentre questa cominciava a fare le fusa. «Forse dovresti chiuderla in gabbia!» Lo sguardo di Wednesday Mortimer si fece più severo a quelle parole. Inchiodò la biondina con lo sguardo, la sua mano ferma a mezz’aria per un paio di secondi, prima di abbandonarsi all’ennesima carezza. «Forse dovresti insegnare al tuo stupido topo che se continua a scappare c’è la possibilità che qualcuno se lo mangi.» Alzò le sopracciglia, riabbassandole immediatamente, puntando gli occhi color foglia su quelli della Langford. Cassie aveva le guance arrossate e gli occhi ridotti a due fessure, però non muoveva un solo muscolo. Wednesday poteva visualizzarli, gli ingranaggi che si muovevano dentro la sua testa, i pensieri che si aggrovigliavano, chiedendosi se reagire fosse o no la cosa giusta da fare. Per aiutarla a decidere più in fretta, Weedy decise di continuare. «Purtroppo possiedo una sola gabbia, già occupata dalla mia Vedova Nera. Ma se preferisci, posso liberare lei per lasciare il posto a Morgana. Death sarebbe incredibilmente contenta di potersi sgranchire le zampe in giro.» Ci furono alcuni secondi di silenzio. Cassandra aveva spalancato gli occhi, sempre più paonazza all’altezza delle gote. «VAI AL DIAVOLO, MORTIMER!» Troppo tardi, zuccherino. «SIGNORINA LANGFORD!» Weedy posò lo sguardo su Madama Flint, la bibliotecaria dai capelli sempre raccolti in una crocchia e l’età indecifrabile. Poteva avere settant’anni, come centoventi. Procedeva verso di lei a passo spedito spingendosi gli occhiali in cima al naso, l'altra mano aveva già sfoderato l'indice, pronto per essere usato in una bella ramanzina. «Non si urla dentro la mia biblioteca! La invito gentilmente ad uscire, signorina. Altrimenti sarò costretta a spedirla in Presidenza.» La biondina girò i tacchi, visibilmente furibonda, procedendo verso l’uscita sotto lo sguardo severo di Madama Flint. Non appena sparì dalla visuale, la bibliotecaria si voltò verso la Mortimer, incrociando le braccia al petto e strizzando appena gli occhi in direzione delle gatta, come se stesse cercando di metterla a fuoco. «Non sono consentiti animali in biblioteca, signorina.» Weed si alzò in piedi, tenendo la gatta tra le braccia, chiuse il libro con una mano e si mise in spalla la borsa. «Me ne sto andando, Madama Flint.» Sciabolò appena le ciglia con aria innocente, superando la donna ed uscendo da lì. Non appena fuori dalla porta, si accovacciò sulle ginocchia, posando Morgana a terra. Nel farlo, la borsa scivolò di lato, sbattendo sul pavimento. La botta fece scivolare fuori un foglietto di carta che, probabilmente, era stato infilato nella tasca davanti della cartella, quella dove la calamita di chiusura era rotta. Si trattava di un foglio a quadretti, ripiegato in modo spreciso, dal quale era visibile l’ombra dell’inchiostro delle parole scritte al suo interno. L’aprì. Storse il naso, appallottolò il foglietto e se lo infilò in tasca.
    [...] Aveva riconosciuto la scrittura di Tux solo qualche ora dopo, quando si era ritrovata il foglietto tra le mani rileggendone il messaggio. Era certa che fosse la sua, l’aveva confrontata con una frase “divertente” che lui le aveva scritto sul diario. E’ solo uno stupido scherzo. Pensava questo mentre si dirigeva verso il luogo dell’appuntamento. Indossava un cappottino color cachi e teneva la sciarpa dei Corvonero annodata al collo. Non vedeva suo fratello dalla serata di San Valentino, quella in cui lui aveva scelto Maddie Carrow. Nonostante fosse giusto che suo fratello non scegliesse lei, nulla le aveva impedito di provare una leggera antipatia nei confronti della povera Maddison, nell’esatto momento in cui Tux l’aveva scelta. Non le erano mai andate a genio quelle a cui suo fratello metteva gli occhi addosso. Si giustificava dicendo che nessuna sarebbe mai stata alla sua altezza, ma la verità era che tentava di sminuirle ai suoi occhi. Sapeva, anzi ne era assolutamente consapevole, che prima o poi sarebbe arrivato qualcuno che avrebbe tagliato per sempre quel legame tra di loro già ultimamente piuttosto instabile. Non avrebbe saputo dire con esattezza quando avevano cominciato ad allontanarsi. Forse da quando Tux le aveva parlato della sua malattia. Forse quello era stato il primo passo verso la consapevolezza del fatto che stavano crescendo, diventando grandi, e stavano condividendo momenti con altre persone al di fuori del loro nucleo familiare. Era giusto, continuava a ripetersi, ma non poteva smettere di pensare a quei momenti in cui i fratelli Mortimer erano inseparabili. Fin da quando aveva cominciato a muovere i primi passi, Weedy aveva cominciato a seguire suo fratello come un’ombra. Avevano da subito legato, seppur così caratterialmente diversi. Forse perché si compensavano. Tux era la parte giocosa di cui Weedy era sprovvista, e allo stesso tempo lei pareva infondergli un po’ della sua infinita pazienza. Ed eccolo lì. Wednesday si bloccò non appena lo vide, prendendosi tutto il tempo per ammirare il contesto. La Stamberga Strillante alle sue spalle si erigeva minacciosa ed affascinante. Attese che anche lui la vedesse e fu allora che si avvicinò. « Ahi ahi ahi, Wednesday Allegra Mortimer.. cioè, davvero accetti appuntamenti loschi dagli sconosciuti? » La Corvonero rimase immobile mentre il fratello le girava intorno, le mani nascoste dietro la schiena. Sconosciuti. Non si sarebbe mai presentata se non avesse riconosciuto la scrittura di suo fratello. Ma rimase in silenzio, cercando di nascondere un sorrisetto. « Comunque, per tua fortuna il tipo losco in questione è tuo fratello, per questa volta.. » Spalancò gli occhi quando Tux tirò fuori da dietro la schiena una scatola di cioccolatini e un mazzo di crisantemi. Merlino, adorava i crisantemi. Non era facile stupire Wednesday ma, in qualche modo, Tux era riuscito nell’impresa. Sentì un peso all’altezza petto, un calore che si espandeva come una macchia d’olio. « Ovviamente era tutto per la mamma » Weedy esibì un espressione sarcastica.
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    « Mica so che il cioccolato fondente alle more è il tuo preferito. Tsk! ..Vero che è il tuo preferito? » La ragazzina sollevò il lato destro della bocca, stringendo le labbra tra di loro. Il suo sguardo si posò per un attimo sulla scatolina lucida che teneva in mano. «Si. E’ il mio preferito.» E lui ne era consapevole, lei lo sapeva bene. « Per quel che vale, e anche se in ritardo.. e oltre al fatto che è piuttosto da sfigati ricevere fiori e cioccolata dal proprio fratello a San Valentino... Buon San Valentino!» ... Cosa? Le sue labbra si dischiusero appena mentre con lo sguardo cercava una spiegazioni negli occhi del fratello. Se ne stava lì, con in mano dei fiori ed una scatola di cioccolatini, immobile. Sentiva il sangue affluire nelle guance, in un misto di imbarazzo – lo stesso che probabilmente stava provando anche lui – e impaccio. «... Anche.. A te?» Più che altro era una domanda. Abbassò lo sguardo sui fiori che teneva in mano. «Adoro i crisantemi.» scosse leggermente la testa come se cercasse di dare un ordine alle parole che le frullavano in mente. «Ed impazzisco per il cioccolato alle more.» Infilò la scatola in borsa e, in un momento che le parve interminabile, tornò a posare lo sguardo su suo fratello. «E' così palese che nessuno mi abbia fatto un regalo per questa festa, mhm?» Quel pensiero si era insinuato nella sua testa come sussurrato da un serpente velenoso. Davvero erano arrivati a questo? Suo fratello che la guardava e per lei provava.. Pena? «E'.. Davvero un gesto che resusciterebbe i morti, Tux.» Vuol dire che aveva apprezzato. «Ma non devi preoccuparti per me.» Lasciò cadere le braccia. Nella mano destra stringeva il gambo dei fiori. «Non mi interessa, dico davvero..» Davvero? Sicura? «E'.. Solo una stupida festa per vendere cuscini a forma di cuore e altre cavolate simili.» Sospirò. Quell'idea le faceva male. Terribilmente. «Non provare pena per me. Questo non posso sopportarlo, Tuesday.»


    Edited by wilted flower. - 26/3/2020, 01:19
     
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    Tuesday Mortimer era così, che era solito agire. Faceva le cose di getto, d'istinto, senza pensare. Nè al perchè le avesse fatte, nè tanto meno alle conseguenze. Le stesse conseguenze che lo coglievano alla sprovvista, sempre, ogni volta, lasciandolo lì, confuso ed impreparato. Inchiodato sul posto. Ed è infatti così che si ritrova, il terzogenito dei Mortimer, quando le labbra della sorella vanno a schiudersi, per lasciar trapelare una piuttosto semplice, a ben vedere, ma non per lui. «Si. E’ il mio preferito.» Non dovrebbe, e proprio perchè sa che non dovrebbe si ritrova piuttosto stranito, quando la conferma di Weed aleggia tra loro, e lui percepisce una sensazione di estremo sollievo, lì, proprio in mezzo al petto. Quasi come fosse felice, e felice davvero, di aver indovinato. Di esserselo ricordato, lui, che è solito non ricordarsi nemmeno il proprio nome, la maggior parte delle volte. Sapete cosa? E' difficile, la maggior parte delle volte, essere Tuesday Mortimer. E sì, lo so, lo bene che non sembrerebbe proprio, visto dall'esterno. La prima cosa che colpisce di lui, infatti, ed il primo pensiero che verrebbe naturale formulare, è la capacità del ragazzo di vivere in una dimensione propria. Aiutato da droga ed alcool, certo, ma pur sempre un mondo a sè stante. Dove niente e nessuno, sembra potervi avere accesso, e scalfirlo in alcun modo. La maggior parte delle volte, è vero, una simile realtà riesce a non dargli poi troppo fastidio. Ma altre volte sì. Trattasi infatti di un qualcosa che non riesce a controllare. Di una dipendenza dall'apatia assoluta che fa ormai parte di sè, come un'ombra impossibile da estirpare, perchè vitale, da una parte, ma estremamente mortale, dall'altra. E gli capita spesso, come in questo momento, di voler essere qualcuno, ma esser costretto alla fine a dimostrarsi qualcun'altro. «Adoro i crisantemi. Ed impazzisco per il cioccolato alle more.» E quel qualcuno è quel Tuesday Mortimer che sorride, come un idiota, nell'appurare di aver fatto un piacere alla sorellina. A suo modo, certo, un po' strano e inquietante come sempre, ma pur sempre un bel gesto. Da godersi appieno, prima di abbandonare la veracità di certe situazioni, nell'iniettarsi chissà cosa endovena, e tornare inevitabilmente nell'oblio di quella dimensione altra. Alza lo sguardo verso di lei, intravedendo nei suoi occhi e nel rossore delle sue guanciotte lo stesso imbarazzo che sta provando lui, al momento. Quindi lo abbassa di nuovo, goffamente, mordicchiandosi il labbro inferiore. «E' così palese che nessuno mi abbia fatto un regalo per questa festa, mhm?» Si stringe nelle spalle, con una smorfia, mentre trattiene una risata e nasconde, in vero, una certa sorpresa. Le sue parole di poco prima, infatti, eran state pronunciate per scherzo. "E oltre al fatto che è piuttosto da sfigati ricevere fiori e cioccolata dal proprio fratello a San Valentino". Non avrebbe mai pensato fosse davvero così. Certo, lo sperava, in quella sua gelosia ed istinto di protezione nei suoi confronti, ma non avrebbe mai messo la mano sul fuoco riguardo al fatto che davvero Weed non avesse nemmeno uno spasimante, lì al castello. Allora è vero che i ragazzi di oggi non capiscono proprio un cazzo.
    « Un po' » Ma dice tutto il contrario di ciò che pensa, non sa nemmeno lui perchè. «E'.. Davvero un gesto che resusciterebbe i morti, Tux.» Sorride, inevitabilmente, assimilando subito quanto un'affermazione tanto stramba, ad un occhio esterno, sia forse il miglior complimento che possa aspettarsi da una come Wednesday Mortimer. «Ma non devi preoccuparti per me. Non mi interessa, dico davvero.. »
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    « Ah-ah. Certo! » La prende un po' in giro, Tux, annuendo mentre schiocca la lingua al palato, con la sua solita, immancabile, faccia da schiaffi. E' quasi più che certo che sua sorella dica il vero. Dopotutto, non ci vuole chissà quale impegno, per capire quanto Weed non sia mai stata una tipa da feste. Figuriamoci quella festa. Ma c'è una vocina. Una dannata e stramaledettissima vocina, che sembra riposta lì, in un angolo di quel suo cervello ormai divorato dalla droga, a suggerirgli il contrario. Non fermarti all'apparenza, come sempre, Tux. Ed è difficile, farlo. Maledettamente difficile per uno come lui, che ha sempre avuto l'abitudine di scherzare in qualsiasi circostanza di questo mondo. E scherza infatti anche adesso, per sdrammatizzare. O forse non rimuginare troppo sul fatto che sua sorella, la sua piccola Weedy, possa esserci rimasta davvero male, della propria solitudine in un giorno del genere. E che a lui, una tale realtà, dia più fastidio di quanto non dovrebbe. «E'.. Solo una stupida festa per vendere cuscini a forma di cuore e altre cavolate simili.» « Già » Annuisce « Eeee questo è quello che dicono tutti i single a San Valentino » La punzecchia « Lo direi anche io, se non fosse che sono sempre troppo fatto, per sapere che giorno è » O se non fossi già arrivato alla seconda fase di un single a S.Valentino: la rassegnazione depressiva che nessuno se lo filerà mai. «Non provare pena per me. Questo non posso sopportarlo, Tuesday.» Ma quell'affermazione, insieme alle altre, desta più di quella sua attenzione piuttosto distratta. Si sofferma a fissarla, battendo le palpebre più di una volta, fino a perdere il conto.
    « Non..- » Borbotta « non provo pena per te » Dice, le mani che vanno a nascondersi dietro la schiena, mentre inizia a dondolare sul posto, spingendo il peso prima sulla punta, poi sul tacco delle scarpe. « Volevo solo..Passare del tempo con te, immagino » Aggiunge, rendendosi conto da solo di quanto certe parole possano suonare strane, del tutto inusuali, se trapelate dalle sue labbra. Perchè se è vero che Tuesday Mortimer sia un appiccicoso di prim'ordine, è altrettanto vero non sia capace di formulare neanche mezza frase che sia pseudo seria. O concreta. « ..Davvero nessuno ti ha regalato niente per San Valentino? » Squittisce poi, quasi a voler aggiustare il tiro, piegando la testa di lato ed aggrottando la fronte. Le sguscia accanto, piegandosi su sè stesso in avanti, le mani adesso riposte dentro le tasche della felpa. « Allora dovevo regalarti una coppa gigante di gelato, mi sa... » Le dice, guardandola dal basso verso l'alto, vista quella strana posizione. « Non è che mi scoppi a piangere dal nulla, eh? » Decide di punzecchiarla ancora un po', prima di rimettersi dritto, ed avvolgerle le spalle con un braccio, per stringerla a sè. Sa quanto la sorella non sia poi così propensa al contatto fisico, e per questo la stringe ancora di più. « Scherzo, dai. » Cinguetta poi, facendo qualche passo in avanti e trascinandosela dietro. « Se i maschietti del castello non capiscono un cazzo non è mica colpa nostra, mh? O le femminucce, ovviamente. Io non ti giudico! » Una leggera risata, prima di soffermarsi sull'ingresso della Stamberga, che si staglia maestosa..e sgangherata, dinnanzi a loro. « Ti va di entrare? Dicono sia tra i luoghi più infestati d'Inghilterra. Dopo casa nostra, ovviamente.. » Ridacchia, gli occhi smeraldini che setacciano ogni angolo di quel rudere. Poi si gira verso di lei, e per qualche attimo, che gli sembra durare una vita intera, rimane a guardarla. Già, davvero cretini, tutti i maschietti di Hogwarts. « Mi mancavi, sai? » Se ne esce, dal nulla, prima di lasciarle uno schioccante bacio sulla guancia. « Perchè non stiamo più insieme come prima? » Già, Tux, perchè?
     
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    Wednesday Mortimer era una ragazzina tutt’altro che convenzionale e questo suo status quo, nel corso degli anni, aveva seguito una serie di oscillazioni, sballottandola tra alti e bassi, facendola sentire a volte capace di toccare il cielo con un dito, altre uno schifo. Era felice di non somigliare alle altre ragazze, si diceva. Le guardava, osservandole, come si fa con gli animali allo zoo, in piedi dietro ad un vetro resistente. Si muovevano quasi sempre in branco, avevano tutte un tono di voce piuttosto acuto e ridevano, a volte arrossendo. Avevano i capelli ordinati, raccolti in una treccia o sciolti sulle spalle, così lucenti che quasi pareva emanassero luce propria. Weedy era contenta di non dover anche lei dire cose divertenti per far ridere tutto il branco o di non avere pettegolezzi da scambiarsi come se fossero figurine da collezionare. Eppure, qualche volta, non poteva fare a meno di chiedersi come sarebbe stato essere una di loro. Condividere i propri segreti, ridere di stupidaggini e poi sentirsi un po’ sciocche per averlo fatto. L’adolescenza della piccola Mortimer era un susseguirsi di contraddizioni ed incoerenze. C’erano giorni in cui bramava con tutta sé stessa per un misero raggio di sole sulla pelle, altri invece in cui avrebbe scambiato tutti i suoi giorni di sole per un singolo giorno di pioggia. Doveva ancora capire molte cose di sé stessa e forse sedici anni era l’età giusta per farlo. Capire cosa le piaceva e cosa no, cosa voleva tenere del suo carattere e come smussare gli angoli su cui c’era da lavorare. Era questo il motivo che l’aveva spinta ad iscriversi a quella serata, l’incoerenza. Infondo, si era detta, era sempre stata da sola. Provare non costava nulla, giusto? E forse, un pochino, ci aveva pure sperato. « Già Eeee questo è quello che dicono tutti i single a San Valentino » Weedy roteò gli occhi, infilando i cioccolatini e i fiori dentro la borsa sulla quale aveva applicato un incantesimo di estensione irriconoscibile. Sistemò tutto con estremo ordine, infilando l’intero braccio dentro alla tracolla, attenta a non far cadere nulla. « Lo direi anche io, se non fosse che sono sempre troppo fatto, per sapere che giorno è » «Lo sei anche adesso, Tux?» Si era sistemata la borsa sulla spalla, per poi incrociare le braccia al petto, fissando il fratello con tono severo. «Lo sai che non mi piace vederti in quel modo.» Alzò l’indice, prima che lui potesse ribattere, posandolo sulle labbra del fratello, per farlo rimanere zitto. «Non lo dico per farti la morale, per quella ci sono già mamma e papà. Lo dico perché non ho ancora capito quali colori potrebbero starti meglio e non saprei affatto come truccarti per il tuo funerale. Perciò, vedi di non raggiungere l’Antico prima del dovuto. Altrimenti ti riporto indietro e poi ti ci rimando io.» Il suo tono era serio, quasi minaccioso. Si era avvicinata di una spanna, fissando severamente negli occhi del fratello maggiore. Poi, come se qualcuno avesse premuto un pulsante, un sorriso apparse sulla sua bocca allargandosi da una parte all’altra del viso. Sventolò le ciglia un paio di volte, avvicinandosi ancora. «Tutto chiaro?» cinguettò come un usignolo. Si scostò di scatto, tornandosene nel suo spazio vitale, nel tepore di quella sua zona di confort che a lei piaceva tanto. Era un modo bizzarro per dirgli che non voleva perderlo, ma sperava che per questo Tux non mettesse troppo il dito nella piaga. Sapeva come lei la pensava sul parlare dei propri sentimenti. « Non..- non provo pena per te » Lo aveva messo in imbarazzo. Lo percepiva anche se non lo stava guardando. Il suo sguardo aveva virato in direzione dei pennacchi della Stamberga Strillante. Tra non molto sarebbe stata primavera e l’edera rampicante avrebbe scalato le pareti della casa, stringendola in un soffocante e quasi bramoso abbraccio. La voce di Tux era cambiata, segno che per una volta era riuscita a prenderlo in contropiede, prima di dargli il tempo di risponderle con una delle sue frasi sarcastiche. « Volevo solo..Passare del tempo con te, immagino » Weed sbattè le palpebre, facendo cadere lo sguardo sulla punta delle sue scarpe. Le faceva piacere sentire quelle parole uscire dalla bocca di suo fratello. « ..Davvero nessuno ti ha regalato niente per San Valentino? » La Corvonero rispose con una leggera alzata di spalle. Le dispiaceva? Forse, ma non ne faceva una questione tanto grande. C’erano cose peggiori nella vita, sicuramente. « Allora dovevo regalarti una coppa gigante di gelato, mi sa... Non è che mi scoppi a piangere dal nulla, eh? » Fu solo a quel punto che la ragazzina alzò il braccio, sferrando una leggera gomitata all’altezza delle costole del fratello maggiore. «Ti piacerebbe, mhm?» Commentò. Aveva il tono leggermente divertito. Roteò gli occhi alla sua affermazione successiva. Non pensava che i ragazzi del castello non capissero nulla. Ok, per lei molte persone in generale erano prive di intelletto, ma non le importava molto se i ragazzi la invitassero o meno. «Non ho bisogno di essere consolata, Tux. Riesci ad essere piuttosto irritante a volte, te l’ho mai detto?» Si voltò verso di lui, arricciando le labbra in un sorriso sghembo, il tono da saputella. Certo che glielo aveva già detto. Era probabilmente la frase che gli diceva più spesso. Non era arrabbiata e sperava che il fratello se ne stesse rendendo conto. Non si sottrasse alla vicinanza di Tux, neanche quando questo le avvolse un braccio intorno alle spalle. Era abituata al contatto di Tuesday, complice il tempo che avevano passato insieme fin da piccoli, quando lei era una bimba dai capelli argentati che cercava in tutti i modi di inventarsi dei giochi per costringere un bimbo dalla pelle pallida a stare con lei. Non era raro che cercasse la sua compagnia, anche di notte, quando i temporali le facevano paura e i tuoni risuonavano per tutta la tenuta, facendo vibrare le finestre della sua stanza. « Ti va di entrare? Dicono sia tra i luoghi più infestati
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    d'Inghilterra. Dopo casa nostra, ovviamente.. »
    Weedy alzò lo sguardo sulla facciata della struttura, soppesando la proposta del fratello. « Mi mancavi, sai? » Percepì le labbra di Tux premere contro la sua guancia e sentì il sangue affluire proprio lì dove lui aveva creato quel contatto. Si voltò verso di lui, quasi di scatto, meccanicamente, osservando i suoi occhi chiari e rispondendogli con un piccolo sorriso. «Anche tu mi sei mancato. Ma adesso non mi diventare sentimentale, chiaro?» Piegò in parte la testolina, quasi a volerlo rimproverare, scherzando. Solo allora mosse qualche passo, cominciando a percorrere il sentiero che li avrebbe portati all’ingresso principale. « Perchè non stiamo più insieme come prima? » Quella domanda la colse alla sprovvista. Era chiaro fin da subito che fosse presente, che aleggiasse nell’aria come un qualcosa di impossibile da vedere ad occhi nudi, ma della quale se ne percepisce la presenza pressante. Rimase in silenzio, poggiando la mano sul pomello arrugginito dell’ingresso della casa spettrale. Si voltò verso il fratello con estrema lentezza, come se quel tempo le servisse per concretizzare un pensiero preciso. «Non lo so.» se ne uscì infine, con una sincerità disarmante che per un attimo la lasciò senza fiato. «Non lo so e mi dispiace, Tux. Forse semplicemente stiamo crescendo.» Strofinò i palmi delle mani sul cappotto, stringendosi leggermente nelle spalle. «Era pià facile quando eravamo bambini. Adesso c’è la scuola, i compiti. E tu sei impegnato a correre dietro alle ragazze. O ai ragazzi, ovviamente. Io non ti giudico!» lo civettò, sorridendo, ripetendo la frase che anche lui gli aveva detto poco fa. Cercava di smorzare la tensione, riuscendoci in modo pessimo. «A proposito.. Maddie Carrow, mhm?» Lo fissò negli occhi cerulei, l’espressione piuttosto seria. «E come è andato il vostro appuntamento?» La buttò là come una domanda come tante, sforzandosi di fingere che non le importasse quando la verità era palesemente il contrario. Fu solo a quel punto che girò nuovamente le spalle al fratello per andare ad aprire la porta della Stamberga Strillante. Questa si spalancò in un lamento di cardini arrugginiti. L’interno era piuttosto buio. L’unica fonte di luce proveniva dai raggi del sole che si facevano spazio tra le assi inchiodate con le quali erano state sigillate le finestre ai lati della stanza. La Corvonero estrasse la bacchetta dalla tasca puntandola verso l’atrio della casa. «Lumus.» Una sfera di luce cominciò a brillare sulla punta della bacchetta. La ragazzina si rivoltò verso il fratello, in piedi sul portico, per poi tendergli la mano in un gesto che faceva sempre quando era piccola e desiderava portarlo a vedere qualcosa. «Allora? Non sarai diventato un fifone, mi auguro.» Un sorrisetto provocatorio apparse sul suo viso. Era il suo modo bizzarro per dirgli che gli era mancato.

     
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