Gioventù bruciata

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    L'ha vista in mezzo alla folla. Mentre rantolava, con il petto dolorante e i colpi di tosse che risuonavano tra le pareti della cassa toracica, un momento prima di scagliare lo Schiantesimo verso la Scamander, ha incontrato gli occhi di Led, tra quelli concitati, assetati di soldi, di sangue e di botte e per un attimo si è distratto. Una frazione di secondo che gli è stata fatale, quando il colpo dello Stupeficium della principessina l'ha raggiunto, colpendolo al braccio destro, lasciandolo rimbalzare all'indietro. Non sa se è svenuto o meno, eppure ha avuto come la percezione di aver perso qualche momento saliente, come se il suo cervello fosse completamente assente. Si è ritrovato così, con il retrogusto amaro della sconfitta sulla punta della lingua, con la voce tagliente e fastidiosa di Lily nelle orecchie, nel suo dargli appuntamento ad una possibile altra volta "se solo ce la farai a rialzarti". Il rumore assordante delle urla delle persone tutte intorno, chi troppo infuriato per aver perso una grossa vincita, chi fin troppo contento per aver ottenuto, d'altra parte, un bel gruzzolo. Ci credo, chissà a quanto l'hanno quotata la vincita della bionda, si ritrova a pensare, mentre tossisce e si raggomitola di lato, nella sfida che, al momento gli pare impossibile, di alzarsi in piedi senza crollare a terra nuovamente. Si mette prima a sedere, appoggiando un braccio al ginocchio, mentre l'altra mano tasta il pavimento intorno, alla ricerca della bacchetta. Quando la trova, prova a castarsi un paio di incantesimi rigenerativi, che non sortiscono effetto, debole com'è. Vaffanculo, pensa passando dalla posizione seduta all'inginocchiarsi, con smorfie che gli distorcono il volto e con la testa che gira come una trottola imbizzarrita. Alla fine, non sa bene nemmeno quanti minuti siano passati - di certo più di cinque, potendo constatare la presenza sul ring di un'altra coppia di sfidanti di cui non riconosce i volti. Sbatte le palpebre e si alza, con l'aiuto delle mani poggiate sopra le ginocchia e tossisce di nuovo, un paio di volte, con la gola piuttosto inaridita, mentre va alla ricerca della giacca di pelle, buttata lì, da qualche parte, poco prima dell'incontro. Al suo interno, infatti, sa per certo di poter trovare ciò che gli serve per riprendersi completamente: una boccetta di Essenza di Dittamo che ha sempre con sé, per ogni evenienza, vista la sua inclinazione naturale alla professione futura da medimago. Tasca la tasca interna, fin quando non riconosce il profilo familiare del contenitore, dà le spalle all'incontro e ne butta giù qualche sorso, sentendosi subito, effettivamente meglio. E' solo quando non sente più la testa girare e le tempie ridurre il loro pulsare martellante, che si volta di scatto verso la folla, lì dove ha visto Led. Non pensa che possa essere stata un'allucinazione di qualche incanto scagliato da Lily, ma è abbastanza certo che quell'incosciente sia ancora lì, da qualche parte. Come un segugio, prende a muoversi, sbattendo contro quella e l'altra spalla, senza chiedere mai scusa ma attirandosi dietro non poche bestemmia, alla quale lui nemmeno risponde. Fa il giro, intorno al cerchio illuminato, con gli occhi azzurri che saettano nella penombra di quell'ambiente dall'aria carica di fumo, odore di alcol, di sudore e sangue. E alla fine, la vede di spalle, i lunghi capelli biondi - che non passano proprio inosservati dato il loro candore che contrastano così facilmente con l'atmosfera circostante - e non ci pensa due volte prima di fiondarsi su di lei, come un animale rapace che adocchia la sua prede. Le stringe l'avambraccio destro, sperando di spaventarla a tal punto da farla sentire in pericolo. Perché in un posto del genere un agnellino come te è succulento. « Che cazzo ci fai qui? » Le urla a pochi centimetri dal volto, non appena i loro occhi chiari si incontrano e lei ha la possibilità di vedere quanto sia arrabbiato. Di certo, non tutta l'ira che scorre nelle sue vene è provocata da quel suo comportamento irrazionale e sconsiderato; la parte più consistente infatti si è andata creando sopra la bruciante sconfitta appena subita. Il suo ego è ferito, così convinto di aver avuto la meglio per la maggior parte del tempo. E invece.. « Forza! » Le lascia il braccio, non appena si accorge di star ancora lì, ancorato ad esso, per poi prendere a camminare verso l'uscita di quel posto, con le narici che si dilatano appena non appena qualcuno lo schernisce con qualche parole di troppo. "Vedrai che andrà meglio la prossima volta!" "Certo che essere battuto da una ragazzina che tra un po' ti intrecciava i capelli con i fiorellini come incanto.." La mano si porta istintivamente all'altezza della giacca, lì dove, nella tasca destra, c'è il suo fidato tirapugni. Ne riconosce i lineamenti da sopra la stoffa fredda e valuta, ad ogni occhiata di troppo, se far partire una rissa, lì, seduta stante. Ma l'idea di avere la gemella lì, alle sue spalle - controllando di tanto in tanto che sia ancora lì, pronta a seguirlo - lo fa desistere e alla fine l'aria fresca di quella nottata lo investe. La pelle del viso, sicuramente ancora martoriata, sembra essere grata di quella pungente brezza che si posa
    su di essa. « Ora tu mi devi dire che ci facevi in un posto del genere. » Dopo qualche minuto di silenzio, qualche respiro profondo e anche qualche esercizio di autocontrollo, Zip si volta verso la gemella, con entrambe le mani ai fianchi, in una sua classica posizione d'attacco. Non se ne capacita. Il pensiero che anche lei venga lì per prenderle di santa ragione, come Azura, lo sfiora appena, ma lui cerca di scacciarlo, sapendo bene che altrimenti la curva della sua incazzatura ripartirà a razzo verso l'alto. « Come fai a conoscerlo? » C'è una fredda pacatezza a serpeggiare nel suo tono della voce. C'è una gelida irrequietezza a bloccargli i lineamenti del viso, che scattano, nervosamente, andando a smuovere le articolazioni della mandibola in maniera evidente. « Ti prego dimmi che non hai mai combattuto. » Una perentoria supplica, quella, che tradisce il fastidio che sta provando in quell'istante. In fondo è sempre stato questo il compito che Zip si è sentito di dover ricoprire per lei e per la restante parte della sua famiglia: quello di un padre che tenta, come meglio può, di proteggere, custodire e tenere al sicuro quanto di più prezioso ha. Si porta una mano a coprirsi gli occhi, con le dita che stropicciano gli occhi stanchi. « Sarebbe carino avere una risposta entro oggi. » La fissa, prima di sospirare e rimettersi di nuovo in moto, sapendo bene di dover uscire prima possibile da quell'intricato reticolo di stradine che è Nocturn Alley. Un posto che conosce meglio di quanto gli piacerebbe dire, visto il suo vissuto in quei vicoletti, e allora vuole allontanarsene, quanto prima. « Non è sicuro gironzolare in questa zona di normale, figuriamoci a quest'ora. » Si sente di doverla ammonire, svoltando finalmente verso l'ultimo angolo che li riporta, grazie ad una viuzza decisamente più illuminata, verso Diagon Alley. L'aria sembra alleggerirsi velocemente, man mano che la luce delle fiaccole ricompaiono e sembrano brillare più intensamente, dentro i lanternini antichi che aleggiano sopra le loro teste. « Pensavo non ci fossero certi segreti tra di noi. » Se ne esce allora, lanciando un'occhiata alla gemella nell'alludere a quel rapporto simbiotico che, volente o nolente, si instaura con un legame come il loro. « Invece quante cose ci sono che non mi dici? »
     
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    Il perchè una come Led Alice Trambley si trovasse in un posto del genere, non era chiaro a nessuno. A vederla, di fatti, riusciva a stonare in quel luogo in una maniera così lampante, da risultare quasi addirittura inverosimile. Coi lunghi e mossi capelli color oro, e quella veste bianca a fiorellini rosa, a mettere ancora più in risalto una pelle già di per sè diafana, Led Trambley sarebbe stata capace di esser intravista persino da un cieco, nella sera di una Nocturn Alley particolarmente tenebrosa, quell'oggi. « Ti sei persa, tesoro? » Una voce che sembra avere del metallico, sibila attraverso i suoi pensieri, mentre una Led piuttosto confusa, gira su sè stessa come una trottola, per trovare una via di fuga in mezzo a quelle stradine buie che le sembrano ormai tutte uguali, già da un bel po'. « No » Risponde, lo sguardo ceruleo che setaccia ancora un po' davanti a sè, prima di rigirarsi verso il suo inaspettato interlocutore. Non riesce a decifrarne i lineamenti del viso, vista la scarsa luce, ma non se ne cura più di tanto, stringendosi nelle spalle e sospirando. « Perdermi presupporrebbe che io sappia dove sono diretta » La sua voce è pacata, in un'altra dimensione, come sempre. « Ed io non ne ho idea. Potrei essere sul sentiero giusto, come anche non esserlo. Chi lo sa? » Soffia, lasciando svolazzare nel nulla un ciuffo di capelli ribelle. « ..Simpatica » Commenta lo sconosciuto, facendosi più vicino. A quella distanza ravvicinata, Led riesce a decifrare un minimo della sua persona. Alto, almeno il doppio di lei, forse sulla trentina d'anni, o anche di più. « Grazie » Risponde, in uno squittio « Allora, se non hai neanche una meta, cosa ci fa quì, un fiorellino come te? » « In realtà, non lo so nemmeno io » Mormora, Led, calando lo sguardo, quasi alla stregua di una bambina colta con le dita intinte nella marmellata. Ed in effetti è vero, non lo sa nemmeno lei. Ha sentito voci, su quel posto, e su suo fratello. Voci che non le piacciono nemmeno un po'. « Immagino io stia cercando mio fratello. Forse- » Alza lo sguardo sullo sconosciuto, un piccolo broncino a piegarle le labbra carnose verso il basso. « -o forse no » Spero di no. « Tuo fratello, ma certo! Io so dove si trova » « Davvero? » Piega la testolina di lato, Led « Che strano, io non ti ho mai visto prima d'ora... » Ed a questo punto, una qualsiasi mente dotata di una razionalità normodotata, porterebbe il suo possessore -o posseditrice in questo caso- a farsi una o due domande, circa le buone intenzioni del nostro sconosciuto in questione. Ma, cari amici miei, siccome è di Led Trambley che stiamo parlando.. « Beh, allora grazie! Che gentile » Cinguetta, con un sorriso, le braccine esili riposte dietro la schiena, con le dita delle mani intrecciate tra loro. « Da che parte si va? » « Figurati cara. Seguimi »
    Come abbia fatto a salvarsi, non ve lo saprebbe nemmeno dire. Perchè in fin dei conti, come si ci può salvare da una qualche minaccia, se non ci si è mai ritenuti effettivamente in pericolo? Fatto sta, che dopo qualche minuto, Led si era distaccata dal suo benefattore, ritrovandosi invece a trotterellare dietro due o tre ragazzi dai visi conosciuti. Collegiali come lei, probabilmente. « Zip? Zip Trambley? » « No, non mi sembra di averlo mai visto. Ma è difficile talvolta, distinguere le facce, quì » « Quì? Davvero? » Aveva risposto una Led particolarmente confusa. La realtà che suo fratello si trovasse davvero in quel posto, le sembrava sempre più lontana. Forse era stato solo uno scherzo. Forse avevano scambiato qualcun'altro per lui. Dove, poi, non lo aveva nemmeno capito. « Ma non c'è nessuno.. » Era infatti stranita mentre, a seguito di quelle due facce conoscenti, si aggirava tra i tavoli vuoti e maleodoranti della Mano Monca. Non c'era mai stata, in un posto come quello. Ed era più che sicura che a Zip, l'indomani, non avrebbe dovuto fare neanche un accenno di tutta quella situazione. Era più che sicura infatti che, nonostante fino ad ora non si fosse trovata in chissà quali disagi -beata innocenza, è il caso di dire!- suo fratello non l'avrebbe presa granchè bene, quella sua permanenza in un posto del genere. Ma ciò che le importava più di ogni altra cosa, dopotutto, è che nulla di quanto aveva sentito fosse reale. Zip si trovava quasi sicuramente in chissà quale stanza di chissà quale fortunata -e odiata- collegiale, in quel momento, e se lei stava comunque insistendo nel seguire quei due compagni sul retro del locale, era più per non deluderli, vista la loro disponibilità. Mica perchè lo sentiva ancora dentro, nonostante tutto, quel senso di inquietudine. Come se qualcosa non fosse al suo posto.
    « Ragazzi » Borbotta dunque, in un sospiro, scuotendo la testa per scacciar via quella fastidiosa sensazione. Sono già giunti sul retro, e se Led fosse un po' meno..beh, Led, si sarebbe già accorta della situazione. « Promettete che non direte nulla, domani, a mio fratello? » « Non preoccuparti » Le risponde il più alto dei due, alzando la voce, visto il chiasso di quella che, voltandosi solo in quel momento, Led riconosce come una folla urlante. « Ma tu che mi dai in cambio? » Ma non lo sente nemmeno, la bionda, lo sguardo ormai fisso su quell'ammasso pullulante di persone. « Sì, sì » Risponde sovrappensiero, iniziando ad avanzare « Aspetta, Led! » « E' pericoloso! » Ma Led è già bella che andata mentre, sfruttando la sua corporatura minuta, cerca di crearsi spazio tra la gente. Ed è di nuovo quella strana sensazione, ad assalirla. Di nuovo quel senso di irrequietezza, di pericolo, mentre avanza. Si sente agitata, col respiro che le manca, le pupille dilatate dalla paura. E quando infine lo vede, il mondo sembra fermarsi. Ogni cosa si blocca, mentre tutto tace, all'improvviso. Non se ne cura più delle urla a suo fianco, così forti da penetrarle i timpani. Non le importa di questa o quella gomitata. Di quelle spinte distratte ma violente che minacciano di farla cadere da un momento all'altro. Lui è lì. E lo è davvero. « Zip! » La sua vocina sottile non riesce ad oltrepassare nemmeno il primo strato di quel caos. « Fatemi passare! Zip! » Ma la folla la ingloba, spingendola prima da una parte, poi dall'altra, impotente. Ed è proprio in quell'impotenza che lo vede, sbalzato verso dietro da un lampo scarlatto. Urla, Led, le mani che si poggiano davanti alla bocca. Una paralisi temporanea, dovuta dallo shock, che le costa una gomitata più forte delle altre, nell' esultanza della ressa, proprio in pieno viso. E cade verso dietro dunque, Led, il vestitino bianco che si sporca di quel terriccio sudicio.
    « Che cazzo ci fai qui? » E' rimasta lì a terra per un tempo che non sarebbe capace di definire. Gli occhi velati dalle lacrime, le ginocchia strette al petto. Lì, dimenticata da una folla fin troppo attenta a quel vile spettacolo, è riuscita ad alzarsi solo dopo un po', ed ora Zip le è di fianco. Non riesce a decifrare da quanto tempo, mentre le immagini si susseguono attraverso i suoi occhi in maniera troppo veloce e confusa. La testa le rimbomba, e solo la stretta ben salda del fratello al suo braccio, la fa tornare coi piedi per terra. Almeno per un po'. « Mi fai male! » Dice, d'istinto. E non è in realtà un dolore fisico tanto insopportabile, quello -seppur la presa del gemello sulla sua pelle morbida sia piuttosto serrata- quanto più una sofferenza dovuta alla sorpresa di vedere un simile atteggiamento da parte sua nei propri confronti. D'altra parte, le volte in cui potrebbe affermare di aver visto Zip Trambley arrabbiato, e arrabbiato con lei, durante la sua esistenza, sono così rare da non ricordarle nemmeno. E' dunque là che resta Led, immobile, limitandosi a massaggiare il braccio offeso con l'altra mano libera, quando lui decide di lasciarla andare. Sguardo basso, ancora appannato dall'ombra di qualche lacrima, labbra rivolte verso il basso, in un broncino. « Ora tu mi devi dire che ci facevi in un posto del genere. » La incalza di nuovo lui, una volta oltrepassato lo squallore di tutto quel posto. L'ha seguito mestamente, Led, le manine riposte sulla gonna del vestitino ormai sporca, per non farla svolazzare. IO? Io devo dirti cosa ci facevo in un posto del genere? E tu, Zip? TU? Urla, rabbiosa, una vocina nella sua testa. Ma Led tace, senza alzare lo sguardo. Si è ammutolita già da un po'. Un'abitudine, quella, che si porta dietro sin da piccola, quando le situazioni si rivelavano troppo più grandi di lei. « Come fai a conoscerlo? Ti prego dimmi che non hai mai combattuto. » Scuote la testa, i capelli che le ricadono davanti al viso.
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    « Sarebbe carino avere una risposta entro oggi. » « No » IO non ho mai combattuto. IO non rischio di farmi ammazzare come se non avessi niente da perdere. « Non ho mai combattuto » Risponde soltanto, mentre sgusciano via dalle viuzze buie di quel posto, per sbucare in un'atmosfera assai più confortante. « Non è sicuro gironzolare in questa zona di normale, figuriamoci a quest'ora. » Continua a non rispondere, ma continua a sentir dentro una sensazione che non le piace. Brucia, tremendamente. E più la reprime, più il petto le sembra voler collassare. « Pensavo non ci fossero certi segreti tra di noi. Invece quante cose ci sono che non mi dici? » Ed è a quel punto, che qualcosa si spezza.
    « Quante cose ci sono che non ti dico, io, davvero? » E dapprima è rabbia. Così sconosciuta, per una come lei, da che ne abbia memoria costantemente tenuta sotto controllo da questo o quel farmaco. Adesso che la sente, lì, scorrere così pericolosamente tra le proprie vene, appura quanto possa farle schifo. Ma non riesce a tenerla da parte. « Ti ho appena visto farti quasi ammazzare in..Non so nemmeno cosa diavolo sono! » Sentire la propria voce ad un livello così alto le fa strano, da sempre abituata a parlare così piano, da non esser udita a primo colpo, la maggior parte delle volte. « Combattimenti clandestini? Suicidi assistiti? Cosa!? » E dicendo ciò le braccia si protraggono in avanti, d'istinto, per dargli una spinta verso dietro, in pieno petto. Probabilmente non lo sposterà di un solo centimetro, vista la sua scarsa forza e la corporatura più che minuta, rispetto a quella del fratello, ma al momento poco le importa. E sa anche che si sentirà tremendamente in colpa per quella reazione, tra qualche istante, ma per ora, non riesce a concentrarsi su null'altro che non sia quella rabbia rimontante, dentro. Si sente pronta al collasso. Così pericoloso, vista la sua natura. E allora prende a respirare, profondamente, cercando di ricordare gli insegnamenti che Zip stesso le ha dato, tutte le volte -rare, ma non per questo meno letali- che ha rischiato di tramutarsi. « Ti ho visto ribaltarti dall'altro lato della strada, sotto quell'incantesimo, prima.. » Mormora allora « Avresti potuto farti molto male, o persino.. » Non lo vuole dire, per non lasciare esplodere quelle lacrime che adesso premono pesantemente, per fuoriuscire. « Perchè lo fai? » Lo fissa, adesso, dritto negli occhi. « Chi rischia così tanto di solito non ha nulla da perdere » Poi riabbassa lo sguardo, mordicchiandosi il labbro inferiore, nervosamente. « Non sono abbastanza, per te? » Pausa. « E' colpa mia? Ho fatto qualcosa di sbagliato? »
     
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    « No. Non ho mai combattuto. » Prova sollievo nel sentire quelle parole. E' giusto una frazione di secondo, ma si sente più leggera al pensiero che nessuno abbia avuto effettivamente la possibilità di farle male. Riconosce in quel suo atteggiamento un ragionamento sbagliato di fondo, l'ha sempre visto quell'elefante ingombrante in mezzo alla stanza senza mai davvero dargli importanza. Ma ora eccolo di nuovo lì. Lui si è troppo a lungo sentito padre di Led per riuscire effettivamente a ridimensionarsi a semplice figura fraterna. Non che sia fuori dal comune che un fratello si preoccupi al pari di un padre, ma lui si sente ancora in dovere di tenerla d'occhio, di darle delle regole, dei limiti nelle quali potersi muovere ed è guardandola negli occhi, di sfuggita che si rende conto del perché: Led è fin troppo buona per il mondo. E anche fin troppo ingenua. Chissà come cazzo ci sei arrivata alla Mano Monca. L'apprensione nei suoi confronti è dovuta al fatto che sua sorella, fin troppo spesso, si ritrova a seguire i suoi paesaggistici immaginari mentali, distaccandosi completamente dalla realtà, per poi cacciarsi in qualche guaio proprio nella stessa, senza nemmeno accorgersene. Deve essere sicuramente più allettante vivere con la testa tra le nuvole, così da dimenticare qualsiasi stronzata terrena, eppure se da una parte è felice che lei riesca a vivere in un mondo completamente suo, dall'altra è certo di doverla sorvegliare mentre lei è, appunto, altrove. Perché, anni addietro, lui ha deciso che quello è il suo lavoro, il suo dovere, il suo onere e non riesce a fidarsi di nessun'altro, neppure delle loro madri, seppur siano effettivamente, a tutti gli effetti, apprensive quanto lo è lui. « Quante cose ci sono che non ti dico, io, davvero? » Non è cosa frequente percepire nella voce della bionda quella punta stridula che la fa risultare nel bel mezzo di uno strozzamento. E' rabbia, la conosce Zip, per quanto non sia abituato ad incontrarlo, seppur chiaramente, ne sia stato il maggior bersaglio, in passato. In fondo, per quanto gemelli, per quanto sia stato il tempo condiviso nello stesso utero, Led e Zip sono sempre stati diametralmente diversi. Opposti. L'una la faccia contrapposta della medaglia dell'altro. Ed era forse in quei unici momenti in cui il ragazzo riusciva a rivedere una parte di sé in lei. Se prima era pronto a rimettersi in moto, per uscire il prima possibile da Diagon Alley, ora lui si ferma, sul posto, roteando gli occhi verso il cielo senza farsi vedere da lei. Solo per non ferirla. « Ti ho appena visto farti quasi ammazzare in..Non so nemmeno cosa diavolo sono! Combattimenti clandestini? Suicidi assistiti? Cosa!? » Che cazzo ti urli? E' un cazzo di club segreto, porca troia. Tanto vale che metti gli annunci a festa, no? La sua voce si alza di qualche ottava e si inasprisce nel momento in cui allunga le braccia verso di lui per dargli probabilmente una spinta, all'indietro. Ma lui rimane fermo, impalato, non le dà alcuna soddisfazione se non il guardarla con il suo sguardo pieno di vampate di rabbia e la mandibola stretta che fa capire quanto sia infastidito da tutta quella situazione. « Ti ho visto ribaltarti dall'altro lato della strada, sotto quell'incantesimo, prima..Avresti potuto farti molto male, o persino.. » La fissa cercando di respirare, cercando di diradare tutta quella coltre scarlatta che si è andata condensando davanti ai suoi occhi. « Ti prego, Led, puoi essere più melodrammatica di così? » Si ritrova a commentare, tagliente e affilato come è sempre abituato a fare quando qualcuno prova a metterlo alle strette, costringendolo con le spalle al muro. « No perché veramente, se ti è caratterialmente possibile esserlo, risparmiamelo che ne ho abbastanza di ridicolate per questa sera. » E' ancora
    incazzato nero per come sia finito l'incontro. Il suo orgoglio da maschio alfa ne è uscito sconfitto ed è costretto pure a sentirsi la ramanzina della gemella a conclusione di tutto, come se già il resto della serata non fosse stata già abbastanza una merda. « Cosa? Cosa pensi che sarebbe potuto succedere? Che sarei morto ammazzato? Ma come ragioni? Chi mai parteciperebbe ad una roba del genere? » L'accusa a sua volta mentre capisce di non poter più tenere le redini salde intorno a quella nube, ormai fisicamente presente e non più soltanto un'idea fumosa, di ira drammatica che vuole inghiottirlo nel suo vortice asfissiante. « E' un club privato e segreto e c'è un motivo se è così. » Perché non è un posto per tutti. « Ma non si muore. Non è ammessa nemmeno la Magia Oscura. » Spiega la questione, abbassando notevolmente la voce, per poi guardarsi intorno, per paura di essere udito da qualcuno. « E ti devo davvero ricordare che cosa studio, mh? In cosa mi sto specializzando? Che magia so padroneggiare? Con cosa vado sempre in giro? » La continua a bombardare di domande, fin quando non tira fuori la boccetta di Essenza di Dittamo dalla tasca di pelle lasciando che la luce di un lampioncino chiarifichi il concetto per lui. E come velocemente l'ha tirata fuori, così la rimette in tasca. Scrolla la testa, amareggiato da quella mancanza di fiducia totale da parte della sorella. « Perchè lo fai? Non sono abbastanza, per te? E' colpa mia? Ho fatto qualcosa di sbagliato? » Eccola la botta finale. Fortuna che ti ho chiesto di smetterla di dire stronzate altrimenti chissà cosa sarebbe uscito fuori dalla tua bocca. Si porta pollice e indice della mano destra a stropicciarsi gli occhi, in un vano tentativo a calmarsi. Perché è in situazioni assurde come queste in cui si ritrova a domandarsi che cazzo ha fatto di male per meritarsi tutta la merda che la vita gli ha spalato addosso, dal primo giorno in cui i suoi occhi si sono aperti sul mondo. « Ma tu credi davvero che io sia un pazzo suicida? Che, non so.. non vedo l'ora che qualcuno mi ammazzi perché non avrei i coglioni di piantarmi un proiettile dritto nel cervello, se solo lo volessi? » Per un momento, ha un flash, come se quella conversazione l'abbia già intrapresa con qualcun altro. Forse Win, si ritrova a pensare, ricordando il loro battibecco al San Mungo. « Che cazzo c'entri tu in tutto questo? Spiegamelo. » Perché devi fare sempre e comunque la bambina? Non lo dice, ma lo pensa. Un pensiero frustrante che gli fa male su più fronti, nello stesso momento. Scuote la testa, evidentemente adirato nello stringere un pugno su se stesso, con forza. « Io vado al Pulse perché ne ho bisogno. Perché mi porto dietro da tutta una vita una tale rabbia che non posso nemmeno descrivere a parole. Che mi logora dall'interno e che devo canalizzare, in qualche modo, altrimenti sì che mi ritroverai ammazzato, da qualche parte. Perché sarà lei a farmi fuori. » Scrolla le spalle, così come scrolla la testa mentre prende a ciondolare sui piedi, piuttosto nervosamente. « Che ti sia chiara una cosa: ci tengo troppo a me stesso per farmi fuori. Per andare a cercare dei modi creativi per morire o qualsiasi altra cosa tu stia pensando in questo momento. La mia vita, ora, mi piace e anche tanto. » Perché ho lottato per essa, con le unghie e con i denti. Perché me la sono guadagnata a forza di dare testate contro questo mondo di merda. Si rende perfettamente conto di quanto possa risultare egoistica quella frase, eppure sente di avere tutto il diritto di metterla in chiaro, dopo aver passato una vita intera a mettersi sempre al secondo posto rispetto a chiunque della sua famiglia, Led in pole position. « E non te lo permetto.. » scuote la testa, categoricamente, tirando su con il naso per il nervoso. « No, non ti permetto di dire che non sei abbastanza da farmi desiderare di vivere. No, non dopo l'aver fatto altro che questo in vita mia: vivere per te. » Sibila fuori con sdegno e rammarico, con una tale frustrazione da sentirla presente lì, come persona fisica. In quell'istante vorrebbe avere anche solo uno degli avventori del Pulse, lì, tra le mani, per sfogare tutto quell'aumento improvviso di adrenalina pompata nelle vene. E si sente vulnerabile, attaccato persino dalla sua stessa sorella. Si passa allora le mani a seguire il profilo delle labbra, con veemenza. « Non dopo aver passato la vita a dimostrarti il contrario. » Forse è questo a non essere abbastanza per te?
     
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2 replies since 1/4/2020, 12:07   102 views
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