Black Holes and Revelations

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1.     +2    
     
    .
    Avatar

    Slytherin pride

    Group
    Ricercati
    Posts
    2,563
    Reputation
    +2,283
    Location
    the void of metamorphoses

    Status
    Anonymes!
    Mi merito tutto questo, non è così? Una risposta a cui, Mun non era mai stata pronta a ricevere una risposta concreta. Al suo giro di disonestà ha sempre dato una spiegazione; lei, regina delle scuse, aveva pronta una spiegazione ben infiocchettata per qualunque mancanza. Ogni cosa era ordinata nella sua mente secondo una ration ben precisa, che non ammetteva né cambi di programma, né tanto meno accettava una dialettica più sopraffine della propria. Mun era la regina per antonomasia anche della dialettica, del dibattito; riusciva a tenere testa a tutto. La sua regola base era a qualunque costo, e infatti, negli anni, il suo essere talmente spregiudicata da non guardare in faccia nessuno, le aveva apportato il bollino di qualità della polemica per eccellenza. Tanto minuta quanto insensibile, tanto piccola quanto spietata. La sua lingua biforcuta era stata in grado di infierire nel tempo tanto contro avversari decisamente a lei inferiori, quanto contro suoi pari avversari. Di fronte a nulla si è fermata, anche quando era nel torto marcio. Eppure, questa volta, Mun non ha saputo dibattere, non ha avuto la prontezza mentale per reagire. Lo sguardo perso nel nero petrolio, aveva messo la sua mente nella condizione di ruotare al contrario - nel senso di una vera e propria involuzione. Così Fred si era sfogato, e lei l'ha sentito solo a metà. Almeno finché non ha avuto il tempo di rimuginare sopra le sue parole. Parole che, le erano tornate in mente tanto mentre sedeva al grande tavolo apparecchiato da Molly Weasley, quanto durante il tragitto verso casa. Non l'aveva presa bene, né aveva accettato tutto ciò che le era stato rivolto. Ma ciò a cui pensava sembrava essere riflettersi solo su se stessa; una forma di egoismo intrinseco che la portava a volgere lo sguardo apatico in direzione della sua dolce metà come se tentasse di ritrovare nella sua figura la descrizione che le era stata appioppata quel pomeriggio. Non è giusto. Questo non lo accetto. E di rimando la voce di Freddie tuonava nella sua testa con estrema rabbia le stesse quattro parole in croce, come se di quel discorso, della sua rabbia, avesse trattenuto solo ciò che le faceva più comodo. Non è giusto che di lui ti prendi solo gli aspetti belli e poi vieni da me a viverti quelli brutti! Prenditi tutto il cazzo di pacchetto!! Se solo non fosse stato estremamente inutile e patetico, avrebbe ripreso il giovane Weasley per le orecchie solo per dimostrargli per filo e per segno come lei, invece, tutto il pacchetto se lo era preso, eccome. Non accettava essere considerata superficiale, né gradiva il fatto che il rosso avesse insinuato che viveva con la testa tra le nuvole. Sarebbe stato tutto molto più semplice, se fosse stato come dici tu. Aveva poi tuonato mentalmente tra se e se, mentre giocherellava col cibo nel proprio piatto. Fred non l'aveva più guardato, neanche per un istante, per tutto il pranzo, e agli altri aveva rivolto risposte telegrafiche, pregando internamente che quel imbarazzo generale scomparisse. A sdrammatizzare ci avevano pensato in parte James, a tratti Charlie e a volte Siri, che, impegnato a farsi sputacchiare di tanto in tanto da Lily, a cui tentava di farle dire questa e quell'altra parola in maniera corretta, aveva spostato l'attenzione su qualcosa di decisamente più esilarante di una coppia di adulteri seduto allo stesso tavolo col povero ragazzo sedotto e abbandonato. Mun non aveva mai sentito Molly Weasley così distante come quel pomeriggio, né ricordava di aver mai ricevuto così tante occhiatacce dalla madre di Fred. Probabilmente certi asti sarebbero rimasti sempre lì, presenti, nonostante tutti si sforzassero di rendere la situazione il più normale possibile. La gran fortuna di quella famiglia fu, anche quella volta, il fatto che fossero così tanti che, già dopo un primo momento in cui tutti tentarono di parlare con tutti, si formarono i tradizionali gruppetti tematici. Mun era stata ben presto distratta da Ginny che, tentò in maniera sin troppo animata di far parlare tanto Albus che Mun, chiedendo loro di questa e quell'altra cosa. Di sottofondo, il continuo meravigliarsi del padrino più orgoglioso del mondo che esultava ad ogni parola che sua nipote pronunciava in maniera piuttosto sbilenca. Ha detto zio! Ha detto zio! James, hai sentito? E giù di battibecchi circa l'identità dello zio a cui la piccola Lily si riferiva.
    Messi i bambini a letto quella sera, Mun era scesa in cucina, adoperandosi con sin troppo entusiasmo nelle faccende di ordino post cena. Ancora abbattuta, e pensierosa, si rese conto di aver parlato poco e niente per tutta la sera. Non aveva prestato molta attenzione ai racconti di Jay circa il nuovo esperimento babbano di nonno Arthur, né aveva avuto troppa pazienza per i capricci di Lily. Si era mostrata involontariamente nervosa e fuori posto, finché non aveva dato il bacio della buonanotte ad entrambi i figlioletti, per poi ripiombare nuovamente in un giro di silenzio innaturale, specie dopo l'ultimo confronto che lei e la sua dolce metà avevano avuto. Più di una spada di Damocle sembrava pendere sopra le loro teste, a cominciare da quell'invito per il fantomatico Red Rum, passando per i loro problemi personali ancora in alto mare, e finendo crudelmente con i troppi segreti che Mun tentava di mantenere con una certa difficoltà. Ciò che aveva detto a Fred era vero; Mun si sentiva come se stesse tradendo Albus. Quel giro di segreti sembrava fare più male a lei di quanto non ne avrebbe fatto ad entrambi se solo li avesse semplicemente rivelati sin dal principio. Giorno dopo giorno, ciò che sapeva, pesava sul suo stomaco sempre di più come un macigno. Dovrei dirglielo; questo quanto pensa mentre lo osserva con la coda dell'occhio, prima di tornare a riporre i piatti nella lavastoviglie. Sto solo peggiorando le cose. C'è però un pezzo di storia che non può sottrarsi dal raccontargli. Qualcosa che è accaduto quel pomeriggio e che, una volta confinata la rabbia nei confronti di Fred, dettata dal puro egoismo, aveva capito non potesse fare a meno di riferirgli. L'incidente del giovane Weasley era stato quasi completamente eluso dalla sua mente subito dopo l'accaduto, ma poi piano piano, la sua esistenza si è materializzata in maniera violenta, portando con sé sin troppe preoccupazioni. Prima Albus, poi Fred; per non parlare dello stato in cui erano stati trovati i due sin eater crocifissi - un evento quello che, le avevano riferito alla bell'e meglio ma che nella testa di Mun aveva assunto una connotazione precisa. Lei e Albus ne avevano parlato molte volte dell'assenza di segnali da parte della Loggia. Un evento più che naturale, che tutti avevano relegato alla chiusura dei varchi. Che fosse una stranezza della loro natura, o qualcos'altro, Mun non seppe dirlo, ma a giudicare dai segnali che lei stessa sembrava aver ricevuto in quegli mesi, non si sentiva di escludere che dell'altro ci fosse in gioco. Ingannarsi e pensare che era tutto parte di una catena più che naturale era semplice, ma per lei, nulla di ciò che li riguardava era pressoché naturale. Non appena lo vide destreggiarsi col tabacco per rollarsi una sigaretta, la giovane Carrow allungò appena il nasino oltre il bancone, osservandolo con cautela. « Me ne giri una? » Gli chiese con naturalezza mentre si asciugava le mani. Prese due calici dalla credenza e stappò un buon Lagrein di annata pregiata, versandone un contenuto abbondante per entrambi. Anche in assenza di Albus a condividere quelle piccole abitudini acquisite nel tempo, Mun ormai, non andava a letto senza un bicchiere di vino e una sigaretta. Solitamente se lo gustava in solitudine, seduta in una sedia a dondolo presente sul loro porticato. Anche durante le notti più burrascose, lei si sedeva lì; beveva il suo vino, fumava la sua sigaretta e poi tornava di sopra per gli ultimi rituali prima di andare a dormire. Era la prima volta che lo includeva dopo tanto tempo in qualcosa che la riguardasse. Allungò infatti il calice sul bancone nella sua direzione, osservandolo con uno sguardo estremamente solenne, ma anche in un certo qual modo impaurito. Aveva paura di essere rifiutata, Mun, o in un certo qual modo scansata.. di nuovo. « Ti va di farmi compagnia? » Non attende ulteriormente e quindi, indossato un maglione sufficientemente pesante, oltrepassa la portafinestra del salotto, sedendosi sul dondolo presente sul porticato, attendendo che lui le passasse la sigaretta. Si portò quasi istintivamente il bicchiere alle labbra, mentre il giradischi, continuò i perenni lamenti musicali scelti da Mun quasi sovrappensiero. Quando è triste, Mun ricorre sempre agli stessi cerotti. Otis Redding rientra nei rimedi per cuori infranti.
    DB8prCm
    « Giornata.. particolare oggi. » Asserisce infine, sollevando un sopracciglio mentre volge lo sguardo verso l'orizzonte, oltre il loro giardino. Non sa nemmeno se stia effettivamente tastando il terreno o altro. Forse è solo uno dei soliti commenti sarcastici di Mun; un modo come un altro per tentare di instaurare una qualche forma di dialogo. « Di tutte le cose, questa non me l'aspettavo proprio. » Sbuffa sonoramente, bevendo un altro sorso di vino prima di ispirare con un certo nervosismo dalla sigaretta, gettando il fumo con altrettanta veemenza fuori dai polmoni. Il ritorno di Fred non se lo aspettava. In fondo però, risultava più strano aspettarsi il contrario. Quella è pur sempre la sua famiglia. Sono io ad essere un'intrusa; e per giunta, quella che lo ha incornato. « Ci ho parlato, prima che arrivassi. » Mun e Albus erano arrivati separati - giusto per sollevare ulteriori sospetti in merito alla serenità della famigliola perfetta. A dirla tutta in quel caso, nulla aveva a che fare con il loro problemi personali; più un problema di orari dovuti ai loro tirocini svolti dall'altra parte del mondo, su un'isola in mezzo al nulla. « Non lo so cosa mi aspettassi di ottenere. Immagino volessi tastare il terreno prima che vi trovaste faccia a faccia. » Si strinse nelle spalle mentre sollevava lo sguardo nella sua direzione. Bevve nuovamente, cercando di continuare quel racconto nella maniera più naturale possibile. Doveva pur raccontargli una storia coerenza, eludendo il fulcro del discorso - ovvero i decreti del Ministero, nonché chi aveva contribuito a renderli tali. « Ha reagito davvero di merda. » Mezza verità. « Mi sembrava giusto almeno provarci.. » Pausa. « ..voglio dire, non è che mi ha trattata male, o altro. E' stato molto tranquillo, però è abbastanza chiaro che non sono la sua persona preferita. » Tenta di calibrare le parole, Mun. Il più possibile. Non è tuttavia semplice prenderla così alla larga, quando si nuota in una vasca di squali. « E' successa però una cosa.. ad un certo punto. » Si inumidisce le labbra mentre compie una leggera pausa. Tenta di ricordare con precisione cosa è successo. Forse tenta di trovarsi l'ennesima scusa anche a quell'episodio. Non è stata colpa mia. Non è un peccato. Io non mi pento di tenermi questo segreto. Eppure, ciò a cui ha assistito, sembrerebbe dire il contrario circa il suo pensiero. « Albus.. Fred ha avuto un incidente. » Pausa. « Come il tuo.. alla tavola calda. » Si porta nuovamente la sigaretta alle labbra e scuote la testa. « E' stato.. non ci posso credere, davvero. Sembrava terrorizzato. Credo abbia bisogno di un po' di tempo.. per processare. Non credo gli sia già successo prima. Non da come ha reagito. » Anche io. Probabilmente tutti noi. Si passo istintivamente una mano tra i capelli scuotendo la testa. « Non so più cosa pensare. »



     
    .
  2.     +2    
     
    .
    Avatar

    Advanced Member

    Group
    Ricercati
    Posts
    1,867
    Reputation
    +2,294

    Status
    Anonymes!

    « PAPA'! Guarda guarda, io e nonno Arthur abbiamo fatto una spada!! » Albus non aveva fatto in tempo a mettere piede nella Tana che subito Jay gli era corso incontro, trotterellandogli intorno e tirandogli una manica per attirare la sua attenzione, seguito a ruota da una Lily barcollante che trillava parole incomprensibili. Con la fronte appesantita da una notte passata in bianco e una mattinata di lunga riunione tra Senior, Albus stirò un sorriso contro la stanchezza, prendendo in braccio la piccola e lasciandosi guidare dal biondino verso la postazione artistica di nonno Arthur. Si sporse per dare un bacio sulla guancia al vecchio, ringraziandolo a fior di labbra per aver intrattenuto Jay mentre lui non c'era. Ma le parole del bambino, tutto intento a illustrargli passo per passo la creazione di quella lama di cartone, sbiadirono presto in sottofondo quando gli occhi del ragazzo incrociarono dall'altro capo della stanza la figura di Fred Weasley e, in seguito, quelli di Mun. Due pianeti in orbita, che si muovevano all'interno dello stesso spazio con un'attenzione scrupolosa, quasi matematica, alle reciproche distanze. Se uno stava da una parte, l'altra quasi sicuramente si sarebbe trovata dalla parte opposta. Un vuoto andò a dilatarsi nello stomaco del moro, come se fosse stato lanciato da un'incredibile altezza e ogni suo organo interno stesse rispondendo a un cambio improvviso di pressione. « Ti piace, papà?? » Come uno schiocco di frusta, le iridi fosche del ragazzo lasciarono la presa sulla figura del cugino redivivo, tornando al viso del bimbo e ignorando del tutto lo sguardo di scrutinio che si sentiva addosso da parte di nonno Arthur. « Siete stati bravissimi. Mi piace un sacco. Ci giocheremo tantissimo a casa. » Lasciò che un sorriso si distendesse sulle sue labbra mentre aggiustava la posizione di Lily tra le sue braccia, sforzandosi di essere normale. Ormai era chiaro cosa quella festa rappresentasse, ed era anche abbastanza lapalissiano che molti sguardi sarebbero stati puntati su lui e Mun, timorosi e guardinghi. Non che per Fred fosse diverso: lui, in quell'equazione, sembrava essere il prigioniero in permesso, con una manica di secondini a tenerlo d'occhio come se da un momento all'altro dovesse prendere la via di una finestra e scappare tra i campi circostanti la Tana. « Albus!! Eccoti qui. Finalmente siamo tutti. » Si voltò nell'udire la voce di nonna Molly, andandole incontro col sorriso più sincero che avesse per stritolarla col braccio libero. « Tanti auguri, nonna. » Lo sguardo della donna si fermò sul suo volto, squadrandolo alla ricerca di ogni possibile reazione, di una qualsiasi informazione riguardo il modo in cui si sentisse. Una ricerca inutile, data la materiale impossibilità di mentire cui Albus era soggetto per via della propria abilità incontrollata. Il sorriso del ragazzo non si rifletteva in due iridi limpide, ma veniva piuttosto smorzato in maniera evidente da quel colore grigiastro che indicava con precisione quanto si sentisse a disagio. Le dita della signora Weasley andarono a posarsi leggere sulla sua guancia, lasciandovi una carezza. « Su, mettiti a tavola. Ho assegnato i posti. » Le labbra del ragazzo presero una lieve piega sarcastica nel risponderle. « Non avevo alcun dubbio. » Sapeva di non poterla trattare male apertamente, così come sapeva di avere ben poche ragioni per farlo. Fred era suo nipote tanto quanto lo era lui ed era solo giusto che condividesse i momenti in famiglia assieme a tutti loro; tuttavia non aveva gradito quel ritrovarsi di fronte al fatto compiuto, senza un minimo di preavviso. Ma in realtà non era neanche quello il problema. Cosa sarebbe cambiato se lo avesse saputo prima? Davvero poco, a conti fatti. In fondo al cuore sapeva, seppur preferisse ignorarlo, che il suo vero problema fosse la semplice presenza del rosso. Lui era lì, e respirava la stessa aria di Mun. Non importava quanto irrazionale fosse la sua gelosia, non poteva comunque far nulla per cancellare quella sensazione di fastidio che attanagliava il suo stomaco. Mise dunque a sedere i bambini prima di prendere posto lui stesso al fianco di Mun, lanciandole una veloce occhiata volta a sondare il suo stato d'animo. La mora era bravissima a dissimulare, e per tutta la sera diede sfoggio di quell'abilità in maniera magistrale, sebbene per Albus fosse piuttosto evidente l'irrequietezza che si celava dietro quei sorrisi affettati e gli sforzi di conversazione naturale con cui rispondeva a Ginny ed altri familiari. Ginny - povera donna. Probabilmente era più in imbarazzo di loro due messi assieme. Il secondogenito dei Potter aveva sempre trovato divertente quel modo in cui sua madre ostentava naturalezza nei momenti di disagio, ottenendo spesso e volentieri il risultato opposto; parlava più del solito, ponendo domande su domande per coprire i silenzi: commentava ogni piatto, scavava all'interno della propria stessa testa per trovare spunti di conversazione e cercava sempre di rivolgersi loro con dei palesi "e tu che ne pensi?" anche quando non era assolutamente necessario. A lei, faceva netto contrasto l'atteggiamento di nonna Molly, la quale sembrava volontariamente ignorare la presenza delle tre punte d'argento a quel tavolo. Si rivolgeva a loro solo se strettamente necessario, e per lo più evitava persino di guardarli - Mun in primis. Dal canto suo, Albus avrebbe voluto sprofondare nella propria sedia fin nell'oblio, ma dovette necessariamente stringere i denti e lottare contro il lento scorrere di quel pasto infinito. Di certo Angelina non aiutò, tutta tesa com'era a lanciare occhiate di disgusto verso la coppia e persino in direzione di Ginny; ogni qualvolta i bambini attirassero su di loro un po' di attenzione, sciogliendo i commensali in teneri sorrisi, la madre di Fred si voltava dall'altra parte, arricciando le labbra e prendendo un sorso di vino come disgustata. Un lento supplizio, quello di Albus, costretto a starsene in disparte e sulle spine all'interno della propria stessa famiglia, mentre molti dei convitati si davano al più becero benaltrismo ignorando del tutto la presenza di Mun. Ad un certo punto fu istintivo, per lui, allungare una mano sotto il tavolo per raggiungere quella di lei, intenta a torturare la stoffa dei propri abiti. Intrecciò le dita alle sue, stringendole appena nel lanciarle uno sguardo di sottecchi. Dopo la tavola calda, i loro rapporti avevano iniziato a distendersi, sebbene la normalità fosse ancora ben lontana. Le accarezzò dunque il dorso della mano col polpastrello del pollice, stirandole un piccolo sorriso che sperava potesse farla sentire meno isolata in tutto quel circo.
    Il tragitto verso Inverness fu piuttosto silenzioso, almeno tra la coppia. Ci pensò Jay, dal sedile posteriore, a chiacchierare tutto il tempo, proporre giochi per passare il tempo o cantare a squarciagola le canzoni imparate all'asilo mentre si dava il ritmo con calci al sedile di Albus. Solo nell'ultimo tratto il biondino sembrò quietarsi, quando il padre gli mise la pulce nell'orecchio del walkman con le cassette su cui erano registrate le sigle di tutti i cartoni animati. Sospirò sollevato, al silenzio che invase l'abitacolo. « Bisognerà darci un po' un taglio, con questi pranzi che si dilungano in cene. » disse dopo un po', per spezzare il silenzio. « Li agitano troppo. I bambini hanno bisogno di fare un riposino nel pomeriggio. Adesso per farli dormire ce ne vorrà! » Con gli occhi fissi sulla strada, si ritrovò a sollevare un sopracciglio con aria contrita. Se Lily era ancora troppo piccola, Jay cominciava a diventare ingestibile quando esposto a quel tipo di situazioni. Correndo di qua e di là, dietro a mille stimoli di altrettante persone, caricava il suo corpicino di un'adrenalina che risultava davvero difficile da estinguere una volta finita la festa. Nervoso e agitato, non la smetteva di muoversi e di parlare, il che spesso andava a tradursi in un rifiuto categorico di dormire. E infatti, se per Lily la stanchezza ebbe presto la meglio, non fu altrettanto semplice far prendere sonno a Jay. Il giovane padre fu costretto a far scivolare alcune gocce di melatonina nel bicchiere d'acqua del bambino, prima di metterlo a letto sotto la minaccia di requisirgli i dinosauri giocattolo. Al resto ci pensò Mun, lasciandogli il tempo di farsi una doccia prima di scendere al piano inferiore per fumarsi una sigaretta in santa pace, beandosi del meritato silenzio che aveva tanto agognato durante quell'interminabile giornata. « Me ne giri una? » Si limitò ad annuire, in silenzio, leccando la cartina e poggiando la sigaretta rollata sul davanzale prima di iniziare a preparare la propria. Completato il tutto, prese posto su una delle sedie del porticato, ringraziando Mun per il bicchiere di vino e prendendone un buon sorso prima di accendersi la cicca con un tocco di bacchetta. Inspirò a pieni polmoni, chiudendo gli occhi e abbandonandosi con la nuca contro la parete di legno. Silenzio. Finalmente. « Ti va di farmi compagnia? » Riaprì gli occhi, voltandosi quanto bastava ad incontrare lo sguardo ceruleo della mora e annuire. Non sapeva quanto tempo fosse passato dall'ultima volta che si erano semplicemente fatti compagnia. Mesi, probabilmente. Persino negli ultimi giorni, con il rientro in un regime più tranquillo, i due erano rimasti abbastanza sulle spine nei reciprochi confronti, avvicinandosi l'uno all'altra coi piedi di piombo. « Giornata.. particolare oggi. » Sospirò, passandosi una mano sul volto stanco e fin nei capelli ancora leggermente umidi. « E' stata una mezza Waterloo, diciamolo. Tanto siamo solo noi due, adesso. » E il peggio è che non ho neanche potuto dire niente, perché altrimenti sarei stato bollato come l'infame che ha rovinato il compleanno a nonna Molly. Bastardi, l'hanno fatto apposta. Aspirò un lungo tiro, sbuffando un paio di anelli di fumo dalle labbra arricciate. « Di tutte le cose, questa non me l'aspettavo proprio. » Con lo sguardo perso sulla trapunta stellata all'orizzonte, si ritrovò a sollevare un sopracciglio con aria contrita, riprendendo il bicchiere dal davanzale per portarselo alle labbra e mandare giù un buon sorso. « Penso fosse proprio quello l'obiettivo di mia nonna. Ridefinire il concetto di festa a sorpresa. » Adesso non si sorprende il festeggiato ma gli invitati - o quanto meno, alcuni di loro. Ma ormai la festa era finita e non c'era più alcun compleanno da rovinare. Molly Weasley lo avrebbe sentito presto, e di certo suo nipote non era il tipo da prendere prigionieri. « Ci ho parlato, prima che arrivassi. » La mano che teneva la sigaretta si bloccò a metà strada verso le labbra, mentre sul viso del ragazzo andava a scendere un pallore innaturale, contrassegnato da un'espressione piatta. Un piccolo brivido corse lungo il suo corpo, facendogli venire la pelle d'oca a quelle parole, solo per poi sbloccarsi e aspirare una silenziosa boccata di fumo. « Non lo so cosa mi aspettassi di ottenere. Immagino volessi tastare il terreno prima che vi trovaste faccia a faccia. » Ancora una volta, rimase in totale silenzio, con le iridi fosche fisse sulle sagome scure degli alberi che si stagliavano all'orizzonte. « Ha reagito davvero di merda. Mi sembrava giusto almeno provarci..voglio dire, non è che mi ha trattata male, o altro. E' stato molto tranquillo, però è abbastanza chiaro che non sono la sua persona preferita. » Lo sfrigolio della combustione fu l'unico rumore che seguì quelle parole, sviscerate meticolosamente dalla testa di Albus, lì dove le sinapsi si creavano
    R4FUNy2
    freneticamente l'una dietro l'altra. « E' successa però una cosa.. ad un certo punto. » E qui, il cuore di Albus, perse un battito - forse anche due o tre. Il tempo si dilatò nella sua testa, estendendosi in istanti che parvero infiniti, durante i quali il suo immaginario andò a prepararsi al peggiore degli scenari: alla bomba. La domanda sorse spontanea. E ora? Cosa avrebbe fatto? Sentiva la nausea montargli nello stomaco, attorcigliandolo in un nodo doloroso di disgusto e dolore. E' finita. E' questo il capolinea. Il pensiero corse veloce ai bambini che dormivano pacificamente al piano di sopra, chiedendosi cosa avrebbero fatto con loro, cosa ne sarebbe stato, come avrebbero reagito al dolore di una separazione. Eppure quei pensieri vennero troncati di netto con le parole successive della mora. « Albus.. Fred ha avuto un incidente. Come il tuo.. alla tavola calda. E' stato.. non ci posso credere, davvero. Sembrava terrorizzato. Credo abbia bisogno di un po' di tempo.. per processare. Non credo gli sia già successo prima. Non da come ha reagito. Non so più cosa pensare. » Gli arti del ragazzo sembrarono perdere improvvisamente tensione, mentre i polmoni si espandevano a riprendere tutto quell'ossigeno la cui entrata sembrava aver inconsciamente bloccato durante quegli istanti di attesa. Il sangue rifluì alle sue guance, prepotente, donandogli un colore paonazzo mentre con mani tremanti poggiava il bicchiere sul davanzale e spegneva la cicca. In silenzio, poggiò i gomiti sulle ginocchia, chinandosi in avanti per mettersi le mani tra i capelli e riprendere fiato con grossi respiri. « Porca puttana, Mun.. » mormorò con voce strozzata, prima di volgere lo sguardo cinereo sul volto di lei. « Cazzo, ti pare questo il modo di dire le cose alla gente? Dopo mesi - se non anni - di assenza, Fred torna, mi dici che vi siete parlati e mi fai "è successa però una cosa.. ad un certo punto"? » Si alzò di scatto, ritrovandosi a misurare il porticato avanti e indietro con lunghe falcate nervose, cercando di smaltire tutti quei sentimenti negativi tramite una camminata frenetica. Si arrestò di colpo, appoggiandosi a una delle colonne che reggeva la tettoia, con una mano sul petto come a trattenere il cuore che sembrava volergli schizzare fuori per quanto batteva forte. Mi porterai all'ospedale, Carrow. No, neanche. Mi porterai al cazzo di cimitero prima del tempo. Altri respiri pesanti seguirono a quei pensieri, prima che Albus riprendesse presa sulla situazione e si distanziasse dall'appoggio della colonna. Una mano corse nervosamente tra i capelli corvini, stringendoli appena tra le dita. « Ok..quindi mi stai dicendo che praticamente i sin eater sono tornati attivi? Cioè, il mio non è stato un caso isolato. » Annuì tra sé e sé, come a volersi rispondere da solo a quella che aveva tutta l'aria di essere una domanda retorica. « Dunque significa che.. » ..che siamo nella merda di nuovo. Deglutì, senza finire quella frase. Mun l'avrebbe in ogni caso completata da sé senza bisogno di alcun aiuto. Le iridi corsero subito a lei, interrogative. « Pensi che possa avere qualcosa a che fare con l'invito? Magari anche con il treno. Forse.. » Forse è tutto collegato. Forse non c'è un qualcosa, in tutto ciò che abbiamo subito nell'ultimo anno, che non sia riconducibile a loro. Sospirò, lasciandosi cadere sulla sedia con uno scuotimento del capo. « Non lo so. Mi sto incartando. » Ma un nesso doveva necessariamente esserci, sebbene in quel momento gli sfuggisse. D'altronde ne aveva passate troppe per poter bollare il tutto come una serie di allegre coincidenze che non avevano nulla a che fare l'una con l'altra. Le Logge non scherzavano: se i sin eater erano tornati attivi, significava che ne avevano bisogno. Devo dirlo a Tris - fu quindi il suo immediato pensiero, mentre i nodi della situazione si ricongiungevano pian piano. Persino il sogno che aveva fatto a Berlino, adesso acquisiva un senso. Allungò la mano verso il bicchiere di vino, scolandosi il contenuto fino all'ultima goccia, in silenzio, prima di volgere nuovamente lo sguardo a Mun. « Aspetta..ma perché Fred ha vomitato? Come è successo? Cosa ha scatenato la reazione? » Domande che sembrarono arrivare a scoppio ritardato, come se avesse realizzato solo in quel momento che il putridume di cui erano schiavi non veniva fuori casualmente. Le iridi del ragazzo si tinsero di curiosità, e di una vaga tinta di preoccupazione, nel porre quei quesiti. Qualcuno deve aver peccato, essersi pentito e aver confessato.

     
    .
  3.     +2    
     
    .
    Avatar

    Slytherin pride

    Group
    Ricercati
    Posts
    2,563
    Reputation
    +2,283
    Location
    the void of metamorphoses

    Status
    Anonymes!
    Non si era sentita a suo agio sin dal primo momento in cui ha capito di dover introdurre quel discorso. Parlare dei loro rispettivi ex, non era mai stato semplice per Albus e Mun. Il più delle volte tentavano di dissimulare e fare finta che la loro esistenza fosse loro indifferente, salvo i casi in cui a Mun partivano gli attacchi di gelosia specialmente nei confronti di Fawn. Fino a quel momento, Albus, dal canto suo, era rimasto in una botte di ferro. Fred era rimasto fuori dai giochi per molto tempo, e per molto tempo era rimasto una situazione in sospeso tra i due; una di cui sembrava non dovessero né curarsi, né affrontare. Nella loro relazione d'altronde, il giovane Weasley era stata la persona più difficile da ferire. Non solo lui e Mun avevano avuto un rapporto di alti e bassi per parecchi anni, ma si dava il caso che il ragazzo fosse anche cugino e migliore amico di Albus. La quantità di blocchi mentali da superare circa la posizione di Fred era stata non indifferente dalla parte di lei, ma soprattutto da parte di lui. Fred, tuttavia, si era fatto da parte, con sin troppa facilità, tanto da portare Mun a pensare addirittura che in fondo, forse il rosso non aveva provato nemmeno un decimo dei sentimenti che continuava a decantarle. Si era sentita, nonostante tutto, offesa dalla sua indifferenza, quasi come se non solo non ne valesse la pena, ma i sentimenti che avevano comunque condiviso non significassero niente per lui. Per Mun, superare i sensi di colpa era stato semplice; se ne era semplicemente lavata le mani, convinta che, non solo aveva fatto la scelta giusta, ma aveva anche schivato una mina vagante. I suoi pensieri in merito non erano cambiati, ma di certo, rivederlo seduto al tavolo attorno al quale lei e Albus si sono sentiti per così tanto tempo a loro agio, aveva riaperto la strada del disagio, ricordandole che, in realtà, lei, Mun, la sua parte di colpa l'ha semplicemente nascosta sotto il tappeto, sul fondo dell'armadio, in un angolo ben lontano dove non potesse né vederla, né sentirla. Ignorare l'elefante nella stanza ora, era decisamente più complesso, specie perché non avrebbero certo potuto ignorare all'infinito il fatto che Fred esistesse o che, per esempio, lui e Mun avevano comunque condiviso tanto. Non aveva pensato a quale potesse essere la reazione della sua dolce metà, semplicemente perché, quella circostanza non si era mai presentata. Una parte di sé, pensò che, dopo tutto quel tempo, la questione non gli avrebbe fatto né caldo, né freddo - una reazione quella a cui era tutto sommato preparata, specie in quel periodo delicato in cui si trovavano. Alla reazione più naturale, quella che effettivamente ricevette, tuttavia, Mun non fu assolutamente pronta, e il percepirla, riuscì a mortificarla con estrema facilità. « Porca puttana, Mun.. Cazzo, ti pare questo il modo di dire le cose alla gente? Dopo mesi - se non anni - di assenza, Fred torna, mi dici che vi siete parlati e mi fai "è successa però una cosa.. ad un certo punto"? »
    72f1204ce35dd2e7fd8a5147e505170fd82f11ec
    Gli scocca un'occhiata intransigente, osservando i suoi movimento con un'aria leggermente contrariata, prima di distogliere lo sguardo sentendo un pesante nodo alla gola. L'ossigeno le manca, nonostante Inverness sia il paradiso dell'aria pulita, e infatti, per dissimulare sposta lo sguardo sulla linea dell'orizzonte ispirando prima dalla sigaretta, per poi prendere un altro sorso abbondante dal proprio bicchiere. L'alcol le scalda la gola, ma non sembra aiutarla a mandare giù quella sua reazione. Fred, è appunto un'incognita nella loro vita, con la quale Mun non ha avuto ancora modo di trattare, eppure, non pensa di meritarsi quella dose intrinseca di sospetto. Non sono io quella che va a scorrazzare in giro con Fred. Non sono io a prendermi tutto il tempo caffè con Fred, né lo invito a casa mia quando tu non ci sei. Piccolo ipocrita senza cuore. Stringe i pugni e i denti e tenta di tenersi tutto ciò per sé, ma prima che possano passare oltre, torna a volgere lo sguardo nella sua direzione, incredula di fronte al suo misurare il porticato a grandi falcate, come se Mun gli avesse appena confessato di aver passato una notte di folli piaceri con un altro. « Beh è successa una cosa! » Ricalca quelle parole sgranando appena gli occhi con un leggero senso di emergenza. « Cosa pensavi fosse successo, Albus? » Una domanda retorica, la sua, che la porta a sbuffare con un che di frustrato. Se l'argomento non fosse così complesso e delicato, pianterebbe su un casino - di nuovo. Certe cose, non sono di certo evaporate del suo sistema. Non certo ciò che lui le ha detto l'ultima volta che hanno litigato, né tanto meno il fatto che Albus tende a farla sentire sempre stupida, ogni qual volta gli fa notare di essere sin troppo amichevole con le sue ex. « Ok..quindi mi stai dicendo che praticamente i sin eater sono tornati attivi? Cioè, il mio non è stato un caso isolato. Dunque significa che.. » Mun annuisce. « ..significa che.. siamo fottuti. » Continua con naturalezza e un leggero sarcasmo sconsolato mentre lo sguardo si perde nel buio vacuo di fronte a sé. « Pensi che possa avere qualcosa a che fare con l'invito? Magari anche con il treno. Forse.. Non lo so. Mi sto incartando. » In tutta risposta, per qualche istante, Albus riceve solo il silenzio. Ha un puzzle di fronte a sé con sin troppi elementi, alcuni dei quali non sembra riuscire a collegare alla perfezione ma che, in un certo qual modo sembrano tutti lì, legati da un filo invisibile. La sfida, il treno, il fatto che lo Shame sembra sapere molto più di quanto sia umanamente possibile. « Per non parlare dei sin eater di ottobre. Avevi detto che.. » Simula l'immagine che le ha descritto riguardo a quelle crocifissioni, indicando il proprio volto e collo come a voler mimare i fiumi di melma sgorgati dalle bocche dei due sulla scena del crimine; un dettaglio di cui stranamente non era mai più riuscita a parlare. Ad un certo punto non erano più riusciti a parlarne nemmeno tra di loro, quasi come se, farlo, fosse troppo doloroso. Anche in quell'occasione un nodo alla gola si frappose tra lei e il descrivere a parole quella situazione. Rabbrividì istintivamente sollevando le sopracciglia scossa. « Nel giro di pochi mesi siamo stati umiliati di fronte a tutta la scuola, sequestrati, ricattati, ci hanno distrutto il matrimonio, alcuni tuoi simili sono stati uccisi, noi abbiamo perso i nostri figli e siamo finiti su un treno della morte. Gli assistenti sociali ci stanno alle calcagna, lavoriamo in una prigione, tu sei stato cruciato.. » Si ferma per un istante, colta di sorpresa da quel particolare che sembrava voler ignorare di proposito da mesi. « ..e ora viviamo in una città che più che un posto sicuro è diventato una bomba a orologeria. » Non lo so. Ci stiamo incartando, o stiamo solo tentando di ignorare l'evidenza? Solleva lo sguardo nella sua direzione e si stringe nelle spalle. « Non lo so.. ma mi sembra che qualcuno si sta impegnando davvero, davvero un sacco a pestarci la coda. » Non solo a loro. A tanti altri. Sembra che alcuni siano diventati un target sin troppo facile. « Ciò che mi colpisce è che.. del quaderno.. non sapeva nessuno. Erano le sue regole! Non ne puoi parlare.. » Lo cita così, mentre la voce le si spezza per un istante, mentre la voce di Ryuk tuona nella sua testa. « E poi.. durante la mia sfida.. lui era lì, Albus. O forse.. forse non lo era. Forse era solo un'allucinazione. » Ma se così fosse.. perché continuo a vederlo ovunque? Perché mi perseguita? Perché non riesco a liberarmene? Perché lo cerco? « E' possibile che si tratti di qualcos'altro? » Si stringe nelle spalle. Una parte di lei vuole vederci altro. Una qualche forma di incubo collettivo. « Quella storia è finita. » Ed io non voglio pensare che tutto ciò può ricominciare. « Forse si tratta di qualche incantesimo.. qualcosa di molto potente che ci sta.. » Fottendo la testa. « Non capisco però perché.. » Nessuno di noi si merita davvero tutto questo. Nemmeno uno. Nemmeno quelli con cui ho chiuso. Se potessi salvarmi e gettarla tutta addosso a qualcun altro, non butterei sotto questo treno nemmeno Nate Douglas.. nonostante lui non ci ha pensato due volte prima di buttare me sotto un treno.
    « Aspetta..ma perché Fred ha vomitato? Come è successo? Cosa ha scatenato la reazione? » Quella domanda, in quel momento di catarsi, le arrivò come una doccia fredda. Non è come se non se lo fosse immaginata; Albus non era stupido, e di certo, non c'era persona che conoscesse la profonda natura dei sin eater meglio di lui. Probabilmente il primo tra loro, colui che, più di tutti, aveva avuto modo di esplorare fino in fondo il complesso funzionamento della sua natura. Per un istante s'inumidì le labbra, stringendosi nelle spalle. Il fatto che Fred fosse tornato al centro della scena non le piacque, né trovò piacevole quell'indagare, ancora e ancora circa la natura di quell'incontro. In altre circostanze Mun gli avrebbe raccontato tutto senza nemmeno il bisogno di essere spinta a portare avanti il discorso. La portata della confessione reale fatta a Fred però, in quel caso non poteva raccontargliela, né aveva molta voglia di farlo considerato il modo in cui aveva reagito a un suo naturale soppesare le parole prima di parlare. « Non lo so.. » Dice con fare vaga, inumidendosi le labbra. Sono una merda. « Abbiamo parlato di un po' di cose.. e poi ad un certo punto.. lui ha messo al centro una vecchia questione che ci riguardava. » Se doveva davvero mentire ad Albus, avrebbe quanto meno optato per una mezza verità. Qualcosa di cui effettivamente hanno parlato, seppur di sfuggita. « Quando ha iniziato a parlare del giorno in cui Lily è nata - l'ho visto un po' strano. Ho tentato di dirgli che ormai era acqua passata ma.. » Si stringe nelle spalle portandosi nuovamente il bicchiere alle labbra a mo di intercalazione. « ..evidentemente alla fine deve essersi reso conto di quanto tutto ciò fosse inopportuno. Deve aver amplificato molto.. tutta la situazione. Non so cosa gli passasse per la testa. » E lo era stato, inopportuno, ma Mun non lo aveva mai ammesso apertamente. Le sembrava sbagliato buttare Fred sotto un treno, nonostante quella che in primis lo aveva messo nella situazione paradossale di assistere al primo giorno di vita di sua figlia concepita assieme al suo migliore amico, era stata proprio lei. « Credo che in fondo ci tenesse a rovinare tutto.. non lo biasimo però. Non deve essere stato facile. » Espone il tutto con calma piatta, consapevole di amplificare sin troppo la situazione. Pensieri quelli che in fondo ha pensato, ma che non ha mai detto apertamente. Infine si alza, afferrando la bottiglia di vino per riempirsi nuovamente il bicchiere, passandola poi ad Albus con apparente calma. Una volta portatasi il bicchiere alle labbra, assottiglia appena lo sguardo compiendo un passo nella sua direzione. La tensione nell'aria si taglia col coltello. E' una situazione completamente nuova per entrambi, parlare di Fred in quel modo. Parlarne con la consapevolezza che è a distanza di una chiamata o di un gufo. Ispira quindi profondamente e solleva lo sguardo verso l'alto, ricercando il suo sguardo. « Toglimi però una curiosità in merito. » Ecco che, tutto sommato, è certa che finché non si sarà tolta il sassolino dalla scarpa - con garbo e cautela - non dormirà sogni tranquilli. Voglio una risposta - che mi piaccia o meno. « Pensi davvero che, a questo punto, possa succedere qualcosa tra me e Fred? » Pausa. Un nodo alla gola le spezza la voce sulle ultime parole. Non ha voglia di litigare, ma non può nemmeno far finta di non aver capito. Non è certo con i silenzi che andranno avanti. E nonostante tutto, nonostante si senta mortificata e ferita, Mun, continua ad aggrapparsi a quel brandello di rapporto che è rimasto tra loro, con le unghie e coi denti. « Ma soprattutto - poniamo il caso, ipotesi - facciamo che qualcosa è successo: credi davvero che dopo potrei fare finta di niente e lasciarti sedere allo stesso tavolo assieme a lui? Solo perché è il compleanno di nonna Molly? » E' questa la stima che hai di me ormai? Questa la considerazione che pensi sono giunta ad avere di te?



     
    .
  4.     +1    
     
    .
    Avatar

    Advanced Member

    Group
    Ricercati
    Posts
    1,867
    Reputation
    +2,294

    Status
    Anonymes!

    « Per non parlare dei sin eater di ottobre. Avevi detto che.. » Annuì velocemente, come se fosse impaziente di andare oltre. I due sin eater trovati morti in piazza costituivano ancora una ferita aperta per il giovane Potter. Allo shock di quella visione e alla consapevolezza che i suoi simili fossero stati brutalmente uccisi e che del loro cadavere fosse stato fatto scempio, si era aggiunto l'impatto indelebile del sogno avuto a Berlino. La memoria di Albus tornava spesso a quel ricordo, quasi avesse paura che, se non lo avesse fatto, questo sarebbe svanito ogni giorno di più dalla propria memoria. Lo riviveva costantemente, tentando di sviscerarlo in ogni suo piccolo dettaglio alla ricerca di un significato più grande. Ad Amunet, di quel sogno, non aveva fatto menzione. La loro distanza emotiva era stata complice di quell'omissione, portandolo a provare un senso di disagio all'idea di mettersi dal nulla a parlare dei voli pindarici prodotti dal suo subconscio in stato dormiente. D'altronde non aveva avuto grandi motivi per pensare che quel sogno fosse un qualcosa proiettato più dall'esterno che dall'interno - non fino a quel momento, almeno. Riunendo il tassello di Fred al puzzle, non se la sentiva più di bollare quel sogno come una coincidenza, o piuttosto come un qualcosa di unicamente suo. E se anche gli altri avessero fatto questo stesso sogno? - si ritrovò a pensare, in quei brevi istanti di pausa, con lo sguardo perso chissà dove dentro di sé. D'altronde lui non era mai stato benedetto col dono del terzo occhio e dunque, di sogni premonitori, non ne aveva mai fatti. Tuttavia c'era stato un altro episodio simile, un'altra proiezione passata instillatagli dall'alto. Aggiungendo quel precedente all'equazione non fu difficile tirare le somme dell'intera situazione. Il mio subconscio non ha prodotto proprio un bel niente. Sono stati loro a mettersi in contatto. Sul perché, tuttavia, aveva ancora timore di interrogarsi. « Nel giro di pochi mesi siamo stati umiliati di fronte a tutta la scuola, sequestrati, ricattati, ci hanno distrutto il matrimonio, alcuni tuoi simili sono stati uccisi, noi abbiamo perso i nostri figli e siamo finiti su un treno della morte. Gli assistenti sociali ci stanno alle calcagna, lavoriamo in una prigione, tu sei stato cruciato..e ora viviamo in una città che più che un posto sicuro è diventato una bomba a orologeria. » I loro sguardi si incrociarono, sondando l'abisso di impotenza che si stagliava chiaro negli occhi di entrambi. « Non lo so.. ma mi sembra che qualcuno si sta impegnando davvero, davvero un sacco a pestarci la coda. » Albus e Mun erano stati bersagliati, forse più di chiunque altro, da quella forza invisibile tanto umana quanto capace di giocare con i loro destini a un livello che rasentava l'ineffabilità. Conseguenze tangibili ad azioni di fautori sfuggenti. Lo Shame non si era lasciato dietro alcuna traccia se non un forte senso di frustrazione nell'animo delle proprie vittime. « Ciò che mi colpisce è che.. del quaderno.. non sapeva nessuno. Erano le sue regole! Non ne puoi parlare..E poi.. durante la mia sfida.. lui era lì, Albus. O forse.. forse non lo era. Forse era solo un'allucinazione. E' possibile che si tratti di qualcos'altro? » Sulla fronte di Albus andarono a crearsi delle rughe di espressione, disegnata dalla spinta ad aggrottarsi in seguito a quella dichiarazione. Una dichiarazione che lui per primo, mesi addietro, aveva cercato di estorcerle senza alcun risultato. Non sapeva nulla della sfida a lei posta, ma ad un certo punto aveva compreso che Ryuk fosse tornato nei suoi pensieri per qualche ragione. E nel tentare di capire come, quando e perché, gli era stata metaforicamente sbattuta la porta in faccia. Quanto tempo abbiamo perso per delle stupide rappresaglie? Quanto saremmo stati capaci di raschiare, di prevenire, se non avessimo anteposto i nostri battibecchi personali all'interesse comune? Perché a quel punto non si trattava più di loro - non esclusivamente, almeno. Si trattava di tutta Inverness, delle persone che gli avevano dato un tetto, di quelle con cui avevano combattuto fianco a fianco, ma persino di tutto il dannato mondo magico. Adesso lo vengo a sapere, che hai visto Ryuk. Ci sono voluti tre crocifissi, due bambini persi, un morto e due sin eater attivati per farti vuotare il sacco. Si inumidì le labbra, ritrovandosi a mordere l'interno di quello inferiore per frenarsi dal dare inizio a un ulteriore battibecco di cui conosceva già lo svolgimento. « A questo punto direi che sia più prudente lavorare assumendo il peggio. » disse, laconico, mentre cominciava ad armeggiare per girarsi un'altra sigaretta. Sarebbe stata un'ecatombe di cicche, quella serata, se lo sentiva. « A sospirare di sollievo si fa sempre a tempo. » « Quella storia è finita. Forse si tratta di qualche incantesimo.. qualcosa di molto potente che ci sta.. » Fece una pausa, mentre Albus leccava velocemente il lato della cartina, chiudendola intorno al tabacco rollato. « Non capisco però perché.. » Nel silenzio, si diede il tempo di accendere la sigaretta, stendendo le gambe di fronte a sé e accavallando un piede sull'altro mentre sbuffava il primo tiro. « Non penso ci sia bisogno di un perché. Se il nemico è rimasto lo stesso, la domanda è superflua nella migliore delle ipotesi. » Inconoscibile, nella peggiore. « Mi focalizzerei piuttosto sul come. » Fece una pausa, portandosi la sigaretta alle labbra con aria pensosa. « Sarebbero metodi poco ortodossi, quelli usati. Dubito che la wiznet abbia una tale copertura, quindi con delle persone dobbiamo per forza avere a che fare. E' il fatto che sappiano più del dovuto, che fa puzzare tutto di Loggia. E se me lo avessi chiesto ad Halloween, ti avrei detto che poteva essere uno specchio per le allodole, un modo per spaventarci usando un passato ancora vivo. Però se ci mettiamo la questione del diario e il fatto che sia io che Fred abbiamo vomitato.. » Non finì quella frase, limitandosi semplicemente a volgere il capo nella direzione di lei, lanciandole uno sguardo eloquente. Inutile girarci intorno: se per più di un anno non abbiamo vomitato e adesso improvvisamente sì, una ragione ci deve essere.
    903f9e3753451bb8b4a04a504a6ef0432cec4e3e
    Chiedere cosa avesse fatto scaturire la reazione di Fred fu un passo naturale, all'interno di quel discorso. D'altronde se volevano venire a capo dell'intera situazione, dovevano sviscerare ogni episodio in maniera capillare, prestando attenzione ad ogni dettaglio che potesse aiutarli a trovare un capo del filo da seguire nel processo di srotolare la matassa. « Non lo so.. » Sollevò un sopracciglio, visibilmente scettico e spazientito da quella dichiarazione di ignoranza. « Abbiamo parlato di un po' di cose.. e poi ad un certo punto.. lui ha messo al centro una vecchia questione che ci riguardava. Quando ha iniziato a parlare del giorno in cui Lily è nata - l'ho visto un po' strano. Ho tentato di dirgli che ormai era acqua passata ma..evidentemente alla fine deve essersi reso conto di quanto tutto ciò fosse inopportuno. Deve aver amplificato molto.. tutta la situazione. Non so cosa gli passasse per la testa. Credo che in fondo ci tenesse a rovinare tutto.. non lo biasimo però. Non deve essere stato facile. » Rimase in silenzio, a fissarla con lo sguardo attento di un'aquila - lo stesso con cui l'aveva osservata per tutta la durata di quel breve discorso. Nonostante la logica potesse filare, una sensazione atavica, posizionata alla bocca dello stomaco, non lo faceva sentire troppo convinto. Parole vaghe, quelle della giovane Carrow, che esponevano una situazione di per sé informe, estemporanea. Un quadro impressionista - ecco come lo avrebbe descritto. Il che, per una puntigliosa come lei, era piuttosto atipico. Rimase in silenzio a lungo, prendendo poi una boccata di fumo prima di rispondere con un telegrafico « Mh..capisco. » confidando nel fatto che la sua ragazza lo conoscesse abbastanza bene da capire ciò che con quelle parole voleva mutamente comunicarle. Non lo aveva persuaso. Non del tutto, quanto meno. Ma in mancanza di veri appigli per giustificare quello che era solo un sentimento facilmente fallibile e non avendo intenzione di aprire un litigio sul nulla, decise di non esplicitare le proprie considerazioni a riguardo o di spingerla ulteriormente. Tuttavia non si sarebbe aspettato che lei per prima avrebbe colto lo spunto di quella conversazione per aprire la parentesi infausta che le sue parole avevano lasciato dedurre. « Toglimi però una curiosità in merito. » Sollevò lo sguardo in quello di lei, sostenendolo con un sorriso angelico a metà tra il curioso e il sardonico. « Pensi davvero che, a questo punto, possa succedere qualcosa tra me e Fred? Ma soprattutto - poniamo il caso, ipotesi - facciamo che qualcosa è successo: credi davvero che dopo potrei fare finta di niente e lasciarti sedere allo stesso tavolo assieme a lui? Solo perché è il compleanno di nonna Molly? » Sospirò, facendo leva sul bracciolo di legno della sedia per mettersi in piedi di fronte a lei, puntandole lo sguardo negli occhi mentre si riportava la sigaretta alle labbra. Allungò la mano verso il posacenere, grattando il lato acceso della cicca ormai finita sul fondino annerito. « Sinceramente? » chiese, lanciandole uno sguardo da sotto le ciglia nel porle quella domanda retorica. Perché sincero, nella sua risposta, Albus aveva tutta l'intenzione di esserlo. Si strinse nelle spalle, sollevando il mento mentre le braccia andavano istintivamente ad incrociarsi sul petto, quasi a proteggersi da un'ipotesi che sapeva lo avrebbe ferito, nel caso in cui si fosse mai realizzata. « Non lo so, Mun. » La lingua andò pigramente ad inumidire le labbra secche, mentre la tonalità delle sue iridi sfociava in un grigio più pallido, meno fosco, più triste. « Per sei mesi abbiamo avuto il rapporto di due coinquilini che nemmeno si piacciono. Nella testa delle persone, le cose possono cambiare nel giro di un istante, figuriamoci di mesi. Potresti essere diventata tutta un'alta persona e io non ne avrei la più pallida idea. » Un movimento veloce, quello del suo mento, che si sporse leggermente in avanti creando una smorfia con le labbra all'ingiù e le sopracciglia sollevate. Come a sottolineare quella propria mancanza. « Potresti esserti stancata di me, così come potresti aver avuto semplicemente un momento di debolezza. Me l'hai detto tu stessa, di essere convinta che io non ti veda. » Fece una pausa, cercando una reazione negli occhi di lei. « Credi davvero che alla luce di tutto quanto, la mia preoccupazione possa essere del tutto fuori dal mondo? » Un sospiro infranse la difesa delle sue labbra serrate, dando sfogo a quel macigno di pensieri che gravava su di lui dall'istante in cui, ore addietro, aveva incrociato la figura di Fred. Le parole successive scivolarono in un tono più basso, sotto certi aspetti quasi comprensivo. « Non ti sto accusando di nulla, Mun. Mi fido ancora di te al punto di crederti sulla parola, se tu mi dici "Albus, non è successo nulla". Ma se devo dirti che sono tranquillo.. » si strinse nelle spalle, rassegnato « ..non posso. Perché non lo sono. »

    « The last time i saw you we had just split in two
    You were looking at me, i was looking at you
    You had a way so familiar i could not recognize
    Cause you had blood on your face
    And i had blood in my eyes
    But i swear by your expression
    That the pain down in your soul was the same
    As the one down in mine »



     
    .
  5.     +2    
     
    .
    Avatar

    Slytherin pride

    Group
    Ricercati
    Posts
    2,563
    Reputation
    +2,283
    Location
    the void of metamorphoses

    Status
    Anonymes!
    « A questo punto direi che sia più prudente lavorare assumendo il peggio. A sospirare di sollievo si fa sempre a tempo. » Se la previdenza di Albus aveva anche solo un briciolo di fondatezza, entrambi dovevano avere non poco da temere. In un modo o nell'altro, i loro destini erano sempre stati legati a qualcos'altro. Una forza altra li aveva avvicinati; la stessa che ora, sembrava aver messo un muro tra loro. Se Albus e Mun avessero avuto anche solo un indizio, in quel mare di domande, si sarebbero resi conto di quanto poco controllabili erano stati gli eventi che li avevano inesorabilmente separati. Ma non l'avevano, motivo per cui, sembravano vorticare attorno a un'unica certezza: quella che qualcosa non andasse tra loro, e dentro di loro. Per la prima volta, forse, erano sulla strada giusta, e seppur Mun sembrasse voler scansare quell'ipotesi con tutte le sue forze, negare l'evidenza sembrava quanto mai insensato. Aveva tentato di dare tante spiegazioni diverse a quanto aveva visto e provato; un incantesimo, un riflesso involontario della sua memoria, una forma acuta di disturbo da stress post-traumatico. Aveva pensato persino di essere sull'orlo della follia. Ma il perché, non se lo era mai chiesto. Convinta che, il seme della follia albergasse da qualche parte nel suo albero genealogico, aveva addossato tutto alla sua sanità mentale, seppur le cose andassero bene ai tempi. Quando i primi lampi di follia erano comparsi nuovamente nella sua vita, Mun non era mai stata così felice. Sua figlia era sana e cresceva a vista d'occhio, il suo rapporto con Jay stava diventando sempre più stretto, e la complicità con il suo fidanzato non era mai stata così lampante. Stava organizzando un matrimonio ed era così felice all'idea di condividere il resto della sua vita con la sua anima gemella. Stava risolvendo i suoi problemi con i fratelli, e la sua carriera universitaria andava a gonfie vele. Quando quella mela è rotolata dal nulla ai suoi piedi sulle strade di Hogsmeade, Mun non aveva un solo velo di ombra nella propria vita. Quando la vista le si è oscurata per un istante, un solo momento, quando si è ricordata quelle battute sfiorate come una cantilena dalle labbra del dio della morte, la più grande preoccupazione di Mun riguardava un innocente messaggio da parte dello Shame che la intimava a decantare sentimenti repressi nei confronti di Nathan Douglas. Quindi è davvero così. Non è solo un trucco. Come potrebbe essere d'altronde un trucco? Come potrebbe quella melma essere qualcos'altro? Se l'evento che aveva coinvolto Albus qualche dubbio gliel'aveva messo, non convinta che potesse veramente trattarsi di una confessione del ragazzo nei suoi confronti, un peccato di cui volesse liberarsi, non altrettanto aveva pensato quel pomeriggio. Mun sapeva di aver confessato a Fred qualcosa che le pesava, qualcosa che in un modo o nell'altro la stava affossando; una colpa che ora sembrava essersi sollevata dal suo petto, e che in un certo qual modo faceva meno male. Il senso di colpa erano ancora lì, lo era anche il dolore che le provocava essersi spinta così lontana senza la complicità di Albus, ma era come se le pesasse solo a metà. E poi.. se le Logge sono davvero tornate.. ha davvero senso di preoccuparsi per Douglas? « Non penso ci sia bisogno di un perché. Se il nemico è rimasto lo stesso, la domanda è superflua nella migliore delle ipotesi. Mi focalizzerei piuttosto sul come. Sarebbero metodi poco ortodossi, quelli usati. Dubito che la wiznet abbia una tale copertura, quindi con delle persone dobbiamo per forza avere a che fare. E' il fatto che sappiano più del dovuto, che fa puzzare tutto di Loggia. E se me lo avessi chiesto ad Halloween, ti avrei detto che poteva essere uno specchio per le allodole, un modo per spaventarci usando un passato ancora vivo. Però se ci mettiamo la questione del diario e il fatto che sia io che Fred abbiamo vomitato.. » Annuisce velocemente Mun, incrociando le braccia al petto mentre si inumidisce le labbra. « Questo significherebbe.. significa.. » Tirare le somme di quella situazione risulta per la piccola Carrow più difficile di quanto si direbbe in prima analisi. Deglutisce e sospira profondamente, prima di continuare. « ..significa che.. è stato tutto inutile? Che cosa è stato fatto di preciso allora? » Una domanda quella, a cui nessuno aveva più una risposta. Nessuno si ricordava cosa di preciso era accaduto, cosa avevano fatto affinché la loggia si ritirasse. Ci fu un lampo bianco, una luce talmente accecante che sembrò schiarire improvvisamente la memoria di tutti. Nient'altro. Nessuno di noi si ricorda niente. « Quale era il piano? Come pensavamo di sconfiggerla? » Domande quelle a cui non seppe dare risposta alcuna e che pure sembrarono entrare improvvisamente nel circolo ronzante dei suoi pensieri. Mun era incinta allora; le sue preoccupazioni vorticavano solo ed esclusivamente attorno alla sua piccola Lily che al tempo non aveva un nome, né certezze di quale mondo avrebbe visto una volta esalato il primo sospiro. Più distratti e concentrati che mai sul loro piccolo angolo di paradiso, Albus e Mun erano stati completamente distolti da una lotta in cui, gli indizi li avevano sempre visti in prima linea. « Se così fosse.. beh.. » Si stringe nelle spalle mentre un sorriso colmo di amarezza si dipinge sulle labbra di velluto. « ..buttare i cellulari sul fondo di un cassetto è inutile. » I telefoni non c'entrano assolutamente nulla. Non realizzò, Mun, sul momento che quelle non sarebbero state le consapevolezze più spaventose e dolorose con cui sarebbe andata a dormire - sempre se avesse chiuso occhio. Non appena il discorso si spostò nuovamente su Fred, Mun capì di essersi lasciata guidare un po' troppo dall'impulsività. Forse non dovrei fare domande a cui non sono pronta a ricevere una risposta sincera. E infatti, a una risposta sincera non era pronta, seppur in fondo, forse ne conosceva già il contenuto, almeno in parte. Eppure, chiedergli implicitamente se si fidasse ancora di lei, risultò una tentazione a cui non seppe resistere. Come se a tastoni cercasse di capire se quel lottiamo sussurrato a fior di labbra non molto tempo prima, fosse una proposta che andava al di là di quella lotta altra. Stiamo ancora lottando anche per noi due, Albus?

    « Sinceramente? Non lo so, Mun. » Lei abbassò istintivamente lo sguardo, spostandolo di lato. Non indietreggiò, né tentò di mettere le distanze tra se stessa e lui. Solo in un secondo momento sollevò gli occhi di ghiaccio nella sua direzione, cercando di studiare le sue microespressioni alla ricerca di qualche significato nascosto nelle parole che le andava rivolgendo. « Per sei mesi abbiamo avuto il rapporto di due coinquilini che nemmeno si piacciono. Nella testa delle persone, le cose possono cambiare nel giro di un istante, figuriamoci di mesi. Potresti essere diventata tutta un'alta persona e io non ne avrei la più pallida idea. » Istintivamente chiude gli occhi, quasi come se volesse chiuderlo fuori. Vorrebbe farlo smettere. Zittirlo. Eppure, il masochismo la porta ad ascoltare e interiorizzare quelle sue parole dalla prima all'ultima. Lo hai pensato davvero? E' questa la tua idea di noi ora? C'è ancora un noi? « Potresti esserti stancata di me, così come potresti aver avuto semplicemente un momento di debolezza. Me l'hai detto tu stessa, di essere convinta che io non ti veda. Credi davvero che alla luce di tutto quanto, la mia preoccupazione possa essere del tutto fuori dal mondo? » Lo è. Quelle parole, non vedono mai luce, ma il suo sguardo è piuttosto eloquente. Lo osserva con un velo di amarezza, mentre si morde il labbro inferiore scossa da violenti brividi che la portano a stringersi con più decisione nel maglione di lana. Cerca una fonte di calore, la stessa che potrebbe ricevere se solo compisse un solo passo nella sua direzione. Uno solo. Una tentazione a cui resiste con non poca difficoltà. « Non ti sto accusando di nulla, Mun. Mi fido ancora di te al punto di crederti sulla parola, se tu mi dici "Albus, non è successo nulla". Ma se devo dirti che sono tranquillo.. non posso. Perché non lo sono. » Le dita di lei corrono verso il polso di lui, afferrandolo con delicatezza per rubargli un solo tiro di sigaretta, abbassandosi quanto bassa per poter ispirare profondamente il fumo della bionda. Infine lo lascia andare, liberando i resti del catrame nell'aria sopra di loro. Ricerca il suo sguardo con naturalezza, inumidendosi le labbra. Non ha idea di cosa dire, né di come affrontare quella situazione. Si sente spaesata. E quello spaesamento si traduce in una lunga pausa intramezzata da diverse espressioni che vanno dallo sconcerto, alla confusione, allo sconforto più totale. C'è disperazione e tristezza in quegli occhi. Vorrebbe solo urlargli contro; dirgli che non ce la fa più, che rivuole la sua vita di prima, il suo rapporto di prima, rivoglio il mio Albus. « Forse hai ragione.. a pensarla così. Non fraintendermi: non mi sta bene, però sai.. oggi credo di aver imparato una lezione preziosa. » Una che di sicuro mi accompagnerà per molto tempo. Si scioglie in un sorriso amaro stringendosi nelle spalle mentre scuote la testa fissandolo con eloquenza. Decanta quelle parole con lentezza, senza sapere nemmeno lei quale sia il punto di tutto ciò. Non parlato tanto per parlare, ma improvvisa man mano che va avanti. « Posso imparare a lavare e stirare.. potrei addirittura arrivare a lasciare l'università e dedicarmi completamente ai figli ma io resterò sempre e comunque una Carrow. Per alcuni nello specifico, sarò sempre e solo un'assassina. » Una realtà dei fatti che le era stata sbattuta in faccia a più riprese durante la giornata. Prima da Fred, poi da Molly Weasley, e infine, a modo suo da Albus. « Posso avere dieci figli di fila.. mettere la testa apposto, ma non laverò mai l'onta che mi precede. » Pausa. « Oggi Fred si è sentito - dall'alto della sua innocenza - di giudicarmi proprio in virtù di ciò. E.. non lo biasimo. In realtà non biasimo nessuno per sentirsi in una botte di ferro rispetto a me. Chiunque deve sembrare un agnellino in confronto. » Nel parlare di quelle cose, Mun si sente per la prima volta sollevata, come se in realtà, i sensi di colpa stessero lentamente svanendo. Queste mani sono sporche di sangue. Ma il sangue non lo sparso solo io. « Lo penso anche io: è facile giudicare quando tua madre si scontra col mondo intero perché i sentimenti di suo figlio sono stati feriti. E' semplicemente giudicare quando hai la possibilità di vivere con fratelli e cugini che ti difenderebbero fino alla morte. Quando passi feste da favola e tua nonna cucina per un esercito ogni domenica. » Anche io lo vorrei. Anche io avrei voluto qualcosa del genere. E per questo vi ho invidiati. Poi ho desiderato essere una di voi. Ma forse.. fino in fondo.. non lo sarò mai. Resterò sempre e solo la figlia di una famiglia di ex mangiamorte. « Non mi va di giustificarmi, né di fare la vittima. Mi sono stancata di vivere così. Però.. è così. Io tutto questo non ce l'avevo.. e in compenso, ho avuto altro. » Il sorriso sembra addolcirsi. Ormai con la sua condizione ci ha fatto pace. Per molto tempo si è convinta che Albus gliel'ha fatta accettare. Fino a questa sera almeno. « Non si entra in contatto con un traghettatore per puro caso. Bisogna che ci sia qualcosa da traghettare.. » Il death note non ti cade tra le mani per puro caso. Devi aver messo un piede altrove. Sospira profondamente e compie un passo all'indietro, tempo in cui si stringe con ancora più forza nel proprio maglione come se tentasse di difendersi in anticipo da qualunque pensiero negativo potesse esprimere a voce alta in quel momento Albus. Anche tu mi stai giudicando? Non lo sa Mun, ma di certo, sa che fino in fondo, non gli ha mai raccontato quanto spinta ed esasperante fosse stata la sua situazione prima. E allora forse è il caso che tu sappia. « Io volevo solo.. vivere, Albus. » E' così sbagliato aggrapparsi alla vita? Si stringe nelle spalle deglutendo, cercando istintivamente di scacciare il nodo alla gola che si frappone tra le sue parole. « Eppure, nonostante abbia rischiato ancora e ancora di non arrivare a vivere tutto questo io resterò sempre e solo quello: un'assassina. » Abbassa istintivamente lo sguardo. « E tutti si sentiranno sempre nella posizione di giudicarmi. E lo ammetto.. oggi ha fatto male, con Fred.. e anche con tutto il resto. » Pausa. « Ciò che mi spaventa però è che anche tu mi stai giudicando.. in un modo o nell'altro. Perché in fondo.. non ti ho mai dato alcun motivo per dubitare di me. Non l'ho mai cercato.. non ti ho mai mancato di rispetto, né lo farò mai finché saremmo sotto lo stesso tetto. E probabilmente nemmeno dopo. Perché.. non mi va. Non ci riesco. Non ne ho voglia. » Gli getta quelle verità con candore, senza dietrologia alcuna; un flusso di coscienza in piena, che sgorga senza un ordine ben preciso. « Francamente sì.. credo che la tua preoccupazione sia fuori dal mondo. Perché io.. sono rimasta volutamente esattamente dove tu potessi vedermi. Non ti ho mai dato alcun motivo.. » Perché volevo che tu mi vedessi. E invece tutto ciò che volevi vedere era che forse mi sono stancata di te. « A questo punto non ti capisco davvero.. » Spiegamelo. Per favore. La sua voce diventa quasi un sussurro tremolante. « Non credo di meritarmi di essere messa in punizione a vita. Non riesco più a capire se il tuo è pregiudizio oppure qualcos'altro.. » S'interruppe. Gli occhi puntati in quelli di lui, mentre si morde l'interno delle guance colta da un velo di frustrazione. Quando è diventato tutto così complicato? Perché non riusciamo più a fungere? Perché ho l'impressione di essere l'unica a provarci.


     
    .
  6.     +2    
     
    .
    Avatar

    Advanced Member

    Group
    Ricercati
    Posts
    1,867
    Reputation
    +2,294

    Status
    Anonymes!

    Albus era sempre stato bravo a dire le cose senza dirle realmente. C'era poi stato un momento, nella loro storia, in cui questa sua qualità era sbocciata più di qualsiasi altra. Ai tempi stavano ancora agli inizi: due ragazzini incerti che forse, nel proprio intimo, avevano capito di condividere qualcosa di più di una semplice amicizia. Non che amici lo fossero mai davvero stati. Eppure se ne erano voluti convincere, come se da quella convinzione dovesse dipendere il destino del mondo intero. Avevano portato avanti quella retorica come maschera per qualcosa di altro, qualcosa di diverso e unico. All'epoca non c'era modo per loro di sapere dove sarebbe andata a finire, e forse ora - col senno del poi - potrebbe far quasi spuntare un sorriso l'ostinazione con cui cercavano in tutti i modi di starsi alla larga senza mai riuscirci. Con la coscienza di adesso, sembrerebbero solo due stupidi in piena fase di negazione, incapaci di vedere ciò che avevano di fronte ai propri occhi. Ma il punto era che quei due ragazzini, forse avevano visto sin troppo. Spaventati dalle conseguenze e incapaci di immaginare un futuro che andasse al di là di una manciata di ore, avevano piuttosto preferito volgere il capo altrove. E se Mun, in quell'equazione, era stata quella che aveva reagito dicendo fischi per fiaschi, Albus era invece stato colui che della propria interiorità aveva rivelato sin troppo..senza farlo davvero. « Sai..ora tutti mi diranno "sei tornato", "sei sopravvissuto".. » Aveva detto, appoggiando la fronte imperlata di sudore contro quella della ragazza che, in fondo al cuore, sapeva di aver cominciato a desiderare più di quanto fosse lecito. « ..la cosa che invece a me colpisce più di tutte..è la ferocia con la quale mi darebbero contro.. » Un se, quello, che all'epoca gli si era strozzato in gola. Non solo non aveva avuto il coraggio di dargli un seguito, ma nemmeno di pronunciarlo. Non che ne avesse bisogno, in ogni caso. Albus aveva detto determinate cose, consapevole che lei le avrebbe capite senza bisogno che lui le esplicitasse. Quali altre interpretazioni potevano avere, d'altronde? Quali se non quel muto e inespresso "..se sapessero cosa provo per te"? Tra tutto ciò che aveva detto, i suoi silenzi, le sue omissioni, erano state forse le cose più potenti - ciò che più aveva lasciato il segno della propria presenza sul cuore di entrambi. Sul cuore, tanto quanto sulla pelle, dove i loro tocchi desiderosi avevano lasciato agio alla violenza di non proseguire oltre. Se ciò che non era stato detto era quanto di più rumoroso alle orecchie dell'anima, allo stesso modo i lembi di pelle che non avevano avuto il coraggio di toccare erano quelli che più sentivano il calore di ciò che ci sarebbe dovuto essere. Le labbra che non aveva mai sfiorato avevano lasciato un segno indelebile sulle sue, che bruciavano nell'assenza. E in seguito a quella sera, Albus si era trovato a interrogarsi su un dilemma atavico. Era stato forse meno reale perché non era mai successo? Tutto ciò che sapeva, pur se nascosto dallo strato di vergogna, era che in quel momento preciso, lui non aveva desiderato altro se non di incorniciarle il viso con le proprie mani e baciarla fino alla fine del mondo. E una parte di sé, forse, si pentiva ancora di non averlo fatto, perché non c'era stato momento più giusto di quello per farle capire a chiare lettere quanto la volesse.
    Quando le dita di Mun si strinsero attorno al suo polso, Albus si ritrovò ad abbassare istintivamente lo sguardo su quel tocco tanto semplice quanto insignificante. Un modo come un altro di prendersi un tiro di sigaretta, niente di più. In fondo al cuore, ne rimase un po' deluso - ma d'altronde cosa si aspettava? Non lo so, ma sicuramente qualcosa di diverso. « Forse hai ragione.. a pensarla così. Non fraintendermi: non mi sta bene, però sai.. oggi credo di aver imparato una lezione preziosa. Posso imparare a lavare e stirare.. potrei addirittura arrivare a lasciare l'università e dedicarmi completamente ai figli ma io resterò sempre e comunque una Carrow. Per alcuni nello specifico, sarò sempre e solo un'assassina. » Le spalle di Albus si abbassarono leggermente, cedendo sotto il peso di una frustrazione a cui non sapeva dar voce. Boccheggiò per qualche istante, cercando di dire qualcosa a cui nemmeno i suoi pensieri avevano dato ancora una forma. L'espressione da cane bastonato, però, la diceva lunga. Si sentiva come se, ancora una volta, avesse fallito. Fallito nel farla sentire parte della propria vita, nell'aprirsi con lei, nel farle capire che l'amava; fallito su tutta la linea, insomma. Strano che non ci abbia fatto ancora l'abitudine. « Posso avere dieci figli di fila.. mettere la testa apposto, ma non laverò mai l'onta che mi precede. Oggi Fred si è sentito - dall'alto della sua innocenza - di giudicarmi proprio in virtù di ciò. E.. non lo biasimo. In realtà non biasimo nessuno per sentirsi in una botte di ferro rispetto a me. Chiunque deve sembrare un agnellino in confronto. » Distolse lo sguardo, come a voler evitare platealmente quelle parole. Nessuna parola era ancora stata scambiata tra lui e Fred e, per quanto ne sapeva, il rosso poteva essere tranquillamente nel mood di cavargli gli occhi a mani nude alla prima occasione buona. Il fatto che potesse essersi rivolto a Mun con cattiveria non lo stupiva - come poteva biasimarlo? Dopo tutto ciò che loro due gli avevano fatto passare, non si aspettava nulla di meno che una serie infinita di recriminazioni. « Mun..devi capirlo.. » tentò, senza riuscire ad articolare i propri pensieri prima che lei riprendesse nuovamente parola. « Lo penso anche io: è facile giudicare quando tua madre si scontra col mondo intero perché i sentimenti di suo figlio sono stati feriti. E' semplicemente giudicare quando hai la possibilità di vivere con fratelli e cugini che ti difenderebbero fino alla morte. Quando passi feste da favola e tua nonna cucina per un esercito ogni domenica. Non mi va di giustificarmi, né di fare la vittima. Mi sono stancata di vivere così. Però.. è così. Io tutto questo non ce l'avevo.. e in compenso, ho avuto altro. » Abbassò nuovamente lo sguardo, conscio di dove quel discorso sarebbe andato a parare. Ma pur sapendolo già, non poteva fare a meno di cominciare a sentire quelle ferite scavategli dalle parole di lei. Perché se era vero che alcuni membri della sua famiglia potessero comportarsi con lei in maniera ancora sostenuta, era anche vero che la maggioranza aveva fatto di tutto per cercare di integrarla nel nucleo. Lo so perché ho fatto l'impossibile, per farlo succedere. E forse non posso darti la famiglia che non hai mai avuto, non posso restituirti l'infanzia, un padre, una madre e le festività passate in armonia. Ma pensavo di darti qualcosa di nuovo, qualcosa che potesse farti sentire a casa. Non volevo darti ciò che è mio. Volevo soltanto che tu imparassi a vederlo come anche tuo. E le sue parole in merito, lo colpirono dritto nel punto vivo. Evidentemente che non ci sono riuscito. « Non si entra in contatto con un traghettatore per puro caso. Bisogna che ci sia qualcosa da traghettare..Io volevo solo.. vivere, Albus. Eppure, nonostante abbia rischiato ancora e ancora di non arrivare a vivere tutto questo io resterò sempre e solo quello: un'assassina. » Sollevò lo sguardo su di lei, fermandosi muto a guardarla negli occhi. I suoi, ricolmi di tristezza, apparivano impotenti di fronte a quell'abisso di sentimenti irrisolti e continue incomprensioni. Albus e Mun parlavano senza capirsi, forse perché ciascuno era talmente tanto concentrato nel tentativo di comunicare efficacemente la propria parte, da non prestare altrettanta attenzione all'ascolto. O forse parliamo così tanto perché in un fiume di parole è più semplice nascondere ciò che vogliamo davvero dire. « E tutti si sentiranno sempre nella posizione di giudicarmi. E lo ammetto.. oggi ha fatto male, con Fred.. e anche con tutto il resto. Ciò che mi spaventa però è che anche tu mi stai giudicando.. in un modo o nell'altro. Perché in fondo.. non ti ho mai dato alcun motivo per dubitare di me. Non l'ho mai cercato.. non ti ho mai mancato di rispetto, né lo farò mai finché saremmo sotto lo stesso tetto. E probabilmente nemmeno dopo. Perché.. non mi va. Non ci riesco. Non ne ho voglia. Francamente sì.. credo che la tua preoccupazione sia fuori dal mondo. Perché io.. sono rimasta volutamente esattamente dove tu potessi vedermi. Non ti ho mai dato alcun motivo.. » Fece un passo in avanti, ritrovandosi a fermarsi e ad abbassare lo sguardo come se avesse fatto qualcosa di sbagliato, di illecito. Come se, a conti fatti, loro non fossero mai usciti da quella stanza della torre Corvonero. Bloccati lì, tra le incomprensioni, la vigliaccheria, la paura e le ellissi. Il solo fatto che Mun si sentisse in quella maniera, come se lui tra tutti la stesse giudicando, lo feriva più di quanto lo facessero i loro consueti scorni. Eppure, lo feriva in maniera diversa. Non era la rabbia ad ergersi come scudo di fronte ai suoi occhi ingrigiti, quanto piuttosto la tristezza e la frustrazione. Perché Mun non capiva. Per quanto lui tentasse, lei continuava a non cogliere ciò che stava lì di fronte al suo naso. E si sa che quando non si capisce qualcosa, si tende a dargli le proprie spiegazioni, a completare i vuoti nel testo con delle parole che vanno a creare una narrativa completamente differente. « A questo punto non ti capisco davvero..Non credo di meritarmi di essere messa in punizione a vita. Non riesco più a capire se il tuo è pregiudizio oppure qualcos'altro.. » La fronte di Albus andò istintivamente ad aggrottarsi. Un'espressione dilaniata, che non aveva le sfumature minacciose tipiche dei momenti in cui il giovane Potter si sentiva messo all'angolo o posto sotto scrutinio. Forse è questo il problema. Che sono sempre stato bravo a dire le cose senza dirle realmente, non rendendomi conto che a volte..bisogna dirle e basta. A lungo Albus si era voluto crogiolare nell'idea che la comunicazione potesse essere semplice: che lei avesse tutti gli strumenti per comprendere ciò che accadeva lontano dagli occhi e dalle orecchie, senza bisogno di dargli forma - senza doversi rendere vulnerabile. Ma a ben vedere, questa tecnica non funziona, e io avrei dovuto dirti che ti volevo lì, in quella stanza. Avrei dovuto baciarti, piuttosto che tentare di farti capire che volevo farlo. Si morse l'interno del labbro, così forte da sentire il sapore ferroso sulla punta della lingua, mentre lo sguardo cercava di vagare altrove come a voler evadere da quella che ormai era diventata nella sua testa una realtà consolidata. C'era forse della rabbia, in quello sguardo. Una rabbia rivolta all'interno, verso se stesso, verso le proprie naturali difese e un carattere che lo portava a fare determinate cose. Rabbia dovuta alla lotta tra quello stesso carattere e ciò che ormai aveva imparato a proprie spese. Ma alla fine, nel riportare lo sguardo su di lei, vinse la seconda. Vinse quello
    b0f435e7766f0bf649a0008ccdd99230c1d977a7
    scoppio tanto esasperato quanto liberatorio che venne fuori con un tono leggermente più alto. « Pensi che non lo sappia, che non mi hai mai dato alcun motivo per dubitare? » disse, quasi glielo stesse recriminando. Come se, in fondo al cuore, avrebbe preferito che fosse il contrario, così da poter avere una ragione a cui aggrapparsi per giustificare la propria reazione. « Pensi davvero che la mia sia una sfiducia nei tuoi confronti? » Ogni parola usciva dalle sue labbra come se vi venisse strappata con violenza, contro la volontà del proprio creatore. Le iridi fosche di Albus andarono a puntarsi in quelle di lei, specchio evidente di quella lotta interiore, di quella forzatura che stava compiendo su se stesso per dirle a chiare lettere cosa provasse. Uno sguardo, quello, che di emozioni ne aveva pure troppe: rabbia, tristezza, frustrazione, ma anche un amore schiacciante che non era disposto a lasciar andare e per cui avrebbe combattuto anche fino alla morte. « Sono geloso, Mun..come te lo devo dire? Non è una cosa razionale. Non funziona così. Non importano tutte le ragioni che so di avere per non dovermi preoccupare: quando ho visto Fred, ho desiderato che non fosse mai tornato. » Fece un passo in avanti, sostenendo lo sguardo di lei anche contro quella tortura che si stava perpetuando da solo. « Ogni istante a quel tavolo è stato un supplizio, perché nonostante tutto, riuscivo solo a pensare a tutti i se e ai forse che potrebbero portarti via da me. » La paura è uno dei sentimenti che più ci lega al mondo animale. E' istintiva, cieca, irrazionale. Non risponde alle regole della ragione e non trae il suo potere dalla logica. La paura si attacca a quella vocina nella nostra testa che sibila le cose più orribili e a cui, spesso, tendiamo ad ascoltare molto più che a tutto il resto. « E mi fa incazzare. Perché non avrò mai il coraggio di chiederti di stargli alla larga. Non dopo il modo in cui mi sono battuto per tenere Betty e Fawn nella mia vita. Mi piacerebbe fare due pesi e due misure, dire che la mia è una situazione diversa soltanto perché io sono io e so quanto cieca tu debba essere per credere anche solo per un istante che potrei voler qualcun altro al di fuori di te. » Si strinse nelle spalle, scuotendo il capo. « Non posso. Perché a quanto pare, cieco lo sono anche io. » Perché anche io provo quel terrore. E' forse ciò che temo di più. Ed è per questa ragione che ha così tanto potere su di me, che rimbomba così forte nelle mie orecchie. Non ho basi, se non la mia stessa insicurezza. Rimase in silenzio per qualche istante, passandosi una mano tra i capelli con un gesto nervoso, mentre si inumidiva le labbra screpolate. Istanti, quelli, che gli servirono a riprendere fiato, calmando quel ribollire di emozioni prima di incrociare nuovamente lo sguardo di lei. Mosse un passo in avanti, lento, la fronte aggrottata non dalla minaccia, ma da quella tristezza bruciante che ancora gli sibilava sotto pelle. Una mano raggiunse il viso di Mun, appoggiandovi il palmo contro la guancia con delicatezza, mentre gli occhi cercavano di trasmetterle quell'appello disperato alla comprensione. « Non pensare che io ti giudichi. Non pensare che io non ti veda. » Pausa. « Ti vedo sempre, Mun. Anche quando tu credi che io non stia guardando. » Tirò su col naso, come a ricacciare indietro delle lacrime che non scesero mai. « Ciò che tu interpreti come pregiudizio e dubbio, è solo paura. » Fece un'altra pausa, cercando nei suoi occhi una reazione qualsiasi. « Non voglio perderti, ok? »

     
    .
  7.     +2    
     
    .
    Avatar

    Slytherin pride

    Group
    Ricercati
    Posts
    2,563
    Reputation
    +2,283
    Location
    the void of metamorphoses

    Status
    Anonymes!
    « Pensi che non lo sappia, che non mi hai mai dato alcun motivo per dubitare? Pensi davvero che la mia sia una sfiducia nei tuoi confronti? » Trattenne il respiro, colta da un improvviso senso di impotenza. Non sapeva cosa fare, né cosa dire, e quello sguardo colmo di dolore fu la reazione più eloquente che seppe dargli sul momento. « Allora dimmi cosa devo fare! » Sbottò a sua volta esasperata, pur mantenendo il tono di voce pressoché basso. Non si era scordata che non erano da soli, ma nonostante ciò, la frustrazione ebbe la meglio su di lei, colta da un fiume di parole che non sapeva come esprimere, senza peggiorare ulteriormente la situazione. Un nodo alla gola si frappose tra lei e le sue intenzioni autodistruttive, frenandola dal dare inizio a quell'operazione kamikaze. « Sono geloso, Mun..come te lo devo dire? Non è una cosa razionale. Non funziona così. Non importano tutte le ragioni che so di avere per non dovermi preoccupare: quando ho visto Fred, ho desiderato che non fosse mai tornato. Ogni istante a quel tavolo è stato un supplizio, perché nonostante tutto, riuscivo solo a pensare a tutti i se e ai forse che potrebbero portarti via da me. » Si sentì improvvisamente sporca, colpevole; aveva il coltello dalla parte del manico puntato contro Albus e continuava incessantemente a torturarlo. Pensare che Mun non l'avesse capito o non avesse intuito per quale ragione il ritorno di Fred fosse stato talmente inopportuno dal punto di vista di Albus, era semplicemente un bugia bella e grossa. La piccola Carrow ha sempre saputo cosa ci si prova; ha storto il naso e a volte si è persino scagliata contro il giovane Potter anche e solo per la semplice presenza di una delle sue ex nel panorama della loro vita ideale. La gelosia di Mun era un morbo, un fungo che continuava a crescere di giorno in giorno, espandendosi ogni istante dopo istante un po' di più. E non importava quanto stessero bene insieme, non importava quanto Mun si fidasse di lui - e si fidava! Oh se si fidava. Non c'era persona al mondo alla quale avrebbe affidato più di quanto avesse affidato ad Albus, eppure quel senso di irrazionale follia, c'era comunque. Io ti ho affidato me stessa prima ancora di avere certezze. Ti ho dato tutto, il buono e il meno buono, non sapendo fino in fondo cosa ne avresti fatto. Un atto di fede col quale, Mun non si era mai evidentemente misurata fino in fondo. Se ha avuto il coraggio di affidare ad Albus la sua parte peggiore, ha davvero senso di dubitare di altro? Sì. La piccola Carrow era certa che, proprio in virtù di ciò che gli ha affidato, il pericolo di vederselo scivolare via come acqua tra le dita, era sempre maggiore. Quando lo ha conosciuto, Albus era un essere puro; umano, ma pur sempre privo di macchia alcuna. I suoi sbagli potevano essere annoverati nell'ordine dei tipici errori adolescenziali. Aveva fatto torti ad amici e parenti, aveva segreti e guerre personali da portare avanti, ma non era una cattiva persona, né si era macchiato di alcun peccato capitale. La sua presenza nella vita di lui, Mun, l'ha percepita sempre come un'intrusione, come se l'avesse rubato, sottratto a una vita più semplice e serena. Non solo lo aveva rubato ad altre persone, ma lo aveva anche sottratto dalla sua strada - la giusta via. Cosa mi assicura che in virtù di ciò un giorno non ti sveglierai consapevole di aver fatto un errore? Cosa mi garantisce che prima o poi non vedrai le crepe? Che, ad un certo punto della nostra vita capirai finalmente che Fawn, o Betty, o qualcuno di completamente nuovo può darti più di quanto io ti sto dando? Dal suo punto di vista, un pericolo c'era ad ogni angolo di strada. Mun si sentiva in difetto, in svantaggio, sempre alla mercé della paura che un giorno Albus avrebbe realizzato che lei gli aveva rovinato la vita. Per tutta questa serie di motivi, lei, quelle sensazioni riesce a comprenderle perfettamente, ma nonostante ciò, non riesce a collegarle ad Albus. Sono io ad averti portato via.. ad averti.. rubato. Ed è ancora così: dopo tutto questo tempo, Mun continua a sentirsi come un ladro a casa propria. A intervalli regolari torna a rifrequentare percorsi mentali che dovrebbero essere scomparsi, e che pure, per una ragione o un'altra persistono, soprattutto nell'ultimo anno. « E mi fa incazzare. Perché non avrò mai il coraggio di chiederti di stargli alla larga. Non dopo il modo in cui mi sono battuto per tenere Betty e Fawn nella mia vita. Mi piacerebbe fare due pesi e due misure, dire che la mia è una situazione diversa soltanto perché io sono io e so quanto cieca tu debba essere per credere anche solo per un istante che potrei voler qualcun altro al di fuori di te. Non posso. Perché a quanto pare, cieco lo sono anche io. » E non aveva neanche idea, Albus, di quanto Mun si sentisse in colpa per averlo spinto a parlarne apertamente. La sentì paradossalmente come una sconfitta; non riusciva a sorreggere tutto quel dolore, forse nemmeno accettarlo. Avrebbe preferito mille volte che lui si arrabbiasse, che le urlasse contro, che le desse l'occasione di puntargli il dito contro e darle la possibilità di uscirne vittoriosa e priva di sensi di colpa. Ah, ma non è mai così. Circonda il polso di lui con le proprie dita, per paura che lui potesse interrompere il contatto con la pelle di lei. Il palmo caldo di lui contro la propria guancia, la obbligarono a muovere il capo leggermente ricercando le sue carezze con la stessa bramosia di un gattino alla ricerca esasperata di attenzioni che non riceveva da troppo tempo. « Non pensare che io ti giudichi. Non pensare che io non ti veda. » « Ma ne avresti il diritto! » Sbotta di colpo; sembra davvero quella la soluzione a tutto. Nei momenti di insicurezza, Mun ripercorre sempre le stesse strade, e gli stessi demoni tornano a farle visita, come se non riuscisse a slegarsi da quel passato che continua a non voler retrocedere in quella sua vita che ha tutte le premesse di essere una piccola fetta di paradiso. Gli occhi lucidi si perdono nei suoi, colti da un senso di impotenza e frustrazione. « Ti vedo sempre, Mun. Anche quando tu credi che io non stia guardando. Ciò che tu interpreti come pregiudizio e dubbio, è solo paura. » Egoista. Questa la prima cosa che pensa di fronte a quelle parole; si sente un'egoista. Perché nonostante tutto pende dalle sue labbra, e muore dietro a quelle attenzioni, dietro a quel bisogno incessante di sentirsi completamente sua. « Non voglio perderti, ok? » Sorge di fronte a quelle parole, la più basilare delle questioni che regolano il rapporto tra due persone. Non si può accettare l'amore di qualcun altro, se non si è in grado di amare prima se stessi. E Mun, nonostante il suo orgoglio e la fierezza con cui si presentava al prossimo, nonostante la sicurezza di sé che sembrava mostrare in particolari circostanze, restava una ragazza estremamente insicura. Non sapeva amare se stessa, e sembrava a volte, che l'unico modo per vedere se stessa, era attraverso gli occhi di lui. Un'equazione quella che in fondo, valeva alla stessa maniera sulla sua dolce metà. Irriverente, fiero, orgoglioso a dismisura, eppure sin troppo esigente con se stesso, al punto da pensare, che in un modo o nell'altro, una qualunque mossa errata li avrebbe portati al punto del non ritorno. Mun e Albus erano troppo passionali, ma al contempo erano altrettanto insicuri, e bastava davvero poco affinché i loro pilastri venissero scossi; insicurezze quelle che affondavano radici in tempi antichi, prima ancora che si conoscessero, prima ancora che i loro destini venissero inesorabilmente legati l'uno all'altro e che si erano amplificate forse anche proprio grazie al modo in cui i loro destini si erano legati l'uno all'altro. Gli occhi lucidi di lei si spostano dai suoi occhi, lungo la linea incurvata all'ingiù delle sue labbra. Uno improvviso slancio in punta di piedi scatenato da un'improvviso bisogno di vicinanza, rompe la distanza tra i due, trasformandosi inesorabilmente in un gesto di troppo. Incastra per un istante.. un solo istante, il labbro di lui tra i denti prima di ritirarsi velocemente sostituendo a quel contatto il dolce strofinare la tempia contro il mento di lui. Un'azione resasi necessaria, per non affondare prima del tempo. Per non cedere prima di aver finito di parlare. « Vorrei strapparmi gli occhi per permetterti di vederti come ti vedo io. » Non avresti più paura. Al più, paura dovrei avercela io, perché a quel punto capiresti che puoi farmi davvero qualunque cosa, ed io sarei comunque qui.
    tumblr_inline_pxli676yA71tbbu3v_500
    « Abbiamo vissuto come due estranei, sì.. ma tu mi piacevi comunque. Mi piaci ancora. » Azzarda un'altro passo, l'unico che la separa dal calore del suo corpo, contro il quale si crogiola ora, incollandosi al suo petto con morbosità, attirando a sé con le dita, la flanella di cui è fatta la camicia di lui. « Mi piaci sempre.. anche quando non ti sopporto. » Mi piaci punto e basta. Colta da un improvviso bisogno di dimostraglielo, solleva lo sguardo verso di lui, e in punta di piedi si abbandona a un bacio più profondo, costernato, convinta ormai di non potergli resistere e di non voler nemmeno farlo. Le dita si arpionano al volto di lui, mentre l'altra mano si solleva per raggiungere i capelli sulla nuca, carezzandoli con dolcezza e un pizzico di aperta possessività. Sente il bisogno di corrispondere quelle sue insicurezze con l'unica sicurezza che ha in quel momento. Ti voglio.. ti voglio così tanto che mi fa male.. ma.. si allontana appena, senza tuttavia interrompere il contatto con il corpo di lui, coi suoi capelli, senza poter veramente privarsi del calore del suo corpo. « Albus.. » Un sussurro a fior di labbra. Il nome di lui ha un sapore così dolce sulle labbra di lei, e Mun ne sfiora le sillabe con una tale devozione. « ..io lo so che il problema non siamo solo noi. Lo so che siamo stati così perché c'è dell'altro.. » Ora lo capisco. Inizierò a farci i conti. « ..ma ti prego resta Ecco ciò che non gli mai detto. Un pensiero a cui avrebbe dovuto dare forma materiale molto tempo addietro e che ora sente di dover esprimere senza remora alcuna. Lo fa per se stessa, per rimediare a un torto passato, a tutte le volte in cui avrebbe voluto dirgli di restare, ma il suo orgoglio le ha impedito di farlo. « Resta con me.. per favore. » Una pattina lucida vela le sue iridi di ghiaccio. « Il mondo mi fa paura senza di te. Non sono capace.. » Gli stampa istintivamente un altro bacio sulle labbra, premendo contro di lui ulteriormente, col timore di vedersi privare della sua vicinanza da un momento all'altro. « Magari siamo anche sbagliati.. ma questo.. » Ciò che c'è tra noi. « ..non è sbagliato. Continuano a farcelo credere e noi continuiamo a cascarci, ma forse tutto questo ha un perché. Stanno giocando con le nostre menti, e noi glielo permettiamo di continuo. » Pausa. « E io lo so che ci sono cascata.. ormai lui mi ci fa cascare di continuo.. e mi dispiace - so di essere sbagliata! - .. ma se è vero, io non voglio tornare a essere quella di prima. » Non voglio vivere ancora una volta nel suo giro, messa di continuo in condizione di vedere ciò che lui vuole che io veda. « Stavamo bene.. io e te stavamo benissimo. E poi.. nell'ultimo anno.. non so più dire cos'è vero e cosa c'è solo nella mia testa. Non so più scindere il giusto dallo sbagliato. » Si stringe nelle spalle, colta dalla consapevolezza di essersi persa. Anche Mun si è persa; è solo che non ha mai avuto il coraggio di ammetterlo. Lentamente, un po' alla volta, ci hanno sciupati. Da prima ancora del sabato, da prima ancora dell'assemblea. Ci hanno messi a tacere, hanno insinuato il seme del dubbio nelle nostre menti.. siamo diventati deboli. S'inumidisce istintivamente le labbra, mentre incolla la fronte contro il suo petto. « Tu non puoi perdermi.. non sono mai andata da nessuna parte. Ma io.. io temo che potrei perdere te se continuiamo a vivere così.. perché io non ne combino una giusta. » Solleva lo sguardo lucido in quello di lui, il sospiro di lui contro il proprio, che si fondono, in una leggera nuvoletta di condensa. Resta. Solo un sussurro mimato appena.




    Edited by blue velvet - 22/4/2020, 21:11
     
    .
  8.     +1    
     
    .
    Avatar

    Advanced Member

    Group
    Ricercati
    Posts
    1,867
    Reputation
    +2,294

    Status
    Anonymes!

    « Vorrei strapparmi gli occhi per permetterti di vederti come ti vedo io. » Un'inaspettato annullamento delle distanze, quello che la piccola Carrow aveva attuato, sporgendosi in punta di piedi per mordicchiare il labbro del ragazzo. Quante volte Albus aveva pensato quelle stesse parole a cui lei aveva appena dato voce? Quante volte si era intimamente disperato nella ricerca di un modo per farle capire quanto insensate e stupide fossero le preoccupazioni riguardo un eventuale ripensamento di lui? Troppe per poter essere contate. Era frustrante, quell'incapacità di farle capire quanto le fosse schiavo. Mun era stata in una botte di ferro sin dal primo giorno, ma non se ne era mai resa conto, preferendo dare ascolto alle proprie insicurezze piuttosto che vedere ciò che aveva di fronte al naso. Solo adesso, Albus iniziava a capire come si fosse dovuta sentire: spaventata, incerta, inconsolabile. E' difficile farsi convincere di qualcosa quando sei tu stesso a remare contro la verità. Ma ora anche tu sai come ci si sente, a non poter far nulla. Parole che pensò tra sé e sé, che si incisero nel silenzio mentre strofinava delicatamente il naso contro i suoi capelli corvini, inalandone il profumo a pieni polmoni quasi avesse paura fosse l'ultima volta. « Abbiamo vissuto come due estranei, sì.. ma tu mi piacevi comunque. Mi piaci ancora. » Si lasciò attirare dalla sua presa, inconsapevole del sospiro pesante che infranse la barriera delle sue labbra. Chiuse gli occhi, premendosi un po' più contro di lei, alla ricerca di quella vicinanza troppo a lungo mancata. Le dita andarono a cercare immediatamente un appoggio alla base del suo collo, intrecciandosi ai capelli in un movimento che sapeva di assuefazione. « Mi piaci sempre.. anche quando non ti sopporto. » E allora perché non mi credi, quando ti dico che per me è lo stesso? Lasciò che lo sguardo, fattosi verdastro, vagasse ripetutamente indeciso tra gli occhi e le labbra di lei, prima che queste ultime incontrassero le sue, bisognose di quel contatto. A quel bacio, Albus si abbandonò con tutto se stesso, attuando sulla nuca della mora la pressione necessaria a spingerla ancor di più verso il suo viso, mentre il corpo cercava istintivamente l'aderenza al suo complementare. C'era ben poco di studiato in quelle movenze, mancanti di alcun calcolo. Albus la voleva, come l'aveva sempre voluta, se non addirittura di più. Quel battito cardiaco accelerato ne era la prova del nove. E infatti, scostarsi, fu fisicamente doloroso. Un'azione del tutto contraria alla volontà, all'istinto e al desiderio. Sulle iridi di smeraldo si impresse uno sguardo frustrato, accompagnato dal morboso mordicchiarsi il labbro inferiore in quello che era un gesto di evidente dissidio interiore. Probabilmente Mun aveva altro da dire, ma ormai il giovane Potter era stanco di parlare, stanco di lasciare che la retorica si mettesse tra loro, creando incomprensioni e muri non necessari. « Albus.. » « Mmh? » mugolò roco, tra l'interrogativo e il frustrato, incollando la fronte alla sua e strofinando il naso con quello di lei. « ..io lo so che il problema non siamo solo noi. Lo so che siamo stati così perché c'è dell'altro..ma ti prego resta. » Quella parola, quel "resta", Albus l'aveva aspettata a lungo. L'aveva aspettata sin da quella sera di Natale nella torre di Corvonero, quando non avrebbe desiderato altro se non un segnale chiaro dei sentimenti di lei. Quando le aveva dichiarato - senza farlo davvero - le sue emozioni, il giovane Potter lo aveva fatto senza sapere davvero cosa aspettarsi, o cosa desiderare. Se da un lato aveva colto la palla al balzo del suo "vattene" per salvare un'integrità ormai già compromessa, dall'altro avrebbe voluto sentirla ricambiare quei sentimenti che le aveva appena mostrato. La superficie chiedeva una cosa, ma l'intimità ne chiedeva un'altra. E nel profondo, ciò che l'ex Serpeverde avrebbe voluto sentirsi dire, era proprio quella parola: "resta". Perché era conscio del fatto che, nonostante tutto, se lei l'avesse pronunciata, lui in risposta avrebbe gettato a terra armi e buoni propositi. Schiavo, appunto. Gli avesse Mun chiesto di saltare, la sua risposta sarebbe stata "quanto in alto?". « Resta con me.. per favore. Il mondo mi fa paura senza di te. Non sono capace.. » La sua visuale si fece più appannata nel sentire quelle parole, mentre una mano si spostava ad accarezzarle una guancia e un dolce sorriso tremulo si insinuava sul suo volto. « Sono sempre voluto restare. » disse a bassa voce, sottintendendo più di quanto quella breve frase dicesse per sé. Albus sarebbe voluto rimanere con lei sin dall'inizio, sin da quella stanzetta in cui i due si erano sporti a guardare nell'abisso, ritraendosi un istante prima di cadervi dentro. Le ragioni per cui non lo aveva fatto erano molteplici: codardia, spirito di giustizia, senso di colpa, rifiuto..e forse molte altre ancora. Tante volte, intimamente, Albus si era ritrovato a chiedersi cosa sarebbe successo se avesse compiuto scelte diverse in vari momenti della sua vita. Tra questi dubbi, la serata nella torre di Corvonero era stata un particolare rompicapo. Lì sul momento, oltre alla vigliaccheria, ad assalirlo era stato anche il dubbio - il dubbio che lei non lo ricambiasse e che fosse stato lui a ricamarci troppo sopra. Se ne era andato con la coda tra le gambe e l'espressione di chi si vergognava come un ladro. Così facendo, Mun era rimasta sola a combattere contro la cecità, almeno per il resto della notte. Ma se Albus non se ne fosse mai andato? Una parte di lui credeva che, in quel caso, sarebbe stato il punto di non ritorno: non sarebbero riusciti a staccarsi nemmeno se qualcuno fosse andato lì con un paio di cesoie. Forse, a conti fatti, sarebbe stato meglio di ciò che è effettivamente accaduto. O forse peggio.
    tumblr_optjy01jS41qeey9xo3_400
    Non lo so.
    « Magari siamo anche sbagliati.. ma questo.. non è sbagliato. Continuano a farcelo credere e noi continuiamo a cascarci, ma forse tutto questo ha un perché. Stanno giocando con le nostre menti, e noi glielo permettiamo di continuo. E io lo so che ci sono cascata.. ormai lui mi ci fa cascare di continuo.. e mi dispiace - so di essere sbagliata! - .. ma se è vero, io non voglio tornare a essere quella di prima. Stavamo bene.. io e te stavamo benissimo. E poi.. nell'ultimo anno.. non so più dire cos'è vero e cosa c'è solo nella mia testa. Non so più scindere il giusto dallo sbagliato. » Abbassò lo sguardo per un istante, lasciando cadere una mano dal volto di Mun per intrecciarla alle sue dita. Stavamo bene..fin quando qualcuno non ha deciso che non dovesse andare così. Era stato difficile, accettare tutte quelle cose assieme. Il crucio, l'evidente rabbuiarsi di Mun e il matrimonio andato in fumo sotto gli occhi di milioni di spettatori telematici. Il mondo magico aveva potuto assistere alla scena di Betty che faceva a pezzi il vestito della giovane Carrow - lo stesso vestito che Albus aspettava di vedere per la prima volta addosso alla propria ragazza. Eppure, l'unica immagine che aveva del bellissimo abito bianco, era stata quella che lo Shame gli aveva ficcato in gola a forza. Eravamo così felici..e guarda dove siamo finiti: ai ferri corti per sei mesi di fila. Da che dovevamo sposarci, siamo passati persino a dubitare la volontà dell'altro nel rimanere in questa relazione. Strinse appena le dita di Mun, sospirando tra sé e sé. « Tu non puoi perdermi.. non sono mai andata da nessuna parte. Ma io.. io temo che potrei perdere te se continuiamo a vivere così.. perché io non ne combino una giusta. » Un altro sospiro, una pausa. Risollevò lo sguardo negli occhi di lei, stirando un sorriso che aveva una piega dolce-amara nell'inclinare di poco il capo e scostarle una ciocca di capelli dal viso. « Dubito che tu possa davvero fare qualcosa per perdermi. » ammise, sotto voce, quasi fosse una colpa di cui si vergognava. Perché in fin dei conti sapeva di potersi incazzare con Mun quanto gli pareva, senza però riuscire mai a lasciarla andare. La amava in una maniera totalizzante, che lasciava ben poco spazio alla logica o al libero arbitrio. Mi hai rincoglionito così tanto, che forse rimarrei persino se un giorno dovessi tradirmi sul serio. « Non riesco a immaginarmi senza di te, Mun..non posso..forse nemmeno lo voglio. » E nemmeno c'entravano i figli; se pure non ci fossero stati, Albus si sarebbe sentito comunque alla stessa maniera. Intrappolato da un sentimento che non aveva previsto e che in parte aveva cercato di combattere, quanto meno sulle prime. Il silenzio lasciò spazio ai respiri pesanti, che rimbombavano in quello spazio esiguo tra le loro labbra. « Questa volta non voglio lasciarti sola. » Non voglio che tu affronti tutto ciò da sola. « Non voglio sentirmi dire da qualche parente o amico che ti sei rintanata a piangere sul fondo di un armadio perché io non ero lì per te..perché ho avuto troppa paura di restare. » Chiuse gli occhi nel pronunciare quelle parole, lasciando che una lacrima silenziosa gli scivolasse sulla guancia mentre premeva la fronte con maggior vigore contro quella di lei. Tremanti, le labbra andarono a ricercare quelle della ragazza, poggiandovi prima un bacio, poi un secondo, un terzo e così via, fin quando non si ritrovò ad avvolgerla nelle sue braccia, incapace di staccare una qualsiasi parte del proprio corpo da lei. E a quel punto, cadde il silenzio. Un silenzio interrotto solo dal rumore di quei respiri pesanti sbuffati dalle narici e dal fruscio dei loro indumenti ad ogni tocco. Mosse un passo in avanti, spingendo la schiena di Mun contro la colonnina di legno, mentre una mano scendeva lungo il profilo del suo corpo, facendo presa sulla coscia di lei per guidarla ad avvinghiarsi su di lui. Anche le dita della sinistra, lasciarono presto la presa sul suo viso, intrufolandosi sotto l'orlo del maglione per accarezzare la pelle morbida del suo stomaco, della sua schiena, del suo fianco. Istintivamente, spinse il bacino a ricercare quella vicinanza il cui bisogno si rendeva ormai palese, bruciante. Un gemito contrariato fuoriuscì dalle sue labbra solo quando, a un certo punto, si sentì tirare ripetutamente il lembo della camicia. Nello staccarsi dalle labbra di Mun, la fronte accigliata assunse un'espressione a metà tra l'interrogativo e l'interdetto. Cosa? Non ebbe una risposta a parole. Lo sguardo di Mun si spostò alla sua destra, verso il basso, sgranandosi appena mentre riprendeva con velocità una posizione più consona. Nel voltarsi, Albus incontrò lo sguardo sin troppo vispo di un Jay che si stringeva al petto il proprio peluche di dinosauro. Il biondino lo guardava implorante. « Papà..ho fatto un brutto sogno. » Istintivamente, il giovane Potter serrò la mascella, chiudendo gli occhi e prendendo un profondo respiro mentre si passava una mano tra i capelli per riportare a sé la calma necessaria a non urlare contro un bambino di cinque anni. Pochi istanti dopo, un sorriso affettato si distese sul suo volto, mal celando la rabbia che gli ribolliva dentro. « Vuoi che ti accenda la lucina, tesoro? » disse gentile, ma a denti stretti. « E' accesa. » Pausa. « Ho paura. » Altra pausa. Non lo dire. Ti prego. « Posso dormire con te? » E lo sapeva, Albus, che se anche gli avesse detto di no, si sarebbe solamente esposto a pianti e ad un continuo andirivieni del bambina tra la propria cameretta e la loro stanza. Sospirò dunque un'altra volta, gettando uno sguardo costernato a Mun prima di volgersi nuovamente al bambino, chinandosi sulle ginocchia per prenderlo in braccio. « Va bene, Jay. Ma solo per questa sera. Promesso? » « Promesso. » trillò il bimbo, poggiando la testolina sulla spalla del padre. Promesse da pirata, le tue, Jay. Si voltò quindi verso Mun, mordicchiandosi appena il labbro inferiore prima di lanciare lì « Vieni a dormire con noi? » Una domanda che tuttavia celava un invito differente, uno che avrebbe probabilmente espresso, se non ci fosse stato Jay lì pronto a fare mille domande. Torna a dormire con me. Mi manchi.

     
    .
  9.     +2    
     
    .
    Avatar

    Slytherin pride

    Group
    Ricercati
    Posts
    2,563
    Reputation
    +2,283
    Location
    the void of metamorphoses

    Status
    Anonymes!
    « Sono sempre voluto restare. » Il sospiro di leo, parole a fior di labbra e un incalzante fiatone sull'orlo di un bacio che entrambi hanno atteso a lungo, compongono una sinfonia accompagnata dal fruscio del vento e lo scorrere di un ruscello in lontananza. Si sente un ululato costante là da qualche parte, lamenti con cui sono abituati e che rientrano nelle abitudini a cui non ci fanno nemmeno più caso. Chiude gli occhi abbozzando un sorriso colmo di gioia, mentre strofina la fronte contro la sua avvolgendo il volto di Albus con entrambe le mani. Quante volte ha desiderato sentire il suono di quella dolce melodia in quei mesi di solitudine! Quante volte si è chiesta se le sentirà mai. A livello concettuale non aveva bisogno di altro e non le interessava nient'altro, perché finché Albus fosse rimasto, lei sarebbe sopravvissuta, e avrebbe continuato a lottare con le unghie e coi denti per la propria vita; per la vita di entrambi. E se questo mondo è fatto solo di sopravvivenza, io voglio comunque sopravvivere con te. Quello era un postulato, che Mun aveva realizzato molto prima che quella netta separazione avvenisse. L'ha capito nel momento esatto in cui ha deciso di mettere a repentaglio tutto ciò che conosceva per andargli incontro, quando si è lasciata alle spalle la propria reputazione e quando, volente o nolente, ha deciso che la presenza di lui nella sua vita, valesse più di quanto il resto del mondo pensasse. Non l'ha sempre vissuta bene; Mun non è una persona che sa vivere senza la benevolenza delle persone, eppure, qualunque cosa credesse le fosse assolutamente indispensabile - i soldi, le amicizie fatiscenti, un ruolo in una società antiquata e alienante - era comunque meno importante di ciò che Albus rappresentava per lei. E' giunta a pensare fosse destino, e forse in fondo il destino c'entrava, nonostante lei nella predestinazione non credesse, né ne osservava i segnali. Con te però, qualunque cosa pensavo avesse un senso, è sbiadito. Non ha alcun significato, è irrilevante. Perché tra te e il resto del mondo, continuo a scegliere sempre te. Anche quando non mi piaci, anche quando non mi vai più bene. C'è qualcosa che mi spinge sempre a pensare solo a te. Albus era per Mun come un'estensione di se stessa, qualcosa di cui semplicemente non poteva farne a meno; nel bene e nel male, era sempre una presenza costante, qualcosa a cui egoisticamente non riusciva a rinunciare. Una lama a doppio taglio, che spesso la portava ad assumere atteggiamenti sbagliati, persino a fargli non deliberatamente del male. Un'unione così totalizzante da ferire spesso e volentieri entrambi; eppure, ai suoi occhi continuava a valerne la pena. Continuava a non poter rinunciare a ciò che avevano; una prigione quella che andava al di là dei figli o degli impegni che avevano preso agli occhi della società. « Dubito che tu possa davvero fare qualcosa per perdermi. » Ed eccone la conferma; qualcosa che, tanto Albus quanto Mun, sapevano avesse un fondo di verità talmente complesso da aprire una pozzo di ragioni e sentimenti senza fine. Ciò che li aveva uniti non era umano, ma altrettanto poco umana sembrava la qualità intensa dei loro sentimenti, della loro costante temerarietà ad aggrapparsi l'uno all'altro quasi come se non avessero nient'altro al mondo. Albus era il suo porto sicuro, la sua più grande certezza, ma anche la fonte più evidente delle sue insicurezze. In lui traeva forza, e attraverso lui scopriva le sue più recondite debolezze. In quegli occhi smeraldini, così mutevoli, compassionevoli quanti spietati, Mun poteva leggere pezzo per pezzo tutto il proprio mondo. « Non riesco a immaginarmi senza di te, Mun..non posso..forse nemmeno lo voglio. Questa volta non voglio lasciarti sola. Non voglio sentirmi dire da qualche parente o amico che ti sei rintanata a piangere sul fondo di un armadio perché io non ero lì per te..perché ho avuto troppa paura di restare. » Dischiuse gli occhi vividi velati da una pattina lucida, mentre un brivido attraversava il corpicino infreddolito. Una mano si spostò dalla sua guancia verso la sua fronte. Gli sistemò con lentezza i capelli leggermente scompigliati dal tocco intenso delle loro fronti, provando la netta sensazione di trovarsi in fondo al primo lungo capitolo di una storia che aveva avuto tanti alti e bassi. E' Albus a mettere fine alle distanze, incollando la fronte alla sua con maggior vigore, mentre Mun tasta il volto di lei, ad occhi chiusi. Una mappa mentale che ormai vive sotto i suoi polpastrelli da anni. Ne ricorda ogni particolare, ogni millimetro di pelle; potrebbe plasmarlo ad occhi chiusi e ne verrebbe comunque una copia fedele. Te l'ho detto.. prima o poi troverai il tuo lieto fine. E seppure non ho mai avuto il coraggio di dirtelo, un po' speravo di trovarlo anche io. La fine di questo capitolo, è diametralmente opposto rispetto al suo inizio. Se la storia di Albus e Mun è iniziata con un bacio mancato, la fine della loro comune età dell'innocenze, si conclude con una lezione appresa. Seppur forse non si accorgono fino in fondo di quanto stia accadendo, i sopravvissuti hanno finalmente deposto le armi. E in quei baci che accentuano l'emergenza che provano, è racchiusa la fine di una guerra che tra i due forse non finirà mai, ma di cui il periodo peggiore - la guerra di logoramento - probabilmente ha mostrato loro la parte peggiore di ciò che potrebbero diventare. Perché se Albus e Mun sono in grado di dare il meglio di loro mentre stanno insieme, è altrettanto vero che sono in grado di dare il peggio. Ed io lo voglio. Non voglio dare il peggio di me. Non posso immaginare una vita in cui tutto questo si consumi e si logori fino a renderci due estranei. Ed è con quelle convinzioni, e una foga inaudita che lo attira a sé, stringendo tra i pugni i lembi della camicia di lui, sospirando con ardore contro le sue labbra. La schiena di lei incontra una delle colonne sul porticato, mentre dita impazienti vanno alla ricerca sconclusionata della sua carne, affondando un po' alla volta le unghie contro la sua schiena prima di lasciarsi tentare dal possessivo desiderio di armeggiare con poca maestria con la sua cintura. Tra sospiri e carezze, la mente di lei si perde da qualche parte in un territorio che ben conosce e che pure, a quel punto della storia le appare inesplorato come la prima volta. Tutto ciò che desidera è sentire la propria pelle contro quella di lui, amarlo, dimostrargli quanto le sia mancato e quanto, non può fare a meno di ricascarci ancora e ancora in quel malato incantesimo fatto di affetto e possesso. Di scatto tuttavia, qualcosa accade; un imprevisto che Mun non aveva considerato, né riusciva ad accettare del tutto a quel punto. Una presenza alle spalle del ragazzo, la obbliga a tornare coi piedi per terra, in tutti i sensi e passarsi le mani tra i capelli mentre lo sguardo corre allarmato verso il volto di Albus. « Papà..ho fatto un brutto sogno. » Cosa? E' così sbagliato pensare che Jay sia stato inopportuno e maleducato. E' così errato prendersela con lui anche solo mentalmente per aver interrotto quel momento. Mun si morde il labbro inferiore e sospira, mentre sposta lo sguardo altrove allontanandosi appena con fare disinvolto. Si passa una mano sul volto mentre, posati i gomiti contro la ringhiera, lascia vagare lo sguardo nel giardino, cadendo preda a una serie di pensieri di cui si vergogna. Un istante in cui la frustrazione prende il sopravvento su di lei. Si sente uno schifo, ma la verità è che non attende altro che Albus se ne liberi. E non riesce nemmeno a rivolgersi al bambino, per paura che possa rispondergli con fare acido. « Vuoi che ti accenda la lucina, tesoro? » « E' accesa. Ho paura. » E lì, Mun sa dove andrà a parare. La conosce quella strategia. Si maledice in quel momento per tutte le volte in cui, nel corso degli ultimi mesi, gli ha permesso di colmare la sua solitudine dormendo assieme a lei. Quindi è questa la strategia. Prima vai da lui. Lui ti dice di no, poi vieni da me. Ah, piccolo furbetto! « Posso dormire con te? » Appunto. Lo sguardo di Mun incontra quello di Albus, prima stringersi nelle spalle, annuendo con fare sconsolata. Non potrebbe in ogni caso dire di no a Jay, e se anche Albus ci avesse provato, probabilmente sarebbe stata la stessa Mun a cedere alla fine. « Va bene, Jay. Ma solo per questa sera. Promesso? » « Promesso. » Mun sospirò e si avvicinò abbastanza da posare un bacio leggero tra i capelli del bimbo, circondandogli appena le spalle da dietro in un morbido abbraccio colmo di affetto. « Però non fate tardi. Domani ti devi svegliare presto. » Sapeva d'altronde Mun che Jay amava perdersi in chiacchiere, specie quando era su di giri come quella sera.
    IoYjoGZ
    Crezzò infine i suoi morbidi capelli biondi rivolgendogli una smorfia scherzosa. A quel punto si era semplicemente messa l'anima in pace; per quanto ciò poteva essere fonte di amarezza e frustrazione, non riusciva ad avercela con Jay nemmeno in via ipotetica. « Vieni a dormire con noi? » Solo di fronte a quella domanda diretta di Albus, Mun ebbe il coraggio di incontrare nuovamente il suo sguardo. Svanito l'incantesimo, per un istante si era convinta che un leggero velo di freddezza si sarebbe frapposto nuovamente tra loro. Quel suo invito tuttavia, suscitò in lei paradossalmente un velo di tristezza e di gioia, che mal celò, nonostante avesse abbassato lo sguardo per qualche istante. Si sentiva incompiuta, come se avesse mancato il punto centrale del loro discorso, come se alle loro parole non ci fosse stato un seguito. Il bisogno della sua vicinanza tuttavia, ebbe la meglio sui troppi pensieri che brulicarono nella sua mente in quel momento e quindi annuì, sciogliendosi in un leggero sorriso seguito da un bacio che posò sulla spalla di lui, strofinando la guancia contro il tessuto morbido della sua camicia. « Uhm.. ok. » Disse in un tono che aveva dell'incerto. Colta di sorpresa, si ritrova a gettare quelle parole con apparente indifferenza. Sospira sfregandosi le mani impaziente. « Però c'entriamo meglio.. da noi. » Si schiarisce la voce. « Nel lettone. » Jay sembra accogliere quella proposta con entusiasmo, mentre lo sguardo di Mun ricerca istintivamente quello di Albus. Torna a dormire nel nostro letto. La risposta più eloquente che riesce a dargli in quel momento, mentre il suo guardo sembra voler urlarle ai quattro venti tante altre cose che, decide di reprimere per via della presenza di Jay. « Preparo del latte caldo e arrivo. » Gli dà tempo per riappropriarsi dei suoi spazi; spazi che, in sua assenza non sono cambiati di una virgola. [...] Quella sera molti silenzi vennero riempiti dal chiacchiericcio di Jay, e quando finalmente il bambino iniziò a mostrare una palese palpebra calante, Mun alzò le coperte sopra le sue braccia, posandogli delicatamente un bacio sulla fronte. Gli rimboccò le coperte, infagottandolo per bene, mentre il bambino, ormai abituato all'insaputa di Albus a quel rituale, attese il suo dolce traghettare verso il mondo del sogni. Mun gettò uno sguardo ad Albus, sorridendogli, prima di ricercare la sua mano sopra le coperte. Iniziò dunque quella dolce cantilena a voce passa, soffiando delicatamente sopra il volto dell'infante. « I close my eyes, then I drift away into the magic night, I softly say a silent prayer like dreamers do then I fall asleep to dreams, my dreams of you » In dreams I walk with you, in dreams I talk to you in dreams you're mine, all of the time we're together in dreams, in dreams. La ragazza solletica istintivamente le nocche di lui, e infine sorride. « Buonanotte topolino. » E non è certa di aver mai preso sonno quella notte, fissando a intermittenza Albus e il soffitto, colta da profondi sbuffi e sospiri pesanti; certo è che la mattina seguente, ha fatto tardi al lavoro, e trattare con garbo le guardie, le risultò più difficile del solito. Ma in fondo, avrebbe scoperto Mun, che le settimane a seguire, sarebbe state colme di malumore e insoddisfazione; una condizione che sembrò portarla ad accogliere con entusiasmo l'invito più bislacco e sospetto della sua intera esistenza. I giorni al Redrum, iniziarono ad assumere nella sua mente, il pretesto perfetto per prendersi la vacanza dalla vita che si meritava. Una che non avrebbero certo dimenticato. Forse non solo per i motivi che si prospettavano silenziosamente e di comune accordo.


     
    .
8 replies since 11/4/2020, 02:06   241 views
  Share  
.