Stanza n. 13

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  1. lioness
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    I am a lioness, I will not cringe for them.


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    Fu un duro colpo al proprio ferreo senso di responsabilità, per Alice, quello inflitto senza preavviso alcuno una domenica di marzo dalla sua compagna di stanza. Veronica Rigby la stupì, com'era ormai solita fare, sorprendendo la Watson impreparata: non che non avesse di fatto nulla da dire o non sapesse nulla al riguardo, semplicemente non avrebbe nemmeno pensato di osare toccare l'argomento per prima. Mai. In nessuna circostanza. Con nessuno. Non dopo i recenti tumulti che avevano scosso Inverness fino alle fondamenta, a detta di suo fratello Percival. Non era nemmeno sicura di avere il diritto di poter parlare con loro delle sommarie informazioni che le erano arrivate, se non con Lucy, che stava vivendo il tormento dell'impotenza per tutto quello che stava capitando alla sua famiglia. Si erano ritrovate a scambiarsi le versioni ottenute dai rispettivi fratelli e nient'altro: con suo cugino sbattuto ad Akzaban, poi, avevano già concordato che stesse precipitando tutto più velocemente del previsto. Ma il passato che avevano condiviso tra quelle mura insieme qualche anno prima... era innominato e taciuto anche con lei. « Vi capita mai di pensare ai mesi nel lockdown? » Era stata con il telefono in mano fino a quel momento, la Grifoncina, indecisa se avanzare un passo di riconciliazione con Louis dopo mesi (in fondo, con Bart era andata bene, no?), quando si ritrovò a rivolgere uno sguardo grave ed attento all'amica. Sei sicura di quello che fai, Ronnie? « Ascoltate. » Serrata in un silenzio doveroso e necessario, sospese il movimento di ogni suo muscolo e, prima di accettare dentro di sé che fosse davvero arrivato il momento di parlarne, lanciò uno sguardo a Lucy ed Olivia. Con la Picquery le cose ancora non si erano risolte del tutto e per una stupida questione di principio da entrambe le parti: che dovesse chiedere a Ronnie un po' del suo coraggio in prestito? « La dodici e la quattordici sono vuote. » Abbassò lo sguardo smeraldino, Alice, mentre un brivido la fece tremare per qualche secondo; era piccola, esile, ora rannicchiata dentro di sé. Inabile anche al semplice respiro. « Lo so che dopo tutto quello che è successo c'è stato un po' questo tacito accordo tra tutti di non parlarne mai più ma... voi ve lo siete mai chiesto: e se dovesse tornare? Perché io sì. » Rialzò lo sguardo chiaro sulla figura della Grifondoro, senza dire nulla. Come al solito, tanto si tratteneva sulle sue labbra dipinte di rosso, ma Alice preferiva tacere. « E non so se sarei pronta ad affrontare di nuovo una cosa del genere. Lo so che l'ultima volta sono solo stata fortunata e che se non ci fossero stati i lycan, probabilmente non sarei qui. » Una verità che era stata difficile da accettare, quella di essere una Watson ma di non condividere il gene lycan con i gemelli maggiori. Quindi l'ennesima consapevolezza che solo la scaltrezza e l'abilità l'avrebbero potuta salvare, nelle più estreme situazioni di pericolo. Nessun dono fuori dal comune o privilegio di razza: solo sé stessa e la sua capacità di rimboccarsi le maniche. La consapevolezza anche della necessità che qualcuno vegliasse su di lei perché sopravvivesse a quegli anni bui, dove perdere la speranza era diventato più facile che coltivarla. « Voi, invece? Credete che stavolta sareste pronte? » Aspettò che Olivia e Lucy rispondessero, la Watson. Lasciò che parlassero prima loro, aspettò qualche minuto. Ascoltò ancora, rinchiusa nel suo recinto di ricordi che avrebbe volentieri obliviato, distrutto, se avesse avuto l'età giusta per farlo e quelle notti insonni non fossero state troppo lunghe per lei. Troppo lunghe e troppo importanti. Solo quando entrambe finirono di parlare, Alice sembrò tornare sulla terraferma. Nella Torre dei Grifondoro. Una lacrima rigò la sua guancia appena lentigginosa, mentre tentava di parlare e non ci riusciva. Mentre tentava di fare dei nomi che non pronunciava da troppo tempo da averne dimenticato la dolcezza sulle labbra. « Rosie, Alexandra, Justine, Sophie. E Mary Anne, Zarah, Teresa. L'altra Alice. » Un'altra lacrima sull'altra guancia, poi un'altra ancora. L'altra Alice. Big Alice. Era più grande di lei ed aveva un cuore tanto grande da sacrificarsi perché un'altra di loro vivesse. Le piaceva il Quidditch. Era un portento sulla scopa. Tutti conoscevano Big Alice, tra i Grifondoro sopravvissuti. Ed anche le altre ragazze da lei nominate avevano abitato quelle stanze colorate al suo arrivo al castello, stanze ormai vuote da tanto. « Ogni tanto penso a loro. Me le ricordo ancora vive come se fosse ieri. Non c'è un giorno in cui il mio cuore non le ritrovi. » Disse, passando in rassegna lo sguardo vigile di tutte, finalmente un po' più libera. Era forse un'illusione? Si asciugò le guance con le maniche della felpa. « A me ha salvato mio fratello... mentre stavo scoprendo che lo fosse. Mio fratello, intendo. » Si alzò in piedi, sbattendo più volte le palpebre per tornare lucida il prima possibile e reprimere quel ricordo che era capace di disintegrare la sua corazza da leonessa all'istante. « Senza di lui, Tris e gli altri lycan non ce l'avrei mai fatta. Ero abbastanza avanti con gli incantesimi, ma non mi sarebbe comunque bastato. No.. » Un'ammissione vera quanto dolorosa, che rispondeva naturalmente alla domanda di Ronnie: se non siamo diventate più brave col tempo e non facciamo in modo di diventarlo ancora di più, la situazione rimarrà invariata anche la prossima volta. Se ci salveranno il culo i grandi, bene. Se no... « Ma io... » Forse sapevo che sarebbe successo. Ed andrà sempre peggio. Sono mesi che Johnny prova a comunicare con me. Sono mesi che percepisco qualcosa di confuso al riguardo. Ma non so come gestirlo. Non voglio gestirlo. Non so niente. Non lo so. No. « ...vado a fare del thé ai frutti rossi per tutte. » concluse, dirigendosi verso il fornelletto a passo svelto mentre le pupille le luccicarono ancora, e Little Alice continuava ad ascoltare in silenzio.
     
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9 replies since 21/5/2020, 14:20   507 views
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