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    Aprile
    I giorni successivi al ritorno dal Redrum erano stati nonostante tutto l'idillio per eccellenza. Albus e Mun non erano stati così affiatati nemmeno all'inizio della loro realizione. Forse è questo il punto. Devi giungere a temere di perdere una persona, arrivare quasi al punto del non ritorno, per comprendere il valore di ciò che potresti perdere. E Mun lo aveva compreso. Né il delirio che pensava di aver vissuto alla fine della loro esperienza nel parco, né il conseguente invito per una seconda giornata al suo interno erano stati sufficienti per distoglierla dalla sua nuvoletta rosa. Era come se avesse messo tutto in pausa. Perché in fondo, il mondo là fuori poteva aspettare. Qualcosa di più prezioso necessitava della sua cura e attenzione; la sua relazione veniva prima di tutto il resto - anche prima delle Logge, il cui mistero, sarebbe rimasto lì da risolvere anche il giorno successivo. Solo quando, il giorno precedente aveva intravisto da lontano il suo collega di tirocinio, si era ricordata che una questione piuttosto pressante continuava a fluttuare sopra la sua testa come una spada di Damocle. Eccola quindi il giorno seguente, vestita già per recarsi nel campus per le lezioni che aveva deciso di riprendere con più assiduità, attendere il risveglio di Albus con una tazza di té fumante tra le mani e la colazione già pronta per tutti. Discorsi piuttosto quotidiani quelli che fanno sulle prime. Beato te che hai la giornata libera. Ho un sacco da studiare. Il tirocinio fa proprio schifo. E via così con le lamentele per un po' finché l'ora di uscire non si avvicina. Una strategia piuttosto stupida, quella di Mun, che però spera, gli darà modo di riflettere prima di iniziare a urlare e incazzarsi esplodendo in un raptus di rabbia.
    « Devo dirti una cosa. » Comincia così il discorso più travagliato della storia. « Ho fatto una cazzata.. mentre.. Mentre noi non eravamo più.. noi. » Mette le mani avanti scuotendo la testa prima che lui possa farsi idee strade. « Prima che salissimo sul treno mi è stata confessata una cosa di cui avrei preferito non venire mai a conoscenza. » Pausa. « Ho scoperto chi ha denunciato. E sinceramente.. avrei voluto dirtelo ma.. una parte di me credeva seriamente che il treno sarebbe stata la nostra occasione per.. » Riconiciare. « Il punto è che poi sono successe mille altre cose. I decreti, la tavola calda, Fred.. quella sera.. » Il momento in cui sono stati più vicini che mai a smettere di farsi la guerra. « Non ho mai trovato il momento adatto per dirtelo. Ma ora.. con le dimissioni e tutto quello che sta accadendo.. ora che io e te.. » Siamo di nuovo un noi. « Non voglio che tu lo scopra per vie traverse. So cosa si prova. » Abbassa istintivamente lo sguardo. Ora capisce davvero in quale condizione è stato messo Albus dopo la sfida dello Shame. È ancora certa che sarebbe dovuto essere lui a raccontarle tutto, ma a quel punto ne è passata così tanta di acqua sotto i ponti che non intende nemmeno tentare di capire se è nato prima l'uovo o la gallina. Quel periodo è stato troppo difficile per lei per cercare di vincere a tutti i costi una lite scaturita dalla stessa app che ora minacciava con ogni sua mossa passata di mandarli addirittura dietro le sbarre. Decide infine di dirgli le cose esattamente come stanno, gettando con impazienza lo sguardo sull'orologio appeso in cucina. « Ma non è stato solo il tempismo il problema. La verità è che io non mi fidavo più di te, né sapevo cosa avresti fatto o quanto avresti peggiorato la situazione se lo avessi saputo. » Solleva lo sguardo in quello di lui e parla con eloquenza, cercando di mantenere un tono piatto. « Ti conosco abbastanza bene da sapere che le probabilità che la questione finisse male sarebbero state altissime. E lo sono tutt'ora. Però.. » Però qualcosa è cambiato. Mun lo ha ritrovato alla fine. « ..ho capito che non possiamo proteggerci a vicenda da tutto ciò che potrebbe farci male, Albus. » Si stringe nelle spalle. « Viviamo nella città del libero arbitrio, eppure, noi continuiamo a decidere per partito preso cosa è giusto per l'altro. » L'hai fatto tu con me, e l'ho fatto io con te. « In questi giorni sono giunta alla conclusione che ti amo abbastanza da lasciarti scegliere. » Una frase quella, che aveva centinaia di significati. Era pronta a lasciar andare almeno in parte la gelosia morbosa verso determinati elementi, e l'idea che dovesse proteggerlo da qualunque cosa come se non fosse in grado di farlo da sé. « Di sopra nel primo cassetto della mia scrivania troverai due fialette con le rispettive date di estrazione. La più recente contiene informazioni che vanno al di là di questa faccenda, l'altra invece contiene la confessione di chi ha denunciato. » Non era un caso il fatto che avesse deciso di mostrargli i ricordi che riguardavano Nate e Percy. Da una parte non voleva fargli pensare che avesse deciso di nascondere i segreti del giovane Douglas per chissà quale motivo; allo stesso modo, ciò che Percy le aveva rivelato, andava al di là delle mere informazioni sulle denunce. « Non ti dirò cosa farne, Albus. Ho avuto paura per un sacco di tempo - forse perché.. perché ho pensato che avresti usato queste informazioni a mo di capro espiatorio. Non avevi nient'altro tra le mani, eri frustrato e solo.. e.. avere qualcuno con cui prendertela, lo so da me, è sempre più semplice. » Pausa. « Non ti dirò cosa fare. » Anche perché probabilmente non mi ascolteresti in ogni caso. « E' giusto che tu scelga di fare i conti con questa cosa a modo tuo. Però.. se posso darti un suggerimento.. » Fa automaticamente scivolare sul bancone con un colpo di bacchetta la pila di giornali giunta quella mattina. « Forse è iniziando a decidere chi verrà dopo la soluzione giusta. » Non montando su uno scandalo, o massacrando di botte mezzo mondo, o tornando a litigare come se non ci fosse un domani. « Quanto a me, spero tu possa perdonarmi per avertelo tenuto nascosto. » Si stringe nelle spalle e sospira mentre lo osserva con un leggero senso di impotenza. « A conti fatti, la verità è che sono stata messa in scacco. E.. non intendo giustificarmi. Le cose stanno semplicemente così. » Non sa nemmeno cosa dire in fondo. A quel punto, con le dimissioni della Flamel, non sa più nemmeno cosa pensare, né come rigirare la situazione per digerirla. « Se stasera ti troverò a casa per cena, saprò che hai fatto la scelta giusta. E potremmo parlarne.. se ne avrai bisogno. Ma se così non fosse.. » Lo sguardo di ghiaccio si perde per un istante nel vuoto alle spalle del ragazzo, mentre cerca di immaginare tutti i peggiori scenari in cui potrebbe precipitare quella situazione. « ..non ti giudicherò e ci sarò comunque. » Sempre che tu mi voglia ancora.




     
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    « Devo dirti una cosa. » Le quattro parole che a nessuno piace mai sentirsi dire. Specialmente al risveglio, accompagnate dallo sguardo serio e titubante di chi le ha appena pronunciate. Parole, quelle, a cui Albus rispose col silenzio, annuendo appena nel masticare la propria fetta biscottata in maniera sin troppo accurata per i suoi standard da pitone che ingurgita qualsiasi cosa commestibile nel raggio di tre metri da sé. « Ho fatto una cazzata.. mentre.. Mentre noi non eravamo più.. noi. » Di male in peggio. Ma i pensieri più neri di Albus vennero prontamente scansati da un cenno della mora, la quale sembrava voler prevenire la reazione di crepacuore creata al ragazzo durante la sera in cui gli aveva raccontato dell'incontro con Fred. « Prima che salissimo sul treno mi è stata confessata una cosa di cui avrei preferito non venire mai a conoscenza. Ho scoperto chi ha denunciato. E sinceramente.. avrei voluto dirtelo ma.. una parte di me credeva seriamente che il treno sarebbe stata la nostra occasione per.. » Non la interruppe, Albus. Persino quando la mora si prendeva pause più o meno lunghe nel discorso, il moro rimase in silenzio, limitandosi a mangiare la propria colazione con gli occhi fissi su di lei. Sembrava calmo, fin troppo calmo per lasciar presagire qualcosa di buono. Albus era infatti una delle persone più espressive sulla faccia del pianeta: ogni reazione si poteva facilmente leggere sul suo volto e tra i cambi di colore delle sue iridi. Il peggio veniva proprio quando, di reazioni, non ne dava nessuna. Il significato era semplice: stava digerendo le informazioni, le stava rielaborando una ad una con estrema attenzione per capire come muoversi di conseguenza. Ma è risaputo: i problemi, col secondogenito Potter, venivano proprio quando pensava troppo alle cose. « Il punto è che poi sono successe mille altre cose. I decreti, la tavola calda, Fred.. quella sera.. Non ho mai trovato il momento adatto per dirtelo. Ma ora.. con le dimissioni e tutto quello che sta accadendo.. ora che io e te.. Non voglio che tu lo scopra per vie traverse. So cosa si prova. » La prima espressione arrivò con un sorriso tirato poco convinto e l'alzata di entrambe le sopracciglia. Ma ancora, nessun commento. « Ma non è stato solo il tempismo il problema. La verità è che io non mi fidavo più di te, né sapevo cosa avresti fatto o quanto avresti peggiorato la situazione se lo avessi saputo. Ti conosco abbastanza bene da sapere che le probabilità che la questione finisse male sarebbero state altissime. E lo sono tutt'ora. Però.. » E sapeva, Albus, in cuor suo, di non poter ribattere a quella logica. Non tanto perché la ritenesse giusta nei propri confronti, ma piuttosto perché lui per primo l'aveva adottata con lei durante l'estate passata. « In pratica mi dovevi restituire il favore. » disse infine, piatto, ma con una palese nota di acidità nel tono di voce. « ..ho capito che non possiamo proteggerci a vicenda da tutto ciò che potrebbe farci male, Albus. Viviamo nella città del libero arbitrio, eppure, noi continuiamo a decidere per partito preso cosa è giusto per l'altro. In questi giorni sono giunta alla conclusione che ti amo abbastanza da lasciarti scegliere. » Distolse lo sguardo accigliato da Mun, quasi a voler sviare dall'ovvietà di essere stato punto sul vivo. Nonostante il tempo passato, Albus era rimasto sulle proprie convinzioni. Non si era pentito delle sue scelte, anche perché era conscio di averle prese con il quadro ben chiaro di tutto ciò che sarebbe potuto andare storto. Avevano semplicemente scelto tacitamente di non riportare più in ballo la questione, accettando la visione dell'altro pur se in completo contrasto con la propria. Concordiamo sul fatto di non concordare - ecco, quella era stata più o meno l'ottica con la quale si erano mossi sulla questione di Fawn e della Cruciatus. « Di sopra nel primo cassetto della mia scrivania troverai due fialette con le rispettive date di estrazione. La più recente contiene informazioni che vanno al di là di questa faccenda, l'altra invece contiene la confessione di chi ha denunciato. Non ti dirò cosa farne, Albus. Ho avuto paura per un sacco di tempo - forse perché.. perché ho pensato che avresti usato queste informazioni a mo di capro espiatorio. Non avevi nient'altro tra le mani, eri frustrato e solo.. e.. avere qualcuno con cui prendertela, lo so da me, è sempre più semplice. » Si alzò, di scatto, cominciando a muoversi nella cucina per svolgere manualmente tutte quelle faccende che avrebbe potuto delegare a un colpo di bacchetta. Ma aveva bisogno di fare qualcosa, di tenersi impegnato, per non andare completamente in escandescenze e innescare un nuovo caso diplomatico all'interno della sua stessa relazione. « Sono proprio curioso di vedere quale alta personalità si sia meritata la tua protezione. » La tua protezione da me, nello specifico. « Tuo fratello? » Fece una pausa, lasciando che il rumore del getto d'acqua sui piatti e bicchieri riempisse il silenzio. « Cosa ti aspetti che faccia? Che comprenda e accetti serenamente l'idea che qualcuno abbia messo a rischio la mia famiglia e i miei amici? » Si voltò giusto il tempo per rivolgerle un'occhiata eloquente sull'orlo di un sorriso tirato e uno scuotimento del capo. « Non ti dirò cosa fare. E' giusto che tu scelga di fare i conti con questa cosa a modo tuo. Però.. se posso darti un suggerimento.. » Si voltò completamente, appoggiandosi al mobile e incrociando le braccia al petto con l'espressione di chi era tutt'orecchi. « Forse è iniziando a decidere chi verrà dopo la soluzione giusta. » Le elezioni? Seriamente? Ora? « Quanto a me, spero tu possa perdonarmi per avertelo tenuto nascosto. A conti fatti, la verità è che sono stata messa in scacco. E.. non intendo giustificarmi. Le cose stanno semplicemente così. Se stasera ti troverò a casa per cena, saprò che hai fatto la scelta giusta. E potremmo parlarne.. se ne avrai bisogno. Ma se così non fosse..non ti giudicherò e ci sarò comunque. »

    Immergersi nei ricordi di Mun aveva dato ad Albus sentimenti contrastanti. Da un lato c'era la rabbia, alimentata dalla scoperta di chi, nella precisione, era il delatore - e dunque di chi Mun si fosse sentita di coprire. Da un altro c'era la preoccupazione per le parole di Watson, le quali a modo loro avevano aiutato a mettere la situazione all'interno di un contesto più pragmatico. E poi c'era un pizzico di soddisfazione per quello schiaffo inaspettato, dal quale lui stesso era rimasto stupito. La giovane Carrow non aveva mai alzato le mani su nessuno e, anzi, si era sempre espressa vocalmente in aperto contrasto con soluzioni violente. Si era guardato quelle immagini più volte, cercando di capire. Capire soprattutto dove stesse il proprio cuore a riguardo. Perché l'istinto, come al solito, gli ordinava di smaterializzarsi sotto casa di Nate e scatenare l'inferno. Ma c'erano cose più forti, dell'istinto, in Albus. Prima di tutto il dovere di proteggere la propria famiglia, non esponendola a polveroni che avrebbero solo sollevato domande scomode a tutti - e dunque la ragione cardine per cui lui per primo non aveva denunciato. In secondo luogo veniva il disprezzo. Nathan non gli era mai piaciuto, ma proprio per questo Albus non si sarebbe perso occasione di puntargli il dito contro, normalmente. Eppure tra il contrasto e il disprezzo c'è una netta differenza. Avrebbe potuto perdonare la stupidità distruttiva di Nate se solo non fosse seguita ad avvertimenti e mani tese. Sono stato io, durante l'assemblea, a intimare tutti a denunciare. Ma nessuno mi ha appoggiato. Sono stato io, Nate, a guardarti dritto negli occhi e chiederti di collaborare quando lo Shame voleva metterci tutti contro tutti. Ma tu ti sei voltato dall'altra parte. Mai una volta, nella tua misera vita, hai accetto l'aiuto altrui. Mai una volta hai ritenuto qualcun altro degno della tua collaborazione. Se così stanno le cose, io non ti riterrò degno della mia attenzione. La solitudine che ti sei creato con le tue stesse mani è una risposta di per sé sufficiente all'immeritata superiorità con cui tratti puntualmente il prossimo.

    Al ritorno di Mun, la tavola in cucina era già apparecchiata e i bambini giocavano tranquilli in salotto in attesa che la cena venisse servita. « Bentornata. » disse serenamente, infilandosi un guantone da forno per tirare fuori la teglia di lasagne fumanti preparate seguendo pedissequamente la ricetta datagli da Esme. La poggiò sul tavolo, attento a non rovesciare nulla con i propri movimenti, per poi disfarsi del guanto. « Come è andata la giornata? » chiese, lanciandole uno sguardo eloquente. Uno che doveva comunicarle la scelta intrapresa secondo la promessa cui erano rimasti quella mattina. Quindi si avvicinò, incerto, lasciandola parlare prima di rivolgerle un sorriso disteso. Poggiata una mano sulla sua spalla, si sporse in avanti per stamparle un bacio sulla fronte, stringendo le palpebre e rimanendovi incollato per qualche istante prima di riprendere lentamente le distanze. « Domani andiamo al parco. » Pausa. « Io, te, i bambini, Arthas e Audrey. Ci portiamo qualcosa da mangiare e li facciamo scorrazzare. » Sospirò, guardandola da sotto le ciglia con aria seria, quasi stesse per comunicarle qualcosa di estremamente importante. « Da adesso ci occupiamo solo di quello che conta..di chi conta. »


     
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    La preoccupazione l'aveva logorata per tutto il corso della giornata. Per quanto tentasse di concentrarsi, la sua mente correva altrove. Più e più volte aveva avuto l'istinto di abbandonare l'aula in cui si teneva il seminario di diritto internazionale magico per tornare a casa. La forza che le ci volle per restare incollata alla propria sedia era stata ferrea, ma nonostante ciò aveva desistito dal seguire i suoi istinti irrequieti, convinta che, in quella maniera non avrebbe fatto altro che rimangiarsi le parole che gli aveva rivolto. Quella volta, Mun non aveva intenzione di perderci la faccia ulteriormente. Gliel'ho promesso. E l'ho promesso anche a me stessa. Devo fidarmi. Lavorare su se stessa in quel senso non era affatto semplice. Semmai, le appariva più complesso che lottare contro un dio della morte. Dopo l'ora di pranzo qualcosa era cambiato. All'uscita dal primo blocco della mattina, aveva incontrato Percy; lo aveva affiancato quasi istintivamente stringendosi i libri al petto mentre remavano assieme alla moltitudine di gente verso le aree ristoro nel campus. « Ho parlato con Albus oggi.. di quella cosa. » Il tono apparentemente vago resta piuttosto fermo ed eloquente mentre solleva lo sguardo in direzione del ragazzo quasi cercando una qualunque conferma circa il suo operato. Lui annuisce, ma non dice niente in merito. Forse non è né il posto, né il momento adatto per parlare di questioni così delicate. « Stai andando a pranzo? » « Uhm.. si si.. ti va di andarci insieme? Potremmo ripassare l'ultima parte sulla soft law. » E fu la migliore decisione che potesse prendere. Lo stacanovista Watson era riuscito a distoglierla dai suoi pensieri ossessivi, gettandola nella sana compiacente sensazione di deliziarsi con grattacapi giuridici di una certa portata. Conversarono in maniera accesa finché la seconda parte del seminario non ebbe inizio e così, Mun riuscì almeno in parte a superare la giornata senza compiere un'altra delle sue mosse kamikaze. Tornò a casa in macchina; il tragitto da Hogsmeade a Inverness le sembrò infinito, eppure, al contempo non sufficientemente lungo da poter mettere su un discorso altrettanto convincente come quello di quella mattina. E' arrabbiato? Mi odia? A quel punto Mun era piuttosto certa che lei e Albus avrebbero litigato di nuovo quella sera. Sono proprio curioso di vedere quale alta personalità si sia meritata la tua protezione. Sbatte istintivamente i palmi contro il volante, perdendo la pazienza per un istante, mentre sbuffa esasperata. La decisione di dargli modo di fare i conti con quella situazione da sé, non sembrava più la cosa più saggia che potesse escogitare. Con queste premesse, come minimo trovo la casa vuota. E l'ha sempre saputo, Mun, che nascondergli quelle informazioni non sarebbe stata una buona idea; Albus l'avrebbe letta come un suo voler proteggere Nate da lui. No. Non volevo restituirti il favore. Volevo fare la cosa giusta. Per una volta ero convinta di poter ottenere di più da sola. Nate fa parte di una realtà che io conosco ancora; segue logiche che in parte credo di sapere ancora come funzionano. Forse loro non vogliono ammettere che sono ancora una di loro, ma questo ridicolo privilegio - che piaccia o meno - è qualcosa da cui non puoi scappare. Volevo giocare al suo gioco. Fregarlo al suo stesso gioco. Purtroppo.. qualcun altro ha fregato tutti noi prima che chiunque potesse sfruttare queste leve a proprio vantaggio. Non sapeva, Mun, a quel punto cosa sarebbe successo. Tante erano le domande che brulicavano nella sua testa: perché hanno ritirato i decreti? Perché il governo si è dimesso? Perché lo Shame non sta facendo niente? Perché non ha più fatto niente? L'occhio del ciclone sembrava allontanarsi ancora una volta del epicentro dello Shame. Non può essere davvero una coincidenza. Che lei avesse ragione o meno, Mun, di quelle ipotesi si sarebbe scordata abbastanza in fretta, rapita tanto da mirabolanti nuovi scenari di matrice personale, quanto da nuove promesse tangibili per una società civile migliore e più sicura.

    Le luci sono accese e non appena apre la porta Mun viene investita da un boato di bambini e cani che le danno il benvenuto. La prima ad andarle incontro è Audrey seguita a poca distanza da Jay. « CIAO!!!!!! » Mun si abbassa quanto serve per farsi dare un bacio sulla guancia, prima che Jay si avvicini al suo orecchio per farle una domanda segreta segretissima. « Le hai comprate le figurine? » Immaginava che, dal modo in cui si nascondeva dal padre, il bambino doveva aver già avuto un pacchetto di figurine quel giorno. Tuttavia la giovane estrae dalla tasca della giacca primaverile una bustina verde acido su cui vi sono disegnati diversi dinosauri multicolori. Il biondo corre così furtivamente via, ma non prima di aver stampato un'altro sulla guancia della ragazza. « Grazie Mun! Non dirlo a papà. » « Bentornata. » La scena viene interrotta da una Albus in versione casalinga che sorprende oltremondo Mun. Solleva infatti entrambe le sopracciglia schiudendo automaticamente le labbra senza sapere cosa dire di preciso. La difficoltà evidentemente in cui si trova, viene interrotta da Lily che le tira il vestito balbettando con un surplus di gioia sconnessi quanto ciungettanti 'amma mamma mà! Si libera in fretta e furia della borsa e della giacca, gettando le scarpe in un angolo, per poi prendere in bacio la sua piccolina, andandogli incontro. « Ehi! » Il saluto più naturale del mondo. Che Mun si senta in difetto è evidentissimo. « Che profumo! Cosa ha cucinato papà, eh? » Chiede alla bimba, strofinando il nasino contro la guancia della moretta. « Wooo, ma sono proprio le lasagne di zia Esme - » Comincia rivolgendosi ancora una volta alla bambina, prima di farla scivolare sul seggiolone. « Come è andata la giornata? » Lo sguardo della mora si volge istintivamente verso Albus; sembra tranquillo, normale, e il suo sguardo eloquente sembra confermare le sensazione che ha in merito a quella conversione. Si appoggia contro il bancone, dopo aver selezionato l'occorrente per preparare la cena di Lily. Inizia a tagliare del formaggino e verdure cotte precedentemente al vapore. « Uhm.. bene. Goldstein è un mostro di bravura. Credo che andrà bene questo esame. » Pausa. « C'era anche Percy.. » Butta lì in mezzo al discorso, mentre solleva nuovamente lo sguardo verso Albus tentando di tastare il terreno. Li hai visti? Un dubbio più che lecito a quel punto. Il giovane Potter, tuttavia, fa qualcosa che Mun non si aspetta. Il leggero bacio sulla fronte la costringe a sorridere mentre abbassa lo sguardo imbarazzato. Le guance tinte di rosso mentre tenta di tornare al ligio compito di preparare parte della cena tanto per Lily quanto per Jay. « Domani andiamo al parco. Io, te, i bambini, Arthas e Audrey. Ci portiamo qualcosa da mangiare e li facciamo scorrazzare. Da adesso ci occupiamo solo di quello che conta..di chi conta. »

    Click. Un fotografia di Jay che tira le orecchie ad Arthas. Click. Lily scorrazza sul prato. Click. Lily piange tra le braccia di Albus in seguito a una caduta. Click. Albus si destreggia nel togliere le rotelle dalla bici di Jay. Piccoli momenti che potevano solo rubare. Al tramonto, Lily si è addormentata sul passeggino; Audrey si è rannicchiata su un piccolo cuscino accanto a loro, mentre Mun dal canto suo giocherella distrattamente con i capelli di Albus storcendo il naso mentre continua a studiarsi lo speciale della domenica della Gazzetta - un esemplare di tutto rispetto incentrato solo ed esclusivamente sulle elezioni. L'unico che sembra avere più energia di quante ne aveva quando si è svegliato è Jay che continua nel suo via via sulla bici, sotto lo sguardo particolarmente vigile di Arthas che, seppur seccato, non sembra volerne sapere di staccare lo sguardo dal bambino.
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    « PAPA' PAPA' GUARDAMI! » Ogni qual volta l'attenzione si spostasse dal vorticare di Jay di qua e di là, quest'ultimo rimetteva con estrema puntualità l'ordine delle priorità. Mun scoppia istintivamente a ridere e richiude il giornale. « Secondo te se lo ricorderà del giorno in cui gli hai tolto le rotelle, quando ti dirà per la prima volta papà che palle, fatti gli affari tuoi? » Una prospettiva piuttosto lontana, eppure, quando Mun aveva incontrato Jay, il bambino non aveva ancora compiuto tre anni. Ora invece, di anni ne aveva cinque, era molto più autosufficiente e decisamente un bambino più tranquillo, oltre che felice ed estremamente viziato. « Ha le idee molto chiare sul compleanno, il signorino. Tema: dinosauri. Vuole invitare tutti tranne Tommy ed Angie perché - cito - per colpa loro è finito all'angolino. E vuole una miniscopa come zio James - cosa su cui non sono molto d'accordo! Ok la bici.. ma la miniscopa.. » Getta uno sguardo scettico in direzione di Albus, sollevando un sopracciglio. « Dovremmo evitare Inverness.. per i genitori. Non so quanto siano a proprio agio? » Pausa. « Un po' mi dà fastidio il fatto che casa nostra non è vista di buon occhio all'esterno. In campagna elettorale poi.. nessuno ne parla. » Si stringe nelle spalle. « Qualcuno dovrebbe metterli con le spalle al muro su questa situazione. Goldstein dice che ciò che ha fatto la Flamel è contro ogni consuetudine o trattato del diritto internazionale. » Di scatto si ferma tuttavia, prima di gettarsi sovrappensiero in una lunga disquisizione fuori luogo in quel momento. « Niente! La smetto. » Inizia così ad alzarsi, dirigendosi verso il vicino tavolo da picnic che hanno occupato in precedenza in attesa della piccola cenetta che si sono preventivamente portati da casa in attesa di culminare un pomeriggio perfetto a lume di candele. « Jay! Su! Ad apparecchiare. » Distoglie così il bambino dalle corse che ha iniziato a fare sulla sua piccola bici, per la gioia di Mun che non è pronta a vedere tutte le ginocchia sbucciate che quell'estate le riserverà. Fosse per lei, i bambini andrebbero messi sotto una campana di vetro, in attesa di arrivare alla maggior età. Infine, posa una piccola scatolina con un fiocchetto smeraldino sul piatto di Albus, e seduti tutti attorno al tavolo, Lily tra le sue braccia intenta a tirarle i capelli, la giovane Carrow osserva la scatola e si stringe nelle spalle in attesa che il ragazzo la apra. Al suo interno avrebbe trovato solo una chiave. Due anni prima, Byron Cooper aveva consegnato loro quella stessa chiave dopo una lite furibonda. Albus aveva appena scoperto che sarebbe diventato padre per la seconda volta, e i due, avevano già iniziato a sognare una vita insieme che fine a quel momento era stata sì bella, ma anche molto più sorprendete di quanto si sarebbero aspettati. Il portachiavi era lo stesso; inconfondibile. Un piccolo sagomato di Hogwarts in edizione inedita dell'ultimo Torneo Tre Maghi di dieci anni prima. « Uhm.. ho pensato che quando fai molto tardi, se sei stanco.. beh non sarebbe poi molto prudente usare la smaterializzazione. Quindi.. » Non è stato facile fare i conti con quella sua decisione, né tanto meno accettare che quel lavoro rendeva Albus davvero felice. Non le piaceva di certo saperlo in giro fino a tardi, però, in fondo, Mun si fidava di lui e tutto ciò che andava al di là di quella convinzione, era unicamente un groviglio di sue insicurezze che non poteva più riflettere sulla loro relazione. « ..siccome avevi già iniziato a lavorarci.. ho pensato fosse una buona idea. » Pausa. « Ho rintracciato il proprietario, ma non vuole vendere. Ha acconsentito però di affittarmela. » Sorride arricciando appena il naso mentre Lily le tira sin troppo energicamente una ciocca di capelli. « Troverò però il modo di convincerlo. Quella è la nostra prima casetta. A Jay piaceva molto. » Ed è proprio il biondino che cerca con lo sguardo. Sta ancora scorrazzando sulla bici. Come si fa a spegnere Jay di preciso? La casa di Hogsmeade non è nemmeno la metà di ciò che hanno ora, ma ha un valore affettivo. E' stato il nostro primo impegno. Il primo progetto a lungo termine fatto insieme. « E' stato un po' complesso trattare con il signor Ehrmantraut però.. buon compleanno.. in ritardo. »




     
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    La normalità era un lusso che raramente era stato concesso a due persone come Albus e Mun. Personalità problematiche, le loro, che sembravano attirare guai già per il semplice fatto di esistere. A complicare il tutto, poi, c'erano sempre strani avvenimenti: tra paternità precoci, divinità della morte, guerre e sconvolgimenti politici, solo di rado era capitato al giovane Potter di potersi assaporare un po' di tranquillità. D'altronde lui, per sé, era abituato a non averne, ma di certo non voleva che la pesantezza di certe condizioni andasse a ricadere anche sulla propria famiglia. Questo, tra i tanti, era uno dei motivi per cui aveva proposto quella gita al parco. Ne avevamo bisogno, ma era anche suo dovere; creare un nucleo familiare coeso era una responsabilità che non poteva delegare a nessuno, ne' poteva ignorare. Lasciare lentamente la presa sul sellino di un Jay che ormai non aveva più bisogno di rotelle fu una soddisfazione dolce amara, che lo portò a guardare il biondino in bici con un misto di orgoglio e tristezza. Il primo passo, quello, di un lungo percorso che avrebbe portato pian piano il bambino a crescere, a distaccarsi e, in generale, a non aver più bisogno di lui. E' questo, d'altronde, l'obiettivo di un genitore, no? Rendere autonomi i propri figli, prepararli alla vita. « Crescono troppo in fretta. » aveva detto a mezza voce, stampando un bacio sulla tempia di Mun prima di sdraiarsi al suo fianco, la nuca poggiata sul suo grembo. « PAPA' PAPA' GUARDAMI! » Sorrise, rivolgendo lo sguardo al bambino prima di parlare a voce più alta. « Ti guardo, amore! Sei bravissimo. Stai attento, però eh. » « Secondo te se lo ricorderà del giorno in cui gli hai tolto le rotelle, quando ti dirà per la prima volta papà che palle, fatti gli affari tuoi? » Ridacchiò, sollevando le iridi sul volto della ragazza. « Se ha ripreso anche solo un decimo da me, sarà un piccolo ingrato. » Ma in fin dei conti, chi non lo era? Chi, prima o poi, non si rivolta contro i genitori additandoli a nemici della propria libertà? Jay non faceva eccezione. Quell'età contraddistinta da puro affetto e ammirazione era solo una fase passeggera che presto o tardi sarebbe sfociata in un'irritante adolescenza. « Ha le idee molto chiare sul compleanno, il signorino. Tema: dinosauri. Vuole invitare tutti tranne Tommy ed Angie perché - cito - per colpa loro è finito all'angolino. E vuole una miniscopa come zio James - cosa su cui non sono molto d'accordo! Ok la bici.. ma la miniscopa.. » « No. Non se ne parla della miniscopa. » Concordò, scuotendo il capo con aria ferma. Quegli aggeggi infernali creavano più danni che altro, e di certo Jay non era ancora nell'età giusta per poter utilizzare un giocattolo del genere. Forse verso i sette, otto anni. « Dovremmo evitare Inverness.. per i genitori. Non so quanto siano a proprio agio? Un po' mi dà fastidio il fatto che casa nostra non è vista di buon occhio all'esterno. In campagna elettorale poi.. nessuno ne parla. Qualcuno dovrebbe metterli con le spalle al muro su questa situazione. Goldstein dice che ciò che ha fatto la Flamel è contro ogni consuetudine o trattato del diritto internazionale. » Scoccò alla mora uno sguardo divertito, quasi interrogativo, come a volerle chiedere se fosse intenzionata a lanciarsi in un lungo discorso politico proprio in quel momento. Lei, dal canto suo, sembrò cogliere immediatamente l'antifona. « Niente! La smetto. » Annuì, ridacchiando tra sé e sé prima di iniziare ad alzarsi dal prato insieme a lei, aiutandola ad apparecchiare il tavolino da picnic. « Potremmo fare la festicciola a casa dei miei..oppure alla Tana. » Un sorriso imperlò le sue labbra a quell'idea. « Te la immagini Karen? » Aprì la bocca in un ironico fare di puro sconcerto e disgusto, portandosi una mano al collo come se si stesse aggrappando a un filo di perle. Imitazione piuttosto fedele della donna cui si riferiva. « Minimo fa vestire il figlio con una tuta antibatterica. » Scosse il capo, divertito dall'idea. « L'unica mammina pancina che si salva lì dentro è quella fissata con la dieta vegana. L'altro giorno mi ha attaccato un pippone assurdo mentre aspettavamo l'uscita. E' molto gentile, anche se suo figlio ha la faccia palesemente depressa di chi preferirebbe farla finita piuttosto che mangiarsi un altro gelato alla soia. » Il piccolo William gli aveva sempre fatto un po' pena, pallido ed emaciato com'era. Più di una volta lo avevano invitato a casa per il pomeriggio, dando modo a Jay di stringerci amicizia e giocare con qualche compagnetto. Il piccolo aveva sempre fissato il cibo del biondino con un'espressione di puro dolore in volto. // « Ci sta il burro lì dentro? » aveva chiesto William, osservando con aria famelica il vassoio da cui Jay aveva appena preso un muffin. « Sì. » Dall'espressione del bimbo, sembrò quasi che Albus gli avesse appena annunciato la morte della madre. « Sembra molto buono. » E dal canto del giovane Potter, una coltellata in pieno cuore sarebbe stata più gradita di quelle parole pronunciate in un tono di dolore. Da lì in poi, ogni volta che William era venuto a casa loro, Albus si era premurato di preparare leccornie accessibili al bimbo, a volte facendo anche qualche strappo alla regola senza dire nulla. Occhio non vede, cuore non duole. // « E questo? » Sorrise, sollevando la piccola scatolina che Mun aveva poggiato sul suo piatto. Aprì il regalo con curiosità, trovandovi all'interno una chiave dall'aspetto piuttosto noto. Felicemente sorpreso, sollevò entrambe le sopracciglia, portando lo sguardo alla mora. « Wow...come..? Grazie. » si affrettò a dire, sporgendosi per stampare un bacio sulle labbra della ragazza prima di iniziare a rigirarsi la chiave di fronte agli occhi. Gli era sempre dispiaciuto perdere quella casetta, ma da un lato aveva cercato di ignorare quel suo spasmodico attaccamento sentimentale alle cose, dicendosi che nel ragionare con quell'ottica avrebbe dovuto comprare mezzo Regno Unito. « Uhm.. ho pensato che quando fai molto tardi, se sei stanco.. beh non sarebbe poi molto prudente usare la smaterializzazione. Quindi.. » Inclinò appena il capo di lato, confuso da quelle parole. « ..siccome avevi già iniziato a lavorarci.. ho pensato fosse una buona idea. Ho rintracciato il proprietario, ma non vuole vendere. Ha acconsentito però di affittarmela. Troverò però il modo di convincerlo. Quella è la nostra prima casetta. A Jay piaceva molto. » Un sorriso dolce si distese sulle labbra del ragazzo, ancora intento a guardare quella chiave con aria a metà tra l'incredulo e il felice. « Beh, immagino che abbiamo risolto il problema location per la festa di Jay. Ne sarà un sacco felice. » Ridacchiò, facendo roteare il portachiavi attorno all'indice prima di riporlo in tasca e rivolgere a Mun uno sguardo più serio. « Grazie. Davvero. E' un regalo bellissimo. » Uno pieno di storia e considerazione, proprio come piaceva a loro. Nessun regalo tra i due veniva mai fatto tanto per fare: c'era sempre un significato, un aneddoto da raccontarci sopra. Albus e Mun ci tenevano a quelle cose, nostalgici e meticolosi com'erano « E' stato un po' complesso trattare con il signor Ehrmantraut però.. buon compleanno.. in ritardo. » Le sopracciglia di Albus si sollevarono in un'espressione di stupore. « Ehrmantraut? Rudolph Ehrmantraut? » sottolineò, guardandola da sotto le ciglia come a chiedere conferma. Non che ne avesse chissà quanto bisogno: di Ehrmantraut non ce ne stavano a mazzi nel mondo magico. Lentamente il sorriso si distese sulle labbra del giovane fino a scoprirgli i denti, assumendo un'espressione furbesca. « A posto. Domani ce la vende. » disse, annuendo appena come a sottolineare quanto certa fosse la sua affermazione. Seduto al tavolo da picnic, Albus si puntellò sui gomiti per sporgersi verso di lei, fissandola negli occhi come se stesse per confidarle un segreto di importanza capitale. « Si dà il caso che Roger Ehrmantraut abbia un figlio di nome Darren Ehrmantraut, che il sottoscritto conosce mooolto bene. » Fece una pausa ad effetto, come a suggerire chissà cosa prima di scansare quella suspance con un cenno della mano. « Era il mio compagno di stanza al riformatorio. E' finito dentro per traffico illecito di bacchette contraffatte. Capirai che chiaramente un quindicenne può fare davvero poco da solo in quell'ambito: infatti è un business di famiglia. Messi alle strette, Darren è andato avanti come capro espiatorio. Essendo minorenne si sarebbe fatto giusto qualche anno al riformatorio e tanti cari saluti. » Fece scivolare i palmi delle mani tra loro come a mimare il disfattismo intrinseco a quell'intera storia. « Non mi sognerei mai di ricattarli. Per quanto malavitosi, sono brave persone. Solo che tendono a non dare troppa confidenza a.. » quelli come te, Carrow « ..gli estranei. » Si strinse nelle spalle. « Probabilmente ha intenzione di strapparti qualche mese di affitto e poi un prezzo più alto per la vendita. Domani ci vado a parlare e risolvo la faccenda. » Le scoccò un occhiolino, facendo posto a Jay accanto a sé e servendogli un po' di insalata di riso nel piatto. « Ma ci stanno le verdureeeee. » piagnucolò il biondino, mentre il padre gli sistemava un tovagliolo sul colletto del maglioncino. « Quanta perspicacia. » chiosò ironicamente Albus, invitandolo poi a non fare troppe storie e mangiare quello che era stato preparato. Dal canto suo, anche il moro iniziò a rifocillarsi, mettendosi in bocca grosse cucchiaiate di cibo fino a spazzolarsi l'intero piatto. « Mmh.. » disse poi, come se si fosse dimenticato qualcosa. Fece cenno con la mano a Mun di attendere mentre finiva di bere il proprio bicchiere d'acqua, prendendo parola in seguito. « ..ci tengo comunque a specificare che, per quanto apprezzi il tuo interesse verso la funzionalità della mia routine, non ho intenzione di andare a dormire lì dopo il lavoro. » Si strinse nelle spalle, con semplicità, appoggiandosi allo schienale della panchina di legno. « Non lo so..non mi piace l'idea di stare lontano da te e dai bambini. Quando ho finito voglio tornare a casa nostra, dormire accanto a te e affrontare la mattina come una famiglia. » Fece un cenno con le mani come a decretare la chiusura di quel discorso prima di passare oltre, chinare il capo di lato e sorriderle sornione. « Apprezzo molto l'atto di fiducia, però. » E sapeva, Mun, a cosa Albus si stesse riferendo.


    Maggio
    « Finalmente! Ammettilo que ti vergognavi de presentarci! » Col tempo i ragazzi avevano imparato sempre un po' più di inglese, destreggiandosi con più facilità nella realtà del paese. Diego, tra tutti, era stato quello che aveva raggiunto più velocemente una certa fluidità nel parlare, mentre gli altri avevano ancora molto di più su cui lavorare. Colpa di Moses, che ha imparato più spagnolo di quanto inglese gli abbia insegnato. Albus, dal canto suo, cercava sempre di aiutarli il più possibile nell'imparare la lingua, sforzando di utilizzare il più possibile i termini neolatini del vocabolario inglese per rendere loro più facile la comprensione.
    ll6Ss3U
    Quella sera la band l'aveva invitato nella casetta che condividevano per l'occasione di festeggiare il compleanno di Juan, il quale sarebbe scattato a mezzanotte. Avendo tutti quanti il giorno libero, si era rivelata l'occasione perfetta per fare gruppo, e questa volta Albus aveva deciso di portare con sé Mun. Era ora. Nonostante tutti i mesi passati, lei era sempre rimasta in una sfera completamente divisa da quella dei suoi amici e colleghi del Suspiria; un po' era stato il loro litigio, un po' la logistica dei loro impegni e un po', in fondo in fondo, la paura di Albus che le due sfere potessero collimare in maniera disastrosa. Tipologie diverse, Mun e il gruppetto di spagnoli, difficilmente accomunabili tra loro. Ma in cuor suo il giovane Potter voleva che la sua ragazza fosse tranquilla quando lui andava al lavoro, o quando decideva di incontrarsi con la band. In fin dei conti non c'era niente di cui preoccuparsi, no? « Mun, lui è Diego. Diego, Mun. » Il ragazzo si prodigò in un plateale inchino a quella presentazione, cogliendo con leggerezza il palmo di Mun per dedicarle un baciamano tanto elegante quanto ironico. « Encantado. » Con la stessa velocità con cui si era chinato, Diego balzò nuovamente dritto, posizionandosi tra di loro per cingergli le spalle con le proprie braccia e spingerli ad entrare. Nel giro di cinque secondi spiegò a tutta velocità che Juan doveva ancora arrivare, che lo sciacquone in bagno andava tirato due volte, che quella era una festa a sorpresa e che per il momento erano stati i primi ad arrivare. Il giovane Potter non fece in tempo a chiedere ulteriori spiegazioni sullo sciacquone che subito si trovò un paio di braccia gettate al collo al grido di « Albuuuuus! » « Ehii. » rispose nervosamente il ragazzo, assestando qualche pacca goffa sulla schiena di Maya nel rendersi conto che tutta quella confidenza, per Mun, non sarebbe risultata normale. Ancor peggio quando la giovane ispanica, poggiando le mani sulle spalle del ragazzo, si sporse per scoccargli due baci sulle guance. Ok, forse non è stata una grande idea. Forse era meglio paccare la festa e non farle incontrare mai. « Maya, questa è Mun. » si affrettò quindi a dire, spostando l'attenzione sulla mora al suo fianco. Solo in seguito a quelle parole, Maya sembrò accorgersi della presenza della ragazza, sorridendole gentile. « Mun. Qué placer. Tu deve essere.. » si interruppe, assumendo un'espressione pensosa come se stesse cercando la parola giusta in inglese. Gli occhi color nocciola corsero veloci alle mani della giovane Carrow, tornando poi subito sul suo viso. « ..la compagna de Albus. » « Birra? » esordì velocemente il moro, alzando la cassetta di bottiglie che aveva portato con sé come contributo alla festa. Ma Maya non sembrò cogliere l'invito, scuotendo appena il capo e facendo cenno con una mano come a dire che avrebbe favorito in seguito. Piuttosto preferì togliere la scatola dalle mani del ragazzo e poggiarla sul tavolo più prossimo, avvicinandosi una seconda volta per stringere amichevolmente il braccio del ragazzo, rivolta a Mun. « Tu está fortunata. » scandì, con la naturale lentezza e difficoltà articolatoria di uno straniero che si sta impegnando al massimo per parlare la lingua in via di apprendimento. « Ci sono yo que ci pienso a tenere las otras ragazze lontane da Albus al Suspiria. » Le rivolse quindi un'occhiolino, ridacchiando e avanzando una mano a strizzare il braccio di Mun in maniera amichevole. Dal suo, Albus scoccò un'occhiata alla ragazza come a dirle - visto? Manco ti conosce e già ti fa i favori. « No tienes que preocuparte. » Il sollievo durò poco, ovvero il tempo che Maya ci mise ad aggiungere, leggera come se nulla fosse. « Si non te lo rubo io, claro. » Scosse il capo, Albus, veementemente, ignorando la risata di Maya mentre col labiale mimava a Mun una sola parola. Spagnoli. Prese quindi la palla al balzo per sfilare il braccio dalla presa ferrea dell'ispanica, battendo le mani tra loro. « Diegoooo? Birraaa. »

     
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    Il tempo aveva fatto sì che Mun si abituasse all'idea di privarsi della compagnia di Albus per qualche sera a settimana. Se all'inizio la sua decisione non aveva fatto altro che alimentare ulteriormente la sua necessità impellente di litigare e tenergli il muso, le ultime settimane trascorse insieme le erano servite per metabolizzare l'idea e alla fine persino accettarla. Non aveva pensato poi molto, a come Albus trascorresse il suo tempo al Suspiria. Il locale non era completamente fuori dalla suo giro di interessi. Mun aveva seguito da vicino alcune pratiche degli azionari e partner di Renton, e alla fine all'idea del locale si era quasi affezionata. Renton ne parlava con affetto, lasciando intendere spesso e volentieri che quello era più di un semplice locale; il Suspiria, assieme al Tre Manici, sembravano essere diventati l'ultima roccaforte della Ribellione. Uno scherzo del destino, considerato il fatto che Mun conosceva sin troppo bene da che parte pendeva il precedente proprietario del locale. Non poteva insomma biasimare del tutto Albus; quelli che guadagnava, erano soldi guadagnati grazie a una fervida passione che coltivava da anni, e che finalmente poteva mettere a frutto anche solo per viziare Lily e Jay ogni qual volta li portasse in un negozio di giocattoli, comprando loro pressoché metà degli articoli esposti. Insomma, alla fine si era abituata e dopo un po' aveva persino sfruttato il lasso di tempo dal coprifuoco dei bambini e fino al ritorno del suo ragazzo studiando o mettendo in ordine, studiandosi una ricetta oppure dedicandosi a qualche nuovo progetto di arredo o risistemazione. Si era scoperta sempre più appassionata all'idea di curare la sua casa, vederla sempre fiorire con qualcosa di nuovo e inedito, e seppure il progetto dell'orto e dell'imparare il lavoro a maglia, erano falliti miseramente, a vent'anni, Mun sembrava aver smesso di demordere di fronte alla prima difficoltà. Tutto ciò non l'ha comunque preparata al giorno in cui Albus le propose di accompagnarlo a una festicciola della band con cui condivideva le sue serate. Mun aveva avuto modo di sentirli suonare solo una volta - la sera in cui la loro promessa di matrimonio venne spezzata. Non associava quindi già in partenza qualcosa di positivo ai nuovi amici di Albus; a ciò si aggiungeva il fatto che si trattava di una serata altamente informale, un'informazione quella che mandò in crisi la piccola Carrow. Cosa significa altamente informale? Cioè molto informale, oppure informale per i miei standard? Cosa significa per questi qua "informale"? Per giunta erano spagnoli, quindi, in fin dei conti, il tutto diventava ulteriormente fumoso. Vi ricordate il fratello di Esme? Questo è il grado di fraintendimento che immagina in quegli discorsi. E Step l'inglese - circa - lo masticava anche. [...] La prima impressione è che ha azzeccato il tema. Gli anfibi che ha indossato quanto meno hanno abbassato il tenore della gonna svasata sopra il ginocchio e del top crop che doveva costare circa quanto l'affitto per un mese di quella bettola casa. « Encantado. » Scoppia a ridere Mun di fronte alle esuberanti movenze di Diego, di fronte al quale fa una leggera riverenza altrettanto sbilenca per tentare di risultare il più possibilmente a suo agio in quell'ambente così diverso dalle sue abitudini. « Il piacere è tutto mio, Diego. » Una risposta corredata da uno smagliante sorriso gentile e dal suo solito accento troppo british perché possa effettivamente camuffarsi e aderire a quel ambiente informale. Pochi minuti bastano a Diego perché passi in rassegna le informazioni più importanti sull'entità della festa - informazioni che Mun accoglie con curiosità e anche un misto di confusione, non riuscendo a capire almeno un quarto delle parole spagnole che di tanto in tanto getta nel discorso. « Albuuuuus! » La ragazza che si getta in un sin troppo caloroso abbraccio, avvinghiandosi al collo di Albus è decisamente una presenza di un tenore differente rispetto a Diego. Mun sgrana istintivamente lo sguardo allontanandosi appena dal fianco del suo ragazzo, osservando la scena con fare perplesso, prima di stirare un sorriso forzato. Non è abituata, Mun, a tutta quella confidenza, specie quando si tratta del suo uomo e una completa sconosciuta. Scommetto che le tette te le sei rifatte su boobs-punto-com-slash-cagna-maledetta. La tipa che ha di fronte, non deve aver compreso appieno le indicazioni circa la festa informale; il rossetto rosso e il top semitrasparente sembrano usciti direttamente dalla versione est-europea di un film erotico a basso budget. « Maya, questa è Mun. » Ah meno male; iniziavo a pensare che ti sei scordato che ci sono anche io. Con uno stacco di coscia come quello, è facile dimenticare là gente qua giù sulla Terra. « Ciao. » Asserisce stirando ancora una volta un sorriso millimetrico.
    « Mun. Qué placer. Tu deve essere.. la compagna de Albus. » Istintivamente Mun le rivolge uno sguardo confuso, prima di sollevare gli occhi di ghiaccio in direzione di Albus. Si avvicina al fianco di lui, infilando la mano nella tasca posteriore dei jeans di lui, strofinando la guancia contro il suo braccio. Un gattino in cerca di attenzioni, mentre sorride in direzione di Maya con apparente disinvoltura. Si sente messa all'angolo, ma non mostrerà mai di sentirsi a disagio nei propri panni. Quello è il suo territorio, e per quanto la definizione di compagna le faccia ribollire il sangue nelle vene, la sua reazione appare sin troppo accomodante. « Proprio lei. E' un piacere conoscerti. Albus mi ha parlato un sacco di te. » Mai vero. L'unica altra volta in cui ha visto Maya è stato quando Albus ha fatto di tutto pur di ingelosirla al Suspiria. In quel frangente non aveva calcolato la presenza della ragazza quasi per niente.Ora invece si accorgeva di aver lasciato che il suo uomo passasse serate su serate in compagnia di una bellissima ragazza, con cui lui è diventato abbastanza intimo. Il tentativo di Albus di distogliere l'attenzione è inutile. Mun ha ormai occhi solo per Maya, e per la spagnola non sembra essere diverso. « Tu está fortunata. » « Molto! Il segreto sta nel saper scegliere. » Asserisce con una punta di veleno. Tu Maya non sai proprio scegliere. Il modo in cui la ragazza si è avvinghiata ad Albus non le piace affatto. Si sente presa in contropiede, sfidata. « Ci sono yo que ci pienso a tenere las otras ragazze lontane da Albus al Suspiria. No tienes que preocuparte. Si non te lo rubo io, claro. » Scoppia a ridere, Mun, accarezzando la schiena del suo ragazzo con sin troppa premura. L'istinto di saltarle addosso è forte, ma in fondo, lo sa da sé che fare una scenata sarebbe a dir poco controproducente, oltre al fatto che, Maya a parte, gli altri ragazzi sembrano dei tipi apposto. « Maya, tesoro, ho ucciso per molto meno, fidati. » Pausa. E un'altra risata cristallina si libera nell'aria. « Scheeerzo! » Pensa Maya. Anche gli inglesi sanno scherzare. Solo non questa volta. Vengono interrotte da Albus che questa volta riesce a strappare Mun da quella spiacevole conversazione. « Diegoooo? Birraaa. » « Ma quale birra! No no, Mun non va via senza probar la tequila de mi abuelo. Vieni, vieni. » Mun riserva ad Albus uno sguardo di sbieco, prima di stringersi nelle spalle e seguire Diego, non senza aver tuttavia intrecciato le dita a quelle di lui, trascinandoselo dietro. « Perché no.. » Le ultime parole famose. « ..cosa sarebbe abuelo di preciso? » Non fu di certo l'ultimo shot di tequila che Mun buttò giù quella sera. Rimase fermamente avvinghiata al suo ragazzo, riservandogli dolci attenzioni microscopiche. Un'intesa spezzata solo dal suo scostarsi prima che lui potesse baciarla, ogni qual volta nessun altro poteva guardarli. Non disse nulla, né gli fece pesare in alcun modo l'episodio di prima, ma nonostante ciò, un po' per casualità, un po' complice il suo essere sempre più alticcia, riuscì a negargli diversi baci, e tanti sguardi che invece avrebbe voluto riservargli. Era seccata, e man mano che l'alcol le entrava nel circolo, nella sua testa quella storia sembrava ingrandirsi sempre di più. Diverse volte sorprese Maya guardare nella loro direzione con una certa insistenza, salvo poi rivolgerle un sorriso stirato ogni qual volta si accorgesse di essere a sua volta osservata. Si era divertita in fondo; dopo un bel po' di shot, e dopo aver persino impedito ad Albus di toglierle da sotto il naso l'ennesimo bicchierino della serata, Mun si era riscoperta una regina della socialità. Gli amici spagnoli erano simpatici e alla mano; ad un certo punto la piccola Carrow si era addirittura destreggiata nella spiegazione di diversi usi e costumi inglesi, tentando di far loro pronunciare le parole più fastidiose in maniera corretta.

    In macchina deve essersi forse addormentata, poiché ricorda solo vagamente lo sfarfallio veloce di qualche lampione. Ricorda che hanno riso e scherzato; ha preso in giro alcune cose che ha visto e sentito e poi la piovra è tornata nei suoi pensieri. E' successo di colpo. Sta rammentando quanto le aveva detto Juan sulla ricetta della sangria, e poi gli occhietti di Maya fissi su di loro le sono tornati in mente. Ora è china sopra la tazza nel bagno al piano di sotto, probabilmente per fare meno rumore possibile. Teddy è rimasta coi bambini fino a tardi, e quando Albus e Mun sono tornati, lei ha ben pensato di correrle incontro, sussurrandole all'orecchio con convinzione di avere la certezza matematica di essere stata tradita. « Te la sei portata a letto vero? ..le tue mani hanno toccato quella lì e poi hanno toccato me! Porco! » Sta piangendo mentre volge lo sguardo di tanto in tanto alla sua sinistra, dove c'è Albus. « Come hai potuto, Albus! Ora ho capito tutto! Ecco perché non mi volevi al Suspiria! Eccerto! Là è facile trovare distrazioni. Non riesci a tenertelo nei pantaloni per mezzo minuto! » Non è lucida, eppure, nella sua testa tutto ha un senso ben preciso. E' arrabbiata e triste, e piange disperata come una bambina sull'orlo di una crisi di nervi. Forse sono stati gli sguardi intensi di Maya, o il fatto che, senza diversi shot di tequila, non sarebbe riuscita a sopravvivere lì dentro nemmeno per cinque minuti, mentre Maya sembrava tagliata per quell'ambiente. Tutti le pendevano dalle labbra; era divertente, estroversa, sopra le righe. Ed era bellissima. Così piena di vita. Interessante. « Gliel'hai detto tu che sono la compagna. Ma che cazzo è la compagna! E' tutta colpa tua se ti ho lasciato! Pure quella sera stavi con lei » Ha gli occhi gonfi di pianto la testa le pulsa terribilmente, e ha la sensazione di voler piangere ancora, seppure quel senso di inadeguatezza sembra assumere sempre meno senso, lasciando spazio solo a una tristezza priva di fondatezza. « Tu mi hai lasciata andare via, e poi sei andato da lei. Come sulla torre Albus. Ecco cosa hai fatto. Mi hai ingannato! Ti ho ridato l'anello e poi sei andato da lei! » Tenta di tirarsi su, ma istintivamente appoggia la fronte contro la ceramica fredda ricercando una qualche forma di sollievo. « Le piaciiiiiii!! Lo vuoi capire? [...] ..no Albus, tu non mi prendi per il culo. Non puoi non accorgertene! » Per una che non riesce nemmeno ad alzarsi in piedi, Mun riesce ancora ad alzare la voce di almeno una decina di decibel. Se possibile è più rumorosa di quanto lo sia normalmente. « Sapeva che avevamo problemi vero? Eccerto! Era lì quando ci siamo lasciati. Gliel'hai raccontato! Hai parlato con la gente dei nostri affari! » [...] Sbatte i pugni contro il suo petto e piange ancora. « Perché devi dare sempre spago alla genteeee? Ti odio, ti odio, ti odio! Mi hai fatto arrabbiare tantissimo. Tu non la vuoi più una vita con me! Ora vuoi fare il pianista squattrinato con Maya in giro per il mondo su una cazzo di roulotte come gli zingari! » Sta vaneggiando, ma in quel momento tutto sembra così chiaro nella sua testa. Se non fosse che è tornata a vomitare, lo prenderebbe nuovamente a pugni. Il punto è che ad un certo punto collassa, continuando ancora a blaterare altre parole convulse. Albus non mi lasciare. Albus sei uno stronzo. Albus perché. Albus ti amo. Ti prego. Intercalati ancora da parole sconce e accenni ad aneddoti che non ci azzeccano niente con la situazione attuale. « Se mi hai tradito non me lo dire, ok? » Blatera ancora ad un certo punto. « Lei viva non ne esce. Maya.. Maya.. che nome bruttissimo. »


     
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    Per tutta la serata Albus aveva ricercato le attenzioni della propria ragazza come un mendicante, venendo colto da ondate di cocente frustrazione ogni qualvolta lei si ritraesse da un suo tentativo di darle un bacio. Ci aveva riprovato in svariate occasioni, rendendo più o meno evidente a seconda dei casi la propria ricerca di intimità. Ma nonostante Mun si comportasse come nulla fosse, era evidente che qualcosa fosse andato storto, e di certo il giovane Potter non stentava a riconoscere di cosa si trattasse. Frustrante, appunto. Perché Albus aveva meditato quella serata fino in fondo, ritenendo giusto portare con sé la propria ragazza proprio perché, appunto, non aveva nulla da nascondere; voleva che Mun vedesse con i propri occhi la situazione, che conoscesse le persone con cui lui era ormai entrato in confidenza e capisse di non aver nulla di cui preoccuparsi. Evidentemente, la situazione non era proprio andata come lui aveva sperato.
    Quando Mun abbandonò il suo fianco per andare in bagno, Albus colse la palla al balzo per uscire dalla casetta e prendere un po' di aria fresca, fumandosi una sigaretta in solitudine così da lasciar libero spazio ai propri pensieri di vagare alla ricerca di una soluzione. Si era appostato accanto al portone, sotto una lucina mezza rotta che attirava a sé piccoli moschini e un paio di lucciole. Con un colpo di bacchetta aveva acceso la propria sigaretta, appoggiandosi con la nuca al muro e chiudendo gli occhi nell'aspirare il fumo denso. « Albus? » si voltò verso il punto da cui proveniva la voce, trovando una Maya sporta oltre la finestra della cucina che lo fissava con aria guardinga. « Todo bien? » In risposta, il ragazzo si limitò ad annuire, sospirando e passandosi una mano prima sul viso e poi tra i capelli. Aveva lo sguardo stanco di chi ormai aveva perso da un pezzo la voglia di far festa. « Sì..sì..tutto bene. » C'era una punta di fastidio in quelle parole, inspiegabile a prima vista. Una parte di lui incolpava Maya per quella Waterloo. Lei e la sua maledetta espansività. In circostanze diverse, Albus non ci aveva fatto troppo caso a quei tratti di lei; anzi, li aveva presi come delle peculiarità che davano un tocco di colore. Era divertente, in altre circostanze, quel suo essere un po' inopportuna, quella sua mania di toccare sempre il proprio interlocutore e l'affetto che sembrava dimostrare una volta presa confidenza. Era diversa dallo standard inglese, e questo, Albus lo aveva sempre visto come un qualcosa di innocuo e anche un po' macchiettistico. Quella sera, però, era diverso. Non solo per la presenza di Mun, ma anche perché per la prima volta gli era sembrato di vedere una malizia nelle azioni di Maya, quasi volesse di proposito irritare la sua ragazza. « Seguro? Mun.. » si interruppe, soppesando le parole con più attenzione del solito. « ..es un poco fredda. Me sbaglio? » Se possibile, quelle parole lo irritarono ancora di più, portandolo a prendere un tiro più lungo del solito e scuotere la testa tra sé e sé sbuffando dal naso una risata amara. Si voltò verso Maya, lanciandole uno sguardo sarcastico con una punta piccata. « Chissà come mai, eh? » Prese un respiro, cercando di riportare a sé quanta più calma poteva per non trattare male l'amica e poi pentirsene il giorno successivo. « Senti, lo so che siete molto diverse ma prova...prova a metterti nei suoi panni, ok? Lei non è abituata al vostro modo di fare. » Cerchiamo di prenderla da questo verso, dai. « Puoi provare ad esserle amica? » A quelle parole, l'ispanica sembrò sforzarsi di nascondere una certa riluttanza, ma mise comunque su un sorriso smagliante, scrollando le spalle e annuendo. « Certo. Però no comprendo..ya lo ho provato. » Nel silenzio interrotto solo dallo sfrigolio della propria sigaretta, Albus rivolse alla ragazza uno sguardo eloquente. « Provaci meglio, allora. »

    Sulle prime, durante il viaggio di ritorno in macchina, Albus si ritrovò a credere di essersi immaginato tutto. Mun sembrava spigliata, anche a dispetto dell'ingente quantità di alcool che le scorreva dentro. Si disse che forse, aveva ingigantito la questione. Forse lei si era solo un po' piccata e aveva reagito in quella maniera per fastidio, razionalizzando in seguito quanto quei comportamenti espansivi fossero in realtà una prassi consolidata dell'intero gruppetto ispanico. D'altronde non sarebbe nemmeno stata la prima volta: spesso e volentieri gli era capitato di leggere nei comportamenti di Mun una spiegazione più tragica rispetto a quella reale. Ma, ahimè, non era quello il caso. E fu piuttosto chiaro nel momento in cui il moro si ritrovò a reggere i capelli della propria ragazza, mentre questa era riversa sulla tazza del water per espellere tutto l'alcool che aveva ingerito nel corso della serata. « Te la sei portata a letto vero? ..le tue mani hanno toccato quella lì e poi hanno toccato me! Porco! Come hai potuto, Albus! Ora ho capito tutto! Ecco perché non mi volevi al Suspiria! Eccerto! Là è facile trovare distrazioni. Non riesci a tenertelo nei pantaloni per mezzo minuto! » Chiaramente, non le rispose. Non era quello il momento di litigare o di imbastire una discussione: Mun non era nelle condizioni di pensare lucidamente e, forse, di ciò che stava dicendo, nemmeno intendeva davvero tutto quanto. Si limitò quindi ad accarezzarle la schiena, intimandola con tono gentile a liberarsi di altri conati. Era triste, Albus. Triste e frustrato perché le sue intenzioni per quella serata erano andate completamente in fumo, risultando nell'esatto opposto di ciò che aveva premeditato. Questo perché sei un coglione, Al. Cosa ti aspettavi? Che improvvisamente sarebbero diventate amiche per la pelle e che Mun non avrebbe visto del marcio? In realtà, sì, una parte di lui ci aveva stupidamente sperato. « Gliel'hai detto tu che sono la compagna. Ma che cazzo è la compagna! E' tutta colpa tua se ti ho lasciato! Pure quella sera stavi con lei. Tu mi hai lasciata andare via, e poi sei andato da lei. Come sulla torre Albus. Ecco cosa hai fatto. Mi hai ingannato! Ti ho ridato l'anello e poi sei andato da lei! » Per quanto fosse ferito da quelle parole, ancora una volta non rispose, arrotolandosi intorno alla mano libera un pezzo di carta igienica e aiutandola a pulirsi le labbra dai residui di succhi gastrici. Con la bacchetta chiamò a sé un bicchiere dalla cucina, riempiendolo d'acqua con un Aguamenti e avvicinandolo alle labbra di lei per esortarla a bere. « Le piaciiiiiii!! Lo vuoi capire? [...] ..no Albus, tu non mi prendi per il culo. Non puoi non accorgertene! Sapeva che avevamo problemi vero? Eccerto! Era lì quando ci siamo lasciati. Gliel'hai raccontato! Hai parlato con la gente dei nostri affari! » Sospirò, avvicinandole con più insistenza il bicchiere alle labbra. « Bevi, Mun. Hai bisogno di acqua. » E anche di farti una bella dormita.
    Alla fine, Mun era collassata in uno stato di ubriaco dormiveglia. Tra insulti, dichiarazioni d'amore, piagnucolii e proposte sconce, Albus l'aveva presa in braccio e portata in camera. Si era premurato di toglierle i vestiti, metterli a lavare, infilarle il pigiama e sistemarla sotto le coperte, cullandola fin quando non era riuscita finalmente a prendere sonno. E a quel punto, Albus, il proprio lo aveva perso del tutto. Nonostante la stanchezza, non sarebbe riuscito comunque a chiudere occhio; motivo per cui, una volta assestatosi il respiro di lei, scivolò giù dal letto e raggiunse il piano inferiore, chiudendosi nella stanza in cui teneva i propri strumenti per suonare e rimanere solo coi propri pensieri.

    L'aveva lasciata dormire. Poco dopo l'alzarsi in cielo del sole aveva svegliato i bambini, gli aveva fatto fare colazione e si era portato Lily con sé nell'accompagnare Jay all'asilo. Nella strada di ritorno, era pure passato dal fornaio per comprare qualche croissant appena sfornato e nel giro di un paio d'ore era tornato a casa. La piccola si era presto riaddormentata come un angioletto, permettendogli di preparare un paio di tazze di caffè - una per Mun e una, la seconda della giornata, per sé - e portare tutto al piano di sopra con un vassoio. Saranno state le dieci e mezzo quando cominciò a scuotere con gentilezza la spalla della mora, intimandola a svegliarsi. A quel punto non sapeva se lei se la sarebbe sentita di andare alle lezioni dopo pranzo, ma quanto meno voleva darle la possibilità di decidere da sé sul da farsi. « Ti ho portato i cornetti. » Pausa. « E il caffè. » disse, indicandole con un cenno del capo il vassoio poggiato sul comodino accanto a lei. Dal suo canto, si mise a sedere a gambe incrociate sul letto, sorseggiando in silenzio la propria bevanda mentre aspettava che lei cominciasse a svegliarsi per bene. « Ti senti meglio? » chiese, a un certo punto, scoccandole uno sguardo analitico come se stesse cercando di capire per sé quale fosse lo stato in cui Mun versava. Sembrava uno straccio che aveva subito fin troppi lavaggi in lavatrice: pallida in volto e con due occhiaie grosse come borsoni. « Mangia. » Ne hai bisogno. [...] L'aveva lasciata fare colazione in silenzio, senza disturbarla eccessivamente per darle tutto il tempo di riprendere pian piano coscienza tanto di se stessa quanto dell'ambiente che la circondava. Solo quando la tazza ormai vuota di lei tintinnò sul vassoio, Albus prese un respiro, poggiando la propria da parte e facendosi più vicino, gli occhi puntati con serietà in quelli della ragazza. « Mun, noi dobbiamo parlare. » Pausa. « Di ieri sera. » Aveva pensato a lungo a cosa dire, durante la notte in bianco appena passate e le prime ore di quella mattinata. Diversi stadi emotivi avevano solcato la sua mente e alla fine, come al suo solito, aveva deciso di prendere il toro per le corna. « Non so quanto ti ricordi di tutte le cose che mi hai detto stanotte e non voglio neanche sapere quante ne intendessi sul serio. » Scosse il capo, come ad allontanare quel pensiero. No, penso che mi farebbe solo più male saperlo, a questo punto. « Riaprire quel tipo di discorso sarebbe come giocare al gioco dell'oca e tornare alla casella iniziale. Ne abbiamo parlato tante volte, le cose che abbiamo da dire sono sempre le stesse e le conclusioni a cui arriviamo idem, quindi tanto vale bypassare completamente tutto il discorso sulla fiducia. » Perché evidentemente, tu di me non ti fidi del tutto. Questo è e io, a parole, ci posso fare ben poco. Non disse ciò, ma già nel suo sguardo era piuttosto evidente che lo pensasse - che fosse lì, tra di loro. Sospirò nuovamente, prendendo tra le proprie mani quelle di Mun e stringendole appena. « Non ti dirò cazzate: a me piace questo lavoro. Non come una cosa a lungo termine, ovviamente, ma mi piace. Suonare è una mia passione. E mi trovo bene con il gruppo - che è anche la ragione per cui volevo che tu li conoscessi. » Si strinse nelle spalle, un po' amaro, un po' rassegnato. Non si può sempre avere quello che si vuole, immagino. La vita è fatta di compromessi. Inclinò il capo di lato, come a introdurre un contrappeso in quel discorso. « Però tengo di più a te. E se devo fare questa cosa a discapito della nostra relazione, sapendo che tu non sei tranquilla e che ti ferisce..allora preferisco non farla affatto. » Non era facile, cedere. Non lo era mai stato per Albus. Sacrificare qualcosa che lo rendeva felice aveva un sapore amaro sulle sue labbra, ma non per questo era meno disposto a farlo. Per quanto amasse l'outlet che il Suspiria gli forniva e per quanto si fosse ormai affezionato al gruppetto ispanico, non si sarebbe mai sognato di mettere quegli sfizi sullo stesso piatto della propria relazione. Per cosa? Per vederla sgretolarsi pian piano mentre Mun entrava in una spirale di sfiducia e paranoia? Non aveva alcun senso. Quel lavoro, per quanto lui potesse amarlo, non era indispensabile e di certo non ne valeva la pena se la controindicazione stava nel ferire la persona per lui più importante. Scosse quindi il capo, cercando di coprire con un sorriso la tristezza che gli portava quella situazione. « Ci stanno tanti altri lavori che posso trovare. Chi lo sa? Magari ce ne sta pure qualcuno più pertinente al mio corso. » disse, stringendo le spalle nello sforzo di trovare il lato positivo che potesse toglierle un po' dalle spalle il peso di quella sua decisione. « Non la vedrò più..non è un problema. » Non se è così che deve andare ogni volta. Non ne vale la pena.

     
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    Il sole era alto nel cielo quando aprì gli occhi. Al di là della porta della camera da letto tutto taceva; sullo sfondo di un pittoresco paesaggio di campagna, si stava delineando una giornata dalle variopinte sfumature estive, eppure, Mun decise di tirarsi sopra la testa le coperte e gettare la testa sotto il cuscino. I ricordi della sera prima presero a vorticare nella sua testa non appena quella nota di inspiegabile tristezza prese piede nel suo cuore. Non ricordava con precisione tutti i passaggi di come la sbronza coi fiocchi dell'altra sera, era diventata una nuova puntata nel dramma esistenziale che era la vita di Albus e Mun. Sapeva solo di essere estremamente imbarazzata dalla brutta caduta di stile che aveva avuto. Non lo reggi l'alcol. Tu non devi bere, Mun. Eppure, il braccio di ferro con Maya l'aveva convinta del contrario, e in men che non si dica, la tequila aveva fatto il resto. Le paranoie intensificate all'ennesima potenza, fino al punto in cui le manie di persecuzione si erano trasformate in uno scenario che tutto sommato teneva in conto solo del peggio, eliminando di proposito quanto di meraviglioso c'era sempre stato tra Albus e Mun. Dare la colpa completamente all'alcol, era da vigliacchi; eppure Mun è certa che, dopo il terzo o il quarto shot, è semplicemente impazzita. Un po' come quando durante la fase premestruale la sua mente si focalizza su un unico infinitesimale dettaglio, costruendoci sopra un caso degno della Corte Suprema di Giustizia. Aveva sorpreso lo sguardo di Maya, e ci aveva ricamato intorno un degno romanzo di cronaca rosa grazie al quale avrebbe potuto giustificare tutti i suoi pensieri fatali. Se tu dovessi inciampare e cadere contro un filo spinato, Maya, vorrei essere lì per godermi tutto lo spettacolo - dall'inizio alla fine. « Ti ho portato i cornetti. E il caffè. » Restare sotto le coperte e fingere di non aver sentito poteva essere un ottima alternativa all'idea di affrontare l'onta della vergogna. Ma non avrebbe potuto ignorare Albus per sempre - che lui avesse deciso di ignorare o meno quanto accaduto la sera prima. Decide quindi di tirarsi su, percependo un palese tamburo nelle tempie. Lo stomaco sotto sopra, e la sensazione di avere braccia e gambe molli. Aveva freddo; motivo per cui tentò la maniera più semplice per mettersi mettersi il piumone attorno alle spalle. « 'Giorno! » Farfuglio con voce rauca, afferrando con cautela la tazza di caffè mentre si strofinava gli occhi semischiusi. Tentò per quanto possibile di evitare il suo sguardo, non essendo certa di voler scoprire cosa si celasse nello sguardo di lui. « Ti senti meglio? » Scuote la testa con un'espressione sofferente, lo sguardo basso mentre si morde il labbro inferiore colta da un senso di frustrazione e vergogna. Man mano che i minuti passavano, prese coraggio e dopo il primo morso di cornetto, si sentì leggermente meglio. Masticava a fatica, prendendosi tutto il tempo del mondo, quasi come se sperasse che, dopo un po' Albus si sarebbe stancato di restare lì e avrebbe dato priorità a qualcos'altro. Si strofinò ancora gli occhi, il naso, si passò diverse volte le mani tra i capelli, cercando di liberarsi dei nodi e mantenne ancora per molto lo sguardo fisso sul suo caffè. Probabilmente si sarebbe messa a piangere di nuovo se solo ciò non sarebbe stata l'ennesima rivalsa di quanto patetica fosse stata la sua scenata dell'altra sera. Lentamente i ricordi iniziarono a tornare; non del tutto, ma immaginava che, prima di pranzo avrebbe avuto una panoramica completa se non di quello che ha detto, quanto meno degli innumerevoli momenti in cui l'aveva mortificato. « Mun, noi dobbiamo parlare. Di ieri sera. » Posò il fazzoletto in cui era avvolto il cornetto rimasto ancora a metà, e si pulì la bocca con i polsi, rivolgendogli per la prima volta uno sguardo di sbieco, colto dall'inadeguatezza e dallo sconforto. Come una bambina colpevole, si sentì il sangue confluire tutto nelle guance, mentre il colorito pallido assumeva un'improvvisa saturazione paonazza. Speravo potessimo fare finta di niente. « Non so quanto ti ricordi di tutte le cose che mi hai detto stanotte e non voglio neanche sapere quante ne intendessi sul serio. Riaprire quel tipo di discorso sarebbe come giocare al gioco dell'oca e tornare alla casella iniziale. Ne abbiamo parlato tante volte, le cose che abbiamo da dire sono sempre le stesse e le conclusioni a cui arriviamo idem, quindi tanto vale bypassare completamente tutto il discorso sulla fiducia. » Se possibile, le guance della mora s'infiammarono ulteriormente, obbligandola ad abbassare lo sguardo, inumidendosi le labbra, pronta di conseguenza a dover rispondere di quanto detto e fatto l'altra sera. « Io.. no - non stavo bene, Albus. » Pausa. « Non vederci più del dovuto. Se vuoi arrabbiarti con me.. ne hai il diritto.. però.. però.. » Si stringe nelle spalle, ormai in difficoltà. « -ecco.. io non lo so. » Non so cosa mi è preso. Asserisce chiudendo gli occhi mentre si porta una mano sul viso come a volersi nascondere anche solo per pochi istanti.
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    « Non ti dirò cazzate: a me piace questo lavoro. Non come una cosa a lungo termine, ovviamente, ma mi piace. Suonare è una mia passione. E mi trovo bene con il gruppo - che è anche la ragione per cui volevo che tu li conoscessi. Però tengo di più a te. E se devo fare questa cosa a discapito della nostra relazione, sapendo che tu non sei tranquilla e che ti ferisce..allora preferisco non farla affatto. Ci stanno tanti altri lavori che posso trovare. Chi lo sa? Magari ce ne sta pure qualcuno più pertinente al mio corso. Non la vedrò più..non è un problema. » Sospirò osservando con sin troppa insistenza la stretta delle loro mani, come se potesse in qualche maniera sostituire un contatto visivo diretto. « Senti - uhm.. Albus.. » Non sapeva esattamente come dare un senso a quella bravata. Si sentiva uno schifo, specie perché in quel caso non sentiva di meritarsi un trattamento così di riguardo. C'erano stati momenti in cui avrebbe preferito che Albus fosse più gentile e comprensivo con lei; questo non era uno di quei momenti. « ..non ricordo tutto.. » E forse preferirei non ricordarmelo proprio. « ..però mi vergogno tantissimo.. » Compie una pausa, tempo in cui deglutisce, e solleva solo per un istante lo sguardo in quello di lui. E' triste - ah.. l'ho fatto di nuovo. Che cos'ho che non va? Perché non riesco proprio a fare una cosa giusta, che sia una? « ..non è stata una di quelle cose alla in vino veritas. » Mun non aveva subito un attacco disinibizione la sera prima; non era una di quelle situazioni in cui un po' di alcol nel circolo porta a far riemergere le verità e le paure più recondite. « Ho.. ho perso il controllo. Non so cosa mi sia passato per la testa.. è solo che vedi il tuo ragazzo con una bella ragazza con cui ha passato tante serate da settembre e.. » Sono impazzita. « Sto cercando di fare i conti con alcune cose. però non è sempre facile. La prima volta che ho scoperto del Suspiria.. è stato quella sera. » Si stringe istintivamente nelle spalle e si lascia cadere di lato, posando la guancia contro il materasso. Non avevo voglia di affrontarti, né di chiederti cosa stessi facendo o con chi stessi uscendo. Francamente a quel punto non credevo nemmeno avessi più una ragione per chiederti spiegazioni sul tuo comportamento o le tue abitudini. « Lei poi.. ha lasciato intendere che tra voi c'era un sacco di confidenza. E tu eri teso come una corda di violino. Nella mia testa c'è questo file secondo cui se anche avessi avuto un momento di debolezza, saresti giustificato.. » Pausa. « Francamente ad un certo punto qualunque cosa ho visto quella sera al Suspiria, dopo un paio di shot ieri sera è diventato un pensiero ossessivo. Persino le tue attenzioni nella mia testa erano un depistaggio. E poi c'era.. c'era il modo in cui ci guardava. Ti giuro.. ci guardava nello stesso modo in cui ti guarderei io se fossi di un'altra donna. » Se anche ne avesse avuto voglia, in quel momento le sue capacità cognitive erano troppo sconnesse per potergli dire una bugia, per dissimulare, o fare la voce grossa. Una rabbia cieca le era montata nel petto, ed era esplosa di botto. « Se io e un mio collega alla Gringott fossimo stati così vicini da settembre e tu ci avresti visti così in confidenza, probabilmente avresti cercato un pretesto per prenderlo a pugni - sempre che non te lo avesse dato lui, come ha fatto Maya ieri sera. Però io non posso farlo.. per una ragazza non è la stessa cosa. » Per me non è la stessa cosa. Io non ci riesco. « Sono stata colta.. impreparata. » Forse non è una spiegazione valida, ma è l'unica che ho al momento. Non ero pronta. Non me lo aspettavo. « Non voglio che tu mi prenda per una svitata però.. Sei un bel ragazzo, e sei intelligente, e non hai problemi a relazionarti con gli altri. Ormai.. ti piace stare in mezzo alle persone.. e ora sei anche Senior. » Si stringe istintivamente nelle spalle sollevando lo sguardo in quello di lui per la prima volta con un po' più di convinzione. « Mi accorgo del fatto che ci sono molte ragazze che ti guardano. E.. » Wait for it.. « ..mi piace. » Sono insicura ma non al punto da pensare che scapperesti con la prima gatta morta. « ..mi piace.. » Ammette ancora una volta, quasi non credesse nemmeno lei a quello che dice; si tira istintivamente a sedere facendosi più vicina. Lo sguardo colto da un'improvvisa consapevolezza. « Ciò che rende diversa la parabola di Maya.. o di Fawn.. o di Betty.. è che.. tu a loro dai troppa confidenza. E nello specifico.. » Posò un lento bacio sul dorso della sua mano prima di farsi più vicina, trascinandosi in maniera un po' sconclusionata nella sua direzione. « ..ci metteresti cinque secondi per averle ai tuoi piedi, se solo lo volessi. » Un sussurro al suo orecchio, prima di strofinare il naso tra i suoi capelli posandogli un bacio sulla tempia. Non è questione di amore o sentimenti repressi. Forse sì - in parte. Il punto però è differente: chiunque sia stato ferito vorrebbe una rivalsa. E' il subconscio a richiederci un riscatto morale. L'animo umano è vendicativo e maligno - e gli eventi che ci hanno coinvolti non hanno fatto altro che dimostrarcelo di continuo. Nessuno di noi è una brava persona. Siamo costantemente guidati da raptus violenti. Ci hanno fatti così, oppure sono gli eventi ad averci resi tali. « Sei un gran pezzo di figo, Albus. » Io ti sbatterei comunque, se anche avessi dieci figli e un matrimonio solidissimo con un'altra. Un'ammissione che Mun non si tenne per sé, ma decide di rendere palese solo alle sue orecchie. « Mi dai modo di farmi perdonare? » Più tardi gli avrebbe confessato che i ragazzi della band le erano effettivamente piaciuti. Tolta Maya, si era divertita. Mun aveva provato sensazioni contrastanti. Da una parte il desiderio impellente di sbattere la testa di Maya contro la prima superficie contundente disponibile; dall'altra l'effettiva consapevolezza di aver riso e scherzato con un gruppo di persone che tutto sommato avevano un certo savoir faire, seppur diverso dal suo. Gli avrebbe detto che le piace sentirlo suonare, e che le sembra il Suspiria gli faccia bene. Mun sa che sotto sotto, Albus ama i bagni di folla; lo ricaricano, lo esaltano. Una sola promessa gli aveva fatto in quell'occasione: darò a Maya una seconda chance di redimersi. Però ci penso io.

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    Erano stati gli echi del Midsummer a spingerla ad avventurarsi nuovamente a Hogsmeade di sera. A ciò si era aggiunto il ritorno dei social, che aveva in un certo qual modo riacceso la voglia di Mun di mondanità. Normalmente reputava Hogsmeade estremamente noiosa e campagnola, persino dopo l'inaugurazione del campus, ma, le informazioni che Sirius le aveva fornito in merito alle future festività che si sarebbero organizzate tanto a scuola quanto al college, erano sembrate il giusto pretesto per tastare il terreno. Così, quella sera aveva deciso di sorprendere Albus al Suspiria. Una volta uscito di casa aveva chiamato Teddy che aveva accolto con grande entusiasmo l'idea di restare con loro per un paio d'ore. Solitamente li avrebbe portati direttamente dai nonni, ma negli ultimi tempi dormivano sin troppo fuori casa, e in ogni caso, nella peggiore delle ipotesi, Albus e Mun avevano ormai un secondo nido d'amore dove approdare eventualmente dopo la serata. Si era agghindata per bene, senza eccedere col trucco e il parrucco, convinta che, se non avesse alzato il gomito eccessivamente, la serata al Suspiria sarebbe andata meglio dell'ultima passata a Hogsmeade. Prima di raggiungere il locale aveva incontrato alcuni compagni; ci si era scambiata brevemente scoprendo nuovi dettagli sul Midsummer, per poi remare dritta verso la sua meta. Lo trovò infatti al bar a discorrere del più e del meno con quello che doveva essere il barista del posto. Si precipitò alle sue spalle, coprendogli gli occhi prima di esordire con un « Chi sono? » Lasciò che i loro sguardi si incrociassero prima di stampargli un gioioso bacio sulle labbra trillando un pimpante « Sorpresa! » Oh e che sorpresa doveva essere per Maya che, intenta a parlare con uno dei suoi compagni di gruppo vicino al palco, si ritrovò a sbattere il naso contro Mun proprio quando stava guardando nella direzione di Albus. Se solo fosse sufficientemente elegante per i suoi canoni, Mun le avrebbe fatto ben volentieri il gesto dell'ombrello. « Sono venuta a sentirti. E a salutare Byron, Renton e Reginald.. non li vedo da un sacco. » Priorità. « Hai sentito cosa sta accadendo nel campus? Dicono che annunceranno un ballo a giorni. Ne sta parlando anche Strega Moderna su instagram.. » Sbatte istintivamente le ciglia e gli sistema con premura il ciuffo di capelli per poi occuparsi del colletto della camicia. « ..minimo questa volta ci troviamo l'impiccato in bagno. Da voi si è sentito qualcosa alla riunione di oggi oppure è tutto fake news e sensazionalismo? » Non si erano ancora parlati da quella mattina, e seppur ormai i social avesse agevolato nuovamente la comunicazione, Mun ci aveva messo un po' per riabituarsi all'idea di poter avere chiunque a portata di mano in pochi istanti. Si volta istintivamente verso il punto in cui si trova il resto della bando e li saluta con un cenno della mano. Il sorriso stirato di Maya oggi ha un sapore trionfante. Qualcuno gli fa cenno di avvicinarsi, probabilmente per l'inizio dello show, ma prima che lui possa allontanarsi, Mun lo frena afferrandogli il polso. « Posso augurarti in bocca al lupo come si deve? » La richiesta è accompagnata da un palese sorriso malizioso reso ancora più maligno dal suo aprire la borsetta guardandosi attorno con apparente cautela. Dall'interno della stessa estrae un indumento di dimensioni decisamente ridotte; pizzo nero di prima scelta. Con un po' troppa lentezza, gettando tuttavia uno sguardo al barista rivolto di spalle, infila l'intimo nella tasca dei pantaloni di Albus posandogli un leggero bacio sulla punta del naso. « Pensami mentre suoni. » Avvampa solo quando, una volta lasciato lo scenario da Albus, si accorge che alle sue spalle oltre il bancone c'era già da un po' la sinistra presenza di Renton che la osserva sollevando un sopracciglio. « Cosa ti servo Mun? » « Uhm.. solo un analcolico grazie. Che bello rivederti.. come stai? » [...] « Oh.. esto es el bagno del personal.. » Sembra sorpresa di vederla lì, Maya, ma Mun dal canto suo risulta abbastanza tranquilla. Si chiude la porta alle spalle e si stringe nelle spalle. Posa la borsetta sul piano in marmo di fronte agli specchi e controlla che il trucco sia apposto, passandosi del burrocacao sulle labbra. « Si lo so.. preferisco questo al bagno dei clienti. E' più privato. E poi io sono un po' personale.. sono quasi di famiglia. » « Mun! Ahi, perdoname, non mi ero acuerta che eri tu » Si va beh. « Te sientes mejor? » Cos? « Voglio dire.. stai meglio? L'altra noche mi sembravi un poco male.. » Mun annuisce stirando un sorriso forzato. « Si molto meglio, grazie. Albus mi ha fatto sentire mejor. » Anche Maya stira un sorriso altrettanto forzato. « Sono contenta » Mun inclina appena la testa di lato. « Davvero Maya? Sei più contenta? Mi sembrava fossi più contenta mentre ti avvinghiavi al braccio del mio uomo. Lo so.. fa un sacco sangue. Ma il sangue spagnolo è meglio se lo manteniamo poco caliene a questa botta, che dici? » « Come? No, escusa, non capisco.. » La mora scuote la testa e sbuffa con fare sarcastico. « No.. io credo che tu capisci un sacco. Se posso darti un consiglio, faresti meglio a capire anche che questa è una battaglia persa in partenza. » Maya avanza un passo nella sua direzione stringendo i pugni. « Non è il tuo territorio Maya. Quindi, te lo dirò una sola volta con le buone - fatti - i cazzi - tuoi » Bonjour finesse. « Altrimenti.. un amico all'ufficio immigrazione sarebbe un sacco contento di verificare se la tua posizione è in regola. » Percy, perdonami. « Sai com'è con quelli dell'immigrazione.. non sono per niente gentili. » Pausa, tempo in cui si dirige già verso la porta. « Ah, dimenticavo, tesoro, se dovessi menzionare questa conversazione ad Albus, o a uno qualunque tra i tuoi amici.. torni nel buco catalano da cui sei arrivata tempo cinque secondi. Ma se senti di avere la situazione sotto controllo, vai pure - dì a tutti della nostra chiacchierata. » Gli incidenti capitano, Maya. Gli inglesi in fondo sono dei poveri bastardi razzisti. Chiedilo alla Brexit. « Ti conviene raccontare che siamo diventati grandi amiche. Potremmo andare a fare shopping insieme.. nella prossima vita. » La sente inveire alle sue spalle, Mun, ma a dirla tutta poco le importa. Eres una perra è l'equivalente di vai al diavolo? O forse è qualcos'altro? Non le importa. Seppure non è certa che ciò terra lontana la spagnola dal suo ragazzo, l'idea di fondo non è nemmeno tentare di mettere le distanze tra lei e Albus. A quello deve pensarci lui. Il punto è la rivalsa. Riprendersi ciò che è proprio. Rimettere in sesto l'ordine naturale. Una volta tornata nel locale il suo sorriso si allarga mentre raggiunge Albus che ha quasi finito di smontare. Si siede a gambe incrociate al tavolino più prossimo al palco e resta in attesa, tenendolo costantemente d'occhio, scostando di tanto in tanto lo sguardo da lui, consapevole che nell'aria, aleggia ancora il loro piccolo segreto del preconcerto.



     
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    Trovare il nuovo preside alla riunione di Senior e Caposcuola era stata una sorpresa che Albus aveva sicuramente gradito. Una parte di sé si era convinta che, con l'anno scolastico ormai quasi giunto al termine, Bauldry non si sarebbe disturbato granché a creare un filo con quei rappresentanti ormai vicini alla fine del proprio mandato. Si era quindi dovuto ricredere sull'uomo, quando lo trovò seduto su una sedia dell'auletta in cui svolgevano le proprie riunioni, intento ad aspettare pazientemente il loro arrivo. Nonostante l'austerità, il preside si era posto loro in maniera molto tranquilla e diretta, comunicandogli il progetto relativo alla festa di fine anno: una bella celebrazione del Midsummer per portare svago e onorare le radici della cultura magica. I dettagli erano pressoché già tutti fissati, quindi a loro stava per lo più svolgere i compiti organizzativi prefissati, pubblicizzare la festa e comunicare le specifiche ai propri compagni. Già nei primi cinque minuti, Albus ci si era lanciato con anima e corpo in quel progetto, trovando piuttosto elettrizzante l'idea di riprendere in mano quella tradizione ormai parzialmente dimenticata.
    « Chi sono? » Ridacchiò, stampando un bacio sulle labbra della propria ragazza. Quella sera il moro era visibilmente su di giri. Ormai calato nel mindset del Midsummer incombente, la sua testa aveva iniziato a vorticare intorno a idee e progetti dei più disparati. « Sorpresa! Sono venuta a sentirti. E a salutare Byron, Renton e Reginald.. non li vedo da un sacco. » Sorrise, circondandole i fianchi e cullandola appena tra le sue braccia. Era contento che fosse venuta a sentirlo suonare: condividere con lei quell'esperienza, quel posto, quelle amicizie era un qualcosa che avrebbe di certo voluto fare più spesso. Ma la vita da genitori non era affatto semplice da organizzare, specialmente quando si trattavi di orari serali che si estendevano anche alla notte: con due bambini piccoli a carico, difficilmente Albus e Mun potevano godersi una serata insieme fuori di casa. O meglio: volendo avrebbero anche potuto, ma di lasciare costantemente i propri bambini a qualche familiare non se la sentivano, non quando si trattava di lussi cui potevano anche rinunciare. « Era anche ora! Alcuni colleghi cominciavano a pensare che me la fossi inventata, questa fantomatica ragazza. » disse, ridacchiando, prima di poggiarle un altro bacio sulle labbra. « Hai sentito cosa sta accadendo nel campus? Dicono che annunceranno un ballo a giorni. Ne sta parlando anche Strega Moderna su instagram..minimo questa volta ci troviamo l'impiccato in bagno. Da voi si è sentito qualcosa alla riunione di oggi oppure è tutto fake news e sensazionalismo? » Nel sentire quelle parole, una scintilla illuminò subito lo sguardo di Albus, che assunse un fare furbesco stirandole un sorriso sornione. « Mmh..potrei avere notizie molto fresche a riguardo. » disse, sollevando il mento « Se sei paziente e aspetti fino alla fine del mio turno potrei comunicartele in esclusiva prima dell'assemblea che ci sarà tra qualche giorno. » Sciabolò quindi le sopracciglia, scoccandole poi un veloce occhiolino di intesa. « Posso augurarti in bocca al lupo come si deve? » La scintilla di eccitazione che aveva solcato prima i suoi occhi assunse una forma diversa, plasmando il colore delle sue iridi in un verde acceso che non presagiva nulla di buono. Si sa: gli in bocca al lupo di Mun non erano mai prettamente convenzionali, e nell'esatto istante in cui la mora fece scivolare il proprio intimo nella tasca posteriore dei pantaloni di lui, quell'eccitazione iniziale raggiunse livelli esponenziali. « Pensami mentre suoni. » Un roco gorgoglio risalì dalla gola del ragazzo, che scattò appena in avanti per prendere tra i denti il labbro inferiore di lei, tirandolo appena. « Sempre. »
    [...] « MI AMOR! » sussultò appena alla prepotente palpata di culo che Diego gli assestò mentre lui era impegnato a smontare il palcoscenico. « Tredici di Junio. » Nel vedersi puntare l'indice contro con aria quasi minacciosa, Albus assunse un'espressione confusa, scuotendo leggermente il capo come a palesare il fatto di non avere la più pallida idea di ciò a cui il compagno si riferiva. In risposta, Diego apparve quasi scandalizzato da quell'ignoranza. « Como? L'americano no te lo ha detto? Abbiamo convinto Renton. Facciamo la noche temática. » Ancora una volta, Albus cadde dalle nuvole, lasciando perdere per un momento il lavoro e incrociando le braccia al petto. « Elabora. » Con fare saggio, Diego lo intimò ad attendere mentre estraeva il proprio cellulare dalla tasca dei pantaloni. Vi infilò quindi le cuffiette e smanettò per qualche istante con lo schermo prima di ficcarne una nell'orecchio di Albus. Nel giro di pochi istanti una voce potente tuonò nel suo orecchio: « ROOOOOOXAAAAANNE » Lo sguardo di Albus si illuminò, rivolgendosi a Diego nel passare dalla confusione, al dubbio e infine a quella che sembrava una parziale comprensione. « Facciamo...? » « Sì. Sì. Cazzo sì, Albus!! » Rincarò l'ispanico, assestandogli più di una forte pacca sulla schiena mentre saltava come un matto. Gli strappò quindi l'auricolare dall'orecchio, avvolgendo il filo attorno al telefono e riponendo il tutto velocemente in tasca. « Se fa un po' di escenografía: luci, cortinas, colori. Compartimos i ruoli aproximadamente e cantiamo le canzoni. Ci devi stare. Tra i ragazzi sei quello que canta mejor. » Ridacchiò, Albus, annuendo come a fargli capire che, sì, ovviamente si sarebbe prestato. « Solo se sarai tu il mio diamante splendente. » In seguito a qualche battuta, Diego era tornato al lavoro promettendogli che in nottata gli avrebbe mandato tramite whatsapp la playlist con le canzoni e il link al bootleg dello spettacolo dal quale intendevano attingere.
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    [...] Raggiunse Mun con fin troppe notizie da doverle comunicare. Ormai il locale si era quasi completamente svuotato, accogliendo solo lo staff - chi intento a pulire e chi, semplicemente, a rilassarsi dopo la lunga serata di lavoro. L'avvertì della propria presenza scoccandole un bacio sulla guancia prima di mettersi a sedere accanto a lei e poggiare sul tavolino due drink: il classico bicchiere della staff cui indulgeva sempre dopo il proprio turno. « Sei pronta? Ho un paio di notizie che potrebbero interessarti. » Avvicinò il vetro alle labbra, sciabolando le sopracciglia nel mentre di prendere un piccolo sorso di incendiario. « Prima di tutto però voglio sapere: ti sei divertita? Ti piace il posto? » In fin dei conti, quella era pur sempre la prima volta che Mun lo visitava al lavoro, se si escludeva quella tragica sera di Ottobre in cui tutto quanto era andato a rotoli. « Beh..ti dico che dovrai preparare le scarpe da corsa, amore, perché quest'anno celebreremo un Midsummer coi fiocchi sotto proposta di Pius Bauldry e l'organizzazione di Senior » nel dirlo, indicò eloquentemente se stesso « e Caposcuola. Sarà una figata, faremo tutte le tappe: il Maypole, la caccia e infine la festa, che si terrà nell'ex campo estivo di Portland. » Detto ciò, si ritrovò a sospirare, appoggiando la schiena contro il legno della sedia e prendendo un secondo sorso di Incendiario. Sicuramente lo attendeva un mese unico nel suo genere, ma anche particolarmente impegnativo. Le riunioni tra i rappresentanti si sarebbero intensificate, molti compiti sarebbero spettati a ciascuno di loro e poi, chiaramente, ci si aggiungeva il lavoro al Suspiria. Diego gli aveva già accennato che avrebbero dovuto intensificare un po' le prove in modo da arrivare preparati alla serata in tema. Chiaramente non si sarebbe trattato di uno spettacolo in piena regola, ma avrebbe richiesto loro un tipo di preparazione diverso dal solito, oltre che alcune nozioni di ballo per quelle poche e brevi coreografie approssimate che sarebbero toccate loro. Stava per aprir bocca e comunicarle proprio questo punto, quando Diego saltò su una delle sedie libere al tavolo, seguito dal resto del gruppetto ispanico. Maya, insolitamente silenziosa, si sistemò tra Diego e Juan, accavallando le gambe e sorseggiando il proprio drink con aria leggermente contrita. « Lo hai detto? » chiese esaltato ad Albus, prima di voltarsi verso Mun. « Te lo ha detto? Il tredici di Junio. No prendere impegni. Noche temática. » Chiaramente, ancora una volta, Diego si scontrò contro un muro di completa perplessità. In quei pochi minuti di solitudine, Albus non aveva avuto modo di metterla al corrente di quell'impegno, ne' tanto meno di sentire il suo feedback a riguardo. Perché chiaramente, a fare due più due, il giovane Potter non ci aveva messo molto, e prima di dare con estrema certezza la propria disponibilità voleva parlarne con lei. « Sei una donna di cultura, Mun? Ho poche parole para te: artistas bohemien, night club, storia de amor e tragedia. » Nel dirlo, le scoccò uno sguardo eloquente, annuendo con lentezza nel vedere che la mora aveva velocemente colto il nocciolo del suo piccolo indovinello. « Albus tendrá la parte de Christian. » disse secca Maya, come a voler tagliere tutti quei convenevoli, guardando Mun dritta negli occhi prima di stirarle un sorriso e nascondere le labbra dietro al proprio bicchiere di Cosmopolitan. Per un istante sembrò calare il silenzio al tavolo, colmo di un'attesa in tutto e per tutto simile a quelle situazioni imbarazzanti in cui due persone devono passare dalla stessa porta e si spostano nelle stesse direzioni bloccandosi la strada a vicenda. Fu Albus, quello a mettersi metaforicamente da parte e immolarsi per la causa, buttando la bomba sul tavolo, voltandosi del tutto in direzione di Mun. « Che ne diresti di partecipare? » lanciò, facendo scivolare una mano sotto al tavolo per stringerle appena il ginocchio. « Sei bravissima e magari potresti pure insegnarci qualcosa nell'ambito di mettere un piede dietro all'altro quando parte la musica. » I capelli sulla sua nuca si drizzarono, come se fosse capace di percepire pur senza vedere, le occhiate fulminanti di una Maya che aveva subito capito dove lui volesse andare a parare. Tuttavia non si voltò, facendo scivolare la mano leggermente più in alto lungo la coscia di Mun. « Sarebbe anche semplice prepararci..vivendo insieme. Sai..potremmo provare quando i bambini vanno a dormire. » Le labbra di Albus si stesero di pochi millimetri a quelle parole, un cambiamento appena percettibile, visibile solo a colei cui si stava rivolgendo e sottolineato da una piccola stretta delle dita sulla sua carne. Rimase in silenzio per pochi millesimi di secondo, fissandola negli occhi prima di riportare lo sguardo agli altri. « E' la mia condizione per partecipare. I pezzi condivisi li voglio con Mun. »


     
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    « Sei pronta? Ho un paio di notizie che potrebbero interessarti. » Era coinvolgente veder Albus così elettrizzato ed entusiasta; una gioia quella che decise di contenere il più possibile. Gli ultimi mesi lo avevano portato a risorgere come una fenice dalle proprie ceneri. Quel giovane fiacco e pessimista sembrava essere completamente scomparso. Forse si stavano solo ingannando Albus e Mun, forse mentivano a loro stessi, sforzandosi di ignorare le parti peggiori di quanto avevano appreso negli ultimi mesi, ma la sensazione che si prova ne vale assolutamente la pena. « Prima di tutto però voglio sapere: ti sei divertita? Ti piace il posto? » Mun le rivolge istintivamente uno sguardo colmo di ammirazione, mentre gli carezza dolcemente il dorso della mano. « Si.. mi piace un sacco quello che fate. Si sposa molto con l'atmosfera. E.. » Alza gli occhi al cielo, come se dovesse ammettere qualcosa di estremamente complesso. « ..là sopra sei molto molto carino. E anche bravissimo. » Cose abbastanza scontante, considerando che Mun aveva sentito il suo ragazzo suonare per ore, senza mai stancarsi. Ogni tanto canticchiava a sua volta, ma senza interrompere il suo flusso. Era la sua più grande fan, superata solo da Lily, che sembrava avere la buona abitudine di addormentarsi ogni qual volta il padre rallentava, suonando solo ed esclusivamente per la piccola. « Ripeterò l'esperienza. Potresti aver conquistato una groupie, signor Potter. » Jazz, sex & casa, chiesa e famiglia. « Quiiiindi.. queste notizie? » « Beh..ti dico che dovrai preparare le scarpe da corsa, amore, perché quest'anno celebreremo un Midsummer coi fiocchi sotto proposta di Pius Bauldry e l'organizzazione di Senior e Caposcuola. Sarà una figata, faremo tutte le tappe: il Maypole, la caccia e infine la festa, che si terrà nell'ex campo estivo di Portland. » Mun solleva un sopracciglio piuttosto sorpresa. Conosceva abbastanza bene le tradizioni del Midsummer, anche solo perché le aveva studiate in Storia della Magia. E proprio per questo, l'intera impalcatura sembrava preoccuparla. « Aspetta ma è tipo la caccia-caccia? » Sgrana gli occhi incrociando le braccia al petto. Mun non corre, al massimo cammina molto velocemente. E questa è una delle uniche massime nella vita che condivide con la madre. Una signorina non corre mai. Sono gli altri ad attenderla al massimo. « Cioè tu vuoi partecipare.. » Lo osserva con attenzione, tentando di capire se sta parlando sul serio. « Oh.. tu, vuoi partecipare.. » Si stringe nelle spalle riservandogli uno sguardo intrigato, pur mantenendo una parvenza di finta perplessità.
    « Ne prendo atto. » E' infine l'unico commento che fa prima che il loro tavolo venga preso d'assalto. « Lo hai detto? Te lo ha detto? Il tredici di Junio. No prendere impegni. Noche temática. » Periodo impegnato, mi dicono. Lo sguardo di Mun si precipita in direzione di Albus con fare interrogativo non avendo la più pallida idea di cosa Diego intenda. « Oh, interessante. E cosa prevederebbe questo tredici di Junio? » Si rivolge a Diego con decisamente molta più gentilezza di quanto abbia riservato a Maya in precedenza. Al momento la ignora, seppur si trovi al tavolo in una posizione speculare rispetto alla sua. « Sei una donna di cultura, Mun? Ho poche parole para te: artistas bohemien, night club, storia de amor e tragedia. » Solleva un sopracciglio e osserva Albus come se tentasse di capire se ha afferrato il concetto. « Hai la mia attenzione, Diego. » Ammette mentre il sorriso di lei si allarga, annuendo lentamente. « Albus tendrá la parte de Christian. » Crack. Nell'apprendere quella notizia da niente meno che Maya, Mun solleva entrambe le sopracciglia posando una mano sulla gamba di Albus, carezzandogli la coscia con premura. Lo sguardo saetta in quello della sua contendente femminile, mentre cala un improvviso silenzio tombale. Nessuno parla, mentre il sorriso di Mun sembra sbiadire appena. Nel far west questo sarebbe il momento in cui i pistoleri si alzano dal tavolo con entrambe le pistole puntate contro il nemico. « Sarai fantastico. » E Mun è chiaramente finta come una banconota da tre sterline, ma non intende darlo a vedere. Ha promesso a se stessa che lo avrebbe appoggiato; finché tutti conoscono il proprio posto, va tutto bene. « Che ne diresti di partecipare? » Si parlano sopra; letteralmente. Nello stesso momento in cui Mun tenta di stemprare la tensione riportando l'attenzione su di lui, Albus fa quella proposta caduta giù come un fulmine a ciel sereno. « Sei bravissima e magari potresti pure insegnarci qualcosa nell'ambito di mettere un piede dietro all'altro quando parte la musica. » Lo sguardo di Mun saettò per un istante dal volto di Albus verso Juan e infine verso Diego. Ne hai almeno parlato di questa roba con loro? « Sarebbe anche semplice prepararci..vivendo insieme. Sai..potremmo provare quando i bambini vanno a dormire. » L'attenzione della giovane Carrow venne prontamente riportata esattamente dove doveva essere. L'elettricità nei loro sguardi bastò affinché per un istante non ci fosse nessun altro a quel tavolo a parte loro. Non era prettamente una richiesta, quella di Albus, o almeno, se lo era, la piccola Carrow non la interpretò in quella maniera. Sospirò quindi deglutendo appena, prima di stringersi nelle spalle con apparente disinvoltura. « Beh, se siete d'accordo e Renton non ha niente in contrario, posso darvi una mano. » Mette subito le mani avanti, lasciando vagare lo sguardo tra i ragazzi. « A titolo gratuito, ovviamente. Sarà divertente. » « E' la mia condizione per partecipare. I pezzi condivisi li voglio con Mun. » Tutto il resto è la storia di una sosta più lunga del previsto in un luogo decisamente inappropriato.

    Il giorno prima del Maypole, la situazione a casa Potter-Carrow, sembrava altalenante. Mun si è data da fare affinché Jay fosse preparato per il suo primo Midsummer, così raccolto il bambino dall'asilo, erano tornati a casa dove avevano iniziato la lunga preparazione dei biscotti prima ancora che Albus tornasse a casa dall'ennesima riunione per l'organizzazione del Midsummer. « Mun? Come facciamo a sapere se ai folletti piaceranno i nostri biscotti? » Il biondino riusciva ancora a metterla in difficoltà, nonostante la giovane Carrow avesse imparato come trattare con lui, a tal punto da aver sviluppato una confidenza non indifferente col piccolo Potter. « Beh.. questa è una ricetta speciale. Se seguiamo alla lettera la ricetta, i folletti li adoreranno! » « Si ma come facciamo a sapere che ai folletti piaceranno? » Le ipotesi di Mun non sembrano accontentare affatto Jay. Non vuoi illusioni, ma solide realtà. Tale padre, tale figlio. « Uhm.. senti.. non dovrei dirtelo ma.. » E dicendo ciò si avvicina come se volesse dirgli un segreto che nemmeno Lily dovrebbe sentire. « ..la ricetta me l'ha data un folletto. » Dei semplici biscotti alle gocce di cioccolato; una ricetta antichissima consegnatale dal re dei folletti in persona. Mun aveva infiocchettato molto la storia del Midsummer, rendendola il più possibilmente adatta per un bambino di cinque anni. Aveva coinvolti anche Lily, seppur la bambina sembrava più interessata alla coroncina di margherite che Mun le aveva fatto indossare, solo perché era troppo carina. Per il Maypole, le aveva comprato un vestito apposito; un pretesto perfetto per sovraccaricare ulteriormente gli armadi di entrambi i bambini di nuovi capi che probabilmente non avrebbero avuto nemmeno il tempo di indossare, per quanto crescevano in fretta. Seppur Molly Weasley catalogasse spesso quelle scelte della neo-mamma come dispendiose e insensate - perché, dove deve mai andare una bambina di un anno con indosso un vestitino d'alta moda - Mun non intendeva viziare meno la sua bambina o Jay, e infatti già si pregustava il momento in cui le avrebbe fatto indossare il vestito color panna con la gonnina a balzi e le scarpette laccate. Non c'è scritto da nessuna parte che tu debba essere una stracciona, amore mio. « Ciao! » Trilla allegra dalla cucina, seguita da un Jay concentratissimo sulla decorazione dei biscotti, che scatta improvvisamente giù dalla sedia andando incontro al padre con le mani piene di pasta di zucchero. Lily ride al suo fianco, mentre Mun, liberatasi dei residui di impasto, gli va incontro stampandogli un bacio sulle labbra. « Abbiamo iniziato un po' prima. Temevo che non avremmo finito entro l'ora di cena. Dobbiamo anche andare a raccogliere i fiori. » Stava iniziando a sentire lo spirito della festa, nonostante quest'ultima avesse riportato alla memoria una serie di consapevolezze che avrebbe preferito seppellire. Tuttavia, si disse internamente che il suo passato non avrebbe condizionato anche quell'occasione. I bambini erano felici, Albus era euforico, e persino lei aveva voglia di mollare la prese senza pensare minimamente a tutto il contorto disastrato della propria esistenza. [...] Più tardi i biscotti si stanno già raffreddando e Mun ha già infornato una copiosa porzione di patate al forno e dell'arrosto per la cena. Prende quindi posto in veranda, accanto ad Albus sul dondolo, osservando i pargoletti che, conclusa l'impresa della giornata, si stanno concedendo qualche momento in giardino assieme a Audrey e Arthas. « Mi cambio e andiamo. » Annuncia mentre lo sguardo osserva il sole calante all'orizzonte. Al tramonto mancheranno non più di due ore. « Devi vedere il vestito di Lily! Oh Albus è così carino.. e le scarpine! » Batte le mani estasiata all'idea di poterle far indossare quel outfit scelto tra almeno una trentina di altri. « Jay ha delle nuove camice di lino e un paio di piccoli anfibi che sono la fine del mondo. » Alla Carrow non piace di certo fare compere. « Sto realizzando che è la prima volta che portiamo nostra figlia tra i nostri colleghi ed ex compagni » Lo fissa con uno sguardo eloquente, sollevando un sopracciglio. Sei pronto? I loro amici conoscevano bene ormai la loro posizione, ma per la maggior parte della gente, il loro status di genitori era pressoché sconosciuto se non si considerava la loro pressante attività social.
    « Sarà.. particolare. » Come tutto ciò che ha a che fare con le loro vite scombussolate. Si schiarisce la voce e resta per un po' in silenzio, osservando i bambini con un che di pura adorazione. Ci sono momenti in cui non riesce proprio a realizzare di aver contribuito a costruire un tale livello di perfezione. « E.. a proposito di particolare. Oggi stavo raccontando a Jay del Midsummer. Mi ha fatto un sacco di domande, e abbiamo letto un po' di legende in merito. » Una premessa decisamente insolita e particolare rispetto alla natura della sua proposta. Si gira nella sua direzione, allungando le gambe sopra le sue cosce, prima di togliersi gli occhiali da vista dal naso. « Tutto ciò mi ha fatto abbastanza riflettere su questa festività, sai? » Solleva un sopracciglio; il suo sorriso diventa man mano più divertito e sopra le righe. « Forse dovremmo prendere questo periodo con un po' più di serietà, amore. » Si stringe nelle spalle e sbatte le ciglia insistentemente mentre incrocia le braccia al petto. « ..più alla lettera. Sai rispettarne i dogmi fino in fondo. Perché, non lo so Albus - lo sai che non mi piace correre. » Pausa. « Magari potrei avere qualche incentivo se.. non lo so - dico così - seguissimo il rituale della purificazione fino in fondo. » Sbatte ancora una volta le ciglia con eloquenza, mantenendo quell'apparente cipiglio di serietà, convinta che avrebbe capito fino in fondo l'antifona della sua proposta. Sadica fino in fondo, è certa che potrà sfruttare il periodo in causa per giocare ancora più del solito. Una cosa che sembra bramare è ricercare con una certa insistenza. « Non avrebbe neanche senso andarci se non riusciamo a dargli una qualche forma di valenza. » Già.. valenza Albus. « Non lo so.. pensaci prima.. poi potrai dirmi cosa ne pensi. » [...] Più tardi, prima di cena e poco prima del tramonto, Mun è pronta per uscire. E mentre sta aiutando Jay e vestirsi che si sporge dalla porta della stanza del bambino per accertarsi si Albus è pronto. « Amore sei pronto? » Chiede alzando un po' la voce per farsi sentire. « Si papà! Io sono prontissimo!! Tu? » « Andiamo! Il sole è quasi andato! » Ma Albus nella stanza da letto non c'è. Dal bagno però si sentono provenire tracce di presenza umana. Mun si siede sul loro letto matrimoniale e alza gli occhi al cielo. Quando è lei che aspetta lui. « Mi spieghi cosa fai in bagno da tre ore? Su esci! »



     
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    « Ciao! » Giorni lunghi e stancanti, quelli che Albus stava vivendo in preparazione del Midsummer, ma allo stesso tempo pieni di soddisfazione. Seppur fosse sempre impegnato e corresse da una parte all'altra del Regno Unito più volte al giorno, al giovane Potter quel periodo piaceva. Gli piaceva convogliare le proprie energie in progetti nei quali credeva realmente, così come gli piaceva tornare a casa e passare il resto del tempo con la propria famiglia. Si chinò quindi a schioccare un bacio sulla fronte di Jay, quando questo gli andò incontro al suo rientro, poggiando poi una mano sul fianco di Mun per dedicarne uno - più romantico - anche a lei. « Che succede qui? » chiese, sbarrando gli occhi e fingendosi spiazzato dallo stato in cui versava la cucina. « E' colpa tua. » Con sguardo fintamente serio, puntò il dito contro la piccola Lily, che si alzò il vestito per coprirsi il visino e ridacchiare. « Mostriciattolo, lo sapevo! Vieni qua! » Afferrò quindi la bimba facendola dondolare appena in aria prima di stringersela al petto, riempiendole il faccino e il collo di baci mentre questa se la rideva a crepapelle. « Abbiamo iniziato un po' prima. Temevo che non avremmo finito entro l'ora di cena. Dobbiamo anche andare a raccogliere i fiori. » Annuì velocemente, ormai troppo preso dalle attenzioni alla bambina per pensare agli impegni successivi. « Intanto abbiamo dei biscotti da preparare per i folletti, dico bene? » nel dirlo, si voltò prima verso Mun e poi verso Lily, enfatizzando quella che era a tutti gli effetti una domanda retorica. La piccola cominciò a sbattere i piedini contro il suo busto e trillare gioiosamente, presa dall'euforia di quello che doveva aver compreso solo come concetto astratto. « Li prepariamo anche noi come Jay e la mamma? » La risposta, ovviamente, fu un cenno vigoroso di assenso, al quale Albus rispose disponendo per terra alcuni attrezzi giocattolo da cucina. Come ogni bambino della sua età, Lily amava imitare le azioni dei genitori e del fratellino, tentando di emularli con quanta più precisione poteva. Chiaramente era ancora presto per metterla a contatto con la preparazione del cibo, ma di certo Albus poteva fare qualcosa per darle l'impressione che il loro compito fosse in tutto e per tutto uguale a quello di Mun e Jay. Si sedette quindi a gambe incrociate sul pavimento, sistemando Lily sulle proprie ginocchia e giocando con lei alla preparazione di quei fantomatici biscotti per i folletti. [...] « JAY! PIANO! » Dalla veranda rivolse uno sguardo severo al bambino, che in un raptus d'amore aveva cominciato a stritolare le guance di una Lily decisamente poco incline a quel contatto così intenso. Sospirò, lasciandosi cadere sul dondolo e accogliendo Mun accanto a sé. « Ho sentito nonno Arthur per l'altalena. Mi ha dato qualche dritta. » disse, passando il braccio intorno alle spalle della mora per attirarla più vicina a sé. « Gliela costruirò dopo la festa, quando avrò più tempo per le mani. » Fece una pausa, guardando il giardino con aria pensierosa. « Pensavo lì.. » disse, indicando con il mento un punto non troppo lontano dal porticato « E' abbastanza all'ombra, quindi non si rischia che i sedili diventino un barbecue in estate. » Sospirò, voltandosi verso di lei per sorriderle con aria soddisfatta e, allo stesso tempo, chiederle implicitamente un'opinione a riguardo. « Tra poco dovremmo avviarci. Sta per farsi buio. » « Mi cambio e andiamo. Devi vedere il vestito di Lily! Oh Albus è così carino.. e le scarpine! » Lo sguardo corse immediatamente alla bambina, intenta a strappare fili d'erba dal prato e sistemarli sulla pelliccia di Arthas con aria fiera. Sorrise, immaginandosela tutta agghindata per l'evento dell'indomani. La sua principessa. « Jay ha delle nuove camice di lino e un paio di piccoli anfibi che sono la fine del mondo. Sto realizzando che è la prima volta che portiamo nostra figlia tra i nostri colleghi ed ex compagni. » Riportò gli occhi alla ragazza, fissandola per qualche istante con espressione pensosa prima di ritrovarsi ad annuire. Sospirò, con il pallido spettro di una certa mestizia in volto. « Sarà.. particolare. » « Particolare è un eufemismo. » Infatti, sebbene i loro compagni fossero al corrente del loro stile di vita e lo avessero sperimentato di prima mano singolarmente, non c'era mai stato un vero e proprio impatto pubblico. Albus e Amunet difficilmente mischiavano la propria vita studentesca con quella da genitori; eccezion fatta per quella volta che lui si era dovuto portare la bambina a una riunione dei Senior perché nessun suo familiare era disponibile a tenerla: inutile dire che la riunione si era trasformata in uno show della piccola a quante attenzioni potesse catalizzare su di sé. La risposta? Tutte. Non si era combinato niente. « E.. a proposito di particolare. Oggi stavo raccontando a Jay del Midsummer. Mi ha fatto un sacco di domande, e abbiamo letto un po' di legende in merito. Tutto ciò mi ha fatto abbastanza riflettere su questa festività, sai? » Sollevò un sopracciglio, ironico. Indubbiamente, a quel punto Mun aveva tutta la sua attenzione. Tanto l'allungamento delle gambe sopra le sue quanto il tono di voce gli lasciavano presagire che la mora avesse qualche idea che le frullava in testa. Nulla di buono, ovviamente. « Mmh..sentiamo. Quali valori hai riscoperto oggi? » « Forse dovremmo prendere questo periodo con un po' più di serietà, amore..più alla lettera. Sai rispettarne i dogmi fino in fondo. Perché, non lo so Albus - lo sai che non mi piace correre. Magari potrei avere qualche incentivo se.. non lo so - dico così - seguissimo il rituale della purificazione fino in fondo. » Un sorriso luciferino si distese sulle labbra di Albus, illuminandogli gli occhi di verde smeraldo. « Fino in fondo, dici? » chiese, più retorico che altro, facendo scivolare lentamente la mano lungo le gambe di lei per poi frenarsi sull'orlo della gonna, le dita appena infilate sotto la stoffa. Lo sguardo che le rivolse fu quasi di monito, animato da una fiamma di puro divertimento. Attenta a ciò che desideri, Carrow. « Non avrebbe neanche senso andarci se non riusciamo a dargli una qualche forma di valenza. Non lo so.. pensaci prima.. poi potrai dirmi cosa ne pensi. » In realtà, Albus non ebbe bisogno di pensarci troppo. Sapeva riconoscere una situazione feconda quando ne vedeva una, e per questo si ritrovò ad annuire. « In realtà penso che tu abbia ragione, sai?! Le tradizioni sono importanti: fanno parte della nostra cultura e definiscono la nostra identità anche come singoli. » Un discorso, quello, detto sull'orlo di un sorriso sordido. « Non siamo mica degli animali. » chiosò infine, inclinando appena il capo di lato. Un'affermazione, che tuttavia conteneva anche una domanda provocatoria. Non è vero, amore? [...] Albus era sempre stato portato per la
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    Trasfigurazione; forse, in parte, perché la sua natura di Metamorfomagus lo rendeva naturalmente propenso a quel tipo di disciplina. Tuttavia non aveva mai sentito il bisogno di imparare a controllare il proprio potere, un po' per svogliatezza e un po' perché dubitava lo avrebbe mai applicato in ogni caso. Per quanto a molti potesse sembrare intrigante la capacità di cambiare il proprio corpo a proprio piacimento (non solo per fattori estetici), Albus non aveva mai avvertito la spinta a sfruttare quell'abilità che in molti gli invidiavano. Tuttavia, dove non arriva l'amore, arriva la forza. Il Corso Auror richiede infatti ai suoi studenti di padroneggiare ogni branca della magia a un livello ottimale, e la Trasfigurazione non faceva di certo eccezione - anzi! Durante la sessione invernale, quella era stata la materia più importante, a cui Albus e i suoi compagni si erano dovuti dedicare quasi esclusivamente per un periodo piuttosto lungo. L'esame si divideva in quattro moduli, uno dei quali richiedeva lo studio di un libro a scelta tra quelli proposti. A colpo sicuro, il giovane Potter si era buttato su quello relativo alla Metamorfomagia, sicuro che l'esperienza di vivere la cosa in prima persona lo avrebbe aiutato e reso lo studio più veloce. Tuttavia, nell'intento di semplificarsi la vita, il ragazzo aveva effettivamente imparato qualcosa di nuovo, tra cui alcune tecniche per controllare la trasformazione e stabilizzarla. Tutto si aspettava, però, tranne che gli sarebbe mai venuta l'idea di mettere quelle conoscenze a frutto. Gli era balenato in testa dal nulla. Nel trovarsi di fronte allo specchio, il proprio naturale flusso di pensieri era approdato a quei capelli biondi con cui era venuto al mondo. Tra sé e sé aveva pensato che sarebbe stato divertente, provare un look estivo. Quasi per scherzo, sulla scia di quei preparativi per il Midsummer. Concentrandosi dunque sulla propria immagina aveva iniziato a effettuare un cambiamento dietro all'altro, ritrovandosi a modificare con occhio clinico la lunghezza dei propri capelli, la sfumatura e, infine, a provarsi addosso quella barba che non si era mai arrischiato a far crescere. Se aveva fatto trenta, infatti, tanto valeva fare trentuno, no? Inizialmente, l'impatto completo fu uno shock. Era solo un undicenne, quando aveva visto per l'ultima volta su di sé dei colori chiari. Eppure, nonostante fosse completamente diverso da come era abituato a vedersi..si piaceva. Gli piaceva quell'aria un po' più matura che l'accenno di barba e baffi gli conferiva, così come gli piaceva il modo in cui quel taglio e quel colore di capelli incorniciava il suo viso. Prese un elastico nero tra quelli di Mun, tirandosi su i capelli in un piccolo cipollotto per testarne la comodità. Nel voltarsi da un lato e poi da un altro, le sue labbra si incurvarono all'ingiù in una smorfia, accompagnando il ciondolare del capo in un cenno di assenso. Sì, beh, mi scoperei. « Mi spieghi cosa fai in bagno da tre ore? Su esci! » Chiusa la cintura, si sistemò meglio la t-shirt bianca addosso prima di uscire dal bagno come se nulla fosse, lanciando un sorriso sereno a Mun. « Ah ora capisci come ci si sente! Pensa che per me è così tutte le volte. » Parole che uscirono dalle sue labbra con un sorriso. Un sorriso che, però, sembrava essere dovuto a qualcosa di diverso rispetto alla battutina quotidiana lanciata lì a caso. Si avvicinò quindi alla figura di lei, appoggiando i palmi delle mani sulle sue cosce per sporgersi in avanti, più vicino al suo viso. La osservò in silenzio per alcuni istanti, sorridendole sornione. « Questa purificazione esclude anche il dare un bacio alla propria ragazza oppure? » disse a voce un po' più bassa, fissandola dritta negli occhi con le proprie iridi cerulee, prima di annullare le distanze e carezzarle le labbra con le proprie. Nel silenzio di quel bacio, le dita di Albus affondarono nella carne delle sue gambe scoperte, divaricandole appena per farsi spazio tra di esse. Subito dopo aver passato la punta della lingua sulle labbra di lei, il ragazzo riprese le distanze, assumendo una posizione eretta pur se ancora troppo vicino al corpo di Mun. Le sorrise quindi dall'alto, accarezzandole la guancia senza dire nulla per poi scostarsi, avviandosi verso la porta della camera. « Andiamo, prima che ci rubino tutti i fiori migliori. » dichiarò, scoprendo i denti in un'espressione sorniona. E' guerra aperta, Carrow.

     
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    Chiedi e ti sarà dato. E forse in quel caso Mun avrebbe preferito non scoprire mai cosa avesse combinato il suo ragazzo nel loro bagno per tutto quel tempo. Varcata la porta della stanza infatti, la piccola Carrow si ritrovò di fronte a una versione decisamente differente del giovane Potter. Sulle prime scoppiò a ridere; una risata più che divertita semplicemente confusa. Sollevò istintivamente un sopracciglio osservandolo con un'espressione interrogativa, specie considerando il suo fare il vago. Forse non se ne è accorto. Forse è semplicemente impazzito. « Ah ora capisci come ci si sente! Pensa che per me è così tutte le volte. » Strano; troppo ricercato perché si tratti di un errore. Fino a quel momento il massimo del cambiamento che aveva avuto modo di vedere in Albus, riguardava lo spettro di colori variopinti che assumevano i suoi occhi. I capelli, la barbetta incolta - l'estetica complessiva di quel look aveva qualcosa di estremamente ricercato. Non è casuale. Bastardo. Ogni dubbio venne spazzato via dal sorrisino di lui nell'esatto momento in cui tentò un avvicinamento, di fronte al quale, Mun, colta in pieno dalla confusione e l'incertezza, si allontanò leggermente man mano che, un sorriso furbesco si allargava sul volto di lei. « Sul serio? » Chiese di conseguenza piuttosto sorpresa, riferendosi ovviamente alle scelte stilistiche improvvise adottate dal giovane Potter, quasi a voler rispondere alla sua proposta di purificazione. Si morse il labbro inferiore, colta da un piacevole calore interiore che sembrava snaturare la sincera reazione confusa che aveva avuto sulle prime; le piaceva, forse anche troppo. Era diverso; la barbetta gli conferiva un aspetto decisamente più maturo, segnando nei punti giusti i tratti gentili di lui: quanto ai capelli, aggiungevano un che di selvaggio, al solito aspetto curato del ragazzo. Che l'aspetto perfettino di Albus l'abbia sempre attratta, non era certo una novità; però certo che se tutti diventassero così quando si lasciano andare, il mondo sarebbe un posto più difficile da affrontare. E anche più bello. Biondo era e bello. « Questa purificazione esclude anche il dare un bacio alla propria ragazza oppure? » Deglutì arrossendo, mentre tentava di eludere il suo sguardo in un tentativo folle quanto privo di consistenza o di una reale volontà. Quando Albus la guardava in quella maniera, l'equilibrio precario che li teneva a galla diventava pericolosamente traballante. Sull'orlo di quel bacio, la pressione sulle sue cosce si amplificò, costringendo Mun a sospirare profondamente sulle sue labbra, facendosi più vicina, ricercando di conseguenza un contatto più approfondito nell'esatto momento in cui si fece spazio tra le sue gambe. Il suo tentativo vanesio, durò il tempo di un battito di ciglia, e non appena dovette sollevare lo sguardo per osservarlo, le dita corsero a incastrarsi tra la cintura dei suoi jeans tirando appena. Non ebbe il tempo, la piccola Carrow, di fare assolutamente nulla. Una carezza sulla guancia e l'improvvisa assenza furono tutto ciò che ricevette, colta da ancora più confusione di prima. « Al-Albus! » Boccheggiò travolta da un velo di frustrazione, mentre si gettava all'indietro, crollando a peso morto sul materasso, coprendosi il viso con entrambi le mani. « Andiamo, prima che ci rubino tutti i fiori migliori. » Sospirò profondamente, Mun, ricomponendosi ben presto quanto meno per l'amore dei bambini ai quali aveva promesso che si sarebbero divertiti un mondo a raccogliere i fiori. Proprio ai fiori sto pensando ora. [...] La stessa sera, il nuovo look di Albus era diventato un dato di fatto; fino a quel momento Mun non aveva avuto il coraggio di chiedergli nulla in merito, intenta com'era a studiarlo da lontano, come se tentasse di metabolizzare il nuovo aspetto del suo ragazzo. Molti erano stati i pensieri della piccola Carrow in quei frangenti; uno spettro variopinto che passava dal è strano, dov'è il mio Albus, a pensieri decisamente meno puri. Quel misto di sentimenti e sensazioni era stato sufficientemente scottante da spingerla a scrivere a Malia e riproporle di tornare in palestra. « Quindi è una cosa ufficiale? » Chiese infine mentre sfoggiava fuori dalla porta del bagno il suo outfit per la notte. L'estate era arrivata, e non c'era più alcuno motivo per cui Mun non dovesse sotterrare dal fondo dell'armadio le sue camicette da notte. Quella nello specifico, color rosa antico, era un misto di seta e pizzo, aderente nei punti giusti, abbastanza corta da lasciare ben poco spazio all'immaginazione. Si sedette di fronte alla sua postazione beauty, il cui specchio aveva un ampio spettro su tutta la stanza, e iniziò la sua routine serale di creme e sieri. « Amore, dovremmo organizzare molto bene le prove per questo mese. Mi ha chiamato Malia » Una piccola bugia insignificante. « Dice che le lezioni di pole dance scadono questo mese. » Si stringe nelle spalle mentre osserva il suo riflesso allo specchio. « Mi sembra uno spreco non finirle, non credi? Dovremmo trovare una maniera per incastrare tutto.. » Un leggero sospirino degno di una vita difficile, prima di sollevare lo sguardo verso l'alto, stringendosi nelle spalle con apparente innocenza. E' troppo difficile essere Amunet Carrow certi giorni. [...]
    Le serate al Suspiria erano ormai diventante un'abitudine, sia perché spesso e volentieri Albus e Mun dovevano provare con gli altri, sia perché Mun aveva iniziato a incrociare sempre più spesso la rotta di Hogsmeade. Gli allenamenti con Malia si erano fatti sempre più intensi, tant'è che, se anche non avessero preso l'iniziativa di dormire in stanze separate, Mun sarebbe comunque crollata la serata come un sasso. Si teneva impegnata, per quanto possibile, e se pure la situazione non era affatto tranquilla, riusciva a tenere fede a quel nuovo impegno preso con abbastanza temerarietà. Era stata sul punto di crollare più volte con l'andare avanti delle giornate. Inizialmente, infatti, la ragazza si disse che, giocare pulito era la maniera migliore per non rompere il patto. Di un avviso completamente differente era il suo giovane partner, che sembrava essere più allegro del solito. Né i loro rispettivi impegni separati, né lo sforzo fisico di Mun che la metteva KO, erano stati sufficienti per tenere alla larga il giovane Potter. Anzi, se possibile, sembrava trarne ancora più godimento da quel vederla costantemente boccheggiare e annaspare come una cocainomane. « Mi stai trattando come una ninfomane. » Gli aveva detto quella particolare sera mentre si sedeva a uno dei tavoli davanti al palco accanto a lui. Le gambe incrociate e un'espressione apparentemente dispettosa. Sollevò il naso per aria e puntò lo sguardo davanti a sé. Era una serata open mic, quella a cui assistevano, tant'è che la band si alternava un po' per uno, concedendosi più pause del solito. « Non è molto carino da parte tua. Sei molto molto moooolto cattivo con me. » Continuò mentre in sottofondo riecheggiava una versione acustica di Material Girl ad opera di una sua compagna di corso di cui non ricordava il nome. Le amiche, sedute a un tavolo alle loro spalle ridevano compiaciute, tutte ubriache e intente e far baldoria. « Io sto giocando pulito.. ma tu.. » Tu no. Non giochi mai pulito. Una lamentela apparentemente fine a se stessa, funzionale in fondo, come tante altre cose disperate che aveva tentanto Mun negli ultimi giorni. I suoi vestiti si erano accorciati, c'erano sempre un sacco di cose che cadevano dai tavoli; molti lavori andavano fatti manualmente, per esempio la pulizia dei pavimenti che in quel periodo avevano bisogno di una cura particolare - d'altronde il parquet è sempre un casino; indossava quasi perennemente solo ed esclusivamente una tonalità di rosso di rossetto molto intensa, ma tutto sommato da tutti i giorni; e se anche non lo fosse d'altronde, a Mun sarebbe importato ben poco. Non indossava molto spesso il rosso; ma quelli erano giorni disperati, e in fondo, quella particolare nuance color rubino era perfetta tanto per il suo incarnato pallido quanto come contrasto con i capelli color ebano. Si era detta che alla fine sarebbe passata al contrattacco, anche solo perché, semmai Albus non fosse stato in grado di resistere, la responsabilità sarebbe ricaduta interamente su di lui e Mun intendeva anche farglielo pesare, se anche fosse stata lei a scatenare quella prematura interruzione della loro purificazione. Di puro d'altronde, quel loro gioco non aveva assolutamente nulla. La minigonna che la ragazza indossava quella sera ne era il perfetto esempio, così come lo era il suo aver calcato decisamente troppo la mano pasticciando col gelato che si erano presi prima di arrivare al locale. I capelli raccolti in una coda alta, e sin troppa panna sul cono esuberante che aveva scelto, erano stati solo l'inizio della sera prima della caccia. Si alzò con estrema lentezza quando, Material Girl finì e si diresse verso il palco, complice il fatto che si era iscritta al giro di cantanti in erba mentre Albus si premurava di prendere i drink per entrambi.
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    « Goditi lo spettacolo amore.. per una volta sotto il palco ci stai tu. » Diego infatti batté le mani divertito nel vedere chi sarebbe stata la prossima cantante, invitando Albus a riprendere il proprio posto al pianoforte. « No, ma non è necessario. Secondo me suona meglio senza piano. La facciamo in acustico. » La canzone che aveva scelto, era piuttosto sconosciuta, ma Juan che evidentemente l'aveva già sentita, spiegò abbastanza in fretta gli accordi agli altri, e così diedero il via alle danze. Lasciarono partire Mun senza accompagnamento, per poi scattare insieme al primo giro utile. Nonostante Mun si fosse già presentata un paio di volte al Suspiria per le prove, i ragazzi non l'avevano sentita ancora cantare; il suo ruolo iniziale era osservare, faceva compagnia ad Albus perché le faceva piacere, e perché aveva scoperto che, tolta Maya, stare assieme a loro era piuttosto piacevole. Dopo i primi versi di fronte ai quali Mun sorrise nel veder Diego piuttosto perplesso, la band partì. Non pensavi sapessi cantare eh! « And we rode motorcycles blackjack, classic vinyl tough girl is what I had to be » Non aveva perso di vista nemmeno per un istante Albus, nonostante qualcuno alle sue spalle stesse ridacchiando; ancora vittime di vecchie informazioni sensibili rilasciate nel campus, quella storia sarebbe stata solo benzina sul fuoco, ma a dirla tutta, a Mun non importò, distogliendo lo sguardo solo per atteggiarsi in comportamenti e sguardi sin troppo amicanti nei confronti dei ragazzi della band, solo per poi tornare a guardare ad Albus con occhi di ghiaccio sempre più accesi da una lussuria che sarebbe stata destinata solo a crescere. L'elettricità che provò durante la serata culminò con un gesto improvviso durante la notte. Poco dopo la mezzanotte, sotto la porta della stanza degli ospiti, la piccola Carrow infilò una polaroid di se stessa ritratta negli stessi ambienti delle foto postate su Wiztagram nei giorni precedenti. Questa tuttavia, la ritraeva a torso nudo di spalle in un vedo non vedo che di certo lasciava molto spazio all'interpretazione. Il fotografo ha visto, oppure Mun è stata abbastanza accorta da tenersi le gioie per se stessa? Sul retro della polaroid un paio di righe firmate dalla scia di un paio di labbra rosse. "Credo che il nostro amico in comune si è divertito un po' troppo. Non se lo aspettava, ma non si è nemmeno tirato indietro. Spero tu possa apprezzare l'opera d'arte tanto quanto lui." Che Fitz avesse un debole per la ritrattistica femminile non era un mistero; correva voce che molti suoi servizi fotografici si trasformavano spesso in servizi di altra natura. Quell'asso nella manica, Mun, se l'era tenuto come una delle ultime carte da giocarsi prima della caccia; una foto che, al di là di tutto, era stata scattata sotto lo sguardo divertito di un Fitz nient'affatto perplesso dalle intenzioni della Carrow, pregustandosi già il momento in cui sarebbe stata consegnata al destinatario per il quale era stata scattata.



     
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    « Quindi è una cosa ufficiale? » Si strinse nelle spalle, chiudendo l'indice tra le pagine del libro che stava leggendo per tenere il segno mentre alzava lo sguardo su di lei, facendole la radiografia completa. « Sì..per ora. » Il look gli piaceva, sebbene dovesse ancora farci l'abitudine. E di certo la curiosità di mostrarsi in quel modo ad amici e famiglia lo stava letteralmente rimangiando dall'interno. « Pensavo di tenerlo per il Midsummer e poi tornare alla normalità dopo la festa. Sai..look estivo e così via. » Inclinò appena il capo, mostrando un sorriso sornione ad accompagnare quelle parole. Se l'idea di essere in tema con la festa lo allettava, di certo non era l'unica ragione per cui si era dato a quel cambiamento drastico. « Amore, dovremmo organizzare molto bene le prove per questo mese. Mi ha chiamato Malia. Dice che le lezioni di pole dance scadono questo mese. » Schiuse le labbra, mostrandole una smorfia come a dire: ma davvero? « Mi sembra uno spreco non finirle, non credi? Dovremmo trovare una maniera per incastrare tutto.. » « Eh no, perderle è proprio un peccato. Non preoccuparti, amore, a trovare incastri non abbiamo mai avuto problemi.. » Le rivolse quindi un veloce occhiolino, ridacchiando tra sé e sé prima di riaprirsi il libro di fronte al viso. [...]
    Ormai Albus sembrava averci fatto l'abitudine a quel ritmo di vita ancor più impegnativo del solito. Giostrarsi tra le diverse mansioni non gli pesava più di tanto, forse perché in fin dei conti era fiero di tutto ciò che aveva per le mani in quel momento: il dispendio di energie era canalizzato per la gran parte in cose che lo rendeva felice e lo appagavano. Col passare dei giorni era riuscito persino ad abituarsi al nuovo look, facendoselo entrare nel sistema al punto che un po', lo sapeva, gli sarebbe dispiaciuto lasciarselo alle spalle. Però ci tengo troppo al mio ciuffo scuro per prendermi questo impegno a lungo termine. Però chissà, magari un giorno tornerò a questo stile da Johnny Depp in Chocolat. Persino gli altri sembravano aver accolto di buon grado quel cambiamento: la band si era dimostrata piacevolmente sorpresa, spendendosi in complimenti più di una volta, a volte anche un po' spinti. Quella sera, poi, i ragazzi ci avevano tenuto a sottolineare a Mun tutte le prerogative del suo nuovo ragazzo all'ultimo grido. Cosa che, ovviamente, aveva divertito non poco il giovane Potter, il quale aveva preso ogni palla al balzo per stuzzicare la mora. « Mi stai trattando come una ninfomane. » Si voltò nella sua direzione, lanciandole uno sguardo eloquente che sembrava dire: amore, non per niente, ma tu sei una ninfomane. « Ma ho anche dei difetti. » disse, allargando appena le braccia e inclinando il capo di lato con un sorriso smagliante. « Non è molto carino da parte tua. Sei molto molto moooolto cattivo con me. Io sto giocando pulito.. ma tu.. » Le rivolse un'occhiata di disappunto, come a volerle esternare quanto offeso fosse da quella critica completamente immeritata. A ben vedere, nessuno dei due aveva realmente giocato pulito in quel periodo. I vestiti di Mun si erano accorciati e le sue movenze si erano fatte molto più lente e calcolate. Provocazioni alle quali lui ci aveva messo del suo, sfidando costantemente il limite di quanto potesse avvicinarsi a lei e fin dove potesse spingersi a toccarla. Un gioco sadomasochistico, il loro, ma non per questo meno divertente. Affrontare quelle due settimane senza avere rapporti non era di certo facile, ma si trattava di un cruccio a cui Albus era disposto a cedere in previsione di un qualcosa di migliore in seguito. E quindi la stuzzicava e si lasciava stuzzicare; anzi: voleva farsi stuzzicare. Desiderava che lei lo spingesse sempre di più al punto di non ritorno, che lo frustrasse e lo lasciasse a bocca asciutta. Desideri, quelli, che non si era certo trattenuto dal comunicarle a modo proprio.
    « Goditi lo spettacolo amore.. per una volta sotto il palco ci stai tu. » Le rivolse un'occhiolino, sistemandosi più comodamente sulla sedia per godersi la performance che Mun doveva aver studiato per lui. E infatti, nel sentire le prime note della canzone, le labbra del ragazzo si stesero in un sorriso malizioso, capendo di non aver sbagliato nelle proprie previsioni. Lo ignorò, il vociare alle sue spalle, così come ignorò anche i risolini: ci era abituato. Ormai tutti conoscevano il contenuto delle conversazioni private tra lui e la sua ragazza e tutti si sentivano in diritto di giudicare o fare battute ogni qualvolta gli fosse possibile. Ma a lui importava relativamente. Si trattava della loro intimità: un qualcosa di cui non si vergognava affatto. E sì, la canzone scelta da Mun era benzina sul fuoco di quelle dicerie, ma proprio per questo Albus ne godette ancora di più, beandosi di ogni parola e ogni sguardo. E che il mondo lo vedesse pure, quanto forte fosse l'elettricità che scorreva tra loro due. Voi potete stirare pure il braccio, ma a quello che abbiamo noi non ci arriverete mai.
    L'ennesima riprova di quel concetto fu la polaroid che, in tarda serata, Mun gli fece scivolare sotto la porta, completa di una didascalia che sembrava volta a stuzzicare tanto la sua immaginazione quanto una piccola gelosia. Ridacchiò, premurandosi in seguito di occultare la fotografia prima di scrivere un veloce biglietto che, a sua volte, le recapitò facendoglielo scivolare sotto la porta della camera. "Questo ti costerà una punizione. Ne riparliamo dopo la corsa."

    5 Giugno
    Idmzfe7
    Conclusosi l'evento, Albus l'aveva presa per mano, passeggiando insieme a lei per le stradine di Hogsmeade tutte addobbate da fiori e lanterne in vista del Midsummer. La caccia si era conclusa con un sentimento inaspettato, per lui; nel corso delle settimane passate, infatti, si era convinto del fatto che una volta trovata la propria ragazza dentro la foresta, il suo spirito più animalesco e il lungo periodo di magra avrebbero avuto la meglio sul suo autocontrollo. Tuttavia la situazione aveva preso una piega completamente differente: se da un lato aveva gongolato sin da subito per la propria vittoria schiacciante, dall'altro si era sentito in difetto per averle rovinato il gioco. Un sentimento strano, che non era abituato a provare nei riguardi di Mun, ma che conosceva molto bene per quelle volte in cui per errore si ritrovava a far qualcosa che provocava dispiacere ai suoi figli. Un po' come quando aveva messo via la rana a cordino di Jay perché convinto che non ci avrebbe più giocato comunque, solo per poi ritrovarselo a piangere per la dipartita della medesima. Fu proprio con quello spirito, condito da un pizzico di malizia, che il giovane Potter condusse la propria ragazza verso la gelateria Fortebraccio, cingendola con un abbraccio alle spalle e scoccandole un bacio sulla tempia prima di intimarla a scegliere qualsiasi cosa lei volesse. Offriva lui, ovviamente. Aveva poi scelto un tavolino all'aperto, guidandola gentilmente a sedersi sulle sue ginocchia, lei con la propria ordinazione e lui con una coppetta al gusto di menta e cioccolato fondente. Gli occhi del ragazzo erano spesso guizzati a scrutare le espressioni di lei, beandosi di ogni sprazzo di soddisfazione che Mun esternava. Più di una volta le aveva preso il mento tra le dita, facendola voltare verso di sé per pulirle premurosamente con un tovagliolino l'angolo delle labbra dai residui di gelato. Una malizia latente si celava in quei gesti così tranquilli, così stranamente naturali; malizia che forse, a un occhio esterno, non sarebbe stata affatto reperibile. C'era soltanto tra di loro, nella maniera in cui di tanto in tanto, nel mentre di portare a termine quelle piccole premure, lo sguardo di lui si posava fermo in quello di lei, scintillando di una luce smeraldina la quale, più che maliziosa, sembrava forse autoritaria, piuttosto.
    Finito di consumare lo spuntino, Albus la aiutò ad alzarsi in piedi, ricercando immediatamente la presa sulla sua mano. « Allora, principessa..dove vuoi andare? Ci stanno le bancarelle, ci stanno i locali, c'è il cinema. » Si strinse appena nelle spalle. « Tutto quello che vuoi. » Si sporse per schioccarle un bacio sulla fronte, sorridendole sereno prima che la sua attenzione venisse attirata verso il basso: nello specifico, sulle scarpe di Mun. Aggrottò appena la fronte, facendo scivolare la mano dalle dita di lei e chinandosi sulle ginocchia. Per un istante, rimase immobile, ritrovandosi poi a sollevare il mento per incontrare gli occhi della mora. Ancora una volta, quello sguardo tornò a farsi presente sui suoi lineamenti nel pronunciare una semplice frase. « Hai la scarpa slacciata. » Le parole uscirono dalle sue labbra con voce bassa e un po' roca, mentre le dita cominciavano ad armeggiare coi lacci dello stivaletto per legarli tra loro, stringendoli in maniera sicura prima di accarezzarle appena il polpaccio con la punta dei polpastrelli. Fatto ciò, si risollevò in piedi, piantando le iridi smeraldine in quelle di lei. « Allora? »

     
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    Dondola la mano in quella di lui; uno sguardo di pura ammirazione scaturisce da quegli occhi di ghiaccio, accompagnato da un sorriso smagliate. Batte le mani Mun, colta da un'improvvisa elettricità non appena si fermano di fronte alla gelateria Fortebraccio, ricordando all'improvviso il giorno precedente quando, si era divertita sin troppo nello scegliere il cono più grande che vendessero solo per poi lamentarsi perché non era in grado di finirlo. Solitamente Mun aveva un occhio di riguardo nei confronti delle sue scelte alimentari, eppure, c'erano semplicemente momenti in cui sembrava regredire in uno stato in cui voleva semplicemente tutto. Viaggiava da un eccesso all'altro in balia di un istinto che superava ogni suo buon senso. Quella sera non fu dissimile dalla serata precedente. Estremamente orgogliosa della sua scelta - un cono per il quale aveva scelto ben quattro gusti, la panna e il topping sopra. Fu abbastanza semplice leggere negli occhi del gelataio un leggero guizzo di confusione nel momento in cui Mun chiese di aggiungerci gli smarties sopra; un'ordinazione quella che non sembrava incontrare poi molto il gusto degli adulti. Era Jay a chiedere sempre gli smarties sopra il gelato; Mun glielo proibiva spesso e volentieri, e così, i bottoni multicolori erano diventati per il bambino una specie di guilty pleasure di cui si vantava ogni qual volta a portarlo in gelateria era uno dei suoi zii o i nonni. Oggi ho avuto gli smarties sopra il gelato. A quelle parole, Mun sembrava indispettirsi; nessuno teneva in conto le sue direttive e quelle di Albus circa cosa dovesse e non dovesse mangiare Jay. Li viziano troppo! Diceva a volte; eppure, quella sera essere viziata non sembrava dispiacerle affatto. Quanto a lei, era già tanto se il gelato se lo concedeva. Di solito era un piacere da giorni neri, mangiato direttamente da una confezione di cartone rimasta sepolta nel loro freezer a Inverness. Quella tuttavia, era una serata diversa; non seppe spiegarsi neanche perché. Di certo però, guardò Albus con estremo orgoglio prima di assaggiare il primo miscuglio di panna, topping, gelato alla fragola e smarties. Se la gola era un peccato, Mun sarebbe andata tranquillamente all'inferno quella sera, tanto quel gelato le sembrò buono. E non si disperò né di fronte al fatto che la panna le fosse finita sulla punta del naso, né tanto meno all'idea che Albus dovesse pulirle gli angoli della bocca più e più volte. Se possibile ciò, sembrò darle ulteriore vigore nel continuare a immergersi nel suo desert con fare sempre più approssimativo, trovando in quegli sguardi che si scambiavano l'essenza della ragione per cui avrebbe dovuto continuare. Solo dopo il secondo morso del cono si fermò, portandosi la mano sulla pancia. Era piena. Talmente tanto che, quando una goccia di gelato al cioccolato le finì sul petto, Mun la raccolse, portandosi l'indice alle labbra con un senso di pigrizia e sazietà. « Non lo voglio più. » Disse categorica posando il cono sotto il naso di Albus. Ma ciò non le impedì di intingere l'indice nella coppetta di lui, gustandosi un po' del suo gelato alla menta. Un gusto diverso rispetto a quelli che aveva scelto lei. Le novità sembravano stuzzicarla, invece. « Non mi guardare così.. era troppo, davvero. » Iniziò sbattendo le ciglia mentre gli rivolgeva uno sguardo colmo di scuse. Concluso quello spuntino sin troppo tardo perché potesse sperare che il suo metabolismo lo assimilasse del tutto, la passeggiata riprese. « Allora, principessa..dove vuoi andare? Ci stanno le bancarelle, ci stanno i locali, c'è il cinema. Tutto quello che vuoi. » Mun restò un po' a pensarci ridacchiando appena quando sentì le labbra di lui contro la propria fronte. « Mmm.. non lo so. Sto pensando.. » Disse battendosi l'indice sul mento, con aria estremamente saggia. Bisogna scegliere bene. Non capita tutti i giorni che possano godersi una serata in piena libertà. Prima che possa dargli una risposte tuttavia, Albus si china di fronte a lei, obbligandola ad abbassare lo sguardo sorpresa.
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    « Hai la scarpa slacciata. » Nell'esatto momento in cui i loro sguardi si incontrarono, Mun trattenne il respiro. Un momento che sembrò un'eternità; per una qualche ragione, la piccola Carrow, lesse in quel momento una sorta di sottile linea rossa. C'erano due scelte: decidere di oltrepassarla, oppure scoppiare a ridere e indietreggiare. Nello stesso momento in cui le dita di Albus si precipitarono verso i lacci, Mun sollevò leggermente lo sguardo verso l'alto sospirando, allungando di conseguenza il piede di poco nella sua direzione. Schiarirsi la voce fu naturale, mentre sentiva il suo battito cardiaco rimbombare come un tamburo nel petto. La salivazione aumentò a un leggero nodo alla gola si frappose fra lei e qualunque parola avesse voluto esortare in quel frangente. In pochi istanti fu di nuovo in piedi, e lo sguardo di lei dovette sollevarsi nuovamente in direzione di Albus. Sembrava aver acquistato almeno dieci anni in più nel giro di pochi secondo - una sensazione che la portò a sentirsi ancora più piccola e bisognosa delle sue attenzioni e cure. Le iridi di lei, colte da un improvvisa eloquenza, annegarono negli occhi di lui, e per qualche istante la consapevolezza in quel gioco di sguardi raggiunse un nuovo livello di intesa. Infine Mun sorrise, di colpo, come se quel momento non fosse mai esistito e tutto ciò che lo aveva preceduto fosse stato la cosa più naturale del mondo. « Bancarelle! Devi comprarmi qualcosa di carino. » Indietreggia di qualche passo precedendolo di proposito nella passeggiata, assumendo una camminata decisamente allegra, contrassegnata da qualche spensierato saltellio qua e là mentre si dirigono verso il vociare e la folla di gente. Giunta di fronte al lungo tunnel di bancarelle multicolore, salta da un banco all'altro, toccando stoffe e gioielli vari, lasciandosi inebriare dal vociare delle persone e dai colori allegri della festa. Ogni tanto si aggrappa al braccio di lui per mostrargli questa e quell'altra cosa, fermandosi a parlare con i negozianti. Si lascia spiegare cose circa la provenienza delle loro merci; prova l'odore di diversi profumi e annusa diverse candele, sentendosi come drogata dalle persone e dall'atmosfera festosa. Mun sorride, ride di fronte alle battute dei gentili signori con cui intrattiene conversazioni di breve durata e ringrazia con estrema gentilezza quando si allontanano. Di tanto in tanto getta sguardi sin troppo intensi al suo ragazzo specie quando, giunti in mezzo a una grande bancarella di tessuti, si ritrova a perdersi tra le migliaia di stoffe multicolori. Si nasconde in quel grande labirinto, in un gioco di vedo non vedo, osservandolo attraverso tessuti semitrasparenti, sorridendo gioiosa ogni qual volta lo sguardo di lui incontra il suo. Alla fine si nasconde per davvero, solo per poi sbucargli dietro saltandogli sulle spalle, all'estremità opposta della bancarella. Ha ancora voglia di giocare a nascondino, Mun, ma è molto più divertente farlo solo con Albus. Giunti quasi in fondo alla strada si accorge di non aver scelto quasi nulla, e di aver giusto sottratto alle spalle di un negoziante un fiocco blu che si è legata tra i capelli con estremo orgoglio. Gira quindi attorno all'ennesima bancarella di gioielli e cimeli magici, osservando il giovane Potter all'altra estremità e alla fine qualcosa attira la sua attenzione. Un braccialetto multicolore che si illumina. Un accessorio da carnevale, così infantile rispetto a tanti altri oggetti posati sulla bancarella della vecchia signora che la osserva, come se fosse sul punto di sottrarre qualcosa, da risultare quasi del tutto fuori luogo. « Questo. » Asserisce infine, azionando il pulsantino che fa illuminare il bracciale di colori vivacissimi per farlo vedere ad Albus. Un oggetto così lontano dai gusti raffinati di Mun che nel momento esatto in cui se lo arrotola sul polso, prova un misto di incredulità all'idea di trovarlo perfetto. Si morde istintivamente il labbro inferiore, osservandolo da sotto le lunghe ciglia, carezzandosi una ciocca di capelli. Salta a piè pari l'invito di una vecchia strega di farsi leggere la mano, scuotendo la testa con un che di sconfortato, nascondendosi appena dietro la schiena di Albus e decide piuttosto di lasciarsi stregare dai colori di decine di pozioni differenti esposte su un'altra bancarella. « Mi scusi.. questa cos'è? » Chiede nell'esatto momento in cui tra le tante boccette c'è un nome in particolare che non riconosce. « Potente afrodisiaco. Origini thailandesi. » Droga. Questo vende droga. Stappa la boccetta e ne annusa il contenuto con estrema cautela. « Cinque gocce in una qualunque bevanda e amore più bello. » Osserva Albus con un misto di incertezza e curiosità. Resta lì e dondolare sui talloni per qualche istante prima di sollevare lo sguardo in quello di lui. Ci sta seriamente pensando. Magari un giorno. Oppure mai? Di certo non comprarla significa restare con quella curiosità insoddisfatta per sempre. « Non è che dobbiamo usarla. Però.. averla » Spiega così il suo palese aver voglia di comprarla. Il profumo di fragola e cioccolato l'ha conquistata. Un odore simile a quello del suo gelato, ma più forte e più pungente. « Che dici? » Sgrana appena gli occhi deglutendo, prima distogliere lo sguardo, colta alla sprovvista da un palese sorrisino di troppo misto a un palese imbarazzo che la fa arrossire violentemente. Per una qualche ragione, Mun ha voglia di fare tutto ciò che non gli è concesso, superare ogni limite del suo stesso concetto di decenza. Non sa nemmeno quanto sia curiosa di conoscere gli effetti di quella pozione. Vuole solo averla, sentire il peso di quella tentazione sopraggiungere sulle loro teste. Concluso infine il giro delle bancarelle, sospira piuttosto soddisfatta, osservando ancora una volta il suo bel bracciale lampeggiante. « Grazie! Mi piace troppo, davvero. » Asserisce ancora una volta, mostrandogli un broncio che ha un senso di commozione. Era su di giri, come sollevata da ogni responsabilità e peso. Una sensazione talmente liberatoria che non provava da troppo tempo. « Ho visto i cartelloni prima. Alle nove danno The Big Sleep; Bogart e Bacall » Letteralmente una trasposizione romanzata di un rapporto che Albus e Mun vivevano tutti i giorni. « Non possiamo perdercelo vero? » Dopo aver visto per la prima volta Casablanca, Mun aveva capito di aver sviluppato una cotta malsana per Humphrey Bogart. Dopo averlo visto assieme ad Albus, aveva affermato con estrema convinzione che Humphrey era il daddy per eccellenza. In tempi più recenti si era sbilanciata dicendo che preferiva comunque lui a Bogart, ma forse la combinazione dei due nella loro essenza più pregiata, poteva rendere quella serata decisamente una nuova frontiera circa le sue delucidazioni cinefile. « Una grande storia d'amore per la stagione degli amori. » Solleva un sopracciglio e si stringe nelle spalle. « Prometto di spegnerlo nella sala. » Continua sollevando il polso per sfoggiare ancora una volta il suo bracciale. C'è un velo di amarezza in quella promessa. Le piace il modo in cui si illumina. Forse un tantino poco sobrio, però è allegro. « Anche se sarà un gran peccato. »




     
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    « Bancarelle! Devi comprarmi qualcosa di carino. » Sbuffò una risata dal naso, stirando un sorriso tenue e annuendo quasi stesse acconsentendo a una richiesta. Il gioco della caccia, il gelato enorme che era toccato a lui finire, i piccoli gesti che le aveva rivolto e quelli che erano stati rivolti a lui: tutto quanto era convogliato in un misto di emozioni non del tutto note al giovane Potter. Inspiegabile. Ma allo stesso tempo, il ragazzo non riusciva a rinunciarvi; era come una droga, vederla così felice, così leggera e sapere che in parte era proprio grazie a lui. Vederla sorridere in maniera così pura gli scaldava il cuore, infondendo in lui un senso di profonda soddisfazione e la necessità di darle tutto ciò che voleva. A quel punto, Albus si sarebbe persino tagliato un braccio se solo l'atto avesse potuto garantirgli la felicità di lei.
    La accompagnava tra le bancarelle con fare leggermente distaccato, pur assecondando ogni suo gioco e ogni sua volontà. Persino quando lui in primis si ritrovava a scrutare i banchi dei venditori per un qualche oggetto che catturava il suo interesse, non si dimenticava mai di fare attenzione a dove Mun si trovasse e cosa stesse facendo. A livello razionale, Albus non riusciva a spiegarsi quel bisogno, ne' tanto meno quell'atteggiamento che aveva preso dall'istante in cui erano usciti dalla foresta. Le sua postura aveva assunto un'aria più composta, più matura e quasi autoritaria. I tratti del suo viso si erano rilassati, pur lasciando che vi si aggirasse un'aria di gentile severità. Tutto, nel suo modo tanto di muoversi quanto di parlare, trasudava un senso di controllo che poco aveva a che fare con la prepotenza o l'arroganza; Albus, in quel momento, sentiva semplicemente di avere il polso della situazione, pur non sapendo perché o da cosa scaturisse questa sensazione. Un controllo sereno, il suo, che lo apriva a una felicità tanto intensa quanto ignota, rendendolo ancor più propenso a dispensare gesti di affetto nei confronti di Mun. Si trattava di piccole dimostrazioni, nulla di plateale: una carezza leggera tra i capelli, un bacio sulla guancia, un sorriso gentile, un elogio o una parola d'affetto.
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    « Questo. » Sollevò lo sguardo sulla figura di lei, dall'altro lato della bancarella, ritrovandosi a fissare un braccialetto luminoso che tutto sembrava tranne che sobrio. « Quello? » chiese, sollevando un sopracciglio a metà tra l'incredulo e il sinceramente divertito, indicando l'accessorio infantile con un cenno del mento. Lei, dal canto suo, sembrava convintissima di quella scelta fuori dalle righe. Mun, la principessa dell'alta società, cliente affezionata di Tiffany, voleva un braccialetto di plastica che si illuminava in mille colori. Ma chi era lui per dirle di no? « Va bene. » Si arrese, sospirando appena, per poi rivolgersi alla venditrice e chiederle il prezzo mentre aveva già preparato il portafoglio. Un prezzo davvero esiguo, ovviamente, rispetto a qualunque altro oggetto in vendita. Tuttavia, quando Albus ebbe pagato, scatenando in Mun un moto di soddisfazione a quel nuovo possedimento, l'anziana donna sembrò lanciare loro uno sguardo colmo di disappunto e disgusto. Per un istante, Albus ebbe quasi l'impressione che questa stesse borbottando sotto voce alcune parole in una lingua a lui sconosciuta, ma non ci fece troppo caso, preso com'era a bearsi della felicità di Mun.
    La tappa seguente fu una bancarella di pozioni, probabilmente contraffatte o comunque dalla dubbia provenienza e composizione. « Potente afrodisiaco. Origini thailandesi. Cinque gocce in una qualunque bevanda e amore più bello. » Sentendo su di sé lo sguardo della mora, si voltò a ricambiarne lo sguardo con una certa incredulità. Davvero? Anche questo? Non ha nemmeno un certificato. Chissà che merda ci sta dentro. « Non è che dobbiamo usarla. Però.. averla. Che dici? » Era combattuto. Da un lato, il venditore lo fissava con insistenza, individuandolo come lo scoglio grosso di quella scelta; dall'altro, gli occhi di Mun erano sgranati in una muta supplica. Ad Albus, però, si leggeva in faccia la palese sfiducia nei confronti di quei prodotti in vendita. Le pozioni non erano dei giocattoli, e finire al San Mungo, intossicati da chissà quale sostanza, era un attimo se non si stava attenti a comprare preparati completi di un certificato che ne attestasse la qualità. Volse quindi lo sguardo a Mun, sentendo il proprio cuore spezzarsi un po' nell'atto di toglierle l'ampolla dalle mani e rimetterla al proprio posto. Per quanto lo uccidesse l'idea di darle un dispiacere, quella era oggettivamente la scelta più saggia. D'altronde, nella migliore delle ipotesi, sarebbe stato soltanto uno spreco di soldi per un qualcosa che nemmeno funzionava. « Ci pensiamo. » Rivolse al venditore quella frase internazionalmente conosciuta come sinonimo di nemmeno mai, per poi scoccare a Mun un'occhiata severa e allontanarsi insieme a lei alla volta di altre bancarelle. La prese per mano, dandole un buffetto tra i capelli. « Chissà che schifezze ci stavano lì dentro. Non voglio quella robaccia in casa vicino alla mia bambina. » Una frase volutamente ambigua, che disse con un piccolo sorriso, scrutando Mun con la coda dell'occhio.
    Una volta concluso il giro del piccolo mercatino improvvisato, Albus e Mun si ritrovarono al punto di partenza. « Grazie! Mi piace troppo, davvero. » Le iridi del ragazzo si posarono su di lei con uno sguardo tenero, colmo di una quieta gioia all'idea di aver fatto qualcosa che l'aveva resa così felice. Era estasiato, completamente assuefatto dai suoi sorrisi e dal modo in cui i suoi occhi brillavano di un giubilo infantile anche alle cose più piccolo. Con un sorriso intenerito a imperlargli le labbra, il ragazzo avanzò una mano verso il viso di Mun, accarezzandole dolcemente la guancia. Aprì appena le labbra, come se stesse per dire qualcosa che il suo cervello non aveva ancora del tutto elaborato, portandolo a boccheggiare per qualche istante prima di dire poche parole. « Non sai quanto questo mi faccia felice. » C'era una nota di incertezza, nel suo tono di voce. Qualcosa che non derivava tanto dal concetto stesso: perché quello, si vedeva, era la cosa più sincera che gli fosse mai uscita di bocca. L'incertezza scaturiva piuttosto da quella sua difficoltà a comprendere la ragione di tale devastante felicità. Non riusciva a comprendere il motivo per cui tutto ciò lo soddisfacesse così tanto, ma poteva davvero essere un male se il risultato che ne derivava era talmente positivo? « Ho visto i cartelloni prima. Alle nove danno The Big Sleep; Bogart e Bacall. Non possiamo perdercelo vero? Una grande storia d'amore per la stagione degli amori. » Ridacchiò, annuendo con convinzione a quella proposta. « Prometto di spegnerlo nella sala. Anche se sarà un gran peccato. » Le rivolse un'occhiata divertita, scuotendo appena il capo tra sé e sé prima di scoccarle un bacio sulle labbra e cominciare ad avviarsi verso il piccolo cinema di Hogsmeade.
    Prevedibilmente, non c'era quasi nessuno. Il ragazzo che lavorava al botteghino sembrò piuttosto stupito dal vedersi arrivare quei due, affrettandosi a mettere da parte il telefonino su cui stava giocando a chissà cosa, per stampare loro un paio di biglietti in tutta velocità. Anche al banco del cibo, l'addetto era preso in tutt'altro quando loro vi passarono davanti, ma stavolta Albus decise di non fermarsi, intensificando la stretta sulla mano di Mun e rivolgendole uno sguardo severo. Neanche ti sei finita quell'accozzaglia di roba a forma di gelato, non ci pensare nemmeno. Presero quindi posto nella sala quasi deserta, sistemandosi un po' dove preferivano per avere la miglior visuale del film. Non appena calarono le luci, Albus si voltò nella direzione di lei, sorridendole radioso e poggiandole una mano sul ginocchio. Un contatto quasi innocente, non fosse stato per quel bisogno di accarezzarle la pelle nuda per l'intera durata dello spettacolo.
    Non si mosse nemmeno quando cominciarono a scendere sullo schermo i titoli di coda, dando il via ai pochi altri spettatori di uscire dalla sala. Dal canto suo, Albus rimase in silenzio per qualche istante, immerso negli stessi pensieri che avevano costellato gran parte della serata appena vissuta. Infatti, sebbene il film fosse uno dei suoi preferiti, non gli aveva prestato particolare attenzione, intento com'era a rimuginare sopra quello strano miscuglio di sentimenti che aveva preso luogo nel suo animo. Aveva tuttavia tenuto lo sguardo fisso sul film per la maggior parte del tempo, concedendosi solo di tanto in tanto il lusso di voltarsi nella direzione di Mun e dedicarle qualche gesto d'affetto. Aprì la bocca, come per dire qualcosa, solo per poi richiuderla di nuovo e cambiare idea, scuotendo appena il capo. Stirò un piccolo sorriso, voltandosi a guardarla. « Torniamo a casa. »
    Usciti dalla sala, Albus si concesse il lusso di fumarsi una sigaretta, mettendo per qualche istante i propri pensieri da parte e riempiendo i silenzi con commenti sul film. Non che fosse chissà quanto necessario, dato che ormai lo avevano visto diverse volte, ma trovò comunque il modo di farli sembrare piuttosto naturali fin quando non finì di fumare, spegnendo la cicca sull'installazione apposita. Si pose quindi di fronte a lei, prendendo un respiro e avanzando una mano a stringere il mento di Mun tra le proprie dita. « Sei stata molto brava stasera. » disse, fissandola con decisione. Le sue spalle si distesero a quelle parole, come se si fosse liberato di un peso enorme che si era portato dietro per diverse ore. « Voglio che tu sappia che sono molto, molto fiero di te. » Non c'era chissà quale malizia dietro quelle parole: Albus era serio e, per qualche ragione, sentiva il bisogno di comunicarle quell'approvazione. Non sapeva se lei avesse bisogno di sentirselo dire, ma qualcosa in lui lo spingeva a ritenere quella validazione come un elemento necessario, come un qualcosa che lui le doveva. Un piccolo sorriso iniziò a stendersi sulle labbra del ragazzo, contagiandone gli occhi bisognosi di una reazione, di un consenso che sembrava aver ricercato per tutta la durata di quell'uscita serale. Lasciò che la mano libera scivolasse lungo il suo fianco, stringendo con le dita il tessuto del suo vestito bianco mentre avvicinava il volto al suo. Carezzò il naso di Mun con il proprio, scivolando appena di lato per ricercare il suo orecchio con le labbra nel farsi pian piano più vicino a lei. Invitò gentilmente il corpo della mora ad aderire al suo, poggiandole un piccolo bacio tra i capelli. Daddy would like to show you how proud he is of his little girl. Sussurrò quelle parole al suo orecchio, solo per lei, ignorando il vociare dei passanti in festa. Una frase a matrioska: gentilezza che nascondeva in sé comando, il quale a sua volta celava una richiesta inespressa. La guidò lentamente a ruotare con la schiena contro il muro, coprendosi dalla folla che in ogni caso non stava prestando loro alcuna attenzione: erano solo l'ennesima coppietta amoreggiante tra tante altre. Forte di ciò, e stranamente invigorito dalla stuzzicante idea di trovarsi in un luogo pubblico, la mano di Albus scivolò sotto l'abito della ragazza, accarezzando con leggerezza i suoi slip lì dove era più sensibile. He might still punish you for that photo, but daddy likes it the most when he makes you happy. Con quelle parole, ritirò lentamente la mano dall'intimità di lei, scostandosi appena per poterla guardare con fare interrogativo. A quel punto, il potere era completamente nelle mani di Mun, che poteva gratificarlo così come poteva rifiutarlo. Un brivido corse lungo la schiena di Albus nel percepire quel momento di forte vulnerabilità. Si rese conto di quanto quell'intera situazione fosse un sistema di strane subordinazioni sulle quali nessuno dei due aveva davvero il pieno controllo. La sua autorità scaturiva interamente dal volere di Mun, dalla sua propensione a lasciargli fare determinati passi o a bloccarli sul nascere. Eppure, per qualche ragione, gli piaceva. Non si sentiva sminuito o ingannato, ma piuttosto legittimato. Il consenso di Mun era una droga di cui non poteva fare a meno, e in quel momento, Albus non era di molto differente da un tossico in crisi di astinenza, alla disperata ricerca di un'altra dose.


     
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    Era su di giri, Mun, iperattiva come una bambina che veniva portata per la prima volta al parco giochi, tant'è che, quando il giro delle bancarelle finì, si sentì colta da una nuova ondata di energie. Instancabile, come se non avesse fatto avanti e indietro da quella stessa mattina, intenta a comprare prima la Polisucco, poi vedersi con June, e infine svolgere il rituale della caccia. Elettrizzata come non mai, sembrava voler risucchiare a tutti i costi ogni sprazzo di energia contenuta nella folla, tra quei colori mirabolanti che improvvisamente le apparivano più vividi. Il vociare non la disturbava, né aveva problemi a parlare e attaccare bottone con chiunque fosse sufficientemente gentile da rivolgerle la parola. Sorrideva e si intrufolava negli anfratti del mercatino come uno scoiattolo schizzato, il cui unico effettivo obiettivo era mantenere ben salda l'attenzione del giovane Potter su di sé. Ogni tanto lo osservava, incuriosita, come se lo stesse vendendo per la prima volta. Studiava quei suoi tratti, resi diversi dalla barbetta incolta e dai capelli più lunghi del solito. Ne ricercava lo sguardo, le attenzioni, tesa come una corda di violino in attesa di un cenno di approvazione. Seppur la sua curiosità circa la pozione afrodisiaca fosse stata tranciata di netto, la sua attenzione sembrò venir catalizzata da altro prima ancora che potesse provare lo straziante sapore della delusione - una delusione che, era certa, semmai fosse arrivata, sarebbe stata molto più intensa di quanto non lo fosse normalmente. Tutte le emozioni di lei sembravano amplificate all'ennesima potenza, come se le stesse scoprendo per la prima volta. Tastava il mondo con occhi nuovi, curiosi, ignari del pericolo. Lì da qualche parte, la sua parte razionale, sembrava essersi quietata; dormiva l'arpia avvelenata, armata di lingua biforcuta e cattive intenzioni. Quella Mun, dal canto suo, sembrava innocua, un esserino felice ed estremamente vulnerabile. Ricercò di conseguenza il suo abbraccio, camminandogli al fianco quasi incollandosi completamente a lui. Da fuori, non dovevano sembrare più di una coppia estremamente affiatata, eppure, il modo in cui Mun sollevava lo sguardo nella sua direzione, celava ben più di una semplicemente dimostrazione d'amore. C'era lealtà e ammirazione in quegli occhi di ghiaccio, compassione e affetto, e persino un filo di timore riverenziale. Mun guardava Albus con rispetto, riconoscendogli volente o nolente il ruolo che gli spettava in quella loro coppia e all'interno della loro famiglia. Giunti di fronte al cinema, lo lasciò acquistare i biglietti, facendo poi una piroetta al suo cospetto, scoppiando a ridere leggermente prima di ricercare nuovamente la stretta della sua mano, e quando si ritrovarono di fronte al banco del cibo, Mun fu sul punto di fermarsi. Venne tuttavia trascinata via, nonostante i suoi occhi avessero già adocchiato le caramelle gommose che avrebbe voluto assaggiare. Corrugò appena la fronte osservando Albus contrariata, ma un suo sguardo le bastò per sospirare e alzare gli occhi al cielo seccata. « Non ci stavo comunque pensando! » Disse affrettando il passo per mantenere il ritmo, seppur apparisse leggermente contrariata di fronte a quel trattamento. Non aggiunse altro, lasciandosi guidare dentro la sala fino ai posti che lui reputò migliori. Si lasciò di conseguenza cadere sulla propria sedia e si sistemò il vestito con eleganza. Era ancora un po' arrabbiata, ma non appena Albus si voltò per sorriderle, posando la mano sul suo ginocchio, Mun sentì subito la necessità di farsi più vicina e dimenticò di colpo la sconfitta subita. Per tutta la durata del film, mantenere lo sguardo fisso sullo schermo risultò complesso. Per la prima volta un noir degli anni '40 le apparve noioso e lungo. Ogni tanto il suo sguardo saettava di conseguenza dalle dita di Albus strette attorno alla sua gamba verso il suo viso, quasi come se attendesse altro. Un cenno, un movimento di troppo. Più e più volte durante la proiezione si mosse sulla sedia cercando una posizione più comoda. Ricercò la sua vicinanza accoccolandosi sotto il suo braccio e sospirò più volte di quanto sarebbe stato lecito. Non trovava il suo posto, sembrava avesse delle molle estremamente reattive sotto la sedia. Ma nonostante ciò, non ebbe il coraggio di dire niente, né di disturbarlo dalla sua visione. Albus sembrava piuttosto catturato da quanto accadeva sullo schermo, a differenza sua che sembrava aver perso qualunque interesse nei confronti di Bogart e Bacall. Ad un certo punto è addirittura abbastanza certa di aver tenuto gli occhi spalancati sullo schermo per così tanto, che alla fine si è persino appisolata. Evidentemente, della sua mancanza di pazienza, Albus non doveva essersene accorto. Conclusasi di fatto la proiezione, il suo sorriso tornò quello di sempre. « Torniamo a casa. » Mun annuì silenziosa, rimettendosi in piedi alla velocità della luce, quasi come se quella sala le avesse fatto un grosso torto e non volesse altro se non uscirsene il prima possibile.
    Di nuovo all'aria aperta, Mun posò la tempia contro un lampione, osservandolo nell'intento di accendersi una sigaretta. Abbassò lo sguardo, assecondando i suoi commenti dondolandosi di qua e di là con aria un po' spaesata. Il suono della sua voce continuava a metterla di buon umore, e quindi decise di concentrarsi su quello, piuttosto che su altro. Ad un certo punto, in un momento di distrazione, se lo ritrovò davanti; una stretta ferrea sul proprio mento che richiedeva tutta l'attenzione su di lui. « Sei stata molto brava stasera. Voglio che tu sappia che sono molto, molto fiero di te. » Deglutì Mun, mentre le sue iridi sembravano dilatarsi come colte da una potente droga a base di endorfine. Tesa come non mai, sospirò inumidendosi le labbra, mentre avanzava quasi automaticamente un passo nella sua direzione tormentata da un brivido lungo la schiena. Vicinanza quella che venne resa esplicita dalla stessa ricerca di Albus. L'attenzione che dimostrò a quelle parole poteva risultare quasi ridicola. Pendeva da quelle labbra in quel momento alla stessa maniera in cui pendeva dalle labbra di Albus di fronte alle sue dichiarazioni più forti. Non seppe dire cosa avessero in comune le due fattispecie, né per quale motivo la gonfiassero di così tanta soddisfazione, ma sentì il bisogno di strofinare il nasino contro la sua camicia, con la stessa adorazione di un esserino completamente dipendente dalle attenzioni di lui. Ricercò la sua mano libera, vi intrecciò le dita a quelle di lui, per poi posarvi un innocente bacio sul palmo. Sembrò aggrapparsi a quella approvazione con le unghie e coi denti, sentendo il bisogno di ringraziarlo con piccoli gesti, arrossendo violentemente di fronte alla consapevolezza che l'effetto che Albus le faceva era così totalizzante e non del tutto innocente. Daddy would like to show you how proud he is of his little girl. La struggente sensazione incontro alla quale andò la giovane Carrow di fronte a quelle parole, si tradusse nel intento di andargli incontro ulteriormente, stringendo tra le proprie dita il soffice tessuto della camicia di lino quasi come se volesse disintegrarla sul posto. Assuefatta da una droga ben più potente di qualunque afrodisiaco, sospirò contro il suo petto, indietreggiando finché la schiena non incontrò la parete alle sue spalle. Un gesto che in sé sarebbe bastato per mandarla in visibilio, se non fosse che, Albus osò andare oltre prendendola completamente alla sprovvista. A quel punto era talmente tesa che, le sarebbe bastato davvero poco per crollare. Si morse istintivamente il labbro inferiore, posando entrambe le mani sopra le braccia di lui, esercitando una pressione significativa, segno della sua impazienza e del desiderio di spingersi oltre. He might still punish you for that photo, but daddy likes it the most when he makes you happy. L'accenno di un sospiro sonoro si infranse contro la figura del ragazzo, mentre incollata la fronte contro il suo petto, Mun cercò visibilmente eccitata dalla sensazione voyeuristica generale, uno scorcio sulle mosse di lui, interrotte troppo in fretta perché potesse ritrarne l'essenza. Colpì con gentilezza il suo petto, in un gesto sull'orlo di una frustrazione dolorosa, fatta di attesa e promesse. I suoi occhi incontrarono infine quelli di Albus, un contatto che Mun interruppe per qualche istante nell'intento di ricomporsi. Don't be cruel to me. I've been a good girl. Asserì in un sussurro colmo di desiderio e sessualità. Giocherellò pigramente con l'orlo dei suoi pantaloni, gettando lo sguardo nel suo, guardandolo da sotto le ciglia lunghe, muovendosi appena sul posto con sinuosità. « Sono belle quelle foto. » Dice infine a voce più alta inumidendosi appena le labbra. « E' stato moltoooooo divertente farle. » Pausa. « Oh sì.. ce ne sono altre da dove è arrivata quella. » Continua riprendendo il fiato e ritrovando un po' dell'energia sciupata dalle mosse del ragazzo. « Però non so se te le mostrerò mai. Non so se te lo meriti. » Continua riappropriandosi del quasi inesistente spazio che li divide. Si sporge quindi di conseguenza in punta di piedi e per la prima volta è lei a prendere iniziativa, ricercando un bacio diverso. Un contatto più approfondito atto a dimostrargli quanto ha bisogno di lui, quanto necessita di ogni brandello di attenzione che lui possa darle. E proprio sul più bello, Mun si stacca, ridacchiando leggermente in maniera cristallina. Un suono infantile fatto di letizia e anche una punta di sadica malizia. « Devo andare in bagno. Torno subito. » E' divertita e decisamente elettrizzata di fronte a quel intermezzo non programmato.

    L'ampio specchio del bagno del cinema le offre una panoramica pressoché generale di se stessa. Non aveva davvero bisogno di andare in bagno; ad un certo punto, sin da quando si trovavano dentro la sala, Mun ha avuto bisogno di un momento di distacco. Non era certa di aver recepito in maniera corretta i segnali di Albus e non era certa nemmeno di aver capito fino in fondo quali fossero i messaggi che lei a sua volta gli ha mandato. Ora è lì, di fronte allo specchio; si fissa quasi come se quell'immagine potesse darle qualche risposta che tutto il contesto non avesse fatto già da sé. Cosa sto facendo? Tamburella le dita sull'orlo del lavabo sporgendosi appena per osservarsi meglio. C'è qualcosa che stona, qualcosa che non va, qualcosa che non riesce a capire. Stiamo sulla stessa lunghezza d'onda oppure mi sta solo assecondando? Oddio.. pensa che sono strana. Ma che mi è preso? Perché! Chiude gli occhi come se volesse annullare il contatto visivo con se stessa, come se nel buio dietro le sue palpebre fosse in grado di trovare la maniera giusta per affrontare quella situazione. Ad un certo punto capisce cos'è che la disturba - almeno ciò che pensa la disturbi. Afferra un pezzo di carta igienica e si toglie ogni filo del rossetto color rubino che ha indossato per la giornata. Lo sostituisce con un po' di burrocacao e si guarda nuovamente allo specchio; ha come l'impressione di sentirsi più libera, più se stessa, come se quel velo di audace colore non rientrasse nella Mun del momento. Non si è nemmeno accorta di quanto in fretta stava correndo il suo battito cardiaco durante l'intera impresa. Era come se di scatto, il rossetto rosso fosse di troppo, un ostacolo al vedersi. Snodò di conseguenza il laccetto sul davanti che teneva insieme il suo vestito, lasciandolo cadere un po' più in basso, ma non contenta del fatto che avesse improvvisamente acquistato sin troppi centimetri in lunghezza, decise di aggiustarlo con un tocco di bacchetta affinché mantenesse pressoché la stessa lunghezza di prima - forse addirittura con qualche centimetro in meno. Un guizzo di malizia e di palese sicurezza in se stessa si materializzò di fronte a quei minimi cambiamenti eseguiti in pochi minuti. Lentamente, quei momenti passati nel bagno da sola, iniziarono a renderla più tesa. Se da una parte non era pronta a rinunciare a quella sensazione di visibilio provata in precedenza, dall'altra, l'incertezza che Albus non fosse del tutto a suo agio la dilaniava. Che poi cosa mi aspettavo di preciso? Per un qualche ragione, Mun ha letto nel comportamento di Albus durante la proiezione il bisogno di prendersi un momento di respiro. Decide tuttavia di scuotere la testa, respirare e inspirare un paio di volte, per poi convincersi a prendere la situazione per com'era. Non sembrò né preoccupata, né pensierosa, una volta varcata quella porta, anzi, vi fu uno sprazzo di confidenza in più nella sua camminata, quasi come se avesse deciso di tornare in se stessa, pronta a divertirsi come loro solito. Venne fermata a pochi passi dall'uscita da un buffetto leggero sulla spalla. Si voltò sorridente, convinta si trattasse di Albus, e invece, venne travolta dal sorriso solare di Abraham Richards, uno dei suoi compagni di corso, in libera uscita con alcuni suoi amici. Tutti avevano tra le mani una grossa confezione di pop corn e ridevano spensierati tra loro. « Mun! Ciao! Come stai? » Mun si strinse nelle spalle incrociando le braccia al petto quasi istintivamente. Stava cercando di nascondersi, rinchiudersi in se stessa a riccio. « Tutto bene.. » Rispose distratta, gettando uno sguardo veloce verso l'uscita. « Sei stata alla caccia, vedo. Bel vestito. Ho sentito che vi siete vestite tutte di bianco alla fine. » « Eh già.. » Non seppe spiegarsi per quale ragione fosse così impaziente di concludere quella conversazione. Si sentiva come se stesse facendo qualcosa di sbagliato. Quella sera era solo di Albus. Qualunque altra persona poteva solo spezzare l'incantesimo. « Immagino che il fortunato è stato Albus. Quasi quasi mi dispiace di non avergli fatto concorrenza. » Una risata decisamente nervosa quella che Mun gli rivolge, mentre lo sguardo corre ancora una volta verso l'esterno. « Si beh.. grazie.. io.. devo.. » « Oh eccolo! » Lo vede spuntare da sinistra e sgrana gli occhi accucciandosi al suo fianco nell'esatto momento in cui la raggiunge. Abe saluta Albus con gentilezza, mentre Mun sembra ormai intenzionata a tentare quasi di nascondersi dietro la sua schiena, tormentandosi con impazienza l'unghia del pollice mentre tamburella le dita contro la schiena di lui con estremo nervosismo. Andiamo via. « Stiamo andando a vedere Halloween. Volete unirvi? O magari dopo.. perché non venite al Suspiria? Ho sentito che organizzano un after party - post caccia. » Abe compie una leggera pausa, tempo in cui Mun sembra irrigidirsi leggermente. « Nel campus dicono che sarà la caccia dopo la caccia. » Mun abbassa lo sguardo; lascia Albus condurre il resto del discorso, cadendo in una sorta di mutismo selettivo che si interrompe solo quando è il momento di salutarsi.
    A quel punto stanno ripercorrendo il sentiero al contrario, evitando questa volta le strade affollate. Mun dondola la mano in quella di Albus ma respinge quasi completamente l'istinto di parlare. Ogni tanto si attacca al suo braccio, lo ricerca, lo fissa come se cercasse di comprendere cosa si cela sotto quella coltre di tranquillità. Si dirigono verso il lago, sulle sponde del quale, soggiace quella quieta casetta che lei e Albus hanno scelto prima ancora di poter realizzare di essere già diventati una famiglia. Ai tempi, Albus aveva incollato il petto contro la sua schiena, mostrandogliela dalla finestra del primo piano dell'allora casa di Esme. Insieme avevano disegnato nelle loro menti i contorni di quel nuovo inizio, cercando di immaginare come sarebbe stata la loro vita insieme. Mun si era augurata allora che Lily somigliasse al padre, che avesse la sua forza e determinazione, e anche un puntino della sua stessa autorità. Ad un certo punto solleva per l'ennesima volta lo sguardo nella sua direzione; il vociare delle persone è ormai piuttosto lontano e loro stanno percorrendo una stradina in discesa. Mun si ferma e si schiarisce la voce; ha la gola secca e sta un po' tremando, come se avesse paura di andare fino in fondo al tormento che la destabilizza.
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    « Senti.. per prima.. » Sospira e si ferma, stringendo la sua mano con maggiore decisione. « Ho.. ho fatto qualcosa di sbagliato per caso? Qualcosa che non andava bene? » Domande quelle che seppur abbiano la parvenza di un'intrinseca razionalità, vengono poste con un estremo candore, privo di filtro alcuno. Forse qualcosa gli è stonato; forse è stata la scelta del bracciale, oppure il modo in cui aveva continuato a giocare durante il giro tra le bancarelle. Forse era stata la scelta del gelato, o il modo in cui si era prestata con così tanta naturalezza al gesto di farsi allacciare la scarpa. « Mi sei sembrato un po'.. assente. Durante il film.. intendo. » Deglutisce abbassando lo sguardo, sentendo già gli effetti dell'imbarazzo tingergli le guance di un color rosso peperone. « Quando l'hai proposto.. io.. credevo.. » Solleva entrambe le sopracciglia colta da un improvviso senso di estrema vergogna. « ..volevo.. » Strofina istintivamente la guancia contro il suo braccio con se tentasse di sfuggire dallo sguardo di lui; indietreggia di un passo, consapevole di quanto stupido e insensato sia quel suo film mentale. « ..no.. non è che lo volevo.. credevo tu.. » Sbatte il piede a terra rendendosi conto di essersi incartata completamente. Sgrana gli occhi, sollevando lo sguardo in quello di lui, rendendosi conto che, se anche volesse, in quel momento la sua dialettica non è in grado di mantenere una conversazione secondo i solito parametri. Non riesce a farlo, a meno che non sia lui a dirglielo. Is this too much, daddy? Gli chiede quindi in un filo di voce, inumidendosi le labbra secche mentre annaspa completamente alla mercé del giovane Potter. I can do better. I can learn.. if only you could teach me. Please? Lo osserva da sotto le ciglia con uno sguardo che sfoggia sincero candore. C'è sensualità e sessualità in quelle parole, ma paradossalmente nella testa di Mun tutto ciò suona come la sincera preghiera di una ninfetta corrosa dall'incertezza. I know it's my fault. I just can't stop having naughty thoughts about you.. even when you're cute.. Si morde il labbro inferiore Mun, quasi interdetta dalla naturalezza con cui ammette di non aver mai smesso di provare un senso di profonda lussuria sin da quando è stata colta con le mani nel sacco durante la caccia. A just need to make you as happy as I am right now. Mun ne ha bisogno; non è solo un desiderio. Suona più come un imperativo di cui dipende la sua vita. E seppur si vergogni di quelle sue ammissioni, la piccola Carrow sembra necessitare ancora una volta della sua approvazione per avere la certezza di non aver fatto nulla di sbagliato. Si sente come se stesse calcando un territorio inesplorato. Una bella isola deserta che nessun altro ha scoperto prima. E' solo che non sa se spingersi oltre. Non sa se Albus sta davvero così bene. E' spaventata dalle sue pulsioni, dalla maniera malata in cui desidera sporgersi per guardare in quell'abisso che entrambi calcano con così tanta consapevolezza per la prima volta. E' lì, ed è tangibile, solo che non so se ci stiamo buttando entrambi. E non voglio risvegliarmi da sola.




     
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