Infinity times infinity

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    La paura dell'ignoto ha sempre condizionato le azioni umane, specialmente quando l'incognita è un fattore interiore, piuttosto che uno attribuibile a una qualche entità esterna. Albus aveva sempre avuto dentro di sé un'insicurezza attanagliante, derivata dal confronto con una figura paterna tanto irraggiungibile da risultare quasi inumana; proprio da questa insicurezza, dunque, erano scaturiti alcuni dei suoi tratti caratteriali più problematici: l'irrequietezza, lo sprezzo dell'autorità, la prepotenza, il bisogno di attenzioni. Eppure, al contempo, tutti quei difetti sembravano avere un rovescio della medaglia, una qualità alla quale si accompagnavano sempre a braccetto. Albus non era mai stato un menefreghista: al contrario, prendeva sempre le cose e le persone troppo a cuore. In lui c'era un innato slancio alla protezione degli affetti, alla vicinanza emotiva, all'aiuto. Un'ossessione quasi patologica, quella che il giovane Potter aveva verso il senso di controllo che gli dava il mettersi a disposizione di qualcun altro - il togliere un peso dalle spalle altrui. Lo faceva in continuazione, per i più svariati motivi, spesso anche sbagliando completamente nell'approccio; eppure gli piaceva lo stesso. Amava essere quel tipo di persona, e col tempo aveva potuto vedere quella propria dipendenza espandersi a tante altre aree della sua vita. Con Mun aveva avuto modo di scoprire una parte di sé che era sempre stata lì, sebbene celata o attutita da partner che non avrebbero potuto ne' portarla alla luce ne' tanto meno comprenderla. Ciò che era iniziato come un gioco era presto diventato un bisogno, uno che richiamava a sé sempre più spazio, sempre più attenzioni. Una droga, un desiderio malato - era arrivato a pensare persino ciò, di se stesso. A pensare di avere un problema da curare, da tagliare alla radice. Durante le due ore di film, Albus aveva pensato un po' di tutto, arrivando a credere per qualche istante di avere in sé qualcosa di profondamente sbagliato e di star trascinando Mun in quel vortice di desideri scabrosi. Però gli era bastato voltarsi a guardarla: il sorriso di lei era così puro, così pieno di gioia incontaminata da spazzar via ogni dubbio sorto nel cuore del ragazzo. Erano felici. Forse in maniera non convenzionale, ma lo erano nella loro, di maniera. Cosa poteva esserci di tanto sbagliato quando lui, nello specifico, non si era mai sentito più se stesso che in quel momento? Il suo cuore era più leggero, come se avesse fatto cadere i pesanti muri che lo costringevano all'interno di uno spazio circoscritto - quello del socialmente accettabile.
    Don't be cruel to me. I've been a good girl. Un sorriso da squalo si andò a srotolare sulle labbra del ragazzo, ponendo in muta questione le parole della moretta mentre la tensione cresceva tra di loro ad ogni parola ed ogni tocco. « Sono belle quelle foto. E' stato moltoooooo divertente farle. » Le sopracciglia di Albus andarono ad aggrottarsi, rendendo il suo sguardo cinereo, quasi fulminandola sul posto. « Oh sì.. ce ne sono altre da dove è arrivata quella. Però non so se te le mostrerò mai. Non so se te lo meriti. » Ah, quindi vuoi essere punita. E' così, vero? Non lo disse, ma l'occhiate eloquente che le lanciò fu sufficiente a farle capire cosa avesse in serbo per lei. « Non si gioca con la gelosia, bimba. Ricordati cosa è successo l'ultima volta che lo hai fatto. » disse, sollevando un indice tra i loro volti come a sottolineare ulteriormente quel monito. « La recidiva, poi, dovresti saperlo, è un aggravante. »

    In attesa di Mun, Albus ne aveva approfittato per chiamare i propri genitori e assicurarsi che tutto andasse bene con i bambini. Aveva chiesto loro cosa avessero mangiato, se fossero calmi e, infine, se li era fatti passare per augurare loro una buonanotte. Jay, nello specifico, lo aveva tenuto al telefono per dieci minuti buoni, facendogli domande a raffica su quella corsa di cui non aveva ancora ben capito l'obiettivo e dandogli un resoconto dettagliato di tutto ciò che aveva fatto con i nonni; ovviamente non era mancata l'esplicita richiesta di riferire a Mun tutto quanto.
    Una volta chiusa la chiamata, non c'era ancora traccia di Mun. Stai a vedere che ne ha approfittato per scappare come al primo appuntamento. Un'idea che, tuttavia, si rivelò errata. Gli bastò muovere pochi passi all'interno del cinema per individuare subito la figura della ragazza, intenta a chiacchierare con un gruppetto tutto al maschile. Istintivamente, i lineamenti di Albus si indurirono nel vedere gli occhi da cerbiatta spaventata di lei e il tizio un po' troppo espansivo che l'aveva fermata. Si avvicinò, sorridendo allo sconosciuto mentre cingeva con un braccio la vita di Mun, stringendola a sé in maniera possessiva. Si presentò subito, stringendo la mano di tale Abraham con una presa sicura, anche un po' più vigorosa del dovuto. « Stiamo andando a vedere Halloween. Volete unirvi? O magari dopo.. perché non venite al Suspiria? Ho sentito che organizzano un after party - post caccia. Nel campus dicono che sarà la caccia dopo la caccia. » Stirò un piccolo sorriso gentile, scuotendo appena il capo. « Grazie dell'invito, ma per noi si è fatto un po' tardi. » Fece una pausa, lanciando un veloce sguardo di rimprovero a Mun. « I bambini devono essere messi a letto. » disse, tanto secco quanto eloquente, forte del fatto che il suo interlocutore non avesse la più pallida del fatto che i suoi figli fossero dai nonni per la nottata e che, quindi, sarebbe stato a lui inaccessibile il vero significato di quella frase.
    Non aveva parlato, durante il tragitto che li avrebbe portati alla casetta di Hogsmeade. Qualcosa, tanto nell'interazione col compagno di corso di Mun, quanto nella vicenda delle foto, aveva fatto scattare nella mente del ragazzo quel circolo vizioso di rabbia e lussuria. Due sentimenti che, in circostanze particolari come quella, sembravano andare stranamente a braccetto, dando il calcio di inizio a un domino silenzioso. Ragionamenti strani, i suoi, tanto ironici quanto paradossalmente seri: perché Albus sapeva di non aver nulla di cui preoccuparsi (quanto meno, non nel frangente di quelle situazioni specifiche), ma allo stesso tempo qualcosa dentro di lui era portato ad interpretare le azioni di Mun come una sfida. E a lui, tutto ciò, piaceva. Albus, sotto sotto, voleva che lei si comportasse male, che lo punzecchiasse e lo portasse ad assumere su di sé il ruolo di autorità che tratteggia la linea del limite. Persino quel silenzio era funzionale. Quella sua austerità, quel suo tenere lo sguardo fisso di fronte a sé: tutto quanto faceva parte della risposta che si sentiva di dover dare al comportamento di Mun. E gli sarebbe andato bene così, se solo lei non avesse infranto la quarta parete di quello che ormai lui dava come un gioco consolidato tra loro due. « Senti.. per prima.. Ho.. ho fatto qualcosa di sbagliato per caso? Qualcosa che non andava bene? » Aggrottò appena la fronte, cercando di capire dove la ragazza volesse andare a parare. Perché che quella domanda non facesse parte della dinamica nota, era evidente. Mun era seria. « Mi sei sembrato un po'.. assente. Durante il film.. intendo. » Oh..quindi è di questo che si tratta. « Quando l'hai proposto.. io.. credevo.. volevo.. no.. non è che lo volevo.. credevo tu.. » Abbassò lo sguardo per un istante, giusto il tempo di sospirare, per poi puntarlo nuovamente negli occhi di lei, premendo teneramente una mano contro la sua guancia. « Mun..smettila. » disse, con un tono che non aveva alcuna sfumatura di rimprovero. Un consiglio, dal cuore. Is this too much, daddy? I can do better. I can learn.. if only you could teach me. Please? Un sorriso cominciò pian piano a stendersi sulle labbra del ragazzo, delineando la curva di crescente apprezzamento nei confronti di quella stramba conversazione che si stavano ritrovando a portare avanti nel bel mezzo della strada. I know it's my fault. I just can't stop having naughty thoughts about you.. even when you're cute.. I just need to make you as happy as I am right now. Rimase per qualche istanti in silenzio, Albus, ritrovandosi ad accarezzarle piano i capelli, osservandola con una luce paterna negli occhi. La trovava adorabile. Sempre. Anche quando si faceva troppi problemi per un nonnulla. Sospirò, rendendosi tuttavia conto di quanto fosse necessario, in quel momento più che mai, essere sinceri l'uno con l'altra. « Durante il film..stavo pensando. » disse, onesto, stringendosi appena nelle spalle. « Io sto bene, Mun. Mi piace.. » fece una pausa, cercando le parole più adatte a descrivere i propri pensieri « ..ciò che abbiamo. Temevo di averti messa a disagio..sai..di aver spinto un po' il piede sull'acceleratore. » Gli occhi del biondo passarono velocemente ad assumere una sfumatura più tenera, quasi di preghiera, mentre tutto il suo corpo si incurvava a stringersi attorno a lei. « Ma ti ho vista così felice stasera. E lo ero così tanto anche io. » Sospirò, chinandosi appena per poggiarle un bacio sulla punta del naso, cullandola a sé. « Mi fa stare bene. Mi sento..mi sento semplicemente me stesso, non c'è altro modo di dirlo. Ci ho pensato e, in tutta sincerità, non me ne vergogno. » Scrollò appena le spalle, come a togliere di mezzo l'intrinseca serietà di quel bisogno. Necessario, sì, ma da relegare comunque a uno spazio circoscritto della loro serata. Una serata che doveva essere tutta per loro e che, dunque, lasciava poco tempo agli approfondimenti psicologici riguardanti il loro rapporto. Non a caso, lo sguardo di Albus mutò presto, tornando a riassumere quei connotati che aveva temporaneamente lasciato da parte. I love to spoil my little girl. Sussurrò quelle parole contro le labbra di Mun, incollando la fronte a quella di lei. Le mani di Albus andarono ad accarezzare piano le cosce di lei, risalendo sotto la stoffa dell'abito per fermarsi ad affondare le dita sui suoi glutei. And I love to punish her when she acts bratty. Nel silenzio della stradina deserta, di colpo, risuonò un sonoro schiocco. Un colpo secco, dato da un preciso movimento di polso che era finito per far infrangere il palmo teso del ragazzo contro la pelle candida del gluteo della mora. Con un sorriso luciferino stampato in volto, Albus scosse lentamente il capo, accompagnando quel movimento al suono di disappunto prodotto dallo schiocco ripetuto della lingua contro il palato. I was so proud of you, baby. disse, aggrottando la fronte in un'espressione delusa. Why did you ruin everything. Naughty photos? Talking to strangers? Did I not teach you how to behave properly? Sospirò, intensificando la stretta sulla pelle delle sue natiche per attirare il corpo di lei ancor di più a sé. I think I might have been too kind to you tonight. Assottigliò le palpebre sulle iridi tinte di verde, abbassando il mento quanto bastava a guardarla dritta negli occhi. But don't worry, I will teach you some good manners once and for all.
    Gx0gWba
    Senza troppi complimenti, Albus aveva guidato Mun verso la camera da letto, ordinandole di togliersi da sola tutti i vestiti e stendersi supina sul materasso. Nessun altra parola era uscita dalle labbra del ragazzo, se non le formule magiche necessarie a legarle polsi e caviglie alle estremità del letto. La fissò in silenzio con fare soddisfatto, schioccando poi la lingua contro il palato quando fu il momento di prendere una cravatta dall'armadio e calargliela sugli occhi, annodandola dietro alla nuca. Fatto ciò, con un sorriso da squalo che lei non poteva più vedere, si chinò a poggiare le labbra contro il suo orecchio. I want you to take this time to really think about the consequences of your disobedience. Fece una pausa, stampando poi un piccolo bacio sulla sua tempia. I hope to see some new found respect for daddy when I come back.
    Sulle prime non la lasciò lì per molto: giusto il tempo di scendere in cucina e versare un po' di incendiario in un bicchiere, riempiendone un altro con qualche cubetto di ghiaccio. Lì, tornato in stanza, tutto ciò che fece fu prendere tre cubetti, posizionandone due sulle punte del seno di Mun e uno sul punto più sensibile della sua intimità. Impossibilitata a muoversi, chiaramente, avrebbe potuto fare ben poco contro la sensazione del lento scioglimento del ghiaccio sulla sua pelle. E lui, dal canto suo, non fece nulla per sollevarla da ciò. Seduto in un angolo della stanza, si prese tutto il tempo che ritenne necessario a bere il proprio incendiario, controllare il telefono e leggere qualche pagina del romanzo che aveva cominciato alcune sere prima. Le uniche interruzioni venivano date dalla necessità di sostituire i cubetti sciolti con altri intatti, rinnovando costantemente la piccola tortura progettata a discapito di Mun. [..] Non sapeva quanto tempo fosse passato, ma evidentemente, a un certo punto il giovane si convinse che esso fosse stato sufficiente a far passare il concetto di quella che sembrava essere una punizione soltanto preliminare. Lo scadere del tempo venne sancito dal sonoro schiocco del libro, seguito dai passi misurati del ragazzo in direzione del letto. Questa volta, a quei segnali, non seguì l'ennesima sostituzione dei cubetti, ma solo il silenzio. Fermo, in piedi a fianco del letto, le dita di Albus raggiunsero il viso di Mun per lasciarvi una carezza. « Hai qualcosa da dire riguardo ciò che abbiamo imparato oggi oppure hai bisogno di più tempo per riflettere? »

     
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    Era una sensazione strana, diversa, quella che Mun aveva provato durante tutta la serata. Era come se avesse svuotato la mente, come se sin da quando Albus l'aveva trovata nella foresta proibita, qualcosa di estremamente potente si era innescato nella sua testa. Forse era stato il modo in cui l'aveva guardata, oppure il fatto che avessero di continuo caricato la situazione per giorni e giorni, aspettandosi quanto meno a livello subconscio di culminare in quella precisa declinazione di eventi. Non seppe, insomma, spiegarsi fino in fondo cosa fosse successo, né volle indagare. Sapeva solo che, per quanto si sforzasse di tornare in sé, non le sembrava ci fosse nulla a cui tornare. Non c'era nulla di diverso o di strano in lei. Non si sentiva differente, né come se si sforzasse di mantenere una parte che le spettava. Quel gioco era iniziato così: per caso. Lei si era convinta che lo faceva per dar piacere ad Albus e Albus faceva altrettanto con lei. Eppure, in quel momento, il loro altruismo sembrava essersi in qualche maniera inceppato, sgretolato di fronte a desideri che evidentemente entrambi bramavano più di quanto fossero pronti ad ammettere. Non aveva forse senso perlare più di altruismo nel momento esatto in cui in quella dinamica non vi erano più caduti per volontà personale ma in seguito a una combinazione di eventi casuali e non programmati del tutto. Eppure, Mun, proprio in virtù di ciò, sentiva il bisogno di avere una conferma. Aveva bisogno della sua approvazione; necessitava convincersi che, quella parte di sé non era di troppo. « Mun..smettila. » Chiuse gli occhi, la piccola Carrow, colta dall'incertezza e la paura di aver superato il limite massimo. « Durante il film..stavo pensando. Io sto bene, Mun. Mi piace.. ciò che abbiamo. Temevo di averti messa a disagio..sai..di aver spinto un po' il piede sull'acceleratore. » Si tormentò il labbro inferiore diverse volte durante quel suo discorso, sospirando profondamente e gettando gli occhi di ghiaccio in quelli di lui. Non stava mentendo, né stava infiocchettando la sua verità per il bene di Mun. Stavano entrambi bene. Mun poteva percepirlo anche solo dal modo in cui le terminazioni nervose di lei ricercavano quelle di lui e viceversa. Scosse infatti la testa con decisione. « No.. non è così.. » Si porta una mano a massaggiarsi il collo, boccheggiando ormai nel tunnel dell'agonia e dell'attesa. Anche in quel momento, la sua vocina è dolce, debole; è come se non riuscisse a uscire completamente dalla gabbietta in cui Albus l'ha rintanata. Volente o nolente, Mun è anche ora la stessa bambina viziata che chiedeva un gelato troppo grande perché potesse finirlo. « Ma ti ho vista così felice stasera. E lo ero così tanto anche io. Mi fa stare bene. Mi sento..mi sento semplicemente me stesso, non c'è altro modo di dirlo. Ci ho pensato e, in tutta sincerità, non me ne vergogno. » Se la felicità fosse stata qualcosa di materiale in quel momento, quella di Mun avrebbe superato le dimensioni dell'Inghilterra, tanto sembrava contenta la giovane Carrow di fronte a quell'implicita ammissione di lui. Un miscuglio di sentimenti talmente potente e complesso da spiegare che decise semplicemente di annuire sorridendogli teneramente, con l'aria di una bambina felice e lieta della sua conquista. Ci volle tuttavia poco prima che quella soddisfazione negli occhi di lei diventasse curiosità, spinta dal guizzo di lussuria che lesse nella sua controparte. I love to spoil my little girl. And I love to punish her when she acts bratty. Lo scocco la prende alla sprovvista; un lamento cantilenante sfreccia nell'aria della notte mentre le mani di lei si aggrappano alla camicia di Albus, osservandolo con uno sguardo mortificato. I was so proud of you, baby. Why did you ruin everything. Naughty photos? Talking to strangers? Did I not teach you how to behave properly? I think I might have been too kind to you tonight. But don't worry, I will teach you some good manners once and for all. La stretta sulle carne soda la porta a schiudere la bocca alla ricerca di un bacio che non riceve, mentre si muove contro il corpo di lui inebriata dall'incantesimo sotto il quale sono caduti entrambi in maniera così totalizzante e sublime. Un lampo di malizia si scaglia negli occhi di lei mentre tasta con apparente timidezza il desiderio di lui in un carezza apparentemente candida, che racchiude in sé la certezza di muoversi nella direzione giusta. Il resto del tragitto fu di conseguenza un gioco di sguardi e lamenti sensuali, rincarati dalla giovane Carrow che continuava a mordersi il labbro e tormentarsi l'unghia del pollice, ridacchiando con uno spirito sprezzante del pericolo, quasi come se volesse provocarlo ulteriormente. Non sapeva in quale direzione volesse andare, ed era proprio il fascino dell'ignoto ciò che la costringeva a spingere il piede sull'acceleratore ulteriormente. Non aveva paura di Albus, né di cosa potesse fare; non c'era persona di cui si fidasse di più al mondo. Eppure, quel timore riverenziale nei suoi confronti affondava le sue radici lì da qualche parte, ed era vero, non una semplice recita.
    In piedi di fronte al letto, Mun lo osservò con l'attenzione di una scolaretta sul punto di ricevere una punizione che sapeva di meritarsi. Per tutta la durata del rituale di svestizione i suoi occhi non si staccarono dal volto di lui, non volendo perdersi nemmeno una microespressione o reazione ad ogni sua piccola mossa. Se la prese con estrema calma, snodando il fiocchetto che teneva insieme il vestito con estrema lentezza, contando ogni movimento necessario per slegare quel nodo con una voce infantile eppure estremamente sensuale. Il tessuto vaporoso cadde ai suoi piedi, lasciando intravvedere le curve di una bambina solo in apparenza. Uno sguardo allo specchio intero alla sua destra, scaturì in lei una punta di orgoglio ed eccitazione di fronte alla quale sorrise soddisfatta. Le mani tremanti corsero all'altezza dell'intimo di pizzo che scivolò con altrettanta lentezza lungo le gambe lisce, per poi scavalcare entrambi gli indumenti osservando Albus con uno sguardo colmo di sfida. « Non credo che tu sia molto giusto con me. Avevi detto che oggi avevo il lasciapassare. » Mette il broncio Mun, prima di piegarsi con estrema lentezza ad accarezzare i lacci delle scarpe. Da quella posizione tuttavia solleva lo sguardo verso di lui; una risata cristallina si libera dalle sue labbra mentre, piuttosto che slacciarsi le scarpe, solleva dal loro interno lunghe calze fine color avorio. Un dettaglio di cui non si era scordata e che aveva indossato in attesa del momento giusto per svelarle. Aggancia di conseguenza l'orlo del pizzo al reggicalze e si stringe nelle spalle con candore.
    « Sono una tale smemorata! Mi ero completamente scordata di aver preparato tutto questo per il dopo.. » Ops. Sembra sinceramente dispiaciuta e triste mentre mette il broncio, osservando le calze nuove di zecca che le fasciano le gambe alla perfezione. « Però posso farne a meno.. » Lo sguardo di lei è corredato dal semplice gesto di slacciare il reggiseno, gettandoglielo addosso a mo di sfida, alla stessa maniera in cui si getterebbe un guanto a un contendente di spicco. L'unico altro accessorio di cui non sembrava volersi separare è il braccialetto che lui le ha comparto, che osserva con occhi colmi di gioia, prima di arrotolarselo sulla mano, gettando le iridi colte da un attimo di puro giubilo in quelle di lui. Si siede quindi sul letto allargando le cosce in un movimento lento, colmo di lussuria, carezzandosi l'interno coscia e stringendo la carne con un po' troppa convinzione, mentre un leggero gemito saetta nell'aria che li divide. Ed è così che, in seguito, fatta una mezza piroetta su se stessa, si rimangia con movimenti sinuosi la distanza che la divide dalla testiera, gettando di tanto in tanto sguardi divertiti oltre le spalla, ridacchiando, per poi stendersi sulla schiena sospirando profondamente. Si morse il labbro non appena polsi e caviglie vennero incatenati magicamente, strisciando per quanto possibile contro il copriletto, accompagnando quei sinuosi movimenti che la portavano a sollevare di poco il bacino rispetto al soffice materiale con suoni eloquenti. Tentò di mordere la cravatta annaspando nella sua direzione, ma, ben presto la sua vista venne oscurata, con il conseguente aumento del suo battito cardiaco. I want you to take this time to really think about the consequences of your disobedience. I hope to see some new found respect for daddy when I come back. Il ghiaccio contro la sua pelle fu la riprova del fatto che non stesse scherzando. La colse completamente di sorpresa, scaturendo in lei il bisogno di lamentarsene sonoramente, piagnucolando ad ogni nuovo rincaro di quella punizione che fino in fondo non credeva di meritarsi. Una tortura lenta, i cui effetti tesero i sensi di Mun all'estremo, a tal punto da inarcare la schiena ogni qual volta percepisse i suoi passi sempre più vicini, a riprova del fatto che avrebbe continuato finché non ne sarebbe stato soddisfatto. Inutili furono le diverse promesse di Mun di fare la brava e di comportarsi bene. Venne semplicemente ignorata, scatenando in lei ulteriori piagnistei frustrati. Ad un certo punto la disperazione era talmente forte che gli avrebbe detto qualunque cosa, gli avrebbe dato qualunque cosa. Il concetto era passato, forse anche molto prima di quanto Albus se lo aspettasse. O forse non sarebbe mai passato fino in fondo, e lui forse un po' ci sperava. Se possibile, di certo, il circolo vizioso in cui la piccola Carrow era entrata, divenne un vortice più profondo; lasciarsi assoggettare da lui era in quel momento l'unica cosa che avesse un senso logico. Mun lo desiderava, e quell'attesa non faceva altro che renderla ulteriormente impaziente e approssimativa. All'ennesimo suono dei suoi passi, strinse il copriletto sotto le mani, inarcando appena la schiena in attesa dell'ennesimo colpo basso, ma tutto ciò che ricevette fu una gentile carezza seguita da poche semplice parole. « Hai qualcosa da dire riguardo ciò che abbiamo imparato oggi oppure hai bisogno di più tempo per riflettere? » Scosse la testa con convinzione. « Mi dispiace.. » Risponde leggermente ansimante, mentre si strugge in quella palese gabbia di frustrazione e attesa. I promise I'll try to be a good girl. Continua con quel tipico broncio mortificato che rafforza il suo desiderio di renderlo orgoglioso. « Però è passato così tanto tempo! » Un'esclamazione atta a ricalcare la sua impazienza. « Mi sei mancato. » Così tanto candore, in quell'unica frase che poteva assumere così tante valenze tra due personalità controverse come Albus e Mun. Can you please untie me, so I can prove how much I missed you? Non sa esattamente dopo quanto tempo Albus si è ritenuto soddisfatto dell'effetto ottenuto. Sa solo che ad un certo punto i suoi polsi e caviglie vengono liberate; un duro lavoro di convincimento il suo, fatto di solenni promesse e mugolii delineati. Non si vergogna Mun di mostrargli quanto ha bisogno di lui e di quanto la sua lezione abbia riscontrato l'effetto sperato. C'è nelle sue movenze sconnesse, il desiderio di anticipargli quanto ha imparato e quanto ha sfruttato bene le sue lezioni delle ultime settimane. Alla fine si massaggia appena i polsi, osservando di colpo con uno sguardo mortificato. Il capriccio le monta in petto, assieme al desiderio di farlo impazzire. Si erge sulle ginocchia invitandolo con una pacca eloquente a sedersi accanto a lei e quando il ragazzo la affianca, lei resta lì per qualche istante ridacchiando estasiata dalla sua vicinanza. Una gamba scavalca quella di lui, posizionandosi sopra la sua coscia colta da un improvviso tremolio. Il contatto della propria intimità col tessuto dei suoi pantaloni sembra accenderla di colpo. Si aggrappa Mun, al suo collo, con una decisione degna di una bambina che ha perso di vista il suo punto di riferimento anche solo per un istante. Affonda il volto nel suo collo e si muove al contempo sopra di lui alla ricerca di un contatto non del tutto pensato o calcolato. Talmente disperata, la piccola Mun, che sembra aggrapparsi ad ogni piccolo sprazzo di piacere che può conquistarsi anche da sola. I've been bad, but I'm sorry. Miagola con tenerezza al suo orecchio seppur i suoi movimenti siano tutto fuorché teneri. I can't handle myself when you're not around, daddy. Un braccio scende lungo il suo petto mentre si avvinghia con più decisione al suo collo, iniziando a sbottonargli la camicia. Un bottone alla volta, i baci di Mun scendono con estrema devozione dal suo collo uno alla volta man mano che una nuova porzione della sua pelle viene esposta. Alla fine svela le sue solide spalle, lasciando cadere la camicia alle sue spalle e di conseguenza lo osserva con estrema bramosia. Albus non è più lo stesso ragazzo che Mun ha conosciuto. Gli anni passati tra i banchi del corso auror lo hanno rafforzato ulteriormente, sostituendo alla parvenza infantile dei suoi tratti adolescenziali, un tratto asciutto ma solido di un ormai uomo. Il suo uomo; quella possessività e avidità che si lesse negli occhi della piccola Carrow, avevano la stessa natura di quella di una bambina il cui sguardo acuto aveva appena scoperto di avere per le mani il giocattolo più bello tra tutti quelli delle bambine della sua classe. Era maligno quello sguardo, come solo quello dei bambini privi di filtri possono essere. Non c'era né il compromesso con l'età adulta nelle sue movenze, né la consapevolezza di doversi frenare per non dargli troppe certezze. In quell'aura di ninfetta maligna vi era racchiusa tutta l'essenza di Mun, convinta delle sue certezze eppure così insicura nell'esprimerle a parole. La mano di lei si chiuse di conseguenza a coppa attorno al cavallo dei suoi pantaloni, osservandolo con l'intraprendenza di chi stava facendo una cosa proibita. Ed effettivamente di cose proibite Mun ne faceva diverse, a cominciare dal suo continuare a muovere imperterrita del pericolo il bacino contro la coscia di lui e fino all'idea che si era materializzata nella sua testa non appena aveva intravisto la bacchetta del ragazzo nella tasca posteriore dei pantaloni. La mano di lei si mosse con sempre più convinzione, nell'intento di distrarlo il più allungo possibile mentre un gemito dopo l'altro si sentì così bisognosa di mostrargli fino in fondo quale effetto le facesse, che per poco non riuscì a contenersi. E poi di colpo la bacchetta venne estratta e Mun saltò all'indietro alzandola lentamente nella sua direzione, mentre prendeva le distanze, colta da un improvviso sprazzo di potere. Se anche lo avesse voluto, Mun non sarebbe stata in grado di prevalere sul Albus; più che minacciosa doveva sembrare una bambina che giocava con un oggetto appuntito. Ed è così che si sentiva, elettrizzata dal brivido del pericolo mentre indietreggiava rivolgendogli un sorriso divertito. « Fregato! » Esclamò giocosamente mentre, afferrata la sua camicia, se la lasciò scivolare sulle spalle per darsi un tono. Sentì che non sarebbe stata uno scoiattolo sufficientemente minaccioso se fosse rimasta quasi completamente nuda. Evidentemente, il gioco della caccia, per Mun non era finito e lo rese evidentemente nel momento in cui sospirò muovendo i passi verso la porta della camera da letto. « Non dovresti mai fidarti delle bimbe degli ex avanzi di galera. » Sbatte le ciglia e si morde il labbro inferiore. Per qualche ragione, il pericolo sembra farsi più palpabile una volta rimesso in moto l'immaginario di un Albus chiuso dietro le sbarre. « So un sacco di cose anche io, sai? » Oh Mun, davvero? Quella convinzione infantile venne ulteriormente scandita dal suo annuire con convinzione. Si appoggiò contro lo stipite della porta; la bacchetta ancora puntata contro di lui. Now.. let me think. Si tormenta il mento con l'indice mentre alza lo sguardo verso l'alto come se ci stesse seriamente pensando. Take off your clothes, daddy. La malizia si fa più palpabile. E Mun rincara la dose. And keep. Your hands. Where I can see them, huh? I don't trust you! Look what you made me do already! Il modo in cui scandisce quelle parole dispettose la elettrizza, come se avesse davvero il potere di decidere, come se per un momento i suoi capricci caotici potessero veramente prendere il controllo della situazione. Restò a osservarlo per qualche istante, rise di nuovo di gusto, orgogliosa di se stessa e delle sue mirabolanti imprese, e infine si decise. I want to play. You never play with me, daddy! Iniziò così a lamentarsi, mostrandogli per l'ennesima volta un broncio colmo di un dolore che evidentemente non provava e che era frutto solo del suo voler ottenere tutto ciò che le spettava. You spoiled my game! It's not fair! Nello stesso momento nei suoi occhi guizzò una nuova emozione, del tutto inedita. Scattò di colpo con la mano sul pomello della porta e se la chiuse a chiave alle spalle, facendo altrettanto con quella che la separava dalla cucina. Sapeva che non avrebbe avuto molto tempo prima che Albus riuscisse a liberarsi dalla sua stupida trappola, motivo per cui agì in fretta. Si precipitò di sotto accendendo le luci della cucina. Stappò la confezione di latte lasciandola aperta assieme all'anta del frigo, ricreando una specie di scena del crimine patetica che avrebbe dovuto in qualche maniera indicargli che Mun era da qualche parte nascosta lì, fece altrettanto col salotto dove buttò in tutte le direzioni i cuscini mantenendo le luci altrettanto accese, per poi andare a rintanarsi nel bagnetto di servizio, dietro la tenda della vasca al buio. Nella sua testa suonò davvero come un piano geniale, un po' come lo era stato quello della Polisucco. A quel punto c'era tuttavia da chiedersi se lo erano davvero, o solo se Mun era completamente convinta di ciò ogni qual volta trattasse di questioni piccanti con Albus.


     
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    Albus ruotò il polso che teneva la bacchetta, evidentemente soddisfatto dalle frasi di dispiacere espresse da Mun, liberandola così dalle corde che la tenevano legata al letto. Riposta la bacchetta, la aiutò a disfarsi anche della benda improvvisata che le aveva calato sugli occhi, mostrandole un sorriso compiaciuto non appena lei riaprì gli occhi sulla stanza. « Non era poi così difficile, vedi?! » Ma d'altronde, se fosse stato più facile, Albus non si sarebbe divertito altrettanto. Amava coccolarla, sì, ma traeva un piacere ancor più profondo dall'impartirle lezioni di disciplina. Sembrava averne sempre una pronta all'uso, il giovane Potter, come se gli venisse naturale escogitare quelle piccole punizioni da applicare al momento più adatto. Provava soddisfazione all'idea di educare il suo comportamento, correggendolo quando ce n'era bisogno - e una volta fatto ciò, Albus era sempre più gentile nei suoi confronti, più ben disposto. Accettò quindi senza storie il muto invito a sedersi accanto a lei, aiutandola a sedersi cavalcioni sulla sua gamba e regalandole piccole carezze innocenti che sembravano voler lenire la durezza della disciplina appena impartita. Istintivamente, sollevò un po' più il ginocchio, muovendo l'arto con una cadenza lenta e ritmata atta ad assecondare il piccolo piacere che Mun sembrava volersi prendere. Non disse nulla, ne' si mosse ulteriormente al di fuori di quel contatto, fissando gli occhi in quelli di lei per berne ogni più piccola espressione prima che potesse nascondergliele. I've been bad, but I'm sorry. I can't handle myself when you're not around, daddy. Il respiro di Albus cominciò a farsi più pesante, cadenzato dal rimbombo di un battito cardiaco impazzito che rispondeva ad ogni tocco che lei tracciava sul suo collo e sul suo petto. Istintivamente, quando la mano di Mun si spinse a tastare il cavallo dei suoi pantaloni, Albus fece scorrere velocemente il braccio attorno alla sua vita, attirandola a sé con una certa urgenza per ricercare il contatto con le sue labbra. Un contatto che le aveva negato, ma che in tal modo aveva sottratto anche a se stesso. Si spinse ad esplorare la bocca di lei con la propria lingua, approfondendo quel bacio in maniera morbosa, come se dovesse essere l'ultimo. Un gemito sfuggì dalle sue labbra, attutito da quella vicinanza, in risposta all'intensificarsi dei tocchi di Mun. Inebriato. Forse troppo, dato che nel giro di pochi istanti tutto quanto andò ad interrompersi. Mun, sfilatagli la bacchetta dai pantaloni, balzò giù dalle sue gambe con un movimento felino, puntandogli contro la propria stessa arma. « Fregato! » Per un istante, il biondo rimase interdetto, fissandola boccheggiante come un bambino a cui era stato tolto senza motivo il giocattolo. Ma la sua espressione mutò nel giro di pochi secondi, facendosi velocemente torva, espressione di un ribollire di rabbia lussuriosa che si specchiò nel cambio di colore delle sue iridi dal verde smeraldino al grigio fosco di un cielo in tempesta. « Non dovresti mai fidarti delle bimbe degli ex avanzi di galera. » Si alzò in piedi, mantenendo il contatto visivo con lei come un cobra pronto a scattare in attacco, la mano lentamente protesa di fronte a sé e le palpebre appena assottigliate. « Ridammi la bacchetta. » disse, piano, ma fermo, con un tono di voce dolce che sembrava contenere in sé una minaccia latente. « So un sacco di cose anche io, sai? » Mosse un altro passo in avanti, felino, quasi impercettibile. « Se mi restituisci la bacchetta adesso ti prometto di non arrabbiarmi. » Una cazzata, ovviamente. Albus aveva già deciso come sarebbe andata a finire quella situazione, e non c'era nulla che avrebbe potuto fargli cambiare idea a quel punto. L'affronto era stato troppo grande: non poteva di certo lasciarlo impunito. Now.. let me think. Take off your clothes, daddy. Sospirò, mordendosi con forza il labbro inferiore mentre lo sguardo saettava sempre più arrabbiato sul volto della mora. « Adesso. » sibilò tra i denti. Ma ancora una volta, lei sembrò mantenere il punto sulla propria disobbedienza. And keep. Your hands. Where I can see them, huh? I don't trust you! Look what you made me do already! Tuttavia, Albus non si tolse i vestiti - o ciò che ne era rimasto. Rimase in piedi, con la mano tesa in avanti, attendendo quell'obbedienza che non arrivò mai. You are gonna regret this, little girl. Inclinò il capo di lato, stendendo un sorriso che di gentile aveva poco o nulla. I want to play. You never play with me, daddy! You spoiled my game! It's not fair! E proprio come una bambina dispettosa, di colpo Mun si chiuse la porta alle spalle, intrappolandolo all'interno della camera da letto e scappando chissà dove. Di scatto Albus corse in avanti, cercando di forzare la maniglia senza alcun risultato e mettendosi quindi a battere il palmo contro il legno. Come c'era da aspettarsi, non ricevette alcuna risposta. Così, mentre quella rabbia controversa montava sempre di più in lui, raggiunse ad ampie falcate la cassettiera, impugnando le chiavi di casa che vi aveva lasciato sopra prima di aprire la finestra e scavalcarla. Nel buio della sera, Albus colmò con passi veloci il giro della casa, infilando poi le chiavi nel portone principale per entrare e sbatterselo vigorosamente alle spalle. Ciò che si trovò davanti era un vero e proprio casino. Tra il mobilio fuori posto e il latte versato in cucina, la casa sembrava essere stata attraversata da un branco di centauri imbufaliti. « MUN! » tuonò, facendo rimbombare i propri passi sul pavimento mentre spalancava con violenza la porta di ogni stanza, cercando in tutti quei posti in cui si sarebbe potuta nascondere. Arrivato al bagno, fece scorrere la tenda della doccia con poca grazia, rivelando la figura della mora acquattata con le gambe strette al petto e la bacchetta impugnata a mo' di spiedo. A quella scena, Albus serrò la mascella, scuotendo il capo in silenzio prima di strapparle la bacchetta dalle mani senza troppi complimenti. Lo sguardo severo si posò su di lei per pochi istanti, brillando di una luce maligna, pronta a scatenare su di lei il risultato di quell'ira. I've treated you like a princess all night long and this is how you repay me? - sibilò, stringendo le dita attorno all'incavo del suo gomito per obbligarla a rialzarsi. Con un piccolo strattone, la attirò più vicina a sé, dandole modo di stargli direttamente di fronte. Look at me when I talk to you! Un altro ordine, puro, della cui esecuzione Albus si accertò voltandole il capo nella propria direzione. Non disse nulla, rimase semplicemente a fissarla con quello sguardo severo negli occhi, mentre pian piano le dita che avevano fatto presa sul mento di Mun scesero lungo il suo collo, stringendolo appena. Sollevò il mento, squadrandola dall'alto mentre quella sensazione di potere iniziava a scorrergli nelle vene, inebriandolo. Aww, poor little girl wants to play? Too fucking bad.
    Pronunciò quelle parole dondolando il capo a destra e a sinistra con una smorfia, fissandola a palpebre strette prima di caricarsela in spalla, raggiungendo il salotto a grandi falcate. Lì, preso posto sul divano, la ribaltò con forza, stendendola a pancia in giù sulle proprie ginocchia. « Innanzitutto, questo lo prendo io. » disse, sfilandole velocemente il braccialetto luminoso dal polso per riporlo nella tasca posteriore dei propri pantaloni. « Ti verrà restituito se e quando mi dimostrerai che te lo meriti per davvero. » Fatto ciò, nessun preavviso venne dato alla povera Mun. Il palmo teso di Albus si infranse con forza contro la pelle delle sue natiche, provocando uno schiocco sonoro. You see what you make me do? Ne arrivò subito un altro, altrettanto forte. You disrespect me one more fucking time and - I swear to you - your ass will become so red you won't be able to sit for a week. Un altro. Ad ogni colpo seguiva immediatamente una lenta carezza circolare, volta tanto a lenire il dolore quanto a preparare il suo corpo al colpo successivo. E ne arrivarono, tanti, uno dietro l'altro. Did I make myself clear, princess? Ci fu un istante di pausa, prima che un altra sculacciata arrivasse senza preavviso. You'll need to speak a bit louder for me, honey. Did. I. Make. Myself. Clear? In seguito a quelle parole, le mani del ragazzo andarono a scivolare lungo le gambe di lei, facendo presa sulle sue caviglie per ruotarla in posizione supina. Con un ginocchio, forzò l'apertura delle sue gambe, sgusciando tra di esse mentre si preoccupava di mantenerle in quella posizione tramite la stretta delle dita su una delle sue cosce. Con la mano libera, andò lentamente a ricercare l'intimità di Mun, poggiandovi la mano a coppa per accarezzarla in piccoli movimenti circolari. Quel contatto bastò da solo a fargli scoprire i denti, provocando la fuoriuscita di un roco gemito soddisfatto. Isn't it adorable, acting so full of yourself when we can both tell how helpless you are for daddy? Look at you. All shaking and wet..all needy. Si sporse in avanti, avvicinando il volto a quello di Mun per mordicchiarle il labbro, tirandolo appena prima di scendere piano. Fece lo stesso con la punta del suo seno, facendo roteare la lingua attorno ai due bottoncini rosei prima di chiudervi piano i denti, tirandoli. Pian piano, la mano di Albus scivolò ancor più verso il basso, esplorando lo spazio tra i suoi glutei in lente carezze ritmiche volte a stimolare entrambe le aree. Solo quando si ritenne soddisfatto del risultato, lasciò che l'indice e il medio si intrufolassero nelle due intimità separate della ragazza, giocandovi piano. Show some respect and daddy will allow you to come. Otherwise he'll just tease you until you beg him to stop. Understood? Soffiò quelle parole contro le sue labbra, fissandola intensamente negli occhi mentre la mano poggiata sulla coscia di lei intensificava quel contatto, obbligandola a rimanere immobile.

     
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    Mun si sentì invincibile in quel momento e non poté fare meno di riversare in quel gioco tutta l'elettricità che si era sentita montare nel petto sin dal mattino, quando, era uscita furtivamente di casa, prima per portare i bambini dai nonni e poi per portare a compimento le commissioni per la caccia. Sentiva di provare finalmente il brivido giusto, di aver ottenuto l'effetto che ricercava sin dal principio. Non sapeva quali effetti avrebbe sortito la sua bravata, né in quale predisposizione avrebbe messo Albus, ma, nella sua mente, suonò tutto come estremamente logico e intelligente. A nulla servì quella vocina fiacca presente negli anfratti della sua mente che le urlava disperatamente di smetterla. Mun non voleva sentirne ragione, e così, quando si raggomitolò su se stessa nella vasca, un sorriso furbesco comparve nel buio, corredato da una perfetta dentatura luccicante. « MUN! » Solo quando sentì il tuono imbestialito di Albus, l'eccitazione iniziò a calare, lasciando spazio alla consapevolezza di averlo fatto veramente arrabbiare. Una parte di lei continuava a non capire; voleva solo giocare, mostrargli come si sarebbe dovuta svolgere quella caccia che il ragazzo aveva interrotto con così poca sensibilità dei suoi sforzi. E poi venne beccata. Lo sguardo di lei si sollevò con estremo candore in direzione di Albus, sperando di poterlo in qualche maniera impietosire. I've treated you like a princess all night long and this is how you repay me? Tentò di lamentarsi, Mun, espletando diversi ahi e piagnucolii vari che servirono a ben poco. Venne rimessa in piedi, pronta a indietreggiare, finché non incontrò la superficie fredda del lavandino alle proprie spalle. Lo sguardo basso e sinceramente mortificato da quel brusco trattamento che non si aspettava. Look at me when I talk to you! Obbedì, ma solo in parte, impaurita com'era da cosa avrebbe letto negli occhi di lui. Improvvisamente la sua idea non sembrava più così geniale, né i suoi effetti le sembravano più così tanto piacevoli. Ma se anche non ne avesse avuto voglia, Albus ci pensò da sé, obbligandola a guardarlo dritto negli occhi. Lei si morse il labbro inferiore, ma questa volta, di malizia non ce ne era. Era arrabbiato, e lei dal canto suo corrugò la fronte, incrociando le braccia al petto cercando di eludere il suo sguardo.
    Solo quando le dita del biondo si strinsero leggermente attorno al suo collo, Mun prese ad acquistare consapevolezza, guardandolo ora di spontanea volontà, gettandosi nell'abisso degli occhi ormai diventati un mare in tempesta. Quello sguardo dispiaciuto, che tutto si aspettava fuorché quella rabbia, gli lasciò stringere la presa deglutendo appena. Una pressione che non le sembrò minacciosa, ma l'aiutò in qualche maniera a catalizzare le sue attenzioni nella giusta direzione. Gli occhi di ghiaccio di lei risultarono in quel momento così accondiscendenti, così sinceramente dispiaciuti, che se solo avessero avuto una voce propria, gli avrebbero detto puoi fare ciò che vuoi. Potresti schiacciarmi e a me andrebbe bene comunque. Quel potere, Mun, ad Albus, non l'aveva mai concesso. Non fino a quel punto. Si era sempre tenuta stretta una parte di se stessa, quasi come se avesse paura di cedere del tutto; quella concessione l'avrebbe portata a un punto del non ritorno. Cosa che effettivamente accadde. Aww, poor little girl wants to play? Too fucking bad. Abbassò il capo, Mun, non sapendo esattamente cosa dire, né cosa fare. Sapeva solo che, nonostante si sentisse in un certo modo triste, le sue interiora ribollivano di nuovo, colte da un improvviso senso di impotenza di fronte alla rabbia di Albus. Quel suo mi dispiace fu solo un sussurro quasi inudibile, mentre la voce sembrava spezzarlesi in gola. Forse non ebbe nemmeno il tempo di finire, poiché venne caricata in spalla, e riportata in salotto dove finì sulle sue ginocchia in men che non si dica. Sapeva cosa l'aspettava, e a quel punto provò un inspiegabile misto di terrore e desiderio. La paura sembrava accenderla, nutrirla, risvegliarla. Eppure, quella era una paura controllata, in uno spazio sicuro, un'emozione che sembrò appunto abbracciare rivolgendogli uno sguardo dilaniato dall'attesa, reso evidente dal suo sollevare appena il fondoschiena al suo cospetto. « Innanzitutto, questo lo prendo io. Ti verrà restituito se e quando mi dimostrerai che te lo meriti per davvero. » Non accolse bene quella privazione; paradossalmente la punizione peggiore che potesse impartirle. Reagì male, sbattendo i piedi colta da un filo di rabbia capricciosa, osservandolo contrariata. « No! Quello è mio! E' il mio regalo! Ridammelo! » Se fosse stato possibile, in quel momento Mun, Albus, l'avrebbe odiato sul serio, tanto l'aveva innervosita quello smacco. Ma evidentemente i bollenti spiriti si sarebbero calmati ben presto. Il primo scocco arrivò senza preavviso. Mun incurvò appena la schiena gemendo. Non era più certa se la loro fosse passione o una guerra; le due cose, di certo sembravano combaciare alla perfezione. You see what you make me do? You disrespect me one more fucking time and - I swear to you - your ass will become so red you won't be able to sit for a week. Per qualche ragione che Mun non seppe spiegarsi, iniziò a calmarsi, e persino il ricordo del bracciale passò in secondo piano. L'attesa di un nuovo colpo, diventò piacevole, tanto quanto lo era lo stesso scocco. Non le fu più possibile comprendere dove finisse il dolore e dove iniziava il piacere. I sussulti di lei diventarono ben presto gemiti, e i gemiti un leggero contorcersi colta da leggeri spasmi e brividi di piacere. Lo stesso effetto di uno stupefacente: sai che fa male, ma non vuoi smettere. Non fino in fondo. Did I make myself clear, princess? Mun annuì, accompagnando quel cenno da un confuso si tremante; evidentemente ciò non bastò e infatti un nuovo scocco la fece sussultare. You'll need to speak a bit louder for me, honey. Did. I. Make. Myself. Clear? Provò a schiarirsi la voce che, per qualche ragione, seppur più convinta, suonò comunque tremante. Yes daddy.. Chiuse gli occhi colta dal preciso, specifico, moto di piacere derivante da quel misto di autorità. Ritrovatasi poco dopo rivolta verso di lui, tentò di solleticare il dorso della sua mano, colpita in pieno da una vena di improvvisa necessità di scusarsi. Un gesto di affetto e adorazione, atto ad attirare la sua attenzione, a stuzzicare la sua parte più tenera. I'm sorry.. I really am sorry, daddy. La vocina corrotta dalla vena di dispiacere venne tuttavia interrotta dall'improvvisa audacia di lui. Esposta completamente alla sua mercé, si puntellò sui gomiti, quasi avesse bisogno di sentirsi più coinvolta. Voleva vedere, capire, osservare. Voleva essere lì assieme a lui, farsi vedere, farsi guardare, e guardarlo al contempo, non perdersi più nulla per semplice stupidità infantile. Il primo tocco fece risuonare la voce di Mun di miele, grondante di un sollievo che sembrava attendere ormai da un'eternità. Isn't it adorable, acting so full of yourself when we can both tell how helpless you are for daddy? Look at you. All shaking and wet..all needy. A quel punto Mun non aveva più né la forza, né la voglia di protestare. Contro ogni scommessa, era giunta a recepire il messaggio, motivo per cui annuì ormai accondiscendente, mostrandogli tenere espressioni ricolme di desiderio e ammirazione. Ogni qual volta i suoi occhi incontrassero quelli di Albus, la sua espressione esprimeva la muta preghiera di sollevarla da quell'agonia. Avrebbe voluto baciarlo, stringerlo a sé, e invece tutto ciò che ricevette fu l'ulteriore tortura del labbro, seguita da quelle sui seni. Tirò un lungo sospiro solo quando, Albus andò oltre; con un gemito acuto accolse la mossa di lui chiudendo gli occhi e sciogliendosi completamente tra le sue braccia. Show some respect and daddy will allow you to come. Otherwise he'll just tease you until you beg him to stop. Understood? Mun fu in grado di intendere e volere solo a metà sul momento, ricercando di puntellarsi più in alto per strofinare il nasino contro il suo braccio. Gettò la testa all'indietro per qualche istante, colta da un improvviso brivido di pura ebbrezza prima di capire di aver bisogno di più. Please daddy, I need more. Boccheggia, roteando la testa in maniera sconnessa, colta in pieno dall'agonia del suo tocco. I swear - I swear I learnt my lesson. I need you.. Ed era così disperata che avrebbe continuato così all'infinito, finché non trovò la forza di aggrapparsi al suo collo obbligandolo ad annullare quasi completamente le distanze tra i loro volti. Il fuoco della passione ribolliva nei suoi occhi colti dal bisogno di spingerlo a darle ciò di cui aveva bisogno. Please.. let me come. E a Mun sarebbe bastato davvero poco a quel punto. Il solo suono della sua voce e uno specifico permesso si trasformò in uno spettacolo che Mun non si vergognò di mostrare al suo ragazzo nella maniera più plateale e spontanea possibile. Una liberazione che aveva atteso a lungo e che si dimostrò la decisione migliore che avessero mai preso. Si aggrappò ancora al suo collo, facendosi piccola contro il suo petto per un po', affondando il volto contro il suo petto, continuando a ringraziarlo in sussurri leggeri, che lentamente calmarono il suo soffio appesantito. Ebbe bisogno di un momento, forse più di uno, prima di riuscire a trovare le forze per rimettere i piedi a terra. A quel punto si era raggomitolata su se stessa contro il petto di lui quasi come se cercasse un rifugio sicuro; da cosa non era certo. Forse da se stessa. Forse da tutto ciò che esulava da quel piccolo spazio ricreato a misura d'arte solo per lo stessi e in cui nessun altro doveva o poteva entrare. Alla fine si alzò per davvero in piedi, con la scusa che avesse bisogno di una pausa. Non lo disse apertamente. Non disse niente. Decise solo di precipitarsi inciampando appena nei propri piedi, verso la caraffa d'acqua in salotto. Si versò un bicchiere di acqua e lo fissò. Lo fissò con occhi diversi; lì in quel ghiacciaio tumultuoso c'era tutto. Devozione, fedeltà, paura, rabbia, desiderio, amore. Uno specchio così variopinto, reso ulteriormente fugace dall'espressione taciturna di lei. Non era chiaro cosa le frullasse per la testa. Di certo lei non ne fu certa finché non bevve il terzo sorso d'acqua. Per tutto quel tempo non lo aveva perso di vista nemmeno per un istante. Si tormentò ancora le unghie, come se fosse incerta sulle parole che intendeva rivolgergli, eppure, per quanto tentasse di tenere a freno la lingua, quelle parole arrivarono contro ogni sua lotta interna. « Ti amo da morire. » L'emergenza nella sua voce la sorprese. Era come una nuova consapevolezza, come se non lo avesse mai detto prima di allora, come se qualunque cosa venisse prima di allora era un po' meno vero rispetto a quel momento. Avanzò i pochi passi che li dividevano trovandosi uno di fronte all'altro. « Non so vivere senza di te. » Lo sguardo così consapevole ed eloquente non sembrava ribadire qualcosa che i due sapevano già. Non seppe nemmeno per quale ragione Mun sentì il bisogno di ripeterglielo in maniera così seria e solenne. Forse per via delle troppe liti e incomprensioni che li avevano separati, oppure perché da qualche parte nell'immensità della sua psiche estremamente disturbata aveva scoperto qualcosa di inedito.
    Si avventò in punta di piedi sulle sue labbra, ricercando un bacio selvaggio, premendo contro il suo petto avanzando di conseguenza con l'intendo di spintonarlo verso la parete alle sue spalle. Si aggrappò ai suoi capelli in un bacio fatto di passione, rabbia e un amore talmente malato da risultare una bomba a orologeria. « Non voglio vivere senza di te. » Continuò tra un sospiro e un altro, tra un morso e un graffio di troppo, finché le spalle di lui incontrarono effettivamente il muro. Armeggiò lungo tutto tragitto con i bottoni dei suoi pantaloni, rivolgendogli l'ultimo innocente sguardo sin troppo solenne solo quando riuscì nella sua impresa. Assieme alla figura di lei, scesero di colpo anche i suoi indumenti; Mun lo aiutò a liberarsene completamente gettandoli da qualche parte senza curarsene particolarmente, prima di puntellarsi sul ginocchia, aggrappandosi istintivamente alle cosce di lui e affondandovi le unghie con poco ritegno. My turn, daddy. Uno scintillio di malizia attraversò le sue iridi prima di schiarirsi la voce con fare plateale, sollevando un sopracciglio. Lo osserva da tutte le angolazioni, spostando la testa leggermente con fare divertito. God, I don't know if I can take it. Maybe is too much for me. Una vocina che accompagna poco dopo le labbra di Mun che salgono lentamente fino a contraddire le sue stesse parole. Fa con calma Mun, pronta a vendicarsi di tutte le malefatte di Albus. Lì, in preghiera di fronte al suo uomo, riesce a capire l'intero senso della devozione; così profana persino nelle sue declinazioni più candide. Quando sente di averlo torturato a sufficienza con movimenti lenti e calibrati, sostituisce il tocco delle sue labbra con le proprie dita, allungandosi appena per riappropriarsi dei pantaloni di lui, da cui estrae il suo braccialetto che si fa scivolare lungo il polso senza troppi rituali. You took enough jewelry from me, don't you think daddy? Un commento dispettoso quello di Mun, che intensifica i suoi movimenti ma solo per poco, per poi tornare ad andarci piano, stabilendo un ritmo preciso atto a portarlo sull'orlo per poi rallentare di nuovo. Can you please come for me daddy? Una preghiera apparentemente sincera, mentre le labbra rincarano la dose sul punto più sensibile di lui, accompagnando il movimento cadenzato delle dita. Otherwise I'll think my mouth is not good enough for you. Gli sorride con leggera malignità. Don't worry, you can take me later. I have plenty of energy to please you again.. and again.. E quello fu il momento in cui Mun lo inglobò completamente. Una vergine suicida inginocchiata di fronte al suo personale altare, la sua religione, la cosa più importante e bella che avesse, l'amore della sua vita.




     
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    Che bisogno c'era di comprare loschi afrodisiaci contraffatti quando Albus e Mun, da soli, erano capaci di stuzzicarsi a vicenda fino al massimo punto di non ritorno?! Di certo non erano il tipo di coppia che aveva bisogno di vivacizzare la propria vita sessuale, essendo perfettamente in grado di farlo senza aiuto alcuno. E forse, ad un occhio esterno, quello sarebbe apparso come uno dei tanti giochi che possano solcare una mente perversa. Ma non era perversione la loro, non fino in fondo quanto meno. Quel sistema ludico aveva radici che affondavano in substrato ben più ampio della semplice sfera sessuale e che pian piano aveva iniziato a traboccare anche in altre parti della loro relazione. Quella punizione appena impartita alla ragazza, per Albus non era un semplice divertimento: non c'era alcun sadismo nel suo modo di guardare a quell'azione - non provava piacere all'idea di farle del male. Sarebbe stato come godere nel mettere in punizione Jay quando faceva una bravata delle sue. No, quella era disciplina, e nel preciso frangente in cui veniva impartita, per il ragazzo appariva come una cosa semplicemente necessaria. Non smetteva di amare Mun, ne' tanto meno voleva farle sul serio del male. Quelle sculacciate, per quanto forti potessero essere, non avevano l'obiettivo di ferirla in alcun modo. Agire con un'ottica diversa sarebbe stato un cortocircuito logico - siccome Albus voleva che la mora si fidasse di lui, e che si sentisse al sicuro nello spazio che condividevano. Al contempo, però, voleva essere rispettato: e lì, proprio lì, risiedeva il nocciolo del tutto. Passarle un concetto, impartirle un insegnamento e mettersi nella posizione di farle da guida. Una guida, appunto, non agisce con intenzioni negative e sa sempre quando è il momento di smettere - quando il concetto, come detto, è passato. A quel punto non ha senso mantenere una posizione dura, perché giunge un altro step educativo, quello che si occupa di lenire le ferite e mostrare la vera importanza di ciò che si è appena appreso. Please daddy, I need more. I swear - I swear I learnt my lesson. I need you.. Il respiro di Albus cominciò a farsi più pesante, mentre mano a mano intensificava il contatto con la sua pelle fino ad instaurare un ritmo sempre più calcato. I know you do, babygirl.. - disse con un sorriso, strofinando il naso contro quello di lei. Please.. let me come. Che Albus fosse sempre stato sensibile alle preghiere, questo era risaputo. Mun aveva imparato la sua lezione, pur con tutte le difficoltà del mondo. Quel rispetto che lui aveva preteso da lei, gli era stato dato - e non c'era nulla che avrebbe potuto farlo sentire più soddisfatto di ciò. Non aveva ottenuto qualcosa a tavolino: se l'era conquistata - se l'era presa. Nello specifico, era stata proprio Mun a donargliela. Un salto nel vuoto, un atto di fiducia che molti non sarebbero disposti a fare nemmeno con il proprio partner decennale, ma che lei aveva scelto comunque di compiere. Rinvigorito da quella vittoria personale, il giovane incollò le labbra contro quelle della ragazza, stampandovi un lungo bacio prima di staccarsi quanto bastava a dire poche parole. You can come for me, baby. Bastò quel permesso, aiutato dal tempismo perfetto del punto a cui l'aveva portata con il suo tocco, per farla scattare. E non ci fu immagine migliore di quella, per il giovane Potter. La sua ragazza, la sua bambina, che si stringeva a lui nel momento di massimo piacere; un piacere che era stato proprio lui a darle e di cui ora si vedeva avido spettatore. Quando i gemiti di lei cominciarono a scemare e i suoi muscoli a distendersi in piccoli spasmi, Albus la liberò dalla presa ferrea sulla sua coscia, spostando la mano a scansarle i capelli dal volto mentre pian piano scivolava fuori da lei. Tanti piccoli baci, lenti, calibrati, teneri, si andarono a posare sul viso e tra i capelli della mora, che avvolse tra le proprie braccia, cullandola dolcemente. Mun, per Albus, era un tesoro prezioso - uno di cui lui soltanto conosceva l'esistenza e poteva beneficiare. Era così piccola nel suo abbraccio, così fragile e indifesa, che con un sorriso, il cuore di Albus sembrò implodergli nel petto per la tenerezza. La stringeva a sé quasi potesse proteggerla dal mondo solo con quel gesto, schermandola da ogni sofferenza e cruccio. La vulnerabilità nascosta di Mun era forse ciò che il giovane Potter amava di più in lei: non tanto perché se ne volesse approfittare (e avrebbe potuto, con la giusta volontà), ma perché la rendeva ancor più preziosa ai suoi occhi. Un'innocenza latente, quella della piccola Carrow, che Albus voleva custodire - proteggere da chi invece l'avrebbe volentieri schiacciata.
    otgeujq
    Quando lei si alzò, il biondo si mise a sua volta a sedere, passandosi una mano tra i capelli scompigliati mentre seguiva con lo sguardo i movimenti della ragazza. Non si dissero nulla. Rimasero semplicemente a guardarsi, ma in quegli sguardi c'era tutto. C'era la complicità e l'amore di chi sarebbe pronto a muovere il mare e le stelle per l'altro. C'era una potente lealtà, così come una cieca fiducia. Cose che - si potrebbe dire - c'erano sempre state tra loro, ma che in quel momento apparivano non solo più evidenti - addirittura fortificate. A un certo punto, anche lui si alzò, raggiungendo un largo mobile sul quale poggiò tanto la bacchetta quanto le chiavi di casa rimaste nella tasca anteriore dei pantaloni. « Ti amo da morire. » A quelle parole, Albus si voltò lentamente per guardarla in volto. Pian piano, un sorriso cominciò a stendersi sulle sue labbra, contagiando gli occhi di una luce viva e al contempo serena che si rispecchiò nel cambio di colore delle iridi verso il ceruleo. « Non so vivere senza di te. » Mosse un passo in avanti, scuotendo lentamente il capo in un cenno che conteneva in sé tutta la propria incapacità di esprimere a parole la forte devozione che provava nei confronti di lei. « Neanche io, Munie. » Un'ammissione che uscì dalle sue labbra a bassa voce, scontrandosi contro il groppo di emozione che gli attanagliava la gola, donandogli un tono roco. Colmarono all'unisono le distanze, aggrappandosi l'uno all'altra con uno slancio di puro desiderio. Un desiderio solo in parte sessuale, ma per lo più scaturito dal cocente bisogno di incontrarsi, di annullarsi. Le braccia di Albus si strinsero intorno alla vita della mora, attirandola a sé in un moto di passione prima che la sua mano potesse correre a incorniciarle il viso. Le dita si insinuarono tra i capelli di lei, facendovi presa quanto bastava ad avvicinarla ancor di più. Si lasciò spingere all'indietro, senza opporre alcuna resistenza alla pressione di Mun contro il suo petto. « Non voglio vivere senza di te. » Col respiro pesante, si lasciò spingere contro il muro, ricercando con sempre più voracità i baci di lei tanto quanto il contatto con la sua pelle. Non sapeva dove toccarla, Albus. Semplicemente perché bramava ogni centimetro del suo corpo con lo stesso desiderio, portandolo ad affondare le dita nella sua pelle candida con una certa urgenza mentre lei lo aiutava a disfarsi degli indumenti rimasti. Al contempo, Albus ne approfittò per farle scivolare giù dalle spalle la camicia che lei gli aveva rubato, avventandosi sul suo collo mentre la spogliava di quell'ultimo pezzo di stoffa. My turn, daddy. In ginocchio di fronte a sé, lo sguardo di Albus andò a puntarsi sul viso di Mun, che accarezzò con tocchi tanto teneri quanto pregni di urgenza. God, I don't know if I can take it. Maybe is too much for me. Ridacchiò, stringendole appena i capelli tra le proprie dita. I believe in you, baby. Una frase, quella, che uscì dalle sue labbra con un tono divertito, prima che lei potesse ammutolirlo del tutto. Gli occhi di Albus rotearono appena a quell'improvviso piacere, mentre un gemito forzava la sua via fuori dalle labbra. Nemmeno si lamentò, quando tra quelle movenze, Mun si riappropriò del braccialetto che lui le aveva sequestrato, rispondendo alle parole di lei con altrettanta eloquenza. You can take whatever you want, baby. Pausa. Fffuck. You're such a good little girl...such a good little girl. Il respiro di Albus cominciò a farsi sempre più pesante, mentre diventava palese la sua incapacità di staccare gli occhi dal viso di lei per godersi ogni istante di quello spettacolo. Desiderio che alimentava sempre più desiderio - evidenziato dal modo in cui, istintivamente, la sua mano cominciò a guidarle docilmente il capo in quei movimenti. Can you please come for me daddy? Otherwise I'll think my mouth is not good enough for you. Don't worry, you can take me later. I have plenty of energy to please you again.. and again.. Non bastò altro se non quelle parole, a portarlo al culmine del piacere, ricercando sempre più spazio tra le labbra di Mun prima di lasciarsi andare con un forte gemito e la testa appoggiata al muro. Il cuore gli andava a mille, rimbombando pesantemente contro la sua cassa toracica con un ritmo che pian piano iniziò ad assestarsi nel silenzio generale. Sfilò la mano dai capelli di Mun, passandosela tra i propri nel mentre di riprendere fiato. Fuck, baby, you're so good. You made daddy come so much. Si ritrovò per un istante a pensare ironicamente a quanti potenziali piccoli Potter viaggiassero in quel momento nel corpo di Mun, constatando poi tra sé e sé - con altrettanta ironia - che per quella sera non sarebbero nemmeno stati gli ultimi.
    Scivolò con la schiena lungo il muro, ricercando la vicinanza di lei in maniera quasi spasmodica. Per qualche istante, si limitò semplicemente ad accarezzarle il volto, fissandola con uno sguardo pieno di amore e tenerezza. Bastò poco, tuttavia, per farlo avvicinare, strofinando il naso prima contro il suo e poi affondando il viso nell'incavo del suo collo per lasciarvi piccoli baci. Uno dietro l'altro, i tocchi di Albus tratteggiarono una scia imprecisa intorno alla mascella di Mun, sul suo mento, sul suo collo, sulle sue spalle. Una mano avanzò leggera ad accarezzarle la gamba, delineandone il profilo sulla punta delle dita per poi risalire lungo la curva del fianco e verso quella del seno. C'era adorazione, in quei tocchi, così come negli sguardi che le rivolgeva. Albus la venerava come se fosse la dea più bella del pantheon e, in effetti, era proprio così che lui la vedeva. Come un qualcosa di tanto bello da essere quasi devastante. Una tentazione a cui sistematicamente non riusciva a resistere. Mun, probabilmente, lo sapeva - quanto meno a livello inconscio. Sapeva quanto Albus la adorasse, quanto avesse occhi solo ed esclusivamente per lei. Al suo cospetto, chiunque altro scompariva. « Tu non lo sai quanto sei bella, Mun. » disse piano, sospirando come sconfortato nell'ammirare tutta quella sconvolgente bellezza di cui lei non sembrava rendersi pienamente conto. Il suo non era pienamente un complimento, ma una vera e propria constatazione. No, tu non lo sai. Perché altrimenti sapresti quanto io sia un cazzo di schiavo quando si tratta di te. Non disse quelle parole, ma di per sé non ne aveva alcun bisogno. Lasciò che la sua mano indugiasse ulteriormente a seguire con tranquillità le curve del suo corpo, disegnandole quasi avesse intenzione di imprimerle nella propria memoria. Come se già non le conoscesse a menadito. Incollò la fronte contro quella della mora, fissandola intensamente negli occhi. Daddy wants his princess to know that she is the most beautiful and that he would do anything for her. Le lanciò uno sguardo di intesa da sotto le ciglia, come a chiederle paternamente una conferma del fatto che lei lo avesse compreso. You behaved like a really good girl, princess. Daddy is so proud of you. E a quel punto, un guizzo di malizia andò ad illuminare i suoi occhi, mentre un angolo delle labbra si sollevava a disegnare un sorrisetto sghembo. Parole, quelle, che servivano ad introdurre il premio che lei si era meritate per quella dimostrazione di devozione appena data. Con gentilezza, Albus si fece sempre più vicino a lei, obbligandola a chinarsi con la schiena all'indietro fino ad incontrare il pavimento. Le sorrise, strofinando il naso contro il suo per un'ultima volta prima di cominciare a tracciare una lenta scia di baci lungo quel corpo che tanto adorava. So..so..beautiful. Un commento, quello, intramezzato da tutti i piccoli contatto delle labbra di lui sulla pelle di lei. Si prese il suo tempo, quando arrivò al seno, giocandoci ampiamente prima di passare oltre e scendere sempre più in basso. Guidò una mano ad accarezzarle il fianco fino all'interno coscia, premendovi leggermente per farsi spazio nella discesa tra le sue gambe. Una volta arrivato di fronte all'intimità di Mun, vi soffiò un buffetto scherzoso, ridacchiando appena prima di posarvi qualche piccolo bacio. Gli occhi tornati smeraldini corsero a cercare quelli di lei. Let's see if daddy's new beard pleases you, shall we? Un'introduzione giocosa, quella, agli altri piccoli baci che seguirono prima che le sue labbra potessero chiudersi sulla sensibilità di lei, succhiando appena e roteando la lingua. Tanti piccoli stimoli che vennero presto affiancati dalle dita del ragazzo, che fece scivolare lentamente il medio all'interno di lei. Un lavoro lungo, quello di Albus, paragonabile a una lenta tortura fatta di ritmi incalzanti e improvvise frenate. Ma fu proprio quando la portò vicina al punto di massima tensione, che il biondo si scansò all'improvviso. In tutta velocità, si strinse le gambe di lei intorno alla vita, facendo leva sul ginocchio a terra per alzarsi in piedi con agilità. Una volta su, se la sistemò meglio in braccio, intimandola a reggersi saldamente al suo collo mentre lui guidava la propria intimità a sgusciare facilmente dentro di lei. Un gemito abbandonò le sue labbra mentre le mani andarono a stringere saldamente le natiche di Mun, guidandole i movimenti con forza e sicurezza. Fin da subito stabilì un ritmo pressante, lasciando che ai loro respiri e ai loro gemiti si sovrapponesse il rumore che scaturiva dall'incontro continuo dei loro corpi.

     
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    Quella dichiarazione si sprigionò dalle labbra rosee di Mun quasi sovrappensiero. Non ci pensò; probabilmente i muscoli si mossero in maniera involontaria prima ancora di riuscire a comprendere appieno se quella fosse la scelta giusta da compiere in quel momento o meno. Una scelta che sembrò sgorgare dalle sue interiora con la stessa forza ed emergenza con cui Albus aveva bisogno di liberarsi del petrolio che gli aveva cambiato la vita per sempre. Fu come una rivelazione; un complessa approvazione di tutto ciò che in maniera del tutto spontanea sembrava vorticare tra loro e ribollire nelle loro interiora. In quel momento Mun, diede ad Albus un consenso che andava al di là dell'esplicito gioco che sembravano convincersi di portare avanti e gli riconobbe un ruolo che sapeva non avrebbe potuto più ritirare, né intendeva farlo. La piccola Carrow espresse in quelle poche parole e nel bacio che ne seguì la necessità viscerale di quel controllo che lui esercitava su di lei, di tutte quelle regole, dei pesi e le misure che li tenevano in perfetto equilibrio all'interno di una narrativa che sembravano saper padroneggiare alla perfezione prima ancora di averne parlato consapevolmente. Mun aveva bisogno di Albus; lo amava così tanto che, si rese conto, senza quell'amore malato, la sua stessa vita sarebbe risultata non solo incompleta, bensì vuota, smunta, storpia. Senza di lui non c'era equilibrio, non c'era felicità, né voleva immaginare dove l'avrebbe potuta ricercare se lui non ci fosse più stato. Io non voglio vivere senza di te. Perché in fondo, sapeva che non ci sarebbe mai stato nessuno che potesse capirla come l'aveva capita lui, né nessuna donna poteva capire Albus nella maniera in cui lei lo capiva. A quel consenso si aggiunse l'adorazione; un'immagine nella quale solo una mente maliziosa avrebbe potuto riconoscervi qualcosa di profano. Nel momento stesso in cui la giovane Carrow sollevò lo sguardo dalla sua posizione verso l'alto, non vi fu altro se non puro amore e una gratitudine corrotta dalla più controversa forma di felicità. Mun era felice e voleva dimostrarglielo fino in fondo; non si perse quindi, neanche la minima microespressione del volto di lui, lieta di assorbire l'immagine pura di quel suo piacere viscerale che lei e solo lei poteva provocargli. Un impegno che, Mun prese con estrema devozione, incalzata dalla sua voce rauca, debilitata da spasmi di puro piacere. You can take whatever you want, baby. Fffuck. You're such a good little girl...such a good little girl. L'elettricità che provava era travolgente, guidata da una forma di eccitazione che coinvolse indirettamente se stessa. Il battito accelerato e la pressione sanguina alle stelle era la cifra di quanto lei per prima sembrava godere di quello spettacolo che la portò a emettere leggeri suoni pregni di un piacere mirato a provocare in Albus un finale sempre più imminente e scomposto. Amava il modo in cui la sua aria autoritaria crollava sotto quel suo superpotere; un potere che Mun sapeva di avere e che utilizzava ogni qual volta ne avesse l'occasione. Dedicarsi interamente ad Albus sembrava essere il suo momento preferito; il suo momento di protagonismo per eccellenza, in cui ricordargli al di là di se stessa quanto lo amasse e quanto la sua devozione fosse smisurata nei confronti di lui. Il culmine le apparve come il più bel quadro su cui potesse mettere gli occhi. Il punto più alto di un'iconografia arcana di cui aveva l'esclusiva e che sembrava tenersi molto stretta anche con una certa possessività e intima gelosia. Fuck, baby, you're so good. You made daddy come so much. In tutta risposta Mun si passò il dorso della mano sopra le labbra, inumidendole in seguito in un'espressione di pura goduria, per poi sorridere con palese compiacimento infantile. Tutto sembrava svolgersi in un ottica di palese incoscienza in quella testolina, seppur Mun fosse consapevole tanto dell'effetto che gli creava, quanto dei desideri intrinsechi che aleggiavano tra i due. I hope I'll be even better.. later? Una promessa implicita e un'esplicita richiesta resa palese dai suoi occhioni contratti in un moto di preghiera nello stesso momento in cui accolse con tenerezza le carezze di lui.
    Si sentì inebriata da quell'improvviso momento di tenerezza. Un istante così intimo e candido, che accelerò quasi automaticamente il suo respiro, resosi più calmo in seguito al suo climax. Rispose si suoi baci con dolci carezze tra i suoi capelli, cullandolo tra le proprie braccia con un senso di affetto impossibile da descrivere. Strofinò diverse volte la guancia contro i suoi capelli, contro la sua pelle nuda, ricercando un tenero contatto con la sua dolce metà in maniera spasmodica. « Tu non lo sai quanto sei bella, Mun. » Sgranò istintivamente gli occhi, colta da un improvviso spaesamento, sorridendo timidamente mentre si portava una ciocca di capelli dietro l'orecchio, abbassando lo sguardo. Le guance si animarono di un rossore violento, che le le pompò tutto il sangue al cervello, sentendosi esplodere le tempie di un rimbombo colmo di emozioni a cui non sapeva dare né un nome, né una connotazione specifica. Daddy wants his princess to know that she is the most beautiful and that he would do anything for her. Solo allora, fronte contro fronte, Mun sollevò lo sguardo nella sua direzione; occhi leggermente lucidi di commozione, che la portarono ad annuire con una convinzione che non sembrava scaturire direttamente da lei, ma che veniva istintivamente animata dal suono cantilenante della voce di lui. You behaved like a really good girl, princess. Daddy is so proud of you. La risata di lei apparve quasi un cinguettio primaverile, mentre ricercava con dolcezza le labbra di lui per stamparvi un leggero bacio affettuoso.
    Lo sguardo che percepì in seguito tuttavia, fu il segnale che riaccese tutte le sue terminazioni nervose. Si lasciò spingere con gentilezza verso il basso beandosi elettrizzata di ogni gesto di lui, accarezzando dolcemente i suoi capelli. Man mano che scendeva, la pelle di Mun sembrava riaccendersi, colta da leggeri brividi piacevoli, culminati con i leggersi soffi e baci all'altezza della sua intimità. Sospirò, stringendo automaticamente i pugni e mordicchiandosi in una muta preghiera il labbro inferiore. Let's see if daddy's new beard pleases you, shall we? La schiena di lei si inarcò non appena il ragazzo solleticò il suo punto più sensibile. Suoni eloquenti si sprigionarono dalle labbra di lei, già dai primi tocchi. Resa già sensibile in precedenza, riusciva già a percepire l'emergenza di avere di più ancora una volta. Suoni quelli, inizialmente aspirati, atti a chiedere ancora e ancora altro e sempre di più, affamata di bisogni che solo Albus sapeva risvegliare; suoni quelli, che si trasformarono presto in manifestazioni cantilenanti di un piacere resosi evidente dal leggero tremolio della sue gambe. Daddy, I need this so bad, si lamentava lei proprio nel momento in cui Albus sembrava toglierle la terra da sotto i piedi, rigettandola nella condizione di tentare di concentrarsi ulteriormente nella speranza che quella volta lui sarebbe stato più clemente nei suoi confronti. E non lo fu; nel momento esatto in cui le sue gambe tremarono per l'ennesima volta, colte da spasmi improvvisi e gli occhi grigi giunsero a capovolgersi, quel ritmo incalzate si fermò nuovamente, cogliendola completamente di sorpresa. In un istante Mun si ritrovò tra le braccia di lui; le gambe si attorcigliarono attorno ai suoi fianchi, avvolgendo le braccia attorno al suo collo. Non si fece attendere Albus, scivolando dentro di lei con estrema facilità. Lo scontro della giovane carne di lei contro quella del biondo, stabilì ben presto un ritmo incalzante che divenne insostenibile prima ancora che potesse abituarsi. Il suo punto più sensibile, stimolato dalla guerra spasmodica dei loro corpi, la portò a contrarsi una prima volta attorno a lui, sospirando sonoramente contro il suo orecchio, colta dal desiderio intrinseco di esternare quel piacere fino in fonda. Baby.. baby, please don't stop. Ci fu un'estrema emergenza in quelle parole, sussurrate tra gemiti e respiri corrosi dalla necessità di cogliere quella scia di colpi e affondi fino all'ultimo. Sembrava aver perso qualunque contatto con la realtà; il mondo sembrava iniziare e finire in quell'unione a cui si aggrappava con tutte le sue forze, assecondando i suoi movimenti con un'agilità che non sapeva nemmeno di avere. I'm gonna come, daddy. I'm gonna come again.. please. Ma non ebbe nemmeno il tempo di completare quella preghiera; gli spasmi divennero palpabili e Mun sembrò vivere la migliore esperienza della sua vita. Tremava come una foglia tra le braccia del suo innamorato, mentre ne ricercava quasi istintivamente la lontananza, sciogliendo la presa attorno ai suoi fianchi. Tornare coi piedi per terra anche solo per un po', risultò un'idea poco ispirata. Perse immediatamente l'equilibrio inciampando nei suoi stessi piedi, mentre a tastoni, cercava di riprendere equilibrio aggrappandosi prima al suo braccio e poi al bracciolo del divano. Si piegò appena, posando la fronte contro lo schienale, alzando un dito nella sua direzione per chiedergli qualche attimo, mentre cercava di riprendere fiato. Ripreso il controllo del suo respiro, una risatina istintiva riemerse dal fondo dei suoi polmoni. Albus e Mun avevano compiuto spesso e volentieri mirabolanti imprese, ma lei si sentiva più leggera che mai, quasi come se non avesse mia fatto l'amore prima di allora. Tra loro c'era una chimica impressionante, e nei loro momenti migliori, spesso riuscivano a superare loro stessi ancora e ancora. Forse ho meno energie di quanto pensassi, si ritrova a pensare tra se e se, mentre solleva lo sguardo nella sua direzione, sorridendo e rivolgendogli un muto sguardo di scuse. « Cazzo.. certo che noi abbiamo comprato questa.. baracca.. » Asserisce tra un sospiro e un altro. « ..ma credo proprio che avremmo bisogno di un casa più grande. » Si scosta dal suo appoggio, seppur ancora leggermente traballante, avanzando di qualche passo nella sua direzione. « Perché io e te faremo un sacco di bambini. » Scuote la testa con una finta aria di disapprovazione. « La prossima generazione sarà una cazzo di combriccola Potter. » Afferra la sua mano posandosela sul proprio ventre mentre lo sguardo di ghiaccio di lei, si accende di una muta promessa. Con un senso di audacia che non le compete, lo osserva da sotto le lunghe ciglia, guidando la sua mano più in basso, così da poter tastare ancora una volta l'effetto che scatena in lei ogni volta. Will you mark me again, daddy? Soon? Sbatte le ciglia insistentemente mentre le dita si stringono a solleticare appena l'intimità di lui, ricercando un contatto che gli ha negato per qualche istante. Let everyone know whose property is this girl? I really miss being so needy and greedy.. even more than now. Posò diversi baci sul petto di lui, incollando infine il mento contro il suo busto, ridacchiando con un moto infantile e delicato. Let's do this again, shall we? Let me show you how much I've learned tonight. I'll let know all our new neighbors how much I love when you fuck me senseless. Una promessa che Mun gli fece mentre ripercorreva il corridoio verso la stanza padronale e che, divenne un dato di fatto non appena lo pregò di darle tutto ciò che aveva, finendo ancora all'apice del piacere.


     
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    La frizione tra i corpi di Albus e Mun si intensificò sempre di più, portandoli mano a mano più vicini al punto di non ritorno. Tra respiri pesanti e gemiti, guardandosi morbosamente negli occhi, i due si lasciarono andare a quel ritmo incessante, toccando presto il culmine del piacere. Non era l'atto in sé, non soltanto. Era il modo in cui si guardavano, erano le parole che si rivolgevano e la consapevolezza piena di tutto ciò che condividevano. Il piacere di Mun chiamò subito a sé quello di Albus, che strinse con forza le dita sulla carne di lei mentre si abbandonava insieme a lei a quella sensazione. Senza fiato e con la fronte imperlata di sudore, il ragazzo si ritrovò istintivamente a ridere, stampandole un bacio sulle labbra della ragazza prima di aiutarla a rimettere i piedi in terra. E come lei aveva bisogno di riprendere equilibrio, così lui aveva bisogno di riprendere fiato. Si appoggiò quindi con una mano al muro, passandosi l'altra sul viso e tra i capelli. « Cazzo.. » si ritrovò a commentare, come se lui stesso non si capacitasse di ciò che era appena avvenuto. Scoccò un'occhiatina a Mun, mettendosi poi a ridere per una seconda volta. Miglior sesso di sempre. Senza ombra di dubbio. Lei, riversa sul divano e ancora tremante, si limitò semplicemente a guardarlo. « Tutto bene? » Una preoccupazione legittima, la sua, dato lo stato di semi-catalessi in cui versava la mora. « Cazzo.. certo che noi abbiamo comprato questa.. baracca..ma credo proprio che avremmo bisogno di un casa più grande. » L'espressione di Albus si fece curiosa, quasi interrogativa, mentre lei avanzava pian piano verso di lui. « Perché io e te faremo un sacco di bambini. La prossima generazione sarà una cazzo di combriccola Potter. » La risata che lasciò le labbra del giovane Potter in seguito a quella frase, venne dal cuore, dalla più profonda gioia che custodisse dentro di sé. Si lasciò guidare verso il ventre di lei, avanzando l'altra ad appoggiarsi sulla sua guancia. Era amore incondizionato, quello che brillava nelle iridi cerulee del biondo, messo di fronte alla devastante realtà di quanto quella che aveva di fronte fosse a tutti gli effetti la donna della sua vita. Non che non lo sapesse già, ma realizzarlo così chiaramente, in maniera così vivida e priva di alcun dubbio, era una sensazione di quelle che ti colpiscono con forza al petto fino a lasciarti senza fiato. La risata cristallina del ragazzo scemò pian piano in un sorriso tenero, pieno di sincerità. « Lo sai? » disse, tranquillo, annuendo tra sé e sé « Penso proprio che tu abbia ragione. » Un breve silenzio si andò a instaurare tra i due, mentre Albus accarezzava piano col pollice il ventre piatto di Mun, abbassando per un istante lo sguardo a guardarlo con le labbra tese in un sorriso amorevole. Un piccolo gesto, quello, che aveva fatto moltissime volte durante la gravidanza della ragazza e di cui ora, con l'arrivo di quelle parole, sentiva una certa nostalgia. Will you mark me again, daddy? Soon? Sospirò, abbassando le palpebre e appoggiando la fronte contro quella di Mun mentre si abbandonavano a un contatto più intimo, ma comunque gentile. Let everyone know whose property is this girl? I really miss being so needy and greedy.. even more than now. Con il capo di lei contro il proprio petto, si mosse un po' più avanti, avvolgendola in un abbraccio mentre appoggiava il mento sulla sua nuca. I do want that. Un'ammissione, pronunciata con voce bassa contro una gola che sentiva improvvisamente rauca. Ammissione, sì, ma anche improvvisa realizzazione di un desiderio che parve presentarsi pienamente alla sua attenzione solo in quel momento. I really do, baby. Tra quelle ed altre parole, la coppia si riappropriò presto della propria camera da letto, chiudendosi la porta alle spalle in quella serata che apparteneva esclusivamente a loro due. Non c'erano bambini, non c'erano famiglie invadenti, problemi o preoccupazioni. C'erano soltanto loro, Albus e Mun, che si dedicavano l'uno all'altra con anima e corpo, mantenendo fede ad ogni promessa, esplicita e non, fattasi durante quelle due settimane appena chiuse.

    Il sole era già sorto da un pezzo quando i sogni di Albus cominciarono ad ospitare un fastidioso rumore di sottofondo. Un suono acuto, di quelli che ti perforano i timpani e ti portano a voler tirare qualcosa contro chiunque lo stia producendo. Gli ci volle un po', per aprire gli occhi e realizzare che quel rumore non faceva affatto parte del proprio sogno. Cazzo, il campanello! Avrebbe voluto urlare contro l'ora indecente a cui era stato svegliato, ma una veloce occhiata all'orologio gli fece capire che l'unica cosa indecente di quella situazione era il prolungamento eccessivo del proprio sonno. Balzò giù dal letto quanto più veloce potesse, inciampando nei pantaloni che cercava di infilarsi mentre raggiungeva di corsa la porta. « ARRIVO!! UN MOMENTO! » Con la faccia stravolta e i capelli ancora scombinati, si slanciò verso l'uscio, aprendolo di colpo solo per trovarsi davanti a un signore anziano che aveva tutta l'aria di volersi trovare da un'altra parte. Albus, quell'uomo, non sapeva chi fosse, e nel vederlo aggrottò istintivamente la fronte, passandosi una mano tra i capelli per riordinarli un po'. « Mmh..posso aiutarla? » chiese, incerto, scrutando il proprio interlocutore con aria confusa. « Albus Potter? » Nel dirlo, il signore sembrò stupito, come se si aspettasse di trovare qualcun altro. « In persona. » Ma questo chi cazzo è adesso? « Oh...oh...mi perdoni. Non sapevo che lei vivesse qui. Io sono Adam Fraser, vivo nella casa qui accanto. » Aaah ok, il comitato di benvenuto nel quartiere, immagino. Annuì, Albus, avanzando la mano a stringere quella dell'uomo, che ridacchiò imbarazzato. « Bella stretta. Immagino..immagino che gliel'abbia insegnata sua padre. » Il giovane sorrise, aggrottando appena la fronte nel costringersi a non ridere. « Mmh..certo..come no. Comunque mi può dare del tu, signor Fraser: penso di avere qualche decennio in meno di lei. » Nel dirlo, si scansò dalla porta, invitando l'uomo ad entrare con un cenno del capo. In tutta risposta, questo si sperticò in ridonanti ringraziamenti e complimenti che non erano affatto necessari, dato lo stato fatiscente in cui versava ancora la casa. Albus dovette chiedergli un paio di volte, se volesse un caffè, dato che il signore sembrava metterci fin troppa cortesia nell'interazione con lui. Ci era abituato, il giovane Potter, a quel tipo di gente: gente che idolatrava suo padre in maniera spropositata e trattava la sua intera famiglia come fossero divinità di un altro mondo. Ormai aveva imparato a gestirli. « Senta..ehm..senti..non sono venuto qui solo per darvi il benvenuto nel quartiere. » disse Fraser, dopo alcuni convenevoli di rito, rigirandosi nervosamente tra le mani la tazzina di caffè. A quelle parole, Albus mise su un'espressione curiosa, nonostante non fosse per niente colpito da quella rivelazione shock. Gli si leggeva in faccia, che aveva qualcosa da dire. « Sai..le case qui ad Hogsmeade sono un po'..come dire..sono un po' vecchie, ecco. Per economia degli spazi le hanno costruite tutte attaccate l'una all'altra e spesso i muri non sono più buoni come una volta. » Fece una pausa, sospirando sofferente, quasi stesse facendo violenza su se stesso per parlare. « Mia moglie poi..lei ha l'udito di un falco. » « Pipistrello. » « Pipistrello pipistrello, giusto. Ha l'udito di un pipistrello. » Per un istante calò un silenzio imbarazzato, durante il quale l'anziano signore fissò lo sguardo sulla propria tazzina di caffè, prima di esordire di nuovo di colpo « E' lei che mi ha obbligato a venire qui a parlarvi. Per me giuro che non c'è alcun problema. Figuriamoci, nemmeno ci sento più tanto bene. Però ecco..io lo so cosa vuol dire essere giovani..l'impeto. » A quelle parole, Albus si morse l'interno del labbro inferiore, cercando in tutte le maniere di non ridere mentre annuiva comprensivo. « Magari..sapete..un muffliato..o qualcosa del genere, ecco. Mia moglie ha il sonno molto leggero e stanotte non è riuscita a chiudere occhio. » Pausa. « Per questo mi ha mandato. A parlarvi. Mi ha mandato a parlarvi. » Sospirò, l'uomo, annuendo tra sé e sé mentre lo guardava con fare eloquente. « Sa essere un po' insistente, sai. Posso chiedervi quindi questo favore? » « Oh ma certo. Anzi, porga le mie più sincere scuse a sua moglie. Non intendevamo affatto toglierle il sonno e mi dispiace che si sia creato questo inconveniente. Le prometto che non daremo più problemi..anche perché comunque non staremo qui tutti i giorni. La nostra residenza è a Inverness. » Tolto di mezzo quell'incomodo, Adam Fraser sembrò rinascere, come se si fosse gettato via dalle spalle un pesante macigno. I due vicini parlarono tranquillamente del più e del meno, facendo conoscenza con qualche chiacchiera prima che, molto elegantemente, l'anziano signore togliesse il disturbo in uno sproloquio di scuse e ringraziamenti.
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    [...] « Buongiorno amore. » Si pulì le mani sullo strofinaccio più prossimo, avvicinandosi all'ancora assonnata mora per stamparle un bacio in fronte. « Ho fatto la colazione. » Sul tavolo c'era una tazza di caffè fumante, un piatto di pancakes e una piccola scodella contenente un mix di fragole, ciliege e banane fatte a pezzettini. Le indicò le leccornie con un cenno del capo, invitandola mutamente a prendere posto di fronte a lui per gustarsi il tardivo pasto. Prendiamolo come un brunch, dai. « Amore, a quanto pare ci siamo già fatti riconoscere. » disse a un certo punto, ridacchiando mentre tagliuzzava la propria frittella e se ne metteva un pezzo in bocca. « Ci ha fatto visita il nostro vicino. Molto gentile, per inciso. Tuttavia dice che per colpa nostra, sua moglie non ha chiuso occhio stanotte. » Sollevò appena le sopracciglia, scoccando alla ragazza uno sguardo eloquente. « Albus Potter e Amunet Carrow disturbano la quiete pubblica ancora una volta. » siglò, accompagnando ogni parola a un cenno della mano in aria come a voler mimare un titolo scritto su un cartellone pubblicitario. Rise quindi di gusto, mandando poi giù un buon sorso di succo di zucca. Tuttavia, nonostante la risata e il clima disteso, negli occhi di Albus c'era qualcosa. Un pensiero che lo tormentava in sottofondo, portandolo a lanciare occhiate furtive alla propria ragazza quasi stesse cercando di scoprirne un bluff durante una partita di poker. Continuò a mangiare in silenzio con quel modus operandi, chiacchierando del più e del meno mentre cercava di capire cosa vorticasse nella testa di Mun. Ma questi stati, con uno come Albus, durano sempre poco. E infatti a un certo punto gettò semplicemente la spugna. « Senti.. » disse, con ostentata tranquillità e un filo di cautela nella voce. « Stavo un po' pensando a quella cosa che mi hai detto ieri sera. Che ci siamo detti, a dirla tutta. » Eh..quale delle tante? « Quella. » sottolineò la parola con un'alzata eloquente di sopracciglia. Un discorso scomodo da affrontare a colazione, ma che, conoscendosi, non sarebbe stato capace di portarsi dietro ulteriormente. Voleva chiarire tutto prima che le loro teste malate prendessero ciascuna la propria direzione, creando scenari dei più disparati fino a farsi idee completamente differenti l'uno riguardo l'altro. Sospirò, poggiando quindi coltello e forchetta sul piatto come a segnalare che il discorso si stava facendo serio. E infatti, Albus era serissimo nel guardare Mun dritta negli occhi. « Io lo voglio, Mun. Sul serio. » Pausa. « E per questo te ne sto parlando..perché non so se tu fossi seria, quando mi hai detto quelle cose. » Nel dirlo, allungò le mani sul tavolo a cercare quella di lei, che strinse tra le proprie. « Non voglio pressarti, ok? So benissimo quanto la nostra situazione sia già caotica così com'è. Perciò non voglio che tu prenda le mie parole come una richiesta, o come un modo per metterti fretta. » Scosse il capo. « Non lo sono assolutamente. Voglio solo dirti che.. » fece una pausa, inumidendosi le labbra e annuendo leggermente « ..io sono pronto, quando tu lo sei. » Pausa. « Quando vuoi. »

     
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    Non si sarebbe svegliata se solo il cellulare non avesse continuato a vibrare sul comodino accendendosi diverse volte nel corso di quel dolce sonnecchiare. Per un po' aveva persino tentato di ignorarlo, convinta che, di qualunque cosa si trattasse, poteva aspettare. In effetti, aveva ragione. Quella mattina i suoi dm erano stati intasati di domande di ogni sorta da parte di molte ragazzine che continuavano a chiederle dove avesse preso il vestito per la caccia, o se intendesse andare alla caccia con Albus. Qualcuno aveva avuto persino l'audacia di condividerle l'ultimo post di Nathan Douglas chiedendole per quale ragione non si trovasse alla caccia e perché soprattutto non l'aveva inseguita. Ma tutto apposto? Questa storia è così 2010. Era rimasta a letto per parecchio, sbrigando le faccende social, con un ritmo lento e pigro, alzandosi solo quando, un buon odore di pancake solleticò le sue narici, obbligandola a trascinarsi lentamente verso il bagno per lavarsi i denti, farsi una doccia e gettarsi addosso il pigiama che non aveva utilizzato la sera prima. « 'Giorno! » Comparve in cucina non molto dopo, con la routine mattutina ancora in fase work in progress, e decisamente ancora assonata. Sorrise al ragazzo strofinandosi gli occhi, mentre allungava il nasino verso il tavolo della colazione già preparato per due, sentendo un certo languorino. « Buongiorno amore. Ho fatto la colazione. » Si sedette istintivamente rubando una fragola dal piatto prima di avvicinare la tazza di caffè a sé ricercando istintivamente il contatto con la sua mano carezzando dolcemente le nocche di lui in un gesto di muto ringraziamento. Non appena prese il primo sorso di caffè si sentì già meglio, e iniziò di conseguenza a stiracchiarsi per bene i muscoli intorpiditi, mentre portatasi le ginocchia al petto iniziava a mangiare pigramente un po' di frutta osservandolo con un che di estremamente affettuoso e intrigato. La notte precedente era stata forse la migliore mai passata insieme. Non c'era da stupirsi se, Mun era così su di giri. « Amore, a quanto pare ci siamo già fatti riconoscere. » Tanto per cambiare. « In che senso? In quale maniera abbiamo fatto un torto all'universo questa volta? » Nulla di nuovo o di sorprendente in quella notizia. Era però curiosa di scoprire chi era il nuovo contestatore di turno e per quale ragione. Che Mun e Albus fossero persone particolari, era ormai risaputo; che tutti sentivano tuttavia il bisogno di farglielo notare di continuo, era diventato ormai un rituale che Mun accoglieva con sarcasmo e un atteggiamento indispettito. « Ci ha fatto visita il nostro vicino. Molto gentile, per inciso. Tuttavia dice che per colpa nostra, sua moglie non ha chiuso occhio stanotte. Albus Potter e Amunet Carrow disturbano la quiete pubblica ancora una volta. » Inizialmente sembrò collegare quelle notizie solo a metà; poi però, lentamente iniziò a comprendere quale fosse il senso di quelle parole e gli occhi di lei si sgranarono leggermente. « Noooooo.. ma cosa dici? » A quel punto nascondere il rossore che assunsero le sue guance, dietro la tazza di caffè fu automatico. Nonostante fosse stata una sua idea, non credeva che il bacano della sera propria sarebbe giunto in maniera così limpida alle orecchie dei vicini. Io dicevo così per dire. Stavamo solo giocando. A ben guardare però, quello della sera precedente, era stato un gioco per Albus e Mun solo in parte, e tutte le conseguenze, risultavano ora ancora più tangibili all'idea che la vicina ne aveva testimonianza. « Mi stai prendendo in giro! » Lo osservò con eloquenza, quasi stesse cercando conferma di quelle sue parole; Albus sembrava più serio della morte, nonostante il tono scherzoso. « E lui è venuto qui per dirti questa cosa.. ma avranno quasi un secolo.. » Aggrotta appena la testa, dandogli uno schiaffo sul dorso della mano mentre scoppia a ridere. « E tu non mi hai svegliata! Cioè questo signore è venuto qui a farti un discorsetto e tu ti sei goduto lo spettacolo da solo! » Man mano che sciorina quella storia il suo sorriso si allarga sempre di più fino a scoppiare a ridere. Infine si stringe nelle spalle e prende un altro sorso di caffè. « Peggio per te.. ti sei perso un'ottima occasione per trovarti faccia a faccia con la mia versione inopportuna.. » Solleva un sopracciglio osservandolo con eloquenza, prima di attirare a sé il piatto di pancake, iniziando a tagliuzzare uno dei soffici dischi, iniziando a saggiarne la consistenza.
    « Senti.. Stavo un po' pensando a quella cosa che mi hai detto ieri sera. Che ci siamo detti, a dirla tutta. Quella. » Sarebbe stata una presuntuosa se avesse fatto finta di aver capito che cosa Albus intendesse. Ne aveva dette di cose la sera precedente, alcune delle quali estremamente intense e decisamente sopra le righe. Mun si era aperta nei confronti di Albus come mai prima, e lui aveva fatto altrettanto, ma da qui a capire quale fosse quella cosa a cui lui si riferiva, il salto era decisamente grosso. Gli dedicò tutta la sua attenzione, posando a sua volta le posate accanto ripulendosi elegantemente gli angoli della bocca, prima di riprendere la sua tazza di caffè restando in attesa con un pizzico di curiosità ma anche un'intrinseca tensione dovuta agli argomenti decisamente sensibili che avevano trattato volenti o nolenti la sera prima. « Io lo voglio, Mun. Sul serio. E per questo te ne sto parlando.. perché non so se tu fossi seria, quando mi hai detto quelle cose. Non voglio pressarti, ok? So benissimo quanto la nostra situazione sia già caotica così com'è. Perciò non voglio che tu prenda le mie parole come una richiesta, o come un modo per metterti fretta. Non lo sono assolutamente. Voglio solo dirti che.. io sono pronto, quando tu lo sei. Quando vuoi. » Sulle prime, continuò a non capire, ma poi, lentamente la sua memoria iniziò a schiarirsi, e alla fine del discorso, la giovane Carrow non ebbe più alcun dubbio sulla natura del discorso che Albus le stava facendo. Ebbe bisogno di un momento, quando il ragazzo completò la sua arringa. Un momento contrassegnato da un palese « Ah.. » corroso dalla sorpresa. Mun aveva detto molte cose la sera precedente; molte potevano sembrare parte di un gioco che il giorno seguente era destinato a essere rimesso in un certo qual modo in un cassetto e dimenticato fino alla prossima volta in cui uno dei due avrebbe deciso di riaprirlo. Tuttavia, ciò che avevano appena vissuto, si era resa conto la piccola Mun, non era affatto un gioco, e loro non avevano affatto scherzato. Le natiche le facevano ancora leggermente male per la sera precedente, e nel momento esatto in cui lo realizzò, abbassò lo sguardo, colta dalla consapevolezza che qualunque cassetto o anta dell'armadio avessero aperto, quello scheletro sarebbe stato impossibile da seppellire del tutto. Non stava scherzando, Mun, se ne rese conto nell'esatto momento in cui le sue iridi color ghiaccio si concentrarono sul contatto della sua mano tra le sue. La sera precedente era stata sincera, in tutto e per tutto, e nel bene e nel male, non era stata mai così se stessa come in quegli attimi. Si schiarì istintivamente la voce, sollevando lo sguardo nella sua direzione con estrema lentezza, portandosi nuovamente la tazza di caffè alle labbra. « Però dovremmo davvero allargare la casa in qualche maniera. Perché ci servirà una stanza in più, e alla stanza degli ospiti non possiamo rinunciare. » Il suo sguardo appare estremamente innocente, limpido e sereno. « Se litighiamo tu poi dove dormi? Cioè, davvero, è una cosa serissima questa. Io, quando sei stronzo, con te non ci voglio dormire, e a meno che non vuoi dormire su un materasso per terra in stanza di Jay, che ti farà trecento domande sul perché non dormi nel lettone - » Si stringe nelle spalle mentre un leggero sorriso si allarga sul suo volto. « ..e di certo non vieni a dormire qua! Anche quando non ti sopporto devi restare esattamente dove posso vederti! » Patti chiari, amicizia lunga, signor Potter! Resta un attimo a pensarci in merito, seppur la sua risposta è stata abbastanza eloquente. « Dicevo davvero.. » Pausa. Deglutisce appena mentre si massaggia il collo in maniera meccanica. « Intendevo tutto.. tutto quanto. » Si stringe nelle spalle colta da un'improvvisa serenità intrinseca. Non ha nulla da nascondere ad Albus, né nulla di cui vergognarsi. « Sono pronta. » Resta un po' a pensarci mentre alza gli occhi al cielo sbuffando. « Beh alle caviglie gonfie e un piccolo Potter rompipalle che mi preme sulla vescica, relativamente.. però.. » Le sue dita stringono quelle di lui prima di fare il giro del tavolo e sedersi sulle sue gambe, stampandogli un bacio sulla tempia. « ..lo voglio un altro bambino.. davvero. Forse un piccolo lui? Un piccolo cucciolino bellissimo a cui togliere le rotelle della bici di nuovo tra un paio d'anni. » Riusciva già a immaginarselo. Moretto con gli occhi azzurri e un sorriso strabiliante. Jay sarebbe impazzito all'idea di avere un fratellino con cui condividere la passione per i dinosauri, anche se, probabilmente prima che quell'ipotetico bimbo arrivasse ad apprezzare i dinosauri, Jay sarebbe già passato alla prossima tappa della sua infanzia. Posa la testa sulla sua spalla ridacchiando leggermente; era insano quanto il solo parlarne sembrava farle già venire voglia di conoscerlo. Istintivamente si alza per riprendere la propria bacchetta rimasta sull'isola della cucina sin da quando si è seduta per far colazione. La rotea appena per richiamare a sé la propria borsetta all'interno della quale c'è una piccola confezione di fialette che Albus conosce molto bene. Gliele mette davanti posando i palmi sul tavolo, osservandolo con eloquenza. « Lo vuoi programmare.. o lasciarti sorprendere? » Non sapeva esattamente come si procedesse in quei casi. Non era come se l'ultimo lo avessero effettivamente aspettato. « Insomma, amore, che sia chiaro. La nostra vita non sarà in ogni caso meno caotica per i prossimi vent'anni. Uno in più renderà un po' più complessa la situazione, ma in fondo.. ci saranno sempre sessioni, ed esami, viaggi, lavoro, emergenze di stato e apocalissi. Non ci manca niente.. perché no. » Quello sembrava un discorso che stava facendo più a se stessa. La sua parte razionale d'altronde sembrava dettarle una specie di organigramma da seguire. Un parto a febbraio o marzo è durante la sessione, ma ad aprile ci sono gli esoneri e a maggio gli esami del tirocinio. A giugno c'è di nuovo la sessione e in estate ci sono le vacanze. Il lavoro ci sarà sempre e anche tutto il resto. « E poi.. un po' mi manca renderti la vita impossibile.. e anche altre cose. » Indietreggia di qualche passo posando e posa i gomiti contro l'isola della cucina osservandola con un sorriso malizioso prima di spostare lo sguardo sulle fialette anticoncezionali. Quindi dovrei smettere di prenderle? Il suo sguardo interrogativo e divertito sembrava chiederglielo con una certa insistenza. Di scatto tuttavia sospirò abbassando lo sguardo pensierosa. Jay era tornato ad abitare i suoi pensieri anche in quel momento, mentre stava pensando a un altro bambino, per giunta un maschietto. « Albus.. prima però dobbiamo rimediare a un torto che entrambi abbiamo fatto a qualcuno. » Si morde il labbro inferiore e solleva lo sguardo nel suo. « Jay.. » Nel esatto momento in cui pronuncia il suo nome, è obbligata a spostare lo sguardo altrove sentendosi gli occhi cogliere da un leggero luccichio innaturale. « ..certo.. se ti va ancora.. se hai cambiato idea rispetto.. » Deglutisce. « ..rispetto a quella volta.. » Si inumidisce le labbra e sospira. « ..io lo voglio ancora. Sarebbe ingiusto pensare ad altri quando.. » ..quando siamo stati così egoisti nei suoi confronti. Non riesce a dirlo a voce alta, Mun. Ma lo pensa. Forse ora Jay non lo realizza, ma un giorno lo capirà, e Mun non vuole che quelle differenze esistano davvero.




     
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    « Ah.. » Non un buon inizio. Decisamente. Albus si pentì subito di aver aperto quel discorso, abbassando in fretta lo sguardo nel sentirsi stupido ad aver creduto che le parole di Mun potessero contenere un messaggio serio. D'altronde, di cose ne avevano dette tante durante la serata appena passata, e la maggior parte di esse facevano parte di quel gioco che si era instaurato tra loro due; perché non avrebbero dovuto appartenervi anche quelle a cui lui aveva fatto riferimento? Certe cose si dicono tanto per dire, a volte - in maniera un po' metaforica, ecco. Vabbè, adesso penserà che voglio ingravidarla a ruota come una mucca da latte e bo..chiamerà tipo il telefono rosa o qualcosa del genere. « Però dovremmo davvero allargare la casa in qualche maniera. Perché ci servirà una stanza in più, e alla stanza degli ospiti non possiamo rinunciare. » Risollevò lo sguardo cautamente a quelle parole, cercando di interpretare in silenzio la sfera emotiva di Mun. Stava dicendo sul serio? Stava scherzando? Ne era convinta oppure si sentiva pressata da ciò che lui le aveva appena detto? « Se litighiamo tu poi dove dormi? Cioè, davvero, è una cosa serissima questa. Io, quando sei stronzo, con te non ci voglio dormire, e a meno che non vuoi dormire su un materasso per terra in stanza di Jay, che ti farà trecento domande sul perché non dormi nel lettone - ..e di certo non vieni a dormire qua! Anche quando non ti sopporto devi restare esattamente dove posso vederti! » Pian piano un sorriso cominciò a farsi strada sulle labbra di quel ragazzo che sembrava intravedere la luce alla fine del tunnel. Sentiva la gioia montargli nel cuore mano a mano che il discorso della ragazza andava avanti in tutta serenità, lasciandogli intendere che forse, anche quella volta, erano entrambi sulla stessa pagina. E infatti la conferma arrivò poco dopo. « Dicevo davvero..Intendevo tutto.. tutto quanto. Sono pronta. Beh alle caviglie gonfie e un piccolo Potter rompipalle che mi preme sulla vescica, relativamente.. però.. » Come se avesse ripreso finalmente aria dopo una lunga apnea, le spalle di Albus sembrarono rilassarsi, e una risata a metà tra il nervosismo e la pura gioia fuoriuscì istintivamente dalle sue labbra. Di esperienza con i bambini, Albus ne aveva a bizzeffe ormai; aveva cominciato ad averne prima ancora che una cosa del genere fosse anche lontanamente contemplabile. Eppure quella volta era diverso. Se Jay era arrivato nella sua vita come una pioggia di meteoriti e Lily come un fulmine a ciel sereno, adesso le carte in tavola erano completamente diverse. Non c'era l'effetto sorpresa, non c'era l'essere colto impreparato: c'era una decisione maturata nel tempo. Ma che ciò lo rendesse meno nervoso non era contemplabile. Quel momento, tuttavia, aveva il sapore di una nuova tappa nella sua vita, di una nuova pietra miliare poggiata nel lungo cammino che aveva ancora di fronte. Scegliere di avere un figlio - un altro figlio - se possibile sembrava più difficile di ritrovarsene uno dal giorno alla notte. Nei casi passati non aveva avuto bisogno di pensare, di fare introspezione, di affrontare se stesso e capire cosa fosse idealizzazione e cosa profondo desiderio. Tante domande affollavano la sua testa in quel momento, ma la gioia di fondo che la reazione di Mun gli aveva dato sembrava sovrastare tutto il chiasso. « ..lo voglio un altro bambino.. davvero. Forse un piccolo lui? Un piccolo cucciolino bellissimo a cui togliere le rotelle della bici di nuovo tra un paio d'anni. » Mentre strofinava il naso tra i capelli di lei, una risata cristallina lasciò le sue labbra. Le braccia andarono a stringersi intorno alla vita di Mun, cullandola appena in quell'abbraccio. « ..un altro fagiolino. » commentò con un sorriso, lo sguardo fisso in un punto imprecisato della stanza mentre la sua mente viaggiava a dipingere scenari di ogni tipo. Una gravidanza affrontata finalmente in maniera serena, senza venirlo a sapere all'ultimo minuto o senza dover lottare con la preoccupazione di mettere al mondo un bambino in un momento in cui la gente moriva come mosche. Sospirò. « Questa volta potremmo fare tutto come le persone normali: andare in ospedale per i controlli, fare il giro dei negozi senza il terrore di essere beccati dall'Inquisizione o da qualche mostro infernale. » Si scostò appena, quanto bastava per poterla guardare in viso. « Potremmo fare tutto con i nostri tempi. Sai..aspettare tre mesi prima di comunicarlo al mondo..tipo. » Un lusso che con Lily non gli era stato concesso, un po' per come si erano svolti i fatti e un po' perché, anche volendo, non se lo sarebbero potuto permettere in ogni caso. In tempo di guerra e con risorse limitate, tutto l'aiuto che potevano avere era indispensabile; senza contare che ancora stavano insieme da pochissimo. Ora invece erano solidi, erano una famiglia vera e propria, e il mondo sembrava risalire su una buona china. Aspettare tre mesi per organizzarsi e per essere sicuri che tutto stesse filando liscio sembrava la cosa più logica. Anche perché altrimenti la mia famiglia non ci darebbe tregua un attimo sin dal primo giorno. « Lo vuoi programmare.. o lasciarti sorprendere? » Si strinse nelle spalle, osservando le fialette che Mun gli aveva messo di fronte. « Direi di lasciarlo al caso..che dici? Un po' di sorpresa in questi casi non è un male. » Ridacchiò, appoggiando la schiena contro la sedia. « Tanto in ogni caso, col nostro ritmo mi sa che è solo questione di giorni. » « Insomma, amore, che sia chiaro. La nostra vita non sarà in ogni caso meno caotica per i prossimi vent'anni. Uno in più renderà un po' più complessa la situazione, ma in fondo.. ci saranno sempre sessioni, ed esami, viaggi, lavoro, emergenze di stato e apocalissi. Non ci manca niente.. perché no. E poi.. un po' mi manca renderti la vita impossibile.. e anche altre cose. » Sospirò, alzandosi dalla sedia per raggiungere Mun e incorniciarle il viso tra le mani. « Amore..rendimela impossibile per sempre la vita. Te lo chiedo col cuore. » disse, sottolineando quelle parole con un cenno solenne del capo prima di lasciarsi scappare una risata, che coronò stampando un bacio sulle labbra della ragazza. Mun sapeva essere molto esigente, specialmente durante la gravidanza, ma nonostante tutte le richieste astruse e gli sbalzi di umore, Albus aveva affrontato con piacere i nove mesi di attesa per Lily. Era stato cresciuto abbastanza bene da sapere che in quei casi, l'uomo se ne deve stare soltanto zitto e assecondare ogni desiderio - anche il più stupido - della propria partner. Voleva una pizza alle due di notte? Avrebbe svegliato il miglior pizzaiolo della città e lo avrebbe obbligato ad accendere il forno soltanto per lui. E ad Albus, in fin dei conti, piaceva fare tutte quelle cose per la sua ragazza: gli dava una gioia intrinseca, occuparsi di lei e assicurarsi che il suo benessere fosse sempre messo al primo al posto. « Albus.. prima però dobbiamo rimediare a un torto che entrambi abbiamo fatto a qualcuno. Jay.. » deglutì, mordendosi nervosamente il labbro inferiore mentre cominciava a capire dove quel discorso stesse andando. Al rimettere sul piatto l'adozione di Jay, Albus aveva iniziato a pensare già dal Redrum, senza mai però trovare il momento adatto ad intavolare il discorso. Per come era lui, avrebbe voluto accompagnare la discussione a un bel gesto. Per esempio, aveva pensato di abbinarlo alla proposta di matrimonio che aveva già programmato per la festa. Ma aveva anche considerato l'idea di sorprenderla con la notizia durante una cenetta romantica organizzata solo per loro due. Le idee a riguardo si sprecavano. « ..certo.. se ti va ancora.. se hai cambiato idea rispetto..rispetto a quella volta..io lo voglio ancora. Sarebbe ingiusto pensare ad altri quando.. » Si massaggiò il collo nervosamente, prendendosi qualche istante per rispondere prima di inumidirsi le labbra. Avrebbe dovuto aspettarselo, che prima o poi Mun avrebbe intavolato nuovamente il discorso, ma una parte di lui aveva creduto che l'orgoglio della ragazza l'avrebbe frenata dal chiederglielo direttamente, dandogli così il tempo di organizzare qualcosa di speciale. « Sì..cioè, in realtà è dal Redrum che stavo pensando a come chiedertelo. » Voleva pur sempre che lei lo sapesse, dei suoi piani. Voleva che fosse al corrente del fatto che si era già deciso e che voleva davvero continuare sulla strada dell'adozione di Jay da parte sua. Altrimenti Mun avrebbe potuto guardare anche in futuro a quella situazione come una concessione che Albus le aveva fatto in un momento delicato, messo alle strette da un altro desiderio. Ridacchiò nervoso. « Ammetto che mi hai preso un po' in contropiede. Cioè, le carte le ho già ordinate, ma volevo organizzare qualcosa per farti una sorpresa. » Si strinse nelle spalle, ricercando la bacchetta per far materializzare tra le sue mani il plico nascosto in un cassetto della villetta ad Inverness. Lo pose dunque sul tavolo, puntando gli occhi in quelli di Mun e tamburellando le dita un paio di volte sui fogli rilegati prima di farli scivolare nella sua direzione. « La mia firma ci sta già. » Stirò un sorriso sghembo, alzando in aria le mani e agitandole un poco. « Sorpresa! »

    15 Giugno
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    Erano circa le tre e mezzo di pomeriggio quando Albus entrò tutto trafelato in casa, togliendosi lo zaino dalle spalle e lanciandolo a casaccio in terra per fare i gradini che lo dividevano dal piano superiore a due a due. « Amore, eccomi! » esordì, ancora col fiatone, spalancando la porta della camera padronale e slanciandosi in avanti per accogliere Mun in un abbraccio. Sebbene fosse una cosa superficiale e pure un po' infantile, Albus sapeva quanto in fondo al cuore la sua ragazza ci tenesse ad essere eletta regina del ballo. La capiva? No, probabilmente no. Ma la appoggiava comunque. Per come la vedeva lui, Amunet Carrow avrebbe dovuto essere incoronata molto tempo addietro, a cominciare dal ballo di Halloween del duemiladiciassette. Ma i loro compagni sembravano non vederla alla stessa maniera, e se nell'occasione precedente avevano dato il proprio voto a una delle coppie più trash del castello, adesso le intenzioni sembravano pendere tutte verso l'incoronazione di tale Aidan Joyce e della sua accompagnatrice, Betty. Beh, non sarò mai stato incoronato, ma potrò sempre dire di essere andato a letto con ogni reginetta del ballo. Mi chiameranno "l'amante delle regine". Un pensiero stupido, quello, che lo aveva fatto ridacchiare sotto i baffi per un paio di secondi prima di sparire, sostituito da altri. Un pensiero che però non sembrò farsi presente nella sua testa in quel momento, concentrato com'era a coccolare la sua ragazza per quella piccola delusione. La strinse forte al petto, stampandole tanti piccoli baci tra i capelli. « Senti..prima di preparare il bagno e scolarci una bottiglia di vino..vieni al piano di sotto con me? » Si mordicchiò il labbro inferiore, sollevando le sopracciglia per risaltare lo sguardo eccitato. « Voglio farti vedere la sorpresa di cui ti parlavo. » Con un cenno del capo le indicò di seguirlo, prendendola per mano nel percorrere quel breve tragitto che lo distanziava dallo zaino lasciato in terra. « Ok, chiudi gli occhi e stendi la mano. » Fece una pausa, roteando gli occhi mentre una risata abbandonava le sue labbra. « La sorpresa non è una parte del mio corpo, tranquilla. » Accertatosi quindi che la mora stesse rispettando il patto, Albus si inginocchiò di fronte allo zaino, aprendo la zip per ricercarvi all'interno un libro in particolare. Lo aprì, estraendone ciò che vi aveva riposto al sicuro tra la copertina e la prima pagina. A quel punto, rimesso tutto il resto a posto e chiuso lo zaino, si alzò di nuovo, ponendo la sorpresa nelle mani di Mun. Si trattava di un paio di fogli ripiegati, una sorta di ricevuta-promemoria dall'agenzia di viaggi di Godric's Hollow riportante date, itinerario e alloggio. Una vacanza di una settimana, a Luglio, per tutta la famiglia. Destinazione Positano. Seppure fosse in fibrillazione, le lasciò il tempo di aprire gli occhi, leggere e realizzare prima di parlare nuovamente. « Ho chiesto consiglio ad Esme. Mi ha detto che la Costiera Amalfitana è bellissima e mi ha consigliato anche diversi luoghi da visitare. Ci ha anche invitati ad andarla a trovare, sai..prendendo una macchina o con qualche passaporta nelle vicinanze. La signora dell'agenzia mi ha dato un sacco di informazioni a riguardo. » Che fosse eccitato, era evidente. « Il mare è bellissimo. E stavo pensando che Jay e Lily non l'hanno mai visto. Pensa a quanto si divertirebbero. Poi ho visto anche le foto della città e, Mun, te lo dico, è un gioiellino. Ci divertiremo un sacco tutti e quattro. » Nell'organizzare quel viaggio, prenotare ed effettuare l'acquisto, Albus non aveva avuto alcun dubbio sul fatto che Mun l'avrebbe apprezzato. Tuttavia ora, nel momento di presentarle quel regalo, il dubbio cominciò a insinuarsi tra i suoi pensieri. Oddio e se non le piace? Se se la prende perché non l'ho consultata? Cioè, immagino si possa disdire tutto, però.. E infatti gli occhi del ragazzo andarono subito alla ricerca di una conferma nello sguardo di lei. « Allora? Ti piace? »

     
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    Provò una sorta di smarrimento, Mun, man mano che metabolizzava la reazione iniziale di Albus di fronte a quella sua esplicita richiesta. Di punto in bianco era diventata impaziente e approssimativa; sulla scia dello slancio della sera precedente, aveva immaginato che qualunque argomento sarebbe stato più facile da affrontare. Che Mun volesse ancora parlarne, era ovvio, ma ora si sentiva stupida, come se avesse affrettato qualcosa che effettivamente non la riguardava del tutto. Deglutì e lo osservò con cautela. « Però non dobbiamo parlarne per forza, davvero amore.. non volevo.. metterti in difficoltà.. » ..o forzarti. Ma cosa mi è passato per la testa. Era sempre stata estremamente discreta in merito alla questione Jay, per paura di risultare invadente. Persino quando ne avevano parlato la prima volta, Mun ci aveva rimuginato per settimane prima di intavolare il discorso. « Sì..cioè, in realtà è dal Redrum che stavo pensando a come chiedertelo. Ammetto che mi hai preso un po' in contropiede. Cioè, le carte le ho già ordinate, ma volevo organizzare qualcosa per farti una sorpresa. » Abbassò istintivamente lo sguardo, sospirando. Si sentì estremamente sciocca in quel momento, come se gli avesse tolto davvero un'opportunità più unica che rara. Il plico che le allungò recava già il timbro ministeriale e nello stesso momento in cui le sue dita ne tastarono la consistenza, i suoi occhi si riempirono di lacrime. « La mia firma ci sta già. Sorpresa! » Quando Albus e Mun avevano litigato, quei documenti erano agli sgoccioli. Mun si era impegnata per mesi affinché ogni cavillo possibile fosse spazzato via dal range delle possibilità che potessero renderle quella procedura ostica. Ne avevano parlato poco dopo il fidanzamento e da allora, per la giovane Carrow era stato un side-job a tutti gli effetti. L'ufficio anagrafe era piuttosto scrupoloso in quei casi, specie quando, si aveva a che fare con una coppia non sposata, residenti per giunta in uno stato estero. La situazione di Mun era stata piuttosto in bilico per parecchio; studentessa, con una figlia a carico, e un corredo genetico che sembrava aver destato una certa antipatia alla consulente incaricata del suo caso, aveva dovuto attendere per più di cinque mesi prima di vedersi recapitare il modulo ufficiale di adozione. La signora Stewart le aveva chiesto documentazioni di ogni sorta; regimi patrimoniali presunti ed effettivi di tutta la sua famiglia, aveva richiesto una valutazione psicologica - prassi che, per qualche motivo si era prolungata unicamente perché, aveva scoperto in seguito - Mun -, la sua famiglia, all'anagrafe Magonò, aveva un passato travagliato con Abraxis Carrow, il quale, avrebbe torturato la madre della Stewart, per estorcerle informazioni su altri Magonò e Nati Babbani, sottoposti al programma protezione testimoni. Alla fine, per conto suo aveva dovuto intercedere Harry Potter in persona, facendosi un'evidente conversazione molto suggestiva con la signora Stewart. Dopo mesi di attesa, quei documenti - gli stessi che ora estrae dalla busta che Albus le ha consegnato - erano arrivati, e Mun era crollata in lacrime allo stesso modo in cui scoppiò a piangere in quel momento. Lo stesso sollievo di allora, tornò a rivisitarla ora, non appena le sue dita carezzarono la firma in tripla copia del suo amato. Doveva essere estremamente facile, per la maggior parte delle persone, dimenticare quanto Mun amasse i suoi bambini, considerata la sua personalità egoista e dispettosa. In molti si saranno chiesti, molte volte, come fosse possibile che proprio una come lei, avesse deciso di avere un figlio, e per giunta, così presto. La verità è che in fin dei conti, tanto Jay quanto Lily, hanno dato uno scopo ad Albus e Mun, qualcosa che, la piccola Carrow non ha mai pensato nemmeno di desiderare. E per questo motivo, Mun non disse nient'altro; saltò giù dal bancone e abbracciò il suo amato con tutte le sue forze, come se avesse perso la capacità di respirare, e lui le avesse consentito nuovamente di percepirne la sensazione. Non c'erano sorprese o grandi atti che reggessero di fronte alla consapevolezza di sapere che erano ancora sulla stessa barca; che quella famiglia, era davvero una famiglia, e lo sarebbero stati ancora di più e agli occhi di tutti, non appena il nuovo certificato di Jay, sarebbe stato loro spedito dall'ufficio anagrafe. Dopo tutte le vicissitudini, e le interviste, i servizi sociali e gli psicologi, dopo aver quasi rischiato di perdere davvero i loro bambini e anche loro stessi, Albus e Mun era tornati sulla giusta strada. « Va tutto bene. » Gli circonda il viso e strofina il nasino contro la sua barbetta incolta. Non più una promessa, ma un dato di fatto. « Mi hai preparato la colazione! Era deliziosa! » E dietro quelle semplici parole, espresse con dolcezza e ingenuità si nascondeva un mondo di significati. Perché per quanto Mun amasse i grandi gesti e le manifestazioni sfarzose, la verità è che quella loro intimità era la dimensione perfetta in cui progettare e sognare il gigante futuro colmo di gratificazioni e obiettivi da raggiungere che li aspettava. Ed io sono pronta. Con te, sono pronta a tutto.

    La mattina del quindici giugno era risultata decisamente stancate. Brandon Frawley l'aveva coinvolta nell'organizzazione del Pride londinese, non solo perché aveva definito Mun una nazista degli eventi, ma anche perché, la loro ormai lunga collaborazione alla Gringott, era sfociata in una forte amicizia. Nonostante il suo presentarsi con il giovane finanziere al Suspiria, aveva decretato la fine del suo fidanzamento, Mun non aveva mai smesso di sentirlo, e lavorare al suo fianco, le aveva aperto una nuova serie di prospettive, tra cui appunto il coinvolgimento in sempre più campagne sociali che supportava in qualunque modo le fosse possibile. Seppure il lavoro alla Gringott era saltuario e spesso inconcludente - una questione quella rimasta in sospeso che avrebbe rimesso in gioco prima o poi - la finestra alternativa che le si era spalancata davati, si era dimostrata assai interessante. Dopo una mattinata di incontri con personalità decisamente sopra le righe, si erano concessi di pranzare insieme a Lily in un piccolo ristorantino nei pressi di Cambridge, di cui Mun conosceva i proprietari. La bambina infatti, li aveva assistiti per tutta la mattinata, e né Mun aveva sentito la pressione di portarsi appresso un bimba curiosa in mezzo a quelle persone, né Lily sembrava disdegnare così tante attenzioni e posti nuovi da esplorare. « E' oltraggioso! Non hai neanche idea di quanto ho speso per rimettere a nuovo quel vestito, e ora.. il titolo lo daranno a Elizabeth Branwell! » Ovviamente Brandon non aveva la più pallida idea di chi fosse Betty, ma il modo in cui Mun aveva pronunciato il suo nome, rendeva chiaro il concetto: è il nemico. La concorrenza. « Non solo è tutto basato su concorrenza sleale, ma si tratta anche del'ex di Albus. Oltre il danno pure la beffa! » Ma il biondo, evidentemente ormai sapeva come prendere la giovane Carrow, tant'è che toltale il cellulare dalle mani e posato sul tavolo al rovescio, continuò a giocherellare con Lily seduta nel suo seggiolino, facendole diverse facce buffe di fronte alle quali la bambina continuava a ridere esilarata. « Hai speso per il vestito di un ballo studentesco? Mun, tesoro.. sei sicura di avere chiare le tue priorità? » In occasioni differenti, Mun si sarebbe risentita di fronte a quella critica, ma conoscendo la persona da cui arrivava, aveva una ratio ben specifica che le venne infatti spiegata poco dopo. « Senza contare che potresti indossare anche un vestito del mercatino delle pulci e saresti comunque superlativa, ma poi.. tutta questa enfasi? Per un ballo della scuola? » Mun scuote la testa, volta lo sguardo verso Lily e le accarezza dolcemente i capelli. « E' una cosa speciale.. non mi aspetto che qualcuno capisca, davvero. Però.. io e Albus abbiamo parlato spesso dei balli - mi sarebbe piaciuto tanto andarci ad uno insieme a lui e fino ad ora, sembrava che quell'opportunità non sarebbe mai arrivata. Nel corso dei tempi, abbiamo parlato spesso di tutte le occasioni mancante - quando eravamo a scuola ci ignoravamo oppure.. litigavamo. » « E questa è l'essenza delle grandi storie d'amore. Siete un maledetto cliché.. vi odio! » Mun scoppia a ridere. « Però è vero; abbiamo perso un sacco di occasioni - io ed Albus. Stiamo facendo un po' tutto al contrario.. è stupido, però voglio davvero che questa sia la nostra occasione. » Fa una leggera pausa tempo in cui solletica appena il braccino della sua piccola. « E infatti non ci ho speso perché non avevo niente da mettere. E' che.. siamo sempre stati quelli sventurati. Oh poverini, hanno ben due figli a diciotto anni. Oh poverini il loro matrimonio è andato in fumo. Oh poverini.. » Solleva un sopracciglio e lo osserva con un'espressione eloquente, prima di afferrare il suo cellulare, scorrendo nella galleria fino a una foto specifica. « Questo è quel vestito. Ed io intendo indossarlo perché è giunto il momrnto di sfatare un po' di miti. Io e Albus non siamo due poverini, né due persone da evitare, né abbiamo fatto nulla di anormale o eclatante. Forse la nostra storia è un po' movimentata, sì, però ad essere onesta sono un po' stanca di vedermi bersagliare senza reagire. Io e lui stiamo andando alla grande ed io sono orgogliosa di noi! » Un discorso quello che andava al di là di un matrimonio cancellato a causa di una app. « Girl power e all you need is love. » Scoppiarono entrambi a ridere, mentre, osservato un'altra volta il vestito, Brandon torna a guardarla. « Sai Mun, credo proprio che questa gioia crescerà un sacco bene - è vero; state andando bene! Non vedo l'ora di vedere il tuo manifesto dal vivo! Chissà, forse convincerò anche Michael a votare.. » [...] E' con lo stesso spirito che Mun osserva se stessa allo specchio; un incantesimo illusorio, disegna sopra la sua figura il vestito che ogni giorno prende forma sempre di più. Non riesce nemmeno a concepire l'idea che la corona non le verrà consegnata a priori e non capisce fino in fondo come mai Albus non è in grado di capire che quella è una grossa ingiustizia. Ad un certo punto, giunte a casa, si era sfogata persino con Lily mentre la faceva giocare in giardino. Ovviamente la bambina non era stata di grande supporto, ma era stata di certo in grado di distrarla oltremondo dal tradimento subito specie da parte di Malia. Alla fine, quando la bambina si era addormentata, tra i messaggi col suo ragazzo e i teneri sbadigli della piccola, Mun aveva deciso si spegnere temporaneamente il cellulare, anche solo per evitare di vedere altre foto di Aidan Joyce sulla propria bacheca. « Amore, eccomi! » Agita velocemente la bacchetta per far scomparire l'illusione sullo specchio, voltandosi verso la porta con uno sguardo ancora un po' contrariato e deluso. L'abbraccio di lui la porta a posare la testa contro il suo petto, afferrando la sua mano e baciandone le nocche una ad una. « Senti..prima di preparare il bagno e scolarci una bottiglia di vino..vieni al piano di sotto con me? Voglio farti vedere la sorpresa di cui ti parlavo. » « Quindi non dicevi tanto per dire? » Dopo aver usato persino sua figlia per scoprire quale fosse la fantomatica sorpresa di cui parlava, Mun era giunta alla conclusione che Albus voleva solo distrarla in attesa del suo rientro. Lo segue di sotto, saltandogli sulle spalle afferrando al volo il baby-monitor rimasto sul letto. « Ok, chiudi gli occhi e stendi la mano. » Lei scoppiò a ridere sollevando un sopracciglio, ma poi gli occhi li chiuse per davvero restando in attesa. « La sorpresa non è una parte del mio corpo, tranquilla. » Un sospiro pesante contrassegnò un palese verso di delusione. « Stavo giusto pensando che alcune parti del tuo corpo sono sempre una sorpresa ma.. peggio per te. » Asserisce stringendosi nelle spalle con aria dispettosa. Ciò che si ritrovò sotto gli occhi erano dei fogli recanti i loro nomi e quelli dei bambini. Biglietti aerei e prenotazioni per.. « Italia? » Chiede sgranando gli occhi incredula. « Ho chiesto consiglio ad Esme. Mi ha detto che la Costiera Amalfitana è bellissima e mi ha consigliato anche diversi luoghi da visitare. Ci ha anche invitati ad andarla a trovare, sai..prendendo una macchina o con qualche passaporta nelle vicinanze. La signora dell'agenzia mi ha dato un sacco di informazioni a riguardo. Il mare è bellissimo. E stavo pensando che Jay e Lily non l'hanno mai visto. Pensa a quanto si divertirebbero. Poi ho visto anche le foto della città e, Mun, te lo dico, è un gioiellino. Ci divertiremo un sacco tutti e quattro. » Mun resta di sasso. Che non se lo aspettasse minimamente è evidente man mano scorre i fogli coi vari dettagli, l'itinerario scelto e le varie prenotazioni. « Allora? Ti piace? » « Andiamo in Italia! » Sembra stia ancora metabolizzando la cosa, man mano che un sorriso elettrizzato si allarga sulle sue labbra. « OMMIODDIO ANDIAMO IN ITALIA! AAAAAAAAAA! » Saltella Mun abbandonando i fogli sul bancone della cucina prima di gettargli le braccia al collo abbandonandosi a una serie di risate interrotte da diversi baci che sparge su tutto il suo viso, stampandogliene diversi sulle labbra. « Oddio sarà bellissimo! Devo iniziare a pensare ai bagagli. E comprare i costumi! Cioè andiamo al mare in Italia! CON I BAMBINI! » Sbatte i piedi di fronte a lui colta da un'eccesso di eccitazione, mentre osserva ogni angolo della casa presa dalle stesse emozioni esplosive dei bambini iperattivi. E infine sospira, pensierosa; l'energia in eccesso si dipana e resta solo la felicità. « Finalmente il mio passaporto servirà a qualcosa.. Wow! » Si stringe nelle spalle mentre deglutisce. E' assurdo che Albus e Mun non si sono mai concessi una vacanza. La loro prima estate insieme è stata segnata da scogli quasi insormontabili. Hanno passato i mesi più caldi dell'anno tra negozi abbandonati alla ricerca di vitamine, vestitini e biberon. La seconda è iniziata con un rapimento ed è culminata con la loro separazione. « Quest'estate sarà bellissima! No.. ma cosa dico - sarà perfetta! Non accetterò nemmeno un capello fuori posto nelle foto ricordo.. » Circonda di conseguenza il suo viso, sistemandogli una ciocca di capelli color grano dietro l'orecchio. « Hai fatto una cosa.. immensa, lo sai vero? » Non solo era la prima volta che partivano tutti insieme con una famiglia, ma era ancora la prima volta che Mun si lasciava alle spalle l'Inghilterra. Sei vergognò anche di ammettere che, a vent'anni, non aveva la più pallida idea di come fosse salire su un aereo.

    A pochi giorni dal ballo e con un esame da finire di preparare, Mun si era pressoché chiusa in casa a studiare, dedicando in quella maniera più tempo anche ai bambini. Quando Albus le aveva scritto per dirle che si sarebbe fermato a Hogsmeade per vedersi con la sorella, Mun aveva semplicemente deciso di passare il tempo studiando fino a tardi, in attesa del suo rientro. Messi i bambini a letto - un'operazione che quella sera si era dimostrata un'impresa da titani, con tanto di piagnistei da parte di Jay che voleva restare sveglio fino a tardi - era affondata tra i cuscini del divano esausta. Era giunto nella vita del biondino la prima tappa verso la strada della ribellione; quella in cui è troppo grande per andare a dormire alle nove, secondo il coprifuoco, e in cui vuole aspettare il suo papà sveglio. Non da meno era stata la cena; Albus era decisamente più bravo a persuadere la sua indole sul fronte verdure, e per quanto Mun si ingegnasse a tentare di trovare modi sempre fantasiosi per fargliele mangiare, diventando persino decisamente brava a indorare la pillola del piccolo Potter, c'erano giorni in cui non c'era niente da fare, e allora si passava alle minacce. Papà si arrabbia. Domani non andiamo al parco. Sabato non vai da Daniel. Dopo, il dolce non lo vedi. Era difficile per Mun imporsi con Jay; non ne aveva il cuore, e forse, non aveva nemmeno il polso per farlo. Fosse stato per lei, Jay avrebbe dovuto avere tutto ciò che voleva, ma, una parte di lei era cosciente del fatto che in quel modo non avrebbe fatto il suo bene. Quelle intime liti tra i due, non facevano altro che rendere il loro processo di adattamento l'uno con l'altra più semplice, e quella sera Mun si impose per davvero, senza usare i soliti avvertimenti alla papà si arrabbia. Alla fine il piccolo Potter si era beccato uno smacco non da poco; niente figurine dei dinosauri per una settimana. Una sconfitta che di certo non lo aveva reso più trattabile, ma aveva sortito l'effetto sperato, e Jay aveva mangiato le sue verdure, per paura che il tempo della punizione venisse raddoppiato. Ad un certo punto, poco prima di mezzanotte le erano giunti una serie di messaggi vocali da parte di Albus che l'avevano completamente distratta dallo studio, e dopo essersi accertata delle sue condizioni, gli aveva chiesto di restare lì, perché sarebbe venuta a prenderlo. Il resto è storia. Mun non aveva potuto fare altro se non suonare al campanello più improbabile sulla faccia della terra, per poi salire in macchina colta da un senso di serenità nell'immettersi sulla strada deserta verso Hogsmeade. L'aveva percorsa migliaia di volte da quando viveva a Inverness, ma quella sembrava una serata estiva talmente piacevole, che perdersela sarebbe stato imperdonabile. Pensò anche che, ad Albus avrebbe fatto bene un po' d'aria fresca e in fondo, anche lei ne aveva bisogno dopo tutte quelle ore stipata sui libri. Giunta di fronte alla casetta, si ritrovò Albus e Olympia seduti sulle scalette del porticato. Suonò il clacson una volta e li salutò con un sorriso divertito. « Ooooh, quindi è finalmente arrivato il momento in cui sono io a portarti a casa. » Sembravano piuttosto allucinati i due fratelli, per questo decise di non infierire più di tanto. « Su, Olympia.. ti do un passaggio. » Con quest'aria, minimo finisci nel primo tombino utile. Saliti a bordo, non poté fare a meno di percepire un certo umorismo di fondo in tutta quella situazione. Una Carrow che salva non uno, ma ben due Potter dall'ignoto spazio profondo del tunnel dell'erba allegra. « Mi avete lasciato qualche brownie? » Nessuna risposta immediata. Mun mise in moto e percorse lentamente le stradine di Hogsmeade cercando di ricordarsi con precisione quale fosse il palazzo di Olympia. « Mun sono tanto felice che fai parte della famiglia, sai? » Così. Mun osserva con la coda dell'occhio Albus, prima di gettare lo sguardo nello specchietto retrovisore per sorridere alla rossa. « E sono tanto contenta che avete fatto pace. Albus mi ha detto.. che avete un sacco di piani.. che belli i piani. » Per un istante Mun si volta un po' perplessa in direzione di Albus osservandolo con fare interrogativo. « Ti ha raccontato della vacanza? » « Si si.. la vacanza.. dov'è che dicevi che andate? » Andarono avanti così per un po' finché Mun non accostò sotto il palazzo di Olympia. « Ce la fai, sì? » Lasciò scendere la rossa, aspettando di vedere le luci accese nel suo appartamento. Chiese conferma chiamandola e a quel punto stampò un bacio sulla guancia di Albus pizzicandogli appena il mento. « Guarda come sei carino quando non capisci niente! » Ripartono così rimettendosi in moto verso casa. « Allora vi siete divertiti? Hai già mangiato? Perché.. io ho comunque uno spuntino per te. » Premette sullo sportello del cruscotto solo per lasciar intravvedere al ragazzo la busta di un famoso fast food di fronte al quale Mun si è fermata per ordinargli qualcosa prima di arrivare nella zona di Hogsmeade. Capisco, ma non condivido. « Allora racconta! Che cosa avete fatto? Mi sembrava un po' su di giri, non trovi? » Guidò in silenzio per un po', col solo sottofondo della radiolina, lasciandolo riprendersi con il finestrino abbassato e il vento tra i capelli. « Se ti dico chi c'è nel nostro salotto, la botta ti passa in un istante. » Beatrice Morgenstern era l'unico pronto intervento di cui potersi avvalere con così poco preavviso. Le aveva chiesto di scriverle semmai ci fossero stati problemi, ma conoscendo Lily, non si sarebbe svegliata salvo grandi imprevisti. Quanto a Jay.. era certa che Beatrice se la sarebbe cavata. Ci è riuscito pure Percy! Al massimo questa volta invece di imparare gli scacchi impara la differenza tra un coltello e un.. Si fermò improvvisamente scuotendo la testa. Non voleva pensarci. Decise piuttosto di accelerare per arrivare a casa nel minor tempo possibile. « Che ipocrita, signor Potter! Dirmi che non posso avere le pozioncine strane per poi ridurti in questa maniera. » Era solo erba allegra, ma Mun sembrava sguazzarci sin troppo in quella situazione. Allungò una mano per accarezzargli la guancia, mantenendo gli occhi sulla strada. « Hai perso tutta la tua credibilità. Credo proprio che ti declasserò. » Scoppiò a ridere gettando lo sguardo alla loro destra, là dove Cherry Island si ergeva in tutta la sua bellezza. Un sogno e un incubo che sembrava destinata a rivedere ogni qual volta ripercorresse quel pezzo di strada.

     
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    Ricordare l'ultima volta in cui aveva lasciato un po' la presa sul proprio autocontrollo sembrava riesumare memorie di un'altra persona. La festa dei ribelli. Se la ricordava ancora, anche se in maniera sconnessa. Dopo mesi di lockdown, lui e tanti altri si erano lasciati completamente andare, alzando il gomito e assumendo qualche sostanza che potesse togliergli dal circolo tutto quel dolore e quello stress che avevano accumulato. Albus, lì, aveva solo desiderato essere ancora un diciannovenne: uno che esce il sabato sera e fa una stronzata senza doversi preoccupare chissà quanto delle conseguenze. Ora, però, le cose erano cambiate. Staccare la spina con Olympia non era stata una necessità dettata da un periodo troppo tragico, quanto piuttosto una semplice maniera per riconnettere come ai vecchi tempi. Uno strappo alla regola. E quella regola, i due Potter, sembravano averla strappata sul serio, dato che si trovarono accasciati sui gradini di casa, in botta persa, a fissare i lampioni come fossero luci divine mentre aspettavano l'arrivo di una provvidenziale Mun. Fu proprio il rumore del suo clacson a farlo sobbalzare. Strinse gli occhi arrossati in direzione della vettura, srotolando poi un sorriso a trentadue denti quando vi individuò Mun all'interno. « Eccola! » sussurrò, biascicando, alla sorella, come se le stesse comunicando chissà quale segreto di stato. « Ooooh, quindi è finalmente arrivato il momento in cui sono io a portarti a casa. » Si lasciò cadere sul sedile accanto a Mun con uno sbuffo, sbattendo involontariamente la portiera con un po' troppa forza. « Non ti ci abituare. » disse quindi, fissandola con fare allucinato per diversi secondi dopo la fine della frase. Poi, di botto, si voltò dall'altro lato per far scendere il finestrino, appoggiare il braccio sul bordo e la testa sul braccio. A quel punto chiuse gli occhi per un po', senza prestare troppa attenzione alle chiacchiere che le due ragazze si rivolgevano, ma tutto concentrato a percepire il venticello fresco sul proprio viso e tra i capelli. Una sensazione dolce e gradita, a cui si abbandonò fin quando non sentì i movimenti goffi di sua sorella che cercava di uscire dalla macchina. « LYMPY! » Urlò, stendendo le braccia fuori dal finestrino come un bimbo che vuole essere preso in braccio dalla mamma. « Vieni qua, Lympy! » Quando lei fu abbastanza vicina, la abbracciò forte, scoccandole alcuni baci sulle guance e sulla fronte. « Grazie, Lympy. Ti voglio un sacco bene. Lo sai vero? Un sacco un sacco bene. Buonanotte eh. » E così la lasciò andare, sventolando vigorosamente la mano a mo' di saluto finché lei non ebbe varcato la soglia di casa. « Guarda come sei carino quando non capisci niente! » Aggrottò la fronte, contrito pur se non serio. « Guarda che io capisco tutto eh. Sto benissimo. » Na favola, na crema, sto a cavallo. Potrei stupeficiare quel piccione lì nel vicolo a questa distanza e ci prenderei benissimo. Fece per cercare le sigarette nel giacchetto di pelle, ma lasciò perdere, ragionando sul fatto che probabilmente gli sarebbe girata la testa. « Allora vi siete divertiti? Hai già mangiato? Perché.. io ho comunque uno spuntino per te. » I suoi occhi, a quelle parole, si illuminarono in un moto di pura gioia. Afferrò ferocemente il pacchetto da lei scoperto, prendendo il paninozzo unto tra le mani come fosse il santo Graal e dandogli un morso che ne staccò via circa la meta. Nel masticare, si voltò a guardare Mun con le lacrime agli occhi, bofonchiando a bocca piena un « Ti amo tantissimo. » strozzato. Ci voleva poco a far felice Albus Potter: datagli il cibo e vi sarà per sempre fedele. « Allora racconta! Che cosa avete fatto? Mi sembrava un po' su di giri, non trovi? » « Mmh.. » cominciò, alzando tuttavia una mano come a chiederle il tempo di ingoiare il boccone prima di rispondere. « E' stato bellissimo. » Sospirò, appoggiando la testa al cuscinetto dello schienale con aria sognante. « Abbiamo parlaaato...abbiamo bevuto il tèèè...abbiamo mangiato i brownieeees.. » disse, contando sulle dita di una mano. « ..abbiamo riso un saaaacco. Dovevi esserci, ti saresti divertita. » Fece una pausa, pulendosi velocemente le mani su un fazzolettino per cercare quella di lei e dondolarla appena. « Mi sei mancata. » E con quell'effusione, tornò poi a divorare tutto il contenuto della busta, spazzolandolo in tempo record prima di tornare ad appoggiare braccio e testa sul finestrino abbassato. « Se ti dico chi c'è nel nostro salotto, la botta ti passa in un istante. » Non sembrò capire veramente quelle parole, e quindi le lasciò cadere con un mugolio d'assenso. Non si preoccupava di chi fosse nel suo salotto in quel momento, forse perché una parte di lui dava per scontato che fossero i suoi bambini, eludendo del tutto la domanda riguardo a chi li stesse guardando al posto loro. Sono con Mun i bambini. La stessa Mun che stava lì. Senza bambini. « A casa ce le abbiamo ancora quelle pozioncine per smaltire? Non che mi servano eh. Sono sobrissimo. Per sapere perché.. » Perchè? « ..volevo farmi una lista delle pozioni che abbiamo. Sai. Per sicurezza. » Sghignazzò. Eheh sono un genio. Gliel'ho fatta sicuro. « Che ipocrita, signor Potter! Dirmi che non posso avere le pozioncine strane per poi ridurti in questa maniera. Hai perso tutta la tua credibilità. Credo proprio che ti declasserò. » Mugugnò infastidito a questa mancanza di fiducia nella sua sobrietà. « Sei una bigotta. Come quando ti ho fatto fare un tiro e mi hai detto che ti avevo drogata. Guarda che è tutta roba naturale, eh, mica fa male. E infatti lo puoi vedere che sono sobrio e capisco tutto. » Annuì, concordando con le proprie stesse parole. « Non giudicarmi perché sono felice, ok? » Rimase in silenzio per qualche minuto prima di chinarsi in direzione di lei, stampandole un bacio sulla tempia, uno sulla guancia e uno sulla spalla mentre gli occhi gli si cominciavano a riempire di lacrime. Così. Senza senso. « Sono tanto felice, va bene? Avremo un altro bambino - tranquilla, non l'ho detto a Olympia -, il Midsummer sarà bellissimo, a Luglio andremo in vacanza in Italia e poi..e poi tutto il resto. Ho una famiglia bellissima con dei bambini bellissimi e una ragazza bellissima che amo tanto e che mi ama tanto. Sono proprio felice, ok? Tu non sei felice? Non ti far impietosire dal fatto che sto piangendo, se non sei felice dimmelo pure, eh, non ci rimango male. Cioè sì, ti chiederei di fermare la macchina e lasciarmi morire per strada, però non te lo farei pesare. »

    22 Giugno
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    La mattina successiva al Midsummer, Albus e Mun si erano potuti concedere il lusso di svegliarsi addirittura alle dieci di mattina. Il loro orologio biologico, ormai tarato su orari ben più albeggianti, non sembrava volergli concedere di più. Quando gli occhi ancora leggermente incollati dal sonno del ragazzo incontrarono quelli della mora, le sue labbra si stirarono in un sorriso felice. « Buongiorno. » disse leggero, pur con la voce un po' impastata, stiracchiandosi e facendosi più vicino a lei nel letto. Nel silenzio di quella mattina senza Jay e Lily, Albus cercò la mano di Mun, alzandola per far brillare le pietre dell'anello sotto i raggi del sole che filtravano dalle tapparelle. Non c'era alcuna fretta: nonna Molly avrebbe riportato i bambini verso l'ora di pranzo, dandogli tutto il tempo di fare colazione e riprendersi dalla serata appena trascorsa. Probabilmente non avrebbero nemmeno dovuto cucinare, dato che con ogni probabilità la signora Weasley avrebbe portato un bel tegame di qualche leccornia preparata appositamente. Sospirò, portando la mano di lei a contatto con le proprie labbra prima di avvicinarsi ulteriormente per avvolgere la ragazza in un abbraccio. « Secondo te a mezzogiorno ci troveremo mezza famiglia alla porta? » Ridacchiò, indicando con un'occhiata l'anello come a farle intuire di cosa stesse parlando. Avranno un sacco di domande e tirate d'orecchio da farmi. E' già la seconda volta che me ne esco con una proposta nell'ignoranza generale della mia famiglia...beh...questa volta senza contare Olympia. Le accarezzò la spalla con la punta delle dita, poggiando un bacio leggero sul suo collo. « Io non ho voglia di alzarmi.. » fece una pausa « ..non ancora. » Per una volta che possiamo starcene a letto e non fare nulla, vorrei cogliere quest'occasione. Non che avesse chissà quali intenzioni assurde: semplicemente voleva godersi quel momento di pace e silenzio unico nel suo genere. Non sapeva quando gli sarebbe nuovamente capitata un'occasione simile a tiro, e di certo non voleva farsela scappare. « Quando ero al pozzo.. » disse dopo un po', cominciando a giocherellare con la mano di lei, intrecciandovi le dita « ..non ti ho voluto dire il mio desiderio perché non volevo rovinarti la sorpresa. Ma ciò che ho desiderato è che tu avessi il matrimonio che hai sempre sognato. » Si fermò, posando lo sguardo negli occhi di lei con aria tanto ferma quanto dolce. « Lo so che ci hai messo tanto cuore..nell'altro, ma mi piacerebbe fare ancora di meglio. Lo voglio perfetto. » Sospirò, accomodando la testa sul palmo della mano, col gomito puntato sul cuscino. « Descrivimelo. » disse, con un sorriso felice in volto. « Voglio conoscere i sogni più sfrenati di Amunet Carrow. » Voglio proprio lo schiaffo alla miseria.

     
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    « Non giudicarmi perché sono felice, ok? Sono tanto felice, va bene? Avremo un altro bambino - tranquilla, non l'ho detto a Olympia -, il Midsummer sarà bellissimo, a Luglio andremo in vacanza in Italia e poi..e poi tutto il resto. Ho una famiglia bellissima con dei bambini bellissimi e una ragazza bellissima che amo tanto e che mi ama tanto. Sono proprio felice, ok? Tu non sei felice? Non ti far impietosire dal fatto che sto piangendo, se non sei felice dimmelo pure, eh, non ci rimango male. Cioè sì, ti chiederei di fermare la macchina e lasciarmi morire per strada, però non te lo farei pesare. » A conti fatti, quell'episodio aveva assunto connotati ben diversi nella mente di Amunet Carrow; non sospettava allora che il suo ragazzo stava pianificando la miglior proposta di matrimonio di sempre, tutt'al più poteva immaginare che le sue parole erano dettate unicamente da un dose un po' troppo elevata di thc in circolo. Vorrei poter mantenere questo ricordo intatto per sempre. Vorrei che tu potessi vederti esattamente come ti vedo io adesso. Sei così dolce che mi uccidi. Un attacco quasi diabetico, che la obbligò a ridurre la velocità fino al punto di fermare la macchina. Non spense il motore ma, restò lì a osservarlo per qualche istante. Attese che finisse di mangiare strofinando poi il nasino contro la sua guancia, circondandogli teneramente le spalle in un abbraccio goffo, costretto dalla cintura di sicurezza che la inchiodava al sedile del guidatore. « Sei la cosa migliore che potesse capitarmi.. e sei bellissimo. » Gli stampò un bacio sulla tempia, carezzandogli dolcemente le nocche. « ..e sono anche tanto tanto felice. Felicissima. » Pausa. « Ma.. ti dirò di più appena arriviamo a casa. Se la compagnia dorme sogni tranquilli, saremmo ancora più felici. » E visto che sei sobrio.. beh.. chissà com'è questa tua sobrietà. [...] A giorni di distanza quella felicità sembrava solo essersi amplificata. La mattina successiva al Midsummer, la giovane Carrow aprì gli occhi con pigrizia, osservando i raggi del sole filtrare dalle ampie finestra in un intriseco stato di euforia. L'eccitazione della notte precedente non sembrava voler andare via, seppur sapesse che in un modo o nell'altro dovevano tornare alla normalità. « 'Giorno! » Farfugliò facendosi più vicina nel torpore mattutino. Osservò assieme al ragazzo l'anello di fidanzamento, lasciandosi pervadere ancora una volta dalla gioia inestimabile di quella visione. Sin da quando Albus aveva fatto scivolare il primo gioiello sul proprio dito, si era sentita cogliere da una sensazione davvero strana, qualcosa che non aveva mai provato prima di allora. Se possibile, quel senso di appartenenza rispetto al ragazzo era stato ulteriormente amplificato dalla notte speciale che avevano trascorso assieme. « Mi piace tantissimo! » Disse improvvisamente osservandolo con un senso di orgoglio e trionfale gioia. « E' perfetto, davvero. » Volse lo sguardo verso l'alto e assottigliò lo sguardo rivolgendogli poi un sorriso colmo di finto sospetto. « Quanto hai fatto patire il povero gioielliere? » Se conosceva il giovane Potter, probabilmente aveva misurato e soppesato per diverso tempo le troppe opzioni che un qualunque gioielliere che si rispetta gli avrà presentato. Albus non è un tipo da shopping; non è mai riuscito a trascinarlo in giro per i negozi se non per comprare vestiti e giocattoli per bambini. Quando si trattava di se stesso, il ragazzo tendeva a scegliere le prime cose più semplici che gli capitassero a tiro, sottraendosi alla lenta discesa negli inferi delle differenze tra i materiali matte e satinati. Non doveva essere poi molto diverso per qualunque altra cosa che avesse a che fare con il couture, eppure, in quell'occasione era stato davvero bravo. « Albus Potter in una gioielleria di lusso. Uno spettacolo che non avrei dovuto perdermi. » Resta lì a roteare la mano sotto i raggi del sole, osservando l'anello con un senso di immensa fascinazione. E' chiaro che non si è ancora abituata a quella visione. « La fattura è magnifica. Forse dovremmo commissionargli anche le fedi. Questo tipo sa il fatto suo.. » E lì si schiarisce la voce e sospira. « Non abbiamo mai ritirato quelle vecchie. Probabile che le abbiano già vendute. » E ti credo! Erano così di classe che avrebbero fatto gola a chiunque. Mun aveva scelto bene l'ultima volta, ma nonostante ciò, in quel momento non sembrò provare particolare amarezza nel parlarne con una tale leggerezza. « Secondo te a mezzogiorno ci troveremo mezza famiglia alla porta? » Istintivamente posò la tempia contro la sua spalla, voltandosi a fissare il soffitto. « Non ti lamentare. L'altra faccia della medaglia.. » La mia famiglia. « ..è moooolto peggio. Preferisci mia nonna che si presenta dopo mesi a rinfacciarti di non averla messa al corrente di niente? Pensi che Molly sia un incubo? Ancora non hai conosciuto Délphine. Lei è maligna. I pettegolezzi le arrivano in tempo reale, ma attende di proposito abbastanza da farti sentire in colpa perché non sei la sua priorità. Un incubo! Riesco quasi a immaginare cosa ha detto a mia madre la prima volta che è andata a trovarla in ospizio - Sagitta, ma chère, sei grassa. Tua figlia è incinta, tu che scusa hai? » Alzò gli occhi al cielo e gli rivolse uno sguardo esasperato. La mela non cade mai troppo lontana dall'albero. In questo senso spero quasi di aver preso da papà. Sospira a fondo e scuote la testa. Va beh lasciamo stare, i Carrow sono campo minato. Dove caschi, caschi male. Non protestò di fronte all'idea di poltrire a letto fino a tardi. Era piacevole restare lì e parlare, senza nessuna preoccupazione. Nessuno che urlasse, nessuno che piangesse, nessuno che saltasse sul letto. « Quando ero al pozzo.. non ti ho voluto dire il mio desiderio perché non volevo rovinarti la sorpresa. Ma ciò che ho desiderato è che tu avessi il matrimonio che hai sempre sognato. Lo so che ci hai messo tanto cuore..nell'altro, ma mi piacerebbe fare ancora di meglio. Lo voglio perfetto. Descrivimelo. Voglio conoscere i sogni più sfrenati di Amunet Carrow. » Sollevò entrambe le sopracciglia con fare sorpreso, mentre lo sguardo spiritato saettava in quello di lui. A quel punto si mise a sedere sospirando, colta completamente alla sprovvista. Gli accarezzò la guancia osservandolo con tenerezza; un amore che risultò sul momento talmente smisurato da non riuscire a essere contenuto in modo alcuno.
    Sapeva che prima o poi lei e Albus si sarebbero sposati, e sapeva che quella proposta sarebbe arrivata - almeno, quella consapevolezza era tornata a visitarla man mano che le cose tra loro erano decollate nuovamente. La delusione del precedente evento tuttavia, aveva messo completamente in pausa qualunque fantasticheria circa i festeggiamenti e l'aveva messa nella peculiare posizione di andare coi piedi di piombo circa qualunque cosa avesse a che fare con un possibile matrimonio. L'immagine del suo vestito distrutto continuava a provocarle un'immensa delusione; il dolore causato da quella perdita era il simbolo di tutto ciò che aveva perso ed era andato male nella sua vita nell'ultimo anno e mezzo. « Forse il problema è stato proprio questo. » Gli rivolge uno sguardo eloquente stringendosi nelle spalle. « Sono stata un po' egoista. Cioè, lo so che che quel giorno tutti gli occhi saranno sulla sposa - e guai se non sarà così, specie dopo che ho perso pure la corona del Midsummer per colpa di una delle mie papabili damigelle. » Ex damigella, se consideriamo che deve sempre rovinarmi anche il social engagement coi suoi commenti ironici. « ..però.. è il nostro matrimonio. » Compie una leggera pausa, tempo in cui si inumidisce le labbra. « Ieri sera si è chiuso il cerchio di quel 15 maggio. E davvero, non ne voglio più sapere niente.. a qualcuno lo farò ancora pesare, ovvio - specie perché non ho mai ricevuto delle scuse - però quel progetto è sepolto. » Si stringe nelle spalle e gli sorride, mentre prende a giocherellare con le sue dita sorridendo appena. Indugia per un po', tormentandosi l'unghia del pollice tra i denti, prima di continuare. « Ho buttato quel vecchio bozzetto. Era sbagliato. Mi sono ostinata a seguire i sogni della me quindicenne però.. sono cambiate così tante cose da allora. » Abbassa lo sguardo colta dall'improvvisa consapevolezza di volere davvero qualcosa di diverso. Quel desiderio è solo l'ennesimo coronamento della sua evoluzione, del suo lasciarsi alle spalle quel periodo a tratti buio, a tratti semplicemente infantile. « Quando sfogliavo quel bozzetto assieme alle mie amiche ero innamorata di Fred. Al contempo, la maggior parte delle persone puntava sul fatto che nonostante tutto avrei sposato qualcuno tra.. Nathan, Percival o Thomas.. insomma, uno tra i ragazzi » Accompagnò quel l'enigmatico tono con cui caricò l'ultima parte del discorso con un paio di metaforiche virgolette mimate dall'indice e medio. « E' così che doveva andare. » E' così che è sempre andata. « Credo anche che quel matrimonio, per quanto mio, seguiva molto quei criteri, quei canoni, quella mentalità, quello stile.. » E mentre enumera sulle dita tutto ciò che ha erroneamente pensato fosse farina del suo sacco, sembra addirittura infervorarsi. « Credo che sarebbe meglio affidarci a un esperto questa volta. Non dico che non lo metterò in croce, o che lascerò che decida le cose al mio posto.. ma vorrei una prospettiva differente. » Pausa. « Voglio un matrimonio nostro. Né dei Carrow, né dei Potter. Non voglio che tua nonna cucini, o che mia madre o mia nonna ficchino il naso nella lista dei nostri invitati. » Capisci cosa intendo? Che i loro parenti si sarebbero comunque intromessi era piuttosto scontato, ma Mun voleva che loro avessero comunque l'ultima parola, senza che nessuno tentasse di indirizzare l'evento in una direzione o in un altro. « Ieri al pozzo io ho desiderato solo una cosa: continuare a recuperare il tempo perso. Non che ne abbiamo perso davvero, però.. ecco.. questa cosa del ballo mi è piaciuta davvero tanto. » Pausa. « Avevo davvero tanta voglia di andare al ballo con te, Albus. Ed è stato davvero bellissimo, anche se non avevamo più sedici anni. Mi piace un sacco immaginare come saremmo stati in diversi momenti della nostra vita se solo.. » ..se solo i tempi fossero stati maturi. « Ecco, ciò che voglio dire è che come ieri avevo voglia di andare al ballo con te, e capire come io e te avremmo affrontato un banalissimo ballo scolastico, allo stesso modo ho voglia di sposarti e scoprire come io e te affronteremo questo matrimonio. Quante persone puoi dire che hanno avuto una seconda occasione su così tanti fronti pur avendo fatto un casino la prima volta? » Si sporge per stampargli un bacio sulle labbra e sospira rinvigorita da una nuova energia. « STIAMO PER SPOSARCI! » Prese così a riempirlo di baci, saltandogli addosso, tra versi di pura eccitazione infantile e risate. E non si alzarono dal letto finché un'orda di parenti non si presentò davvero alla loro porta.

    La mattina della partenza, Mun si era svegliata con largo anticipo; aveva ricontrollato i bagagli dei bambini e anche tutto l'occorrente per il tragitto. Che fosse elettrizzata era innegabile, specie perché non aveva mai lasciato i confini del Regno Unito prima di allora. Prendere un aereo l'aveva messa sin dalla sera precedente in un palese stato di agitazione, non solo perché non aveva la più pallida idea di quale sensazione si provasse, ma anche perché quella sarebbe stata la prima volta tanto per lei quanto per i bambini. Alla fine aveva ceduto il posto al finestrino a Jay la cui curiosità sembrava superare di gran lunga la sua; Mun si era seduta in mezzo, cedendo il posto esterno ad Albus e Lily, i cui capricci sapeva avrebbe tenuto sufficientemente occupato Albus da dimenticarsi di viaggiare a diecimila metri di altitudine. Tolta qualche turbolenza, che l'aveva obbligata ad aggrapparsi ai braccioli con sin troppo vigore, il volo era stato una delle esperienze più belle di sempre. Lei e Jay erano rimasti sporti davanti al finestrino per quasi tutto il tempo, contando nuvole e osservando i paesaggi mutevoli che sormontavano il mare, campi multicolori, catene montuose e città in lontananza. Avevano parlottato allegramente per tutto il tempo, tra un capriccio e l'altro di Lily la quale, non sembrava aver gradito il volo quanto Mun e Jay. Le si era spezzato il cuore nel vederla piangere, così agitata da non riuscire a stare ferma un secondo. Alla fine tuttavia, erano riusciti a calmarla, complici le passeggiate sul corridoio e la simpatia che aveva risvegliato nei passeggeri vicini, che avevano preso a distrarla in ogni modo possibile e immaginabile. Lily Evans Potter, piccola rubacuori. Il viaggio era poi continuato in treno, fortunatamente con molti meno bagagli. Giunti infatti in territorio italiano, avevano spedito la maggior parte delle valige direttamente a destinazione con l'ausilio della magia; al contempo tuttavia, fu contenta di potersi vivere un'altro pezzo di viaggio in maniera babbana. Jay provò estrema curiosità nei confronti dei treni che vide alla stazione centrale di Roma, e Mun infatti azzardò anticipare l'arrivo di una nuova tappa nella vita del piccolo Potter. « Perché ho l'impressione che stiamo per passare dal Mesozoico alla Rivoluzione Industriale? » Commentò ad un certo punto prima di dirigersi verso il binario da cui sarebbe partito il loro treno per Napoli. E infatti, non fu affatto sorpresa di vedere Jay porre un mucchio di domande al padre sul funzionamento dei treni, le locomotive e la differenza tra quelle a vapore e quelle moderne. Lei e Lily invece, avevano guardato uno stupido cartone italiano sullo schermo della business class del treno di fronte al quale Lily aveva strabuzzato gli occhi, finché non si era appisolata. L'ultima parte del viaggio l'avrebbero percorsa in macchina. E infatti, dopo un giro nella stazione centrale di Napoli, tempo in cui i quattro avevano avuto modo di imbattersi per la prima volta col fragoroso stile di vita del Sud, erano saliti in macchina, dove, i due bambini erano crollati nonostante Mun avesse tentato di tenerli svegli in tutte le maniere possibili nella speranza di poterli mettere al letto una volta giunti a destinazione. Si sentiva ancora estremamente su di giri; il primo impatto del viaggio l'aveva messa in un perenne stato di iperattività, colta da un'insaziabile curiosità di conoscere e capire. Lì tutto era estremamente differente; la gente si toccava di continuo, salutandosi in maniera estremamente espansiva. Tutti parlavano mantenendo toni tutto fuorché pacati, gesticolando in una maniera che a Mun apparve quanto mai buffa. Ciò che tuttavia le appariva più complesso da digerire, era la temperatura decisamente elevata, che in confronto a Inverness rasentava il ridicolo. E se fa fresco? aveva d'altronde protestato quando, preparando le valigie si era impuntata affinché ciascuno di loro avesse a portata di mano almeno un cambio più pesante. Un'ipotesi che ora le appariva davvero stupida. « Quanta manca? » Carezzò dolcemente la spalla di Albus sorridendogli, prima di gettare lo sguardo oltre la spalla, osservando i due bambini addormentati sul sedile posteriore nei rispettivi seggiolini. Viaggiare lungo la costa offrì loro un più che ampio spettro della vita che li aspettava per i prossimi giorni di vacanza. Mun allungò le gambe sul cruscotto, facendo partire in sordina la radio, e si godette il panorama, osservando di tanto in tanto sognante il suo fidanzato, roteandosi istintivamente l'anello sul dito. « Guarda che meraviglia! E quella dovrebbe essere.. Capri! » Disse indicando l'isola in lontananza mentre continuava a seguire con entusiasmo i bellissimi paesaggi lungo la strada serpeggiante che portava a Positano. La cosa più strana di tutte continuava a essere a suo avviso il posto del guidatore a sinistra; un qualcosa che tuttavia non sembrò dispiacerle poi molto, considerando che, ebbe modo di godersi appieno tutto il panorama. Ampie distese di spiagge e un mare cristallino interminabile la portarono a peccare sempre di più di impazienza. Gli occhi continuavano a brillarle di fronte ad ogni nuovo scorcio, fotografando ogni cosa come se quel puzzle di immagini potesse davvero restituirle l'immensa bellezza dei posti che avrebbero visitato. Un messaggio sul cellulare, la distoglie da quel suo rito da turista in erba strappandole un tenero sorriso. « Ok, Esme dice che arriva stasera e ci porta a cena da.. amici suoi? » Quanto è affidabile il paradigma amici di Esme? Immagina che dovrà dare il beneficio del dubbio alla questione. « Ci manda l'indirizzo di un ristorante per il pranzo. Mi raccomando provate gli gn-gnooo- gnocci - gnocchi? a la sor -rentina. Ma che nomi hanno per i piatti! » Gli rivolge uno sguardo interrogativo e al contempo divertito prima di scoppiare a ridere. « Io direi di andare a disfare i bagagli, vediamo in che condizioni stanno gli eroi e poi scendiamo. Oddio non vedo l'ora di vedere la casa. E anche la spiaggia. E pure il paesino. Voglio vedere tutto! »



     
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    « Forse il problema è stato proprio questo. Sono stata un po' egoista. Cioè, lo so che che quel giorno tutti gli occhi saranno sulla sposa - e guai se non sarà così, specie dopo che ho perso pure la corona del Midsummer per colpa di una delle mie papabili damigelle. » Ridacchiò, scuotendo il capo tra sé e sé. Ad Albus, di quella corona, non era mai davvero importato nulla; aveva scelto di votarsi semplicemente perché sapeva quanto un'eventuale vittoria avrebbe reso felice Mun. E con ogni probabilità, se non avesse avuto quella proposta di matrimonio in canna, il giovane Potter avrebbe fatto quanto era in proprio potere per realizzare i sogni della ragazza: anche esporsi al pubblico ludibrio chiedendo esplicitamente alle persone a loro più prossime di votarli. Tuttavia, conscio del fatto che durante la serata Mun avrebbe ricevuto qualcosa di ben più prezioso, si era limitato a un semplice autovoto. D'altronde gli sarebbe sembrato comunque ingiusto rubare la scena letteralmente a chiunque. « ..però.. è il nostro matrimonio. Ieri sera si è chiuso il cerchio di quel 15 maggio. E davvero, non ne voglio più sapere niente.. a qualcuno lo farò ancora pesare, ovvio - specie perché non ho mai ricevuto delle scuse - però quel progetto è sepolto. » Aggrottò la fronte, puntellandosi meglio col gomito sul cuscino per squadrarla con una certa aria interrogativa. « Olympia ti ha chiesto scusa. Quindi..Betty? » Sembrò piuttosto stupito da quel pensiero, come se andasse a cozzare con l'idea che aveva in testa della bionda. Impossibile. Betty è il tipo che chiede scusa pure quando sono gli altri a sbagliare. Che si sia fatta sfuggire questa cosa? « Wow. » disse soltanto, a bassa voce, sgranando appena gli occhi. Questa non me l'aspettavo. « Ho buttato quel vecchio bozzetto. Era sbagliato. Mi sono ostinata a seguire i sogni della me quindicenne però.. sono cambiate così tante cose da allora. Quando sfogliavo quel bozzetto assieme alle mie amiche ero innamorata di Fred. Al contempo, la maggior parte delle persone puntava sul fatto che nonostante tutto avrei sposato qualcuno tra.. Nathan, Percival o Thomas.. insomma, uno tra i ragazzi. » A quelle parole, lo sguardo di Albus andò istintivamente a rabbuiarsi. Per quanta acqua fosse passata sotto i ponti, era solo naturale che quel tipo di discorso non lo facesse sentire a proprio agio. Quello di Fred, chiaramente. Era puro istinto, gelosia ancestrale che lo pungeva come un fastidio al fianco di cui non riusciva a liberarsi. Ogni qualvolta i suoi pensieri finissero in quei lidi, c'era sempre una vocina recondita nella sua testa pronta a sussurrargli parole irrazionali. Parole che Albus scansava, ostinandosi a non dargli ne' ascolto ne' tanto meno voce, ma che comunque lo colpivano come una serie di piccoli tagli auto-inferti. « E' così che doveva andare. Credo anche che quel matrimonio, per quanto mio, seguiva molto quei criteri, quei canoni, quella mentalità, quello stile.. Credo che sarebbe meglio affidarci a un esperto questa volta. Non dico che non lo metterò in croce, o che lascerò che decida le cose al mio posto.. ma vorrei una prospettiva differente. Voglio un matrimonio nostro. Né dei Carrow, né dei Potter. Non voglio che tua nonna cucini, o che mia madre o mia nonna ficchino il naso nella lista dei nostri invitati. » « Stai chiedendo l'impossibile. » commentò ironico, mentre un sorriso tiepido riaffiorava sulle sue labbra man mano che i pensieri tornavano a incentrarsi su questioni a lui più gradite, scansando volontariamente quelli che prima lo avevano fatto rabbuiare. « Dubito che le nostre famiglie si faranno scalzare così facilmente dall'organizzazione, senza opporre alcuna resistenza. » Per quanto riguarda la mia, come minimo nonna Molly non mi darà pace per mesi, dicendomi in maniera più o meno esplicita che sono un ingrato del cazzo e che non le voglio veramente bene. Aspetta mezzogiorno e già vedrai. « Ieri al pozzo io ho desiderato solo una cosa: continuare a recuperare il tempo perso. Non che ne abbiamo perso davvero, però.. ecco.. questa cosa del ballo mi è piaciuta davvero tanto. Avevo davvero tanta voglia di andare al ballo con te, Albus. Ed è stato davvero bellissimo, anche se non avevamo più sedici anni. Mi piace un sacco immaginare come saremmo stati in diversi momenti della nostra vita se solo.. » Sorrise, intrecciando le dita a quelle di Mun e portando la sua mano alle proprie labbra per baciarle il palmo. Più volte avevano fantasticato insieme su quello che sarebbe potuto essere se solo si fossero visti prima, dipingendo quei quadretti con tinte pastello connotate del tipico romanticismo che solo i sogni possono avere. Con la coscienza del presente, Albus avrebbe di certo vissuto i propri anni ad Hogwarts in maniera differente - e non solo per ciò che riguardava Mun -, ma in fin dei conti sapeva benissimo che le cose dovevano andare necessariamente in un certo modo. Troppo stupido e pieno di sé, probabilmente il se stesso diciassettenne avrebbe trovato il modo di mandare a puttane quel rapporto senza nemmeno faticare. Probabilmente l'avrebbe ferita, così come aveva fatto con altre persone, e probabilmente anche lei avrebbe ferito lui. Ci siamo incontrati nel momento in cui dovevamo incontrarci, e per quanto difficile, è stato bellissimo così. Tornare indietro non era concesso, ma recuperare quei momenti persi con qualcosa di nuovo, quello era stato un regalo tanto inaspettato quanto gradito. Certo era che Albus avrebbe amato l'idea di ingegnarsi per invitarla al ballo di Hogwarts, di aspettarla trepidante in sala comune e di cercare per tutta la sera di far colpo su di lei. Quel treno, però, era già partito da troppo tempo, purtroppo. « Ecco, ciò che voglio dire è che come ieri avevo voglia di andare al ballo con te, e capire come io e te avremmo affrontato un banalissimo ballo scolastico, allo stesso modo ho voglia di sposarti e scoprire come io e te affronteremo questo matrimonio. Quante persone puoi dire che hanno avuto una seconda occasione su così tanti fronti pur avendo fatto un casino la prima volta? » Rise di gusto, facendosi più avanti sul materasso per avvolgerle un braccio attorno alle spalle e stringersela al petto, posandole piccoli baci tra i capelli. « STIAMO PER SPOSARCI! » « Stiamo per sposarci. » Rincarò, come a confermare le parole di lei, pronunciate in un momento di pura gioia ed eccitazione al quale Albus rispose con altrettanto trasporto, buttando la testa all'indietro in un'altra risata di giubilo. « E comunque.. » iniziò, alzando l'indice quando l'ilarità cominciò a scemare « ..a un ballo con me non avresti resistito di sicuro. Il mio fascino assassino ti avrebbe colpita prima ancora di entrare in Sala Grande. A fine serata ti avrebbero dovuta raccogliere col cucchiaino. » Fece una pausa, guardandosi attorno come a volerle indicare una platea invisibile. « Chiedi in giro. » Le due file di denti bianchi si scoprirono in un sorriso a metà tra il sardonico e il gioioso. Scherzava, sì, ma nemmeno troppo. Sapeva benissimo che se fosse andato a un ballo con Mun, ai tempi, avrebbe comunque calato tutte le proprie carte migliori.

    Il viaggio in aereo si era rivelato relativamente tranquillo, specialmente perché Albus aveva preparato i familiari in anticipo dopo essersi a sua volta informato riguardo ciò che avrebbero trovato. Non era la prima volta che il giovane Potter viaggiava alla maniera babbana, ma era di certo vergine dei trasporti in piena pandemia globale. Così, pur conscio del fatto che per loro non ci fosse alcun pericolo, aveva comunque preso tutte le precauzioni necessarie a non dare nell'occhio e mimetizzarsi bene con il contesto non-magico e le stranezze che avrebbero trovato. La mascherina si era da subito rivelata un grande fastidio, e sia Jay che Lily non avevano guardato di buon occhio la misurazione della temperatura ai varchi. Ma alla fine tutto era andato per il meglio, se si escludeva una semplice turbolenza e le bizze della piccolina, che Albus aveva tenuto in braccio tutto il tempo cercando di distrarla come meglio poteva. Le hostess avevano subito preso a cuore la bimba, viziandola non meno di quanto facesse lo stesso padre; una di loro le aveva persino regalato la spilletta a forma di margherita che si era appuntata al petto, vedendo che la moretta vi si era interessata in maniera particolare. Inutile dire che Lily aveva gradito molto il dono, manifestando da subito la propria intenzione di vedersela attaccare alla magliettina.
    Il treno era stato il lato che Albus più aveva detestato. Non tanto per l'improvviso interesse di Jay, quanto piuttosto per la disorganizzazione italiana e per il fatto che i vagoni sembravano un vero e proprio carro bestiame. Tra l'affollamento e il caldo immondo, ci era voluto ben poco a farlo innervosire, portandolo a maledire qualunque divinità mentre cercava di asciugarsi il sudore dalla fronte e farsi aria con una rivista. A salvarlo fu l'arrivo alla stazione di Napoli, dove il ragazzo comprò diverse bottiglie di acqua gelida, tracannandone una alla velocità della luce solo per poi impedire a Jay di fare lo stesso per paura che gli prendesse una congestione. Solo quando salirono in macchina riuscì a tirare davvero un sospiro di sollievo, abbassando immediatamente i finestrini per lasciare che la velocità (seppur moderata) gli sferzasse sul viso quell'aria calda dall'odore mediterraneo. Anche lì, tuttavia, non fu semplicissimo adattarsi alla guida a sinistra, che per i primi chilometri gli richiese un'attenzione doppia e un passo molto più lento rispetto al normale. « Quanta manca? » chiese Mun con tranquillità, quando vennero graziati dal sonno dei bambini. In risposta, Albus lanciò uno sguardo veloce all'orologio. « Se non troviamo nulla per strada, tra una ventina di minuti, massimo mezz'ora dovremmo essere arrivati. » Aveva scelto una via più lunga, quella costiera. Per quanto lui si potesse permettere ben poco di gettare uno sguardo al paesaggio, aveva trovato comunque piacevole accompagnare al viaggio l'odore del mare. E' proprio tutta un'altra cosa. « Guarda che meraviglia! E quella dovrebbe essere.. Capri! » Sorrise, scoccandole un'occhiata soddisfatta con la coda dell'occhio e appoggiandole una mano sulla gamba mentre rallentava per darle modo di fotografare i vari scorci. « Non ha proprio niente a che fare col mare inglese. Si sente. C'è proprio un odore diverso. » disse tutto eccitato, inspirando a fondo quel profumo come a volerselo imprimere per sempre nella memoria. Era tutto così nuovo e diverso, così colorato e caratteristico. « Le strade fanno un po' schifo, eh. Tutte buche. Però il paesaggio è una roba incredibile. E il mare poi...! Non vedo l'ora di sentire il pesce. » Non avranno il nostro salmone, ma scommetto che i frutti di mare sono una bomba. « Ok, Esme dice che arriva stasera e ci porta a cena da.. amici suoi? » Lanciò a Mun uno sguardo di ironico terrore. « Ho paura. » « Ci manda l'indirizzo di un ristorante per il pranzo. Mi raccomando provate gli gn-gnooo- gnocci - gnocchi? a la sor -rentina. Ma che nomi hanno per i piatti! » Aggrottò lo sguardo. « Che sono? Cerca un po' su internet. » Quando lei gli lesse la composizione, Albus storse il naso. « Questi ti si piazzano sullo stomaco che è una meraviglia. No no, in caso se ne parla domani. Io oggi mi voglio mangiare tutta roba di pesce. » Sperando che abbiano anche dei menu in inglese. « Io direi di andare a disfare i bagagli, vediamo in che condizioni stanno gli eroi e poi scendiamo. Oddio non vedo l'ora di vedere la casa. E anche la spiaggia. E pure il paesino. Voglio vedere tutto! » Ridacchiò, sporgendosi per qualche istante a guardare lo specchietto retrovisore mentre cambiava corsia per imboccare l'uscita giusta. « Abbiamo una settimana..con calma ci guardiamo tutto. Intanto pensiamo al pranzo. Di sicuro dopo aver mangiato crolleremo come le pere cotte. »
    E infatti era andata proprio così. Dopo aver sistemato i bagagli in casa erano andati subito al ristorante consigliato da Esme. Lì, al motto di pancia mia fatti capanna, Albus si era spazzolato una frittura di mare, un piatto di spaghetti allo scoglio e una spadellata di cozze, accompagnando il tutto con un buonissimo vino bianco della casa. Inutile dire che andò sin da subito in estasi mistica, fotografando ogni piatto per inviare la documentazione ai vari famigliari. Pure la chiamata di nonna Molly non si fece attendere: come da programma la donna lo interrogò subito sul viaggio, sulla casa ma soprattutto sul cibo. Renderle conto del fatto che avessero mangiato e cosa era essenziale a tenerla tranquilla. Dunque, dopo essersi strafogato, crollare sul letto fu il naturale proseguimento della giornata. Anche Jay, che aveva manifestato sin da subito la propria ferrea volontà di andare in spiaggia, non aveva retto il colpo micidiale del pranzo, addormentandosi con la bocca ancora sporca di gelato.
    HwPCwfh
    Era ormai tardo pomeriggio quando Albus entrò in camera da letto per svegliare Mun, che aveva lasciato a poltrire un altro po' mentre lui usciva a fare un po' di spesa per le prime necessità. L'impatto col supermercato locale era stato drammatico: si era perso tra le corsie nel giro di due minuti, vedendosi obbligato a chiamare Esme per farsi tradurre alcune indicazioni essenziali e farsi consigliare le marche migliori da acquistare. Tornato a casa con tutto l'essenziale, aveva disfatto le buste, mettendosi subito a fare il caffè in trepidante attesa di assaggiare ciò di cui tanto si parlava. « Amore..sono le sei. Svegliati. Ti ho fatto il caffè. » disse piano, scuotendola leggermente mentre appoggiava le due tazzine sul comodino. Quando lei si mise a sedere, gliene passò una, guardando la propria da tutte le angolazione con un certo sospetto. « Devo dire che è un po' piccolo. Ho chiesto a Esme ma lei dice che deve essere così e che siamo noi quelli strani che si bevono la roba annacquata. » Si strinse nelle spalle con un sorriso rassegnato, avvicinandosi la tazzina alle labbra per prenderne un primo sorso cauto. All'improvviso, i suoi occhi si sgranarono in un moto di pura sorpresa. « Cazzo è buono! Sembra pure più forte rispetto al nostro, non ti pare? Secondo te cos'è? L'acqua? Perché a me sembra che questa marca ci sia pure in Inghilterra. » Ci pensò su, bevendone un altro sorso per poi annuire, come se stesse concordando con se stesso. « Eh sì, sicuramente è l'acqua. Si sente che è tutta un'altra cosa. » Finito di sorseggiare la propria tazzina, si avviò verso l'armadio, dove avevano già preventivamente sistemato le proprie cose. Cominciò a scorrere le scelte di vestiario, tirando fuori una camicia bianca di lino e togliendosi la t-shirt per indossarla. « Mentre andavo a fare spesa ho dato un'occhiata in giro e ho visto un sacco di cose carine. Che ne dici di farci una passeggiata per il paesino coi bambini? Oppure una in spiaggia. Tanto a cena ci hanno invitato per le nove facendo intendere di essere là per le nove e mezza. » Rivolse un'occhiata eloquente a Mun. Ti rendi conto? Noi mangiamo alle sei, questi secondo me alle dieci di sera stanno all'antipasto. « Insomma..abbiamo tempo. »

     
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    « Amore..sono le sei. Svegliati. Ti ho fatto il caffè. » Ovviamente era crollata come una pera cotta, esattamente come il giovane Potter aveva anticipato. Seppur fosse una tipa estremamente attiva ed energica, Mun tendeva a stancarsi molto presto. Non si era resa conto di quanto avesse bisogno di una dormita finché, tornati dal ristorante, non si era gettata a pancia in giù sul materasso al primo piano della loro casetta, addormentandosi quasi istantaneamente. Aveva anche tentato di farfugliare qualche frase sconnessa in dormiveglia, pronta a fare piani per il dopo e i giorni successivi, ma le era bastato un tocco di aria condizionata perché i suoi muscoli si rilassassero crollando come un sasso. Il profumo del caffè fumante, la mise subito di buon umore, portandola a stiracchiarsi e sorridere beatamente mentre si metteva a sedere piano piano, accettando di buon grado la tazzina di caffè che Albus le porse. Lo osservò con fare divertito: Albus si era dato all'espresso. Non l'avrebbe mai detto, considerati i bibitoni che si bevevano solitamente a casa. Mun ne conosceva bene le proprietà; sua madre tendeva a prediligerlo di gran lunga al caffè lungo, e nell'alta società l'espresso era una di quelle chiccherie che sapevano di sofisticato. Mun, dal canto suo, amava i loro bibitoni, specie perché non beveva il caffè con grande piacere - faceva il suo dovere, ma lei ne avrebbe fatto volentieri a meno. Prediligeva di gran lunga il tè e gli infusi naturali, così come di qualunque cosa che non invecchiasse la pelle. Però certo.. senza, resto qui incollata fino a domani, e in vacanza, specie quando si è in un posto così nuovo, non c'è tempo per poltrire troppo. « Devo dire che è un po' piccolo. Ho chiesto a Esme ma lei dice che deve essere così e che siamo noi quelli strani che si bevono la roba annacquata. » Scoppiò a ridere, portandosi con cautela la tazzina alle labbra. « Beh si.. lo direbbe anche mia madre a cui piace tanto fare la sophistiqué. Si faceva mandare una particolare miscela direttamente dalla Thailandia per il suo espresso. » Gli rivolse un sorriso divertito. « Non ti dirò come ottengono il Black Ivory.. però se ti senti coraggioso, puoi sempre googlarlo. Ti dico solo che il nome ha a che fare con.. gli elefanti. » Una pratica decisamente strana, che aveva portato Mun a storcere sempre il naso all'idea di bere quel caffè. « Ti è venuto un sacco buono! » Disse piacevolmente sorpresa mentre lo gustava. « Cazzo è buono! Sembra pure più forte rispetto al nostro, non ti pare? Secondo te cos'è? L'acqua? Perché a me sembra che questa marca ci sia pure in Inghilterra. Eh sì, sicuramente è l'acqua. Si sente che è tutta un'altra cosa. » La tenerezza che scaturì in lei quelle sue osservazioni la portò a carezzargli dolcemente la guancia, sporgendosi per posargli un bacio delicato, prima di scendere dal letto portandosi appresso la tazzina. Era effettivamente molto buono, seppur decisamente forte per i suoi gusti. Minimo non dormo fino a domani. Prendere il caffè tardi le aveva sempre fatto uno strano effetto. « Eh si amore, è proprio l'acqua, sicuro. » Scoppiò ancora una volta a ridere, posandogli un secondo bacio tra i capelli scuotendo la testa e dirigendosi infine verso il bagno. « O magari era solo la macchinetta dell'espresso. » Dio sei così carino certe volte. « Troverò un'occasione per regalartene una quando torniamo a casa. Diciamo.. mmmmh.. c'è il compleanno di qualcuno a breve? Quello di James è troppo tardi.. quello della Regina è già passato. Il giorno dell'indipendenza pure.. » Resta un po' a pensarci appoggiata allo stipite della porta. « ..uhm non lo so.. si vede che quando torniamo festeggeremo il mesiversario del nostro primo ballo insieme. » Liquidata la questione con apparente indifferenza, inizia la sua routine per poter uscire. Per quella vacanza, Mun ha optato per un look careless - con qualche sorpresa al momento giusto - così da non stare troppo attaccata allo specchio. Per questo motivo, tolta l'applicazione delle sue cremine, truccarsi non è mai stato più semplice. Fa comunque troppo caldo. Minimo mi ritrovo tutto sul vestito cinque minuti dopo esser uscita. « Mentre andavo a fare spesa ho dato un'occhiata in giro e ho visto un sacco di cose carine. Che ne dici di farci una passeggiata per il paesino coi bambini? Oppure una in spiaggia. Tanto a cena ci hanno invitato per le nove facendo intendere di essere là per le nove e mezza. Insomma..abbiamo tempo. » Fece capolino dal bagno osservandolo con scetticismo. « Ma come alle nove però presentatevi alle nove e mezza? E' alle nove o alle nove e mezza? Ma poi quello è dopocena! » Ok.. gli italiani sono strani. Preso un lungo sospiro, alzò gli occhi al cielo, sciogliendosi infine in un dolce sorriso decisamente più sognante. « Però.. hai fatto anche la spesa.. allora sei proprio un uomo da sposare, Albus Potter.» Scontato ma estremamente necessario ricordare che ci stiamo davvero sposando. E infatti, ammirò ancora una volta il suo anello di fidanzamento con aria fiera. « Paesino.. anche perché c'è un sacco di brezza. Se Jay vuole entrare in acqua poi è un attimo che diventa Mr Starnuto. In spiaggia andiamo direttamente domani. » E infatti, indossato un leggero vestito estivo color pesca con le spalle scoperte, andò a svegliare i bambini. Insieme li vestirono, e poco dopo furono pronti per partire. Un Jay elettrizzato non appena aperti gli occhi li bombardò già di mille domande, molte delle quali furono ancora una volta indirizzate al padre. « Papà, ma quindi ci stanno i treni a Positano? Perché noi non li abbiamo a Inverness? Ma quindi tu hai preso un treno quando sei andato a Hogwarts? » Evidentemente l'unico ad essersi divertito durante il viaggio in treno, avrebbe continuato su quella scia per tutta la vacanza. E aspetta che prenda il treno di ritorno. Un pensiero che scacciò dalla propria mente non appena si materializzò; non voleva pensare al momento in cui avrebbe dovuto lasciare quel paradiso. Sentiva che sarebbe stata così bene, da provare una nostalgia atroce non appena fossero tornati a Inverness. Un pensiero di cui tuttavia si pentì non appena misero piede fuori di casa. « Ma fa caldissimo. » « Ho sete. » Ormai doveva accettare, Mun, che le sue lamentele sarebbe sempre state superate da quelle dei suoi nanetti. Guardò Albus con uno sguardo eloquente prima di mettersi alla ricerca di una fontanella, iniziando così il loro girovagare tra le strette viottole di Positano. Fecero tante foto, fermandosi ad ogni scorcio per godersi il panorama dall'alto. Lily fu estremamente brava a trotterellare a tratti a piedi, a tratti in braccio, specie perché tutti quei sali scendi di scalinate e salite vertiginose, avevano reso impossibile avere la carrozzina a portata di mano. Per fortuna hai le spalle grosse.. pensò ad un certo punto mentre posava un bacio gentile sul palmo della sua bambina in braccio ad Albus. Si persero tra le bancarelle di frutta e i negozi di artigianato, tra le boutique decisamente lussureggianti e i negozi di souvenir, e Mun riuscì già a sperperare un po' di soldi facendo fare tanto a lei quanto a Lily un paio di sandali su misura, fatti a mano, comprando un vestito per se stessa e una camicia per Jay, e costringendo persino Albus a scegliere un paio di pantaloni di lino. Ad un certo punto si erano persino separati, e al loro punto di ritrovo, in una piazzola piuttosto affollata, lei e Jay tornarono con un paio di occhiali da sole per uno, mimando un'entrata in scena alla Men in black, seppur entrambi indossassero colori chiari. Ovviamente Lily era stata attirata dai gingilli; le pietre lavorate a mano, i piccoli giocattoli artigianali e un particolare carillon che le venne subito comprato. Jay, si fece comprare un treno. Alle otto, quando ormai i negozi chiusero, e loro avevano già setacciato una parte del paesino, si ritrovarono tutti seduti su una panchina che si affacciava sul panorama del golfo. Mun tirò fuori dallo zainetto un po' di frutta già tagliata, che passò ai suoi eroi, per poi aiutare Lily a mangiare la sua metà di banana fatta a pezzetti, riservandosi l'altra metà per sé. Sapeva che, nonostante il pranzo copioso, sia Albus che Jay dovevano già avere fame, cosa che, il bambino aveva già espresso, incollando il naso contro la vetrina di un negozio di cioccolato, facendosi addirittura comprare un paio di cose sfiziose, che Mun mise da parte preventivamente prima che il bambino si rovinasse l'appetito. Ovviamente si era fatto promettere che sarebbero tornati il giorno seguente dopo pranzo. Tutto apposto finché si torna a parlare di treni. O di quanti dinosauri potrebbero essere passati per Positano nel Paleolitico. E nonostante fossero ancora stanchi dopo il viaggio, fu il miglior tramonto che avesse mai vissuto, lontana da casa e dalle preoccupazioni, assieme alla sua piccola famigliola.

    Non aveva capito, Mun, che la cena si sarebbe svolta su una barca. Avevano seguito le indicazioni della mappa in discesa, finché giunti quasi in spiaggia, dovettero chiedere indicazioni circa il posto che Esme aveva indicato loro. Più che un edificio si trattava di un molo, al quale era attraccato un vero e proprio yacht. Mun volse istintivamente lo sguardo verso il suo ragazzo, piuttosto sorpresa della definizione di Esme di una cena a casa di amici. Sapeva che la donna proveniva da una famiglia piuttosto ricca; ora per giunta aveva anche sfondato in Italia nel mondo del cinema, ma non immaginava che quello sarebbe stato il comitato del benvenuto. In realtà il chiasso generale la fece ricredere abbastanza presto circa l'eleganza della cena, alla quale per un istante sentì di non essersi preparata a sufficienza; boati di risate e un gran baccano generale le fece capire ben presto che non è oro tutto ciò che luccica, non che ne fosse realmente dispiaciuta. Non avrebbe retto in quel suo paradiso un pezzo della sua vecchia vita. E infatti, della vecchia vita c'era solo l'involucro di latta della barca. « LUNA! AMA!! Viè qua, madò 'nto siete belli! We, eddai salite! Campione.. batti pugno. Principessina, ammazza te magnerei tutta! Avvocato! Benvenuto. » Lì saluta così Step, senza farsi mancare un po' troppo contatto fisica, salutando i due adulti con due baci sulla guancia e un forte abbraccio per uno. « ESME! PORCO MONDO EDDAJE, VIE' QUA CHE SO ARRIVATI ALBUS E MUN. » Ovviamente l'unica cosa che Mun comprese fu il suo nome e quello di Albus. Se lo ricordava bene il ragazzo; aveva forse uno o due anni in più rispetto a lei, e ai tempi della ribellione viveva insieme alla sorella. Quando Mun aveva avuto bisogno di un vestito per la festa dei folli, si era rivolta ad Esme, sotto consiglio di Victoire; era così che aveva conosciuto Esme. In quell'occasione il ragazzo era lì e le aveva appioppato quel soprannome - luna. A quanto pare moon in italiano è luna; il che ha perfettamente senso per una che ha studicchiato giusto un pizzico di latino, ma non troppo. « Olyyyyyy! Oliviuccia mia, vieni che ti presento Albus e Mun. So' inglesi pure loro. » Oltre a Step e consorte, che Mun scoprirà in seguito, si devono sposare tra pochi giorni, ci sono Esme e un baldo giovane che le tiene costantemente un braccio attorno alle spalle - un certo Federico, palesemente gay - e altri amici. C'è persino un'altra bambina, Letizia, che ha si e no l'età di Jay. Esme fa le presentazioni introducendo Jay alla bambina come l'ultima arrivata nella loro famiglia. Considerata l'età di Esme, è chiaro che i gipsy cominciano presto e non smettono mai. Cioè quella è sua sorella? Ovviamente Jay appare scettico, ma Esme li spinge ad andare a giocare insieme, mentre lo sguardo di Mun, ben vigile, non perde d'occhio il biondino nemmeno per un istante, per paura che ne combini una delle sue. « Allora com'è? Che mi dite? Come vi sembra il posto? Oh, vi dico subito che prima di domani mattina non tornare a casa. Si cena subito che poi si fa il bagno di mezzanotte alla Grotta dello Smeraldo.. e poi si va a ballare. STEP! Li hai già invitati? » Il ragazzo si premura di spiegare loro che tra pochi giorni lui e Olivia convoleranno a nozze a Capri. « Oh, non vi formalizzate con la lista di nozze. Accettiamo il bancomat. » C'è un momento di silenzio in cui nessuno parla. Step sembra estremamente serio, ma Mun non capisce se quello è un loro modo di scherzare o meno. « Amooore, eddai smettila! » Asserisce Olivia al suo fianco dandogli una pacca sul braccio. « Sta scherzando. » « No oh, il bancomat lo accettiamo davvero. Cioè meglio contanti che con le tasse è un casino.. » E ancora una volta, Mun non capisce, ma ormai l'atmosfera si scioglie e tutti insieme si siedono a tavola. Esme ha occhi solo per Lily e Jay ovviamente, facendosi dare man forte da Federico che a sua volta sembra piuttosto rapito dalla bambina. Le portate non sono poche e prevedono un po' di tutto. Dalla pasta, ai piatti a base di pesce; non mancano i meravigliosi pasticcini locali e diverse tipologie di vino e superalcolici. Step e Olivia sembrano essere due pozzi senza fondo, incapaci di andare oltre la soglia del brillo anche dopo diversi bicchieri. Fanno baccano, fanno domande, così come fanno gli altri - alcuni di loro in un inglese davvero maccheronico - e tutto sommato mettono a proprio agio tanto i piccoli quanto i grandi. C'è un momento in cui qualcuno chiede a Jay che squadra tifi. « Forza Napoli.. capì? Forza Napoli, piccolè! » « Ma che forza Napoli, ao! FORZA ROMA! LA MAGGGGICA! C'è solo un capitano! Nun ce provà a travià i bambini 'a coso! » Esme scoppia a ridere e spiega tanto ad Albus quanto a Mun qual è la grande contesa tra Step e quel tale suo cugino partenopeo. « Va beh, a parte tutto, ci venite a Roma si? Devo portare Olivia per ritirare il vestito da sposa dopodomani.. restiamo fino al giorno dopo. Avete un po' di tempo per visitare. Ovviamente state da me. » « Nel campo? » Si precipita a chiedere Mun con un velo di apprensione che si rende conto subito dopo di risultare inopportuno. Stringe di conseguenza la mano di Albus sotto il tavolo. « Ma che campo e campo. Io vivo al centro tesò. Va beh, dai vedrai. » Liquida così la questione, rivolgendole uno sguardo colmo di tenerezza. Mun dal canto suo arrossisce e posa la tempia contro la spalla del suo ragazzo. Alla fine, viene loro indicata una cabina nello specifico, dove lasciar coricare i bambini; una stanza comunicante adiacente, è stata invece riservata loro, per fare altrettanto non appena vorranno andare a dormire. La nave è già salpata da un po' quando Albus e Mun danno il bacio della buonanotte a Jay nel vano di sotto di un letto a castello, e a Lily in una culla apposita. Certo se mi avessero detto che non tornavamo, avrei portato dei cambi, non che la cosa è veramente un problema quando si è maghi, e si può trasfigurare qualunque indumento in qualcosa di più comodo, morbido e sottile per la notte. Si prendono anche il tempo per infilarsi i costumi da bagno. Quello che Esme ha regalato a Mun e che è nuovo di zecca - gentile omaggio di un'azienda per cui fa pubblicità - è decisamente particolare; intero con diversi inserti di similpizzo nero, assolutamente poco funzionale per una giornata in spiaggia. « Come sto? » Chiede infine al ragazzo dopo esser uscita dal piccolo bagnetto. Solleva un sopracciglio nel ritrovarselo a petto nudo e sorride. « Sono quasi pronta a fingere un'indigestione. » Asserisce posando un bacio sul petto di lui. « Però magari dopo aver visto la grotta. » Pausa. Resta un po' a pensarci a come confessargli che in realtà lei in acque profonde non ha mai nuotato in vita sua. L'acqua è sempre stata un po' off limits per lei. Soprattutto per un paio di anni, non a caso, Mun non era mai stata davvero vista tuffarsi in una piscia o nel mare al campo estivo. « Ah.. io sono pessima a nuotare. Sai.. l'acqua. » Si strinse nelle spalle abbassando lo sguardo leggermente imbarazzata. Certe chimere ci sono sempre, anche in vacanza. Mun non aveva più alcun bisogno di avere paura dell'acqua, eppure, ammetteva che non si era mai avventata in acque così profonde. Per questo, prese le sue mani tra le proprie, posando la guancia contro il suo petto, ricercando un momento di tenerezza improvviso, strofinando il nasino contro la pelle di lui. [...] Una volta risaliti, diverse risate, rumori di tufi e una musica sin troppo alta, diede loro la portata di cosa significava un bagno di mezzanotte secondo Step. Proprio nel momento in cui si avvicinarono al resto del gruppo, il giovane Dragomir si gettò in acqua facendo una capriola, per poi intimare Olivia a fare altrettanto. Fu il turno di qualcun altro e poi di Esme, che prese a schizzare uno dei loro amici non appena prese contatto con l'acqua.
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    « Vai prima tu? » Un leggero tremolio nelle gambe, la fece desistere dal fare da apripista. Forse se Albus si fosse già trovato dall'altra parte, sarebbe stato più facile. Aveva davvero tanta voglia di vedere l'interno della grotta. Era una delle mete che si erano prefissati, d'altronde. Non avrebbe mai immagino di vederla a mezzanotte sotto l'incantesimo di una luna quasi piena, che brillava alta nel cielo del golfo della Penisola Amalfitana. Un'atmosfera magica, che non si sarebbe preclusa nemmeno per colpa delle sue paure. Aspettò quindi che il ragazzo saltasse per primo, e diede la precedenza anche ad altri, prima di rendersi conto di essere rimasta da sola. Si morse il labbro, tirò un lungo sospiro e si avvicinò al bordo del trampolino. Tre, due, uno. Niente. Diverse voci la intimarono di saltare, tra cui quella di Step e di un'altra ragazza con cui si era scambiata non più di due parole. Infine si mise a sedere sul bordo, e dopo aver chiuso gli occhi, si lasciò semplicemente scivolare di sotto, colta da un leggero spasmo di adrenalina. Agitò piedi e mani con un senso di iniziale panico per restare a galla, per poi rendersi conto che la sensazione era effettivamente piacevole. Riusciva persino a mantenersi a galla senza particolari problemi. L'acqua salata faceva la sua parte. Infine si aggrappò alle spalle del suo ragazzo stampandogli un bacio sul collo e uno sulla guancia. « Oddio è bellissimo! » Era ancora un po' intimorita, ma, man mano che ricordava come suo fratello le aveva insegnato a nuotare, si rese conto che non erano cose che si potessero effettivamente dimenticare del tutto, seppur non praticate per tanti anni. L'assenza di vento che aveva o l'aria quasi irrespirabile quella sera, rendeva allo stesso modo il mare talmente calmo da non temere sotto alcuna forma di finire inavvertitamente schiacciati contro chissà quale scoglio. « Andiamo dentro? » Chiese infine, piuttosto elettrizzata dalla scoperta smisuratamente piacevole di quel bagno di mezzanotte. E se il fresco dell'acqua doveva in qualche maniera calmare i bollenti spiriti, su Mun non funzionò affatto. Semmai si sentì in quella fase dell'avanscoperta infantile, colta dalla tremenda curiosità di scoprire se la Grotta dello Smeraldo era davvero di smeraldo.


     
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    Anonymes!

    Alla fine avevano optato per una passeggiata nel paese: scelta che Albus aveva accolto con particolare zelo, interessato com'era ad osservare lo stile di vita italiano anche quando filtrato dallo scenario estremamente turistico. La prima cosa che aveva notato era stata la netta differenza col paesaggio inglese, non solo per quanto riguardava gli elementi naturali, ma per la vera e propria architettura della città: le stradine strette, le scalinate ripide, le strutture in pietra così colorate e addossate l'una all'altra in quello che sembrava un equilibrio precario. I negozietti, poi, erano adorabili, tutti connotati da una fattura artigianale che sembrò stuzzicare immediatamente l'interesse del ragazzo per il peculiare. Non solo si lasciò convincere da Mun a comprare un paio di pantaloni, ma acquistò anche qualche ceramica per la casa e per nonna Molly - la quale, ne era certo, sarebbe impazzita di gioia con un simile regalo. Tra una compera l'altra, fotografò tutto ciò che gli si parava davanti: la visuale, le case, le chiese, le porte, le scalinate..tutto. Di quel viaggio voleva portarsi dietro ogni ricordo, anche il più piccolo.
    Alla fine, fattasi l'ora di andare a cena, Albus aveva lasciato il paese con un po' di tristezza - forse perché aveva già individuato qualche ristorante carino con una magnifica vista sul mare e degli odori che gli avevano subito fatto venire l'acquolina. Ma era certo che in ogni caso, Esme non avrebbe sfigurato. E infatti, quella che Albus pensava sarebbe stata una cena a casa di alcuni amici dell'italiana, si rivelò una grossa abbuffata in yacht. Inutile dire che rimase di sasso quando si trovò di fronte alla barca ormeggiata. « Bacca! » disse Lily, indicando il mezzo con una certa eccitazione. « E' una barca, papà! Non ne avevo mai vista una! Però non ci stanno le vele. Wooooow. Andiamo in barca? » Sospirò, volgendo lo sguardo sconsolato a Mun. Non ne sentiremo più la fine su questi mezzi di locomozione, vero? Non fecero in tempo a mettere piede sull'imbarcazione che subito vennero assaliti dal vortice di amici e parenti di Esme. Se alcuni di loro - come Step -, Albus li conosceva già, altri si affrettarono subito a presentarsi, provocando se possibile ancor più confusione nella testa del biondo. Persino per gli standard di un Potter, quelle persone erano estremamente chiassose, e ciò la diceva lunga. « Olyyyyyy! Oliviuccia mia, vieni che ti presento Albus e Mun. So' inglesi pure loro. » Accolse l'unica presenza inglese con un certo sollievo, dedicandole un grosso sorriso quando andò a stringerle la mano. « Olivia Cassidy. » Sorriso che andò molto presto ad attenuarsi. Olivia che? « Ancora per poco eh. Mo' sei na Proietti. » Volse lo sguardo a Mun, interrogativo, come a chiederle conferma di ciò che aveva appena sentito. E subito, quando vennero lasciati soli per un momento, si apprestò a chiederle a bassa voce. « Come siamo finiti a cenare in yacht con i Cassidy? » D'altronde, sebbene la questione fosse molto fumosa, quel cognome portava con sé una certa reputazione in Inghilterra, e di certo non una delle migliori. « Allora com'è? Che mi dite? Come vi sembra il posto? Oh, vi dico subito che prima di domani mattina non tornate a casa. Si cena subito che poi si fa il bagno di mezzanotte alla Grotta dello Smeraldo.. e poi si va a ballare. STEP! Li hai già invitati? » L'arrivo di Esme fu una nota decisamente positiva in quel quadretto. Si sporse per abbracciarla stretta, sorridendo a trentadue denti quando Jay si sentì di imitarlo. Buongustaio il ragazzo. Tutto dal papà ha preso. Ridacchiò tra sé e sé nel vedere il biondino abbracciare lo stile italiano e mettersi in punta di piedi per farsi salutare con due baci sulle guance. « Niente, mettiti il cuore in pace Esme: ti sei trovata un fidanzato. Gli piacciono i dinosauri e da oggi anche i treni. E' indubbiamente un intellettuale. » Si sciolse in un'altra risata, scompigliando i capelli del bambino prima di dare inizio ai banchetti. E, davvero, il banchetto di Hogwarts non reggeva nemmeno la candela alla cena che gli italiani avevano organizzato. Persino un pozzo senza fondo come Albus arrivò a battere in ritirata più di una volta, quando servito con seconde porzioni della portata di turno. Jay tuttavia non sembrò sentirsi chissà quanto a disagio col cibo: si tuffava nel piatto come un maiale, riempiendo di gioia il cuore dei commensali che si prodigavano in grandi complimenti riguardo il suo appetito. Se solo nonna Molly sapesse che mangia più qua che da lei, minimo lo toglierebbe dal novero dei parenti. « PURE LA SCARPETTA, SIGNORI! » urlò Step, alzando le mani come in segno di resa di fronte al re indiscusso di quella tavola. « Jay, dillo a zio Step, ci vuoi rimanere in Italia? » Il bimbo, probabilmente in pieno orgasmo gastronomico e con la bocca tutta sporca di sugo, annuì convinto. « L'ha detto. Eh. L'ha detto. Mo' si rimane qui, rega'. » Albus si abbandonò ad una risata, prendendo il tovagliolo infilato nel colletto di Jay per pulire il viso del bimbo. « Parli proprio con la pancia, Jay. Non ti mancherebbero gli zii e i nonni? E Arthas e Audrey? » Il bambino sembrò pensarci sopra con una certa serietà, alzando gli occhi al cielo quasi stesse davvero ponderando i pro e i contro del lasciare indietro letteralmente chiunque all'interno della sua vita. « Mmh..sì. Ma possono venire a trovarci. » A quelle parole, il padre rise di gusto, scuotendo la testa. Sei un piccolo ingrato. Ingordo, ruffiano e ingrato. « Eeeeh se lo venisse a sapere nonna Ginny! »
    I bambini caddero addormentati piuttosto presto, consentendo loro di metterli a dormire e prepararsi per il bagno di mezzanotte già anticipato da Esme. Fortunatamente un paio di commensali, anche loro con una bambina, decisero di coricarsi a loro volta, tranquillizzando Albus sul fatto che se ci fosse stato alcun problema con i piccoli ci avrebbero pensato loro. Sembravano piuttosto affidabili, e il giovane Potter voleva davvero godersi la serata; così, pur con un po' di riserve, decise di fidarsi e andare a mettersi il costume. « Come sto? » Fece una scansione da testa a piedi della ragazza, osservandola con un sorrisino malizioso che tradiva intenzioni ben diverse da quelle di un semplice bagno in mare con gli amici. « Mmh..secondo me meglio senza. » La sincerità, d'altronde, era il fondamento di una relazione stabile, no? Ridacchiò, avvicinandosi a Mun per stamparle un bacio sul collo e uno sulla spalla. « Sono quasi pronta a fingere un'indigestione. Però magari dopo aver visto la grotta. » Ci pensò su un attimo, ritrovandosi poi ad annuire con forte convinzione. « Sì beh è plausibile. Lo sanno tutti che i bagni dopo mangiato non vanno mai fatti. » Le rivolse quindi un occhiolino, pizzicandole il fianco scoperto in maniera giocosa. « Ah.. io sono pessima a nuotare. Sai.. l'acqua. » Improvvisamente lo sguardo del ragazzo si fece più serio mentre annuiva con un'aria più comprensiva. Era stato insieme che avevano scoperto uno dei punti deboli dei demoni: l'acqua. Era solo naturale che per la parte della vita di Mun in cui Ryuk le era stato al fianco, la ragazza avesse evitato anche inconsciamente gli specchi d'acqua. Sospirò, accarezzando le braccia di lei per arrivare a stringerle le mani nelle proprie in quello che sperava essere un gesto di incoraggiamento. « Non preoccuparti, ok? Se hai imparato a nuotare, sicuramente non avrai alcun problema. E poi, per qualsiasi cosa, ci sono sempre io con te. Va bene? » Ricercò il suo sguardo, sorridendole tenero prima di stamparle un bacio in fronte. « Ci divertiremo un sacco, te lo prometto. »
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    Il ragazzo non si fece ripetere due volte l'invito a tuffarsi per primo. Presa la rincorsa, saltò dal trampolino facendo una capriola in aria per piombare pesantemente in acqua tra le risate e le incitazioni generali. Una volta riemerso, rise di gusto, togliendosi i capelli bagnati dalla faccia e cominciando a schizzare in direzione di Step « SEMPRE A POMICIARE STAI! » « Ma 'nvedi tu chi parla, 'nvedi! » Risero di cuore, gettandosi qualche schizzo marino prima di rivolgere tutta l'attenzione a Mun, palesemente titubante di fronte all'idea di tuffarsi dal trampolino. La incitarono in tutte le maniere, a volte mentendo in maniera spudorata sulla temperatura o l'altezza effettiva dell'acqua, ma alla fine la mora decise di buttarsi..a modo suo. Quando la sua testa tornò sopra la superficie, il gruppetto si lanciò in un sentito boato di giubilo, alcuni battendo persino le mani come meglio potevano. « E Ryuk muto. » disse a bassa voce, scoccando un occhiolino alla mora arpionata sulle sue spalle prima di sciogliersi in una risata.
    Già dall'esterno, la Grotta dello Smeraldo sembrava pazzesca, tanto da far calare la mascella ad Albus, che cercò immediatamente l'appoggio della pietra per sporgersi meglio oltre la bocca dell'entrata. « Andiamo dentro? » Con un sorriso enorme, si voltò verso la ragazza per annuire estasiato, invitandola con un cenno del capo a seguirlo su quel passaggio che la pietra offriva per entrare a piedi. « Attenta che qui si scivola facile. » la intimò, dandole la mano e abbassando la voce come se quel silenzio gli mettesse il timore di disturbare qualcuno. E se la grotta non era davvero di smeraldo, di certo ci andava vicino. Oltre al pallore lunare, solo un paio di luci artificiali erano accese tra le pietre. Per il resto, l'acqua che dal cobalto passava allo smeraldino creava meravigliosi giochi di colori sul soffitto di pietra da cui pendevano stalattiti. Con la bocca aperta e l'aria esterrefatta, il biondo si guardò attorno con lo stupore di un bambino, più simile nei lineamenti a Jay che mai. « Cazzo, vorrei proprio avere la macchina fotografica con me in questo momento. » Pausa. « Lo so che non renderebbe nulla, ma vabbè. Mio Dio, Fitz ci morirebbe per una cosa del genere. » Minimo si bloccherebbe a fare foto da ogni angolazione per tre quarti d'ora. Pure a me e a Mun - perché diciamocelo, ne verrebbe fuori un photoshoot della Madonna. Non era solo l'aspetto naturale a renderla incredibile, ma anche i manufatti in pietra, tra cui quello che aveva tutta l'aria di essere un vero e proprio presepe sommerso. « Ho come l'impressione che qui non si possa fare il bagno. » disse, ridacchiando. In realtà non ne era certo, ma il rispetto per quel posto gli imponeva di non metterci in ammollo le proprie grazie, magari pure con il rischio di urtare qualcosa di immenso valore. Ciò non toglie che vorrei davvero. Sospirò, limitandosi ad appoggiare gli avambracci sulla balaustra in ferro per ammirare quello spettacolo. « Però ci fanno le gite in barca..forse dovremmo portarci i bambini, uno di questi giorni. » Si voltò in direzione di Mun, come a cercare una sua risposta prima di sorriderle, stendendo una mano a cercare la sua.

    Al mattino, Jay non aveva sentito storie: si doveva andare al mare. Già dal pomeriggio precedente si era fatto comprare tutto l'occorrente per giocare: palette, secchielli, formine, retino da pesca, maschera subacquea e quant'altro. Non sapeva cosa aspettarsi, ma del dubbio aveva voluto tutto. Unici acquisiti veramente imprescindibili erano stati un paio di braccioli per Jay e un salvagente a imbracatura per Lily. Così, dopo essersi informati sulla spiaggia migliore, la piccola famigliola aveva prenotato un ombrellone tutto per sé, spalmandosi addosso quintali di crema solare ad alta protezione per schermarsi da quel sole che Albus già sentiva picchiarsi violentemente addosso. D'altronde la carnagione inglese non era abituata a una simile esposizione, e rischiare di ustionarsi era il miglior modo per rovinarsi la vacanza. Sui bambini avevano adottato doppia premura, impomatandoli al punto da farli sembrare due piccoli pagliacci. Lily non sembrò amare particolarmente quel rituale, dimenandosi e storcendo il naso per tutto il tempo, ma alla fine riuscirono a completare l'opera pure con lei, corredandola di cappellino e occhiali da sole. « Et voilà. La diva del lido. » disse, ridacchiando nell'ammirare l'immagine della piccola. « Adesso possiamo andare a fare il bagno? » Una richiesta naturale, che tuttavia diventava un po' seccante se si prendeva in considerazione il fatto che fosse stata ripetuta per almeno sedici volte nell'arco di un'ora. Sospirò, Albus, arrendendosi all'insistenza di Jay. « Va bene. Ma sulla riva. » Perché lo sapeva, che non appena il bimbo avrebbe messo piede in acqua, subito avrebbe cercato di sguazzare più in là possibile. E infatti il biondino non ebbe problemi a gettarsi tra i flutti, a differenza della sorella. Lei, più restia a quel nuovo elemento e con minori conoscenze del mondo, inizialmente sembrò voler fuggire da ogni contatto con l'acqua. Ci volle tutta la pazienza dei genitori per convincerla a bagnarsi almeno i piedi, entrando pian piano in mare. Da lì, fu tutto un tripudio di risatine, urletti di giubilo e palmi schizzati sulla superficie dell'acqua. Il tutto mentre Jay si tuffava da ogni parte, giurando tutte le volte di aver visto qualche pesce grossissimo o addirittura uno squalo. « MAMMA MAMMA! Guarda cosa ho trovato. E' per te! » Non fu tanto il fatto che Jay avesse davvero trovato una bellissima conchiglia a far sgranare gli occhi e cadere la mascella ad Albus, quanto il fatto che per la prima volta il bimbo si era davvero rivolto a Mun chiamandola mamma. Le iridi del ragazzo si tinsero di un azzurro intenso, andando subito a cercare quelle della mora, a cui di certo non doveva essere sfuggito ciò che per Jay era venuto fuori in maniera del tutto naturale. In fin dei conti, Albus aveva sempre saputo che sarebbe stata solo una questione di tempo: lui per primo, nel parlare al piccolo di Mun, le dava spesso quell'appellativo. E l'arrivo di Lily l'aveva messo ancor di più nel vocabolario quotidiano. Eppure ogni abitudine era dura a morire, così Jay aveva continuato a lungo a rivolgersi a Mun chiamandola semplicemente col suo nome, così come aveva sempre fatto da quando l'aveva conosciuta. « Penso che alla mamma piaccia molto il tuo regalo, amore. » disse piano, avvicinandosi a loro con un sorriso per stampare un bacio sulla nuca del bimbo e uno sulle labbra di Mun. Questo vale decisamente di più di ogni documento d'adozione.

     
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