Infinity times infinity

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    Slytherin pride

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    Probabilmente Mun sarebbe rimasta ben volentieri qualche altra ora al letto dopo la serata precedente. Il tempo passato con gli amici di Esme era stato sorprendentemente magico; sorprendete perché, non avrebbe mai pensato di potersi divertire così tanto in compagnia di una serie di persone la cui cultura era così diversa dalla loro, eppure, doveva ammettere che erano stati davvero bravi a metterli a proprio agio. Attraccati al porto la mattina presto, avevano giusto fatto in tempo per arrivare a casa, che un riposatissimo Jay, fresco come una rosa, aveva già imposto i propri piani sopra a quelli di chiunque altri. Poco male; andare in spiaggia significava poter poltrire su una sdraio fino a tarda ora - almeno questo ciò che aveva immaginato Mun prima di realizzare che portare due bambini in spiaggia significava tutto tranne che riposarsi. Giunti sulla spiaggia frequentata unicamente da maghi, un luogo che appariva a tratti incontaminato e sognante, Mun e Albus scoprirono per la prima volta cosa il sovraccarico emotivo potesse fare al maggiore tra i fratelli Potter. « Se non stai fermo, non finirò mai! » Disse mentre tentava di spalmare la crema sulla schiena chiara del bambino. « Uffa però, quando andiamo a fare il bagno? » Albus dal canto suo, non sembrava avere una vita più facile con la piccola di casa. La scena di un Albus che tentava di spalmarle un po' di crema sul nasino, ricevendo in cambio solo smorfie infastidite la fece ridere di gusto. Concluso il rituale con Jay, riempiendolo di crema in maniera a tratti esagerata, si era seduta sulla sdraio accanto, aiutando Albus a finire con la più piccola di casa. Piccola e ostinata, considerando che, convincerla a farsi piacere la crema era stato quasi impossibile, scoppiando addirittura a piangere ad un certo punto pur di impietosirli. « Et voilà. La diva del lido. » La vide tastare piano piano il terreno sabbioso di fronte alla sdraio, sentendosi leggermente smarrita. Era tutto nuovo, e probabilmente anche un po' disorientante per una bambina di quasi due anni. « Adesso possiamo andare a fare il bagno? » « Va bene. Ma sulla riva. » Un monito che sarebbe stato disatteso alla stessa maniera in cui veniva disattesa ogni volta la richiesta di fare piano con la bici, o di scendere e salire con attenzione le scale. Va bene, ma.. era una specie di invito a nozze per Jay, e infatti non fu certo una sorpresa veder Albus o Mun perdere uno per uno un polmone a forza di ricordare a Jay che doveva restare sulla riva e soprattutto dove potessero vederlo. Tanti cari saluti al poltrire al sole; tenere d'occhio Jay era un lavoro a tempo pieno, specie quando il biondino sgusciava un po' troppo di lato rispetto al loro ombrellone. Accompagnare Lily verso il bagnasciuga, era stato decisamente più complesso. La piccola aveva guardato tanto il mare quanto il fratello che la chiamava ogni tanto con parecchia diffidenza, gettando occhiate torve tanto a Mun quanto ad Albus che insieme, la accompagnavano via via un po' più vicino all'acqua. Mun scoppiò a ridere sommessamente più volte, nel veder la moretta piegarsi sulle ginocchia manifestando il suo disagio nel andare oltre, facendo diversi versi di diniego. Alla fine Mun aveva avanzato qualche passo rispetto a lei, lasciando che il padre la accompagnasse avanzando poco alla volta, mentre lei la chiamava verso di sé con tipiche vocine che un tempo avrebbe definito da deficienti cronici. Il primo contatto con l'acqua la spaventò, il secondo la fece correre all'indietro, al terzo fu sul punto di cadere, ma dopo un po', a forza di andare avanti e indietro, grazie alle spiegazioni e le voci rassicuranti dell'uno e dell'altro genitore, alla fine la bimba scoppiò a ridere, e da lì, per Lily iniziò una nuova fissa, un po' come quando Mun le aveva fatto la prima volta aeroplano durante la cena, o come quando Albus le aveva dato l'impressione di poter volare per la prima volta, sollevandola da terra - anche in quei casi poi, Lily non ne aveva mai più avuto abbastanza. « Vedi? E' bellissimo! » Nel dire ciò, si siede sul bagnasciuga accanto a lei per darle modo di muoversi avanti e indietro pronta a prenderla qualora cadesse. Lo sguardo si alzò verso il volto di Albus, scoppiando a ridere. « Stasera sento odore di Sirenetta su Netflix prima di andare a dormire. » Pausa. « Anche se.. forse con tutto questo saltellare, ce la sfanghiamo e crollano come sassi. » No. Non è orribile sperare che due bambini sotto i dieci anni crollino senza fare capricci subito dopo cena. E' un atto naturale, e di comune civiltà. « Se superano il test, ti dico già da ora che l'estate prossima facciamo montare una piscina in giardino. » T'immagini l'oasi di silenzio dopo una mattinata a saltare e urlare? « MAMMA MAMMA! Guarda cosa ho trovato. E' per te! » Stavano parlando del più e del meno, ridacchiando nel veder le gambine paffute di Lily correre verso l'acqua e poi indietro verso di loro, quando la voce squillante di Jay sovrastò quel dolce far niente.
    Le grigie iridi di lei incontrarono quelle azzurre del ragazzo, e per un istante, Mun cercò conferma di quanto sentito sul volto di Albus, così commosso che per un istante la trovò in palese difficoltà su cosa fare o cosa dire. Ammutolita, e visibilmente emozionata, lasciò che il biondino le consegnasse la conchiglia che osservò con muto orgoglio, quasi fosse la cosa più bella che le avessero mai regalato. Tutti i gioielli che avevano sfiorato quelle sue mani, non sarebbero mai stati belli quanto quella bianca conchiglia - fatta eccezione per l'anello di fidanzamento, che ora pendeva da una collanina sulla quale Mun l'avevo fatto scivolare prima di arrivare in spiaggia per paura di perderlo. « Ti piace? » « Penso che alla mamma piaccia molto il tuo regalo, amore. » E Mun annuì con estrema convinzione, tentando di reprimere la forte emozione che premeva in maniera ossessiva e pungente sul suo petto, allargando le braccia per accogliere il bambino in un forte abbraccio. Naturale e semplice; non se lo era mai aspettato così quel momento, eppure era stato molto più bello di qualunque sua fantasia. « E' il regalo più bello che potessi farmi, topolino. » Posa un bacio sul fronte del bimbo sistemandogli i capelli, per poi stamparne uno sulle labbra di Albus, tirando appena su col naso. « Adesso ne trovo altre! E poi papà ci aiuta a costruire un grande castello per i dinosauri! Un castello con il treno, Lily! Tu puoi fare la principessa ed io il capotreno! » Mun scoppiò a ridere, mentre si alzava in piedi, attaccandosi al braccio suo fidanzato. « 'teno! » Esclamò Lily colta da un'improvviso attacco di allegria, seppur era evidente non fosse interessata agli stessi passatempi del fratello. « Dai Lily MUOVITI! Andiamo a cercare le conchiglie!! » « Oi! Resta dove possiamo vederti! » Non sarebbe stata né la prima, né l'ultima volta che l'avrebbero ripetuto, ma a quel punto, Mun si era completamente scordata della stanchezza o dell'idea di restare a letto fino a tardi. Era felice, e serena; quasi come se fosse diventata mamma per la seconda volta. [...] I giorni a venire erano stati da sogno, tra gite in barca, risate e giochi, cene con vista mare, e compere a non finire. Roma le era sembrata un sogno, tant'è che non c'era stato angolo o scorcio che non avessero fotografato. Persino Jay aveva ricevuto una piccola macchinetta con cui scattava foto ad ogni sasso, insistendo affinché le sue creazioni venissero stampate e aggiunte alla bacheca che Albus aveva appeso nella stanza del bambino pochi giorni prima della loro partenza. Quella sera, lasciati i piccoli di casa in compagnia di Esme e Olivia, che avevano accolto la presenza dei bambini con grande entusiasmo - specie l'italiana che li viziava al pari di una persona di famiglia - Mun aveva insistito perché si mettessero in ghingheri e passassero una serata tutta loro, in una delle città più romantiche di sempre. In realtà non aveva pensato a niente; la Proietti aveva già organizzato una serata come regalo di fidanzamento e infatti, vedendo Mun dare le ultime raccomandazioni al maggiore di casa su come comportarsi, alla fine l'aveva trascinata verso la porta per un braccio senza troppi rituali. « Su! Eddaje npo', che la macchina v'aspetta di sotto. Guarda non ce li mangiamo.. va beh che so' de sinistra, ma manco così tanto.. » Alla fine aveva salutato i bambini con un ultimo cenno della mano scendendo in piazza Cavour dove una macchina effettivamente li stava aspettando. Non passarono poi molto tempo a bordo perché giunti nei pressi del quartiere Trastevere, l'autista aveva consegnato loro una mappa incantata che avrebbe mostrato loro la strada verso il ristorante incastrato tra le strette viottole affollate. Una location bagnata da un tramonto mozzafiato, quella scelta dalla loro guida, stipata in fondo a una via stretta, incastrata tra manificienti palazzi antichi; un unico tavolo per due contornato da diverse candele e un cameriere sorridente all'entrata. Il ristorante aveva un nome strano che Mun non seppe tradurre nemmeno dopo aver consultato il piccolo dizionario che aveva sempre in borsetta da quando erano atterrati a Roma. Er zozzone trasteverino. Da fuori non sembrava un granché, ma la tovaglia era pulita, e le posate lucenti come piacevano a lei. « Weeeeee! So' arrivati. MARIO FAI PARTI' I FORNELLI! Daje che i fringuelli so' affamati. » Il grassoccio cameriere dalle guance rosse si avvicina indicando loro gli unici due posti disponibil, attorno a un tavoli tondeggiante. « Buonasera signorina, Gino, a vostra completa disposizione. Capo, scegliamo il vino o ti fidi della casa? La signorina Esme ha già scelto tutto, però, sia mai che mi oppongo ai desideri di due innamorelli.. » Mun scoppia a ridere. In quegli ultimi giorni ha assistito a diverse accoglienze di quel genere. Gli italiani erano estremamente spontanei e calorosi; tutto il contrario dei ristoranti e le cene a cui spesso ha assistito in Inghilterra. La giovane, volge lo sguardo verso Albus, riservandogli uno sguardo complice mentre gli accarezza la guancia, per poi rivolgersi al cameriere. « Ci fidiamo della casa. » « DAJE MARIO, METTI SU LA SPAGHETTATA! - torno subito col vino. » Portato un unico gigante piatto di spaghetti per due, Gino si appresa a gettare lo strofinaccio che ha sulla spalla in un angolo. Non si era accorta infatti Mun, fino a quel momento che nella penombra, giaceva mezzo malandato un uomo smilzo mezzo addormentato con un mandolino in grembo. Scocca le dita un paio di volte, Gino, e l'uomo capisce che è il suo turno. « Ce dovete scusà eh, qui famo un po' alla come viene. » Mun tentò inutilmente di soffocare una risata nascondendosi dietro alla spalla di Albus. Ma quando l'uomo, prese a suonare, l'atmosfera si trasformò quasi per miracolo. Gino agitò la sua bacchetta spegnendo la maggior parte delle luci, eccezion fatta per una stringa di lanterne sopra le loro teste e le candele, versò loro il vino e si ritirò ridendo sotto i baffi. Cavolo. Fanno le cose alla come viene, ma sanno il fatto loro. E adesso, Mun iniziava a capire davvero per quale ragione Esme li avesse spediti proprio lì, nel cuore pulsante di Roma, nell'unico ristorante a gestione magica, che aveva eluso ogni presenza babbana, lasciando loro la stradina tutta per loro. « Dolce è sognar e lasciarsi cullar nell'incanto della notte. Le stelle d'or con il loro splendor sono gli occhi della notte » Gli occhi della piccola Carrow presero a brillare, mentre, avvicinato il piatto, afferrò uno spaghetto a mani vuote, girandosi verso Albus. « Apri.. » Disse divertita, offrendogli un'estremità dello spaghetto, per poi fare altrettanto con l'altra, percorrendo la lunghezza della pasta finché le loro bocche non s'incontrarono. Lei voltò la testa con fare fintamente imbarazzato, portandosi la mano sul petto, per poi avanzare lentamente le dita a solleticare la sua. « Tu lascia andare il tuo cuore sicuro ti guiderà e dolcemente ti dirà:"Questa notte è per amar..." » E fu la notte più magica che Albus e Mun potessero passare, tra le luci di una città eterna, passeggiando tra viottole strette e concedendosi un bacio o una carezza ad ogni angolo o incrocio, ridendo e scherzando, come due giovani ventenni che avevano ancora tanto da imparare e altrettanto da scoprire su di loro e sul mondo. Solo con la comparsa dei primi raggi del sole, dopo essere saltati da un locale all'altro, visitando in notturna diversi monumenti, si erano resi conto della stanchezza. « Amore, io non arrivo a casa se non prendo un caffè.. » Aveva i piedi a pezzi dopo aver camminato per tutta la notte, e a quel punto più che sognante, si avviava verso il mondo dei sogni. Le luci di una caffetteria dall'altra parte della strada la obbligarono a volgere lo sguardo verso Albus. « Senti che profumo. » E da Gianfornaio, Mun e Albus sarebbero tornati a casa di Esme con cornetti e dolci appena sfornati per tutti i membri di quella strampalata tappa intermedia.

    Il rientro era stato traumatizzante. Con la testa ancora tra le nuvole, i quattro membri della famigliola ci avevano messo un po' per riprendersi dai ritmi tenuti durante la vacanza. Avevano preso un po' di colorito, ma grazie alle precauzioni ossessive di entrambi, nessuno si era abbrustolito più del dovuto. Quel nuovo incarnato le piaceva; aveva un che di esotico, seppur fosse certa che si sposava ben poco con i suoi naturali colori. Il rientro poi, oltre che traumatizzante, aveva portato con sé una valanga di problemi tutti insieme. Il progetto editoriale richiedeva gran parte delle loro energie; a ciò si era aggiunta la scelta di un wedding planner, pagare il centro estivo per il mese di agosto per Jay, e iniziare a pensare anche a come pianificare un'eventuale ristrutturazione della casa, in vista di un eventuale ampliamento degli spazi preesistenti. Anche sua nonna si era fatta risentire, annunciando in pompa magna il suo arrivo a Cambridge per il mese di agosto; ciò significava che non ci avrebbe messo molto prima che la loro presenza venisse richiesta ad Alexandria. « Secondo me non è una coincidenza. Se il padre di Tom si sta interessando così tanto alla faccenda, non mi stupirebbe se anche la megera volesse ficcare il naso in questa faccenda. » Alzò gli occhi al cielo sconsolata, mentre passava la lettera ad Albus, dandogli il tempo di leggerla. « C'è troppa gente che si sente pizzicata. » E a quel punto immaginava non fosse neanche una questione di concorrenza nel mondo editoriale, bensì di un meccanismo di autodifesa interno allo status quo. « Ricordi che dovevo fare quell'intervista sul conto della Wizarding Food and Charity per il Sunday Prophet? Annullata. » E dicendo ciò, schiaffa la lettera di scuse della giornalista sul tavolo. « Per motivi di.. sovraffollamento di contenuti. Ma serio! Ad agosto! Potrei montare un casino per una cosa del genere. Anche perché se te la prendi con una onlus che offre un servizio alla comunità, allora la macchina del fango te la cerchi. » Vogliono metterci un po di pressione. Alzò gli occhi al cielo e smise di controllare il resto della posta. In poco più di una settimana sulla soglia di casa loro si era ammassata anche troppa immondizia. Sospirò profondamente passandosi una mano tra i capelli. « Oggi pomeriggio ce la fai da solo? Mi hanno chiamato per il regalo di tuo padre. Oggi posso andare a ritirarlo. » E dicendo ciò sorride piuttosto elettrizzata. Mun e Albus si sono decisamente impegnati quell'anno, specie perché avevano molte cose per cui ringraziare Harry Potter, perciò, pur facendo molta attenzione ai conti, avevano fatto in modo che il compleanno del Prescelto non passasse inosservato. « E poi ho chiamato il veterinario per Audrey. » Dicendo ciò si intristisce appena. Mun aveva intuito che qualcosa non andava. Sin da quando erano rientrati la sua cagnolina le era apparsa fiacca e giù di morale. Mangiava poco, e non sembrava affatto partecipe alla vita della famiglia. « Se scopro che James o Siri le hanno dato da mangiare qualcosa di strano, giuro che finisce veramente malissimo. Gliel'avevo detto che è molto sensibile! » [...] Detto fatto. E la notizia che aveva ricevuto era stata se possibile molto peggiore di quanto immaginasse. Un'indigestione era una cosa; una cucciolata è un disastro. Nel guidare di ritorno da Edimburgo, Mun aveva continuato a guardare Audrey con uno sguardo sofferente. Immaginava che è così che si sente una madre quando sua figlia confessa di essere rimasta incinta troppo presto. Nella testa di Mun, Audrey era ancora una cucciola; ricordava ancora la prima volta che l'aveva vista, così piccola, con i grandi occhioni tristi, tutta scodinzolane e curiosa di scoprire l'ambiente in cui avrebbe trascorso le sue giornate. Ricordava il momento in cui Lily le aveva tirato la codina per la prima volta, regalando in cambio alla bimba un grosso bacetto umido sulle guance paffute. Audrey era semplicemente troppo piccola per diventare mamma, eppure, il veterinario le aveva spiegato che, a quasi undici mesi, era più che possibile - e sta avvenendo. La giovane Carrow aveva insistito dicendo fosse assolutamente impossibile. D'altronde, Audrey non entrava quasi mai in contatto con altri cani; al parco non la lasciavano mai slegata per paura che fosse ancora troppo piccola per capire di non dover scappare. Poi la fatidica domanda: avete altri cani? E lì Mun aveva iniziato a capire, metabolizzare e covare. Il fido Arthas che aveva passato ore ed ore sul divano col muso incollato al suo pancione, che correva spensierato assieme ai suoi figli, e che aveva salvato e tenuto compagnia sia a lei che ad Albus innumerevoli volte durante il periodo nella foresta proibita e nelle celle sotterranee, era il sospettato numero uno. Rientrata a casa, posò Audrey per terra, andando a depositare il grosso pacco per Harry in salotto. Il modo in cui sbatté la porta d'entrata fu piuttosto eloquente. Sentì il chiasso dei bambini in giardino e approfittandosi della loro temporanea distrazione, individuato Albus sul porticato, batté le nocche sulla vetrata della porta finestra e gli fece cenno di rientrare. Si sedette sul divano, riprendendo Audrey tra le braccia, facendola accucciare vicino a lei. A dirla tutta dopo una lunga passeggiata sembrava già più energica, ma tutto sommato, quel suo sguardo triste, tipico della sua razza, continuava a spezzarle il cuore. Osservò Albus con estrema serietà; un broncio che non era poi molto dissimile da quello di Audrey.

    « Allora. Sto per farti una domanda moooolto seria, amore, quindi non ridere, perché sono un pacchetto di nervi. » Pausa. Schiena dritta e un atteggiamento decisamente impostato, quello della Carrow. Giornatina, Mun? Infine, va dritta per dritta al nocciolo della questione. « Arthas è sterilizzato? » Ed eccolo il colpevole che, rimasto fuori a giocare coi bambini fino a quel momento rientra dalla sua porta con fare molto vago, iniziando a girare senza una ragione apparente in cucina, per poi sedersi accanto ai piedi di Albus, continuando a volgere lo sguardo verso il divano. « Audrey aspetta i cuccioli, Albus. Non ha un'intossicazione alimentare, non si è mangiata i lego di Jay, non è malata, aspetta dei maledetti cuccioli! » Allarga le braccia, con fare esasperato, sentendo la cagnolina, farsi impercettibilmente più vicina a lei. Alza un dito a mo di monito in direzione del giovane Potter e lo fissa con serietà. « Occupati della questione, perché io non intendo affrontare questa situazione ogni anno. Questa casa non è un canile, Albus, capito? » Pausa, tempo in cui, pur tentando di mantenere la faccia tosta, lo sguardo di lui basta perché si sciolga un po'. A ciò si aggiunge il muso di Arthas contro il pavimento che oscilla da una figura all'altra. Scocca la lingua contro il palato, e tenta di reprimere un improvviso sorriso. « E non guardarmi in quel modo. Non ho tempo di stare anche dietro ai drammi dei cani. » Asserisce alzandosi di scatto, lasciando Audrey in balia dell'assenza di qualcuno contro cui accoccolarsi, e allora, ripiega appunto con Albus, mentre Mun inizia a tirare fuori dal frigo il necessario per preparare la cena. « Non so proprio come può essere successo! Audrey è troppo piccola per avere i cuccioli - l'ho detto e ridetto al veterinario, ma a quanto pare è così. » « AUDREY AVRA' DEI CUCCIOLI? CIOE' DEI VERI CUCCIOLI? » Mun si ferma per un momento ad osservare Albus con un'espressione decisamente seccata, mentre vede rientrare Jay con al seguito la sorella che gli trotterella dietro trascinandosi dietro il peluche di un coniglio. « Ciao mamma! L'hai portato il gelato? » La giovane Carrow, va incontro a Lily per aiutarla a superare l'ostacolo della porta finestra, prendendola in braccio. « Papà papà, dove stanno i cuccioli? Posso vederli? » No ecco, questa non ci voleva. Sarà un dramma.




     
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