Parco della Liberazione

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    « L'ho cucito io, sai? A tal proposito... » Sa dove andare a parare quando parla con sua sorella Arthemis e sicuramente mettere in gioco l’argomento vestiario rende più a suo agio la figlia di mezzo degli Ayres. Misty se ne esce con due pacchetti con all’interno delle cravatte dello stesso colore dell’abito che avrebbe indossato Arthemis quella sera.
    « Natale in anticipo. » Accetta di buon grado quella cravatta sapendo benissimo che il gusto nella scelta di certi vestiari di Misty era sicuramente migliore del suo. « Sto scherzando, stronzetti, quello vero arriva sotto le feste. Vedetelo come un piccolo anticipo e non sentitevi assolutamente obbligati a ricambiare.» «Grazie Misty, ne approfitterò e la indosserò direttamente stasera.» Non si sbilancia sul ricambiare il regalo, Ades era la persona meno indicata per fare dei regali e chiedeva molte volte aiuto ad Aeneas per scegliere il regalo alla loro unica sorella, stesso discorso valeva per il fratello minore. Non che gli mancassero le idee, ma semplicemente non riusciva spontaneamente a scegliere qualcosa per i due. Hector non faceva mai mancare niente ai tre fratelli Ayres ed era difficile scegliere qualcosa che ai tre mancava.
    Ascolta le parole di Misty dopo la sua battuta leggermente infelice. Annuisce riconoscendo che quella libertà era apparente, non avrebbe mai lasciato gli Hikesioi non fino a quando loro padre era ancora in vita. Tanto se dovesse morire, ci sarebbe sicuramente qualcun altro a prendere il suo posto. Aveva vissuto due vite prima di liberarsi del voto, ma nonostante potesse fregarsene di Hikesioi sapeva bene che non poteva uscirsene pulito, non dopo quello che aveva fatto.
    « Però non vorrei che ci andassi di mezzo tu, Ades. Se dev'essere così, non ci vado.» Istintivamente, il braccio che cingeva le spalle del più piccolo degli Ayres si tramutò in un abbraccio. Non era solito avere dimostrazioni d’affetto così, ma sapeva bene quanto Andy teneva sia a lui che a Misty.
    «Non devi preoccuparti per me, la soluzione si trova comunque. Voglio solo che ti diverta, goditi la tua prima vacanza lontano dalla famiglia.» Guarda Misty con uno sguardo malinconico mentre abbraccia il fratello. So che puoi ascoltarmi non voglio che Andy riviva le stesse cose che ho passato io «Poi ritornerai il favore ad entrambi.» Scioglie l’abbraccio avvicinandosi alla sorella: «Mi aiuterai a studiare il rito? Siamo sempre impegnati con i nostri lavori che non riusciamo a trovare del tempo per stare insieme.» Poggia una mano sulla spalla di Misty: «Se no il regalo di Natale quest’anno te lo dimentichi.» Conclude la frase con un occhiolino verso la bionda.
     
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    Quando Ades aveva rivolto alla sorella uno dei suoi parsimoniosi ma sinceri complimenti, Aeneas si era fermato ad osservare bene Artemis: se non fosse stato per il taglio degli occhi più guerrigliero, simile a quello del padre e di Ades, in quel vestito blu come la notte piena di sogni che vivevano sempre da piccolini, sarebbe stata identica alla mamma. Bella da mozzare il fiato. «L'ho cucito io, sai? A tal proposito...» « Sì, sei bella davvero, mi ricordi la m... » Ma si lasciò quasi interrompere, il giovane Corvonero, senza particolare voglia di terminare la frase. Io non li ho mai visti, del resto. Voi lo sapete meglio di me com'erano fatti. Conosco a memoria tutte le fotografie che ho sul comodino, su cui tutti i miei amici scherzano, notando quanto fosse bella mamma Helena. Ma sul resto, il vuoto. « Natale in anticipo. » Andy aspettò che il fratello scegliesse il suo regalo, scoprendo subito che si trattasse di due cravatte completamente identiche: l'avvicinò all'occhio curioso osservandone i ricami, sorridendo entusiasta. Le uniche cravatte che Aeneas conosceva erano sempre state quelle della divisa con i colori di Corvonero e non ne aveva mai indossate altre, né ricevute in regalo: sebbene gli piacesse molto, quel dono gli ricordava quanto si stesse malauguratamente avvicinando alla fase dell'età adulta, delle cravatte e dei riti dei grandi. Il voleva dire che il count down fosse sempre più vicino alla scadenza, sebbene fosse lontano anni luce dall'idea di portare a termine l'obiettivo prefissato ancor prima della sua nascita. « Sto scherzando, stronzetti, quello vero arriva sotto le feste. Vedetelo come un piccolo anticipo e non sentitevi assolutamente obbligati a ricambiare. » « Grazie Misty, ne approfitterò e la indosserò direttamente stasera. » L'aveva già messa intorno al collo, Andy, sbagliando giro un paio di volte e cercando poi aiuto da parte della sorella con un cenno del capo. « Cavolo, sei bravissima Misty! Anch'io vorrei imparare a cucirmi i vestiti da solo.. Hector poi, secondo me sarebbe entusiasta se apprendessi anche quest'arte. » Hector desiderava che Aeneas Ayres fosse perfetto, in tutti i campi ed ambiti possibili: gli aveva pagato lui di buon grado le lezioni di piano e di violino, di pittura, di solfeggio e di canto. Ed era per quel preciso motivo che Andy aveva fatto di tutte le sue doti una passione personale, mai troppo sbandierata in giro. Non era il talento a mancargli, ma la parte vanesia che aveva ereditato dalla madre, che ormai era come nascosta gelosamente al resto del mondo. Soprattutto da Hector. « [...] Anche perché non ci è comunque concesso... Far sospettare nulla. Con o senza Voto. Padre toglierebbe di mezzo il problema. » Sempre se Padre sapesse qualcosa, se ci spiasse. Aeneas non aveva mai avuto alcuna certezza al riguardo, ma l'ipotesi lo terrorizzava anche di pensare le cose che stava pensando in quel momento, per cui forse si sarebbe anche dovuto sentire in colpa. E non ci si sentiva affatto. « E se dovessero capirlo? » Domandò d'un tratto guardando Misty, uscendo dal mondo dei suoi pensieri. « Si, voglio dire. Se qualcuno... capisse... qualcosa... dovrei chiamarvi per obliviare... questo qualcuno? Io sto al sesto, non ne sarò capace fino al prossimo anno, circa. Anche se mi sto esercitando molto in Sala Comune... ovviamente quando non c'è nessuno. » Andy conosceva le regole e sapeva di dover nascondere la sua doppia vita anche ai suoi amici più cari, ma si domandava cosa avrebbe dovuto fare se per caso l'avessero colto sul fatto. Se per caso un ragazzino di sedici anni fosse stato trovato a fare cose strane, mentre i suoi coetanei pensavano alle feste e con quale ragazza uscire quella sera. « ...e c'è spesso qualcuno perché sapete, i Corvonero. » Quindi alla fine non mi sto esercitando poi così tanto. Avrei bisogno di voi al castello... Dicevano i suoi occhi che, quando la sorella parlò di nuovo, tornarono nella vastità del suo mondo interiore, lontano da tutti. « Ma è inutile parlarne. È una cosa che non cambierà mai Misty era più agguerrita di lui nella crociata contro la loro prigione, ma se possibile anche più lucida di lui: per la sua visione infantile, sarebbe stato più semplice di come la faceva lei, liberarsi delle catene e dire addio all'oppressore per sempre. Abbassò lo sguardo, Aeneas, mentre il ricordo della voce di Hector che avrebbe udito anche di lì a poco lo fece rabbrividire, ma ne ricordava le parole più ricorrenti: "Tu sei molto importante, Aeneas. Fondamentale per il nostro sistema." « Non vedo perché non cominciare anche adesso. Disegno a due mani? Tanto ancora manca un'ora. » Non si sentiva pronto, Andy, dunque deglutì avvicinandosi suo malgrado, silenzioso. Non voleva che anche sua sorella costituisse un problema per il suo estro, dunque si fece coraggio e avvicinò un pastello verde al foglio: delineò i tratti di un delicato salice piangente, le cui foglie sbiadite pendevano verso terra, come ad aver perso per sempre la facoltà di destarsi verso l'alto. Una chiara metafora. Alzava di tanto in tanto l'occhio verso Misty, curioso di conoscere il suo verdetto - perché gli uomini di casa sapevano che il suo parere era quello decisivo. « Non saprei. Magari se Ades prendesse il tuo posto per quella sera, Hec... Padre lo consentirebbe. » Non ne sarebbe molto felice, quello lo sappiamo bene... « Dovrai studiare il rituale. Mi sa che già domani ti tocca iniziare. » Guardò subito in direzione di Ades, su di giri. « Ti passo gli appunti. Tutto sommato, Venere non era una Dea così... complicata, ecco. Secondo me la più tosta è proprio la tua, Ades. » Se dovessi prendere io il tuo posto sarebbe mooolto più complicato, lo sappiamo tutti e tre! « Suppongo possa funzionare, comunque. Ci sono già stati dei precedenti... Anche se si trattava di assenze per impegni diversi. Ma siccome, in questo caso, stiamo parlando del figlio... Non credo faccia troppi problemi. » Secondo me invece me la farà scontare in altri modi, pensò Andy. Ma era disposto a rischiare, per una serata con gli amici come un adolescente qualunque, senza doveri e formalità. Senza obblighi o riti da svolgere, senza possibilità di opporsi. « Non devi preoccuparti per me, la soluzione si trova comunque. Voglio solo che ti diverta, goditi la tua prima vacanza lontano dalla famiglia. » Ricambiò immediatamente l'altrettanto insolito abbraccio di Ades, che strinse con tutta la forza che il Corvonero aveva in corpo. Chiuse gli occhi, sniffando l'odore diverso di un Ades adulto, di un Ades che non conosceva come quello di prima, quand'era bambino. E avrebbe tanto voluto conoscere meglio. « Lascia stare, Andy. Ci sarò anch'io a convincerlo. Non è poi una richiesta così assurda. Ma, sappilo... Ci devi un favore. » Mentre continuava a perfezionare le precedenti sfumature sulla tela, adesso Aeneas disegnò un sole che illuminava l'imponente pianta e le pianure cesellate di Misty: sorrideva, davvero fuori di sé per rendersi conto della contraddizione. Il caldo della gioia su una pianta destinata a piangere per sempre. « Sono disposto a ricambiare quando e come vorrete! Derek ha insistito molto perché andassi... » disse, chinandosi un po' e socchiudendo gli occhi per raggiungere il colore giusto che aveva in mente per la stella del giorno ed i suoi riflessi sul paesaggio. « ...e poi, sì, sì, ecco, - Ti piace come sta venendo qua? - ci sarà una ragazza... » fece, dissimulando, mentre indicava a Misty le sfumature di colore acceso che adesso si riversavano anche sul salice, più illuminato di prima. « Mi aiuterai a studiare il rito? Siamo sempre impegnati con i nostri lavori che non riusciamo a trovare del tempo per stare insieme. » « Perché vi vedete meno di prima? » domandò, concentrato ancora sul disegno, curioso e triste anche nella voce nello scoprire che quella che lui considerava la sua unica e vera famiglia pareva essere meno unita anche nella vita, al di fuori della villa degli Hikesioi. « Se no il regalo di Natale quest’anno te lo dimentichi. » Cosa desiderava Andy per Natale? Niente di materiale che qualcuno potesse comprargli. « Io ho un regalo per voi, ma non voglio che Hector lo veda. » Li guardò entrambi, colpevole, abbozzando un sorriso. « Se no chissà che penserà. Quando pensa che lo ignoro mi da più attenzioni del solito. » Ed estrasse un foglio spesso della tasca, piegato in quattro. Se aperto, avrebbe rivelato il disegno fatto a matita dei loro volti vicini, simili nelle espressioni più dolci e rilassate di sempre. Come forse nella vita non lo erano stati mai.
     
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    Posizionato l'ultimo muffin sull'alzatina, si guarda attorno, Led. I grandi occhioni azzurri scrutano l'ambiente circostante attraverso il filtro vermiglio dei sobrissimi occhiali da sole. Si è vestita elegante per l'occasione. ..Beh, per quanto possa essere effettivamente tale il concetto di elegante all'interno della sua testolina leggermente matta. « Karma dovrebbe essere qui a momenti » Parla da sola, o forse anche no -cosa più che abituale, se avete avuto la fortuna (o sfortuna?) di conoscerla un minimo- mentre si sistema gli occhiali sul naso. « Speriamo di riuscire ad aiutarla » Tu e..chi, Led? « Se lo meriterebbe un sacco » Aggiunge, fin tanto che i primi curiosi inizino ad arrivare. Non è passata nemmeno un'ora che è già un cospicuo gruppetto, quello che si raccoglie davanti allo stand, e la biondina, che grazie a quel suo lavoro ha assunto un minimo di intraprendenza in più, è tutta intenta a destreggiarsi tra questo e quel cliente. Certo, con un guaio di qua ed un pasticcio di là ma insomma.. E' di Led Trambley che stiamo parlando! La stessa che si è scaraventata addosso un intero scaffale di vernice il primo giorno di lezione. « Ci sono i muffins! Li ho fatti io con le mie manine, sìsì » Annuisce tutta contenta, prima di piegarsi sul bancone, assottigliando lo sguardo. « Non credete a loro, non è vero che sono avvelenati! » Loro chi, è una domanda lecita che tuttavia, fidatevi, non otterrà mai una risposta. « Oh ciao Kristi! Archie, Klaus, un attimo e sono subito da.. - » Aspetta, riavvolgi il nastro. Boccetta d'inchiostro rosso alla mano, l'ex Tassorosso si rigira, lentamente. Ed è allora che lo vede. « T-t-tu sei Eth-e-e-Ethan B-b.. » E la nostra narrazione procederebbe pure, se solo non fosse che..Beh, Led Trambley è così paralizzata che, a breve -brevissimo- probabilmente il suo fisico non reggerà. Un ottimo modo, dopotutto, accogliere una star al proprio stand svenendo, no?
    Led ha indetto uno stand di tatuaggi (qui spiegato meglio) in maniera molto #antisgamo
    Per chi vuole sfruttare la cosa ruolandosi un tatuaggino, è tutta vostra!
    - Interagito con Ethan for now
     
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    Il suo manager aveva sconsigliato vivamente di presentarsi in un luogo pubblico così su due piedi senza curarsi del possibile assalto di fan, ma Ethan Bennett era così: uno spirito libero. Se nella sua testolina frullava qualcosa di diverso rispetto a quello che gli altri consigliavano proseguiva sempre per la sua strada. Si era ritrovato a seguire la pagina del down the rabbit hole su wiztagram, pagina personale della proprietaria, ma i tatuaggi presenti nelle foto postate avevano fatto pensare al serpeverde che la tipa riusciva bene in quel che faceva.
    Cuffiette alle orecchie mentre cammina per il parco cercando lo stand allestito dalla ragazza. Non si curava delle occhiate che riceveva dagli studenti presenti al parco si muoveva spedito alla ricerca della bancarella evitando persino alcune persone che cercarono di fermarlo. Bello l’ambiente, non mi sarebbe dispiaciuto frequentare il college. Il pensiero passa fugace quando finalmente trova la bancarella.
    « Ci sono i muffins! Li ho fatti io con le mie manine, sìsì » Sente la voce della ragazza ed allunga il braccio verso uno dei muffin addentandolo al volo.
    Si sente salutare con il suo nome d’arte ed alza un sopracciglio divertito dalla vivacità della proprietaria dello stand: « T-t-tu sei Eth-e-e-Ethan B-b.. » Passano neanche pochi secondi che la bionda riconosce al volo il cantante. « Non è il miglior momento per avere un collasso qui. » Con voce calma ed un sorrisetto interviene prima che la ragazza potesse dire altro, se ci fosse riuscita: « E poi chi mi tatua se finisci al San mungo? » Si gode il momento mentre le persone allo stand si girano a guardarlo: « Attenderò il mio turno. Non sia mai che si dica che Ethan Bennett ruba il posto per la sua fama » Le fa l’occhiolino e addenta nuovamente il muffin: « Sono ottimi, te ne ruberò altri. » Fa spallucce mentre allunga la mano libera verso un muffin e lo passa alla persona che aveva di fianco invitandolo a godersi la bontà di quel manicaretto
     
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    28 Febbraio

    Stava seduta a gambe incrociate in uno dei gazebo posti all’interno del parco della liberazione. Aveva già avuto lezioni per tutta la mattinata e, quell’ultima lezione in programma non sarebbe incominciata prima delle quattro aveva ancora una bella ora piena prima di ritornarsene al castello.
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    « Ssenza dubbio... Sssenza dubbio Mr Tootss » Sfogliava un po’ contro voglia, ma soprattutto con noia quelle pergamene del sopracitato Tilden Toots, famoso per aver avuto un programma radiofonico nel mondo magico ed anche rinomato erbologo e pozionista, ma che in tutta onestà per quanto riguardava l’interesse della Mortimer quelle nozioni e conoscenze le aveva avute già ben prima di ritrovarsi a leggere quelle documentazioni. Erano più interessanti le tue uscite sul tranello del diavolo. Perché oltre alla cura delle piante tramite pozioni, almeno era quello che c’era scritto nelle pergamene, il signor Toots aveva avviato uno studio approfondito per una delle piante preferite della Mortimer.
    Un po’ si sentiva sollevata nel ritrovarsi sola in quel gazebo. La giornata non prometteva bene in fatto di meteo, ma si sapeva che il tempo inglese era variabile: poteva esserci il sole e poi pioggia a dirotto o viceversa, un meteo fin troppo variabile. La Mortimer sperava davvero che piovesse, le avrebbe sicuramente rallegrato l’umore che già di per se era positivo. cra cra cra Un ranuncolo saltellò sulla gamba della serpeverde e, con un altro saltello, finì sopra le pergamene. Gli occhi azzurri della Mortimer scrutavano con attenzione la piccola bestiola che ormai aveva preso spazio su quei fogli. « La tua casssa non è qui mi ssa. » Parlò al ranuncolo come se fosse una persona. Allungò la mano verso di lui poggiandola con il palmo aperto vicino ai fogli in attesa che l’animale saltasse lì.

     
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    Quel giorno, Sol Delgado si era convinta che l'esercizio fisico fosse suo amico. Ed era nel bel mezzo di quella che si sarebbe potuta definire una leggera corsetta quando, nei pressi dei gazebo, le giunse alle orecchie una voce che forse non le era del tutto familiare nel senso stretto del termine - d'altronde, lei e la persona cui la suddetta apparteneva non erano propriamente una nell'orbita dell'altra a livello costante, ma che comunque conosceva abbastanza. « Ssenza dubbio... Sssenza dubbio Mr Tootss » D'altra parte queste s strascicate non penso le abbia nessun altro. Rallentò il passo, come a cercare inconsciamente una conferma dei propri sospetti, e non ci mise molto ad individuare la chioma platinata di Sunday Mortimer. Ma sta parlando da sola? , una domanda che le sorse del tutto spontanea mentre, ormai fermatasi, scorreva lo sguardo tra la suddetta ragazza e... beh, di fatto, il nulla. Si trattenne quindi dall'emettere un verso qualsiasi che potesse manifestare la propria presenza. Di fatto aveva ancora il vantaggio di esserle arrivata alle spalle, quantomeno, tanto che stava a lei decidere se restare ad osservare lo scorrere degli eventi o se, anzi, battere in ritirata. Ecco, che la Mortimer potesse non essere propriamente ordinaria, questo Lola gliel'aveva fatto intuire ampiamente, bastava anche pensare all'umore con la quale questa approcciava i propri turni da Magie Sinister. Che poi comunque che Lols sia finita a lavorare proprio lì, sarebbe una rivelazione sufficiente a far perdere dieci anni di vita alla vecchia megera. Chissà che non sia il caso di farmelo scappare. Stava ancora valutando quale sarebbe stata la sua prossima mossa - se parlare con la Mortimer o meno - quando udì di nuovo la sua voce. « La tua casssa non è qui mi ssa. » Ma di chi sta parlando? Considerato il personaggio, le possibilità erano molteplici. Sol non escludeva né quella di un'eventuale anima dipartita, né... beh, altro. Comunque propendeva per l'anima dipartita. E, siccome la curiosità uccise il gatto, decise che magari darsela a gambe le avrebbe sicuramente evitato rogne, ma che non per questo avrebbe saziato la sua fame di conoscenza. « Ma buongiorno! » Si annunciò dunque, facendo il giro attorno al gazebo per trovarsi faccia a faccia con l'interlocutrice. « Non ricordo se fumi, però ti spiace se nel frattempo mi piazzo qui? » Come a conferma di quel che stava dicendo, le mostrò la sigaretta appena estratta, l'ombra di un sorriso sulle labbra. « Come va? » Pausa tattica. Ma soprattutto... « Mr. Toots? Chi è? Dovrei conoscerlo? »
     
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    La presenza di quel piccolo anfibio aveva distratto momentaneamente la Mortimer dal suo studio. Passo l’indice sulla piccolo testolina del ranuncolo andante a sentire la pelle liscia ed umida. La pelle degli anfibi, in particolare di alcune rane potevano addirittura essere velenose ed alcune venivano persino usate come estratti per le pozioni. Le aveva studiate fin troppo attentamente riconoscendo l’innocenza di quel piccolo anfibio che era saltato sul palmo della sua mano. « Ma buongiorno! » Una voce la riportò alla realtà. Alzò lo sguardo ritrovandosi davanti una figura esile e bionda tanto quanto lei. Accenna un sorriso nel sentire quel saluto dalla ragazza; la conosceva? Sapeva chi era, ma non aveva mai avuto modo di parlarle a tu per tu come in quel momento: « Non ricordo se fumi, però ti spiace se nel frattempo mi piazzo qui? » Osserva l’abbigliamento di Sol notando che era vestita in maniera sportiva, si stava sicuramente allenando. Non conviene fumare dopo un allenamento, ma chi sono io per giudicare? Quel pensiero balena nella testa della serpeverde tanto da farle cenno con la mano libera e sedersi di fianco a lei: « Buongiorno a te, prego fai pure. Anzi ne approfitto anche io per fumarne una. » Il piccolo ranuncolo nella mano della Mortimer saltò prima sulla sua spalla e poi sulla testa bionda: « Bene? Beh sssì bene. » Annuisce mentre con lo sguardo va a cercare l’anfibio ormai nascosto sulla sua testa: « Potrebbe andare peggio. » Breve pausa: « Tu come ssstai? » Ticchetta sotto il mento cercando di ricordare il nome della ragazza: « Ssssol, giusto? » Dovrebbe essere parente di Lola. Cerca nella tracolla le sigarette prendendone una. « Mr. Toots? Chi è? Dovrei conoscerlo? » Accende la sigaretta ascoltando la domanda che la serpeverde le aveva posto; Le sembrava quasi strano che non conoscesse Tilden Toots anzi era piuttosto strano studiarlo in pozioni che in altre materie visto che era più famoso per altro che per i suoi metodi di giardinaggio alquanto basilari, ma utili a livello di pozioni: « Mai ssssentito parlare di Tilden Tootss? Uno dei primi maghi a portare la radio nel mondo magico. » Tira dalla sigaretta per prendersi una breve pausa prima di riprendere a parlare, sbuffa il fumo dalle narici: « O ssse ti piace puoi chiamare il sssignorino sulla mia tessta in quessto modo. » Indica con lo sguardo il ranuncolo sulla testa: « Alla fine non era tanto diversso da lui. » Allunga la pergamena che aveva a terra dove mostrava la foto del famosissimo Tilden Toots. « Anche ssse forsse il piccoletto è più carino. »

     
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    25 Maggio

    Prendere tempo: la parola d'ordine a cui si era appigliato si da quando Inverness si era espanda nei territori di Hogwarts. A chi gli chiedeva cosa ne pensasse, Léon rispondeva con una semplice scrollata di spalle. Non pensava nulla, non gliene importava nulla. C'era solo una cosa di cui gli importava: se stesso. Nella sua ignavia e nella sua codardia, a Léon non piaceva l'idea di essere costretto a prendere una decisione e così, semplicemente non ne aveva presa nessuna. Eppure era Maggio, e il giovane Hyun si trovava ancora lì ad Hogsmeade. Andare altrove lo avrebbe costretto a riprendere la propria vita - e soprattutto il proprio lavoro - reimmettendosi nel meccanismo tossico che odiava e che al contempo non aveva il coraggio di lasciar andare. Questo lo avrebbe esposto al biasimo della famiglia di Lola, che ormai era convinta della loro unione e che avrebbe visto un qualunque passo indietro come un tradimento. Verrei accettato in Inghilterra, da chi mi sapeva legato ad una fuorilegge? Non voglio cascare dalla padella alla brace. Sua madre voleva farlo tornare in Corea, anche a costo di portarsi dietro Lola. Ma la cosa non era fattibile, e Léon, in Corea, nemmeno ci voleva tornare. Così aveva trovato una scusa: con l'aiuto di un suo amico di Medimagia si era fatto diagnosticare un disturbo da stress post-traumatico che gli avrebbe impedito almeno nel breve termine grossi spostamenti o cambiamenti. Il prezzo da pagare era quello di doversi presentare più o meno tutti i giorni dallo psicologo, inventando qualche cazzata su come l'assalto al castello avesse risvegliato in lui chissà quale trauma sopito. Uno stallo, insomma, che ormai a distanza di mesi non sapeva più come sciogliere.
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    Uscito dall'ennesima seduta, il giovane Hyun si abbandonò a sedere su una panchina del parco, accendendosi una sigaretta mentre osservava passare un piccolo gruppo di cacciatori in pattuglia. Chissà chi gliele fa le divise. Sicuramente sono su misura. Un ottimo lavoro. Sospirò, spostando lo sguardo altrove e socchiudendo appena le palpebre per mettere meglio a fuoco una figura familiare che si approssimava nelle sue vicinanze. Le aveva dato appuntamento per fare due chiacchiere; in quel periodo non aveva molto da fare, specialmente con quel lasciapassare della diagnosi. « Ho preso un paio di birre. » Indicò a Sol la busta del minimarket, invitandola con un cenno del capo a favorire. « Non lo dire al mio strizzacervelli altrimenti esplode. » proferì quella battuta col suo solito tono piatto. Sol, ovviamente, era stata messa al corrente della quantità di cazzate su cui sedeva - d'altronde, della vera natura del legame con Lola, lei già sapeva tutto. Stappò una delle due bottiglie, prendendone un sorso a tonfo. « Secondo me non finirà mai, sai? » Pausa. « Nel senso che a forza di tirare avanti questa stronzata, come minimo io e Lola ci ritroveremo al giorno del matrimonio senza sapere come ci siamo arrivati o come uscirne. » Alcuni avrebbero potuto trovare quella situazione quanto mai ansiogena, ma non Léon: a lui non faceva né caldo né freddo. Nulla, in realtà, sembrava fargli né caldo né freddo. Fece una pausa, come se stesse riflettendo su qualcosa di estremamente importante, per poi voltarsi verso di lei. « Lo sai che ancora non ho il permesso di toccare un'arma? Hanno paura che tipo.. bo.. mi ficchi un coltello nell'occhio da solo. » Lo capisco. Ne sarei capace. Sospirò pesantemente, appoggiando la nuca contro lo schienale della panchina e fissando lo sguardo al cielo terso. « Cazzo, io credevo che le stronzate mi avrebbero aiutato ad evadere. Sono letteralmente bloccato. » Non voglio stare qui, non voglio stare altrove, non voglio questa vita ma non so neanche quale altra vita potrei volere. A questo punto tanto vale che questa cazzo di Loggia Nera arrivi e ci faccia fuori tutti, almeno non staremmo più qui ad aspettare Godot.

     
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    Quando Sol era stata informata del diabolico piano che la sua metà della mela - altresì nota come Lola - e Léon avevano messo a punto, a dire il vero si era scoperta piuttosto spiazzata. Da un lato era geniale, assolutamente geniale - il crimine perfetto da mettere sotto il naso della sacra famiglia tutta; dall'altro, tuttavia, non aveva potuto fare a meno di chiedersi per quanto, esattamente, quella farsa avrebbe retto e, in generale, se non fosse un'esperienza troppo tassante per una Lola che, in cuor suo Sol ne era certa, per tutte quelle balle doveva sentirsi molto in colpa. C'è da dire, però, che la scelta non è tanta. E l'alternativa al dire loro cazzate rende eccitante persino una vita in un reparto di lungodegenti. Non c'era verità più assodata di quella, e Sol, in cuor suo, era felice di scoprire che Lola avesse trovato un complice nel Hyun. Di lui non aveva mai avuto modo di farsi un'opinione vera e propria - un po' perché le sembrava un tipo piuttosto sfuggente, un po' perché non ce n'era mai stata occasione. Questo però non significava che l'occasione non potesse crearsi o che questo fosse un deterrente a passare del tempo in sua compagnia. Specialmente dopo le ultime due infernali ore trascorse sui libri, a seguito delle quali voleva soltanto staccare la testa.
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    « Nella tua busta c'è per caso anche la mia voglia di vivere di oggi? No, chiedo perché penso di essermela persa. » Si annunciò ironica, prima di appollaiarsi sulla panchina dove il ragazzo sedeva. Aveva disteso le labbra in un sorriso ironico, un'alzata di occhi al cielo a sottolineare il concetto. « Ho preso un paio di birre. Non lo dire al mio strizzacervelli altrimenti esplode. » Ovviamente, Sol aveva preso quelle parole come un invito a favorire - e così aveva fatto. Stappò la propria birra, prima di lanciare al moro uno sguardo a metà tra il complice ed il divertito. « Oddio, Léon - mi sa che se esplode per due birre, forse sarebbe meglio lasciare che le cose facciano il loro corso, se capisci cosa intendo. » Uno si deve fare le ossa no?, Questo, il contenuto implicito, della battuta rilanciata in direzione del compagno. Mimò comunque la chiusura della propria bocca con una chiave immaginaria che lanciò oltre la propria spalla. « Ma non preoccuparti - il tuo segreto è al sicuro con me. Se me lo chiede, era analcolica. E se non ci crede - ti ho corrotto io. Facile, no?» Un occhiolino, come a dar conferma della propria palese natura tentatrice, e poi, finalmente, bevve. « Secondo me non finirà mai, sai? Nel senso che a forza di tirare avanti questa stronzata, come minimo io e Lola ci ritroveremo al giorno del matrimonio senza sapere come ci siamo arrivati o come uscirne. » Queste, le parole che ruppero il ritrovato silenzio. Di nuovo. Sol tornò a guardarlo, la testa voltata nella sua direzione. «Sai, penso il problema non sia tanto che non finirà, perché un pretesto si può sempre trovare. Il grosso è capire se avrete o meno la voglia di farla finire. » O, in altre parole, di affrontarne le conseguenze. Non c'era alcuna cattiveria nel tono della bionda, che si era pure stretta nelle spalle nell'esprimere quella sua opinione. È il fascino di cazzate come questa - ti ci culli perché sono comode e perché ti permettono di allontanarti da una situazione che ti pressa. E per questo diventano pericolose, a modo loro - alla fine diventa difficile uscirne. «Lo sai che ancora non ho il permesso di toccare un'arma? Hanno paura che tipo.. bo.. mi ficchi un coltello nell'occhio da solo Cazzo, io credevo che le stronzate mi avrebbero aiutato ad evadere. Sono letteralmente bloccato. » La Delgado ne resse lo sguardo. Poi si strinse nelle spalle. Non si sentiva certamente una strizzacervelli, ma di cazzate dette, alle spalle ne aveva parecchie. « Dipende da cosa stai evadendo. » Disse quindi con una certa tranquillità. « Tipo - io dico un sacco di balle ai miei e onestamente non me ne vergogno. » Perché dovrei? L'alternativa sarebbe far partire un embolo a qualcuno, o tipo farmi portare in convento da nonna Dolores. « Lo faccio perché... li hai visti, non serve nemmeno che ti spieghi niente. Però se mi chiedi cosa voglio, non te lo so dire. Ti so dire cosa non voglio, però. Capito? » Io li riempio di mezze verità perché so cosa non voglio. E tu che vuoi? Una domanda sottintesa in uno sguardo vispo. Non lo stava giudicando, né voleva necessariamente toccare tasti che non le spettava sfiorare. La sua era più una palla al centro che Léon poteva liberamente scegliere di non rilanciare. « Oh, comunque se vuoi provare l'ebbrezza di toccare un'arma, dillo. Basta che nel caso l'occhio lo cavi solo a te, che a me servono entrambi per il momento. » La sua era una battuta per stemperare la tensione , ovviamente. Non credeva Léon sarebbe uscito di testa da un momento all'altro, di botto e senza senso, anche con un'arma in mano. E poi, comunque, avevano già ben due segreti in comune, no? Birra e finto fidanzamento con Lola.


    Edited by peccadillo! - 31/5/2022, 04:17
     
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    « Dipende da cosa stai evadendo. » Da.. tutto? Non c'era letteralmente nemmeno una cosa della propria vita che piacesse a Léon. Probabilmente perché per la maggior parte di essa non aveva avuto alcuno controllo sulle proprie scelte, ritrovandosi semplicemente a fare quello che la madre gli diceva. Non aveva mai avuto modo di chiedersi cosa volesse, che tipo di persona volesse diventare, cosa gli piacesse - nulla di tutto ciò. Aveva semplicemente eseguito, ritrovandosi poi un giorno completamente libero, ma incapace di capire cosa davvero volesse fare con quella libertà che alla fine era diventata solo l'ennesima gabbia. « Lo faccio perché... li hai visti, non serve nemmeno che ti spieghi niente. Però se mi chiedi cosa voglio, non te lo so dire. Ti so dire cosa non voglio, però. Capito? » « Nessuno ti capisce meglio. » proferì con quel suo solito tono piatto, buttando giù un altro sorso di birra. « Forse in realtà non lo sa nessuno e fingono solo di saperlo - oppure se ne convincono. » C'è un sacco di gente che sembra saper tutto di sé, ma chissà.. « Oh, comunque se vuoi provare l'ebbrezza di toccare un'arma, dillo. Basta che nel caso l'occhio lo cavi solo a te, che a me servono entrambi per il momento. » Sorrise a quelle parole. Léon non era mai stato veramente capace di ridere, non in maniera genuina. Non si ricordava nemmeno quando fosse stata l'ultima volta che aveva riso. Però qualche sorriso divertito, ogni tanto, glielo si poteva strappare. « Tranquilla, lo psicologo mi ha assicurato che ho tendenze per lo più auto-distruttive, quindi non dovresti essere in pericolo. » Che poi il giovane Hyun tendesse a trascinare nel gorgo con sé chiunque gli fosse accanto, questo era un altro paio di maniche ed era anche un tipo di storia che di certo evitava accuratamente di condividere col suo strizzacervelli. « Lo sai cosa mi manca? » Fece una pausa, fissando il cielo sopra di sé. « La cocaina. » Altra pausa. « Cazzo se mi manca la cocaina! In questa utopia socialista non si trova più un cazzo di buono. Finirò a pippare l'intonaco di questo passo. » I primi giorni di astinenza erano stati particolarmente difficili. Il suo corpo non era abituato a quell'improvviso stop e si era ritrovato a passare diverso tempo a letto. Aveva cercato ovunque, ma pure chi aveva qualcosa se lo teneva per sé. Dicono che col tempo sarà più facile far entrare questa roba e torneremo alla normalità. Ma ormai non lo so più nemmeno io quale cazzo sia la normalità. « Voi cacciatori avete tutte robe assurde. Possibile che non abbiate una roba simile? Bo, tipo per andare in battaglia o che cazzo ne so io. » Come minimo se ce l'avete non lo dite in giro. Bastardi. Ma ha senso. Nemmeno io lo direi.

     
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