every stroke of luck has got a bleed through

Louis, Shai & Mia.

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    Premessa: non è che Louis Weasley non sia perspicace, lo è, e lo è anche molto – lo è a livello artistico, quando deve cogliere sfumature e differenze in sinfonie lontane e mai sentite; lo è a livello accademico, quando deve intuire le strategie da mettere in atto per sopravvivere all’anno accademico nel migliore dei modi; lo è a livello intellettuale, quando deve capire quali siano i giusti procedimenti mentali da seguire per arrivare ad un dato risultato… Insomma, Louis Wealsey è perspicace, solo che non lo è quando si tratta di interazioni sociali, e sicuramente, in questo periodo della sua vita, lo è ancor meno quando si tratta di Shai Lynch-Lazare – perché è evidente quanto poco il secondogenito dei Delacour-Weasley abbia capito delle intenzioni del più giovane, ed è dunque proprio per questa sua mancata percezione che Louis rischia di mettersi in imbarazzo ad ogni gesto compiuto in quella data circostanza. Ma, non essendone, per l’appunto, a conoscenza, Louis fa tutto come se fosse la cosa più normale del mondo – prepara il programma di studio, ripassa gli argomenti dimenticati, prova ad immaginare quale lacune possa avere il ragazzo, e, infine, scrive a Mia Wallace, un’altra studentessa che aiuta con lo studio, e, convinto di star agendo nel giusto, le dice, «Alle 17:30 presso la Biblioteca Centrale. Porta Storia della Magia» com’era quel detto babbano? “Prendere due piccioni con una fava”, no? Be’, se solo Louis Weasley sapesse quale fava vorrebbe Shay Lynch-Lazare… Ma non lo sa, e nell’ora che precede l’incontro si diletta in una delle sue sinfonie babbane preferite, “Experience” di un tale Einaudi – e getta il capo all’indietro, la musica che gli annebbia i sensi, i ciuffi biondi che gli ricadono sulla fronte, il sangue che rallenta, scivola fluido, lento, rinasce, il pianoforte che inizia a partorire nubi di colori – azzurro, verde, grigio, tonalità chiare, fredde, tonalità che sanno di ricordi lontani, di ricordi dimenticati, tonalità che sanno di note leggere, di note struggenti, di note tristi, e la melodia che va, che danza nell’aria con l’eleganza di una ballerina, che allevia lo stress dalle spalle del ragazzo, che lo prepara alle ore che verranno, che gli ridà vita, che gli ridà ragione, che gli ridà passione. La musica è la sua unica vera amante – l’unica che capisce, l’unica che concepisce, l’unica a cui concede l’intimità della congiunzione. Louis Weasley non ha mai conosciuto altro amore che quello della musica – e mentre questa risuona tra le sue sinapsi, ancora una volta se ne ricorda: ha conosciuto la passione, i sentimenti struggenti, l’ossessione, la perdita, l’inadeguatezza, ha conosciuto tante cose, Louis Weasley, ma mai, neanche una volta, un sentimento che fosse paragonabile al primitivo, primordiale, essenziale amore che nutre nei confronti della musica. E mentre le sue dita – diafane, snelle, affusolate – si muovono armoniosamente sulla tastiera del pianoforte, la sua anima si purifica – si purifica da peccati sconosciuti, peccati passati e futuri, si purifica e scivola nella sacralità, nell’intimità del subconscio, nascosto agli occhi del mondo, intoccabile dall’oblio.
    giphy
    Per minuti che sembrano eterni, Louis Arthur Weasley si lascia cullare dalla magia – letteralmente – della musica. Svaniscono le responsabilità, svaniscono le inadeguatezze, svaniscono le paure – è tutto un emozionarsi, un provare, un vivere, un esistere, un essere. E, all’esistenza, Louis Weasley si abbandona: entra in sintonia con l’Universo, diventandone parte indivisibile, particella eterna, si ricongiunge all’eterno Cosmo, dentro al quale si fonde a miliardi di stelle e galassie e sistemi solari, un’esplosione di pianeti dietro alle sue palpebre, palpebre che si colorano di tonalità diverse ad ogni nuova nota, che danzano danze appena inventate, che lo travolgono di rara passione, che lo portano sull’orlo di ciò che è sempre stato: il pianista pazzo. Musica, universo, note, colori – tutto esplode nel suo cervello, un fondersi di mille esistenze, di mille esperienze, di mille emozioni… E quando tutto finisce, non è il silenzio a regnare sovrano: è la quiete. Un’insolita pace dell’anima, una tanto agognata serenità, ora raggiunta, stretta tra le mani, stanche dall’opera appena compiuta. Soddisfatto, Louis Arthur Weasley lancia una rapida occhiata all’ora, consapevole che sia ormai arrivato il momento di appropinquarsi ai suoi doveri, e, alzandosi dallo sgabello del pianoforte, lo richiude con un soave movimento della mano, dandogli le spalle e sistemandosi le ciocche bionde con le dita affusolate. In pace con l’Universo. È così che, puntualmente, Louis Weasley si sente ad opera compiuta – ed è così che cerca di sentirsi ogni giorno prima di uscire di casa, una ricerca necessaria al fine di preservare il suo benessere. Finalmente soddisfatto e rasserenato, il giovane Weasley recupera gli scritti messi da parte per le ripetizioni ed abbandona, infine, il suo appartamento in pieno Hogsmeade, pronto a raggiungere la Biblioteca Centrale. La passeggiata fino al college è, tutto sommato, tranquilla: non si ritrova obbligato in spiacevoli conversazioni di circostanza, e può godersi un po’ di solitudine senza interruzioni di sorta: insomma, va tutto piuttosto idillicamente per lui, e, forse, va tutto così bene proprio perché ha frainteso fin dal principio le ragioni dietro le richieste di colui che sta andando assistendo – ma Louis Weasley, che non penserebbe davvero mai male in quel contesto, è sornionamente convinto di star andando ad aiutare due ragazzi a superare i G.U.F.O., e nulla, se non un’ammissione di colpa diretta ed esplicita, potrebbe, al momento, convincerlo del contrario. Una volta sopraggiunto a destinazione, dunque, Louis si accomoda pazientemente ad un ampio tavolo, iniziando a sistemare i propri fogli sulla superficie e mantenendo una postura rigorosamente elegante – questo finché non scorge in lontananza quello che, se non va errando, è nientedimeno che Shai Lynch-Lazare, al cui arrivo si alza per invitarlo ad accomodarsi e, allungando una mano in un cordiale gesto di conoscenza, gli dice, «Sono Louis,» per poi riaccomodarsi e, come se fosse una cosa scontata, aggiungere, «Aspettiamo Mia e poi possiamo iniziare,» perché sì, forse è perspicace, forse è fuori dal normale, forse è surreale, ma diciamo anche che, a questo giro, Louis Arthur Weasley è stato anche vagamente disattento nel non avvisare l’uno della presenza dell’altra, e l’altra della presenza dell’uno, «Ah, quasi dimenticavo: l’ho invitata a studiare con noi, dal momento che sono anche il suo tutore. Ho immaginato non fosse un problema.»


    Sàlem « american beauty »
     
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0 replies since 29/5/2020, 19:22   42 views
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