"Almeno
provaci", si era detta la Grifondoro quella stessa mattina, ancora una volta, mentre infiocchettava il nastro nero pece con incastrato un biglietto al suo interno, nastro che aveva legato attorno al collo dell'husky rossiccio che la seguiva ovunque - ormai sin dal giorno in cui l'aveva ritrovata nella neve, cucciola e spaurita. L'aveva guardata storta con quel muso lupino espressivo, Stormie - come l'aveva chiamata quel giorno in cui una bufera s'era abbattuta selvaggia sulla sua nuova casa finlandese; Stormie, come la tempesta che era entrata nella sua vita dal momento in cui aveva deciso di permetterle di accedere al suo inviolabilissimo spazio personale. Era difficile che qualunque umano ne oltrepassasse la acuita recinzione, altissima e irraggiungibile per tutti coloro che non si mostrassero all'altezza dei suoi valori, obiettivo che almeno con la stessa frequenza era lei stessa a fallire. Aspettative troppo alte per un essere umano, quelle di Alice Astrid: s'impegnava talmente tanto ad essere normale, a rispettare le regole, ad essere
perfetta, che probabilmente s'era dimenticata cosa volesse dire provare il lusso di sbagliare, di sbattere contro gli scogli rocciosi di un'intera esistenza di per sé mareggiata. Probabilmente sbagliava ma non se ne rendeva conto, chiusa nella perfetta campana di vetro dove s'era rinchiusa, guardando il mondo esterno mentre le dita, lunghe ed affusolate, si appoggiavano delicatamente sul vetro e gli occhi verdastri agognavano sentimenti, passioni del mondo all'esterno: aveva perso interesse nel cercare conflitti, perché sentiva di averne già affrontati troppi per la sua giovane ed infantile età. Era come se, più cercasse di restarne fuori, più drammi, avventure ed inaspettate baraonde la travolgessero tutte insieme, senza nemmeno lasciarle il tempo di respirare, di riemergere in superficie. Con alle spalle un bagaglio di questioni irrisolte, la minore dei Watson cercava ormai il più possibile di ritrovare una pace sconosciuta, mai davvero raggiunta - se non forse pallidamente durante il suo primo anno, il più spensierato della sua breve e travagliata esistenza -; al suo esordio nel mondo della magia, si era subito circondata da amici con cui aveva intessuto dei rapporti che le erano sembrati eterni, duraturi, indissolubili. Rapporti schiacciati sotto il peso di una realtà fatta di innumerevoli sfide, troppo complicata per resistere a divergenze caratteriali difficili da appianare. E quelli erano appassiti, come delle rose meravigliose di cui ci si dimentica di dover curare ogni giorno, con la dedizione degli stoici, con la minuzia necessaria. Ma Alice non portava rancore, esclusi casi sporadici e più unici che rari: tendeva a giustificare e giustificarsi - soprattutto - facendo passare per malumore ogni tensione e sminuendo la guerra, sempre, in favore di una pace di cui, piccola e sognatrice, non conosceva un bel niente, se non l'idea della stessa. Così Stormie s'era fatta messaggera di quell'ascia di guerra seppellita sette strati sottoterra, senza aver nemmeno consultato l'altra parte; ingenuo, forse, certo. Probabile che, sebbene si trattasse di una causa superiore, lungi da un suo qualsivoglia guadagno personale ed egoistico, in ogni caso non sarebbe stata accolta dalla persona che Stormie avrebbe dovuto trovare al castello...
Ma almeno ci stava provando. Se ne stava lì, seduta delicatamente sul gazebo illuminato dalle calde luci di un primo pomeriggio assolato, quando l'arrivo della ragazza di cui aveva richiesto la presenza la strappò dal suo scrivere convulso.
« Ohi ciao, Max » disse la grifoncina ancora senza guardare Max negli occhi, appoggiando sul marmo un quaderno e la penna con cui aveva passato l'ultima mezz'ora a stilare i punti che di lì a poco le avrebbe espresso, uno ad uno; ci aveva messo particolare attenzione nel farlo, dato che sapeva fin troppo che, in ogni caso, sarebbe stata sottoposta ad innumerevoli critiche.
« Come stai? » le chiese poi, aprendo le braccia in segno di abbraccio quando riconobbe il saltellante husky dietro la figura della Serpeverde, alta più o meno quanto lei e con il suo stesso colore di occhi; a non saperlo, sarebbero potute sembrare più strette di quanto in realtà non fossero - o non sarebbero mai state?
« Ho chiesto a Stormie di portarti un biglietto perché non sapevo precisamente quand'è che Wiznet avrebbe ripreso a funzionare. Non so nemmeno se sarei riuscita a scovare il tuo numero, in realtà... - » disse, decidendo subito di impostare il livello di sincerità della conversazione al massimo: era più che vero, se si dava per scontato che alla Dragomir il numero della Serpeverde non l'avrebbe mai chiesto, nemmeno se le avessero offerto i sogni per il pensatoio con i numeri della lotteria.
« - direi che ha funzionato, dato che ora sei qui! Grazie. Di essere venuta. » Alice si alzò in piedi, raggiungendo la stessa visuale della coetanea; ad occhi attenti, non sarebbe potuto senza dubbio sfuggire quanto invero fosse nervosa e quanto cercasse di nasconderlo, quasi stesse in ansia da prestazione. Aveva avuto modo di parlarci con Max, svariate volte, ma invero non la conosceva così bene da poter definire la natura del loro rapporto. Ma sentiva, in qualche modo, di doversi muovere più felinamente di quanto non fosse già abituata a fare e a dire il vero, lo stupore che la ragazza non avesse rifiutato l'invito con una risposta di rimando - o semplicemente non presentandosi, ancora non la stava abbandonando. Già se l'era immaginato per bene: Stormie che tornava con una lettera così com'era andata, in cui avrebbe trovato una risposta breve ed originale per troncare subito l'idea di quell'incontro sul nascere. Eppure, nel suo piccolo, Max Picquery l'aveva stupita.
« Scusa se... stavi facendo altro, tipo studiare. Quello che ho da proporti non ti ruberà poi così tanto tempo, riusciremo a finirla in un'oretta se deciderai... beh, di prestarti alla cosa » le disse, mordendosi la lingua per aver calcato troppo quello
studiare, poiché desiderava che non sembrasse una frecciatina. Impacciatamente riprese, con la velocità di uno scodinzolio di coda di Stormie, la penna ed il quaderno poggiati poco prima, preparandosi con ogni muscolo del suo essere a concludere il tutto il più in fretta possibile, per la presunta felicità della Picquery.
« Ho in mente un nuovo articolo per il The Doxy Pixie Wise.... ah, a proposito: tu lo leggi, di solito? Ti piace? » le chiese, seriamente in dubbio su ciò che Max le avrebbe potuto rispondere. Alice sapeva che tutto il castello era solito leggere l'oroscopo, ma non aveva idea se la Serpeverde conoscesse anche la sua rubrica, o che fosse lei l'autrice di ogni articolo mai scritto sull'influenza degli astri.
« Detto tra noi, anche se ne scrivo volentieri, ho rapporto complicato, conflittuale, con l'Astronomia... come un po' tutti credo. Mi piace indagare sull'influenza che ha l'universo su di noi, non voglio credere che possa essere tutto così casuale. Mi occupo anche dell'oroscopo, ma non farei troppo affidamento su quello: serve ad intrattenere e basta, far fare qualche risata ogni tanto, fornire nuovi spunti per vivere la propria giornata... Dalla Gazzetta e da qualche altra rivista pseudoscientifica prendo le fonti per il nostro giornalino, così almeno non mi invento le cose come chissà quale sedicente indovino - » le disse, quasi come se fosse una confessione, riferendosi a molti dei redattori di astronomia, anche rinomati, che aveva letto e che le ispiravano più pietà che fiducia. Chissà se la ragazza la stava seguendo...?
« - ...però da questa volta in poi vorrei appunto andare più a fondo ed ho in mente un progetto su un vecchio format sui segni zodiacali e sull'influenza che hanno sulla diverse personalità, procedendo per elementi. - » Decretò con tono forse eccessivamente orgoglioso, come se stesse per presentare un progetto che avrebbe rivoluzionato il modo di vivere degli abitanti del castello di Hogwarts. Ma era vero: Alice era orgogliosa della sua penna, delle sue ricerche e del suo talento, in questa capacità mai del tutto indagata davvero di immaginare, per divertimento, cosa sarebbe successo di lì a poco e prenderci, senza conoscere la reale dimensione del suo dono.
« - Comincerò dai segni d'aria perché ci addentriamo nella stagione dei Gemelli, quindi... ho pensato a te, per l'Acquario. È un bel segno, credo di essere ascendente in Acquario... sapevi che in astrologia si scrive Aquario senza la c? » Le sorrise, di nuovo, chiedendosi se stesse riuscendo ad appassionarla in qualche modo alla questione, al suo progetto, sapendo in principio che si trattasse di un'impresa titanica e difficile, persino per lei, che rilanciava e rilanciava fino alla vittoria per natura.
« Mi ricordavo che Domiziana, qualche anno fa, nel periodo di febbraio diede di matto perché desiderava trovarti il regalo perfetto. Non ricordo se andò come sperava. » le disse, tentando di riaffiorare, con un'espressione pensierosa, dettagli su quel periodo ormai troppo distante per metterlo a fuoco nitidamente. E lo avrebbe anche fatto, in realtà, se sforzarsi di ricordare non le avesse fatto inconsciamente troppo male, per torchiare la sua mente smaniosa di placida tranquillità in quel momento in cui si stava decisamente concentrando su altro.
« L'Acquario poi si addice ad una ragazza... » Particolare? « ...originale, come te » Non che non pensasse tutto ciò che le aveva appena divulgato, anzi: la guardava dritta negli occhi, sperando con tutta sé stessa che avrebbe apprezzato l'idea ed abbracciato il progetto. Ma sapeva bene che, se visto con gli occhi verdi della Serpeverde e non con i suoi, il suo tentativo di avvicinarla in questo modo sarebbe risultato persino
amaro.