« Touché. Però devo dire che è un traditore solo momentaneo e per una giusta causa. » Nel momento in cui sentì la voce penetrante del giovane definirla a parole tonde una
giusta causa, MJ si sentì vacillare; in quel momento, non riuscì a sentirsi nient'altro che un'idiota sbrigativa ed ottusa per la posizione che aveva assunto in tutti quei giorni che avevano preceduto il loro incontro inaspettato. Si era sfogata con Karma, con Peter, con Daffy ed infine anche con Albus: aveva raccontato a tutti più o meno loro la stessa versione e la risultante era sempre che lei era stata abbandonata, quindi di fatto sembrava sempre che lei fosse la buona e Lui il cattivo assoluto della situazione. A dir poco inverosimile, dato che lei si sentiva come l'anti eroina di più o meno tutte le storie della sua vita e Lui sembrava addirittura esser stato dipinto come l'unico colpevole di ogni suo più recente e repentino cambio d'umore. Se suo padre avesse saputo che era stato il presunto rifiuto del giovane ad essere stato veicolo della produzione maggiore dal punto di vista accademico, probabilmente gli avrebbe dato la pacca sulla spalla che Molly Jane non riceveva mai da parte sua, nemmeno per sbaglio, nemmeno quand'era stato il momento di farlo e lui se n'era dimenticato. Si sentì terribilmente in colpa, MJ: avrebbe voluto mozzarsi la lingua e cancellare quelle conversazioni in cui si era lamentata dalla sua mente, perché il giovane le aveva appena detto una cosa che non sapeva e che non avrebbe mai nemmeno immaginato, stupida com'era a fissarsi sui suoi pensieri e non su ciò che poteva essere stato palese, ma che le doveva essere sfuggito. Le aveva detto, non dicendolo chiaramente ma lasciando che l'ex Serpeverde potesse intuirlo, che era stata una causa fin da quel primo incontro alla partita. Le aveva detto che tutti quei giochi a perder tempo tra witzgram, whatsapp, pianti, elucubrazioni mentali, erano stati tutto frutto di una mente confusa ed insicura, non il reale accadimento del loro progressivo avvicinarsi, desiderarsi, volersi sempre di più; non solo lei a Lui piaceva - come stava dimostrando tassello dopo tassello - non solo aveva desiderato d'incontrarla al Maypole almeno quanto l'aveva desiderato lei stessa, MJ era anche stata la sua causa. MJ, che di cause ne aveva a bizzeffe con e contro tutti, che si perdeva tra le mille cause insensate e quelle troppo difficili da raggiungere,
era una causa per qualcuno, un qualcuno il cui solo pensiero la faceva sentire piena come non mai. Piena di gioia, piena di dolcezza, piena d'amore: se solo lo avesse compreso prima di piangere tante lacrime da riversare come un temporale sugli altri, probabilmente sarebbe stata quieta e zitta, ad aspettare quel giorno contando con più eccitazione i secondi che la separavano ancora da Lui. Ma MJ Weasley non era solo brava a complicare la vita ai poveri malcapitati di turno, era un'illustre esperta soprattutto nel complicarsela da sola, dato che era evidente sarebbe stato molto più semplice mettersi l'anima in pace, fidarsi delle parole del giovane ed aspettare. Lui le aveva detto che l
'avrebbe trovata, di aspettarla: istruzioni semplici da seguire, per una persona che non avesse mal interpretato parole che non dovevano avere nulla di offensivo, nulla di falso, nulla di meschino. MJ ricordava ancora il battito che le era mancato nella Foresta, sotto una luna sentinella e silenziosa, quando Lui l'aveva lasciata lì
per salvare casa sua, a quanto pareva: l'aveva osservato andar via con occhi gonfi di lacrime e, per via della sua mente irrequieta e dubbiosa, aveva anche sospettato che potesse essere l'ultima volta che lo avrebbe visto in tutta la sua vita. O peggio, forse l'avrebbe rivisto, ma tra quella folla circolante nel College che poco prima Lui l'aveva ammirato dall'alto della postazione che aveva raggiunto sull'albero, scegliendo così di non volerle più dire nulla. L'avrebbe incontrato per i corridoi ed avrebbe abbassato lo sguardo, delusa e triste, con la sensazione di essere arrivata vicina ad una felicità
tanto così da non poterla afferrare. Ma a quanto pareva non solo Lui non aveva mai pensato di deluderla, lei era stato il suo chiodo fisso, la
sua causa era stata proprio MJ, così come la causa di MJ era stata quella di avvicinarsi, di trovarlo, di provare nuovamente quelle emozioni di cui avrebbe fatto a meno solo se sarebbe stato assolutamente necessario. Non lo era e sperava che non lo sarebbe mai stato: non c'era nessuno ad impedire quell'amore meraviglioso che stava sbocciando, come quei fantastici fiori di quel luogo magico dove Lui l'aveva appena invitata a restare.
« Mi ero appena seduto! Cosa ti fa credere che ti stessi aspettando da ore? » rise alla domanda di Iago, assumendo un'espressione eloquente come per dire:
davvero?, non riuscendo più a contenere la gioia che le si poteva leggere sulle labbra sempre corrucciate, ora testardamente sorridenti. Non sarebbero riuscite a ricordare la tristezza tanto tempo, tanto da non poterlo quantificare.
« No, scherzo. Ero lì da ore. E quell’albero era scomodissimo, te lo sconsiglio. Però penso sia ora che tu mi dia il tuo numero di telefono, perché penso che la prossima volta che mi apposterò per ore, mi beccherò una denuncia! » Lo guardava, MJ, con quegli occhi giganti che si perdevano in quelli nocciola e dolcissimi del giovane, tanto belli ed espressivi che le risultava difficile spostare lo sguardo, concentrarsi sul mondo reale. Le veniva da ridere, ma cercava di rimanere il più naturale possibile per non sembrare un'idiota totale che non era più in grado di darsi un tono, sebbene i suoi occhi parlassero per lei. Un terzo occhio attento e perspicace, come quello della luna, ad esempio, avrebbe riconosciuto la gioia espressa da ogni parte del suo corpo: dallo sguardo, smeraldino e vivace, dalla bocca, felice e contagiosa, dal tremolio delle sue gambe che non smettevano di cercare un equilibrio che la presenza del giovane faceva traballare. Da quella posizione tanto vicina da cui riusciva a vederlo finalmente bene come quando alla partita si era appoggiata sulla sua spalla, poté notare qualche segno indefinibile, non del tutto comune, su un viso che ogni volta che lei provava ad allontanarsi, la riconquistava con la sua dolcezza mista a qualcosa di più profondo, di unico. Non avrebbe saputo dire cosa, ma era diverso e lo vedeva: ed era anche per questo, per essere conscia di aver trovato una persona unica, che stava lentamente scivolando in una condizione di beatitudine che non avrebbe voluto né potuto facilmente abbandonare. Estrasse la bacchetta dalla tasca della sacca che portava sulla spalla e con un incantesimo semplicissimo, scrisse magicamente il suo numero su un pezzo di carta, che da solo si staccò dalla pagina di un quaderno, mentre continuava a sorridere. Glielo porse, tornando a guardarlo negli occhi magnetici, criptici, ma di una dolcezza unica da non riuscire a resistervi.
« Ho apprezzato il tuo gufo. Anzi, direi che lo preferisco, su tutta la linea. » gli disse con un sorriso malizioso e d'intesa, con il desiderio di fargli sapere che, tra le tante cose che aveva fatto e stava facendo per lei, tra le più giuste in qualche modo c'era stata la scelta del ragazzo di non ricorrere ai veloci e superflui metodi di comunicazione. Sembrava che si fossero conosciuti in un'altra vita, che lui la conoscesse talmente bene da leggerle la mente ed indovinarne i pensieri; era impressionante.
« No. Sarò sempre al tuo fianco. » disse Iago, mettendo finalmente pace alla sete che avevano i suoi occhi enormi, fermi nei suoi, incapaci di essere dirottati altrove. MJ decise di credere alle parole di Iago che, dopo avergliele sussurrate con la tutta la dolcezza che nemmeno lei avrebbe mai scoperto di avere, tornò a sfiorare le sue labbra, come se fossero state distanti troppo a lungo. E lo baciò, lo baciò, lo baciò ancora. Lo baciò perché non smettessero di ricambiare la voglia che avevano l'uno dell'altra, tanto forte da spingerli a cercarsi con sempre più intensità, come per paura che potesse finire da un momento all'altro. Sperava che il tempo e lo spazio si limitassero a quella terrazza, dove ogni particolare di quella sembrava fatto apposta per quell'istante, dove ogni fiore era al posto giusto perché le risultasse tutto perfettamente armonioso. Poi d'un tratto, mentre sentiva di starsi lasciando andare forse troppo tra le sue labbra, tra il suo tocco, decise di staccarsi, riprendendo a sorridergli.
« Penso sia meglio se ci vediamo direttamente il giorno del ballo, sai, dopo oggi... » gli disse, con un sorrisetto furbastro, mentre andava a sedersi sulla tovaglia a quadri, continuando a rivolgergli occhiate divertite. Stava tornando a giocare, che a lui piacesse anche quell'aspetto della Weasley? Non lo sapeva, non ancora. Avrebbero potuto scriversi, certo, glielo avrebbe reso noto più tardi - soprattutto gufi naturalmente; mancavano pochi giorni al ballo di mezza estate e voleva quell'evento sarebbe stato speciale per entrambi, nonostante fosse Lui la persona speciale, l'unica per cui si prendeva la briga di anche solo pensare di mettersi a lucido.
« Non mi piacciono queste cose in realtà, penso tu l'abbia intuito! I balli. I gossip. La mondanità. Non per quanto riguarda... » Noi? « ...me e te, almeno. Ma voglio andarci con te. Quell'evento potrà sancire segretamente il nostro nuovo inizio, che ne dici? » gli domandò, afferrando uno dei panini dall'interno del cestino, guardandolo bene prima di addentarlo. Doveva averne preso uno con tonno ed insalata, ma ne aveva già adocchiato un altro prosciutto e formaggio.
« Buonissimi! » commentò dopo aver ingoiato un boccone, lodando silenziosamente anche la presunta dote di cuoco. Non che ci volesse tanto a preparare dei panini, certo, ma erano comunque una premura che non tutti i ragazzi di sesso maschile si preoccupavano di rivolgere, senza nemmeno voler ricordare le circostanze meravigliose in cui avevano fatto la loro comparsa.
« M'impegnerò affinché ti sarà difficile liberarti di me. E m'impegnerò anche ad accettare il fatto che in merito al Quidditch tu abbia deciso di tradire tutti noi Weasley, al completo... » disse scherzosa alzando il mento verso di lui ed accavallando le gambe sdraiate sulla tovaglia, da dove gli rivolgeva delle occhiate curiose, alternandole con la vista di una Hogsmeade silenziosa.
« Si sta così bene qua » ...con te, ma non lo disse. Si limitò ad ispirare l'aria della terrazza, che le sembrava la più pulita che avessero inspirato i suoi polmoni da più o meno tutta la vita.
Mentre intanto le sue gambe avevano smesso di tremare.