I bet you look good on the dancefloor

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    La preparazione per il Midsummer aveva lasciato un marchio indelebile sull'isola. La festa era arrivata e se n'era andata come ogni altra prima di lei — nell'infinito ciclo che caratterizzava il calendario della cultura inglese — ma non si poteva dire lo stesso della sua estetica. La località aveva dismesso le peculiarità da dimora di spettri e indossato quelle più lussureggiante di terreno fertile per le creature dei boschi. Pulsava di vita, seppelliva il suo passato tra le fronde degli alberi, e considerarla una meta turistica non richiedeva più un elaborato impiego di fantasia. Una visione che era stata evidente agli occhi di Scorpius dopo essere tornato lì durante i primi giorni di luglio. Quell’estate sarebbe stata impegnativa su ogni fronte, da quello accademico a quello familiare fino a quello sociale. In modo prevedibile nel quadro generale, ma imprevedibile nel periodo preciso, si sarebbe persino trovato a testimoniare qualcosa di importante e che, a livello più profondo, nemmeno poteva comprendere davvero: il simbolo dell’unione per eccellenza e per alcuni la tomba dell’unione stessa. Si trattava di una di quelle occasioni in cui Malfoy si perdeva volentieri in questioni filosofiche senza che ce ne fosse reale necessità, soprattutto visto che la vicenda non lo avrebbe riguardato in prima persona. Se possibile, Redrum e addio al celibato lo avrebbero aiutato a tornare nel magico mondo dei pensieri basic. Ma prima di tutte quelle attività il biondo aveva dell’altro di cui occuparsi e si trovava a Portland con l’intento di farlo. Si era immerso in una manciata di giorni di sole, approfittando della compagnia di Lyra e di Judah che a loro volta avevano organizzato una parentesi lontano dalla città. Aveva atteso il motore immobile di quell'agire, ovvero Cenerentola in anfibi, dividendosi tra i due e leggendo qualche mattone dei suoi — di cui faticava a separarsi anche in contesti di quel tipo. Come sapeva che sarebbe arrivata lì? Non poteva esserne certo, ma non aveva dovuto indagare né tirare ad indovinare: gli era bastato ascoltare e memorizzare i contenuti della spiccata parlantina dell'altra. Il passo successivo ero stato quello di chiacchierare con il custode delle cabine, un mago attempato e di bell’aspetto — almeno escludendo i baffoni che gli coprivano metà del viso — che si era rivelato essere uno dei nostalgici dei vecchi tempi i cui grandi maghi oscuri solcavano il Regno Unito. Davanti ad un Malfoy in carne ed ossa, giunto sull’isola con la sorella ed un Carrow, doveva aver pensato che il futuro offrisse ancora molte prospettive; oppure era soltanto stato colto in un momento di particolare apertura. Quale che fosse la verità, non era stato necessario per Scorpius pregarlo per essere informato sull’eventuale arrivo e relativa collocazione di miss Wallace. Con buona pace della privacy. E visto che pioveva sempre sul bagnato gli era stata anche proposta una tra le cabine più comode. «Dovrei farmi schifo da solo». E invece, nonostante avesse come base la casa che i Malfoy avevano da quelle parti, accettò per avere un punto di appoggio in più nel cuore dell’isola.
    Il biglietto era arrivato dopo un paio di giorni. Come in altre circostanze che li avevano riguardati durante la festa, quella puntualità gli aveva trasmesso sensazioni ambigue tra il sollievo e il disagio per quelli che, un’altra volta, assomigliavano a binari più che a conseguenze di una sua presa di posizione: tornare lì e restare ad aspettare il nulla avrebbe avuto molto più sapore di libero arbitrio.
    Verso metà mattinata aveva percorso la sabbia bianca fino alla zona della sua cabina. Aveva sempre preferito muovere i neri negli scacchi: offrire l’iniziativa all’avversario, analizzarne l’apertura, adattare la propria strategia. E qualcosa di simile era avvenuto all’interno della grotta che li aveva separati, lasciandolo in compagnia della propria mente. Quello nella Portland del presente — anche in assenza di sciabole tra i denti e grandi armate — sarebbe stato un contrattacco o almeno questo era ciò che la teoria suggeriva. Nella realtà dei fatti, una volta giunto davanti alla cabina incriminata, ebbe appena il tempo di chiedersi se fosse meglio aspettare lì o farsi un giro dell’area, che la porta della stessa venne spalancata e si ritrovò la mora sotto il naso. Sorpreso, arretrò di un passo e finì contro la fila di cabine opposta. Quel corridoio non era poi così ampio. Ti pareva. Nemmeno ci fossimo dati appuntamento. Osservò la ragazza per un paio di secondi prima di recuperare un tono. Era scalzo, con delle bermuda blu e una camicia bianca ampiamente sbottonata. Un orologio minimal sul polso destro. Era bastata una breve frequentazione con il sole di Portland per scurire la pelle chiara di qualche gradazione e, al contrario, schiarire i capelli più del solito. Oscillavano sciolti, intrappolati in parte dagli occhiali da sole che il ragazzo teneva su a mo’ di cerchietto. Sondare lo sguardo dell’altra, per una volta, non gli restituì nessuna sensazione anomala. «Era un piano nobile e quasi perfetto… Mollarmi dietro una cascata nel mezzo di una festa, sparire e vendicare chiunque mi conosca da sempre senza essere ricambiato». Nella ricostruzione c'era una spiccata dose di fantasia: a prescindere dalle voci — che riportavano qualsiasi cosa all’interno di uno spettro che cominciava con “si sono messi insieme” e finiva con “Malfoy si è preso un palo colossale” — entrambi sapevano ciò che era avvenuto all’interno della grotta. L’immagine di una Mia in testa ad una rivolta restava in ogni caso credibile. «Ma vedi, sei stata parecchio distratta: ti sei lasciata indietro un’infinità di informazioni personali.» A voler essere precisi anche un paio di anfibi e persino un ragno. In pratica lasciare così tanti indizi richiedeva la stessa energia mentale di non lasciarne affatto. «Missione fallita». Le rivolse un'occhiata sconsolata dall’alto di non si sapeva bene quale titolo di esperienza sullo sparire nel nulla. Ad ogni modo fu evidente che non avrebbe fatto finta di trovarsi lì per caso: come era già stato appurato Malfoy era un po' stalker non amava nascondersi dietro un dito.


     
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    Erano giunte la sera prima, ed erano già riuscite a farsi riconoscere. Mia e consorte avevano deciso volontariamente di cominciare quel soggiorno a Portland durante l'weekend, così da potersi ambientare prima dell'inizio effettivo dei corsi. Non li avrebbero seguiti insieme; Mia, era stata ripartita nei corsi da lei definiti per ritardati, mentre la migliore amica, avrebbe seguito un percorso per bambini speciali. Stava cercando di prendere quell'esperienza come un'avventura. D'altronde chi ci crede davvero che studieremo quando abbiamo una cabina che si affaccia sulla spiaggia, e siamo circondate da tanti altri nostri coetanei? Quell'esperimento di Hogwarts, sarebbe risultato ancora una volta fallimentare in quanto alle attività formative; l'unica differenza stava proprio nel fatto che ora la giovane Wallace, era davvero abbastanza grande da potersi godere appieno le gioie del campo estivo. Giunte nella loro dimora per il prossimo mese e passa, avevano buttato le valigie per terra, urlato e riso a squarcia gola, invocando una libertà che non era mai stata loro negata, e si erano imbucate a una festicciola di neo-diplomandi giunti là per prepararsi ai corsi di ammissione di settembre, dove avevano tracannato birra e patatine fino a tardi, rientrando verso le quattro del mattino decisamente alticce. Nel buio della loro cabina, erano rimaste a scorrere Wiztagram per diverso tempo, spettegolando su questa e quell'altra situazione post Midsummer. Delle loro rispettive serate fallimentari non avevano più parlato. Mia approvava l'atteggiamento tenuto dall'amica con Axel; decisamente meno in linea era Vee sulla sua fugga. Alla fine avevano aperto una bottiglia di Incendiario, si erano scollate qualche altro bicchiere leggendo stupide barzellette dalla dubbia comicità, e avevano ancora fantasticato sulla loro estate. « Cazzo Vee.. siamo quasi arrivate all'ultimo anno. Ce l'abbiamo fatta.. ci credi? » Per Mia era stato un percorso decisamente complesso. Aveva dovuto ripetere il sesto anno, e impegnarsi il triplo anche solo per passare i GUFO. Era decisamente indietro e i suoi voti rasentavano il ridicolo. Di quel passo non era certa di poter passare i MAGO. Aveva diverse insufficienze ed era decisamente indietro col programma. L'unico motivo per cui poteva ancora aspirare di provare a stare al passo con quelli del settimo, era la sua particolare situazione. Odiava essere trattata come una ritardata; odiava dover vedere uno psicologo ogni settimana, e dover tentare di passare in rassegna cose di cui non voleva parlare. Si ricordava tutto di dove era stata.. ricordava ogni cosa. Solo che non voleva pensarci, non voleva parlarne, forse in fondo, non voleva nemmeno credere che tutto ciò era davvero accaduto. Forse se chiudo gli occhi scomparirà. Forse un giorno non ricorderò più. Forse un giorno mi sveglierò e andrà meglio. Non sarebbe accaduto molto presto. Ma per adesso poteva solo chiudere gli occhi e dormire; fattosi il segno della croce, sprofondò in un sogno irrequieto, come ogni notte, consapevole in cuor suo, che prima o poi si sarebbe svegliata - oppure, non si sarebbe svegliata affatto. Forse in fondo sono morta. Forse non ce l'ho fatta. Forse questo è solo il mio Purgatorio.
    La mattina successiva era cominciata in maniera pigra. Messo su il caffè, si era sentita leggermente meglio, ma non per questo il post sbornia sembrava darle meno problemi. Si sentiva la testa pesante e il letto continuava a tentarla. Cosa che effettivamente successe, nonostante si fossero riproposte di andare in piscina per studiare la materia prima presente al campo estivo. « Vai tu! » Le dice quindi, mentre si ributta al letto. « Ti raggiungo dopo. Mandami qualche foto se vedi qualcosa di interessante. » Entrambe sanno, in fondo che, la giusta motivazione butterebbe giù Mia anche dal letto di morte. Per adesso tuttavia, il suo materasso sembra decisamente più confortevole di qualunque sdraio. E' certa che Vee non avrà grandi problemi; molti loro compagni hanno scelto Portland come meta per le loro vacanze. Più che pausa estiva, è un po' come essere rimaste a Hogwarts, e forse era proprio questo il punto. Il campo si era ripopolato; ai molti ragazzi già giunti là per i corsi estivi, si aggiungevano le fatine, i folletti e chissà quali altri creature, che avevano fatto dell'isola posto fisso per la loro dimora. Una nello specifico, penetrò con estrema facilità attraverso la finestra della sua stanza, nell'ambiente disordinato. Nonostante fosse lì da poco più di dodici ore, la Wallace aveva già fatto della sua stanza un campo di battaglia, per sentirsi a casa. I vestiti del giorno prima e diversi cambi scartati soggiacevano già sul pavimento; metà dei prodotti di igiene personale erano già sparpagliati di qua e di là senza una ratio precisa, così come le pedine degli scacchi magici, a cui lei e Veronica avevano giocato prima di andare a dormire. « VIA! » Disse gesticolando energicamente, per scacciare la fatina che continuava a tirarle una ciocca di capelli. Si rituffò a pancia in giù sul letto, affondando il viso contro il cuscino. Niente da fare, la creaturina continuò ancora costringendola ad alzarsi per scacciarla. La fatina dalle vesti rosacee, continuò a tirarle i capelli attirandola verso la porta principale, dandole modo di approfittare dell'occasione per chiuderla fuori. Aprì la porta e tentò di colpirla, ma proprio in quel momento, la fanciulla lasciò la presa e volò via. In tutta risposta Mia le mostrò il dito medio nonostante fosse sicura che non l'avrebbe vista. « Ecco! Vai! Se ti vedo ancora qui, le prendi! » Se fosse stata meno presa dalla lotta con la sua antagonista in miniatura, si sarebbe resa conto di non essere da sola. Lo sguardo scivolò sulla figura del biondo oltre il piccolo porticato della casetta poco dopo, obbligandola a sgranare gli occhi colta alla sprovvista. Che faccio, scappo? Se ne avesse avuto modo, Mia Audrey Wallace si sarebbe ben volentieri nascosta sotto un sasso, non solo perché Scorpius Hyperion Malfoy, il ragazzo che l'aveva invitata al ballo, e al quale lei aveva dato buca, era lì, ma anche e soprattutto perché la prima immagine di sé che gli ha sottoposto era un ridicolo braccio di ferro con una fatina, ancora assonnata e in pigiama. Fanculo! Sollevò lo sguardo verso l'altro, mentre tentava di abbassarsi il più possibilmente la vecchia maglietta dei Nirvana che fungeva da comodissimo pigiama estivo. « Ti sei perso? » Gli chiede con apparente indifferenza prima di schiarirsi la voce, massaggiandosi di conseguenza la nuca. E' tutto piuttosto complesso sul momento - cercare di scrollarsi di dosso la tensione con gesti vari, e abbassare il più possibile la maglietta, richiede più mani di quante effettivamente abbia; così risulta goffa e ancora più stupida di prima.
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    « Era un piano nobile e quasi perfetto… Mollarmi dietro una cascata nel mezzo di una festa, sparire e vendicare chiunque mi conosca da sempre senza essere ricambiato » Colta in flagrante. Si sente come quando sua madre la beccava con le mani nel barattolo dei biscotti; allo scoperto. Abbassa lo sguardo e vaga su dettagli del tutto irrilevanti. Accanto alla casetta c'è un bidone dell'immondizia; uh è uno di quelli per la differenziata. Un gabbiano vola in lontananza alle spalle del biondo, gracchiando; c'è una barchetta all'orizzonte. Sente delle voci da qualche parte. Qualcuno sta giocando sulla spiaggia. Vieni vieni Jenny, facciamo il bagno, ripete nella propria mente, imitando la stupida vocina del ragazzo che invita la suddetta Jenny a farsi un bagno insieme. Dai Jenny, sappiamo tutti come finirà, su! Vai a farti questo bagno. Sei tutte noi. « Ma vedi, sei stata parecchio distratta: ti sei lasciata indietro un’infinità di informazioni personali. Missione fallita » Dopo il Midsummer, era piuttosto certa che non avrebbe mai più sentito parlare di Scorpius Malfoy. Aveva provato a tastare il terreno, sbracciando sui social per attirare la sua attenzione, ma dopo un paio di giorni si era detta che aveva persino fatto bene a dargli buca in quella maniera. Dai su.. la regola dei tre giorni e ora il silenzio stampa. E' uno sfigato Vee, ti dico che ho fatto bene a dargli il palo. Parole che erano servite a farle mettere l'anima in pace almeno in parte, e ad autoconvincersi delle sue stesse decisioni. « Perché sei qui? » Erano passate più di due settimane da quando Mia lo aveva mollato dietro una cascata, e da allora, entrambi erano sembrati piuttosto a proprio agio con quanto accaduto. Tira giù ancora una volta quella maledetta maglietta alzando gli occhi al cielo. « Credevo avessimo deciso di lasciar perdere. » Inesatto. « Cioè, io ho deciso di lasciar perdere, però non è che cambia molto.. non mi sei sembrato poi tanto dispiaciuto. » Si stringe nelle spalle rientrando nella casetta, precipitandosi di conseguenza in camera sua per rendersi più presentabile. Afferra dal fondo della valigia un leggero vestito estivo, indossa alla bell'e meglio un paio di scarpe da ginnastica ed esce richiudendosi la porta alle spalle, con il chiaro intento di non fare troppo caso alla presenza di lui. Sta cercando di metterla con le spalle al muro, e sta anche funzionando, ma Mia è talmente convinta di aver fatto la scelta giusta, che si sente persino in diritto di sentirsi infastidita da quell'improvvisata. « Senti, ho da fare ok? Devo fare i compiti.. e studiare.. non sono qui per divertirmi. Sto cercando di salvare la mia carriera scolastica. » Una falsità bella e buona, considerato che Mia non sembrava avere voglia alcuna di impegnarsi veramente in quel percorso, né in nulla che avesse a che fare con il suo futuro. Si sentiva spacciata, come se vivesse perennemente sull'orlo di un precipizio e avesse bisogno di allontanare qualunque cosa di positivo potesse farsi spazio nella sua monotona esistenza. Un esserino autodistruttivo, pallottola vagante pronta a distruggere qualunque cosa toccasse. E' meglio così per entrambi, fidati. Prende una direzione non molto specifica lungo la spiaggia, dirigendosi chissà dove. Vuole solo scappare. Preferibilmente dove non dovrà subirsi le conseguenze dei suoi irrazionali atteggiamenti. « Non so proprio che cosa ti aspetti da me, davvero, però non sono la persona che pensi, quindi è meglio lasciar stare. Forse era meglio portare al ballo Lizzie.. » ..sempre che tu non l'abbia cercata dopo. « E' meglio così ok? Tu stai nel tuo. Io sto nel mio. Non ha proprio senso tutta questa contaminazione. Apparteniamo a due mondi differenti - e il problema qui non sei tu. Sono io. » Si ferma e allarga le braccia, stringendosi nelle spalle. « Mi dispiace di averti rovinato la serata, ok? Meglio non fare il bis. » Perché succederebbe di nuovo. Ne sono certa.



     
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    Di tutti i possibili scenari che Scorpius avrebbe immaginato di associare all’incontro, quello che si trovò davanti fu talmente in linea con la serata del Midsummer da proiettarlo con uno schiocco di dita alla fine di giugno. Come se la festa si fosse conclusa e, il mattino successivo, lui fosse andato a svegliarla per fare un giro. Tale sensazione fu legata a due elementi di coerenza narrativa in particolare: da un lato la fatina — creatura fantastica ormai legata al Ballo — e la lotta contro i mulini a vento che la Wallace aveva intrapreso con essa; dall’altro l’aspetto con cui si era presentata ai suoi occhi. Assonnata e tecnicamente in pigiama, come chi dopo una splendida serata non ha vergogna di mostrarsi al naturale e con pochi vestiti addosso. Anche se la verità era ben lontana da quella sensazione, il biondo non poté trattenersi dal far scorrere gli occhi lungo le gambe dell’altra e dal soffermarsi sulla sigla della maglietta, quindi sul viso della sua indossatrice. Anche in questa condivisione erano stati destinati a bruciare le tappe, apparentemente. E le loro reazioni si collocavano agli antipodi dal momento che lei continuava, figurativamente e non, a coprirsi con una coperta troppo corta, mentre lui se ne restava immobile e consapevole – almeno un po’ – di dove si trovava e perché. «Perché sei qui?» Appunto. «Bello il pigiama». Commentò invece, senza fare riferimenti alla band della vecchia maglietta: avevano già avuto modo, durante la loro infruttuosa caccia al tesoro, di spendere qualche parola nei riguardi dei loro gusti musicali e per questo commentarla sarebbe stato abbastanza ridondante. Meglio commentare solo il “pigiama” che la sta mettendo in palese imbarazzo, hai ragione Scorpius. «Cioè, io ho deciso di lasciar perdere, però non è che cambia molto.. non mi sei sembrato poi tanto dispiaciuto.» Il biondo alzò appena gli occhi al cielo, e quando tornò a guardarla al suo posto c’era solamente l’ingresso della casetta. Quanto è veloce? Rimase fuori dal porticato, ma salì con un piede sopra il bordo esterno dello stesso e si chinò in avanti fino ad appoggiare i gomiti sul parapetto, affacciandosi verso l’interno. «In fondo hai ragione a supporre. Viviamo nell’era dei social, dove se uno non ti sommerge di messaggi o non ti commenta le foto per un paio di settimane ti ha già dimenticata o sostituita con qualcun’altra». Alzò un po’ il tono di voce così da farsi sentire anche dentro casa. Da lì continuava ad inquadrare la porta d’ingresso e una finestra, ma non aveva idea di cosa lei stesse facendo all’interno. «Senti, ho da fare ok? Devo fare i compiti.. e studiare.. non sono qui per divertirmi. Sto cercando di salvare la mia carriera scolastica.» Un sorrisetto gli si dipinse sulla labbra. Quell’uscita era così poco credibile, dopo ciò che aveva sentito tra lei e Veronica riguardo a quella vacanza, da risultargli comica. «Immagino… Soprattutto ora che avete beccato questo posto che dà sulla spiaggia». Speedy a quel punto indossava un vestito estivo, ma era essenziale non illudersi che lo stesse facendo per lui, considerato che l’istante successivo partì a razzo verso una meta imprecisata. Aveva proprio l’attitudine di una ragazza che era stata mollata a metà di un Ballo, peccato che le cose fossero andate nel modo opposto.
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    Pensiero che avrebbe dovuto incutergli un certo timore e farlo allontanare da lì: se quello era ciò che avveniva senza averle fatto alcun torto, probabilmente non avrebbe voluto scoprire la versione con torto. Le lasciò diversi metri di vantaggio prima di seguire il percorso che aveva intrapreso. Ed eccolo intento a starle dietro ancora una volta: i suoi antenati si sarebbero rivoltati nella tomba. Ma a Scorpius interessava molto di più trovare pace con sé stesso, e non andare fino in fondo sarebbe stato decisamente peggio che calpestare un po’ di orgoglio. «Non so proprio che cosa ti aspetti da me, davvero, però non sono la persona che pensi, quindi è meglio lasciar stare. Forse era meglio portare al ballo Lizzie.. » L’altra sembrò dare per scontato che lui la stesse seguendo e non si fosse già smaterializzato da qualche altra parte. «E' meglio così ok? Tu stai nel tuo. Io sto nel mio. Non ha proprio senso tutta questa contaminazione. Apparteniamo a due mondi differenti - e il problema qui non sei tu. Sono io. » Davvero, Mia? Ti puoi anche impegnare un po’ di più. «Non credevo avrei mai sentito questa frase nel mondo reale». Continuò la sua meticolosa campagna volta a smontare la sua reticenza. «Mi dispiace di averti rovinato la serata, ok? Meglio non fare il bis.» Si era fermata. Lui aveva continuato fino a trovarsi un paio di metri da lei. «Non mi sei sembrata così dispiaciuta…» Respinse al mittente la frase, a suo avviso, del tutto priva di senso. Un piccolo gruppo li superò passando nello spazio che li divideva, Malfoy attese di avere campo libero prima di parlare, augurandosi che nel frattempo l’altra non sparisse come da una banchina dopo il passaggio del treno. Sarebbe stato un grande classico. Invece, quando la combriccola smise di offuscargli la vista, lei era ancora lì. Osservarla avvolta nel suo sottile abito estivo gli ricordò quanto ingannevole potesse essere la natura dei lycan: persino dietro quella ragazza in apparenza indifesa si nascondeva una creatura letale. Eppure, più che timore, avvertì una certa forma di ammirazione. «Ad essere sincero, non ho un motivo preciso per essere qui». Ammise ad alta voce. «Mi andava di fare chiarezza di persona» Questa fu una risposta un po’ più seria riguardo all’implicita accusa di menefreghismo. Si tolse gli occhiali dai capelli, lasciandoli liberi, poi li appese nell’incavo a V della camicia sbottonata. Scosse la testa. «Partiamo dall’elefante nella stanza: ciò che è avvenuto dietro la cascata è passato ed è stato solo la conseguenza di qualcosa che, nei giorni successivi, mi è sembrato ovvio…» Esplorò i suoi occhi. «È stato un errore invitarti al Ballo.» Per quanto brutale potesse suonare, si trattava della conclusione alla quale il biondo era arrivato. Anche se, visto che si trovava lì, poteva trattarsi solo dell’incipit di un concetto più esteso. «E no, non per invitare Lizzie. Ma perché a prescindere dalle strane circostanze io e te siamo poco più che sconosciuti». Un altro dato di fatto. Nessuno avrebbe potuto prevedere il genere di prove a cui le fate li avrebbero sottoposti lungo la serata, ma un invito di quel calibro creava inevitabilmente determinate aspettative. «Nonostante questo lo rifarei». La pazienza con cui fino a quel momento aveva affrontato l’ostilità dell’altra non era solo il frutto della maggior maturità data dagli anni di differenza. C’era infatti dell’altro, una consapevolezza legata alla magia delle fate. «Anche se ora fai la sostenuta, al primo livello della caccia al tesoro abbiamo dovuto scambiarci delle verità per andare avanti.» Se le cose erano degenerate piuttosto in fretta dal secondo livello in poi, fino a quel punto era stato tutto piuttosto piacevole. «Nessuno dei due può negarle. E sarebbe uno spreco gettarle via, non trovi?» Sorrise, alleggerendo i toni in una breve parentesi, poi tornò serio. «Immagino che quello che voglio sia conoscerti. Senza bruciare le tappe e senza montepremi. Come due persone normali». Silenzio. Scelse deliberatamente di ignorare la consapevolezza che ci fossero ben poche prospettive di normalità per un rapporto iniziato in quel modo. «Vuoi conoscere il vero Scorpius Malfoy?» Dove vero si riferiva alla sostanza dietro all’etichetta che conoscevano la maggior parte dei maghi e delle streghe del Regno Unito. «Non mi piace mettere pressione alle persone, ma starò qui solo per una manciata di giorni quindi… Sì, dovrai decidere proprio ora». Si strinse nella spalle. Se non avessero resettato quel rapporto mentre erano uno di fronte all'altra, sentiva che avrebbero continuato a trascinarselo dietro come un macigno avvinghiato allo spirito. Si incamminò con l’intento di passarle di fianco e procedere oltre. No, non sarebbe rimasto lì a fissarla immobile in attesa di una risposta.




    Edited by Cosmopolis - 12/8/2020, 01:15
     
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    « In fondo hai ragione a supporre. Viviamo nell’era dei social, dove se uno non ti sommerge di messaggi o non ti commenta le foto per un paio di settimane ti ha già dimenticata o sostituita con qualcun’altra » Seppur quelle parole Mia le avesse sentite, decise di ignorarle. Avrebbe potuto concludere la questione in maniera estremamente semplice e indolore, eppure, era chiaro che per tutto quel tempo non aveva mai voluto chiudere davvero. Durante il Midsummer si è spaventata - non so proprio cosa mi è preso - però nonostante ciò aveva tentato di sbracciare in un modo o nell'altro sin da allora. Ad un certo punto si era convinta di averci visto qualcosa che non c'era, eppure in tutto quel tempo non aveva fatto che controllare il suo profilo Wiztagram e quello dei suoi amici per tentare di capire cosa stesse facendo e per quale ragione non le scriveva. A quella domanda, Ronnie le aveva rivolto un commento piuttosto eloquente, relegato al suo essere una completa idiota. Perché non gli scrivi tu allora? le aveva chiesto l'amica ad un certo punto, e Mia, aveva liquidato la questione con un palese perché non mi va. Non era così semplice; i percorso mentali di Mia erano piuttosto arrovellati, e lo erano diventati ulteriormente sul conto di Scorpius. E quindi eccola scappare ancora una volta; sbattutasi la porta alle spalle, prende una direzione lungo la spiaggia, senza sapere esattamente dove andare, o meglio ancora dove scappare, perché seppur non avesse fatto altro che aspettare un cenno da Scorpius, scappare nel momento della resa dei conti, sembrava la cosa più logica da fare. Ad un certo punto esasperata, più da se stessa che dal ragazzo, tenta la carta più vecchia e scontata del mondo. Non sei tu sono io, mi dispiace, tante belle cose e a mai più rivederci. Davvero Mia? « Non mi sei sembrata così dispiaciuta… » Sembra stranirsi; incrocia le braccia al petto e schiude le labbra pronta a rivolgergli un qualche commento indispettito, ma prima che possa dire qualunque cosa, alcuni ragazzi le fanno da scudo, impedendole di stabilire un contatto visivo con il biondo. « Ad essere sincero, non ho un motivo preciso per essere qui. Mi andava di fare chiarezza di persona » E' un po' difficile chiedere a Mia di fare chiarezza di persona, forse persino affrontare le cose da adulti. Non è una ragazzina - nessuno che ha affrontato esperienze come la sua, potrebbe pretendere di esserlo ancora - ma trova molto più facile comportarcisi da tale. Scappare è ciò che mi ha tenuto in vita. E in fondo, sente che c'è un motivo altro per cui scappare da Scorpius. Non capisce perché, ma è così. « Partiamo dall’elefante nella stanza: ciò che è avvenuto dietro la cascata è passato ed è stato solo la conseguenza di qualcosa che, nei giorni successivi, mi è sembrato ovvio… È stato un errore invitarti al Ballo. » Colpita e affondata. « BENE! Finalmente concordiamo su qualcosa, perché nemmeno io avrei dovuto accettare di venire al ballo con te. Cioè.. » « E no, non per invitare Lizzie. Ma perché a prescindere dalle strane circostanze io e te siamo poco più che sconosciuti » E Mia, muta. Qualunque cosa avrebbe voluto dire ancora per tentare di parlargli sopra, dovette aspettare, perché improvvisamente il biondo si era conquistato la sua attenzione. Fino a quel momento era certa che avrebbe continuato sulla scia di quanto fosse stato sbagliato scegliersi per quell'evento. Eppure, lo era davvero? Poteva Mia in tutta onestà dire che i due erano davvero così sbagliati? Non dopo aver estratto i biglietti dal secchiello del pozzo dei desideri. Di quelli, non ne aveva parlato con nessuno, nemmeno con la migliore amica, quasi come se quella consapevolezza di essere nel posto giusto con la persona giusta la stesse soffocando. «Nonostante questo lo rifarei. Anche se ora fai la sostenuta, al primo livello della caccia al tesoro abbiamo dovuto scambiarci delle verità per andare avanti. Nessuno dei due può negarle. E sarebbe uno spreco gettarle via, non trovi? » Fu naturale abbassare lo sguardo, provando quasi una pattina di frustrazione. « Immagino che quello che voglio sia conoscerti. Senza bruciare le tappe e senza montepremi. Come due persone normali. Vuoi conoscere il vero Scorpius Malfoy? Non mi piace mettere pressione alle persone, ma starò qui solo per una manciata di giorni quindi… Sì, dovrai decidere proprio ora » Un ultimatum quello di Scorpius, che Mia non sente come tale. Piuttosto resta a rimuginarci sopra mentre il ragazzo le passa accanto, seguendo una direzione forse altrettanto sconosciuta di quella che lei aveva preso precedentemente. Si morde il labbro inferiore e volge lo sguardo verso l'orizzonte. E' una bella giornata di sole a Portland; una in cui nessuno dovrebbe dar sfogo a inquietudini troppo profonde. In ultima istanza, le vacanze sono fatte proprio questo - per dimenticare anche solo per un istante la pattina scivolosa della deriva della propria vita. Alla fine, la mora sospira, gira sui propri tacchi, e percorre la distanza che la divide dal biondo con una certa convinzione. Non pensa a niente; né alle conseguenze del suo tornare sui propri passi, né a quanto ciò potrebbe renderla agli occhi di lui un carattere altalenante. « Però stabiliamo delle regole. No.. non delle regole, però ecco mettiamo in chiaro delle cose.. » Asserisce mentre lo affianca volgendo lo sguardo verso l'alto alla ricerca di un contatto visivo diretto.
    « Non trovo niente di male nei social.. cioè non si trattata di sommergersi di messaggi, solo che.. ecco, mettiamo il caso ipotetico - e non è assolutamente il nostro caso, mi pare chiaro - uno mette un piccolo post mirato lì per capire qualcosa.. non c'è niente di male nel mostrarsi interessati. » Si schiarisce la voce tentando di restare estremamente vaga in merito. Non è mica il caso di Mia questo - è tutto ipotetico. « E' una cosa carina. Non tutti i mali vengono per nuocere e - » E dicendo ciò solleva un sopracciglio abbozzando un sorriso leggermente divertito. « Mi sembra un po' ipocritino da parte tua, signor Malfoy, farmi la ramanzina su cosa penso o non penso dei tuoi comportamenti online considerando che ci tieni tanto alla tua regola dei tre giorni, con una scansione anche particolarmente precisa del numero di ore che intercorre tra un'interazione e un'altra. » Respira, tigre! Puntigliosa e specifica, Mia Wallace affronta quell'argomento con la stessa precisione con cui un chirurgo affronta un intervento a cuore aperto. Alza gli occhi al cielo e sorride, scuotendo la testa. Ad un certo punto svoltano verso il bosco oltre la spiaggia, per ripararsi dal sole, inoltrandosi tra le file di alberi e incontaminata vegetazione. « Al di là di tutto, mi va di conoscerti.. cioè mi andava già prima. Non perché sei un Malfoy o chissà cosa. Cioè di quello non me ne frega niente. A dirla tutta questi giorni ho anche ricevuto un sacco di messaggi che ho dovuto bloccare perché a quanto pare ci siamo visti una volta e tutti vogliono già sapere i cazzi nostri. » Non tutti i mali vengono per nuocere, però certo che a volte è proprio difficile stare al passo con le cazzate del mondo di internet. Insomma con quelle permesse, Mia sarebbe dovuta scappare a gambe levate. Era una tipa a cui socializzare piaceva, stare in mezzo alla gente, divertirsi, vivere; ma non amava i gossip, né il fatto che le persone cercassero di entrare nel suo spazio vitale. Sbuffò, e individuata una panchina lungo la stradina sterrata che stavano ora percorrendo, si precipitò nella sua direzione sedendovisi con una certa grazia. « Quella sera.. uhm.. hai detto delle cose. » Delle cose di cui non so cosa farmene. « E io le ho capite queste cose. Però non avrei dovuto capirle.. » Capisci? C'era sin troppo da capire, specie perché Mia non riusciva a darsi una spiegazione logica a quanto accaduto, né spiegarsi per quale ragione si era spaventata così tanto. « Volevo solo passare una serata normale; volevo essere me stessa, metterti un po' a disagio » Cosa che non ha funzionato affatto. Ed era stata una delle cose che l'aveva intrigata maggiormente di Scorpius; al di là del suo fare l'impostato, aveva dimostrato una capacità di adattamento a situazioni disparate, che non si aspettava minimamente. « ..e poi è diventato tutto un po' strano. Mi capita spesso - non so se ha senso. Sentire che qualcosa va storto.. o è strano. » Pausa. « Di solito è uno strano brutto. Non era questo il caso però.. » Deglutisce e si stringe nelle spalle. Non sa per quale ragione sente di giocarsi con così tanta naturalezza la carta della sincerità, ma lo fa senza nemmeno pensarci. Si porta istintivamente le ginocchia al peto, voltandosi completamente verso di lui, mantenendo tuttavia lo sguardo basso. « Ho tentato di metterti in guardia.. su di me. Non è tutto oro quel che luccica, Scorpius » Io speravo che tu decidessi di scappare. Volevo proteggerti. Ha senso? Non nella sua testa. « Io lo so che ormai siamo fuori.. da tutto ciò che è successo qui a Portland, e a Hogwarts.. e anche dopo. Cioè stiamo bene. » Solleva lo sguardo verso di lui. « Tu stai bene, vero? » Io no. « Ecco immagino che quando ho capito che stavamo bene e che non eravamo andati al ballo insieme così per ridere, ho preferito non trascinarti nel mio strano brutto. » Siamo fuori. Siamo liberi. E allora perché io mi sento ancora come se non ne fossi mai uscita?



     
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    Camminò lentamente e senza una meta specifica. Si muoveva solo per lasciare all’altra il tempo di riflettere sulle sue parole. Per lui era diventato spontaneo applicare, nei confronti del prossimo, comportamenti empatici basati su ciò che lo rendeva irrequieto. Quando veniva fissato dopo una domanda importante, ad esempio, sentiva i pensieri scivolare tra le tempie fin troppo veloci, e finiva per accelerare i tempi solo per togliersi da quella condizione. La risposta che ne veniva fuori, spesso, non era la più sincera. Anche per questo si sentì sollevato quando Mia gli ricomparve di fianco anticipata dalla sua voce ormai familiare. Mettendola davanti ad una scelta, e incamminandosi senza aspettarla, le aveva reso semplice la possibilità di andarsene. Spostò lo sguardo verso il basso e incontrò i suoi occhi. «Però stabiliamo delle regole. No.. non delle regole, però ecco mettiamo in chiaro delle cose…» Di sicuro te le eri preparate – pensò, trovando vagamente ironica la repentina presa di posizione. Rimase ad ascoltarla con attenzione. «Non trovo niente di male nei social.. cioè non si trattata di sommergersi di messaggi, solo che.. ecco, mettiamo il caso ipotetico - e non è assolutamente il nostro caso, mi pare chiaro - uno mette un piccolo post mirato lì per capire qualcosa.. non c'è niente di male nel mostrarsi interessati.» Soppesò il discorso senza mostrarsi concorde né contrariato, immerso in quella scala di grigi che ben rappresentava la sua personalità. «Non è proprio il nostro caso» ripeté con la morbidezza vocale di chi sta affermando il contrario. La questione virò poi sulla fantomatica regola dei tre giorni, un’onta con cui la giovane Wallace lo avrebbe probabilmente perseguitato per l’eternità. Scosse la testa, anche se sotto sotto gli veniva da sorridere. «Al di là di tutto, mi va di conoscerti.. cioè mi andava già prima. Non perché sei un Malfoy o chissà cosa. Cioè di quello non me ne frega niente. A dirla tutta questi giorni ho anche ricevuto un sacco di messaggi che ho dovuto bloccare perché a quanto pare ci siamo visti una volta e tutti vogliono già sapere i cazzi nostri.» Annuì. «Intorno a me funziona così». Voci vere e false si mischiano in un vortice infinito. Sul suo viso, tuttavia, non c’era frustrazione o tristezza. Era un fatto che aveva imparato ad accettare. «Possiamo dimenticarci questa cosa dei tre giorni? Te l'ho già spiegata.» Osservò il cielo tinta pastello, una barriera immensa che sembrava in grado di respingere con vigore qualsiasi assalto delle nuvole. «Ma quale ramanzina! Nemmeno io ho qualcosa contro i social» Non era il tipo di persona che seguiva una moda senza provare un minimo di piacere o utilità nel farlo. «Però usarli come metodo per decidere cosa stia passando per la testa dell’altro…» Si interruppe e le diede una leggera spallata. «Mi sembra un po’ infantile.» Il loro percorso era ormai virato in direzione del bosco, all’inseguimento della fresca penombra. «Visto che sei così precisa, dovresti anche notare che le tue foto non sono state del tutto ignorate. Anche se questa situazione avevo voglia di risolverla dal vivo, le cose le vedo» la esortò con un cenno nel viso a controllare i like che le aveva messo, non tanto per la volontà che lo facesse davvero, quando per dichiarare la propria sicurezza. Oppure l’hai notato ma lo stai già dando per scontato? Continuava a camminare scalzo nonostante fossero passati al sottobosco, dava l’idea di essere abituato a farlo. Sull'eventualità che lei gli stesse ruotando attorno solo per il suo cognome aveva già messo una pietra sopra. Gli sviluppi della festa avevano spianato qualsiasi dubbio. Sul volto sfregiato dai capelli dorati fece capolino il divertimento. «Esiste un fan club di me ed Albus. E mi stanno riempiendo di direct e commenti per convincermi a dichiararmi durante la cerimonia. Ti immagini la scena?» Si lasciò andare ad una risata da bambino. «Sono pure un testimone». Le rivelò. Se avesse avuto una giratempo l’avrebbe fatto solo per vedere la faccia di tutti gli invitati, ma soprattutto quella di Mun ed Albus stessi. Sfociare nella commedia romantica di bassa lega era un attimo. Lei sedette su una panchina. « Quella sera.. uhm.. hai detto delle cose. E io le ho capite queste cose. Però non avrei dovuto capirle…» Prese posto a sua volta, allungando le braccia sullo schienale e lasciando cadere la testa all’indietro, insieme ai capelli, per osservare i frammenti di cielo attraverso l’intricato e disordinato mosaico offerto dalle fronde degli alberi. «…Ho tentato di metterti in guardia.. su di me. Non è tutto oro quel che luccica, Scorpius» È complesso spiegartelo, ma non sei mai stata oro luccicante. Fin dal Maypole i suoi occhi avevano scavato dove non avrebbero dovuto, i loro spiriti si erano intersecati per un fugace attimo trasmettendogli consapevolezze che non avrebbe dovuto avere. Non aveva avuto il tempo di farsi illudere dalle apparenze. E nonostante ciò non si era ritratto. «Io lo so che ormai siamo fuori.. da tutto ciò che è successo qui a Portland, e a Hogwarts.. e anche dopo. Cioè stiamo bene. » Smise di sbattere le palpebre. « Tu stai bene, vero? » Ruotò il collo fino a riuscire ad inquadrarla, di sbieco e senza alzare la testa, trovando il viso attraente di lei deformato dal quel punto di vista orizzontale. I suoi tratti, da lì, sembravano persino avere differente forma. Si distrasse, poi rispose con un semplice: «Me la cavo» continuando a guardarla. « Ecco immagino che quando ho capito che stavamo bene e che non eravamo andati al ballo insieme così per ridere, ho preferito non trascinarti nel mio strano brutto. » Apprezzava il suo sforzo. C’erano cose che le parole non erano in grado di spiegare, concetti che persino gli altri linguaggi espressivi faticavano a sfiorare.
    Non avrebbe potuto pretendere una spiegazione più accurata perché lui stesso non sarebbe stato in grado di darne una. Ad esempio sul perché non l’aveva inseguita immediatamente. E allo stesso tempo queste dinamiche erano il motivo per cui non aveva potuto offendersi, arrabbiarsi o provare completa delusione per essere rimasto solo dietro la cascata. Insieme a ciò che, in qualche misura, lo aveva persino fatto sentire sollevato dalla fine della serata. Le fondamenta di quel rapporto erano un groviglio che, davanti alla prospettiva di un bacio imposto da un gioco, li aveva spinti a perdersi. La superficialità, per Mia e Scorpius, aveva avuto spazio solo nelle parole che si erano scambiati con leggerezza e sfida durante il Midsummer, mai nei fatti. L’unico punto in cui questi divergevano era la reazione all’epilogo, poiché se il biondo lì nella caverna avesse avuto modo di finire il suo “Non c’è bisogno di…” avrebbe aggiunto una singola parola: “andarsene”. Nella verità, positiva o negativa che fosse, il ragazzo aveva preso il vizio di scavare. «Ho una richiesta anche io» annunciò. «Quando c’è qualcosa che non va, invece di correre via, prova a dirmelo». E poté così chiudere quel cerchio. Selezionò le parole successive con attenzione, perché riguardavano un argomento che non aveva mai nascosto a nessuno ma di cui, al tempo stesso, di rado aveva avuto necessità di parlare. Mancava di conseguenza della dimestichezza adeguata. Inspirò. «Devo rivelarti una cosa… Il motivo principale per cui mi hai visto ad Inverness è che sono un sin eater.» Da quanto non lo diceva ad alta voce, l’aveva mai detto ad alta voce? Alcune realtà si limitavano ad esistere e non avevano bisogno di essere scandite. Una volta iniziato continuò il discorso per inerzia. «E anche uno di quelli con i radar della sensibilità parecchio aperti. Fin dal loro risveglio, i miei rapporti con i lycan sono stati particolari e differenti. A volte in modo leggero, a volte in modo più evidente. Quasi mai normali» Sondò gli occhi dell’altra. «Non so se questo possa rispondere al nostro strano. Ma di sicuro sta dando un contributo…» Non ricordava se lei avesse mai fatto riferimenti alla propria natura – anche in modo implicito – a parte affermare di abitare ad Inverness. Ma il suo tono privo di enfasi dipinse quella consapevolezza come evidente e spontanea. In ugual misura diede per scontato che lei conoscesse il significato di sin eater. Restò lo stesso interessato alla sua reazione. «Questo per dire che se esiste un problema, non è solo tuo o mio. Piuttosto un po’ tuo e un po’ mio… Mi spiego?» Sospirò, svuotato, davanti alla concretezza confusa dei fatti. Non aveva motivo di negarlo, nel presente come nel passato. Ciò che era mancato era un contesto adatto. «Io sono già in guardia. Intendo… Anche se alla caccia stavi scherzando, è abbastanza chiaro che mordi davvero» Le rivolse un sorrisetto per stemperare il clima. Poi alzò una mano e la pose a metà dello spazio che li divideva. Sembrò invitarla a ristabilire un contatto fisico ed esplorare le eventuali sensazioni che avrebbe generato.


     
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    « Ho una richiesta anche io. Quando c’è qualcosa che non va, invece di correre via, prova a dirmelo » La fai facile tu. Sospirò, Mia, colta da una profonda sensazione di inadeguatezza. I suoi legami col mondo si erano semplicemente interrotti per diverso tempo e ora non era più certa di come comportarsi con le persone. Si sentiva come sospesa, come se qualcosa nel profondo non funzionasse esattamente a pieno ritmo - una sensazione quella che provava ormai dal momento in cui era ricomparsa. « Ma io non ti conosco. » Ho voglia di conoscerti. Ma non so come fare. La sua fu un'obiezione dettata dall'impeto, ma anche da una dose non indifferente di ingenuità. Seppur avesse dimostrato estrema facilità nell'approccio col biondo, la verità ultima è che non lo conosceva, e non solo non voleva fidarsi di lui, ma non aveva nemmeno la più pallida idea di come comportarsi. Una parte di lei si era sentita in pace sin dal primo momento in cui si erano incontrati, l'altra invece, continuava a restare sulle spine ogni qual volta il pensiero ricadesse sulla sua persona. Chiuse gli occhi infine e sospirò profondamente scuotendo appena la testa, rendendosi conto di aver detto una cosa sciocca, forse semplicemente inopportuna. Era abituata ad essere inopportuna, eppure, in quel momento non voleva esserlo. « Ci proverò.. » Sempre se ne avremmo ancora l'occasione. Seguì una piccola pausa, tempo in cui la giovane Wallace si concentrò sul suono rilassante delle onde e dell'aria leggera tra le fronde. Saggiò la consistenza del vento riempiendo i polmoni di aria pulita, tentando di scrollarsi di dosso quel velo di tensione che si sentiva addosso e che pure non sembrava aver ragione di esistere. Fu Scorpius a interrompere quel silenzio per primo. « Devo rivelarti una cosa… Il motivo principale per cui mi hai visto ad Inverness è che sono un sin eater. » Sollevò appena le sopracciglia sorpresa. Non se lo aspettava; immaginava di averlo visto perché in fondo aveva sempre saputo quanto lui e Albus Potter fossero uniti. Forse viveva a sua volta a Inverness a discapito delle scelte della sua famiglia, oppure, semplicemente era uno di quegli indecisi che non avevano mai scelto una parte. Ce ne era di gente che durante la guerra aveva semplicemente scelto di non scegliere. « Oh! » Esclamò decisamente sorpresa raddrizzando le spalle. Ecco un modo efficace per lasciare Mia Wallace senza parole. Quella confessione collocava Scorpius Malfoy in una sfera molto differente della sua vita; una che aveva sempre tentato di tenere separata da tutto il resto - dalla scuola, dalle persone con cui usciva. Per come la vedeva lei, il Credo era lavoro, una missione - almeno lo era, finché non siamo rimasti senza scopo alcuno. « E anche uno di quelli con i radar della sensibilità parecchio aperti. Fin dal loro risveglio, i miei rapporti con i lycan sono stati particolari e differenti. A volte in modo leggero, a volte in modo più evidente. Quasi mai normali. Non so se questo possa rispondere al nostro strano. Ma di sicuro sta dando un contributo… » Annuì pensierosa, giocherellando assente con una ciocca di capelli. Forse in quella maniera si spiegavano tante cose. Tra lycan e sin eater c'è sempre stata un'unione che andava al di là della comune comprensione, un rapporto che Mia non aveva mai capito fino in fondo. Tuttavia, ogni qual volta si trovasse a condividere il proprio spazio vitale con uno di loro, pensava si trattasse di qualcosa di importante. Capiva bene cosa intendesse - nemmeno i suoi rapporti coi sin eater erano identici tra loro, eppure, ogni qual volta si trovasse a vorticare nella loro sfera, provava l'inspiegabile necessità di restare più vigile, come se si trovasse di fronte al Santo Graal e avesse l'indispensabile compito di proteggerlo anche a costo della propria vita. Col tempo, seppur non abbia mai trovato il suo, Mia ha capito che erano importanti, che Inverness teneva alla loro sicurezza forse più di quanto tenesse alla propria. E così si sentiva anche Mia in quel momento; quella forma di umanità andava al di là delle sue capacità di comprensione. Forse non solo siete l'altra faccia della medaglia.. forse ci rendete davvero più umani. « Questo per dire che se esiste un problema, non è solo tuo o mio. Piuttosto un po’ tuo e un po’ mio… Mi spiego? Io sono già in guardia. Intendo… Anche se alla caccia stavi scherzando, è abbastanza chiaro che mordi davvero » Restò in silenzio per qualche istante, in attesa di metabolizzare quel nuovo inaspettato twist. Solo in seguito sollevò lo sguardo nella sua direzione, guardandolo sotto una luce completamente differente, come se potesse finalmente riconoscerlo al di là della sua apparenza. Quella loro società si celava sotto le sembianze più sorprendeti e insospettabili. E forse è questa la ragione per cui riusciamo a sopravvivere; forse è così che siamo riusciti a restare a galla nonostante tutto. Osservò la mano di lui con un velo di incertezza, come se avesse paura di scoprire cosa potesse celarsi dietro quell'invito. Nonostante Inverness avesse già combattuto una guerra in cui i loro talenti erano stati decisivi, tutto ciò che vorticava attorno al destino dei soldati della Loggia Bianca, le appariva ancora una cosa nuova. Si schiarì quindi la voce, raddrizzò le spalle e si spostò appena sulla panchina avvicinando lentamente le dita nella sua direzione. Un leggero formicolio stimolò le terminazioni nervose di lei non appena la sua pelle toccò quella del ragazzo; la stessa sensazione paradossale di comunione e alienazione scavò affondo nel suo cervello fino a inglobare quasi completamente ogni sua sinapsi. Era come se quel leggero contatto decostruisse tutto il resto. Il rumore delle foglie, le onde, il vento, persino il suo stesso respiro scomparvero di colpo e per qualche istante la pace che provò fu travolgente. La pace. E' fatta così la pace? Semmai un significato quella parola l'avesse, doveva essere per forza qualcosa che somigliava a quella sensazione. Una sensazione che viaggiava tra la libertà e l'impressione di essere incatenata all'altro. Ispirò finché i polmoni non furono più in grado di contenere altra aria. Ispira e contò di conseguenza fino a dieci, concentrandosi sull'elettricità che sembrava ora coinvolgere un po' alla volta ogni area periferica del suo organismo. E infine si ritrasse, impaziente di tornare alla realtà. C'era qualcosa in quel sentimento idilliaco che aveva la parvenza di essere solo una tenera illusione, qualcosa che Mia non sembrava voler accettare di buon grado fino in fondo, o che forse aveva troppa paura di realizzare.
    « Capisco.. » Seguì una lunga pausa, tempo in cui sconcertata, si massaggiò leggermente il pollice, come se la tensione provata l'avesse portata a compiere uno sforzo superiore alle sue naturali capacità. « Ha senso.. » Per quanto sensata possa risultare un po' tutta la nostra vita. « ..più o meno. » Continuò stringendosi nelle spalle. « Per quel che vale ero finita.. » Pausa, tempo in cui deglutisce. « ..ero finita in un posto brutto. » Uno di quei posti che ti divora, ti prosciuga; ti lascia così vuoto che vorresti solo farla finita. « Ma questa è una storia per un'altra volta. Non siamo ancora al punto delle confessioni. » Una scelta di parole che fa sovrappensiero, volgendo infine lo sguardo alle proprie spalle ripercorrendo con lo sguardo il sentiero che hanno seguito per raggiungere quella panchina. « Che il problema fosse soprattutto tuo si era capito comunque. » Forse ha solo bisogno di sdrammatizzare. Le sembra che l'aria si è fatta decisamente troppo pesante. « Sei troppo ostinato. » Però sono contenta che tu lo sia. Fosse stato per me, non ci saremo più sentiti. « Però va bene così. » Ammette infine leggermente più seria. « E' rincuorante sapere che c'è ancora gente che ricorda - non so se mi spiego. Persone che riconoscono ancora una qualche forma di appartenenza, nonostante sia tutto finito. » Perché è tutto finito. « Tutto ciò che siamo, sembra ormai essere diventato solo un accessorio passato di moda. Però al di là di quello che non siamo più in grado di fare, questa roba ce l'hai nel cervello, prima che nelle ossa o - nel tuo caso nello stomaco » Scoppia a ridere appena scuotendo la testa. « E' sempre lì.. non riesci a scrollartela di dosso mai del tutto. Chi non ci sta dentro non lo capisce. E quindi ecco.. potremmo provare a essere problematici ma un po' meno soli. Immagino.. » Qualunque cosa ciò significhi. « Anche se non prometto niente.. » Posso provarci. Credo. Io un po' mi sento sola. Abbandonata a me stessa. Senza scopo. Inutile. « Devo però confessarti una cosa. » A quel punto resta stranamente seria per qualche istante mantenendo alta la suspance. « Potrei aver messo mi piace a quella pagina tua e di Albus il giorno in cui ha aperto. » Alza le mani divertita scoppiando a ridere. « Devi ammettere che le loro teorie sono molto lineari e coerenti! E' chiaro che state nascondendo qualcosa! » E forse con questo, i discorsi estremamente seri si erano conclusi per quel giorno. Non potevano saperlo allora, ma sarebbe durato per poco. Eppure, in quel momento, Mia pensò che un momento di spensieratezza se lo meritava. E di lì a poco si sarebbe resa conto che sarebbe stato uno degli ultimi. Per molto tempo.


     
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