Miss me?

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    Pensa e ripensa, da quel martedì mattina, a quella foto. Mentre spezzettava in piccoli pezzi il cornetto integrale che Josie le aveva fatto trovare sul tavolinetto centrale, insieme al succo all'arancia, come le aveva espressamente richiesto la sera prima con uno di quei messaggi sbrigativi, privi di fronzoli come si rivolgeva sempre alla sua assistente, mai avrebbe pensato di ritrovarsi, da lì a poco, una fortuna come quella che le ha consegnato la sua nuova coinquilina, lasciando cadere tra le sue dita affusolate il cellulare dalla cover scura. Dopo una domanda di JD, Winter doveva aver colto nel suo tono di voce un velo di interesse, tanto da spingerla a raccontarle, non troppo nei dettagli, la serata del Midsummer. La voce della bionda le era arrivata quasi ovattata, mentre la sua testa captava una parola di tanto in tanto, troppo concentrata sul rumore fastidioso che i suoi denti producevano nel masticare. Aveva buttato giù un sorso di succo per non pensare al nervoso che stava accrescendo dentro di lei, per poi controllare l'orologio. Sono ancora in largo anticipo aveva pensato, sapendo che le sue ragazze non si sarebbero presentate al campo prima di un'ora e mezza buona. « E' una festa talmente assurda da concepire per noi stranieri, che all'inizio pensavo fosse una grandissima ridicolata. Aspetta, ho qua qualche foto per farti capire l'atmosfera generale. » Era tornata presente a se stessa, JD mentre aveva piegato la testa di lato, decidendo di abbandonare l'idea di continuare a mangiare per concentrarsi sullo schermo del cellulare della ragazza. I suoi occhi, scuri come pozzi, si erano riempiti di immagini, di volti sconosciuti gioiosi, di profili di fatine, di bicchieri di quello e l'altro cocktail. « Le hanno usate due lucine. » Il suo commento sardonico, prima di sentire la mascella serrarsi non appena il suo campo visivo è stato invaso da due volti a lei familiari, a dispetto di tutti gli altri che fino a quel momento non le avevano detto assolutamente nulla. Si era passata la lingua sull'arcata superiore dei denti, con fare disinvolto, decidendo di allungare il dito verso lo schermo per scorrere alla foto precedente, fingendo interesse per un ragazzo presente nella foto. « E' già bello che preso. » Avevano sorriso entrambe, piuttosto complici, mentre il dito era scivolato in avanti, alla foto incriminata. « E' un gran figo anche lui. » « Ti piacciono i toy boys, eh? » Un altro risolino, mentre aveva atteso che fosse lei a rispondere alla sua curiosità latente. « Si chiama Caleb. » Mannaggia, Winter, sei poco collaborativa. Dimmi di più. « Forse ho un debole per la loro resistenza, ma ti prego, non svendere i miei segreti alla stampa. » Di nuovo una risata camuffata. « Qualche particolare in più? » « Mh, è gemello di questa ragazza qui, Camila Davis. » Che nomi interessanti vi siete scelti, tesorini. Il ticchettio dell'unghia di Winter che le indicava sua sorella le era apparso quanto di più gratificante al mondo, andando a riempire un po' del vuoto che aveva nel petto. « Credo abbia la mia età, quindi sui vent'anni. Non giurerei troppo sulla resistenza, se non ho capito male gioca a Quidditch e se è vero quello che si dice sugli sportivi...» Aveva arricciato il naso, JD, fingendosi annoiata nello scrollare la testa. Hai seguito le mie orme, sempre un cucciolo obbediente. « Non me lo ricordare, pescare in questo stagno è sempre stata una delusione continua. Forse è per questo che ho cominciato ad interessarmi alla pittura. » Avevano ridacchiato un'ultima volta, prima che la mora dichiarasse di essere in ritardo per andare a Holyhead, scivolando via con un sorriso dalle tinte piuttosto ambigue.
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    Da quel giorno, aveva usato tutte le sue ore libere per rintracciare Camila e Caleb Davis, decidendo persino di assumere una persona fidata per cominciare a pedinarli, così da lasciarle una lista compilata delle loro abitudini giornaliere, per poter capire dove trovare un punto di congiunzione. E lei, nel frattempo, aveva risentito un suo vecchio amico, dai giri piuttosto strambi e torbidi, che le aveva procurato tutto ciò di cui aveva bisogno. Poi, dopo attente riflessioni, ha deciso di non prenderli insieme, ma di partite direttamente dalla sua adorata sorellina. La perfezione fatta bambina, come l'aveva descritta più di una volta suo padre, decantando le qualità della moretta davanti alla tavolata di ospiti altolocati, del circolo di sua madre. Chissà se perfetta lo sei ancora. Pensa, mentre osserva il proprio riflesso alla vetrina di un negozietto di dolciumi. Gli occhi cangianti le restituiscono uno sguardo pigro e quasi disinteressato, le dita, un po' più corte delle sue solite, si stirano i lineamenti alla ricerca di una qualche falla che possa rovinarle il gioco ancor prima che lei abbia deciso di porvi fine. Inclina la testa di lato, un paio di volte, accennando qualche smorfia, uno sbuffo di troppo per immedesimarsi nei panni della sua amica Helm, che le ha gentilmente prestato un capello, senza chiedere in cambio altro che un paio di biglietti in tribuna vip per la stagione successiva. Dopo qualche altro minuto di revisione, si dice convinta e soddisfatta, tanto da riprendere a svolazzare nel suo abito vaporoso, dai colori piuttosto accesi, per non passare inosservata nemmeno quando è sicura di non poter essere riconosciuta in alcun modo come JD Silente, la stella cometa del Quidditch oltreoceano. Arrivata da Starbucks, alle 16 spaccate, come dice la sua tabella piuttosto abitudinaria, appoggia la mano alla maniglia e tira forte, mentre i suoi occhiali da sole dalla montatura rossa scivolano appena sopra la sua testa, minacciandola di cadere all'indietro. Li riprende al volo, sistemandoli nuovamente tra i capelli color grano, come niente fosse, mentre si fa avanti nell'ambiente, piuttosto spoglio essendo quasi conclusa la sessione della maggior parte degli studenti. Ma non la tua, povera stella. Si ritrova a commentare, ricercandola con gli occhi chiari, fino a trovarla in piedi, al bancone, intenta ad aspettare la sua ordinazione. Cosa vuole esattamente da lei? Forse un po' di sazio per quel vuoto che l'accompagna da anni, forse solo vedere com'è la vita fabbricata e finta di Camila Davis, per avere conferma di quanto viva all'ombra di una grande menzogna, tutt'altro che perfetta. JD sorride, sotto i baffi, gonfiando appena le guance, raggiungendo con qualche falcata la cassa per prendersi un bubble tea ai fiori d'ibisco. A sua volta attende, con pazienza, che alla sorella arrivi la sua bevanda, decidendo di puntarsi proprio dietro di lei, giusto a qualche centimetro di distanza. Sarai ancora un'adorabile pasticciona? Si domanda e la risposta non tarda ad arrivare, quando, in tutta fretta, Camila si volta, le sbatte contro e le rovescia addosso tutto il contenuto del suo beverone. « Oh, cavolacci. » Squittisce JD, con le braccia larghe e le mani che si sventolano, come a voler asciugare quel pasticcio. « No, tranquilla, devo solo prendere la bacc- infila la mano dentro la borsa, rovistando in lungo e in largo per poi scuotere la testa. « I fazzoletti andranno benissimo. » Ride, in maniera solare, lasciando intravedere tutta la dentatura perlacea mentre si allunga verso il bancone. « Scusami, è che ti stavo appiccicata come una stalker, ma mi è passato vicino uno piuttosto strano e viscido prima, e ho pensato che se fingevo di stare con qualcuno, non avrebbe attaccato bottone. » Bugie su bugie, mentre si mordicchia il labbro e si tampona il seno come meglio può, lasciando che la carta si intrufoli sotto il tessuto del vestito. Hai ancora quel famigerato cuore grande che faceva di te la perfetta santarellina? « Scusami ancora. »
     
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    Tutto sommato il Midsummer non è andato troppo male. Camila potrebbe giurare di essersi divertita. Da quanto tempo non le capitava? Probabilmente anni. Dall'ultima festa a Ilvermorny, quando la scuola aveva ospitato, in un gemellaggio, gli studenti di Beauxbatons. Adesso, di fronte allo specchio della sua stanzetta, piccola ma al contempo piena di cose sin quasi a scoppiare, sorride dal profondo del cuore, senza un motivo preciso. L'incidente dell'abito di Fawn macchiato è passato al dimenticatoio grazie alle rassicurazioni della Grifondoro, gli esami della sessione estiva stanno per concludersi e le vacanze della giovane Silente stanno per iniziare col piede giusto. Ovviamente insieme al fratello gemello, ben più spigliato e solare di lei. Si è lasciata convincere ad uscire con la sua comitiva, ha persino risposto alle battute dei presenti. Wow, Cami, non ti riconosco più. O meglio: Cami, non posso credere che tu sia tornata quella di prima. Perché un tempo era davvero così: spensierata, la testa fra le nuvole, ingenua, alla mano. Intorno al suo mondo si è alzata una muraglia, improvvisamente, l'estate dei diciassette anni, quella che con ogni fibra del corpo cerca di scordare, senza tuttavia riuscirci. La sua Dixie... «Cami, devi rilassarti. Non ne sentiamo più parlare da due anni.», ed è quasi vero. Quasi. Questo perché, poco prima di Capodanno, la piccola Davis ha letto un articolo di giornale proprio su di lei. Sua sorella. Dipinta come stella del Quidditch. E se l'è poi vista di fronte, faccia a faccia, nello specchio della cabina dell'Orient Express. Erano la stessa persona. La stessa forma del viso, lo stesso sguardo accattivante. Una somiglianza così precisa da farla star male. «Lo so.», in quell'affermazione, Cami infonde tutto quello che ha dentro: l'accettazione della nuova esistenza, la consapevolezza che, due anni a questa parte, si è comunque ritrovata in un porto sicuro, la volontà di ricominciare. Insieme a Caleb, mano nella mano, in quel falò sulla spiaggia con le nuove conoscenze inglesi. Sembra quasi non sia la sua vita, eppure lo è, davvero. L'alcol che brucia è dentro il suo stomaco, gli occhi arrossati sono proprio i suoi, la vocina stridula di quando ride le rimbomba nella gola. Odia la propria risata, ma almeno è sincera. Si sente stranamente viva. «Va bene, è ora di riprendere. Vado da Starbucks, verso le cinque ripeto con una collega.», annuncia a Caleb alle tre del pomeriggio, circa. Subito dopo fa una doccia, raccoglie i capelli in una coda spettinata - non riesce mai a sistemarli perfettamente - e si avvia a piedi in caffetteria. Sono ormai le quattro. E' in anticipo di un'ora, ma ha intenzione di sfruttarla per ripassare alcuni argomenti che, per questioni di tempo, non potrà ripetere con Maya nel pomeriggio. Mentre attende alla cassa il suo caffè americano - le vecchie abitudini non muoiono mai - scorre i messaggi su Whatsapp. Lavoro di gruppo per Biochimica Clinica... Sarah che le chiede gli appunti di Farmacologia... Caleb che le chiede se è arrivata sana e salva da Starbucks... Ridacchia tra sé, poi si gira col caffè in mano e... «Oh no. Oh no, no, no. », ne ha praticamente rovesciato il contenuto addosso ad una... Ragazza? Signora? Oddio, Cami non azzecca mai con l'età. « No, tranquilla, devo solo prendere la bacc... I fazzoletti andranno benissimo. », afferma la sorridente sconosciuta.
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    «Non si preoccupi... Faccio... Posso fare io. Ecco. Gratta e netta.», punta la bacchetta verso la gigantesca macchia, lasciando che un getto d'aria calda faccia evaporare lo sporco. Soddisfatta del risultato, rivolge un sorriso che implora perdono all'interlocutrice. «Spero di non averle arrecato troppo fastidio. Mi dispiace davvero, ho... La testa in aria.», sempre, anche quando non dovrei. Fa un passo indietro, Cami, osservando la bionda dritto negli occhi. No, non l'ha mai vista prima d'ora, decisamente. « Scusami, è che ti stavo appiccicata come una stalker, ma mi è passato vicino uno piuttosto strano e viscido prima, e ho pensato che se fingevo di stare con qualcuno, non avrebbe attaccato bottone. », strabuzza gli occhi, Cami, alla ricerca del tipo che la sconosciuta ha appena descritto. Individua un uomo avvolto in un giubbino di pelle nero con le borchie, senza alcuna maglietta sotto. Effettivamente non è la solita clientela dello Starbucks. Che sia lui ad averla seguita?, si domanda la ragazza, subito empatizzante col racconto della donna, probabilmente per via dei precedenti. «Oh... Capisco... Guardi, non si preoccupi, posso immaginare... Cioè, non è che mi sia successa una cosa del genere, o almeno, non direttamente, però... Quasi, insomma. Ero con un'amica. Anzi, no, non eravamo ancora amiche. Ero con una senior - lei sa cos'è un senior? Praticamente sono delle specie di 'rappresentanti' degli studenti, uno per ogni facoltà magica... Lo preciso perché, insomma, il college è stato fondato solo di recente... Dunque, ero con una senior, mi stava aiutando a sbrigare alcune pratiche per l'iscrizione. E a un certo punto piomba tra noi questo tipo, George, di una sfacciataggine che non ho mai visto prima... Tra l'altro mi aveva pure chiesto una sigaretta quando ancora aspettavo la ragazza per l'appuntamento, ed io non ne avevo, e lui si è pure mezzo arrabbiato... E poi ci è stato appiccicato tutto il tempo, e faceva battutine a sfondo malizioso, mettendoci -», mettendomi, «- decisamente a disagio. Tutto questo per dirle che, sul serio, ha fatto bene a cercare qualcuno per non trovarsi da sola. Mi dispiace soltanto che abbia trovato me... Insomma, le ho rovesciato addosso la merenda. Detto tra noi, sono un disastro. Non so neanche perché le sto raccontando tutto questo, di solito non lo faccio. Non...», parlo con gli sconosciuti. «Non sono propriamente l'anima della festa. Però ecco, questa storia ha toccato le mie corde sin troppo. Le offro qualcosa, per farmi perdonare. Perché sì, davvero, mi dispiace tantissimo. Dei cookies vanno bene? Qui li fanno buonissimi... Ehi, Benji, puoi portarcene una decina?», ehm, sì, ho fame.
     
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    «Spero di non averle arrecato troppo fastidio. Mi dispiace davvero, ho... La testa in aria.» Che ragazza santa, si ritrova a commentare tra sé e sé JD nel fissare la sorella intenta in una delle sue manifestazioni tipiche di prostrazione e piena ammissione di ogni colpa, anche e soprattutto quando non c'è assolutamente nulla da recriminare a qualche sua mancanza. Come devono essere felici di te, i coniugi Davis. Sempre così educata, sempre così a modo, sempre così remissiva e permissiva. Dov'è il tuo punto cieco, Aurelia? Sbatte le ciglia, la ragazza, mettendo su un bel sorriso che dissimuli ogni suo pensiero poco positivo riguardante la sua famiglia. « La testa in aria, che meraviglioso modo di attraversare la vita senza farsi toccare dai problemi terreni. » C'è un sorriso a dipingerle le belle labbra piene seppur nella sua mente quella appaia più una frecciatina o quasi un'offesa. Eppure sorride, amabilmente, come una sconosciuta dovrebbe fare in presenza di una persona contro cui il mondo l'ha appena fatta cozzare. Non c'è alcuna malizia nei suoi occhi ridenti, ma solo tanta invidia per un atteggiamento che può farle vivere meglio la vita, fregandosene dei problemi che si hanno ad un palmo dal naso. Tutto più semplice così. «Oh... Capisco... Guardi, non si preoccupi, posso immaginare... Cioè, non è che mi sia successa una cosa del genere, o almeno, non direttamente, però... Quasi, insomma. Ero con un'amica. Anzi, no, non eravamo ancora amiche. Ero con una senior - lei sa cos'è un senior? Praticamente sono delle specie di 'rappresentanti' degli studenti, uno per ogni facoltà magica... Lo preciso perché, insomma, il college è stato fondato solo di recente... [..] Detto tra noi, sono un disastro. Non so neanche perché le sto raccontando tutto questo, di solito non lo faccio. Non... Non sono propriamente l'anima della festa. Però ecco, questa storia ha toccato le mie corde sin troppo. Le offro qualcosa, per farmi perdonare. Perché sì, davvero, mi dispiace tantissimo. Dei cookies vanno bene? Qui li fanno buonissimi... Ehi, Benji, puoi portarcene una decina? » Il tono di voce piacevole di Aurelia si fonde alla concitazione che prova nel raccontarle vita, morte e miracoli di quell'episodio riuscendo nell'impresa di rincoglionirla, facendole perdere il filo del discorso più volte. Ma forse è perché non l'ha davvero
    ascoltata attentamente. « Accetterò volentieri i cookies. » Parte dal fondo, prima di girarsi verso il ragazzo oltre il bancone che la costringe ad ampliare il sorriso non appena lo squadra meglio. Apperò, hai capito il commesso di Starbucks. « Mi raccomando, abbonda con quelli alle gocce di cioccolato, ne vado matta. » E a te, Auri, piacciono ancora? Inarca un sopracciglio, gonfiando le guance prima di tornare a guardare la moretta. « Dopo le cose importanti, i convenevoli perché hai appena ferito il mio cuore dandomi del lei più del necessario. » Allunga una mano, con fare esuberante, per andare a stringere quella di lei. « Wilhelmina, puoi chiamarmi Helm. 23 anni. » Non dà troppo peso al darle informazioni riguardanti la sua provenienza, in quanto crede che il suo sforzo per adottare un pulito accento inglese faccia già la sua parte. « So che cos'è un senior - seh, come no - seppur non frequenti il college. Uscita da scuola, ho capito che forse sarebbe stato meglio lavorare, vista la mia scarsa voglia di studiare. » Si stringe nelle spalle, per poi portarsi una mano a coppa a lato delle labbra. « Detto fra noi, me ne sono pentita più di una volta. Lavorare come cameriera non è il massimo dell'aspirazione, a lungo andare, e penso spesso di darmi una seconda possibilità. In fondo la Divinazione mi è sempre piaciuta. » Continua con la marea di bugie istantanee che le vengono sul momento, un dono quello che ha sempre avuto fin da bambina, avendo l'arguzia di non tradirsi quasi mai ma di ricordarsi abbastanza bene ogni bugia detta, fin tanto che alla fine le risultava difficile intuire dove finiva la verità e dove cominciava la menzogna. « Chissà, magari avrò il piacere di conoscere un senior dal vivo, prima o poi. » Ridacchia, cercando di risultare quanto più affabile possibile mentre le fa cenno di sedersi al primo tavolo disponibile nelle vicinanze della cassa. « Questo George, comunque, mi sembra un gran coglione. Spero tu non abbia avuto la sfortuna di incontrarlo una seconda volta. » L'hai mandato a quel paese la prima volta, Auri? Dimmi che hai imparato qualcosa da me. La fissa, sedendosi di fronte a lei, sistemandosi meglio il vestito sotto le gambe, affinché non si poggino sul legno. « Mentre io sono d'altra parte decisamente fortunata ad aver trovato te come mio aggancio. » Non sai nemmeno quanto. Inclina la testa di lato. « Mi hai rimesso a nuovo il vestito con estrema naturalezza e ora mi offri anche la merenda. Cosa avrei potuto desiderare di più? » Ridacchia, lanciando un'occhiata intorno a sé nel risistemarsi una ciocca di capelli dietro l'orecchio. Fissa qualche altro secondo il commesso decidendo che sarebbe stato il perfetto appiglio emotivo da usare per conversare con la mora. Non è così che funziona tra ragazzine? Parlare dei propri interessi amorosi è lo sport nazionale, no? Così glielo accenna con il mento. « Scusa se te lo chiedo, ma l'hai chiamato per nome, quindi immagino tu lo conosca almeno un po' ed è davvero tanto carino..sai per caso se ho qualche possibilità se ora scrivo il mio numero su questo tovagliolino e glielo lascio scivolare nella tasca quando ci porterà i biscotti? » Torna a guardare la sorella, sbattendo le ciglia in un gesto volutamente innocente e al contempo abbastanza esplicativo. E' fidanzato? « Oh aspetta, non è che ci hai messo sopra gli occhi già tu? » Sgrana lo sguardo, fingendosi in qualche modo mortificata. « Cioè, io sono nuova di quest'ambiente, te l'ho appena detto e non conosco praticamente nessuno tranne un amico che studia Sport Magici e vive nel campus, a quanto pare. Mi ha dato appuntamento qui e ancora non si è palesato, in effetti. » Dà un'occhiata all'orologio, prima di guardare verso la porta. Scrolla poi le spalle tornando a lei. « Tu cosa studi? » Se ne esce, dal nulla, come se fosse il naturale proseguimento della conversazione. « No, ferma. Provo ad indovinare. » Si sporge in avanti, fissandone le iridi così simili alle sue. Sei la mia piccola copia, Auri, come fai a guardarti allo specchio senza odiarti un po' ogni giorno? « Magizoologia. » Sentenzia, spingendo la testa a destra e sinistra, per poi portare un indice a frapporsi tra di loro. « No anzi, anche Arte e Medimagia potrebbero starci. Di certo non sei abituata ad essere al centro dell'attenzione, quindi preferisci stare dietro una tela o dentro un laboratorio magari. Hai un'attitudine molto altruistica e il visino dolce e pulito. » Un diavolo travestito da angelo come me? Annuisce, mentre sa bene che corso di studi abbia effettivamente scelto di seguire la mora. « Magizoologia e Medimagia, una delle due o Arte. »
     
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    « La testa in aria, che meraviglioso modo di attraversare la vita senza farsi toccare dai problemi terreni. », l'espressione di Camila si fa subito spaesata di fronte a quella affermazione. Ti sbagli, commenta silenziosamente, meravigliandosi della presa di posizione che, con tanta fermezza - benché solo nella propria testa - si delinea. Penso troppo ai problemi terreni, per questo ho la testa in aria. Non si concentra abbastanza sul presente, la piccola, indifesa Camila Davis, proiettata in un futuro che le incute timore, spesso, ma al contempo desiderosa di affrontarlo. Desiderosa di nuove esperienze. Curiosa. Fino a pochi attimi prima, per strada, ha osservato un balcone pieno di piante grasse minuziosamente curate. Ha iniziato a chiedersi di chi fossero, ha iniziato ad inventare una storia dietro. Si è convinta che una dolce vecchina le stia coltivando in attesa del rientro del marito, partito l'anno prima per l'America, senza più fare ritorno. Era ricercato dai Mangiamorte, ne sono certa, ipotizza Camila, rabbuiandosi per quella scoperta senza né capo né coda. E' vero, si tira indietro, non si butta a capofitto nelle situazioni, cerca incanalature sugli scogli - cui potersi aggrappare - prima di tuffarsi e assecondare il richiamo del mare in tempesta. Però, alla fine, si butta. Non impara dalle lezioni del passato - oppure preferisce dimenticare. Per questo, quando l'interlocutrice si mostra così gioviale e allegra, i muscoli della Whampus si rilassano ed un timido sorriso fa breccia nel visino spigoloso. « Accetterò volentieri i cookies. Mi raccomando, abbonda con quelli alle gocce di cioccolato, ne vado matta. », che coincidenza!, sussulta la dolce Camila, annuendo in direzione di Benjamin e rivolgendo uno sguardo d'intesa alla ragazza. « Wilhelmina, puoi chiamarmi Helm. 23 anni. » «Molto piacere, Helm!», ha giusto il tempo di dirle, allungandole timidamente la destra per stringere la sua e sancire, definitivamente, la conoscenza - e forse un'amicizia, perché no! - tra loro. « Detto fra noi, me ne sono pentita più di una volta. Lavorare come cameriera non è il massimo dell'aspirazione, a lungo andare, e penso spesso di darmi una seconda possibilità. In fondo la Divinazione mi è sempre piaciuta. », potresti sempre optare per entrambe le cose, no?, si domanda Cami, ma non riesce ad intervenire perché Helm continua il racconto, visibilmente presa dalla storia. « Questo George, comunque, mi sembra un gran coglione. Spero tu non abbia avuto la sfortuna di incontrarlo una seconda volta. », tira un sospiro, Camila: il pensiero di George ed il suo puzzo di fumo quasi le danno la nausea, anche a distanza di giorni e chilometri. «Purtroppo sì. Per altro è un compagno di corso della mia amica... Non smette di assillarci. L'abbiamo sempre ignorato, finora, e sembra funzionare, ma non vorrei parlare troppo.», anche perché ogni volta che lo faccio va tutto di traverso. « Scusa se te lo chiedo, ma l'hai chiamato per nome, quindi immagino tu lo conosca almeno un po' ed è davvero tanto carino..sai per caso se ho qualche possibilità se ora scrivo il mio numero su questo tovagliolino e glielo lascio scivolare nella tasca quando ci porterà i biscotti? », Camila strabuzza gli occhi, leggermente a disagio di fronte all'atteggiamento disinibito della ragazza. Solo perché tu sei troppo timida per farlo, non vuol dire che non vorresti farlo, dolce Cami. La propria coscienza le sbatte in faccia la dura realtà: comportarsi come Helm la renderebbe molto più accattivante di fronte ai suoi coetanei. Magari, adesso, avrebbe anche un ragazzo. Fa spallucce, in direzione della nuova amica, facendole intendere: non so, non lo conosco abbastanza. E' in quell'istante che vengono serviti i cookies - Camila attende che Helm faccia la prima mossa, prima di servirsi a sua volta. Si sente in dovere di trattarla da ospite, forse perché non l'ha mai vista in giro alla caffetteria Starbucks - mentre lei, appunto, bazzica spesso da quelle parti -, forse perché poc'anzi le ha consumato la merenda.
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    «Oh, no, no... Non ci ho messo... gli occhi sopra, ridacchia, dissimulando l'alone d'imbarazzo che la avvolge chiaramente. «E' solo un amico. Credo sia innamorato di... quella ragazza, la vedi?», oddio, sto davvero facendo del gossip? «Sì, sì, quella.», sussurra, indicando la bionda chioma di Luxanna Scamander. « Cioè, io sono nuova di quest'ambiente, te l'ho appena detto e non conosco praticamente nessuno tranne un amico che studia Sport Magici e vive nel campus, a quanto pare. Mi ha dato appuntamento qui e ancora non si è palesato, in effetti. », quando l'argomento si sposta sulle parole sport magici, Camila quasi perde un battito. Si affoga con il biscotto, decisamente granuloso, e inizia a tossire per buttarlo fuori - sto bene, sto bene!, dice ad Helm, probabilmente preoccupata per quella sua reazione improvvisa. Appena l'accesso si esaurisce, beve un bicchiere d'acqua e si rasserena. «Dicevamo?», sceglie di cambiare discorso, volutamente, perché il presentimento che si tratti di Caleb fa breccia nel suo cuore e le impone di battere in ritirata. Se ha fatto così con Benji, figuriamoci quante ne avrà dette di Caleb! Se scopre che sono sua sorella vorrà messa una buona parola per uscire con lui e: no, no, no, assolutamente no. Tutti i ragazzetti del mondo vanno bene, ma non Caleb. Non esagerare, Camila, ha detto che sono soltanto amici - sì, ma non voglio che Caleb possa soffrire per qualcuna! - sì, ma anche qualora si mettessero insieme, chi ti dice che non sarebbe lui, piuttosto, a farla soffrire? - sì, ma non voglio e basta! Caleb non si deve cacciare nei guai. Dopo tutti i accompagnati dai ma, le domande di Helm si spostano sulla persona di Camila, tralasciando - forse - quella di Caleb. Ammesso che si tratti di lui, poi. « No anzi, anche Arte e Medimagia potrebbero starci. Di certo non sei abituata ad essere al centro dell'attenzione, quindi preferisci stare dietro una tela o dentro un laboratorio magari. Hai un'attitudine molto altruistica e il visino dolce e pulito. », avevi ragione, quando hai detto che ci sai fare con Divinazione. Tutta quella precisione la intimorisce. Eppure il viso dai lineamenti dolci, gli occhi chiari e sinceri, il sorriso sempre stampato sulle labbra, bastano a tranquillizzarla - almeno un po'. «In effetti studio Medimagia. Sto per concludere il primo anno.», afferma, per una volta fiera di aver combinato qualcosa di buono solo con i propri sforzi. Senza l'aiuto di nessuno. Una bambina che ha finalmente deciso di crescere. «Non soltanto, comunque. Ho iniziato a fare un lavoretto per pagarmi la retta. Per questo, quando hai parlato del tuo impiego di cameriera e del desiderio di studiare, mi sento di consigliarti che, in fondo, potresti fare entrambe le cose. Basta organizzarsi! Pensa che...», ed anche lì parte un moto d'indecisione: rivelare o non rivelare quel pezzetto di sé ad una sconosciuta? «Anche se non so niente di Quidditch, niente, mi hanno presa part time come commessa in un negozio. Non è troppo impegnativo, così posso dividere il tempo tra lo studio e il lavoro. Basta sapersi organizzare. Secondo me sei una in gamba, ce la faresti senza dubbio.», alla fine opta per il sì. Rivolge un sorriso d'incoraggiamento ad Helm: magari potresti iscriverti anche tu a Medimagia. Saremmo colleghe.
     
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    «Purtroppo sì. Per altro è un compagno di corso della mia amica... Non smette di assillarci. L'abbiamo sempre ignorato, finora, e sembra funzionare, ma non vorrei parlare troppo.» Inarca un sopracciglio, JD nel constatare quanto la piccola Aurelia sia effettivamente spaventata all'idea di poter essere assillata da quel ragazzo. Trattarlo male, una volta per tutte, intaccherebbe troppo la tua bella facciata angelica? « Dirgli chiaro e tondo che ti infastidisce il suo comportamento perché ti mette a disagio? » Se ne esce così, all'improvviso per poi stringersi nelle spalle con fare quasi sbarazzino. « Non è nemmeno giusto che continui a sentirti così per colpa di un coglione. Non so, la sincerità è l'arma migliore in certe situazioni perché anche l'ignorare, a lungo andare, stanca ed è inconcludente evitare i problemi. » Comincia a parlare chiaro, piccolina, come avresti dovuto fare anni fa. Pensa con un sorrisetto, ritrovandosi quasi affascinata dalla piega che sta prendendo l'intera situazione. Non sa nemmeno cosa si aspettava di trovare, chi pensava di incontrare al posto di quel ricordo sbiadito dalla collera e dal risentimento, ma di certo mai era arrivata a pensare di passare qualche minuto buono a dare consigli alla sua sorellina sotto mentite spoglie. Di temprarla un po', se ci riesco. Per questo passa di argomento in argomento, anche solo per testare la pazienza e i limiti della ragazza che si ritrova di fronte, sulla soglia dei venti anni e ancora con un evidente principio di "occhiali rosa ben calati davanti agli occhi che le fa vedere il mondo tutto panna, zucchero filato e unicorni dalla criniera arcobaleno". E questo si rende evidente nella sua reazione quando JD decide di mettere del pepe nella loro conversazione, accennando al ragazzo dietro il bancone, Benji, con fare interessato e volutamente disinibito. Lei risponde con una sgranata di occhi e scommette, JD, che se avesse avuto un biscotto in bocca con ogni probabilità si sarebbe strozzata seduta stante. Hai raccolto alla perfezione l'eredità della fidanzatina d'America, non è così? Piccola, ingenua, pura. Casta. Non può che sorriderle con fare complice, come a voler smorzare per lei quell'imbarazzo che le sta imporporando le guance, andando con la mano alla ricerca di un biscotto preciso, quello che ha un numero pari di gocciole in superficie. L'ha contate, una ad una con fare distratto, per non dare nell'occhio e svelare quella sua fissa che comprende ogni tipo di cibo. JD non mangia cose che siano in numero disparo. «Oh, no, no... Non ci ho messo... gli occhi sopra Hai mai messo gli occhi sopra qualcuno, sorellina? «E' solo un amico. Credo sia innamorato di... quella ragazza, la vedi? Sì, sì, quella.» Con fare disinvolto, fa scivolare il mento sopra la spalla per lanciare un'occhiata alla bionda che Aurelia le sta indicando. Una smorfia d'apprezzamento compare sulle labbra di Helm. « Beh, lo capisco effettivamente, mi sono innamorata di lei anche io, istantaneamente. » Torna a guardarla con un brio contagioso che le colora il viso subito prima di addentare il biscotto. « Mmh, hai rafione, è buoniffimo! » Bofonchia, coprendosi la bocca con la mano giusto per non risultare la peggiore maleducata di quel posto. Continua con gusto a finirlo subito, cercando d'intuire il perché dell'irrigidimento che l'ha colta non appena ha parlato di un amico che studia Sport Magici. Hai forse paura che sia il tuo dolce gemellino? In effetti avrei dovuto cominciare il giro di saluti proprio da lui, l'unico che non mi ha mai davvero schifato. L'avete costretto a voltarmi le spalle e poi siete voi i buoni della storia, non è così? Stringe gli occhi, mandando giù un pezzo un po' troppo grande, sentendosi la gola bruciare, raschiata da un angolo che la costringe a tossicchiare, alla ricerca di un po' d'acqua che allevi il disagio. « Ci sono, ci sono, tranquilla! Non verrà testata la tua prontezza di riflessi per rianimarmi seduta stante. » Le sorride con fare rassicurante, prima di abbandonare le spalle contro il divanetto. «In effetti studio Medimagia. Sto per concludere il primo anno.» Faccia da "Ah, ah, ti ho beccata!" e un gran sorriso sulle labbra truccate, un po' di falso gongolio nell'aver supposto qualcosa di giusto, che già sapeva in partenza. Ma questi sono solo piccoli dettagli. «Non soltanto, comunque. Ho iniziato a fare un lavoretto per pagarmi la retta. Per questo, quando hai parlato del tuo impiego di cameriera e del desiderio di studiare, mi sento di consigliarti che, in fondo, potresti fare entrambe le cose. Basta organizzarsi! Pensa che...Anche se non so niente di Quidditch, niente, mi hanno presa part time come commessa in un negozio. Non è troppo impegnativo, così posso dividere il tempo tra lo studio e il lavoro. Basta sapersi organizzare. Secondo me sei una in gamba, ce la faresti senza dubbio.» Strabuzza gli occhi, colta per la prima volta alla sprovvista. Deve essere una cosa recente perché non compare nelle note di John. Sorpresa lo è sicuramente, ma è forse più l'approvazione quella che prova in quel momento. Continui ad essere attirata dal mio mondo e nemmeno te ne accorgi. Come un magnete dalla polarizzazione opposta. Più ti sottrai, più resisti, più ti avvicini inevitabilmente. « Immagino che a questo punto dovrò comunque prendere quest'anno per pensarci un po' su meglio, non penso di poter prendere una decisione simile nel giro di pochi giorni. Mi sentirei troppo pressata, è una cosa grande, che va maturata e pensata bene. » Si ritrova a dire, effettivamente capendoci poco di quel nuovo meccanismo scolastico mai visto in America prima. Sa che quell'impalcatura, il college magico, è un primo esperimento nel suo genere in tutto il mondo e, da un certo punto di vista, ne è effettivamente affascinata. Non che tornerebbe mai sulle sue orme per prendersi una laurea, questo mai, ma è sicuramente un qualcosa di più che può aiutare.
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    « Prometto che ci penserò su. » Dice poi, addentando un nuovo biscotto. « Comunque w-o-w il Quidditch. Non che ci capisca poi molto..ma cazzarola, quanti fighi che ci sono tipo ovunque, in ogni squadra. » Accentua quello che dovrebbe risultare un tipico accento inglese mentre prende un altro sorso di acqua dal bicchiere, rigorosamente con la cannuccia. Fa facce esagerate, piene di estro, Helm, nel suo vestitino dalla fantasia sgargiante e per nulla sobria eppure si trova perfettamente a suo agio, con le sue uscite sopra le righe, con le sue battute che fanno ridere soltanto lei e quelle piccole punture che continua ad usare sulla ragazzina che ha di fronte, per punzecchiarne i limiti in ogni senso. « Anche se ammetto che uno dei mie preferiti è tipo l'allenatore dei Falcons, Charlie Weasley, hai presente? » Si umetta il labbro inferiore, cercando di camuffare una risata che sta per nascere nel ritrovarsi a fare certi commenti proprio su quell'uomo. « In effetti, ora che ci penso, alcuni allenatori mi piacciono molto più dei giocatori. » Sciabola le sopracciglia e ridacchia. « Anche le allenatrici non sono da meno, certo. Cioè, ripeto, non ci capisco quasi niente, seguo le partite per modo di dire e capisco se la squadra che dovrei tifare io è in vantaggio sull'avversaria solo se mi dicono il colore delle casacche che devo seguire, ma sì insomma, hai sentito della nuova aggiunta delle Harpies? Dicono tutti che sia una cazzuta di prima categoria. » Come siamo autoreferenziali, JD. Sorride complice alla nuova amica, aspettandosi qualche forma di risposta da parte sua, da un momento all'altro. « Ma tipo, hai mai conosciuto qualcuno di grosso? Qualcuno che è venuto a farsi un giro nel negozio? Non lo so, che figata! »
     
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    « Dirgli chiaro e tondo che ti infastidisce il suo comportamento perché ti mette a disagio? », Helm non ha tutti i torti. Dovrebbe essere più diretta con le persone, Camila, solo che non ci riesce. E' terribilmente preoccupata di fronte all'idea di deluderle. Anche e nonostante queste abbiano torto. L'esempio più lampante è quello di George: è davvero una zecca, per farla breve, ma Camila non ha cuore di arrabbiarsi con lui. Dovrebbe essere più pungente come Fawn, più spigliata come Caleb, più sicura come zia Amanda. Ma lei è soltanto Camila. Finché riesce a sopportare, sopporta. « Beh, lo capisco effettivamente, mi sono innamorata di lei anche io, istantaneamente. », non può che concordare, Cami, quando la conversazione verte sulla possibile cotta di Benji per Luxanna. Magari fossi come lei. Non tanto per una questione di bellezza ultraterrena - quella è innegabile -, quanto, più che altro, per il suo barcamenarsi nelle situazioni senza difficoltà di sorta. Come se tutto fosse naturale. Come se ogni interazione non celasse un pericolo - perché effettivamente non lo cela! - e tutti avessero reale interesse a parlare con lei. Come faceva JD -, si ritrova a riflettere, inconsapevolmente. Sua sorella è sempre stata brava a gestire migliaia di occhi puntati addosso: è sempre stata brava nel bel mezzo di un pubblico. Sembra quasi nata per quello. Conversa con estrema naturalezza, rende piacevole scambiare due chiacchiere con lei. A differenza di Camila, sempre troppo attenta a ciò che sta per dire, sempre imbranata, sempre fuori tempo - quasi provenisse da un'altra dimensione nella quale tutto funziona al contrario. E' difficile, per lei, integrarsi. Eppure, in America, aveva così tanti amici... Era tutto più semplice. Poteva essere se stessa. Certo, timida e riservata all'inizio, ma anche paradossalmente divertente, una volta rotto il ghiaccio. Adesso le pesa persino domandare un bicchiere d'acqua ad un barista - sia mai la creda un'opportunista di prima categoria! Sia mai pensi di lei che potrebbe direttamente comprare una bottiglietta d'acqua ed evitargli il problema di doverle dire: guarda, già te ne ho dato uno prima, dal secondo in poi si paga. Si sentirebbe a disagio lei per lui, dunque direttamente non lo fa. Precludendosi l'eventuale possibilità di ricevere quel benedetto bicchiere d'acqua in qualità di favore e cortesia. E' così che funziona la testolina di Camila: non fare mai, mai qualcosa che potrebbe mettere l'altro in difficoltà. A costo di scalare tu stessa una montagna. Solo che poi si rende conto che effettivamente non sa scalarla, che effettivamente avrebbe bisogno dell'aiuto che ha evitato per paura di chiedere troppo - ed anche per paura di non riceverlo. Per paura di essere rifiutata, per paura di... « Immagino che a questo punto dovrò comunque prendere quest'anno per pensarci un po' su meglio, non penso di poter prendere una decisione simile nel giro di pochi giorni. Mi sentirei troppo pressata, è una cosa grande, che va maturata e pensata bene. »,
    la sua attenzione viene richiamata dal discorso di Helm. Hai ragione, bisogna ponderare bene ogni scelta - pensa, dando un morso ad un altro cookies. Si sbriciola giusto un po', cercando di non far cadere le molliche per terra e raccogliendole in un cumulo sul ginocchio, per poi spazzarle in un tovagliolo che ripone nella borsa. Save the planet è una questione che le ha tramandato Olympia Potter e che ha assolutamente intenzione di rispettare. «Certo! Prenditi il tempo che ti serve. Fare le cose troppo in fretta ci porta a sbagliare..», i suoi pensieri vengono nuovamente sintonizzati sul passato. Su quanto in fretta sia fuggita la sua famiglia. Su quanto in fretta abbiano fatto i bagagli e tagliato i ponti. Neanche il tempo di... Di provare a... A fare qualcosa. Le prozie li hanno semplicemente presi e trapiantati in Inghilterra, neanche fossero delle piantine di pomodoro spostate da un terreno all'altro. « Comunque w-o-w il Quidditch. Non che ci capisca poi molto..ma cazzarola, quanti fighi che ci sono tipo ovunque, in ogni squadra. », ridacchia, Camila, serena che la conversazione si sia spostata sui fighi del Quidditch. Almeno quello non dovrebbe essere un terreno troppo pericoloso: ha degli occhi anche lei, ha anche lei un cuoricino che batte quando vede svolazzare Oliver Baker e Samuel Scamander su per il cielo azzurro. Pensare che, addirittura, è stata persino invitata da Sam alla festa dello scorso Capodanno... Anche se possedeva un'altra identità - l'ennesima! -, anche se non era Camila ma Adelaide... Lo stesso nome dell'altra zia... « Anche se ammetto che uno dei mie preferiti è tipo l'allenatore dei Falcons, Charlie Weasley, hai presente? Anche le allenatrici non sono da meno, certo. Cioè, ripeto, non ci capisco quasi niente, seguo le partite per modo di dire e capisco se la squadra che dovrei tifare io è in vantaggio sull'avversaria solo se mi dicono il colore delle casacche che devo seguire, ma sì insomma, hai sentito della nuova aggiunta delle Harpies? Dicono tutti che sia una cazzuta di prima categoria. », un'espressione cupa si palesa sul volto di Camila. La nuova allenatrice è JD. La persona da cui la sua famiglia è fuggita. La persona che ha tormentato il suo sonno e fatto a pezzetti un frammento della sua anima. Quasi trattiene il pianto, Camila, camuffandolo con una risata che arriva alle lacrime. Sei patetica, si rimprovera. Per non saper fingere. Per non saper cosa fare - mai, in nessun contesto. «Sì. Non l'ho mai vista di persona...», bugia fatta e finita. «Ma sembra davvero come dici.», non sembra, lo è. Camila lo sa: la conosce perfettamente. JD è una guerriera, non è semplicemente cazzuta. Solo che... Solo che adesso è troppo tardi. Ma lo è davvero? Oppure vogliono farglielo credere? E' il carnefice o è la vittima? L'ha scagliato lei quell'incantesimo? Ha ucciso lei Miranda? « Ma tipo, hai mai conosciuto qualcuno di grosso? Qualcuno che è venuto a farsi un giro nel negozio? Non lo so, che figata! », Cami termina il suo biscotto e cerca di darsi un tono. Cerca di non mostrare la profonda sofferenza che prova nel rivangare il passato. Cerca di concentrarsi soltanto sull'aspetto più semplice della conversazione: dare delle risposte neutrali alle domande di Helm. «Sì. Ho conosciuto Samuel Scamander. Ad un evento, lo scorso Capodanno... E poi sua cugina, Lilac - ha comprato qualcosa in negozio, adesso non ricordo cosa, però. E poi... Juniper Rosier, che è un'amica di due mie amiche...», fa qualche gesto con le mani mentre spiega il collegamento. Poi, di scatto, apre la borsa e tira fuori il portafoglio. Lascia sul bancone il totale dei Galeoni necessari a pagare la merenda delle due ragazze. «Mi ha fatto piacere parlare con te, Helm. Se ti va, di tanto in tanto mi trovi qui a studiare. Soprattutto il Sabato e la Domenica, perché non ho lezioni e posso gestirmi meglio. Grazie per la chiacchierata!», la saluta così, sorridente - pur con un velo di malinconia a spezzarle la voce. Sei in ogni cosa che vedo, in ogni persona che incontro, in ogni luogo che frequento. Trattiene le lacrime finché non arriva alla porta di Starbucks ed abbastanza distante da potersi lasciare andare.
     
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