« Faites vos jeux. » La sua lingua madre gli torna estremamente utile, ogni qualvolta si ritrova a quel tavolo, camicia nera, pantaloni neri stretti, cravatta di un rosso decisamente scuro, con al petto la spilla dorata che riporta il suo nome. Zip,
non Zeppelin. Claire, la responsabile della sala da gioco, gli ha detto più volte di quanto i giocatori del suo tavolo si fossero complimentati per la piacevole serata passata, grazie anche alla sua performance, con il suo impeccabile francese ad arrotolargli la lingua in quelle tre frasi in croce che li faceva sentire come James Bond.
Coglioni e pure boccaloni. Aveva pensato ogni volta che Claire gli aveva riportato simili commenti, pensando a quanto fosse da dementi veri che una semplice scenetta potesse risultare essere quel
di più a tal punto d'aiutare il locale a tenere incollate, qualche minuto in più, le persone al suo tavolo, così da spillare loro ancora più galeoni. Gli occhi chiari del ragazzo seguono le mani dei cinque giocatori che finiscono di puntare. Fa qualche rapido calcolo mentale, per tenere a mente i numeri, prima di dare un colpo di bacchetta alla roulette che prende a girare veloce.
« Les jeux sont faits. » Decreta, con un largo sorriso in risposta all'occhiata piuttosto allusiva della signora Smith, ormai sua assidua cliente, nonché fonte continuo di lusinghe e appoggi vari ed eventuali. La pallina esce e prende a girare al contrario rispetto al moto della ruota, producendo quel piacevole suono che riesce a tenere con il fiato sospesi tutti i giocatori, in attesa di sapere la loro sorte.
« Rien ne va plus. » Non sono ammesse più puntate perché il piccolo pallino, dalle tonalità chiare, decide di fermarsi.
« Oh là là. 27, rouge, impair et passe. Cheval. » Annuncia, alzando gli occhi dalla roulette per puntarli verso la new entry del tavolo, un ragazzo che avrà poco o più di trent'anni, che continua a vincere in maniera decisamente bizzarra. E la cosa prende a puzzargli non poco.
« Altra vincita per il signor Alstein. » Muove la stecca sopra il tavolo per avvicinare parte della vincita al ragazzo, raggruppando il resto verso il gruzzoletto del banco.
« Estremamente fortunato, a tratti davvero impressionante. » Commenta con un mezzo sorriso che non presagisce niente di buono, mentre lancia un'occhiata alle sue spalle, dopo aver roteato la bacchetta per mandare un segnale a Claire. Riprende poi a gestire il tavolo, con un'espressione impenetrabile, fin quando avverte la nuvola di Chanel n°5 che preannuncia sempre l'arrivo della biondissima caposala e nota uno strato di goccioline che imperla la fronte del ragazzo.
« Vado a cambiare le fiches, vogliate scusarmi per qualche istante. » Si congeda, lasciando a Claire il compito di fare il suo lavoro, cercando di indagare la discutibile abilità del signor Alstein. E' proprio mentre cerca di far ragionare il marchingegno incantato che dovrebbe dargli un giusto cambio fiche/galeone, che la voce di Andrea lo raggiunge da dietro.
«Hai cenato?» Sospira, Zip, scuotendo appena la testa, senza nemmeno voltarsi.
«Se vuoi ho un panino in più, te l'ho lasciato vicino alle tue cose» I lineamenti del suo volto si contraggono appena, mentre si sente di star vivendo un innegabile deja-vu, sintomo di ricordi di un passato ormai lontano, dove Andy si preoccupava di saperlo sempre perfettamente sfamato, persino quando il pasto principale della loro giornata era una scodella di cereali annaffiati dal latte. Lui non risponde, continuando a fare le sue cose e lei alla fine sfila via, pronta a tornare al lavoro. Come sono i rapporti con la mora? Decisamente tesi e fin troppo diplomatici per l'indole piuttosto irascibile del ragazzo. Lavorano nello stesso locale, si scontrano giusto il tempo per rivolgersi un semplice saluto e finisce lì. Non si sono mai davvero parlati dopo
tutto. Sono semplicemente rimasti in un limbo di cose non dette che forse riesce ad indispettire ancora di più il giovane. Ma, se in fondo c'è una parte di lui che vorrebbe uscire fuori, per aggredirla come ha fatto molte altre volte, c'è la sua controparte che lo fa rimanere zitto, equilibrato, senza l'ombra di alcuna onda dirompente a minacciare quel fragile castello di sabbia eretto sul bagnasciuga. La controparte che gli fa dire che non gliene frega un cazzo, che possono condividere il sangue, è vero, ma che finisce lì.
E' un capitolo ormai chiuso. Un capitolo talmente chiuso da portarlo a muoversi verso la porta sul retro, dopo qualche buon minuto da lei gli fa cenno di uscire a fumare, a turno ormai concluso. Si affaccenda al tavolo, costringendosi a tenersi impegnato, per metterci qualche attimo in più, per farla cuocere a fiamma lenta, nel domandarsi se il suo invito verrà accettato o rifiutato. E non lo fa perché colto da un'improvviso bisogno di attenzioni. No, lo fa perché Zip Tremblay, oltre ad essere un'anima estremamente iraconda, è sempre stata un'anima spezzata da una punta di sadismo. Come se quei minuti di attesa in più gli potessero concedere una forma di soddisfazione per quella sua arrogante e immatura voglia. Alla fine però, quando ha messo al proprio posto anche l'ultimo mazzo di carte, sente di non avere più scuse da raccontarsi per non uscire a fumare come tanto vuole. Così apre la porta, con la sigaretta già stretta tra le labbra, senza alcun cenno di saluto mentre la fiammella dell'accendino accende la punta bianca, andandone a bruciare la carta. Aspira, espira e una nuvola di fumo nasconde per qualche istante la sua espressione, in palese attesa che sia lei a prendere parola.
O anche no, fai come ti pare. Nel frattempo le mani corrono al codino, per scioglierlo e dare un po' di sollievo alle radici dei capelli, torturate fino a quel momento dall'asfissiante stretta del laccio, con i riccioli che gli ricadono, inermi, sopra le orecchie.
«Hai mangiato il panino?» Annuisce un paio di volte.
« Anche se è Led quella a cui piace il prosciutto cotto con la sottiletta. » Un angolo delle labbra si alza appena verso l'alto, con la sigaretta che pende appena di lato.
«Rue va in vacanza. Parte domani. Cioè, oggi. Va con dei compagni di scuola, in Costa Azzurra. Ha il tuo stesso gusto in fatto di compagnia, pare. » Alza un sopracciglio, a tradire la curiosità che lo coglie nell'udire quelle parole, suggerendole di proseguire nella spiegazione del concetto che sta formulando nella sua testa.
«Ha amici ricchi, voglio dire. O così si direbbe, a giudicare dal fatto che l'hanno invitata a stare in questa sorta di castello, visto che dovrà ospitare non so quanti adolescenti in tempesta ormonale. Non vorrei essere i loro genitori» Oh, gli amici ricchi, certo. Un flash del Lockdown lo prende all'istante, quando ha rincontrato Andy al castello e subito dopo lei l'aveva trovato in compagnia della sua nuova cricca. Non che al tempo li ritenesse davvero suoi amici, ma quella puntualizzazione lo fa ridacchiare, scuotendo la testa.
« Rue mi è sempre somigliata molto. » Troppo intelligente per farsi fottere dal mondo di merda nel quale è nata. « Avere un paio di conoscenze con i soldi non è mai un male. » Chiude poi il discorso, senza aggiungere che in tutta onestà i suoi amici più stretti non sono di certo dei ricconi stile Astra. Tutti eccetto Azura, chiaramente.
«Sono contenta per lei, comunque. Temevo si sentisse sola, a scuola» Ed eccoli lì, Andy e Zip nel ruolo che li ha sempre contraddistinti fin da bambini: lei la mamma, lui il papà dei loro stessi fratelli. Un ponte, quello, che è sempre riuscito ad unirli, azzerando le loro differenze e annullando i loro caratteri forti, almeno per un po'.
« E' una roccia, non avevo dubbi che sarebbe riuscita a sottomettere i bevi piscio tempo zero. » Ridacchia, con il fumo che esce dalla bocca unendosi al riso.
« Ma a proposito di tempeste ormonali, il discorso dell'ape e del fiore gliel'hai già fatto? » Alza un sopracciglio, in un'espressione divertita, per quanto sia effettivamente serio nella sua richiesta. Non sarebbe nemmeno la prima volta che un pancione si aggira per i banchi di Hogwarts.
« Sarebbe proprio nello stile dei Trambley incasinarsi con una cosa del genere. » Un cliché quello, in cui sono caduti anche Carl e Irina, che si sono ritrovati ad aspettare Andrea quando la donna aveva appena diciassette anni. Una volta Carl gli aveva raccontato, sotto i fumi dell'alcol, di come gli fosse apparso strano il vedere la pancia di Irina lievitarsi.
"L'ho guardata bene, sbilanciandomi a destra e sinistra per una perizia più accurata e le ho detto 'Irì, forse dovresti smetterla di bere tutta quella birra, tra un po' mi superi, guarda qua che pancetta d'alcolizzata che hai messo su'. Venire a sapere che non fosse birra ma tua sorella è stato un trip, te lo giuro!" « Non può bruciarsi il futuro con la testa che si ritrova. » Sarebbe un vero peccato. Non lo dice, ma lascia che la sua espressione sia a parlare per lui, mentre aspira nuovamente dal filtro. Si poggia meglio con le spalle al muro, lasciando che un piede risalga, scivolando, lungo la parete di mattoncini scuri
« Come sta andando a scuola? » Chiede poi, senza ombra di vergogna alcuna nella voce. L'interessarsi delle sorelle è sempre stato naturale per lui, persino per Andrea seppur non sia assolutamente pronto a rivelarlo, neanche sotto tortura.
« Immagino che a breve avrà bisogno di fare un giretto a Diagon Alley per il rientro. » Una constatazione, quella, che fa ad alta voce più per sé che per la mora che sta di fronte a lui.
Magari le scrivo per chiederle se vuole andarci assieme. Si annota mentalmente, prima di schiarirsi la voce e portare l'indice a grattarsi i capelli, poco sopra l'orecchio destro.
« Posso essere utile in qualche modo..finanziariamente parlando? »