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    La voce del gruppo editoriale su cui Albus stava lavorando si era sparsa più velocemente di quanto avrebbe desiderato. Disappointed but not surprised. Se l'era immaginato: in fin dei conti non poteva andare diversamente. Con tutta l'attenzione che c'era sulla sua famiglia, sin dal momento in cui l'idea si era formata nella sua mente aveva saputo benissimo che avrebbe fatto il giro del mondo in un tempo decisamente minore rispetto a quello del racconto di Jules Verne. E infatti, subito dopo aver preso accordi con i primi finanziatori, varie testate giornalistiche avevano iniziato a speculare sulla questione, puntando su di lui un ulteriore riflettore. Dal suo canto, Albus si era rifiutato di rilasciare interviste e non aveva commentato nulla, timoroso com'era di mettere armi in mano alla concorrenza o di farsi soffiare le idee prima ancora che il mondo sapesse chi le aveva partorite. Si era dunque concentrato sull'aspetto organizzativo e sulla cura della propria immagine social, arrivando alla tanto odiata consapevolezza di dover ingaggiare uno specialista per aiutarlo in quel campo. Dal Midsummer in poi, aveva fatto dirette su dirette, costruendo pian piano un following più serio per distanziarsi dall'immagine del giovane figlio di Harry Potter seguito dalle tredicenni in crisi ormonale. Non era facile, ma ogni giorno raccoglieva qualche frutto in più. Potendo poi contare sull'aiuto di persone come Victoire e Dash, la transizione si era rivelata un terreno meno impervio di quanto si fosse preparato ad affrontare. Ma il peggio doveva ancora arrivare, e di questo Albus ne era pienamente consapevole.
    Il magazine Wizard's Health lo aveva recentemente contattato in seguito a una diretta che aveva svolto con Victoire, chiedendogli di farne una in cui sviscerava insieme a uno dei loro esperti l'argomento della mascolinità tossica. Inutile dire che il giovane Potter aveva accettato con piacere, cominciando sin da subito a prepararsi in vista dell'occasione. Si era anche proposto per scrivere un breve editoriale - una palla, quella, che il magazine aveva preso al balzo - ed era proprio tutto concentrato nella sua stesura, quando sobbalzò sulla sedia al rumore del campanello. Non aspettando alcuna visita, di certo non si era messo in ghingheri e piattini; si buttò quindi addosso la prima camicia a tiro, allacciando velocemente qualche bottone mentre riportava il laptop in casa dalla veranda e si dirigeva veloce alla porta. « Emilia? » La sorpresa fu piuttosto palese tanto nel suo tono di voce quanto nel modo in cui aggrottò appena la fronte, piegando il capo di lato. Avendola vista al Midsummer, si era subito immaginato che la sua presenza in casa sarebbe presto diventata se non una costante, quantomeno un'abitudine, ma di certo non se la aspettava in quel preciso momento. « Immagino che tu sia qui per Mun. » Beh, di certo non per chiedermi di prestarti lo zucchero. « E' all'asilo. Una riunione dei genitori. Ma penso che dovrebbe tornare tra poco. » Fece una pausa, sorridendole cordialmente prima di scansarsi dal passaggio e farle cenno col capo di entrare. « Entra. Tranquilla, non c'è bisogno di togliersi le scarpe. » Ridacchiò, conscio del fatto che la casa non fosse completamente a lustro. D'altronde quando vivi con due bambini piccoli e ti devi giostrare tra mille impegni, anche il tempo di rassettare con un colpo di bacchetta diventa improvvisamente difficile da trovare.
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    La guidò velocemente verso la veranda, dove aveva lasciato alcune vettovaglie, tra cui una brocca di succo di frutta all'arancia e degli snack salati da sgranocchiare durante la stesura dell'articolo che stava preparando. Glieli indicò con un cenno ironico nel mentre di scansarle una sedia dal tavolino per farla sedere. « Sempre preparato. » Ridacchiò, lasciandosi cadere a propria volta su una delle sedie e cominciando a girarsi una sigaretta. Spinse l'occorrente in direzione della Berker, invitandola con un'occhiata a favorire nel qual caso volesse. « Ah, ovviamente se vuoi qualcos'altro non fare complimenti. Un caffè, una birra..dimmi tu. Abbiamo un po' di tutto. » Albus non conosceva Emilia abbastanza bene da sapere cosa le piacesse; le uniche nozioni di lei che aveva erano quelle vaghe che Mun gli aveva fornito nei suoi racconti del periodo scolastico. E anche lì, pur essendo concasati, i due non avevano mai avuto grandi rapporti. Farsi un'idea di chi fosse la migliore amica della sua ragazza, dunque, era stato abbastanza difficile - ma se Mun era così legata a lei, una ragione ci doveva pur essere. Della vecchia vita della mora, Emilia era l'unica persona a cui Albus dava davvero il beneficio del dubbio, partendo senza alcun pregiudizio o preconcetto. Un altro paio di maniche era stato invece con i due fratelli Carrow, oppure con gente come Nate. Nei loro confronti, Albus era sempre stato prevenuto, e in certi casi quella prevenzione non era nemmeno riuscito a superarla. Così, tranquillo e al contempo curioso di conoscere davvero la famosa Emilia Berker, appoggiò la schiena contro la sedia, prendendo un tiro di sigaretta. « Allora..come va? Mun mi ha detto che sei stata in Germania. » Inclinò il capo di lato, sollevando le sopracciglia. « La nostra esperienza a Berlino non è stata delle migliori, ma scommetto che in circostanze diverse sarebbe stata molto più godibile. Tu come ti sei trovata? Hai lavorato? » Il giovane Potter aveva sempre manifestato un certo interesse per le esperienze all'estero, forse perché nutriva un particolare affetto verso i ricordi dell'estate di vacanza studio passata in Francia insieme a Fitz. Chiaramente avevano studiato molto poco, ma si erano divertiti come due cavalli matti. Tempi più semplici, quelli. « Non so se intendi restare in pianta stabile, ma se fosse..sono contento. Si vede che sei mancata molto a Mun. Le farà bene riavere la sua migliore amica. » Si strinse nelle spalle con un sorriso sereno, avvicinandosi la sigaretta alle labbra per prendere un altro tiro. « Specialmente in vista del matrimonio. » nel dirlo, sollevò entrambe le sopracciglia in una sciabolata eloquente. Dio solo sa quanto ne avrà bisogno per quello.


     
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    Sono passati due anni — due anni quasi esatti, visto che Emilia ricorda perfettamente la data in cui ha messo piede in quella villetta di Inverness per la prima ed ultima volta. Ultima fino a lì, almeno.
    Era sicura — risoluta, determinata, Emilia, completamente certa della prepotenza del suo essere incazzata e offesa, così aveva voluto chiamarlo, piuttosto che ferita — di non rimetterci più piede, come era sicura di non rivedere il suolo della madrepatria in pianta stabile.
    Si è sbagliata — non è una sorpresa, ma non lo ammetterà: è sempre stata abituata a coprire i propri errori con un’alzata di spalle, un sorrisetto sarcastico e la promessa che avevo programmato tutto. Avere tutto sotto controllo non è opzionale, ma quanto di più importante ci sia, per lei, per quanto possa risultare impulsiva. Organizzata anche nell’impulsività, organizzata per fingere di essere irriverente e sconclusionata.
    La chiamata di Mun l’ha presa alla sprovvista — le ha dato appuntamento per quel pomeriggio, ed ha accettato l’offerta con fin troppa velocità. Vorrebbe darle più filo da torcere, Emilia, ma non riuscirà mai a farlo, se presa in contropiede. Deve pianificare più del solito, per essere una persona orribile anche nei confronti di Mun.
    Quando scorge il verde del giardino di casa Potter-Carrow, qualcosa le pungola le interiora come un ferro rovente. Impassibile, annoiata, parzialmente distaccata — deve essere semplicemente Emilia, per quanto sia convinta che comportarsi nei canoni della sua immagine non sia un lavoro poi così semplice. Ormai, però, dopo anni di pratica, le viene così naturale da farle scordare com’era non essere quell’Emilia.
    Suona il campanello, e la mano trema appena prima di riuscire a pigiare il polpastrello del dito indice sul bottone.
    Si allena a respirare profondamente mentre aspetta che Mun venga ad aprire — in un certo senso, è come se stesse vivendo quei minuti sott’acqua, da quanto in realtà il fiato lo trattenga. Non sa come immaginarsela, Mun — è forse la prima volta in cui ce l’ha a così poca distanza, eppure non ha la minima idea di come la troverà; in fondo, nessuno meglio di Emilia sa quanto una foto postata su Wiztagram possa nascondere mille retroscena diversi l’uno dall’altro, ma che soprattutto non corrispondono alla realtà. Ed averla vista al Midsummer non conta, no, perché, per quanto la testa al toro sia stata tagliata, ammirarla in una tenuta quotidiana ed in un ambiente familiare che lei non riconosce è completamente diverso. Sembrerà una mamma, o ancora la ragazzina che si è lasciata alle spalle due anni fa?
    È con i polmoni pieni d’aria che vede la porta aprirsi, ed il respiro le si mozza in gola — lo rilascia piano, quasi fosse incandescente, e la sorpresa espressa dai suoi occhi nel trovarsi di fronte la figura di Albus è pari solo a quella che legge nell’espressione del ragazzo.
    Non ci mette più che qualche frazione di secondo a ricomporsi, però, ed a sciabolare un sorriso sarcastico, «L’unica e la sola», commenta, per poi ritrovarsi ad annuire — no shit, Sherlock.
    «Oh», si lascia sfuggire, nuovamente presa alla sprovvista — la seconda volta nel giro di un paio di giorni, Mun deve certamente avere preso qualche pagina dal suo libro. «Certo, non c’è problema», finge un tono comprensivo, Emilia, con un lieve cenno della mano, frustata in avanti dal movimento del polso. L’asilo, certo, chi non capirebbe? Forse una che di figli non ne ha, e nemmeno ha intenzione di averne.
    Risponde ai convenevoli educati con altrettanta cordialità, restando però in guardia, pronta sia all’attacco che alla difesa, qualora si rivelino necessari, e supera la soglia della porta, seguendolo poi fino in veranda.
    Non se ne rende nemmeno conto, non fino a fatti compiuti, ma la sedia che Albus scansa è proprio lo stesso posto al tavolo in cui si è seduta l’ultima volta. In cui tutto è andato a rotoli per lei, ma se fosse stata Emilia, a vincere, allora la vita sarebbe andata a rotoli al ragazzo che le siede di fronte.
    « Ah, ovviamente se vuoi qualcos'altro non fare complimenti. Un caffè, una birra..dimmi tu. Abbiamo un po' di tutto. », annuisce, Emilia, ed infila prontamente la mano nella maxi borsa che pende ora dal bracciolo della seggiola, per tirare fuori una bottiglia di champagne. «Siamo in due ad essere sempre preparati», sorride, alzando un sopracciglio, e posa la bottiglia sul tavolo, «Beh… auguri», e figli maschi, aggiungerebbe, ma si rende conto di dover tenere a freno la lingua, se vuole avere la possibilità di sondare il terreno.
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    «È molto buono, è il preferito di Mun, almeno per quanto ancora ne so, ma non penso sia un problema, se lo apri tu», alza le spalle, «Anzi, sarà felice di vederci scolare lo champagne in vostro onore, e soprattutto di vederti ancora vivo», scherza, o forse non troppo, ma schiude le labbra in un ampio sorriso, «Doveri di migliore amica, l’interrogatorio dopo il primo bicchiere», gli schiaccia l’occhiolino. Non ho la minima intenzione di essere completamente sobria.
    Lo imita, poi, portandosi una sigaretta alle labbra, ed abbandonando il pacchetto sul tavolo — l’accende, e piega il capo, nello scostare i capelli affinché non finiscano in mezzo alla fiamma, mentre solleva gli occhi cristallini verso Albus. Annuisce, con l’ennesimo sorriso dipinto sulle labbra, ed inspira un tiro prima di rispondere. «Anche io a Berlino, esatto», annuisce.
    « La nostra esperienza a Berlino non è stata delle migliori, ma scommetto che in circostanze diverse sarebbe stata molto più godibile. Tu come ti sei trovata? Hai lavorato? », aggrotta le sopracciglia, Emilia, «Sì, ho sentito», conferma, «Ho scritto a Mun poco dopo, è per l’incidente a Berlino che ho deciso di tornare a casa, in realtà», sospira, «Benone — ho fatto la modella per un appassionato di fotografia che aveva deciso che dovessi a tutti i costi essere la sua musa», racconta, divertita, «e la vita da ereditiera, più che altro, ho aiutato mio padre con alcuni eventi a cui non sempre ha potuto presenziare», mente, «A Berlino ci sono andata per dargli una mano, alla fine… beh, oltre al cambiare un po’ d’aria dopo…», lascia cadere la frase, quasi riuscendo distintamente a vederla mentre si dissolve nel vento, riferendosi al Lockdown.
    « Non so se intendi restare in pianta stabile, ma se fosse… », assottiglia appena lo sguardo, nell’udire la prima parte della frase, « sono contento. Si vede che sei mancata molto a Mun. Le farà bene riavere la sua migliore amica. »
    Sbatte appena le palpebre, Emilia, nascondendo la sorpresa con un altro tiro di sigaretta — contento, dice. Lo scruta per una frazione di secondo, prima di ritrovarsi a sorridere più che divertita — se non risultasse degno di spiegazione, si metterebbe perfino a ridere apertamente. E quindi non gli hai detto niente, Mun, se ne rende conto così, e ne è più che sicura, perché il passare sopra alla sua bella e buona dichiarazione d’amore, da parte di Albus, non coinciderebbe con l’idea che Emilia si è fatta di lui.
    Annuisce, quindi, «Sì, sono appena tornata da Dubai, ma ora sono qui in pianta stabile», gli fa eco, «per ora sono tornata a casa con mia madre, ma il piano è trasferirmi per conto mio», spiega, «Specialmente per il matrimonio, esatto», un sorriso più piccolo, quello che le solletica le labbra, «Avete già deciso qualcosa?».

     
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    « Siamo in due ad essere sempre preparati. Beh… auguri. » L'espressione del ragazzo si fece sorpresa - nel migliore dei sensi - quando Emilia tirò inaspettatamente fuori una bottiglia di champagne. Alla vista di questa, un fischio d'apprezzamento uscì dalle labbra di Albus. « Preparata davvero. » E' il preferito di Mun. « Grazie. » « È molto buono, è il preferito di Mun, almeno per quanto ancora ne so, ma non penso sia un problema, se lo apri tu. Anzi, sarà felice di vederci scolare lo champagne in vostro onore, e soprattutto di vederti ancora vivo. » Ridacchiò, pur se un po' incerto riguardo il significato delle ultime parole della ragazza. « Doveri di migliore amica, l’interrogatorio dopo il primo bicchiere. » Aaaaah ok. Beh, giusto. Alzò le mani in alto come in segno di discolpa, subito dopo aver appoggiato la bottiglia di champagne sul tavolo. « Capisco. Beh, Emilia, non sarà così facile farmi snocciolare tutti gli oscuri segreti che ho accuratamente nascosto negli anni. Soprattutto dato che mi hai già illustrato il tuo piano in anticipo. Passo falso. » Le rivolse un sorriso divertito, scoccandole al contempo un veloce occhiolino che aveva del giocoso. « Scherzo. Però per lo champagne penso sia meglio aspettare Mun. Sai..credo le farebbe piacere aprirlo insieme a noi e brindare tutti insieme. » Si strinse nelle spalle nel dirlo, convinto del fatto che Mun non se la sarebbe presa se fosse avvenuto il contrario, ma di certo le sarebbe piaciuto aprire lo champagne assieme alla sua migliore amica e fare un brindisi insieme.
    « Benone — ho fatto la modella per un appassionato di fotografia che aveva deciso che dovessi a tutti i costi essere la sua musa e la vita da ereditiera, più che altro, ho aiutato mio padre con alcuni eventi a cui non sempre ha potuto presenziare. A Berlino ci sono andata per dargli una mano, alla fine… beh, oltre al cambiare un po’ d’aria dopo… » Annuì, mandando giù qualche sorso di succo di frutta mentre ascoltava il resoconto della ragazza. « Beh, direi che hai fatto una vita di tutto rispetto. » Diciamo che qui non è andata esattamente alla stessa maniera, ma siamo sopravvissuti. « E dopo tutto ciò che è successo.. » fece una pausa, lasciando che Emilia ricapitolasse nei propri stessi ricordi la difficoltà del periodo che tutti loro avevano affrontato prima della Restaurazione « ..hai fatto bene a prenderti una pausa. Probabilmente, in circostanze diverse, anche io avrei messo un po' di distanza tra me e il Regno Unito. » Sospirò, avanzando una mano verso la piccola ciotola di noccioline per buttarsene un paio in bocca. « Ci è voluto un po' ad abituarmi all'idea di non essere più ricercato. Sai..stili di vita molto diversi. » sciabolò le sopracciglia nel dirlo, sbuffando subito dopo una risata dalle narici. I primi tempi mi è capitato di sentire il bisogno riflesso di sfoderare la bacchetta pure quando qualcuno mi urtava al supermercato. Ci si era dovuto abituare dal giorno alla notte, a quell'improvviso ritorno alla normalità. Ciò che non era cambiato tanto velocemente, tuttavia, era il modo in cui la gente guardava lui e gli altri ribelli: con astio, come dei cani randagi pericolosi da cui stare alla larga. Pian piano pure quello era svanito, o quanto meno si era nascosto bene sotto strati di sorrisi affettati.
    « Sì, sono appena tornata da Dubai, ma ora sono qui in pianta stabile. Per ora sono tornata a casa con mia madre, ma il piano è trasferirmi per conto mio. Specialmente per il matrimonio, esatto. Avete già deciso qualcosa? » Nella natura di Albus sarebbe stato scherzare sul fatto che, di certo, se Mun le aveva dato appuntamento doveva per forza significare che voleva chiederle di farle da damigella - e che dunque, con ogni probabilità, a breve ne avrebbe saputo molto più del matrimonio rispetto a lui. Tuttavia non aveva intenzione di anticipare le mosse di Mun, specialmente perché non sapeva quali sarebbero state. Se una parte di lui era certa che Emilia sarebbe stata scelta per il ruolo, dall'altra non sapeva come la distanza avesse influito sul loro rapporto. In sintesi: non voleva fare una figura di merda. « In realtà ancora ben poco. » rispose, inclinando il capo di lato con un sorriso mesto. « Tra i bambini, la sessione, gli impegni vari e i preparativi per la vacanza abbiamo avuto davvero poco tempo per pensarci. Probabilmente cominceremo a metterci giù seriamente intorno ad Agosto o Settembre. » Con tutta la roba del gruppo editoriale in ballo allo stesso tempo. Mi aspettano dei mesi davvero intensi. « Comunque credo che per la cerimonia se ne parlerà per Febbraio..più o meno. Ma è presto per dirlo. Dovremmo capire il posto, chiedere la disponibilità e tutta quella trafila di cose su cui ormai, purtroppo, abbiamo una certa esperienza. » Ridacchiò, mettendo su un sorriso mesto. Purtroppo - perché loro un matrimonio lo avevano già organizzato, ma si dava il caso che glielo avessero bruciato. Beh, è tutta gavetta. Speriamo che almeno questa volta sarà meno stressante, dato che sappiamo già cosa ci attende. « Tu piuttosto? Quali saranno le tue prossime mosse? » Fece una pausa, riempiendosi il bicchiere con un altro po' di succo d'arancia. « Hai intenzione di iscriverti al college oppure hai altri piani? »


     
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    All’apprezzamento del ragazzo sullo champagne, Emilia sciabola un sorrisetto soddisfatto, muovendo la mano come a dire non ringraziarmi, un gesto di cortesia in cui non crede nemmeno un po’.
    « Capisco. Beh, Emilia, non sarà così facile farmi snocciolare tutti gli oscuri segreti che ho accuratamente nascosto negli anni. Soprattutto dato che mi hai già illustrato il tuo piano in anticipo. Passo falso. », il sopracciglio destro svetta verso la fronte, mentre il sinistro resta immobile, appena corrucciato — tuttavia, c’è qualcosa in quella conversazione che a tratti sembra così forzata che la fa divertire forse più del dovuto. « Scherzo. Però per lo champagne penso sia meglio aspettare Mun. Sai..credo le farebbe piacere aprirlo insieme a noi e brindare tutti insieme. », continua Albus, ed Emilia si ritrova ad annuire, nonostante si ritrovi quasi risentita — passare il pomeriggio con Albus e Mun, insieme, stappando una bottiglia di champagne come vecchi amici, non è certo come immaginava il primo confronto con Mun dopo la sua grande entrata in scena. «Sì, forse hai ragione», acconsente, quindi, per poi sorridere di nuovo, «Non ti preoccupare, per il passo falso, ho i miei metodi», e gli scocca un occhiolino di rimando, imitando la sua espressione precedente.
    Mentre racconta delle sue mirabolanti avventure a Berlino, poi, si versa un bicchiere di succo, mentre si volta di lato per lasciar andare il fumo dalle labbra, così da non spingerlo in direzione di Albus.
    « Beh, direi che hai fatto una vita di tutto rispetto. », annuisce, Emilia, visibilmente soddisfatta — è indubbio che il tempo passato lontano da casa l’abbia temprata e rinvigorita, e ci è voluto parecchio prima di riuscire perfino a solleticare l’idea di tornare in patria. Non l’ha esattamente deciso, non da sola, visto che, in realtà, è stato il richiamo di Mun a spingerla a tornare — non che l’abbia chiamata davvero, probabilmente non troppo contenta di parlare di ciò che è successo a Capodanno. Ricorda perfettamente il momento in cui ha letto la testata del giornale magico tedesco, che recitava gli avvenimenti della serata, la scomparsa misteriosa del treno e come stessero procedendo gli interrogatori degli Auror ai giovani del Regno Unito. Emilia ha provato inutilmente a sondare come si sentiva Mun per messaggio, trovando una scusa completamente casuale per scriverle così da riuscire a capire qualcosa di più — se stesse bene, se fosse spaventata, se avesse bisogno di lei, soprattutto. Ma Mun, allora, non si è sbilanciata, ed è forse quel non sapere che le ha fatto preparare i bagagli per tornare in Inghilterra — come al solito, in fondo, è corsa a casa al primo sintomo che qualcosa non stesse andando per il verso giusto, pronta a schierarsi dalla parte di Mun nonostante tutto. Eppure, una volta messo piede sul suolo britannico, Emilia ha avuto paura — e si è nascosta, evitando tutto e tutti per mesi, non ancora pronta a farsi vedere, soprattutto dalla Carrow. Paura di un rifiuto, paura dell’indifferenza, paura perfino della rabbia o dello sconforto — ha atteso proprio fino al Midsummer, e forse non era pronta nemmeno lì, ma ci ha provato comunque: per Mun o per se stessa, ormai non ha più molta importanza.
    Spostata la conversazione su argomenti più allegri, Emilia ritorna come da una breve trance, puntando gli occhi di ghiaccio sulla figura di Albus, che, come la propria, appare più rilassata rispetto a poco prima — « In realtà ancora ben poco. Tra i bambini, la sessione, gli impegni vari e i preparativi per la vacanza abbiamo avuto davvero poco tempo per pensarci. Probabilmente cominceremo a metterci giù seriamente intorno ad Agosto o Settembre ». Ed annuisce, Emilia, più per circostanza che per serio interesse — forse un giorno riuscirà a farsi andare giù tutta questa storia del matrimonio, e fino ad allora fingere risulta imperativo. Fortunatamente, ha affilato negli anni la tecnica infallibile per non far trasparire ciò che non desidera sia visto dagli altri, quantomeno con le persone che non la conoscono a fondo. È su una piccola parte di discorso che, però, l’attenzione di Emilia si focalizza, quasi rapita, «E i bambini?», chiede, improvvisamente, «Sono all’asilo o posso...?», lascia la domanda penzolare a mezz'aria, appena imbarazzata. Non avrebbe mai immaginato di volerli vedere davvero, Emilia, nemmeno nella più remota delle sue fantasie su come tutto sarebbe andato al meglio — eppure, l’idea di incontrare soprattutto Lily, una delle parti di Mun che l’ha spinta lontano da lei, la incuriosisce e spiazza al tempo stesso. Sa che, prima o poi, li vedrà sicuramente entrambi, eppure la solita impazienza la spinge a volerlo fare subito, a togliere il cerotto — una parte di lei è convinta che sarà estremamente facile, e pericoloso, adorarli, ormai un tassello fondamentale nella vita di Mun. Se li farebbe piacere pure se fossero insopportabili, come la maggior parte dei bambini, del resto, solo perché sono suoi.
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    « Comunque credo che per la cerimonia se ne parlerà per Febbraio..più o meno. Ma è presto per dirlo. Dovremmo capire il posto, chiedere la disponibilità e tutta quella trafila di cose su cui ormai, purtroppo, abbiamo una certa esperienza. », alza di nuovo un sopracciglio, Emilia, quando Albus conclude il discorso sul matrimonio — vorrebbe chiedere che è successo per davvero, visto che ha solamente letto la notizia sui social, senza scrivere nulla a Mun a riguardo: in fondo, non erano fatti suoi, e l’aveva sottolineato in maniera molto poco velata durante il loro ultimo incontro. Eppure, per quanto la curiosità le attanagli lo stomaco, riesce a tenere a freno la lingua, conscia che probabilmente sarà meglio parlarne con lei piuttosto che con Albus, e perciò sorride solamente, mesta, con una gentilezza che non le appartiene per nulla.
    « Tu piuttosto? Quali saranno le tue prossime mosse? Hai intenzione di iscriverti al college oppure hai altri piani? », prende l’ultima boccata di sigaretta, spegnendola poi nel posacenere di fronte a sé, «Penso di iscrivermi al College, sì», annuisce, «anche se non ho ancora esattamente un’idea sul corso, mi ispirano Psicologia e Igiene mentale, ma anche Giornalismo…», alza le spalle, sospirando, «Tu che mi consigli?», domanda, incuriosita, «Immagino tu stia frequentando il Corso Auror, mi sbaglio?», un mezzo sorriso dipinto sulle labbra già pronto ad allargarsi se, prevedibilmente, ci ha preso.

     
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