we'll be glowing in the dark

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    I giorni dopo il Midsummer sono passati lentamente ma allo stesso tempo in maniera innaturalmente poco complicata, un qualcosa di totalmente inaspettato per i piani - e le paranoie - mentali che si era fatta la rossa circa le conseguenze di quell'evento, ormai decisamente abituata ad esiti catastrofici per quanto riguarda feste e party vari. Sono stati giorni in cui è passata alla Tana più volte di ciò che era diventata la sua abitudine nell'ultimo anno e mezzo, si è messa sotto con lo studio - inaspettatamente più del solito - per riuscire a chiudere la sessione in bellezza, prima di partire alla volta di Siviglia con Dory, ha fatto visita ai novelli sposi per giocare con i nanetti e assaporare un po' di quella gioia di cui aveva avuto un piccolo assaggio un pomeriggio di qualche settimana prima, in compagnia di suo fratello. E' stato un periodo liscio come l'olio e tranquillo come pochi altri, negli ultimi anni vissuti da Olympia Potter. Nessuna complicazione, nessuna nuvola a scurire i raggi di quel sole, sempre più cocente, che aveva preso a rischiare tanto l'Inghilterra quanto la sua quotidianità. Forse ha ragione papà. Si è detta il giorno seguente in cui si è lasciata alle spalle anche l'ultimo esame, con un bel 30 - pur avendo storto per non aver ottenuto anche la lode -. Non siamo noi Potter a cercare i guai, sono loro a cercare noi e dobbiamo goderci i momenti in cui decidono di lasciarci in pace. Una filosofia, quella, che non aveva mai davvero apprezzato, non trovandosi mai pienamente convinta dal concetto di destino, ma che in quell'esatto istante le appare così appropriata da volerla fare sua propria, decidendo di infischiarsene dell'agitazione e le sue spire che sente lentamente scivolarle addosso al pensiero dell'oblio in cui la sfida di Peter l'ha deliberatamente lanciata. "Hai resistito così tanto... E sei stata così brava finora! Sarebbe un peccato svelare il segreto, mancano solo poche ore!" Rilegge il messaggio, mentre si incammina verso l'aula che il Club di Teatro solitamente usa per le prove. Ma che dovrebbe rappresentarmi una risposta vaga del genere? Che comportamento è? Ma si fa così? No, Peter Wulfric Paciock, non si fa. Non si tiene la gente sulla padella per dei giorni sperando che non gli si brucino le chiappe. Non funziona così. Scuote la testa, cercando di dissimulare il tutto con i capelli ramati che le si muovono sopra le spalle scoperte. Fa caldo, talmente caldo da averla costretta ad indossare un crop top dalle spalline sottili, che lascia intravedere ad ogni passo una porzione della sua pancia, e una gonnellina a scacchi abbinata. E' più svestita del solito, eppure sente terribilmente caldo, tanto da costringerla a passarsi le mani sotto i capelli per tirarli su, decisa però a non stringerli in qualche coda o chignon di fortuna. Anche perché sa perfettamente che la colpa della metà - se non più - di tutto quel vulcano interno che ribolle è da attribuire a quell'ansia, neanche troppo latente, che si è annidata in lei non appena i termini del patto con Paciock le sono apparsi tutt'altro che chiari e limpidi. E' da circa un'ora che si arrovella sopra i vari scenari nei quali lei esce, quando più, quando meno, piuttosto imbarazzata. E imbarazzante.« Vabbè, se è troppo, ma davvero troppo "stile Paciock", mi tiro indietro scappando via come l'agile e per nulla goffa donzella che sono. Facile. » Si dice, per rassicurare le sue pippe mentali, mentre apre la porta della sala e i suoi occhi captano subito la figura del moro sul piccolo palchetto adibito alle prove. Sorride, sentendo venir meno l'agitazione non appena lo vede girare su se stesso, probabilmente intento a ripetere tra sé e sé le battute dell'opera che le ha detto avrebbe recitato per lei. Un abile diversivo di certo. « Allora? Quando si parte da Venezia alla volta di Cipro? » Manifesta la sua presenza così, mentre si avvicina al palco con un gran sorriso e il braccio teso che scuote una piccola busta di carta riciclata di fronte a sé. « Ho pensato che ci volesse qualcosa per la gola secca, l'Otello è un'opera lunghissima se non ricordo male. » Una volta saliti i due gradini, gli si fa più vicina, decisamente sicura sul da farsi. Non hanno parlato molto della situazione, decidendo di vivere la cosa un po' alla "come viene viene". Per questo, l'imbarazzo provato più e più volte durante la festa del Midsummer è via via scemato, lasciando il suo posto ad una libertà espressiva che piace non poco alla rossa che, infatti, dà sfoggio di ciò alzandosi sulle punte per scoccargli un bacio
    non troppo lontano dalla guancia ma nemmeno troppo distante dalle labbra. Una mezza via, mentre la mano destra scivola sopra quella di lui per depositarci sopra la sua tazza di caffè. Gira poi su se stessa, lasciando che i capelli si vadano ad infrangere contro la sua spalla. « È tutta colpa della Luna. » Prende a dire, dopo qualche attimo di silenzio, con il pugno chiuso rivolto verso il cielo, in quella che a lei risulta essere un'ottima imitazione della classica mossa stereotipata di un attore di teatro nel pieno del pathos. « Quando si avvicina troppo alla Terra fa impazzire tutti. » Chiude la scenetta riportando, con calcolata ed enfatica lentezza, il pugno al petto, socchiudendo gli occhi in quell'atto finale del dramma appena inscenato. « Unica frase che so dell'opera, ma forse mi sono data poco credito prima: ci so proprio fare. Non ti scomodare nemmeno a dire il contrario. » Ridacchia, tornando a guardarlo, prima di muoversi di lato per poi bearsi della folata d'aria fresca che la investe dall'alto, proveniente da una piccola finestrella che dà sul cielo. Sospira, di puro piacere. « Siano benedette queste piccole ma soddisfacenti correnti d'aria. Le mie salvatrici durante la stagione che più detesto. Con tutto l'affetto del mondo, ma veramente è un grandissimo no. » Allarga le braccia, pronta ad accogliere ancora quei movimenti freschi, socchiudendo gli occhi in un'espressione beata. « Tu comincia pure a deliziarmi con il primo atto, io sto qui giusto qualche secondino, giuro. »
     
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    E' un assolato pomeriggio d'Agosto, uno di quelli che è impossibile non cambiare sette T-shirt di fila per via del caldo asfissiante, eppure Piti avverte un attimo di gelo dentro. E' dal Midsummer che ha lasciato in sospeso una sfida particolare, e adesso non è più sicuro sia la cosa giusta da fare. Perché, insomma, Olympia potrebbe anche reagire male. Si tratta di un argomento delicato, al quale non è detto il maggiore dei Paciock abbia accesso. In sostanza, potrebbe rovinare tutto in partenza. Perché, insomma, qualcosa è cominciato: si è preso la libertà di darle persino un bacio, durante la caccia al tesoro. Leggere il proprio nome sul bigliettino della Potter, poi, gli ha regalato una soddisfazione non indifferente: la certezza di averla fatta divertire. Da quel momento, è stato un intensificarsi di particolari battutine a cadenza regolare, giusto per farle capire che, nonostante la rimpatriata Paciock al solito campeggio inglese, teatro delle marachelle del trio, ha comunque pensato a lei. Tra riferimenti alla Spagna e alle spagnole, rimproveri perché è un cafone - sì, lo ammette - e scommesse perse dal momento che, poveretto, non ha battuto la rossa in tutte le materie, come l'anno scorso aveva preventivato, ecco che le dà appuntamento alle cinque del pomeriggio, al termine delle prove del club di teatro. Stanno mettendo in scena l'Otello di Shakespeare, e ad uno scocciatissimo Peter è toccato d'interpretare Cassio. Che cassio di ruolo, oh! Lui è nato per stare sotto i riflettori! Comunque, per mostrarsi in forma agli occhi smeraldini di una certa ragazza, ha boicottato le prove del pomeriggio facendo in modo che Timothée Glowen - un Otello davvero scarso: dovreste vederlo! Tutto muscoli in bella mostra, accento accattivante e capelli dannatamente fluenti... - fosse dirottato verso un'altra sala, credendo che il club del college fosse occupato da una band, quel pomeriggio. Sicuramente si beccherà una ramanzina per aver dato lui la notizia, ma il gioco sarà - forse - valso la candela. « Allora? Quando si parte da Venezia alla volta di Cipro? Ho pensato che ci volesse qualcosa per la gola secca, l'Otello è un'opera lunghissima se non ricordo male. », eccola che varca la soglia, e subito la stanza profuma di fiori e natura. Peter si è chiesto più volte come facesse, senza mai trovare risposta. Gli regala un caffè e, soprattutto, gli stampa un bacio a mezzaluna che lo manda in un tilt che subito camuffa con estrema, esagerata e teatrale spavalderia: «Quando sorgerà la luna piena, bambi. Se vuoi ti mostro come si fa.», inarca un sopracciglio rendendo chiarissimo il riferimento alla modalità di saluto appena sperimentata. Ha imparato a proprie spese che, con Lympy, le frasi devono essere il più dirette possibile, soprattutto quando lo sfondo è malizioso. E' uno dei motivi per cui è diventato ancora più esplicito che in passato. « È tutta colpa della Luna. Quando si avvicina troppo alla Terra fa impazzire tutti. », la ascolta mentre recita un passo dell'opera, lo sguardo rivolto ad un pubblico invisibile ed il pugno alto nel cielo. Quando lo porta al suo petto, Peter si avvicina e lo stringe tra le dita, facendole compiere una piccola giravolta. Poi si piega in ginocchio e tira giù anche lei, con la delicatezza che accomuna gli attori, abituati a non sfiorarsi praticamente mai, neanche quando mettono in scena degli scontri corpo a corpo. Assume un'espressione addolorata, lo sguardo perso nel vuoto a pochi centimetri da quello della Grifondoro. Subito dopo, pronuncia le stesse parole. «Io l'avrei fatta così.», sussurra, ancora calato nella parte. Poi scoppia a ridere, mettendosi a gambe incrociate e battendo il palmo della mano sul palco di legno, come gli insegnanti a scuola quando devono richiamare l'attenzione. «Avanti, siamo in ritardo sulla tabella di marcia.», commenta, bevendo d'un sorso il caffè e caricandosi per ciò che verrà. « Tu comincia pure a deliziarmi con il primo atto, io sto qui giusto qualche secondino, giuro. », Piti le fa l'occhiolino e sfodera tutto il suo charme mentre recita alcune battute nei panni di Otello - il protagonista che non è fino a prova contraria. Scende persino dal palco e interagisce con il pubblico - vale a dire unicamente Olympia -, rivolgendosi a lei quando nell'opera subentrano parti femminili. Soddisfatto del risultato, si avvicina alla tenda che separa dal dietro le quinte, agguanta la sua borraccia termica e si disseta perché, cavolo, ha davvero parlato troppo. Come sempre.
    «Bene, signorina, è arrivato il momento di contraccambiare. Sono stato meraviglioso nella mia interpretazione, lo so, ma adesso è il tuo turno. Anche perché l'hai promesso, pronuncia l'ultima frase col dito indice puntato in aria, atteggiandosi a maestrino, come quando lei lo rimbecca perché ha dimenticato qualche nozione che avrebbe dovuto possedere da tempo, ondeggiando la testa a destra e a sinistra, sconsolata. «Allora, vediamo un po', dove ho messo lo spartito...», si ravvia il ciuffo ribelle, mentre va alla ricerca degli strumenti preziosi affinché la sfida possa svolgersi come previsto. «Oh, eccolo.», raggiunge il suo borsone personale, tirandone fuori un violino color ebano, leggermente trascurato ma non per questo meno armonioso. E sì, anche lo spartito. «Allora, giuro che la scelta è ampia. Immaginavo volessi dirmi quanto sei incredibilmente felice di trascorrere del tempo con me al di fuori dello studio di piantine e altre robe là. Quindi ho pensato a queste: Teenage Dream di Katy Perry, Wonderwall degli Oasis, Love story di Taylor Swift, I'm Yours di Jason Mraz... Sì, sì, lo so che vorresti suonarmele tutte. Non ti preoccupare, avremo tempo, possiamo fare in più round, tipo anche domani, dopo domani, quando vuoi...», è ora di ricominciare a brillare. Smettila di nasconderti. «Allora, non so se col violino funziona allo stesso modo. Insomma, la chitarra di solito devo accordarla prima... Ma con questo non ne sono capace, perciò, ecco, a te.», glielo consegna mentre lei è ancora a bocca aperta. Timoroso di averla sovraccaricata d'ansia, anche se al Midsummer è stata tranquilla sull'argomento, rivelandogli di aver apprezzato il suo incoraggiamento in tal senso, Piti sceglie di lanciarle un salvagente, per precauzione: «Se non te la senti andiamo a prendere un gelato e ce lo dimentichiamo subito, promesso.»
     
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    «Quando sorgerà la luna piena, bambi. Se vuoi ti mostro come si fa.» Gli lancia un'occhiata, con una buffa espressione che si profila sul suo volto pulito e inclinato leggermente di lato. « Ah davvero? » Domanda con candore, mentre poggia a terra la tracolla che si è trascinata dietro per tutto il campus, con dentro alcuni fogli che da consegnare in segreteria per il club di lettura. « Credevo lo facessi solo quando è un bigliettino a chiederti di farlo. » Un bel sorrisetto schernitore le si stampa sulle labbra, mentre si stringe appena nelle spalle allargando le braccia come a dirgli "O così mi era parso". E poi continua, di scenetta in scenetta, passando a recitare l'unica riga che ricorda dell'Otello con quanto più pathos sente di avere a disposizione. Ritira lentamente il pugno al petto, con le palpebre appena socchiuse che tremano per poi spalancarsi di scatto nel sentire Peter stringerlo tra i suoi polpastrelli. Rilassa appena le dita prima di farsi guidare da lui verso il basso, in ginocchio come è lui. E lui prende a recitare la frase scelta da lei con tutt'altra tensione, la sua voce un pizzicato o un arpeggio perfetto di violino, i lineamenti del volto talmente credibili e intensi da far figurare nella mente della piccola Potter lo "sguardo che conquista" di Eugene Fitzherbert. Le piace come recita Peter, non è la prima volta che glielo vede fare. Se da piccola ha sempre affermato che, in fondo, non ci sapesse poi così tanto fare, ora è lì, intenta ad ascoltarlo con estrema cura e soddisfazione. E si sente naturalmente proiettata verso di lui, catturata dal tono melodioso e allo stesso affranto della sua voce e come gli uomini di Ulisse con le sirene, il corpo della ragazza si sporge verso Peter in una risposta del tutto improvvisa. «Io l'avrei fatta così.» Lui ride e lei sbatte le palpebre, come risvegliata da un incantesimo del sonno. Si mordicchia il labbro annuendo, mentre un sorriso compare al di sotto. «Avanti, siamo in ritardo sulla tabella di marcia.» Lo guarda da sopra il bordo del suo bicchierone - rigorosamente di carta riciclata - inarcando appena le sopracciglia. « Questa cosa mi sconvolge e mi stupisce allo stesso tempo. Chi sei tu e cosa ne hai fatto di Peter Paciock? » Gli domanda, sapendo bene che, solitamente, tra i due ad essere più avvezzo a tabelle di marcia, liste, schemi, appunti dalla grafia pulita e l'impaginazione perfetta, è sicuramente lei. Lui prende a decantare qualche battuta dell'Otello e lei socchiude gli occhi per godersi meglio l'esperienza, con la leggera brezza che arriva dalla finestra che le pizzica la pelle, dispettosamente. L'andamento dell'onda della sua voce si alza e si abbassa e ben presto capisce che quando si arriva ad un picco, si sta rivolgendo direttamente a lei e allora riapre le palpebre per poterne sorreggere lo sguardo ambrato, con un sorriso buffo che nasconde in sé tutto l'imbarazzo misto a piacere che sta provando in quel preciso istante. «Bene, signorina, è arrivato il momento di contraccambiare. Sono stato meraviglioso nella mia interpretazione, lo so, ma adesso è il tuo turno. Anche perché l'hai promesso Beve un po' del suo tè freddo, facendogli cenno con la mano di continuare per scoprire di cosa si tratta effettivamente la promessa che gli ha fatto, così, a scatola chiusa. «Allora, vediamo un po', dove ho messo lo spartito...» Spartito. Fortuna vuole che il tè l'ha appena mandato giù, perché sennò un'improvvisa eruzione è quanto di più probabile possa esserci. Si irrigidisce subito nell'udire quella singola parola e lo fissa perplessa. Ti prego no, non chiedermi di fare ciò che stai per chiedermi di fare. Lui prende a blaterare, con alcuni spartiti tra le mani e la sua testa sembra essersi chiusa completamente, senza effettivamente capire ciò che le sta dicendo. E' possibile leggere il terrore tra i suoi lineamenti, il disgusto che prova all'idea di farsi sentire da qualcuno nuovamente. Perché lei, da Dicembre, ci ha provato davvero a rimettere le mani in quel qualcosa che l'ha sempre definita, in passato. Lei era il suo violino. Lei sarebbe diventata una grande violinista. E' per questo che ha insistito per poter frequentare una scuola babbana, lontana da un mondo che mai e poi mai le sarebbe appartenuto, nei suoi pensieri. Lei era il suo violino e qualcosa, alla fine, si era spezzato. E no, non solo i suoi tendini, ma la confidenza e quell'affinità di un tempo. «Allora, non so se col violino funziona allo stesso modo. Insomma, la chitarra di solito devo accordarla prima... Ma con questo non ne sono capace, perciò, ecco, a te.» E' ancora immobile, seduta a terra, Olympia, che fissa il vuoto, con i denti affondati nel labbro inferiore, talmente forte da cominciare a sentir male. «Se non te la senti andiamo a prendere un gelato e ce lo dimentichiamo subito, promesso.» Rimane così, fermo con il violino e l'archetto in una mano, gli spartiti nell'altra, mentre la guarda con un'espressione che dice molto di Peter. Di quel Peter che la sprona a tornare al suo vecchio amore, cercando di stuzzicarla costantemente per provare a farla uscire dal guscio di quella stasi nel quale è caduta ormai da cinque anni. Si gratta la nuca, con evidente imbarazzo, mentre fa una smorfia, dopo attimi di silenzio, quando si accorge di dover dire qualcosa in risposta. Sta aspettando che dica qualcosa. « Mmh, ho pensato tanto a questa sfida, ma ammetto di non essere mai arrivata a valutare una cosa del genere. » Ammette, decidendo di non risparmiarsi. « E' una cosa che mi mette molto a disagio, lo sai. » Terribilmente. Continua a sostenerne lo sguardo, domandandosi da dove arriva quella forza testarda che lui mette in quella campagna personale, ormai da mesi. Perché? Un interrogativo silente che si forma nella sua testolina mentre, con un movimento lento, si alza in piedi. Gli si fa sempre più vicina, fin quando non gli è sotto e alza lo sguardo verso di lui. Non dice una parola ma tende le mani - leggermente tremanti - verso di lui, pronta a raccogliere lo strumento. Ne saggia la fattezza, con i polpastrelli che seguono il profilo del legno intagliato, provando ad entrare in confidenza con esso. Fa poi un passo verso il pianoforte a muro presente nella sala, ne alza il coperchio e picchetta un la frettoloso, prima di riprodurlo con il violino. E' scordato. Vi punta poi la bacchetta contro, per un piccolo trucchetto imparato nel tempo, con il quale lo strumento si accorda da solo. I piroli sul manico prendono a muoversi, velocemente, mentre la trepidazione e l'agitazione crescono dentro di lei. « Dove l'hai trovato? » Gli domanda allora, un po' per spezzare quel silenzio assordante, un po' per cercare di distrarre la mente che ha preso un po' la tangente e vola decisamente per i fatti suoi ormai. « E' di ottima fattura, potrebbe essere un Gliga. » Commenta, rendendosi subito conto di quanto possano apparire insulsi quei suoi vaneggiamenti alle orecchie di Peter. Sta per aggiungere altro, cercando di pensare a qualcosa di intelligente, stuzzicante, qualcosa di accattivante, quando l'ultimo pirolo gira e il rumore che produce la informa che il violino è pronto. Ma io no, miseriaccia. Ed eccolo di nuovo il terrore che ritorna sul suo volto, ben evidente. Ma non si ferma, decide di andare avanti, perché sono una fottuta Grifondoro, figlia di mia madre e sticazzi pure. Fa un passo verso il centro del palco, prima di fissarlo. « Ovviamente non ti suonerò niente di ciò che vorresti che ti suonassi. » Intricato ma chiaro, no? « Cioè in tutta onestà non so nemmeno se ti suonerò davvero qualcosa. » Ridacchia, nervosamente, mentre gesticola un po', con l'archetto in una mano e il violino nell'altra. « Però tu ora chiudi gli occhi e provi ad ascoltare la storia che vorrei raccontarti. » Qualsiasi cosa ne verrà fuori. « E non ridere. » Lo ammonisce, puntandolo con l'apice dell'archetto, sentendosi estremamente spaventosa, prima di sciogliersi in un sorriso tornando ad un'espressione contrita subito dopo. Cielo, ora comincerò a sudare tantissimo, le mani scivoleranno sulle corde e farò una figura di merda epocale. Continuano gli attimi di panico, mentre poggia il mento sull'apposito solco dello strumento e fa ginnastica con le dita della mano sinistra, sapendo bene di aver perso la vera elasticità che la caratterizzava un tempo. Un gran sospiro lascia le sue labbra quando l'archetto si poggia sulla prima corda e un rumore non troppo stridulo ne esce fuori. Fa qualche prova, con suoni che si susseguono a caso prima del silenzio, udito per l'ultima volta. Ci siamo. Decide di raccontargli una storia, la sua, attraverso le note di uno dei suoi compositori preferiti che ha rivisitato i capolavori di Vivaldi. Parte dal suo movimento preferito dell'Estate che ha al suo interno tutta la passione e il fuoco che la rossa sente di aver dentro. Pizzica le corde in maniera incerta e di tanto in tanto qualche suono stridulo compare nella melodia, ma lei continua, fregandosene e lasciandosi guidare dai ricordi che ha di quelle note, come se le avesse ormai scritte a fuoco nella mente. Le ricorda tutte, come non avesse mai smesso di suonarle. Fa difficoltà a legarle alla perfezione, come un tempo, è vero, ma l'adrenalina, che pompa nelle sue vene non appena sente di star suonando davvero per qualcuno, è talmente dirompente da darle la forza e la voglia di andare avanti. Lo strazio addolorato sulla fine del primo movimento, che sta a simboleggiare le esperienze più traumatiche che hanno costellato la sua esistenza, si lancia di petto nell'Autunno. Nella sua stagione preferita, quella che la caratterizza per dolcezza e delicatezza, per la pacatezza del lento oscillare delle foglie che diventano arancioni sulle fronde degli alberi. Sono note fragili quelle che pizzica Olympia, che le ricordano i momenti più spensierati della sua vita, da bambina, da adolescente, molti nei quali anche lo stesso Peter era presente. Si ritrova a ripercorrere un lungo viale, con gli occhi chiusi e la mente non più presente a se stessa. E' come se le sue dita andassero da sole, sapienti e già esperte naviganti di quelle acque esplorate. Le ultime note si trasformano nelle prime dell'Inverno, una stagione dove le ore di luce lasciano spazio alle ore di buio, dove la natura sembra fermarsi, in attesa. Quel brano le ha sempre ricordato questo: l'aspettativa di un qualcosa che verrà, quella trepidante sensazione che si forma sotto la pelle e la fa rabbrividire non appena c'è uno spiraglio di luce. E' un'elettricità statica, così come lo è la malinconia che la coglie all'improvviso. Si sente blu, totalmente blu in quell'istante, persa dietro un qualcosa d'irraggiungibile. Quelle note lente e quasi ovattate sembrano volerla invitare a fermarsi a riflettere, in bilico tra i suoi pensieri. Ed è forse quella strana sensazione che le attorciglia le
    viscere quella che le fa mancare il fiato quando arriva all'ultimo atto di quel viaggio. La Primavera. La rinascita, la natura che si tinge nuovamente di colore dopo mesi di gelida stasi. Baci caldi, abbracci pieni di risate, le lacrime di gioia di sua madre, un arco di fiori, Lizzie che trotterella davanti a lei, Albus che le stringe il braccio e Rudy in fondo alla scia di petali. Non sa nemmeno quand'è il momento esatto in cui le lacrime prendono a scendere, silenziose e cariche di emozione, rigandole le guance. Potrebbe fermarsi, c'è una parte di lei che vorrebbe farlo, ma continua, le mani si fanno più ferme e il suono più deciso in quell'armonia che è stato suo accompagnamento nel giorno che tutti definiscono essere il più importante della vita e che riascolta ora, dopo due anni. Una sinfonia, quella, che parla di amore e speranza, di un'esplosione di colori che l'ha resa davvero felice in passato e ora la fa piangere. Nell'arrivare alle ultime note, però, Olympia si rende conto che non sono lacrime di dolore e tristezza, hanno un sapore diverso persino al gusto. Sono meno salate. Sono la fioritura di una catarsi che forse doveva a se stessa, da tempo. Le dita si fermano quando anche l'ultimo suono si perde tra di loro, in una secca chiusura che lascia intendere quante pagine ci siano ancora da scrivere in quel libro. Le mani rimangono lì, tremanti, mentre lei sospira profondamente, riaprendo gli occhi. La visuale leggermente offuscata dalle lacrime intrappolate tra le ciglia che la costringe e sbatterle forte. Appoggia a terra il violino e si piega su se stessa, sentendo il bisogno estremo di urlare, di lasciare andare anche quell'ultima parte di cui sente il bisogno di liberarsi. Ma alla fine, dopo aver aspettato che il ritmo del cuore sia tornato stabile, con i polsi usati per asciugarsi le lacrime, lo fissa e un sorriso sarcastico si apre sulle sue labbra piene. « Sono 20 galeoni per lo spettacolo, puoi lasciarli al botteghino. » Si ritrova a scherzare, alleggerita di un grosso peso, felice di averlo condiviso con lui, seppur sia completamente all'oscuro delle forti emozioni che quel viaggio le ha scaturito dentro. Non chiede scusa per le lacrime, ma non può che continuare a sorridere e ridere, come un'ubriaca o una pazza. « Ora sai che effetto mi fa. » Cos'è per me la musica, la miglior scrittrice dei miei sentimenti. Fa un passo verso di lui e poi un altro, prima di sedersi di fronte a lui, con una mano che va a ricercare la sua, con la testa che si inclina di lato. « Grazie. » Deglutisce con un sorriso dolce. « Ne avevo talmente bisogno da non essermene nemmeno resa conto. Eppure l'hai fatto tu » prosegue, con lo sguardo fisso sulle loro mani intrecciate, mentre le sue dita giocherellano sotto quelle di lui. « Ed è stato bello condividerlo con te. » Sente di star arrossendo, conoscendosi bene e camuffa il tutto portandosi l'altra mano a grattarsi la nuca. « Però voglio sapere due cose ora, dato che, abbastanza poco modestamente, credo di aver superato la prova anche abbastanza bene. Me lo devi. » Rialza solo allora lo sguardo verdognolo per incontrare quello di lui, con una leggera risata che esce dalle sue labbra. « Come sapevi di me e il violino? » Non sei mai stato così interessato alla mia vita, in passato. Tu andavi ad Hogwarts, io al liceo. Le nostre strade si sono divise ad un certo punto, inevitabilmente. « E da qui, la seconda. Perché? Perché mi spingi costantemente a tornare da lui? »
     
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    « Credevo lo facessi solo quando è un bigliettino a chiederti di farlo. », è un'argomentazione che Peter vorrebbe ampiamente contestare. Sono solo stato al gioco, e guarda caso era in mio favore. Una volta tanto. Non aveva assolutamente premeditato di baciare Olympia al Midsummer, visto l'umore col quale aveva affrontato la corsa, all'inizio. Non aveva un piano preciso, ma di certo non credeva sarebbe andata così. Non senza averne fatto parola ad anima viva, all'infuori della stessa Grifondoro. La quale, comunque, aveva tradotto in fatti quelli che, fino a quel momento, erano stati pensieri nell'esatto istante in cui lui l'aveva stretta tra le braccia, dopo averle chiesto se fosse sposata. «Mi stai dando del codardo? Devo ricordarti chi è stato smistato dal Cappello Parlante ben prima di te, tra le fila rosso-oro?», sbuffa, ravviandosi il solito ciuffo ribelle. «Guarda, di norma lascerei perdere -», sì, come no. Un Peter che lascia perdere è come un Darth Maul che si schiera coi jedi - mai visto, appunto «- però, questa, non me la posso proprio tenere.», commenta col tono di acidità di chi ha tutta l'intenzione di far ricredere l'altro. Sono entrambi seduti a terra perché Peter ha appena messo in scena qualche spezzone dell'Otello - appropriandosi di un ruolo mai stato suo -, dunque ne approfitta per farsi più vicino e scostare una ciocca di capelli rosso fuoco dal volto soffice della Potter. La osserva spavaldo, uno sguardo che decanta sicurezza e che, per gioco, le regala; un sorriso a metà, umettato dalla sua lingua pungente. «Sei ancora in tempo a rimangiartelo. Così, per dire.», commenta, continuando a giocare distrattamente coi capelli di Olympia, facendosi sempre più vicino. E' a un millimetro dal suo orecchio, ed è proprio lì che propone di deporre l'ascia di guerra, se davvero lo desidera: «Ancora convinta, si domanda, ma prima di ricevere risposta fa un'altra mossa, sfiorando con le labbra il suo collo. Fa odore di bosco. Di foresta. «Io comunque ti ho avvertita.», dice semplicemente, iniziando a baciarla proprio in quel punto, risalendo lungo il profilo del mento sino alle labbra, dove sprofonda lentamente, valicando le difese di lei senza chiedere il permesso. Non questa volta. Non si risparmia, rubandole secondi e minuti in quella posizione forse un po' scomoda, in ginocchio sul parquet del palcoscenico, le braccia che si avvicinano quasi ad avvolgerla. Soltanto dopo ricorda della scommessa, e suo malgrado si allontana a preparare l'occorrente. « Mmh, ho pensato tanto a questa sfida, ma ammetto di non essere mai arrivata a valutare una cosa del genere. », ed è arrivato il momento di farlo. Basta coi rimpianti. E' una cosa che le appartiene, ed è necessario riappropriarsene. « E' di ottima fattura, potrebbe essere un Gliga. », un gi che? Giglipuff?, si chiede, rammentando le fattezze del pokemon rosa chiaro. Il quale, guarda caso, si inserisce perfettamente nel mondo della musica. «Me l'hanno prestato. E' di un ragazzo della banda. Lo stesso che... uhm.», inizialmente incerto, decide poi di tirar fuori la verità. Fino in fondo. «Lo stesso cui ho chiesto di suonare le canzoni di quel cd.», quelle che ho scoperto piacerti così tanto. Frugando tra le tue cose... ops. « Ovviamente non ti suonerò niente di ciò che vorresti che ti suonassi. », ma guarda, non avevo dubbi. E' per questo che mi piaci. « Cioè in tutta onestà non so nemmeno se ti suonerò davvero qualcosa. » «Aspetta, abbiamo dett -» « Però tu ora chiudi gli occhi e provi ad ascoltare la storia che vorrei raccontarti. », quelle parole destano l'attenzione di Peter. Scende dal palco e prende posto in una delle poltroncine rosse della sala. Stiracchia le gambe, poi le accavalla. Porta le mani dietro la testa, in una posizione che ricorda molto quella di partenza per gli addominali - una posizione che Piti non conosce affatto, ma che finge sia di repertorio. « E non ridere. », punta l'archetto nella sua direzione, tanto che Piti solleva le mani da bravo delinquente colto in flagrante. «Giuro solennemente di non... Scherzo, anche perché picchia forte sul serio, lei. Soprattutto con la bacchetta. Quando parte, Peter è lì lì per ridere - per l'ansia che lui stesso prova, ma si trattiene mordendo il labbro inferiore. Anche perché Olympia ingrana praticamente subito. Il suo suono è così rapido che Peter prova quasi affanno a rincorrerlo, trasportato dal racconto dell'Estate.
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    Chiude gli occhi, come Olympia ha detto di fare. Per una volta la ascolta, Peter, rinunciando alle sue classiche monellerie. Si vede: è un ragazzino, c'è James accanto a lui. Scorazzano per i Corridoi di Hogwarts, facendo sgambetti a destra e a sinistra, dandosi il batti cinque ogni volta che qualcuno scivola per colpa loro. Sono davvero terribili. Il ghigno spavaldo dipinto sulle labbra, la certezza di essere invincibili. Nessuno oserebbe sfidarli mai! Un solenne acuto sancisce quell'indiscutibile verità, accompagnandoli sul cavallo delle loro scope, portandoli in alto, nel cielo, sferzandoli col freddo del vento. Finché il tono non cambia, convertendosi in quello dell'Autunno. Sono giovani, Peter e Olympia. Lui le dà fastidio, nascondendo la fetta di pane ai cereali che lei ha tanto meticolosamente selezionato tra tutte le altre, concludendo con una bella smorfia nella direzione della rossa. Sono stato io, già. E scappa via, nel cortile intorno, dove agguanta la scopa e si libra nell'aria: sa che lei non lo seguirà. E meno male, è una bambina così petulante! Soffoca lui e James, ben più grandi e maturi di lei. La musica cambia ancora una volta, gelida, a suggellare l'Inverno. Si ritrova al San Mungo, come suo padre prima di lui. Fissa un letto in particolare, gli occhi gonfi di pianto. Karma sta dormendo. E' incredibile quanto sia delicata quando sogna, l'esatto opposto del suo spirito nella vita reale. E' un uragano, proprio come lui. E adesso dorme... Lui scappa via. Stacca uno, due, tre, quattro biglietti aerei. America, Australia - dove può andare? Basta che sia lontano. Non vuole vederla dormire... Ma l'Inverno non può durare per sempre. Peter varca la soglia di casa, Karma gli salta addosso e lo tiene stretto. Louis gli chiede se ha portato qualche regalo figo. Lui se l'è ovviamente scordato, corre ad Hogsmeade a rimediare. Attraversa il campus del college - bello questo posto! - e decide di iscriversi sul momento. E' proprio in quel frangente che scorge la chioma rossa di Olympia, reduce dalla carica di senior... Apre gli occhi e la vede. La musica si è fermata, lei si piega su se stessa e sfoga la scarica di adrenalina. Non applaude, Peter, convinto che quel momento debba viverlo da sola. « Sono 20 galeoni per lo spettacolo, puoi lasciarli al botteghino. », sorride. Sorride anche Peter, contagiato dall'armonia che la figura di Olympia emana. E' il tuo elemento. Non il fuoco, la terra, l'acqua o l'aria, non le quattro stagioni di Vivaldi. La musica. « Grazie. », vorrebbe risponderle, ma avverte il desiderio di Olympia di esprimere dell'altro. « Però voglio sapere due cose ora, dato che, abbastanza poco modestamente, credo di aver superato la prova anche abbastanza bene. Me lo devi. Come sapevi di me e il violino? E da qui, la seconda. Perché? Perché mi spingi costantemente a tornare da lui? », lo coglie un po' alla sprovvista, indirizzandolo a scavare nella memoria di ricordi che rammenta alla perfezione. Come ogni istante trascorso dai Potter. «Quanto sei curiosa, bambi. Sono piacevolmente sorpreso dalla tua ostinazione nell'inserirti tra i figli di Godric. Secondo me il Cappello è ancora triggerato per non averti proclamata Corvoscemo, scemissimo, proprio. Tanto intelligenti quanto estremamente curiosi, semmai. «Va bene. Sei in vena di storie, oggi, eh? Comunque ti accontenterò, perché raccontate dalle mie labbra hanno tutto un altro sapore, non ti risulta, forse? «So di te e del violino perché me l'ha detto James. Posso fermarmi qui?», implora, perché il resto non è così carino come potrebbe sembrare. «No? Che palle. Vabbè comunque sono trascorsi anni, ok?», sottolinea con decisione. «Ti ricordi quando è sparito l'archetto..?», merda, sempre nei casini pure quando fila tutto liscio. «Beh, ecco, l'avevo trovato in cucina, a casa tua, l'ho incorporato nello scop... Nello scopino del water... Però, ecco, non sapevo fosse tuo, perché James mi ha detto soltanto dopo che eri tu a suonare... Pensavo fosse... Di Albus?», ci hai provato, Piti. Nel dubbio sei ancora in tempo a smaterializzarti. «Però, ehi, ti ricordi poi quando sei venuta a Hogwarts che te ne ho fatto trovare uno nuovo in Guferia..? Avevo scritto "scusami" nel bigliettino...», senza la firma, ovviamente. «Mi sto rendendo conto adesso non sia stata una mossa geniale. Già.», soprattutto perché Olympia fuggiva proprio da quel mondo, iscrivendosi a Hogwarts. «Ma cambiamo argomento, che dici? Ah, no. La seconda cosa. Beh, quella è più semplice. Ti ho sentita suonare a casa tua, durante le vacanze di Natale, e ti ho un po' odiata. Era l'ennesima cosa in cui mi battevi. Quel mondo era mio...», commenta, facendo spallucce. «E ho insistito così tanto - però dai, sono stato bravo, l'ho fatto gradualmente - proprio perché, in realtà, quel mondo non è solo mio. Anzi, forse è più tuo che mio. O comunque... Può essere di tutti e due senza che ci diamo... Fastidio.», anche perché le cose sono cambiate rispetto al passato. O forse non mi sopporti ancora, Potter?, si domanda silenziosamente, rivolgendole l'ennesimo sguardo sbruffone. Esistesse un premio per la faccia da schiaffi del secolo, sarebbe di Peter Paciock, a mani basse.

     
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    «Sei ancora in tempo a rimangiartelo. Così, per dire.» Si ritrova a sorridere, socchiudendo appena gli occhi nel sentire le sue dita intrufolarsi in una ciocca dei suoi capelli, carezzandole accidentalmente la guancia. « Vuoi che lo faccia? » Domanda, la voce flebile come un sospiro e l'accenno di divertimento tra i suoi filamenti. «Ancora convinta Un mh, mh fuoriesce dalle sue labbra piegate all'insù, in tutta risposta. E lui prosegue, con le labbra che le solleticano la pelle del collo facendola rabbrividire. Inclina la testa di lato, lasciandogli come campo aperto per muoversi in totale libertà. «Io comunque ti ho avvertita.» « Quanto parli? » Si ritrova a mugugnare, un misto tra il riso e l'andante serio prima che lui finalmente metta fine a quella lenta agonia fatta di brividi che le percorrono la schiena. Non si tira indietro e la voglia di esplorare quel bacio si fa sempre più insistente, lasciando che ognuna delle barriere che si sono create tra di loro, nel corso degli anni, crollino, frantumandosi al suolo. Fa un po' caldo, eh? Si rende conto di aver intrecciato le dita tra i suoi capelli soltanto quando effettivamente si stacca dal bacio, con il cuore che batte come un tamburo nelle sue orecchie e le ginocchia leggermente doloranti per lo sfregamento contro il parquet del palchetto. « Va bene, diciamo che anche questa volta sei riuscito a salvarti in calcio d'angolo. Credi di potertela cavare sempre così? » Si ritrova a commentare, vagamente chiazzata di rossa in viso e sul collo. E' una sensazione particolare pensare a Peter non come solo amico ma come un qualcosa di di più. Le fa strano, da una parte, ma è sinceramente elettrizzata dall'altra. E lo dimostra il fatto che probabilmente avrebbe detto di no a molti altri se le avessero proposto la sfida che le fa scivolare sul piatto lui, ma proprio perché è lui, proprio in virtù delle qualità che gli ha decantato la notte del Midsummer e le piacciono tanto, si butta. Lo fa, un po' pensandoci, un po' interrompendo quella catena di paure che l'hanno tenuta ancorata a terra fino a quel momento. E per qualche istante ha come l'impressione di volare davvero, di aver buttato giù, oltre il bordo, tutti i sacchi e le zavorre che si porta dietro ormai da anni, cammina volando tra le note, sentendole, una per una, all'altezza dello stomaco. Sono le parole che non sapeva di poter scrivere per descrivere tutta se stessa. Sorride, un tripudio di gioia mista a lacrime di altrettanta felicità. Sa perfettamente che ormai la sua strada è un'altra. L'idea di diventare violinista, ormai, è assai lontana. Sono cambiate le priorità, con il passare dell'acqua sotto i ponti, è cambiata lei e, effettivamente, lo sono anche i suoi sogni. Si sono plasmati, trasformati, adattandosi alla sua nuova realtà. Non potrà esserci più il diventare una professionista nel suo futuro ma di certo le sensazioni provate per quei minuti sono state talmente forti e pacificatrici da renderle impossibile ignorarle. «Quanto sei curiosa, bambi. Sono piacevolmente sorpreso dalla tua ostinazione nell'inserirti tra i figli di Godric. Secondo me il Cappello è ancora triggerato per non averti proclamata Corvoscemo Alza un sopracciglio, presa in contropiede da quella constatazione. Un'altra cosa che è cambiata. L'aver messo su il broncio per una settimana di fila quando, arrivata a quindici anni ad Hogwarts, il Cappello Parlante aveva avuto l'ardire di non smistarla nella stessa casata di suo fratello. "Si è sbagliato di certo. Come si può fare ricorso? Ci deve essere un modo." Il suo unico pallino per giorni all'idea di doversi ritrovare nella stessa casata di un mucchio di sconosciuti. "E Peter Paciock poi, per la barba di Merlino. L'unico che conosco e che farei volentieri finta di non conoscere." S domanda, allora, se raccontargli quella storia, ma forse è un racconto che può benissimo andare ad un altro giorno, lasciando a lui lo spazio necessario per rispondere alle sue domande. «Va bene. Sei in vena di storie, oggi, eh? Comunque ti accontenterò, perché raccontate dalle mie labbra hanno tutto un altro sapore « Oh sì, non sai quanto, papà Castoro. » Gonfia le pappe del sorriso che le colora le labbra al ricordo di quanto le piacesse quel cartone, da bambina, tanto da stressare un po' chiunque per farle compagnia nella visione. Per quello, Tre Gemelle e una Strega e È un po' magia per Terry e Maggie. «So di te e del violino perché me l'ha detto James. Posso fermarmi qui?» Alza le sopracciglia, come a voler sotto intendere la naturale risposta a quella domanda. E' decisamente incuriosita. «No? Che palle. Vabbè comunque sono trascorsi anni, ok? Ti ricordi quando è sparito l'archetto..?» Non deve fare un gran sforzo mentale nel ricordare quanto abbia pianto quel giorno. Così annuisce, ritraendo la mano, come già consapevole di quanto non le sarebbe poi tanto piaciuto il proseguimento di quella storia. Papà Castoro però raccontava solo cose belle, uffa. «Beh, ecco, l'avevo trovato in cucina, a casa tua, l'ho incorporato nello scop... Nello scopino del water... Però, ecco, non sapevo fosse tuo, perché James mi ha detto soltanto dopo che eri tu a suonare... Pensavo fosse... Di Albus?» Strabuzza gli occhi, palesemente confusa di fronte a quell'ammissione. « Come scusa? Nello scopino del water? Ma perché? Qual era la tua idea geniale del tempo? » A cosa ti serviva? «Però, ehi, ti ricordi poi quando sei venuta a Hogwarts che te ne ho fatto trovare uno nuovo in Guferia..? Avevo scritto "scusami" nel bigliettino...Mi sto rendendo conto adesso non sia stata una mossa geniale. Già.» E' certa che l'Olympia che ha mosso i suoi primi passi dentro il castello, a sapere questa storia, cercherebbe Peter per ogni anfratto per dirgliene quattro, senza alcun pelo sulla lingua.
    L'Olympia di oggi però apprezza davvero quel gesto, sapendo perfettamente quanto gli sarà costato, sia metaforicamente che letteralmente parlando, fare un gesto del genere. Proprio per lei. C'è una parte di lei che ad immaginarselo, mentre affida quel dono ad un gufo, dopo aver scribacchiato le scuse nero su bianco, è sinceramente intenerita. Ma non lo dà a vedere. Anzi, assottiglia lo sguardo e lo fissa con occhi inquisitori, prima di dargli una manata leggera contro il petto, nel suo intento per farlo ricadere all'indietro. Chiaramente però non lo sposta di mezzo centimetro. « Sei proprio un cretino, lo sai? Ho pensato, per tutto questo tempo, che fosse stato Albus. Certo la scrittura non era la sua, ma avevo immaginato l'avesse fatto scrivere a qualcun altro per non essere scoperto. » Scuote la testa, sciogliendo appena l'espressione per fargli capire quanto, allo stato attuale, poco le interessi. Così come non dà più peso al groppo che le aveva chiuso la gola non appena aveva scartato la carta da pacchi e si era ritrovata tra le mani l'archetto. Un po' l'aveva detestato, suo fratello, ma aveva comunque conservato entrambi. Anche il bigliettino. Da brava accumulatrice seriale. «Ma cambiamo argomento, che dici? Ah, no. La seconda cosa. Beh, quella è più semplice. Ti ho sentita suonare a casa tua, durante le vacanze di Natale, e ti ho un po' odiata. Era l'ennesima cosa in cui mi battevi. Quel mondo era mio...E ho insistito così tanto - però dai, sono stato bravo, l'ho fatto gradualmente - proprio perché, in realtà, quel mondo non è solo mio. Anzi, forse è più tuo che mio. O comunque... Può essere di tutti e due senza che ci diamo... Fastidio.» Accenna un sorrisetto che lentamente scivola via. Prende il suo tè freddo e ne beve un po' dalla cannuccia, cercando di emettere meno rumori possibili così da non destare quel suo lieve accenno di misofonia. « Non credo ti darei comunque fastidio con il mio suonare dilettantistico. Lo sappiamo entrambi che sei tu la vera star di questo mondo, tra i due. » Gli fa l'occhiolino, un tacito "Non ti gonfiare troppo, pallone, che poi fai la fine della rana con il bue." « La mia strada ormai è un'altra, credo. Non so se arriverò a brillare come una stella del palcoscenico, ma ce la metterò tutta per arrivarci quanto più vicino. » E di questo ne è estremamente convinta. Cocciuta e testarda com'è, non mollerà un centimetro prima del sentirsi pienamente soddisfatta del suo risultato. « Chiaramente, dopo questa, se non diventi un affermato attore di fama mondiale mi riterrò profondamente punta nel profondo. E ti cazzierò se succederà, oh sì, puoi starne certo. » Un modo come un altro per dirgli che, comunque andranno le cose, a lei piacerebbe davvero esserci nel suo futuro. In un modo o nell'altro, pronta ad applaudirlo e incoraggiarlo per la strada che deciderà di prendere. « Però ora veramente, cambiamo discorso. Allora, vacanze. Io e Dory partiamo tra poco. Io già sono gasatissima all'idea di ballare - malissimo - il flamenco. » Cielo, qualcuno mi regali un po' di coordinazione ogni tanto. « Tu invece? Alla fine hai deciso? Campeggio annuale con i Paciock oppure? Una nuova avventura emozionante all'orizzonte per questo contrabbandiere? »
     
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