Broken girls blossom into warriors

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    Betty aveva pensato a lungo a come comportarsi, a come affrontare la questione lasciata in sospeso tra lei e Mun. Per la prima volta in vita sua si era categoricamente rifiutata di addossarsi colpe che non aveva. Aveva lasciato scorrere il tempo e così anche l’opportunità di spiegare cosa si nascondesse dietro al suo comportamento. Un problema che dopo Capodanno era passato del tutto in secondo piano, dopo il ritrovamento di Donovan tutto per lei aveva perso importanza. Non si era più sentita al sicuro, nemmeno tra le mura di casa sua. Ogni sera lanciava incantesimi protettivi contro la casa, faceva il giro di tutte le porte e finestre per controllare che fossero chiuse; certa che chiunque le avesse voluto far trovare il corpo di Donovan potesse arrivare a lei in ogni momento. Le cose erano migliorate dal momento in cui aveva iniziato un percorso al cim; percorso che in qualche modo le aveva restituito quella leggerezza e quella libertà che aveva perso da tempo. Il suo pensiero primario era guarire, sanare quelle ferite che nonostante il tempo non si erano ancora rimarginate. Il ballo aveva contribuito alla guarigione, dopo moltissimo tempo si era sentita senza pensieri; libera da paure e angosce. La corona di quella sera era in bella vista sulla sua scrivania, il ricordo perfetto di una serata memorabile. Qualche giorno dopo aveva preparato uno zaino e in men che non si dica era partita alla volta di Jaipur. Si era ritirata in un Ashram, un luogo di preghiera e meditazione per gli indiani. Un viaggio che le aveva proposto la sua terpista, pensava che in qualche modo avrebbe potuto aiutarla nella ricerca della pace che tanto agognava. Era rimasta del tutto isolata dal mondo, circondata esclusivamente dai suoni della natura e in completa solitudine aveva visitato un luogo magico ricco di storia. Ogni mattina si svegliava alle prime luci dell’alba e con la luna ancora in vista si dedicava con passione alla giornaliera lezione di yoga. Praticarlo l’aiutava a gestire i momenti di ansia e stress; svuotando la mente e liberandola da tutti quei pensieri che l’annebbiavano. Era stata quella nuova consapevolezza di sé a spingerla a fare quel gesto; a fare quel passo verso Mun che aveva sempre rimandato. Inizialmente aveva pensato di inviarle la scatola che aveva tra le braccia in forma del tutto anonima, ma ancora una volta avrebbe voluto dire scappare, tirarsi indietro; venendo meno alla promessa che aveva fatto sé stessa. Bussare alla porta di Mun non era stato facile, ma era la cosa giusta da fare. Qualcuno avrebbe potuto rimproverarla di averlo fatto troppo tardi, ma per quanto così potesse sembrare Betty aveva semplicemente rispettato i propri tempi. Rispettato quel percorso di guarigione a cui stava duramente lavorando. Ad aprire la porta non fu Mun, ma il piccolo Jay, una fortuna per lei. Dubitava che quel bambino curioso le avrebbe sbattuto la porta in faccia. « Ehi ometto! Come sei cresciuto… » Di fronte al suo complimento il bambino gonfiò il petto d’orgoglio e assunse una buffa espressione che gli ricordava molto Albus. Quando la mela non cade lontana dall’albero. « La tua mamma è in casa? Ho portato una cosa per lei. » Teneva tra le braccia una scatola di legno, che aveva indubbiamente catturato l’attenzione di Jay. La prese per mano e la condusse in salotto, chiamando a gran voce la donna che per lui era a tutti gli effetti una madre. Quando i suoi occhi incontrarono quelli di Mun non poté fare a meno di sorriderle, tendendolo un ramoscello d’ulivo. Jay sfrecciò via in un nano secondo, chiamato a gran voce dalla piccola di casa. « Ti ho portato alcune cose…ma prima vorrei parlarti di una cosa. » Posò la piccola scatola di legno e senza accomodarsi porse alla ragazza una semplice polaroid. La foto mostrava un giovane ragazzino, un ragazzino di appena sedici anni; sorridente come qualsiasi adolescente della sua età senza pensieri poteva essere. « Lui è Ethan ed è lui la ragione per cui ho messo in scena quel patetico spettacolo pirotecnico. » Una colpa che Betty si era cucita addosso. « Durante il lockdown sono diventata un’altra persona, non so come ma quell’oscurità era diventata parte di me e ho fatto cose che ancora oggi mi tormentano nel sonno. » Una patina umida le ricoprì gli occhi, ma si sforzò di non sciogliersi in lacrime. « Quando quella famosa sera lo Shame mi ha contattato mi ha messo di fronte ad una scelta…far soffrire ancora la famiglia di quel povero ragazzo o rovinare ciò che avevi preparato con tanto amore. » Era stata una scelta difficile, ma Betty aveva saputo sin da subito che non avrebbe mai provocato altro dolore a quella famiglia. Il dolore che avevano dovuto affrontare era stato talmente atroce che non poteva infierire ancora su di loro. « Non l’ho ucciso con le mie mani, ma con il mio non fare niente è come se lo avessi fatto… » Una colpa talmente grande che nonostante tutto il lavoro che stesse facendo non poteva perdonarsi. « Non ti sto chiedendo di perdonarmi, perché so che ti ho ferita…ti sto chiedendo di capire perché l’ho fatto. » Aveva scelto di ferire Mun perché era più forte, non farlo avrebbe significato infierire su due genitori che stavano ancora piangendo la crudele morte del figlio. Morte di cui Betty si sentiva responsabile. Sperava di fare ammenda nei confronti di Mun, ma se la ragazza avesse scelto di non perdonarla avrebbe potuto capirla benissimo. Distruggere il sogno che si era costruito le aveva ancora una volta strappato un pezzo di cuore, dando adito a voci secondo cui fosse ancora innamorata di Albus. Sperava che Mun non credesse ad idee tanto assurde, se solo fosse stata innamorata di Albus non sarebbe mai riuscita a frequentare entrambi come se niente fosse. Betty poteva essere molte cose, ma in vita sua non era mai stata falsa o bugiarda. Voleva bene ad entrambi i ragazzi, faceva il tifo per loro ed era certa che prima o poi avrebbero capito che le divergenze che tendevano a dividerli altro non erano che l'ennesima espressione del loro amore. « Sarei potuta venire prima a chiederti scusa, ma non ero pronta...dovevo capire perchè certe ombre non mi lasciassero in pace. » Per la prima volta in vita sua aveva messo sé stessa e la propria salute davanti agli altri.
     
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    Slytherin pride

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    « MAMMA!!! Mamma! » Mun sobbalzò appena seduta di fronte alla propria specchiera intenta a provare una serie di nuovi gioielli che il gioielliere di famiglia le aveva recapitato in vista del matrimonio. Mun sbuffò, ancora intenta a misurare un paio di orecchini pendenti con fare piuttosto contrariato. Non capirò mai se ci stanno con l'abbronzatura. E in effetti, il leggero colorito che aveva preso durante le vacanze in Italia, rendeva la sua valutazione decisamente fallimentare. « Piano! » Se non butti giù casa mi faresti un favore. Ci dobbiamo ancora vivere per parecchio. « Di sotto.. » « Oh.. » Capisco. Quell'esclamazione venne accompagnata dal suo gettare uno sguardo veloce sull'orologio appeso al muro. Aveva perso la cognizione del tempo a forza di valutare la qualità delle pietre preziose e del loro sposarsi con l'anello di fidanzamento - a detta sua il pezzo principale di qualunque scelta avrebbe fatto sul fronte dei gingilli. Richiuse la cassetta vellutata in cui erano giunti i gioielli, alzandosi e posando le mani sulle spalle del piccolo ometto. « Perché non vai a giocare in giardino con Arthas e Audrey mentre io e Betty parliamo un po'. » Il biondino annuì borbottando altre cose in merito ai treni che doveva far vedere a Lily, pur contro la volontà della bambina che sembrava essere interessata a tutt'altro che alla nuova passione del fratello maggiore. Scesero entrambi di sotto, con un Jay diretto di corsa in veranda alla ricerca della sorella che sembrava godersi una ben meritata ora del tè in compagnia dei suoi peluche preferiti. Incontrati gli occhi di Betty sorriso lievemente seguendo la corsa e il vociare di Jay già pronto a gettarsi nella piscinetta che Albus aveva gonfiato per loro appena tornati dalle vacanze. « Per due cresciuti tra le montagne, hanno una gran predisposizione verso il mare. » Disse cercando di rompere il ghiaccio, mentre le indicava il piccolo Jay già intento a levarsi la maglietta per tuffarsi seguito da Audrey nell'acqua tiepida. Le diede il benvenuto con cordialità, prima di sedersi su una delle poltroncine in salotto, attendendo che la bionda facesse altrettanto. Dopo tutto quel tempo una sua visita l'aveva alquanto stupita. Non poteva di certo dire che il suo rapporto con le ex di Albus era dei migliori, ma d'altronde nessuno di loro sembrava essere in buoni rapporti con gli ex di quei tempi. « Ti ho portato alcune cose…ma prima vorrei parlarti di una cosa. » Sollevò le sopracciglia piuttosto sorpresa, allungando appena il nasino per sbirciare la la scatola di legno che Betty teneva tra le braccia. Le venne passata una polaroid che osservò senza riuscire a comprendere a quel punto quale fosse il motivo della sua visita. « Lui è Ethan ed è lui la ragione per cui ho messo in scena quel patetico spettacolo pirotecnico. Durante il lockdown sono diventata un’altra persona, non so come ma quell’oscurità era diventata parte di me e ho fatto cose che ancora oggi mi tormentano nel sonno. Quando quella famosa sera lo Shame mi ha contattato mi ha messo di fronte ad una scelta…far soffrire ancora la famiglia di quel povero ragazzo o rovinare ciò che avevi preparato con tanto amore. » Il riverberò del Lockdown suscitò nella mora una leggera mancanza di inerzia. E' da tanto che non ci penso. Vorrei non doverci più pensare. Lo sguardo di ghiaccio della piccola Carrow tornò a studiare le microespressioni della Branwell, cercando di capire quale fosse il punto di tutto quel discorso. Era passato così tanto tempo che ormai una spiegazione non se l'aspettava più, né sembrava soddisfarla. Ci sono rimasta male allora. Ora.. è tutto irrilevante. « Non l’ho ucciso con le mie mani, ma con il mio non fare niente è come se lo avessi fatto… Non ti sto chiedendo di perdonarmi, perché so che ti ho ferita…ti sto chiedendo di capire perché l’ho fatto. Sarei potuta venire prima a chiederti scusa, ma non ero pronta...dovevo capire perchè certe ombre non mi lasciassero in pace. »
    Alla luce di quanto era successo in seguito agli atti vandalici del matrimonio, il gesto di Betty non sembrava pesarle sul cuore particolarmente. Mun faceva la dura, in fondo ci era rimasta davvero male per la mancanza di un qualunque contatto con Betty. La verità è che però non ho nemmeno avuto il tempo di pensarci. Le denunce, il treno e prima ancora la morte della preside e i problemi con gli assistenti sociali, per non parlare della terribile crisi che lei e Albus hanno affrontato. Se anche avesse voluto mostrarsi intransigente in merito all'atteggiamento tenuto da Betty, la verità è che non ne aveva più la forza, né aveva voglia.
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    « Mi.. dispiace.. » Il suo fu un sussurro mentre osservava la foto del bambino. Era un bambino. Forse era un compagno di Miles. Forse era leggermente più piccolo o appena più grande. Ma era comunque un bambino. Ed è morto. Come tanti altri. Incolparsi della loro prematura scomparsa era estremamente controproducente oltre che deleterio. « Tutti quanti abbiamo lasciato un pezzo là dentro. » Tutti abbiamo perso qualcosa. Un amico, un fratello, un compagno.. c'è chi ha perso molto di più. C'è chi ha perso se stesso, la propria dignità, la capacità di fungere in questo mondo disfunzionale. « Io.. non ce l'ho con te. Non posso dire di non aver aspettato un tuo cenno in passato però.. » E' acqua passata. E infatti si stringe nelle spalle Mun, stirando un leggero sorriso rassegnato. « Alla luce di ciò che è successo dopo, questa cosa del matrimonio mi sembra quasi una cosa divertente. » L'espressione ironica che assunse il volto della mora, colto da incertezze e frustrazioni fu la cifra stilistica perfetta per chiudere una volta per tutte quel capitolo. « Ci ho fatto i conti. Il Midsummer ha chiuso quel cerchio. Mi sposerò comunque. Forse questa volta sarà anche meglio della prima volta. » Non poteva dire di non ambire a quel giorno. Però, il tempo l'aveva portata ad apprezzare con occhi differenti la sua vita. Seppur non vedesse l'ora di indossare il bianco e attraversare la navata per incontrare il suo prescelto, si rendeva conto che con o senza quel momento, stava bene comunque. Sollevò lo sguardo a osservare il salotto in cui si trovavano, sorridendo con un moto di orgoglio di fronte a tutto ciò che lei e Albus avevano costruito. « E' solo una formalità. » Si schiarì infine la voce abbassando lo sguardo. « Ti ringrazio comunque.. per le scuse intendo. E' più di quanto qualcun altro ha fatto. » Ma questa è una storia per un altro giorno. Decise di lasciar il discorso appeso lì, osservando con fare pensieroso la propria manicure. Ci siamo già passate per questa storia. Devi smettere di ribollire dentro. Anche quella è andata. Ora stiamo bene. Va tutto bene.


     
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1 replies since 8/8/2020, 16:00   61 views
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