One little step behind

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    Polaris Lighthouse, Hilbre Island
    31 Luglio 2020


    Finalmente era arrivata la prima lettera di Alvina Nott, direttamente da Azkaban. L'avevano letta tutti insieme, Grimm e i suoi fratelli, stretti in cerchio intorno al camino del salone principale, acceso nonostante fossero in piena estate. Non era un problema, il fuoco era di natura magica e proiettava sulle pareti una fredda luce bluastra; tutto, nel maniero di Polaris, era alimentato tramite la magia, dalle fondamenta fino all'altissima torre che fungeva da Faro. L'elettricità è qualcosa che i babbani hanno pensato di donare al mondo magico come presunto segno di superiorità. I Nott non si sarebbero mai piegati ad una tale mancanza di rispetto. « Almeno ora sappiamo cosa fare. » commentò titubante uno dei quattro fratelli. Grimm annuì, sedendosi su uno degli alti scranni intorno ad un grande tavolo in pregiato legno di mogano. « D'ora in poi, prenderò io il comando. » Grimm non era neppure il maggiore dei fratelli Nott ma, tra tutti, sembrava essere il più risoluto. Il più maturo in un certo senso, nonostante avesse solo quindici anni. « E perché dovresti comandare tu? » La sorella si alzò dal tappeto su cui era rimasta inginocchiata fino a quel momento, la lettera di Alvina tra le dita. Era più grande di Grimm, dal temperamento più irruento: loro padre scherzava sempre, dicendo che somigliava tantissimo a Bellatrix Lestrange. « Perché so come torturarti senza ucciderti in almeno dieci maniere diverse. Tu invece? A malapena sai lanciare una Cruciatus. Sei patetica, sorella. » Al contrario del mondo là fuori, in casa Nott la conoscenza e il sapere magico erano valori talmente importanti da fare la differenza; Grimm era sempre stato il più studioso e diligente e questo gli dava, dentro le mura di Polaris, una certa autorità. Un ignorante, dopotutto, non avrebbe potuto gestire i mille segreti nascosti nella dimora. Sfortunatamente, di questi mille segreti, Grimm ne conosceva ben pochi. « Io sono d'accordo. Sarebbe una gran seccatura prendere il posto di Padre. » L'ultimo fratello, il maggiore, con un'alzata di spalle diede il proprio benestare al piccolo Grimm, che sparpagliò una pila di lettere sul tavolo. Lettere di ammissione. A decine, proveniente da diverse accademie di magia e risalenti a molti anni diversi, tutti quelli in cui i genitori avevano ignorato le istituzioni scolastiche a favore di una più rigida educazione domestica. I tre fratelli presero posto vicino a Grimm; a loro, si unì un governante. Era lui, a livello meramente legale, ad essere stato designato dal Ministero della Magia come tutore dei Nott ancora minorenni. La verità però era ben altra. Quando vide gli stemmi delle varie scuole di magia, sgranò gli occhi incredulo. « M-ma.. signorino Grimm.. non potete.. uscire! » Lasciare Hilbre Island senza permesso era uno dei grandi tabù di casa Nott. Rare erano le volte in cui la nuova aveva lasciato Polaris, Grimm stesso non ne era mai uscito. Lo sapevano bene.. ma sapevano anche che i genitori erano chiusi ad Azkaban. Tutti e quattro voltarono la testa all'unisono verso il vecchio mago e, come mossi da una mente collettiva, levarono la loro rispettiva bacchetta. L'unico gesto diverso fu il movimento della bacchetta della sorella di Grimm che, senza indugio alcuno, castò una maledizione. « Se non riesci a parlare solo quando interpellato, tanto vale che non parli affatto! » Tra fiotti di sangue, la lingua del servitore cadde sul tappeto. Sembrava davvero orgogliosa del proprio operato - gliel'ho mozzata quando aveva ancora la bocca chiusa! avete visto?! - quando si voltò verso i fratelli. « Chi è che non sapeva cast- » Venne bruscamente interrotta dalla mano del fratello maggiore contro la sua guancia, un man rovescio ben piazzato. Grimm, lontano da lei, si limitava a guardarla con ribrezzo. « Lo sai che non possiamo maledire se non siamo calmi! E' vietato! » cantilenò il più piccolo della cucciolata. Proprio così, annuirono gli altri fratelli in silenzio. Una maledizione castata con rabbia è una maledizione impura. Ben altri sono i sentimenti adeguati. « Vorrà dire che ce lo terremo muto. Grazie sorella. » sospirò, prendendo una delle lettere. « Arkham, tu andrai a Durmstrang. » e lanciò la lettera di ammissione recante lo stemma della scuola bulgara al maggiore dei fratelli Nott, lo stesso che poco prima era ben felice di non assumersi responsabilità. Arkham Nott non era fatto per il comando, né gli interessava diventare il nuovo patriarca della famiglia. Era quello che più di tutti aveva avuto modo di accompagnare Theodore fuori da Hilbre Island ed era quello che sarebbe andato più lontano. Venne quindi il turno della sorella, con ancora la guancia rossa dallo schiaffo di Arkham. « Ursula, tu invece andrai a Beauxbatons. » Ursula Nott fece per ribattere ma tacque e afferrò la lettera dell'accademia francese. « Quanto a me, io andrò a Hogwarts. » Proprio come fece Padre. All'equazione però mancava un solo tassello. « E io? Dove andrò io?? » Il piccolo di casa se ne stava in piedi su una sedia troppo grande per lui. « Tu, Dexter, andrai su al Faro, ogni giorno, e ti assicurerai che resti acceso. » « Ma.. resto a casa? » « Non vedo lettere di ammissione per te. » Dexter Nott non aveva ancora compiuto undici anni, nessuna accademia lo stava aspettando, in nessun angolo del mondo. Non passò nemmeno per l'anticamera del cervello, a Grimm, che lasciare un bambino così piccolo a guardia di una magione così grande potesse essere un problema; avrebbe avuto uno stuolo di servitori ad assisterlo e lo reputava pronto per iniziare a prendersi cura dei segreti della famiglia. Tenere acceso il Faro, alimentato ad energia magica, era uno di questi. Non hai neanche undici anni e sei già riuscito a lanciare un Anatema-che-uccide. Sei un vero prodigio Dexter. Te ne renderai conto. Ce ne renderemo conto tutti. Si alzò, lo seguirono tutti gli altri. « Abbiamo un mese per prepararci. » Quando se ne furono andati - compreso il povero maggiordomo mutilato, Grimm si avvicinò a suo fratello Dexter. Sarebbe stato lasciato da solo ed era visibilmente triste. Gli prese la mano. « Vieni, ti faccio vedere come si fa. E' molto importante. »

    Hogwarts
    1 Settembre 2020


    Si era premurato di scrivere ad ogni scuola di magia, un fatto che non succedeva da quando Theodore Nott, ancora undicenne, venne inviato da suo padre Balthazar a Hogwarts. Grimm ne aveva sentito così tanto parlare, dai racconti di suo padre e dalla lettura di Storie di Hogwarts. In un certo senso, aveva fantasticato su quell'enorme castello che ora si stagliava in lontananza davanti a lui. Una leggerissima pioggia estiva stava cadendo senza far troppi danni, creando piccoli arcobaleni con la luce del sole pomeridiano; Grimm Nott, avvolto in un lungo mantello da viaggio nero pece, col capo coperto da un cappuccio, si guardava intorno incuriosito. Era arrivato troppo presto. L'Espresso per Hogwarts stava ancora percorrendo le campagne al confine superiore dell'Inghilterra con la Scozia, quando il giovane si era radunato nel cortile di Polaris insieme ai fratelli, ognuno con una passaporta diversa, ognuno accompagnato da un servitore diverso. Di fronte al grande cancello della scuola, Grimm se ne stava fermo in compagnia dello stesso servitore che Ursula aveva sfigurato un mese prima. « Mi dispiace per la lingua, Horace. » mormorò, con un moto di sorpresa che coinvolse il servitore.. e un po', perfino sé stesso. Nel corso del mese passato non aveva mai parlato col maggiordomo ma ci aveva riflettuto molto. Il gesto di sua sorella era stato giusto forse, ma stupido e avventato. A cosa aveva portato, se non al silenzio del servitore? Horace mugolò qualcosa di indistinto; dal fondo del lunghissimo viale alberato stava arrivando una figura. Grimm aveva avvisato la presidenza sul fatto che non sarebbe arrivato con gli altri studenti e gli era stato risposto di attendere il personale autorizzato, un custode o un guardiacaccia, fuori dai cancelli di Hogwarts. Cosa diavolo è un "guardiacaccia", poi? L'avrebbe scoperto molto presto. La figura indistinta prese ben presto i contorni di un giovanotto dai capelli chiari che si fece avanti per chiedere qualcosa a quello che, palesemente, era l'adulto della situazione. Horace però, per ovvi motivi, non rispose. « E' muto. » intervenne allora Grimm, dopo un silenzio imbarazzante che farve durare un'infinità. Si calò il cappuccio per farsi vedere dal guardiacaccia ed estrasse dall'interno del mantello un rotolo di pergamena, che consegnò al dipendente di Hogwarts. Dentro era conservata la lettera di ammissione insieme all'ultima missiva di Pius Bauldry che lo invitava a farsi riconoscere da chi lo avrebbe introdotto nel castello e a compiere qualche altro compito, prima della famigerata cerimonia dello Smistamento. Ancora una volta tacque. Fin là era stato tutto molto semplice, lineare: le lettere di Hogwarts gli dicevano cosa fare, punto per punto. Ma il Preside non gli aveva certo scritto come ci si deve comportare con un guardiacaccia.. o con chiunque altro. E' equiparabile ad un insegnante, a cui già sapeva di dover portare rispetto, o è più un sottoposto, come gli elfi domestici che lavorano in cucina? O forse ci si dovrebbe comportare da pari? Lui sta lavorando ma io sono stato ammesso qui dentro. Anche se fosse, a conti fatti, non sapeva neppure come comportarsi tra pari: gli unici "pari" che conosceva erano i fratelli e non ci aveva messo poi molto a svincolarsi da quella assurda posizione di equiparazione e prendere le redini. Nel dubbio, rimase in silenzio. Con lo stesso silenzio, intimò a Horace di andare; il vecchio maggiordomo si inchinò di fronte a Nott e al guardiacaccia e, con la stessa passaporta, svanì nel nulla. I bagagli di Grimm presero a levitare - sembrò l'avessero fatto per volontà propria ma era bastato un movimento della bacchetta da sotto l'ampio mantello - e il nuovo studente si avvicinò al guardiacaccia. « Il mio nome è Grimm - » provò ad abbozzare insicuro una conversazione, appena titubante sul registro linguistico da adottare. « - e voi siete.. il.. custode? O il guardiacaccia? » Davvero non riusciva a capire che ruolo fosse. « Non sapevo si potesse cacciare, nei territori della scuola. » Se il custode custodisce, mi sembra evidente che il guardiacaccia ha qualcosa a che fare con la caccia, no? « Avrei portato l'arco altrimenti. La lettera parlava solo di calderoni e animali da compagnia. » Stava scherzando? Il viso di Grimm sembrava quello di una pallida sfinge. La situazione era semplicemente troppo strana.
     
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    Riempire il tempo. Nessuno gli aveva detto quanto sarebbe diventato complicato anche fare la più semplice delle cose, la più meccanica e naturale. Quanto sarebbe diventato difficile tenere la mente occupata e libera dal nulla cosmico e da immense parentesi di assordante silenzio. Nessuno gli aveva mai dato un libretto delle istruzioni, nessuno l'aveva mai avvisato sugli effetti collaterali che tutto quel casino avrebbe avuto sulla sua vita, dopo. Asher aveva visto, vissuto, assorbito e ancora non aveva capito in che direzione stesse viaggiando la sua vita benchè ormai fosse passato tempo sufficiente affinchè capisse. Gli altri avevano capito dopotutto, no? Seppur Hogwarts e quel ruolo da guardiacaccia gli avessero dato la parvenza di una ripartenza, Ash rimaneva costantemente affossato in un limbo. Per carità, il suo lavoro era una delle cose più meravigliose che potessero capitargli, un'occasione d'oro che aveva avuto il potere di distrarlo oltre che renderlo costantemente circondato dalle persone e dagli impegni; ma purtroppo rimaneva comunque impossibile sfuggire a quei momenti morti in cui il mondo smetteva di girare e si fermava bruscamente. Momenti in cui l'ex tassorosso rimaneva solo con sè stesso, con i suoi pensieri, con le garze, le ustioni ed il distillato di dittamo. Così, aveva capito che la facoltà di riempire il tempo non era scontata come sembrava. Si era dovuto reinventare pur di eludere la fastidiosa stasi, e quando la musica non sembrava più essere una bolla sicura dentro la quale trovare rifugio, Asher si muniva di coltellino, di legna, ed intagliava. Il capanno era una distesa immensa di trucioli e riccioli, di prototipi di statuine venute male e di una sconfinata serie di piccole creature magiche e persone dai volti noti sparpagliate sui mobili, sulle mensole, tra gli utensili della cucina o poggiati semplicemente a terra. Cristallizzati. « Dah, inquietante. » Quella mattina il custode aveva bussato un paio di volte alla porta del capanno prima che Asher potesse aprire con il suo solito sorriso allegro e l'espressione serena. L'uomo dagli occhi porcini, prima di tradire un'espressione profondamente disgustata, aveva allungato il collo per curiosare all'interno dell'abitazione disordinata « Già, buongiorno anche a te! Splendente come sempre. » Asher strinse le labbra in una linea sottile, lasciando ricadere i riccioli biondi davanti agli occhi mentre saltava letteralmente fuori dalla tana, richiudendosi alle spalle la porta scricchiolante e, con essa, quel piccolo squarcio aperto sull'intimità della sua mente. « Io ho un banchetto da organizzare, la sala grande è in condizioni pessime.» Borbottò, spingendogli malamente in petto un pezzo di pergamena consunto e scritto male « Dovrai accogliere uno studente ai cancelli ovest tra qualche ora. Bauldry ci tiene particolarmente, quindi vedi di non rovinare tutto Nondiplomato.» Un mezzo ghigno saettò sulle labbra sghembe del custode che ridacchiò di gusto mentre zoppicava qualche passo indietro. Asher, seppur colse la provocazione, cercò di sembrare più interessato alla pergamena e alla bizzarra novità: da quando in qua ci sono studenti che arrivano separati dagli altri? Aggrottò le sopracciglia. « Dovrò accompagnarlo fino all'ufficio del preside oppure... » - « Nah, vedi di tenerlo impegnato fino alla cerimonia o giù di lì: spiegagli come funziona, spiegagli quello che può fare e quello che no. Insomma, vedi te.» Okei. Il custode si umettò velocemente le labbra, poi, dopo aver sospirato, alzò un palmo in segno di saluto e andò via senza dare ad Asher ulteriori indicazioni. Non sapeva cosa aspettarsi.

    Una fastidiosa pioggerellina iniziò ad investire l'intera tenuta di Hogwarts quando Asher incominciò a dirigersi verso la cancellata principale per accogliere il nuovo arrivato. Superata la collina, strinse gli occhi per guardare in lontananza, oltre una flebile coltre bianca che quasi sembrava fumo, riempiendo il volto di un'immenso sorriso pieno e cordiale. Forse era in ritardo di qualche secondo, così, una volta arrivato davanti allo studente, non perse tempo a scusarsi, trascinando indietro il ciuffo scombinato. « Non volevo farvi aspettare più del dovuto, ho avuto problemi con alcuni avvincini mentre sistemavo le barche alla rimessa» Mormorò morbido, umettandosi le labbra. Di primo impatto Asher ebbe proprio l'impressione di trovarsi davanti ad un ragazzino di ricca famiglia, sicuramente purosangue: il portamento dei due e gli abiti di quello che sembrava proprio essere un maggiordomo parlavano chiaro. Ecco spiegato perchè non sia arrivato assieme a tutti gli altri. Ash provava un po' di riservo nei confronti delle persone benestanti, soprattutto perchè era come se, nella sua testa, l'intera categoria avesse dei precedenti. L'intera categoria avesse le mani sporche di sangue. Però, benchè il ragazzo avesse le proprie riserve ed i propri pensieri a riguardo, continuò a mantenere un atteggiamento cordiale e sereno. « Avete fatto buon viaggio?» Mormorò verso l'uomo, ripulendosi le mani contro i pantaloni. Messo a confronto con i due, il guardiacaccia sembrava essere uscito direttamente da un secchione della spazzatura. Temporeggiò qualche lungo secondo in attesa di una risposta che non arrivò: tipico. Quasi si chiese perchè avesse accettato di fare quell'accoglienza al posto del custode, lui non era portato per queste cose. Si sentiva sempre una persona sgradita, fuori luogo, soprattutto quando si trattava di avere a che fare con persone simili. La
    tenor
    situazione era bizzarra a livelli astrali. « E' muto. » Ash portò gli occhi cristallini sul ragazzo che solo a quel punto scoprì il volto, mostrando l'espressione seria e la pelle biancastra, messa in risalto dalla scombinata colata d'oro che gli contornava il volto « Ah, mi spiace » Titubante, alla fine Ash colse la pergamena che il ragazzo gli tese, dando una rapida occhiata al contenuto mentre il maggiordomo si dileguava. Grimm Nott. Nott, un cognome che era tutto un programma, anche perchè chi in vita sua non aveva mai sentito qualcosa sui Nott? La piogerellina intanto tornò ad impregnare i loro vestiti in modo leggero mentre Asher continuava a rimanere immobile davanti allo sconosciuto, muovendosi rigidamente solo dopo un po', giusto per tirare la bacchetta fuori dalla manica della camicia. Voleva aiutarlo con i bagagli, ma ancor prima che potesse castare un Wingardium, questi presero a lievitare da soli a mezz'aria. « Uao, un incantesimo davvero pulito » mormorò a mo' di complimento visto che le pesanti valige non avevano avuto nemmeno un tentennamento ad alzarsi da terra. « Il mio nome è Grimm e voi siete.. il.. custode? O il guardiacaccia?» La bacchetta di Asher fece mezzo giro affinchè sulle teste di entrambi si materializzasse un ombrello invisibile che lasciava scivolare l'acqua ai lati dei loro corpi. Un gesto che fece istintivamente quando il temporale si fece più insistente. « Mi piace il tuo, è un nome particolare » mormorò prima di fargli cenno di seguirlo e prendere a muoversi nella tenuta « Io sono il guardiacaccia, non il custode. Mi chiamo Asher, ma tu puoi chiamarmi semplicemente Ash! E' molto più facile da ricordare » e si sbilanciò verso di lui, amichevole « ...però, ti prego, dammi del tu. Già questo lavoro mi fa sentire estremamente a disagio circondato da quasi coetanei, se mi dai anche del voi credo potrei morire d'imbarazzo » Ridacchiò, alzandosi le maniche della camicia quadrettata sui gomiti, riponendo la bacchetta. « Non sapevo si potesse cacciare, nei territori della scuola. » - « Scusa? » - « Avrei portato l'arco altrimenti. La lettera parlava solo di calderoni e animali da compagnia. » Con sua sorpresa, il guardiacaccia fu costretto a stringere le labbra in una linea sottile pur di reprimere l'ennesima risata divertita. L'ultima cosa che voleva era prenderlo in giro seppur quella uscita risultò bizzarra alle sue orecchie. Così si trattenne, passandosi una mano sul volto giusto per dissimulare, inarcando infine le sopracciglia « Beh, guarda » temporeggiò, lasciando penzolare la testa da una parte all'altra con fare pensieroso « ...io ora non so come funzioni nelle altre scuole, ma ti assicuro che qui abbiamo una cucina e degli elfi domestici che si riforniscono al mercato di Hogsmeade, quindi a meno che il nuovo governo non decida di tagliare completamente i fondi scolastici, dubito che nell'immediato futuro serviranno arco e frecce per sfamarvi. Meglio che tu non l'abbia portato » Poggiandogli una mano sulla spalla, Asher condusse Grimm verso il capanno: aveva intenzione di fargli posare le valige prima di portarlo nel punto più alto della tenuta così che potesse spiegargli meglio, senza ingombri « Io comunque non caccio - so che il termine "guardiacaccia" potrebbe trarre in inganno ma giuro che è così - anzi, io evito proprio che accadano cose del genere. Diciamo che mantengo gli equilibri tra la fauna di qui e gli studenti» Mugugnò, anticipandolo sullo scalino davanti all'ingresso, spalancando successivamente la porta scricchiolante « Le creature magiche hanno bisogno di qualcuno che le difenda da chi non riesce a capire quanto sia importante rispettarle. Comunque se vuoi puoi lasciare la tua roba qui, per il momento. Mi hanno detto di farti vedere un po' com'è in giro, quindi volevo portarti verso la guferia così che tu possa vedere tutti i punti sparsi in giro per la tenuta - per farti capire: la guferia è tipo una torre che staaaaa» e drizzò la schiena, guardando oltre una sua spalla prima di indicare un punto oltre la porta, verso l'esterno « tipo lì, la vedi? E' una struttura pensata solo per i gufi, è lì che si riposano e dove alle volte portano le lettere senza destinatario o quelle che non vogliono consegnare - alcuni gufi sono tremendamente pigri, almeno una volta al mese raccolgo sacchi interi di lettere mai lette » Ma che leggeva Asher pur di passare il tempo in qualche modo, certe erano estremamente ironiche, altre estremamente noiose. Giocava a capire a chi fosse il mittente e chi il destinatario, ad esempio: "questa è tizia X che scrive a tizio Y per motivo Z". Alle volte era capitato riuscisse anche a restituire alle lettere andate disperse il loro scopo originario, facendo lui stesso da gufo. « Ti prego di non far caso al disordine, io e l'ordine viviamo su due universi completamente opposti. Vieni da qualche altro istituto per caso? Cioè, sarò sincero, penso che questa sia la prima volta che ho visto arrivare uno studente dal cancello principale il primo giorno di scuola. Il viaggio per venire qui è praticamente la cosa più bella - e stancante - che possa esserci....Ma guardando il lato positivo, almeno alla cerimonia di stasera non ti addormenterai sulla cena.» Cosa che capitava spesso, il primo giorno.
     
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    « Mi piace il tuo, è un nome particolare » Inchiodò istintivamente gli occhi, neri come due notti senza stelle, sulla figura del guardiacaccia accanto a sé. Davvero bizzarri, i complimenti. Grimm non era avvezzo ad usarli, men che meno a riceverli: l'affetto, tra i Nott, si dimostrava in ben altre maniere e, dopotutto, i suoi familiari erano tra i pochissimi esseri umani con cui avesse mai avuto a che fare. Provò ad analizzare lì per lì il senso profondo di tale complimento, senza afferrare bene che a volte un complimento è solo un complimento, niente di più e niente di meno. Nessun doppio fine, nessun tornaconto personale. Disse di chiamarsi Asher. « Sei ebreo? » chiese il ragazzino, senza un apparente motivo. « Il tuo nome. Significa Benedetto, in ebraico. » A quindici anni, Grimm Nott poteva dire di aver letto tutti i testi sacri delle maggiori religioni sparse per il mondo e il Vecchio Testamento gli aveva sempre suscitato un certo fascino. Chissà come, si era sentita poi l'esigenza di passare ad una narrazione del Divino così stucchevole, tutta misericordia e miracoli. Il Divino, così pensavano i Nott, è la misericordia che può arrivare da un miracolo come da un diluvio universale che stermini il genere umano. E gli ebrei ne sanno qualcosa, di sterminio del genere umano. Asher arrivò poi a raccontargli del proprio lavoro, dopo quella che Grimm capì subito essere la prima gaffe della sua vita fuori dalle mura domestiche. « Io comunque non caccio - so che il termine "guardiacaccia" potrebbe trarre in inganno ma giuro che è così - anzi, io evito proprio che accadano cose del genere. Diciamo che mantengo gli equilibri tra la fauna di qui e gli studenti. Le creature magiche hanno bisogno di qualcuno che le difenda da chi non riesce a capire quanto sia importante rispettarle. » Annuì, comprensivo, mentre si avvicinavano ad un piccolo capanno nella radura. Gli piacque, il modo in cui Asher voleva proteggere qualcosa - le creature - che evidentemente gli erano cari. Agli occhi di Grimm, la caccia come sport era una pratica abominevole: infliggere la morte a creature innocenti senza alcuno scopo, senza il bisogno di nutrirsi né di impiegare il loro sangue in pratiche utili, solo per il gusto di farlo? Non è questo il modo di impartire la morte, perfino agli animali. Non che Grimm o alcuno dei Nott fossero degli animalisti, avevano semplicemente una visione diversa di ciò che è giusto e ciò che è sbagliato. Il ragazzo aveva già ucciso animali in passato e lo avrebbe fatto in futuro senza alcuna remora morale, ma sempre per degli scopi precisi che molto avevano a che fare con la ritualistica occulta. Sprecare del sangue innocente è peccato mortale. « Comunque se vuoi puoi lasciare la tua roba qui, per il momento. Mi hanno detto di farti vedere un po' com'è in giro, quindi volevo portarti verso la guferia così che tu possa vedere tutti i punti sparsi in giro per la tenuta - per farti capire: la guferia è tipo una torre che staaaaa tipo lì, la vedi? E' una struttura pensata solo per i gufi, è lì che si riposano e dove alle volte portano le lettere senza destinatario o quelle che non vogliono consegnare - alcuni gufi sono tremendamente pigri, almeno una volta al mese raccolgo sacchi interi di lettere mai lette. » Si voltò incuriosito verso la direzione indicata dal guardiacaccia ma, ad un occhio forestiero come il suo, tutte le guglie di Hogwarts sembravano uguali. Solo col tempo avrebbe imparato a riconoscere la Guferia dalla Torre di Astronomia, la Torre di Grifondoro da quella di Corvonero. Scalò dunque i pochi gradini, seguito dai bagagli ancora a mezz'aria, e si ritrovò in un piccolo spazio caotico, col pavimento ricoperto di truccioli di legno. « Ti prego di non far caso al disordine, io e l'ordine viviamo su due universi completamente opposti. Vieni da qualche altro istituto per caso? Cioè, sarò sincero, penso che questa sia la prima volta che ho visto arrivare uno studente dal cancello principale il primo giorno di scuola. Il viaggio per venire qui è praticamente la cosa più bella - e stancante - che possa esserci....Ma guardando il lato positivo, almeno alla cerimonia di stasera non ti addormenterai sulla cena.» Con un secondo movimento di bacchetta sotto il pesante mantello, le valige si adagiarono sotto una delle finestre. Non ebbe alcuna paura di lasciarsi dietro i propri bagagli, non aveva la malizia di pensare che qualcuno avrebbe potuto frugarvi dentro. A loro rischio e pericolo. Tra i vestiti e tutto l'occorrente per la scuola, Grimm aveva conservato qualche oggetto maledetto, per sentir meno la mancanza di casa. « Vengo da casa mia. » rispose, lì per lì guardandosi intorno e cercando di calpestare meno riccioli di segatura possibili. Non aveva mai tollerato la confusione e, tra i fratelli Nott, Grimm era quello che più di tutti pretendeva una pulizia quotidiana e maniacale da parte della servitù. « Letteralmente. Educazione domestica. » il che, forse, avrebbe potuto spiegare molto del comportamento bizzarro di quel ragazzino, all'apparenza così chiuso e schivo, così poco loquace. Il silenzio però venne interrotto da un mugolio di sorpresa sfuggito dalla bocca del giovane mago, alla vista di qualcosa che fece scoppiare un moto di pura sorpresa e fanciullesca curiosità. Con uno svolazzare rumoroso del mantello, si avvicinò velocemente ad una strana collezione di statuette di legno intagliate. Molte raffiguravano creature varie ma ad attirare l'attenzione di Grimm erano le raffigurazioni di visi umani. Idolatria! Certamente non è un ebreo. Allungò una mano, come per sfiorarle, ma non osò posarvi i polpastrelli. « Li hai fatti tu? » chiese infine, voltandosi verso Asher. Il primo bagliore di luce era affiorato negli occhi neri di Grimm, dove prima c'era stata solo una fredda e analitica diffidenza nei confronti del mondo. Di Hogwarts in fondo sapeva già molto e avrebbe scoperto pian piano i suoi mille segreti. Ma quelle statuette? Oh, erano così particolari, così uniche! Così innocenti, all'apparenza, che sarebbe stato uno scherzetto maledirle e poi nasconderle in bella vista, sotto gli occhi di tutti. Celare un seme di magia nera dietro i loro occhi di legno scolpito. « Chi sono? » Ancora una volta, non pensò che fosse solo un vezzo artistico, un modo per esprimere un bisogno creativo. Nella sua mente contorta, Asher aveva cristallizzato volti umani per un motivo preciso. Creare un idolo materiale di un essere vivente era un grande capitolo della magia nera, l'esempio più famoso è quello delle bamboline vudù. Si può fare così tanto male, con oggetti tanto banali. Sei anche tu un sacerdote del male, sotto quell'aspetto da angelo?

     
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