Capitolo sei: le bugie hanno le gambe... di Louis

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    Emil? Chi è Emil Carrow? Ecco, si possono esattamente riassumere così il mio primo, secondo e terzo giorno di scuola di quel quinto anno iniziato davvero col BOTTO. Da dopo il rave avevo come sviluppato una sottospecie di fobia nei confronti del tassorosso che avevo evitato peggio della peste bubbonica. In realtà non era così che sarebbe dovuta andare, perchè io stesso prima di salire sull'Hogwarts Express avevo detto ad Emil di vederci per parlare. Cioè, quel poraccio mi aveva aspettato in uno degli ultimi vagoni del treno per chissà quanto tempo senza vedermi arrivare, mentre io mi ero rifugiato praticamente nella cabina del macchinista. Cioè, in realtà c'era un valido motivo rispetto al perchè non mi fossi fatto minimamente vedere, e quel motivo aveva un nome ed un cognome. Credevo di averlo solamente sognato, ed invece era accaduto veramente: avevo rivelato a Domiziana il segreto dell'albero di Natale, e io cazzo non me lo ricordavo! Tutto mi era tornato alla mente solamente DOPO aver scritto ad Emil e DOPO essere entrato in treno, giusto quando incrociai gli occhi avvelenati della serpeverde. Così, pur di evitare il confronto - ed inevitabilmente di dover vuotare il sacco con Emi, avevo preferito svicolare e metterci una pietra sopra. Aspettiamo che sia il tempo a risolvere le cose e che non sia Louis Paciock! Però, giustamente, frequentando lo stesso anno e gli stessi ambienti, quanto sarebbe potuta durare la cosa? Infatti, giusto TRE giorni contati, non di più. « [...] Ovviamente questo lavoro di ricerca verrà svolto in gruppi» E te pareva. Il professore di storia della magia sparpagliò alcune enciclopedie sulla cattedra, poi ci guardo uno ad uno, lasciando scorrere l'indice sul registro « Paciock prenda posto vicino a Carrow per favore » Porcapalettaporcapalettaporcapaletta. « Ha detto vicino a Smith? Perfetto, con piacere proprio! Mi faccia prendere lo zaino, i lib- » - « ...Signor Paciock, oggi non sono proprio dell'umore adatto per scherzare, quindi la prego di evitare di fare lo stupido. Si sieda accanto a Carrow. » Socchiusi gli occhi ed arricciai appena il naso prima di annuire e, vergognandomi peggio di un ladro, con passo felpato, mi avvicinai al banco del tasso. Evitai il suo sguardo in ogni modo possibile ed immaginabile, lasciando ricadere i ricci davanti agli occhi ed improvvisandomi impegnato con una pergamena che OH, GUARDA TE NON NE VUOLE
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    PROPRIO SAPERE DI ARROTOLARSI. ASSURDO!
    Intanto nella mia testa mi chiedevo furiosamente se dovessi salutarlo o no, se dovessi guardarlo o no, se dovessi almeno dare l'impressione di aver capito di averlo vicino o no. Chissà quante cose t'avranno detto su di me dopo il rave, merlino! Paonazzo in volto, con le guance gonfie d'aria, alla fine scelsi di parlare: « Ciao. » Borbottai così velocemente e con un tono di voce così basso che nemmeno io riuscii a sentirmi. « Hodettociao. » Ritentai, stringendomi tantissimo al margine del banco. Sì, però perchè non mi rispondi? Sei così arrabbiato con me? Sospirai profondamente prima di agguantare il tomo e trascinandomelo sotto al naso, iniziando a sfogliare le pagine a raffica, senza criterio. Già ero arrivato alla sezione di storia moderna quando noi invece eravamo arrivati sì e no al Concilio dei maghi del 1345. In aula regnava un silenzio assordante, almeno finchè il professore non ci disse che si sarebbe assentato per un po', lasciandoci svolgere le nostre ricerche. A quel punto presi nuovamente parola « ...In treno mi hanno tipo bloccato alcuni del club di lettura che non vedevo da un sacco, e mi sono tipo messo a chiacchierare.. poi una chiacchiera tira l'altra, sai come funziona. Mi sono addormentato nel vagone di questi, insomma, te lo avevo detto che avevo sonno, no? Poi l'arrivo ad Hogwarts, il banchetto, la cerimonia di smistamento... » ed i mille giorni seguenti in cui sono scomparso completamente senza inviarti nemmeno un mex su whatsapp, senza nemmeno bloccarti in corridoio o salutarti in Sala Grande.


     
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    « Paciock prenda posto vicino a Carrow per favore » Alza gli occhi al cielo, Émile, palesemente contrariato. Vorrebbe dire qualcosa, provare a cambiare le sorti di quel noioso lavoro di gruppo, ma tutti sanno che è sempre meglio non contraddire uno come il professore di storia della magia. E difatti Louis ci prova - ma guarda un po'! - e si becca picche. Quando il Corvonero gli si siede accanto, Émile s'irrigidisce di colpo. È chiaro come il sole che sia infastidito dalla sua presenza, ma fa di tutto per non darlo a vedere, perché ha deciso che lui, di fronte a tutta quella situazione, si comporterà da persona matura. Esatto. Émile Carrow, re dei drammi e delle tragedie dal finale angosciante che Euripide spostati, ricercherà quella parte adulta che c'è in sé e farà finta di nulla. Un po' perché qualcuno gli ha detto che, in questi casi, la migliore arma è l'indifferenza, e un po' perché ha deciso di testare questa personalità, e vedere come gli sta addosso. Dunque resta in silenzio e continua a scarabocchiare disegni sul proprio quaderno, senza sollevare lo sguardo né degnare Louis di un minimo cenno. Anche quando è quest'ultimo a salutare, lui se ne sta zitto e fa quasi finta di non sentirlo. « Hodettociao. » Solleva gli occhi castani, puntandoli in quelli dell'amico. Ed è una bella rogna, quando lo guarda così, a poca distanza, per la prima volta dopo giorni. Per poco la sua patina d'indifferenza non crolla, mostrando le sue vere emozioni. La verità è che Emi è veramente arrabbiato, per un milione di motivi che ormai non riesce quasi più enunciare, talmente tanti sono diventati col tempo. Ogni sera, prima di andare a letto, li proclama con rabbia al povero Otis, il quale, troppo preso dalle sue questioni e dai drammi del giornalino, negli ultimi tempi lo ascolta con un'attenzione sempre un po' parziale. E quindi Emi è solo con la sua rabbia. « Ti ho sentito. Ciao. » Però ce la fa, a fingersi distaccato: e si sorprende di se stesso, dell'apparente tranquillità che riesce a trasmettere. Resta a guardare Louis, curioso, mentre sfoglia il volume di Storia della Magia, senza riuscire a distogliere l'attenzione da lui.
    Non riesce a non pensare a quanto sia arrabbiato, in questo momento, ma deve concentrarsi. Ad un tratto, il professore si allontana per un momento, ed il chiacchiericcio esplode nell'aula. « ...In treno mi hanno tipo bloccato alcuni del club di lettura che non vedevo da un sacco, e mi sono tipo messo a chiacchierare.. poi una chiacchiera tira l'altra, sai come funziona. Mi sono addormentato nel vagone di questi, insomma, te lo avevo detto che avevo sonno, no? Poi l'arrivo ad Hogwarts, il banchetto, la cerimonia di smistamento... » Émile lo fissa, sbattendo più volte le palpebre. « Okay. » Okay? Okay? Beh, vorrei dire qualcosina in più di okay, ma the show must go on. Sì, meglio rimanere freddo e distaccato. Glaciale. « Guarda che sei troppo avanti. » Indica il volume del compagno, mentre appella a tutto il proprio autocontrollo per non sbottare sotto gli occhi di lui. Così impari, testa di cazzo. Adesso faccio finta che non me ne importi niente. « Noi siamo arrivati a inizio '300, non ricordi? Il prof deve ancora spiegare la rivolta dei folletti di metà secolo... » Si allunga dunque sulla sua parte di banco, per ricercare la pagina corretta. Dopodiché tira fuori un foglio, una penna e la dispone sotto gli occhi del ragazzo. « Io ricerco i termini sull'enciclopedia e tu trascrivi, che hai una calligrafia più comprensibile della mia. » E anche più ordinata e graziosa. Ma questo non si azzarda a dirlo, perché i complimenti non rientrano assolutamente nel piano "Fingere indifferenza assoluta per far stare di merda Louis Paciock, atto I, 2020".
     
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    « Ti ho sentito. Ciao. » cacchio raga, sta nero. Il volto di Em era praticamente glaciale, e seppur io avessi le mie ragioni per essere altrettanto glaciale - BEH, DOPOTUTTO ERA STATO LUI AD INIZIARE NON VENENDO AL RAVE E NON RISPONDENDO AI MIEI MEX, O SBAGLIO? Sì, lo so che era in punizione. E sì, lo so che poi si è addormentato. - afflosciai un po' le spalle, quasi arrendendomi alla sua espressione mezzo sdegnata. Lo guardai di sottecchi, mordicchiandomi il labbro inferiore non appena mi liquidò con un semplice okey. Ah, okey? Ok. E ci avevo messo anche dell'impegno per inventare tutte quelle scuse per giustificarmi. Come se non gli importasse un cazzo di niente, come se non sappia che lo so che i miei messaggi li ha visualizzati prima di "addormentarsi" « Guarda che sei troppo avanti. Noi siamo arrivati a inizio '300, non ricordi? Il prof deve ancora spiegare la rivolta dei folletti di metà secolo... » - « B-beh... Beh, sì caro, ma ti sfugge un piccolo particolare!» No, in realtà ad Emil non stava sfuggendo proprio niente, ed io davvero stavo sfogliando a cazzo le pagine del libro, ma non volevo dargli la soddisfazione di sembrare distratto. Così mi indicai lo stemma della casata sul maglione, strattonandone un lembo per farglielo vedere bene mentre inclinavo la schiena appena più indietro. « c-o-r-v-o-n-e-r-o. Sono un secchione per natura, volevo giusto...vedere cosa ci aspetterà dopo! Amo storia, A-M-O il programma di storia. Quante pagine mancano alle prima stesura della costituzione magica? Tu lo sai? No.
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    Io ora lo so? »
    No, boh, manco ci sta su sto' libro quella parte. La verità era che odiavo assolutamente storia della magia e soprattutto la parte che riguardava la prima stesura della Costituzione Magica. E odiavo il fatto di aver attirato l'attenzione di qualche compagno di troppo sul nostro simpatico siparietto. Scossi il capo, alzando letteralmente braccia e mani dal libro quando il tasso si buttò a capofitto sulle pagine, a cercare quella giusta. Sembrava mi avessero appena dichiarato in arresto. Se mi ero allontanato c'era un motivo Emi, puoi gentilmente tornare alla tua parte di banco? « Io ricerco i termini sull'enciclopedia e tu trascrivi, che hai una calligrafia più comprensibile della mia. » - « Ah, perf. Ora decidi le cose anche da solo!» Borbottai, sfilandogli penna e foglio dalle dita prima di sospingerlo verso la sua parte di banco, tirando successivamente una linea netta e precisa perfettamente a metà della superficie legnosa. Indicai la sinistra « Tua parte » poi la destra del banco « mia parte.» Ecco, vuoi fare lo stronzo? Fallo nel settore occidentale del banco. Io invece tornai sbracato sull'estremo confine orientale, puntellando il gomito. « Dai, veloce che non ho tutto il giorno...Mezzo che mi piacerebbe anche anticiparmi i compiti se potessi velocizzarti con quelle dita...a meno che-» Sì, dillo. DILLO LOUIS è IL TUO MOMENTO! « - a meno che tu non voglia addormentarti anche sul libro così come ti sei addormentato sul cellulare dopo aver visualizzato i miei messaggi!» Santa Priscilla, quanto mi piacerebbe fare la DAB in questo momento. Arricciai le labbra, chiudendole a culo di gallina prima di stringermi pigramente fra le spalle « Just to say. Nessun rancore.» Perchè non sono assolutamente offeso per questo.
     
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    Sono sufficienti appena un paio di minuti prima che la studiatissima strategia di apparire indifferente a Louis si riveli, se non già del tutto fallimentare, quanto meno incredibilmente ardua da portare avanti. Come prima cosa, perché Louis non gli è per nulla indifferente, e anzi ad ogni sua battuta vorrebbe poter ridere con libertà e commentare serenamente. Ma no Emi: zitto e deciso per la tua strada. Così anche quando il riccio si mette a decantare il proprio amore per storia della magia - Ma quando mai? Ma se l'anno scorso ci siamo addormentati tutti e due in biblioteca mentre studiavamo la vita di Merlino! - Émile stringe il labbro inferiore tra i denti e si autoimpone di non replicare. I suoi commenti, silenziosi ed eloquenti, sono dati dalla decisione con cui sfoglia le pagine di quel libro, una dopo l'altra e ritmicamente, causando dei piccoli moti d'aria che fanno danzare un ciuffo di capelli chiari che gli ricade sulla fronte. « ...Anche se la Costituzione magica non la faremo prima della fine dell'anno, ne sono sicuro. » E niente, proprio non ce la faceva a non dire nulla. E si sarebbe volentieri conclusa così, con un paio di battute piccate da entrambe le parti, se Louis non avesse deciso di rendere tutto più drammatico con le sue barriere immaginarie. Émile lo guarda, scioccato, segnare una linea ben definita a metà del banco, a delimitare gli spazi di manovra. « Tua parte, mia parte » Ah, quindi vuoi proprio la guerra allora. Solleva entrambe le mani, ritirandole dallo spazio oltre il confine, e inarcando al contempo le sopracciglia. « Va bene, come vuoi tu. » E per tutta risposta, quasi a voler dire l'ultima, recupera il portapenne di forma cilindrica da dentro il proprio zaino e lo ripone lungo la linea disegnata da Louis, aggiungendo una barriera materiale a quella separazione. Confinato nell'ala sinistra del banco, riprende a sfogliare l'enciclopedia, di tanto in tanto lanciando qualche occhiata al banco davanti, dove siede Otis, per accertarsi che l'amico stia assistendo a quel teatrino ridicolo, così da poterne spettegolare insieme più tardi. « Dai, veloce che non ho tutto il giorno...Mezzo che mi piacerebbe anche anticiparmi i compiti se potessi velocizzarti con quelle dita... » Inarca un sopracciglio, volgendo lo sguardo verso il Corvonero. No, ma seriamente? « a meno che tu non voglia addormentarti anche sul libro così come ti sei addormentato sul cellulare dopo aver visualizzato i miei messaggi! Just to say. Nessun rancore. » Le dita sottili sfogliano altre due pagine, prima di bloccarsi completamente, gli occhi nocciola puntati in quelli verdi di Louis. Sbuffa in una risata leggera, colma di fastidio ed esasperazione. « Faccio tutto quanto io, guarda » pronuncia, secco, allungandosi oltre il confine per sfilargli foglio e penna, e trasferire tutto il materiale nel proprio territorio. « Tu fai quel che devi, non vorrei mai rubarti del tempo prezioso. Lo so che sei una persona piena di impegni. »
    Annuisce, serio, e mantenendo sempre un tono calmo, prima di abbassare di nuovo il capo e rivolgere lo sguardo sul foglio, sul quale comincia a scribacchiare frasi senza senso che ricopia dal manuale. Ma avevo preso la pagina giusta, poi? Scrive un paio di frasi, in fretta e furia, sentendo la guancia bruciare per l'intensità dello sguardo del compagno. È fiero di sé, però. Bravo Emi, non ti sei lasciato andare. Diplomatico e indifferente, complimenti. Ma poi succede qualcosa: un sospiro alla propria destra, un movimento d'aria, non sa esattamente cosa, e il giovane Carrow sembra perdere tutta la propria forza d'animo. Di scatto, si volta verso il Corvonero e lo fulmina con gli occhi scuri. « ...Sei così impegnato con mille altre cose che non ti sei nemmeno degnato di parlarmi - per una settimana intera! O forse anche tu sei andato in letargo per tutto questo tempo, come sul treno? Mh? » Inarca un sopracciglio, mentre il pollice e l'indice, nervosi, fanno roteare la penna in modo ossessivo. « Ma non ti preoccupare. Non c'è bisogno di un annuncio ufficiale: ormai lo sanno tutti, a scuola, che ti sei fatto un paio di amici nuovi. » E forse qualcuno è anche più di un amico, non è vero? « Quindi va benissimo così. » E dicendo ciò, furioso, tira fuori dallo zaino il proprio Erbario, manuale assai spesso, e lo ripone sul banco in mezzo a loro, in equilibrio sul dorso, in modo che possa fungere da effettivo separè tra sé ed il compagno. Eri a tanto così, Emi. A tanto così.
     
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    « Faccio tutto quanto io, guarda» Ma allora sei proprio Troll con la T maiuscola. Quando Emi mi sfilò foglio e penna dalle dita io strabuzzai semplicemente gli occhi, alzando le mani verso di lui come a dire: vedete com'è matto? Sta facendo tutto da solo! Soffocando una risata palesemente sarcastica - 100% grossolana perchè non ero affatto bravo col sarcasmo -, successivamente affondai con le spalle contro lo schienale della sedia, stendendo le gambe sotto al tavolo ed incrociando le braccia al petto. « Non aspettavo altro, bello avere un elfo col cravattino di tassorosso! » Seppur Emi fosse riuscito a mantenere la calma, e questo era palese a tutti, io nella mia testa stavo affrontando una discussione nella quale per forza di cose dovevo avere la meglio, quindi al tono pacato di Emi rispondevo con una nota leggermente più stridula e piccata. « Tu fai quel che devi, non vorrei mai rubarti del tempo prezioso. Lo so che sei una persona piena di impegni. » Seppur fossi già pronto a controbattere a quella provocazione, non risposi, contraendo il mento e mettendo su un'espressione supponente che andò a rincorrere i colori ancora estivi che dipingevano il panorama fuori dalle finestre dell'aula. Se avessi risposto sarei stato piuttosto scurrile, parecchio scurrile, ma volevo evitare di avere una reazione troppo esagerata davanti alla sua indifferenza. Karma ti ha insegnato a fare yoga mentale, Louis. Fai yoga mentale, la mente è la tua palestra. OOOHHMMM. Scomposto sulla sedia, con la camicia ormai sgualcita ed il maglione mezzo alzato - colpa del fatto che fossi scivolato contro la schienale della sedia come una sardina lanciata giusto dalla cattedra - , alla fine riuscii a permearmi dell'imperturbabilità necessaria a reggere il gioco di Emi. Tu mi ignori? Io ti ignoro. Perf. Inclinai leggermente il capo, osservando ciò che stava scrivendo sul foglio. Mi allungai leggermente. Ma lo sa che sta facendo un sacco di errori grammaticali? Ma quella è una A o una O? Emi, 'cazzo stai scrivendo? Quando stavo giusto per dirgli che un compito del genere non l'avrei consegnato manco per tutto l'oro della Gringott, carico a pallettoni e già con l'indice alzato, ecco che Emile si volta di scatto e mi rifila uno sguardo pregno di... qualcosa. Qualcosa che non riesco a decifrare ma c'è. Sta lì, avvinghiato alla sua espressione sdegnata. Quell'occhiata mi ustionò letteralmente la pelle. « ...Sei così impegnato con mille altre cose che non ti sei nemmeno degnato di parlarmi - per una settimana intera! O forse anche tu sei andato in letargo per tutto questo tempo, come sul treno? Mh? » Lasciai guizzare gli occhi da una parte all'altra, drizzando appena la schiena. Parla con me? « Quindi adesso la colpa sarebbe mia? Perchè IO non volevo parlarti? Forse non sei l'unico che si fa girare il culo nel mondo, che dici? » Okè, iniziamo a dare spettacolo. Seppur l'ultima delle cose che volessi fare fosse alzare questa questione, e seppur le occhiate di emi mi stessero trucidando, sentivo il bisogno di sfogarmi. Di dire la mia, di fargli sapere che ehy, ci sono stato male anche io. Gli volevo strappare la penna dalle mani e ficcargliela nel naso. « Ma non ti preoccupare. Non c'è bisogno di un annuncio ufficiale: ormai lo sanno tutti, a scuola, che ti sei fatto un paio di amici nuovi. » Ed ecco che nel mio immenso ed incontrollato pensare mi bloccai a guardarlo. A guardarlo sul serio, forse anche un po' ferito. Non avevo raccontato ancora a nessuno cosa fosse accaduto al rave - a parte qualcosa di molto confuso a Nessie -, e diciamo che un po' mi vergognavo. Non tanto per quello che era successo, ma più per il modo in cui avevo reagito che, forse, aveva dato a tutto una piega molto weird. Avrei voluto raccontargli di Alice, avrei voluto raccontargli delle altre mille sensazioni che avevo provato con gli altri. E poi c'era Domiziana, che probabilmente era il motivo principale per il quale tutta questa luuungaaaa catena di confessioni si era bloccata sul nascere. Messaggi visualizzati e senza risposta a parte. L'Erbario si frappose con prepotenza fra di noi non appena Emi lo trascinò fuori dallo zaino e lo portò sulla linea di confine, a spezzare l'unico contatto visivo che avevamo. Io mi sentivo solamente rosso. Rosso di rabbia, forse con un misto d'imbarazzo ed una goccia di disagio. Giusto per non farmi mancare proprio niente. Due deficienti: stavamo davvero litigando per niente? In silenzio, a mandibola serrata, il mio sguardo corse sul profilo perfetto del tasso, scese sulle labbra e risalì verso le ciocche scompigliate, dentro le quali si perse. Lo sapeva Emil che da arrabbiato gli si formavano due fossette perfette proprio al centro delle guance? Che sul dorso del naso, proprio tra le sopracciglia, gli si disegnava una buffa crespa che lo faceva tanto assomigliare ad un cartone animato? No, probabile non lo sapesse, perchè fui sempre io, pochi anni più tardi, a rivelarglielo per la prima volta. « Merlino quanto sei scemo! » glielo dissi di cuore, di getto. Proprio piegando il capo e portando fuori una mano: mo' te l'ho proprio detto. « Senti, facciamo che non me ne frega assolutamente niente di quello che pensi e ci togliamo di mezzo questa fottutissima cosa schifosa di storia? Così almeno non hai più bisogno di vedermi almeno fino alla prossima ora.
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    Tregua. Altrimenti non andiamo da nessuna parte. L'ultima cosa che volevo era beccarmi un richiamo ad inizio anno... e poi non volevo fare di quella cosa un affare di stato. Ci guardavano tutti. Lo stesso Otis si era girato a fissarci, facendo sssshhh di tanto in tanto. Determinato, alla fine, mi avventai sul tomo che aveva posizionato in equilibrio, toccandogli la mano per cercare di scollargli le dita dalla copertina. In un battito di ciglia raggelai. Mi passò davanti agli occhi un flash rapido, bruciato come una vecchia pellicola di fotografie. Un'immagine che mi infiammò il petto: un letto, una bajour sui toni dell'arancio forse perchè accesa, due corpi stesi ed il suono ovattato di una risata cristallina. Una risata femminile. Poi un poster sul muro, un poster che già avevo visto da qualche altra parte. Confusa, la mente iniziò a galoppare mentre tiravo indietro la mano, non più tanto interessato a voler portare a termine il compito di storia. In realtà non più molto interessato a restare in quell'aula in generale. Non sapevo esattamente cosa avevo visto, ma sapevo di averlo visto. « Figo pretendere che qualcuno ti parli quando tu sei il primo a ...» non farlo? « Paciock, Carrow! Fuori dall'aula subito, vi si sente battibeccare dal corridoio. Adesso! » Nemmeno avevo fatto caso che una ragazza di grifondoro fosse uscita per andarsi a lamentare dal professore del troppo chiasso. Lo aveva riportato in classe. « Perfetto, bella mossa Em. » Sussurrai alla fine, strattonando via lo zaino per uscire dalla classe.
    La camera di Maddison in Francia, ecco dove avevo già visto quel poster.
    Ma era solo un sensazione.
     
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    « Quindi adesso la colpa sarebbe mia? Perchè IO non volevo parlarti? Forse non sei l'unico che si fa girare il culo nel mondo, che dici? » Le parole infervorate di Louis ed il suo tono di voce più alto di un'ottava rendono evidente una cosa: la situazione sta per prendere esattamente la piega che Émile avrebbe voluto evitare dall'inizio. Non perché volesse rifuggire dal confronto con il compagno, bensì perché in cuor suo si augurava che il proprio atteggiamento passivo aggressivo portasse ad una risoluzione - o, meglio, alle scuse di Louis. Speranza vana, probabilmente, ma di cui si era convinto con certezza, almeno per dieci minuti, prima di scoppiare completamente. Sentendolo replicare con altrettanta veemenza, Émile scuote il capo con decisione e sbuffa, come a voler dire: ma guarda tu se adesso devo pure sprecare il mio tempo con queste discussioni! « Merlino quanto sei scemo! Senti, facciamo che non me ne frega assolutamente niente di quello che pensi e ci togliamo di mezzo questa fottutissima cosa schifosa di storia? Così almeno non hai più bisogno di vedermi almeno fino alla prossima ora. » Lo fulmina con lo sguardo, Emi, questa volta sinceramente ferito, e incapace di nascondere le proprie emozioni. Se non te ne frega assolutamente niente di quello che penso, non te ne frega assolutamente niente di me. È così? L'espressione si ammorbidisce per un breve istante, prima di riacquisire la furia iniziale. « Quello scemo qui dentro sei tu, invece! » ribatte, senza riuscire a trattenersi. Alza gli occhi al cielo, con fare plateale, sotto lo sguardo a tratti infastidito, a tratti curioso, del resto della classe. « Proprio non ce la fai ad affrontare le questioni in maniera matura, non è vero? » Ironico come proprio Émile, che fino ad un istante prima era risoluto a far pagare a Louis i propri peccati con il trattamento del silenzio, adesso abbia voglia di ergersi a paladino di maturità e saggezza. Eppure in qualche modo si sente davvero maturo e superiore, nel suo zittirsi di colpo e concentrare lo sguardo unicamente sui libri, nello sforzo di non far più caso al ragazzo al proprio fianco. Come un soldatino ligio al dovere, ricomincia a scrivere con solerzia su quel foglio scarabocchiato, risoluto a non dar più sazio al Corvonero. « Figo pretendere che qualcuno ti parli quando tu sei il primo a ... » Oddio, e ora che cosa vuoi? Non avevi mica detto di finire il compito? Ma non fa in tempo a completare quel pensiero, né Louis è in grado di finire la frase, che la porta dell'aula si spalanca per rivelare il loro prof, paonazzo in volto. « Paciock, Carrow! Fuori dall'aula subito, vi si sente battibeccare dal corridoio. Adesso! » « Perfetto, bella mossa Em. » Il tassorosso segue i movimenti del compagno con un moto d'ira nello sguardo, prima di iniziare a infilare furiosamente i propri averi nello zaino. « Ci scusi, prof » pronuncia una volta raggiunta la cattedra, chinando leggermente il capo. L'Émile dell'anno precedente avrebbe aggiunto dell'altro, sottolineando quanto non fosse lui il fautore di quel diverbio, e che era stato il compagno ad iniziare: ma forse un briciolo di quella maturità tanto agognata in quell'estate l'ha conquistata davvero, e dunque si allontana dall'aula a testa bassa, senza proferir parola.
    Ma una volta fuori, chiusa la porta dell'aula alle proprie spalle, qualunque segno di pacatezza e diplomazia sembra svanire dalla sua espressione. Con lo zaino che gli pende da una sola spalla ed il mantello scuro infilato a metà, comincia a marciare a passo sostenuto verso le scale - andando a far sbattere casualmente la propria spalla contro quella di Louis, poco più avanti. « Complimenti, eh! » Ancora una volta non si trattiene. Stava cercando di raggiungere le scale e
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    allontanarsi il più possibile da lì, ma non appena lo sorpassa non può fare a meno di voltarsi, per puntargli il dito contro. Louis sembra arrabbiato almeno tanto quanto lui: ha la fronte corrugata e lo sguardo profondo più adombrato del solito, e le spalle rigide. Oh, ma a me non fai mica paura, sai? « Neanche una settimana dall'inizio della scuola e ci hanno già buttati fuori dall'aula! E per colpa tua! Non eravate voi Corvonero quelli tutti cìcìcì gnegne che ci tengono tanto alla scuola, le regole e ai punti? » Incrocia le braccia al petto, con fare perentorio, ma la sua mossa risulta molto meno minacciosa rispetto al suo intento, perché nel farlo la spallina dello zaino gli scivola lungo il braccio. Lo zaino gli penzola miseramente dal gomito per qualche istante, ed il ragazzo sbuffa, nel tentativo di risistemarselo sulla spalla e di darsi un contegno. « Uffa! Lo sai che sei veramente pesante quando fai così, Lou? È vero, io non ti ho risposto la sera del rave, ma non mica è la fine del mondo! Ero già abbastanza dispiaciuto di essermi perso la serata, e lo sai benissimo quanto volevo venirci. Non mi andava di stare ad ascoltare audio in cui mi raccontavi quanto ti stessi divertendo, mentre io ero a casa coi videogiochi. » Si stringe nelle spalle, come a voler dire: che male c'è, se ho fatto così? « Così sono andato a letto presto per non pensarci più. Ma comunque visualizzare dei messaggi non è minimamente paragonabile a evitare una persona per giornate intere. Perché tu mi hai evitato, Lou, e io ho tutto il diritto di essere arrabbiato con te. Per non parlare di quello stupido articolo su mia sorella che avete fatto uscire, tu, Otis e quell'altra! Ecco, sono arrabbiato pure per quella cosa lì. » Annuisce, con convinzione, e sostiene il suo sguardo, mentre mentalmente cerca di ricordarsi se esistano altre motivazioni valide a sostegno della sua tesi. Ah! E poi oggi non mi hai nemmeno visualizzato le stories di Wiztagram. Ma forse questo è un po' troppo.
     
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    Complimenti Louis, davvero complimenti! Non riuscivo a dirmi altro mentre scuotevo il folto casco di ricci, avanzando fuori dall'aula a passo sempre meno convinto. Osservavo le dita della mano destra come avessi appena scoperto fossero capaci di muoversi, aprirsi e chiudersi come le cerniere arrugginite di una vecchia porta cigolante. Sentivo ancora bruciare i polpastrelli per l'intensità di ciò che avevo provato; la cosa sorprendente era che sembrava avessero perso qualsiasi sensibilità ma, contemporaneamente, ardevano come tozzetti di legna gettati nel fuoco. Formicolavano. Mi chiedevo cosa mi fosse saltato in mente quando avevo sfiorato la mano di Emil e, soprattutto, cercavo di trattenere nella testa quello che mi era passato davanti agli occhi. Non era affatto facile visto che le immagini iniziavano a sbiadire contro la mia effettiva volontà, incominciando ad insinuare in me il verme sulla loro effettiva autenticità. Adesso inizi ad immaginarti le cose? Benissimo! Forse era arrivato il momento di far visita ad un bravo psicanalista, non essendo stata quella la prima volta in cui mi lasciavo travolgere da nemmeno io sapevo cosa. Un turbinio di sensazioni si era letteralmente seduto sul mio petto come un gatto pigro ed obeso, comprimendomi del tutto la gabbia toracica. Non sapevo dirmi se dovessi fermarmi ad un angolino ad attendere Emi o dovessi semplicemente proseguire come un qualsiasi grande uomo di polso - irremovibile e virile - avrebbe fatto. No, lo so, la seconda versione non mi si addiceva affatto, però avevamo appena avuto una discussione e caspita io volevo davvero sembrare assolutamente convinto di avere ragione. Di avere giustificazioni validissime a supporto delle mie azioni. Sì, non devi assolutamente esitare Lou! Fatto sta che, benchè avessi scelto d'intraprendere la strada dell'intransigenza, alla fine la mia troppa esitazione aveva ridotto all'osso il vantaggio che avevo sul tasso che, beh, riuscì a raggiungermi e a darmi anche una spallata. UNA SPALLATA, CAPITE? UNA SPALLATA A ME! Tutta la mia virilità di uomo irremovibile mi abbandonò nell'esatto istante in cui barcollai pur di tenermi in equilibrio. « Complimenti, eh! » - « ..COmPLimEntI eH!? » mugugnai di rimando, tirando un po' fuori la lingua ed arricciando le narici. Roteai gli occhi quando mi ritrovai a faccia a faccia con lui, con un dito puntato contro. Sembrava furioso, così furioso che l'unica cosa che mi venne in mente di fare fu quella di usare una tipica provocazione alla Peter Paciock. Grandissimo maestro di provocazioni, il migliore su piazza! « Uoh, uoooh, hai per caso intenzione di ficcarmi qualche pipirilla su per il naso? » Perchè, cuò, aspetta prima di sapere cos'è successo con Domiziana, perchè se mi dovessi bullizzare per così poco figurati dopo aver saputo dell'albero. Come minimo mi sottereresti nelle serre di erbologia! Ah già, perchè c'era anche questo, l'affare dello scherzo fatto a Domiziana e le cinque dita che ancora si intravedevano stampate sulla mia guancia destra. « Neanche una settimana dall'inizio della scuola e ci hanno già buttati fuori dall'aula! E per colpa tua! Non eravate voi Corvonero quelli tutti cìcìcì gnegne che ci tengono tanto alla scuola, le regole e ai punti? » Deglutii. Effettivamente era così, io tenevo a tutto quello che Emi aveva appena elencato e nel medesimo ordine. Ma fortunatamente il non volergli dare alcuna soddisfazione fu più forte dell'orticaria che iniziò ad invadermi il corpo sotto la divisa scolastica. Come avrebbe inciso questa cosa sulla vita? Forse mia madre aveva ragione: stavo iniziando a diventare un teppista ed ero sulla buona strada per concludere la mia miserabile esistenza in una cella ad Azkaban! « ...Primo, non sminuire la cosa come se fosse da sfigati tenere alla scuola; secondo: certo che ci tengo a differenza tua! Perchè magari voglio diventare...che ne so, MINISTRO DELLA MAGIA DA GRANDE! » no, non alzare la voce, nonalzarelavoce « ...Non si è mai sentito di un ministro della magia cacciato dall'aula. » Mi strinsi fra le spalle, perdendo per strada un po' di verve. Nemmeno ricordavo più da cosa fosse iniziato tutto, e nemmeno il motivo per cui adesso fissavo insistentemente Emil senza nemmeno esserne davvero cosciente: lo scrutavo dall'alto al basso. Mi veniva da ridere, quello zaino a penzoloni dal gomito non si poteva proprio guardare dato che rovinava tutta la sua serietà. « Uffa! Lo sai che sei veramente pesante quando fai così, Lou? È vero, io non ti ho risposto la sera del rave, ma non mica è la fine del mondo! Ero già abbastanza dispiaciuto di essermi perso la serata, e lo sai benissimo quanto volevo venirci. Non mi andava di stare ad ascoltare audio in cui mi raccontavi quanto ti stessi divertendo, mentre io ero a casa coi videogiochi. » Ero diviso tra il sospirare perchè comprendevo il suo punto di vista ed il dare di matto perchè quella parte del "non mi andava di stare ad ascoltare audio in cui mi raccontavi quanto ti stessi divertendo" suonava alquanto menefreghista. E se magari stavo morendo ed avevo semplicemente bisogno di una mano? E se magari avevo semplicemente voglia di sentirti e non di
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    vantarmi?
    Benchè ci fossero tanti se e tanti ma, alla fine convenni anch'io che mi sarei comportato nello stesso modo al posto suo. Quindi cosa gli stavo recriminando esattamente? Mi ero comportato da vero stronzo per un sacco di giorni senza una ragione, e soprattutto facendo finta di ignorare l'altra faccia della moneta: Domiziana. « Così sono andato a letto presto per non pensarci più. Ma comunque visualizzare dei messaggi non è minimamente paragonabile a evitare una persona per giornate intere. Perché tu mi hai evitato, Lou, e io ho tutto il diritto di essere arrabbiato con te. Per non parlare di quello stupido articolo su mia sorella che avete fatto uscire, tu, Otis e quell'altra! Ecco, sono arrabbiato pure per quella cosa lì. » Quindi, ricapitolando, quali erano i crimini a mio carico? Essermi incazzato dal nulla perchè Emi non aveva risposto ai mex; avergli dato buca sul treno benchè gli avessi promesso di condividere il vagone con lui per tutto il viaggio; aver ignorato i suoi saluti da lontano facendo finta di non vederlo; averlo pugnalato alle spalle per aver rivelato il nostro segreto; aver appoggiato l'articolo di giornale scritto da Rue; averlo fatto cacciare dall'aula perchè ho dato a cazzo di matto per non so nemmeno io cosa. Forse era arrivato il momento di ammettere i miei sbagli, perchè il suo, messo a confronto con i miei, era davvero una caccola in un oceano. Non avevo idea da dove iniziare mentre l'espressione sul mio volto mutava lentamente: dall'arrabbiato all'avvilito. « Okei, parliamo da persone civili. » Mugugnai dopo qualche istante di riflessione, poggiandogli una mano sulla spalla quasi ad invitarlo a sedersi sui gradini delle scale, assieme a me « L'altra sera è stata un disastro, sono successe un sacco di cose e volevo semplicemente parlarne con te » Merlino com'è complicato vuotare il sacco « ...perchè di te mi fido, come immagino tu ti fidavi di me. E parlo al passato perchè ho fatto una cosa terribile » E me ne pento una cifra! « ...Sì che te lo dico, però, cioè, promettimi di non metterti ad urlare e non picchiami perchè tanto già ci ha pensato quella pazza furiosa di Domizia - hai già capito, vero? Emi avevo bevuto, e poi ero un sacco scosso perchè Mortimer mi ha baciato! E non Mortimer sorella ma Mortimer Friday. E poi subito dopo anche Theo e Shai...e Alice. E Alice si è incazzata perchè io ero incazzato per aver fatto diventare una barzelletta il mio primo bacio quando invece lei mi ha sbottato contro che "per me non è uno scherzo, mi piaci davvero!". Ma io non ho voluto sentire ragioni perchè mi veniva da vomitare e sono corso in bagno, però ho sbagliato bagno e mi sono ficcato in quello delle donne. Sai chi c'erano al bagno? Domiziana e Max che limonavano! E non so perchè ma quando ho visto Domi ho sentito il bisogno di dirle tutto, e l'ho fatto senza dirmi di stare zitto, così lei mi ha tirato una sberla che l'hanno sentita fino ad Inverness e mi ha detto di sparire perchè sennò mi avrebbe appeso al muro, o qualcosa del genere. » Solo alla fine mi resi conto di aver straparlato senza nemmeno fermarmi a riprendere fiato, e sembrava che,solamente dopo quella confessione, fossi riuscito a ricostruire completamente la serata senza buchi di alcun tipo, a giorni di distanza dall'accaduto. Improvvisamente appariva tutto più chiaro. «E' stato questo il motivo che mi ha spinto a scriverti. Tralasciando l'affare di Domiziana che è accaduto un sacco dopo, avevo bisogno di raccontarti quello che è successo perchè nemmeno io sono riuscito a capire che cazzo è successo, e se dovessi cogliere solo l'ironia della cosa o si trattasse di un affare molto più serio. » avevo le guance in fiamme, il volto paonazzo, le mani forse sudate. « ...ancora non l'ho capito in realtà. Mi sento confuso, sono giorni che la cosa mi divora e che, tra l'altro, Domiziana mi pesa sulla coscienza....E figurati che sei la prima persona con cui parlo di questo perchè, lo so che noi non siamo migliori amici perchè tu hai Otis, io Axel, ma il fatto è che sapevo che tu mi avresti capito senza giudicarmi. E poi, non so, abbiamo passato un sacco di tempo assieme e questo forse mi ha illuso di avere un rapporto da confessioni inconfessabili di ex caposcuola che facevano le ronde notture assieme » Solo alla fine puntai gli occhi nei suoi, passando lo zaino dalle spalle alle ginocchia per poggiarci i gomiti su « ...Non è colpa tua, me la sono presa perchè - non te lo nascondo - ma nella mia testa pensavo di aver creato con te quel rapporto da "per te ci sono anche se non sono dell'umore per parlarti", ma mi rendo conto che non è realistico nè appropriato per due semplici amici che hanno condiviso qualche ora della giornata assieme da tipo nemmeno un anno. Non è sufficiente, credo, addirittura per farsi confessioni simili o parlare di cose così delicate come...l-la» Non riuscivo a dirlo, così gesticolai per un po', prima, riflettendoci «...insomma, la sessualità. Però questo non c'entra con Domiziana, perchè seppur mi sia offeso per via dei miei film mentali ho cercato di nascondermi dietro il mio orgoglio ferito pur di non parlarti dell'affare dell'albero di natale. Quindi sono stato anche vigliacco, oltretutto.» Ed ora che esprimevo quel pensiero ad alta voce, la connotazione che il tutto stava assumendo era proprio quella che temevo di più: non aveva senso, ma una parte di me sperava che Em potesse capirmi. Almeno un pochino. « Mi dispiace. »
     
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