Waters of Rejuvenation

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    Non sapeva esattamente come avesse fatto a resistere fino a Giugno, fino a che l'ultimo studente non avesse consegnato l'elaborato valido per un G.U.F.O. in Difesa contro le arti oscure. Non era stato un anno facile per Holden Morgenstern e paradossalmente l'avevano potuto notare tutti dalla lassità con cui aveva trattato i suoi studenti nell'ultimo semestre. Con le dovute precisazioni: "lassità" nell'universo di Holden Morgenstern significava almeno due interrogazioni mensili a testa anziché quattro, almeno un saggio a settimana e niente più esercitazioni pratiche di fronte a bestie spaventose. I suoi studenti non sarebbero diventati dei guerrieri, con gran gioia dei genitori. Montava però, nel giovane professore, la consapevolezza di come stesse cambiando e non in maniera fisiologica: una forza esterna ne aveva dirottato spesso pensieri e decisioni, rendendolo più incline a voltare la testa dall'altra parte in moltissime occasioni della vita. Questa semplice riflessione aveva scatenato una reazione a catena sul profondo senso di chi Holden Morgenstern fosse, quale ruolo avesse all'interno della società e se ciò che aveva ottenuto nel tempo fosse realmente meritato. Sono davvero io che penso ciò che penso Mi sto davvero disinteressando? L'estate gli era sembrava un'occasione perfetta per riporre in un borsone i suoi pochi averi indispensabili e avvisare la sorella e il nonno della partenza imminente. Proprio ai cancelli della città, Holden e Beatrice si erano abbracciati, senza sapere neppure quando si sarebbero rivisti. Il fratello maggiore aveva deciso di lasciare a casa quel cellulare che di fatto non usava neanche tanto e si era immerso completamente nel proprio peregrinare. Di tanto in tanto, arrivavano ad Inverness delle lettere brevi e concise che parlavano di un viaggio, più dello spirito che del corpo, verso l'estremo oriente dove già un giovane Holden aveva avuto modo di recarsi per questioni di caccia. Un grande falco le recava alla finestra di Beatrice o Sebastian; rimaneva per un giorno o due e si rimetteva in volo per chissà dove. "Sto bene. Ho finalmente chiara la mia meta, vado a oriente. Vi chiedo di non scrivermi: se dovesse capitare un'emergenza tale che richieda la mia indispensabile presenza, usate questo falco, saprà dove recapitare il messaggio. Correrò da voi. Ave atque vale." Ma l'estate era passata tranquilla e senza emergenze. Holden Morgenstern non era tornato.

    1 Settembre 2020
    Primo pomeriggio


    Il sole era coperto da delle nuvole sottili e una brezza gentile, proveniente dal Mare del Nord, rinfrescava la città. Facilis descensus Averno. Due cacciatori stavano di guardia ai cancelli principali quando questi si aprirono, rivelando una figura alta e ben piazzata. Era avvolta da quello che sembrava un mantello da viaggio ma di foggia orientale e con colori molto diversi dal nero tanto amato nella Città Santa; sulla spalla destra, stava ben accovacciato un grande falco dallo sguardo austero. Le guardie imbracciarono immediatamente le lance. Solo un cacciatore avrebbe potuto attivare i sistemi di sicurezza della Città Santa ma, dopo lo scorso Ottobre, dopo i sin eater crocifissi in pubblica piazza, il seme del dubbio aveva iniziato lentamente a diffondersi soprattutto tra le generazioni più giovani. « Halt! » « Rivelatevi, viaggiatore. » Erano mesi che non riceveva un benvenuto così caloroso, la sua parte più masochista si sentì immediatamente a casa. « E se io mi rifiutassi? » rispose, con una punta di malizia che inevitabilmente era nata dalla propria esperienza come professore. Gli veniva naturale oramai cercare di sondare il terreno alla ricerca di superficialità nella conoscenza. I cacciatori irrigidirono i muscoli delle braccia e puntarono l'arma. Primo, un ordine. Secondo, un avvertimento. Terzo.. « Se vi rifiutaste, ci troveremmo costretti a chiedervi perché.. » « ..e come un nemico della Matriarca abbia fatto ad aprire il Cancello. » Perché solo i nemici rimangono nascosti. Un braccio fuoriuscì dall'ampio bozzolo di tessuto; sull'avambraccio privo di indumenti era marchiato il simbolo del Credo. Con l'altro braccio, Holden si calò il cappuccio. « Sembra che non vi siate dimenticati il protocollo, molto bene. Riposo, soldati. » Le due giovani guardie piantarono con uno scatto fulmineo l'asta delle lunghe lance sui sanpietrini. « Capitano.. » « ...Morgenstern! » Loro, come molti altri nel Consiglio di Guerra, erano rimasti spiazzati dall'improvvisa partenza del Capitano dalla città, senza neanche un piccolo avvertimento. Era stato demandato a nonno Sebastian il compito di riorganizzare temporaneamente i compiti. Holden rimase a parlare coi due giovani per qualche minuto. Non era accaduto nulla di realmente rilevante in città, salvo qualche settimana di clima torrido che aveva costretto i contadini a correre ai ripari. Nessun morto, è ciò che mi interessa. « E la Matriarca? » Istintivamente volse lo sguardo a sinistra, lungo il grande viale che collegava in linea d'aria i cancelli con l'imponente magione al centro della città. « E' tornata stamane! » « E' stata a lungo via questa estate. » Annuì. L'estate precedente l'aveva passata negli Stati Uniti in compagnia di Malia Stone. Dove se n'era andata quest'anno? Povero nonno. Lo santificheremo, un giorno.
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    Dopo un altro breve scambio di battute, Holden si congedò dai due ragazzi, che ripresero picchetto di fronte al cancello nuovamente chiuso. A passo lento e misurato, prese a marciare verso la piazza centrale, lasciandosi inondare dai profumi e dai rumori di quella città che un tempo aveva temuto e che aveva saputo diventare casa. Lo stesso poteva dire per l'immenso castello che troneggiava su Inverness. A lungo era stato il punto da cui partiva l'odio di Richard Morgenstern nei suoi confronti - o la vergogna - ed oggi poteva dirsi fortunato nel provare un senso di tranquillità, nel varcare l'enorme portone della villa. Oltre di esso, un silenzio tombale. Erano lontani i giorni in cui avevano ospitato una quantità assurda di persone che fuggivano dagli orrori della Loggia; per questi e per lo stato di necessità, aveva chiuso un occhio. Ripensandoci ora, gli sembravano giorni lontani. Perfino quel profondo senso di intolleranza, che per tanto tempo aveva rappresentato un peso, in un certo qual modo si era alleggerito. « C'è nessuno? » Fece cadere il pesante borsone a terra; il falco si guardava intorno circospetto. « Sono a casa! » Di certo non sembrava esserci nessuno al piano inferiore e farsi sentire fino alla cima della casa risultava talvolta una vera impresa; altrettanto certo era il non poter girare a vuoto per la mastodontica abitazione, la sorella e il nonno sarebbero potuti essere ovunque. La soluzione più semplice gli parve recuperare il cellulare che aveva lasciato in un cassetto della grande scrivania del proprio studio, al piano superiore. Tutto, nello studio come nel resto della casa, sembrava identico a come lo aveva lasciato. La prima modifica arrivò proprio da Holden, che decise di trasfigurare una piccola statuetta in un grande traliccio di legno, su cui il falco andò a posarsi. Libero dalla stretta degli artigli del rapace, recuperò il telefono cellulare che non aveva mai saputo usare bene, figurarsi dopo una pausa di due mesi dalla civiltà! Con un po' di fatica e tanta pazienza, lo accese e recuperò l'applicazione che Tris usava sempre per parlare con i suoi amici. Chiamata? ..no.. Videochiamata. Ok. « Mi.. vedi? Sì? Buongiorno! » Inarcò le sopracciglia di fronte ad una Beatrice che non sembrava freschissima, all'altro capo dello schermo. « Tutto bene? » Ho colto la Matriarca di Inverness proprio in un pisolino pomeridiano? Non aveva idea di ciò che era accaduto a Londra, la notte scorsa. Molto lentamente, allungò il braccio per allargare la prospettiva e iniziò a camminare per lo studio, prima di uscire dalla porta a doppio battente e prendere il corridoio, diretto alle scale. « Lo sai che non sono pratico di questa.. cosa. Ma mi trovo in un posto davvero bello e volevo lo vedessi. » Scese velocemente le scale, passò oltre la sala da pranzo ed entrò in cucina. Tutto così stupidamente grande, tutto così poco orientale. Casa.
     
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    Il migliore guaritore di Inverness era stato svegliato in fretta e furia all'alba. Tris gli aveva chiesto di trovare qualcuno che si occupasse anche degli altri. E' vero che nessuno ha riportato ferite gravi, ma non ci è chiaro se queste ferite si comportano come tutte le altre ferite. Erano tornati a un punto morto; se le avessero chiesto cosa di preciso era successa la notte prima, non avrebbe saputo spiegarlo a parole. Non parole esplicite quanto meno. Dopo essere rimasta quindi per parecchio stesa al letto a denti stretti, reduce dagli effetti del Ossofast, alla fine si era addormentata, troppo esausta per far conto al sole ormai alto nel cielo e il cinguettio degli uccellini. Aveva adagiato la testa contro la spalla di Percy e lì si era addormentata, nascosta sotto una coltre di coperte calde, al sicuro nella propria dimora. Realizzare di essere sopravvissuta a una delle peggiori esperienze della sua esistenza non era stato affatto facile. Forse non lo aveva affatto realizzato. In fondo, poteva essere davvero morta e non essersene mai accorta. Come spiegare poi cosa aveva visto? Non si spiega. Ecco qual era l'amara verità. Come spiegare di aver combattuto al fianco della madre? Di aver visto soldati caduti durante il periodo dell'Upside Down, affiancarla nelle loro armature incorporee, pronti a scagliarsi contro l'ignobile sconosciuto grigio di una Loggia più forte che mai. Non si spiega. Poteva essere solo un sogno; eppure la ferita sul fianco e il profondo morso sulla schiena, erano tutto fuorché parte integrante di un incubo. La parte bella degli incubi, e che prima o poi finiscono. Per quanto bui, prima o poi ci si risveglia sotto calde coperte dall'aspetto soffice. Ma quando Tris si svegliò, molte ore dopo, indolenzita e decisamente più intontita di quanto fosse mai stata, capì che la sera prima non era stato un incubo. Come erano passati lei e Percy dal ci fermiamo per un'ora alla fatidica impresa di lottare per la propria vita? Non si spiega. Si rigira nel letto diverse volte, smossa ancora una volta da ossa ancora in via di guarigione, e una sensazione di fredda che le striscia nelle ossa nonostante il caminetto acceso. Potrebbero esserci cinquanta gradi nelle sue stanze, e lei avrebbe comunque freddo. Non è un freddo naturale; se l'è portata appresso da lì dentro. E' la vibrazione del cellulare a obbligarla a mettersi a sedere. Apre prima un occhio e poi l'altro, passandosi una mano tra i capelli ancora umidicci dopo il bagno di quella mattina. « Cazzo.. che ore sono.. » Mormora ancora, mentre afferra il cellulare osservando la chiamata di Holden. Avverte Percy rigirarsi nel letto al suo fianco, e scosta le coperte quanto basta per scendere dal letto. « Resta al letto. E' solo Holden. Ora vedo cosa vuole. » Indossa in fretta e furia un maglione pesante e si dirige verso il terrazzo uscendo fuori per permettere al giovane Watson di continuare a dormire. Almeno per un po'. Fuori, la frescura del pomeriggio delle Highlands la investe violentemente, obbligandola a stringersi nelle spalle ancora di più. Perché cazzo fa così freddo? « Ehi! » La voce rauca mentre si porta il telefono di fronte al viso. Dall'altra parte il volto di un Holden Morgenstern fresco come una rosa, a differenza della sorella le cui pesanti occhiaie fanno da protagoniste nella stretta inquadratura della faccia gonfia di sonno. « Mi.. vedi? Sì? Buongiorno! » Holden e le videochiamate. Tutta la situazione riesce a strapparle un leggero sorriso, seppure la smorfia di dolore che fa tradisce il suo stato. « Tutto bene? » « Fresca come una rosa, che non mi vedi? Tu come stai? » Il sarcasmo nella voce di lei è così prepotente che sente di doversi schiarire la voce e scuotere la testa per smorzare l'imbarazzo del momento. « Ho avuto una serata di merda. » Lo informa, per tentare di contestualizzare il suo stato decisamente deplorevole. Non si sente di aggiungere altro. A cosa servirebbe poi, considerando che è lontano da Inverness. Lo farei solo preoccupare. Eppure.. eppure, forse è giusto preoccuparsi. Forse è giusto che tu sappia. Hai sentito anche tu qualcosa ieri sera? E' questo il motivo per cui mi hai chiamato? Allo stato attuale delle cose, Tris non si sentiva di escludere più niente. Qualunque cosa sapesse e conoscesse, era semplicemente scomparso, e ora, al posto delle poche certezze che si era creata mentalmente in un castello di carte grondante di consapevoli menzogne, restava solo una vallata di incertezze. « Lo sai che non sono pratico di questa.. cosa. Ma mi trovo in un posto davvero bello e volevo lo vedessi. » La mora assottigliò lo sguardo, avvicinando il volto allo schermo quanto necessario per accertarsi di osservare attentamente quanto il fratello le stava mostrando. Non le ci volle più di qualche istante per riconoscere la scalinata principale di casa loro, poi il lungo corridoio che portava alla sala da pranzo e infine le cucine. Il vero focolaio della casa - almeno secondo Tris. Sgranò di colpo gli occhi restando per un istante in una fase di palese stupore. A quel punto si era abituata così tanto all'assenza del fratello, che le ci volle qualche istante per metabolizzare il fatto che si trovassero nuovamente sotto lo stesso tetto. « Sei qui? » Qui e ora; due grandezze quantitative che sembravano avere un senso meno permeabile dopo ieri sera. « Potevi chiamare! » Si passa una mano tra i capelli rivolgendo un sorriso sollevato allo schermo del cellulare, restando per un paio di secondi in silenzio, pensierosa, spenta. Poi sospirò e tentò di darsi un tono. « Ora scendo. Aspettami. » Pausa. « Accendi la macchina del caffé. »
    Coperta da un pesante maglione a collo alto, poco dopo, scende le scale dirigendosi verso la cucina. Ad ogni passo i muscoli indolenziti rendono i suoi movimento leggermente meccanici. Quando gli occhi della giovane Morgenstern incontrano finalmente quelli del fratello si ferma in prossimità del grande arco che separa l'ambiente dal resto della casa.
    Resta lì col braccio incastrato all'interno di un soffice tutor color antracite, i capelli ancora un po' scompigliati e l'aria sconvolta. Profonde occhiaie solcano il volto pallido di Tris. Una serie di graffietti che non aveva la sera prima, si estendono dalla mascella verso il basso sul collo. E' peggio di quanto sembri. Allo specchio nel bagno padronale, Tris ha avuto modo di osservare la propria pelle tumefatta lungo la schiena, e all'altezza dell'addome. Ha avuto giorni migliori, ma non molti sono stati quelli peggiori di quello in cui Holden Morgestern ha deciso di tornare a casa. Abbassa lo sguardo per qualche istante, colta dall'imbarazzo del suo stato; si sente in difficoltà e in colpa. Non è questo il modo in cui avrebbe voluto dargli il bentornato a casa. Gli è mancato. Senza di lui, quella casa non era la stessa, né Inverness sembrava girare alla stessa maniera. C'erano semplicemente cose, in cui Holden era molto più bravo di lei. Gestire le guardie, occuparsi di tipici problemi burocratici di cui nemmeno l'amministrazione della Città Santa poteva fare a meno. Holden sapeva dare il giusto peso a tante cose di cui Beatrice sapeva troppo poco, o a cui era troppo poco interessata. « 'Giorno! » Asserisce infine mentre annulla le distanze col fratello allungandosi quanto necessario per gettargli il braccio intero attorno al collo, salutandolo con un abbraccio su cui si sofferma più del dovuto. Posa la guancia contro la sua spalla e chiude gli occhi sospirando affondo. « Mi sei mancato. » Non sai neanche quanto. E' un filo di voce quello che fuoriesce dalle labbra di lei prima di sentire l'odore del caffè. Si sposta infine nell'ampio spazio della cucina fino alla credenza più prossima da cui estrae due tazze. Rabbrividisce nuovamente a contatto con la ceramica fredda, ma non si scompone e, riempite le due tazze fino all'orlo, offre una al moro, sedendosi al bancone, in attesa che lui faccia altrettanto. Sa di dovergli una spiegazione, ma sa anche che vorrebbe solo un momento in cui non pensare al peggio. « Stai.. meglio? » Gli chiede quindi trovandoselo di fianco. Sfiora appena il suo braccio come ad accertarsi ancora una volta che è davvero lì, che è davvero tornato. Dopo l'altra sera, sembra è un istinto involontario quello di stabilire cosa è reale e cosa non lo è. Nulla sembra più uguale. Non dopo aver realizzato che tutto è relativo. Di nuovo. « Mi dispiace di averti ricevuto in questa maniera. Stamattina io e Percy siamo tornati.. distrutti. Abbiamo avuto una serata movimentata. » Sgrana appena gli occhi e si porta la tazza di caffè alle labbra annuendo tra se e se. « Ieri notte abbiamo rischiato grosso. » Come te lo spiego. Come te lo dico. Non c'è un modo giusto per dirlo. Non c'è un momento adatto per farlo. Potrebbe aspettare e dargli il tempo di riambientarsi. Oppure potrebbe semplicemente dargli il peggior bentornato della storia. Per com'è fatto Holden tuttavia, sa che non gradirebbe essere tenuto fuori, specie da una cosa così importante. « Grosso stile Hogwarts sotto Lockdown. » Peggio. « Stile grigio ovunque, mostri, voci e altre diavolerie di quella natura. » Sospira e si passa una mano tra i capelli. Non so se sei tornato nel migliore e nei peggiori del momenti ma.. « Sono tornati. »



     
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    Era tutto come l'aveva lasciato quasi due mesi prima. Holden Morgenstern non era nuovo ai viaggi, per quanto lunghi fossero, ma dovette ammettere a sé stesso che stavolta non sarebbe partito se non strettamente necessario. Tutto, in fondo, aveva iniziato a funzionare in una maniera che non si sarebbe aspettato: con la Restaurazione, aveva smetto di essere un prigioniero di guerra, un nemico dello stato centrale o uno strano guerriero di un paese straniero ed era semplicemente diventato il professore severo e patito della disciplina che a Hogwarts avevano imparato a conoscere. Tutto a posto, fino allo Shame. Era bastava una sola sfida perché Holden sprofondasse in una spirale che, ancora oggi, non sapeva bene come definire. Un sogno ad occhi aperti. Ricordava perfettamente tutto ciò che aveva fatto e i processi mentali che l'avevano spinto a farlo ma, nondimeno, riconosceva di non essere stato totalmente sé stesso. Una forza aliena aveva mosso i suoi fili ed era servito un viaggio dall'altra parte del mondo per riprendere le redini. « 'Giorno! » Il cacciatore stava ancora armeggiando con la macchina del caffé quando la voce di Beatrice lo fece voltare di scatto. Era visibile, sul suo viso ancora giovane, una sorta di ritrovata serenità e una gioia intrinseca nell'essere tornato a casa e nel poter riabbracciare sua sorella. D'altra parte, notò immediatamente, Tris non se la stava passando benissimo. Aggrottò la fronte: non era la prima volta che vedeva Tris - o qualunque altro cacciatore - ammaccato ma nessuna ferita puramente fisica avrebbe intaccato mai la tranquillità dei cacciatori di Inverness. « Mi sei mancato. » La strinse a sé con delicatezza, per non recarle ulteriore dolore. « Anche tu, tanto. » ed era vero. Holden era partito alla riscoperta di sé stesso e del proprio benessere spirituale dopo gli avvenimenti all'Ufficio Misteri ma una parte di sé, la più rigida e ligia al dovere, era rimasta ad Inverness e si preoccupava di come stessero andando le cose nella Città Santa. « Stai.. meglio? »
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    Annuì, con una certa punta di soddisfazione. Una voce nella sua coscienza gli diceva che era stato egoista partire da solo, senza dare specifiche coordinate, abbandonando i propri doveri e i propri affetti; un'altra, più razionale, ammetteva però che quell'Holden non stava compiendo al meglio i propri doveri. Con la sua superficialità avrebbe rischiato di mettere in pericolo Tris e tutta Inverness. « Molto meglio. E' stato un viaggio catartico. Sono partito verso est, ho fatto tappa a Tatev ma mi sono spinto oltre. Alla fine del viaggio, sono approdato tra i cacciatori del Monte Haku. » Tutti i cacciatori sapevano che il Credo era sparso per il mondo nelle sue innumerevoli declinazioni. In Giappone esistevano tre grandi centri di potere, localizzati nelle tre "montagne sacre" del paese: il Monte Fuji, il Monte Tate e il Monte Haku. Così come i cacciatori scozzesi erano conosciuti nel resto delle comunità come i più organizzati - e la particolare struttura di Inverness ne era un esempio -, i cacciatori giapponesi erano rinomati per le loro teorie sulla purificazione fisica e spirituale. « Sanno il fatto loro, credimi. » sentenziò, prendendo la tazza di caffè tra le dita. Dopo due mesi di solo tè verde, il sapore forte del caffè gli inebriò i sensi. « Mi dispiace di averti ricevuto in questa maniera. Stamattina io e Percy siamo tornati.. distrutti. Abbiamo avuto una serata movimentata. » « Lo vedo! » « Ieri notte abbiamo rischiato grosso. » Se fino a quel momento Holden aveva rivolto alla sorella un sorriso vagamente divertito, pronto a sentire dell'ennesima peripezia di una cacciatrice fuori dalle mura, il suo viso si rabbuiò immediatamente. Nel gergo dei cacciatori, rischiare grosso non era tra le espressioni più utilizzate. Beatrice stessa era talmente addestrata da riuscire a cavarsela in un numero infinito di situazioni senza rischiare grosso. Tuttavia, quelle due specifiche parole erano diventate di uso più comune da qualche anno. « Quanto grosso? » Erano usciti da poco da un caso diplomatico che aveva rischiato di renderli nuovamente tutti nemici della Comunità Magica e di essere braccati una volta messo piede fuori dalle mura di Inverness: neanche allora avevano sentito d'aver rischiato alcunché se non qualche grattacapo internazionale. « Grosso stile Hogwarts sotto Lockdown. Stile grigio ovunque, mostri, voci e altre diavolerie di quella natura. » Sospirò pesantemente, facendo increspare la superficie del liquido dentro la tazza. Non poteva dire di essere cascato totalmente dalle nuvole: dopo la fine della Guerra Santa, erano tornati tutti alla normalità ma non esattamente al benessere. E dopo i fatti dello Shame.. dopo l'Ufficio Misteri.. Sorseggiò del caffè, il sorso più lungo che gli riuscì. « Puoi spiegarmi la dinamica? Dove, come? » Uno degli Strumenti Mortali si è riattivato? Non era abituato, il maggiore dei Morgenstern, a trascinarsi il peso di una coda di paglia tanto ingombrante.
     
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    Holden sembrava stare molto meglio. Sorrideva e nel suo atteggiamento sembrava esserci una punta di soddisfazione tipica di chi tornava vittorioso in patria. Qualcosa con cui Tris non riusciva a empatizzare allo stato attuale. Lei in patria ci è sempre rimasta, e piuttosto che tenere le questioni a bada, sembrava creare di continuo nuovi problemi a cui non sapeva rimediare. Non era colpa sua - non completamente almeno. Ne era consapevole; nessuno avrebbe potuto prevenire il disastro delle sera precedente, né tutto ciò che aveva messo Inverness in una posizione scomoda nei mesi e negli anni precedenti. Nonostante ciò tuttavia, non poteva fare a meno di pensare che qualcun altro avrebbe fatto un lavoro migliore. Tu, Holden, probabilmente avresti fatto un lavoro migliore. A volte rimpiango il momento in cui il branco si è attivato. Forse era meglio se non fosse mai successo. Forse se non fosse successo tutto sarebbe andato in maniera nettamente differente. Forse a quel punto Holden avrebbe preso le redini della famiglia e lei sarebbe diventata una fumettista, oppure avrebbe preso sul serio il suo lavoro al Quartier Generale, e tutto sarebbe stato più semplice per tutta la loro comunità. Una comunità di cui sono responsabile, ma che per un motivo o per un altro continuo a deludere. « Molto meglio. E' stato un viaggio catartico. Sono partito verso est, ho fatto tappa a Tatev ma mi sono spinto oltre. Alla fine del viaggio, sono approdato tra i cacciatori del Monte Haku. » Nel sentire menzionare l'antica roccaforte che l'aveva ospitata da bambina, gli occhi di lei si illuminano, come fosse una bambina a cui veniva fatto il regalo più bello il giorno di Natale. Tatev era sempre stato il suo luogo sicuro, l'unico in cui non ha mi dovuto preoccuparsi di niente. Lì aveva imparato tutto ciò che sapeva, il posto in cui si era formata come persone e dove aveva appreso come scindere il buono dal marcio. Erano passati anni da quando aveva calcato gli antichi percorsi intricati del monastero, e seppure ai tempi si lamentava di tutto e tutto le sembrava eccessivo, ora ricordava quel periodo con estremo affetto e una punta di malinconia. Erano tempi diversi. Migliori. Più semplici. Ora tutto le appariva complesso, fuori posto, come se una serie di brandelli pendessero di fronte ai suoi occhi senza sapere come ricomporli. « Sanno il fatto loro, credimi. » Stirò un sorriso millimetrico prima di portarsi la tazza di caffè alle labbra tentando di evitare il dicorso cardine che alleggiava tra loro. Non dirglielo sarebbe significato tenerlo all'oscuro di qualcosa di fondamentale per le loro rispettive esistenza; farlo invece, significava gettare un'ombra sull'energico moto con cui sembrava riprendere la sua vita a Inverness. Ma il discorso non poté essere evitato. Per quanto tentasse di ripassare a mente la lista dei pro e dei contro di quella confessione, i pro superavano di gran lunga i contro. Aveva bisogno di parlarne con qualcuno, e in questo, il ritorno di Holden appariva quasi provvedienziale. Nessuno più di lui poteva vedere quella questione dalla sua stessa prospettiva. In mezzo ai partecipanti della missione suicida della sera precedente, la maggior parte erano completamente privi di conoscenze sul mondo dei cacciatori e la loro antica missione; erano stati colti impreparati e lo sarebbero stati a maggior ragione anche in futuro. Tris aveva bisogno di parlarne con qualcuno che la capisse, che con lei condivideva più di un semplice istinto dovuto a forze altre. In questo, nessuno più del fratello poteva offrirle consiglio e anche forse una nuova prospettiva sul problema. Un problema che doveva essere morto e sepolto e che invece era più vivo che mai. « Puoi spiegarmi la dinamica? Dove, come? » Si schiarisce quindi la voce e annuisce, acconsentendo a raccontargli tutto per filo e per segno.
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    « Ieri sera io e Percy siamo andanti a una festa - era la festa d'inizio anno. Ci eravamo detti di restare poco. Non avevamo nemmeno tutta questa gran voglia di scatenarci chissà quanto. » Ed effettivamente non lo avevano fatto. Nonostante qualche tiro di erba, Tris non aveva mai reagito in quella maniera. L'unico bicchiere che aveva bevuto durante la permanenza alla festa, non le avrebbe fatto alcun effetto normalmente. Era poco più di un bicchiere di vino. « Ad un certo punto però le cose sono diventate estremamente strane. Percy si è sentito male.. ha iniziato a vedere cose strane. Non è stato l'unico. Una ragazza giura di aver visto il fantasma di Eric Donovan. » Sospira abbassando la testa. L'importanza del giovane Donovan nella sua vita non è nuova. Chiunque l'abbia vista trascorrere del tempo a Inverness sa che l'ex Cacciatore dei Falcons è stato uno dei primi a calcare il territorio della Città Santa quando ancora non sapevano neanche esistesse un branco. Tris lo aveva amato, forse più di quanto fosse disposta ammettere. E poi lui è sparito. Poi è morto. Ora invece sembra essere resuscitato nelle mente di tutti. « Ma questo è stato nulla rispetto al dopo. Ad un certo punto Mun è sparita.. Albus è riuscito a seguire le sue tracce e.. » Sgrana appena gli occhi mentre immagini della sera prima si susseguono nella sua mente man mano che va avanti col racconto. « ..e poi ha guidato chiunque della nostra cerchia fosse presente alla festa dietro una specie di tenda. Siamo finiti altrove.. in un labirito infinito. Durante la festa lì dentro erano state attirate diverse persone - alcuni erano dei ragazzini, Holden.. » Chiude gli occhi e deglutisce, scuotendo appena la testa. « La parte peggiore è che appena siamo entrati quel posto si è blindato - con la stessa facilità con cui si era blindata Hogwarts. Le uniche ragioni per cui sto ancora qui a raccontartelo sono i sin eater e.. » ..e poi qualcosa che non sono sicura di aver capito fino in fondo. « ..e i cacciatori. C'erano i nostri là dentro. I caduti. » Quelli che non ce l'avevano fatta, ma che nonostante ciò vivevano nelle memorie della Città Santa e venivano costantemente ricordati e onorati. Durante il periodo dell'Upside Down ne erano caduti più del solito, e loro erano tutti là. « Ci hanno salvato la vita. Non eravamo preparati; non avevamo abbastanza armi, alcuni dei ragazzi che abbiamo rintracciato lì dentro non avevano mai davvero lottato nemmeno ai tempi di Hogwarts.. » Si stringe nelle spalle e sospira. « Ci hanno mandato addosso di tutto e di più. » E il braccio rotto di Tris era solo uno dei tanti dolorosi pegni che si portavano dietro dalla sera precendente. Infine, osserva il liquido scuro nella propria tazza, prima di sorseggiare con più emergenza un altro po' del caffè. « Se c'era qualcosa di vero.. allora credo di aver visto la mamma. » Una madre che Tris non ricordava affatto e che aveva visto quasi esclusivamente solo nelle foto. Un velo di lacrime ammorbidisce le iridi vacue di lei mentre tira su col naso. « Era una trappola. Ne sono certa. Appena siamo entrati lì dentro nessuno è stato più in grado di entrare o di uscire. Senza i sin eater che forzavano il passaggio saremmo ancora lì dentro. » E questo è più o meno quanto.



     
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