Torre di Astronomia

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    a cima più alta di Hogwarts è la torre di astronomia, dove i giovani stregoni scoprono le stelle e i loro effetti sulla magia. La torre è divisa in più piani e nel terzultimo vengono svolte le lezioni giornaliere.

    Questa discussione rientra nel progetto quotidianità




    Edited by {LAST HORCRUX} - 18/10/2020, 17:38
     
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    Appollaiata con la testa sulla pancia dell'unico figlio del professore di Erbologia, Alice sbirciava l'espressione di Bart sul manuale di Astronomia, stranamente fin troppo concentrata. Gli indirizzava un'occhiata verdastra pensierosa e poi, se lui per caso allacciava il suo sguardo, lei tornava rapidamente a sibilare le parole del capitolo sui buchi neri che stava leggendo, mostrandosi presa. La prassi voleva che la situazione si svolgesse nell'esatta modalità opposta, solitamente: Alice studiava fino a conoscere ogni virgola di un capitolo, e supplicava tregua ad un Bart che tentava di distrarre la sua attenzione in tutti modi più fantasiosi possibili, purché evadessero un po' della zelante dedizione allo studio di Alice. Spesso esagerata. E ci riuscivano, di solito, Alice e Bart: da soli, dall'altissima visuale che avevano sul castello, smettevano di pensare un po' al dovere e si godevano la brezza del nord. Più si andava avanti con gli anni, più accadeva sempre più raramente, certo. Erano sempre soliti scegliere un orario che non prevedesse una particolare affluenza da parte di gruppi di studenti o una giornata in cui sapevano le altre classi essere impegnate in qualcosa di specifico in massa, come in passato era accaduto durante una partita di Quidditch Tassorosso-Corvonero, a cui non dovevano presenziare. Insomma: preferivano starsene per i fatti propri, lontano da tutti e tutto. Quel giorno di metà settembre in cui si erano mostrati fedeli al loro rituale, Alice aveva perso la concentrazione ancora prima di cominciare a fingere di studiare: aveva una domanda che le vibrava sulle labbra da quando aveva preso accordi con il Serpeverde, scegliendo di abbandonare la Torre di Grifondoro per salire ancora di quale altro pezzo di cielo. La vista, da lassù, era sempre mozzafiato; era ancora giorno ma, di lì a poco, i colori del pomeriggio sarebbero sfumati nelle tonalità della sera, aprendo la vista ad un tramonto che per lei risultava sempre essere speciale. Si sporse un po' verso la ringhiera, la Grifoncina, alzando la testa da dove era poggiata. liberando gli addominali del ragazzo dal peso della sua testa - e si sa, la testa pesa almeno la metà di tutto il corpo! E se si parlava di Alice, poi..! -. Si sedette a gambe incrociate, chiudendo il libro di Astronomia con uno scatto - cosa che, senza esagerare, non aveva mai fatto in cinque anni di studio ad Hogwarts. Mai. « Bart? » lo chiamò tentennando, cercando di richiamare la sua attenzione su di lei e ciò che aveva da dirgli. Lo guardava con degli occhioni spaesati che avrebbero potuto far credere tutto o niente: che stesse per chiedergli qualcosa di assurdo e gravissimo, qualcosa per cui doversi addirittura preparare psicologicamente. La verità era che voleva chiederlo a qualcuno di cui si fidasse, non al primo svenevole sciupafemmine che poteva incontrare casualmente in sala comune. Ed il parere di Bart, in qualche modo, poteva anche suscitarle un certo fascino. Tipo. « Non pensare male, volevo chiederti una cosa... » continuò, lasciando sospesa la frase ancora una volta. Guardò nuovamente fuori, laggiù, verso la radura intorno al castello, mordendosi un labbro, maledicendosi un po' per non aver lasciato perdere quando poteva ancora. Le magie dei buchi neri sono più interessanti. Ma sono in un buco nero, cavolo. Ormai doveva parlare: lui avrebbe dissipato ogni dubbio che le annebbiava la mente da un paio di settimane a quella parte. « Ma secondo te... No... » Spostò nuovamente il suo sguardo smeraldino su di lui, cercando di captare la sua espressione, il suo pensiero: che avesse già intuito qualcosa? Oh Merlino, no eh! Nontelochiedereimicanormalmente, eh!, diceva il suo viso felino. « Io... » Si indicò, cercando di assumere l'espressione più angelica ed ingenua possibile, come per scagionarsi da ogni idea che lui si sarebbe fatto sul perché di quella domanda. « Io come sono? Sono carina? » Lo guardò, sbattendo le palpebre velocemente, per nascondere un po' dell'insicurezza che dei pensieri le avevano impiantato negli ultimi giorni. Non era una domanda chissà quanto impegnativa, o che richiedesse chissà quale logica schiacciante. Alice voleva solo il suo personalissimo parere maschile, ecco. Era pur sempre un suo amico, ed era pur sempre un maschio. Anche se si conoscevano da cinque anni e non le era mai nemmeno passato mezza volta per l'anticamera del cervello di sottoporsi liberamente al suo giudizio. Di solito la infastidiva.
     
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    Un’amicizia particolare quella che si era creata tra Bart Crouch ed Alice Watson. La conosceva ormai da cinque anni ed era dal primo anno di Alice che si davano appuntamento alla torre di astronomia per godersi un po’ di tempo per loro. Lo sguardo concentrato sul tomo di astronomia mentre la mano andava ad accarezzare dolcemente la testa della grifondoro poggiata sul suo stomaco. Quel giorno però Alice le sembrava più distratta del solito. Quando distoglieva lo sguardo dal capitolo sui buchi neri ed incrociava quello della grifondoro notava immediatamente come lei tornasse a guardare il libro. La situazione sembrava totalmente capovolta, era solito distrarre la sua amica dallo studio per alleggerirle il peso di quella estrema dedizione allo studio.
    Gli era mancata la torre d’astronomia e quei momenti di riservatezza che condivideva con Alice, negli anni la cosa si era fatta sempre più rara, ma quando succedeva il serpeverde preferiva godersi ogni secondo insieme alla grifondoro. Sei particolarmente distratta. Avrebbe voluto dirle, ma preferì tenere quel pensiero per se nonostante l’atteggiamento della grifondoro non era il solito.
    Il tonfo del tomo che si chiudeva e veniva poggiato a terra lo fece tornare alla realtà. Alice spostò la testa dallo stomaco del serpeverde e si sedette a gambe incrociate di fronte a lui. La radura alle spalle del balconcino dove si erano seduti faceva da sfondo ad una potenziale foto che avrebbe voluto scattare con molto piacere, ma la voce della grifondoro che lo chiamò ed i suoi grandi occhi verdi addosso lo avevano distratto da quel pensiero.
    «Dimmi Alice » Gli occhi marroni del serpeverde si incrociarono con lo sguardo spaesato della grifondoro. « Non pensare male, volevo chiederti una cosa... » La frase venne lasciata in sospeso mentre con lo sguardo il serpeverde studiava tutti gli atteggiamenti di Alice.
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    « Ma secondo te... No... » Sentiva addosso lo sguardo smeraldino della grifondoro. Troppi giri di parole per i gusti di Bart, se fosse stata un'altra persona probabilmente avrebbe interrotto il discorso e se ne sarebbe andato sparando sentenze a zero senza alcuna ragione.
    Si indicò mentre continuava con la domanda da formulare. Il serpeverde ancora non era arrivato alla soluzione per capire quale domanda gli avrebbe fatto Alice, ma forse una mezza idea l'aveva già.
    « Io come sono? Sono carina? » Pensava fosse una domanda inerente allo studio, non pensava assolutamente che la grifondoro chiedesse all'amico un parere sul suo aspetto fisico.
    « Mi sembravi troppo distratta.» Decise di non rispondere subito, ma di riprendere quello che aveva tenuto per se. Alice era distratta e quella domanda era frutto di qualcosa che era successo prima del rientro al castello. Da quando conosceva Alice era la prima volta che gli veniva chiesto un parere sul suo aspetto. Inarcò un sopracciglio continuando a guardare negli occhi la grifondoro. «Sì Alice, sei una bella ragazza» Rispose secco stringendosi nelle spalle mentre gli occhi si spostarono verso l'esterno. Il cielo iniziava a colorarsi arancione come i colori del tramonto. «Non dubitare mai di esserlo, menti a te stessa» Allungò la mano verso la tracolla per prendersi una sigaretta, che una volta presa andò a sistemare dietro l'orecchio. « Cosa è successo prima del rientro? Puoi parlarmene lo sai.» Iniziava a farsi un'idea di quello che poteva essere successo per scatenare una tale reazione nella grifondoro.
     
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    Mentre attendeva il verdetto di Bart, Alice non distoglieva lo sguardo da quello del ragazzo, cercando di captare anche i più piccoli pensieri che una domanda del genere poteva scaturire nella mente sconosciuta di un amico di sesso maschile. Sì, insomma: loro erano sempre stati amici, tanto amici, ma il loro rapporto era anche sempre stato parecchio particolare, a dir poco unico nel suo genere. Alice odiava ed amava il giovane Crouch, di fatto, a giorni alterni: se la faceva arrabbiare, potevano addirittura arrivare a non parlarsi per settimane, giocare a nascondino nei corridoi ed arrivare a battibeccare fino a spremersi a vicenda, uscendone esausti. Se lui decideva di comportarsi bene con lei, invece - il che, in pubblico, era da sempre parecchio raro - diventavano inseparabili per periodi altrettanto lunghi, rigorosamente lontani dalle luci indiscrete dei riflettori. Ed andava bene così: crescevano insieme, lontano da chi avrebbe potuto avere da ridire al riguardo. E la giovane Alice Astrid sapeva, nel suo cuoricino, di poter contare su di lui: nei momenti meno belli da adolescente che stava ancora vivendo tra le mastodontiche mura di Hogwarts, se c'era una persona su cui poteva contare oltre a Lucy, quella era sempre stato Bart. Era certa che, nel bene o nel male, lui non le avrebbe mentito; anche se si sentiva particolarmente in imbarazzo a sottoporgli una questione strettamente collegata alla propria autostima, sapeva che se voleva interpellare un esemplare di sesso maschile senza particolari ripercussioni, quello poteva essere solo e soltanto il figlio del Professor Crouch. Non le avrebbe detto una mezza verità per farla contenta, né sarebbe stato particolarmente traviato dall'opalescenza dettata dal bene che doveva provare per lei. Non si era fatto troppi problemi a darle contro fino a quel momento, se riteneva che ci fosse stato motivo di farlo, quindi si aspettava che la sua risposta corrispondesse alla verità più vicina al vero che stava cercando. O almeno, lo sperava. Inoltre, era anche incuriosita dal conoscere quale fosse il suo personalissimo parere sul suo aspetto, ma non lo avrebbe ammesso nemmeno se gliel'avesse chiesto apertamente. « Mi sembravi troppo distratta. » Abbassò lo sguardo, che scivolò pensieroso sul tomo di Astronomia. Si sentiva in colpa per aver deviato la conversazione quel tardo pomeriggio su quella questione che ancora la stava tormentando, nonostante fossero passati parecchi giorni e di fatto, non avesse più nemmeno incontrato il giovane Paciock, se non alle lezioni in comune. Dove si era preoccupata prontamente di ignorarlo, concentrandosi sullo studio e come invero, non era stata capace di fare quel giorno, illuminata dai colori di un tramonto incantevole. Era felice di essere lì con Bart. Spiava il suo sguardo e poi tornava a guardare il libro, tentando di ammazzare quell'attesa da lui prolungata che stava pompando ossigeno alla sua ansia. « Sì Alice, sei una bella ragazza » Sentì subito come ammorbidire quel groppone che aveva avuto fino a quel momento, come se si fosse piano piano disteso alle parole benvolute dell'amico. Davvero lo pensava? Forse, ecco, la Grifoncina pensava che l'avrebbe fatta dannare un po' di più prima di dirglielo così, apertamente. Seguì lo sguardo di lui che si perse nella vastità della radura, che ormai prendeva le sfumature di un tramonto inedito, che mai le era parso così sfaccettato, così pieno di colori e di dettagli da scoprire con entusiasmo. Non sapeva se avrebbe aggiunto altro, ma per il momento sarebbe rimasta così, in silenzio, a godersi lo spettacolo con lui. « Non dubitare mai di esserlo, menti a te stessa. » « Non voglio mentire a me stessa, ma... » Incalzò subito, cercando di formulare un pensiero che avesse un senso, dopo i tanti che le avevano occupato la mente negli ultimi giorni. « Cosa è successo prima del rientro? Puoi parlarmene lo sai. » Non si lasciava fregare, pareva. Non avrebbe potuto mentirgli, perché lui l'avrebbe capito. Nè avrebbe potuto storcere la verità, perché non le sarebbe servito a nulla. Dopo settimane in cui cercava di seppellire una verità che ancora faceva fatica a digerire, Alice decise di ammettere a sé stessa e all'amico cosa fosse successo, una volta per tutte. E ad alta voce. « Evabene » gli disse, sistemandosi meglio nella posizione in cui era seduta. « Te lo racconto perché sei tu. » Aggiunse, guardandolo negli occhi buoni, per fargli intendere ancora di più quanto fosse speciale la sua posizione nella vita della Grifondoro. « Ho baciato un ragazzo. La sera prima del Banchetto, ti ricordi? A quello stupido rave a cui non sei venuto. » gli disse, abbassando lo sguardo verdastro, adesso un po' triste. Magari se Bart fosse venuto non avrebbe preso l'iniziativa che ora si malediceva di aver preso. Ancora non riusciva ad accettarne l'esito, non riuscendo a capire dove avesse sbagliato con il giovane Paciock. « Però lui mi ha respinta. Credo che fosse ubriaco, ma ecco, sì... » Non pensavo di poter essere respinta. Non perché si credesse particolarmente bella da sola o perché si sopravvalutasse in alcun modo: semplicemente non era avvezza a certi tipi di comportamenti romantici, quindi si era aspettata tutto tranne che uno stop in piena regola. Non aveva calcolato che potesse essere un rischio del coraggio spensierato di quel gesto avventato. « Allora mi chiedevo cos'avessi che non va. » Ammise, arrivando finalmente al nocciolo della questione, rialzando lo sguardo smeraldino triste sul suo. Magari lui ci era già passato, magari anche lui aveva vissuto qualcosa di simile, in passato. Non ne avevano mai parlato perché beh, fino ad allora Alice era sempre stata la ragazza misteriosa e criptica che non parlava dei vastissimi abissi della sua segreta vita interiore, con nessuno. E Bart aveva fatto altrettanto.
     
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    Studiava gli atteggiamenti di Alice mentre rispondeva alla sua domanda. Sentiva addosso i grandi occhi cristallini della grifondoro, gli stessi occhi che cercavano di capire quale fosse la risposta del serpeverde a quella domanda che, in cinque anni di amicizia, non gli era mai stata fatta. Bartholomew non si nascondeva dietro alle domande che gli si ponevano. Rispondeva sempre con quello che pensava cercando di evitare giri di parole o di creare false aspettative al suo interlocutore, ma nonostante tutto con Alice aveva avuto negli anni alcuni atteggiamenti che rendeva il loro rapporto un contrasto di odio e amore.
    Bart era felice di condividere quei momenti in compagnia della grifondoro, la torre di Astronomia era diventato il loro posto speciale ed era lì che risolvevano sempre i loro contrasti durante il corso dell’anno all’interno delle mura del castello. Perché Bartholomew Crouch, nonostante la maggiore età nel mondo magico, rimaneva comunque un ragazzino. Erano anni che conosceva Alice ed erano altrettanti gli anni in cui incrociandola in corridoio, o in giro per il castello, quando era in compagnia di altre persone trattava la grifondoro come una totale sconosciuta, come se cinque anni di conoscenze non fossero mai esistiti. Tutto per la felicità delle persone con cui era solito girare nel castello, semplicemente perché non voleva prendere una posizione ed esporsi in merito a certe vicende di cui Bart era, in parte, all’oscuro. Sapeva però di ferire la grifondoro con quegli atteggiamenti e, se nei primi anni non ci dava peso, in tempi recenti aveva capito di comportarsi come una totale testa di cazzo. Alice lo perdonava, quello era vero, ma fino a quanto sarebbe durata la cosa?
    Gli occhi del serpeverde erano ancora fermi a guardare i colori di quel bellissimo tramonto che stava regalando quella giornata. Una giornata tutto sommato tranquilla, ma con quel momento intimo tra i due amici che rendeva il tutto più bello, era contento di stare lì con la grifondoro e voleva godersi ogni momento prima di dover andare via e separarsi da Alice.
    « Non voglio mentire a me stessa, ma... » Ma è successo qualcosa che ti fa dubitare. Gli occhi attenti del serpeverde ritornarono subito su quelli cristallini della grifondoro mentre nella sua mente rispondeva a quella frase lasciata in sospeso. Alla fine Alice decise di raccontare ciò che era successo prima del rientro al castello. La grifondoro andò a sedersi meglio per guardare il serpeverde negli occhi dopo aver esordito con un Evabene ad alta voce. « Te lo racconto perché sei tu. » Lo sguardo cristallino della grifondoro incrociò quello del serpeverde. Si morse il labbro inferiore nascondendo un sorriso leggermente imbarazzato. Non era affatto un buon confidente Bart, ma quelle parole gli fecero capire quanto Alice ci tenesse a lui.

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    « Ho baciato un ragazzo. La sera prima del Banchetto, ti ricordi? A quello stupido rave a cui non sei venuto. » Ah sì, il rave… Me ne hanno parlato tutti bene devo dire. Quando aveva saputo di quella festa organizzata da senior e caposcuola era ancora in vacanza con la propria famiglia. Quella fantastica donna che era sua madre per riallacciare i rapporti con i figli, dopo quello che aveva fatto, aveva deciso di partire con la famiglia per tutta l’estate, girando vari posti in Europa, cosa che non era dispiaciuta affatto al serpeverde, ma la presenza della madre aveva reso il tutto un po’ troppo odioso per i gusti di Bart. Erano partiti da Londra ed avevano girato molte delle grandi città europee. Il giorno del rave, Bart era ancora a Barcellona con la madre ed i suoi fratelli, sarebbero rientrati la sera stessa e, nonostante la grifondoro avesse avuto l’accortezza di avvisarlo del rave, il serpeverde decise di declinare l’invito per la poca voglia di far festa dopo una bella vacanza sì, ma interminabile con una delle persone che odiava di più al mondo. Annuì alla Watson mentre nella sua testa ritornavano i pensieri di quella vacanza estiva, lontana da quei pochi amici e dalle persone con la quale avrebbe preferito passare quei mesi lontano dal castello. « Però lui mi ha respinta. Credo che fosse ubriaco, ma ecco, sì... » Ed ecco qui la cosa che aveva creato dei dubbi nella testa della grifondoro, l’essere respinta da qualcuno. Aveva già immaginato fosse successo qualcosa, ma non pensava si riferisse a dei problemi amorosi. Alice era sempre stata criptica, non parlando mai della sua vita amorosa e, Bart aveva fatto lo stesso, in questo erano molto simili, tenevano certe cose per sé senza ammorbare l’altro con i propri problemi, ma quello che era successo al Burlesque aveva sicuramente fatto del male alla grifondoro tanto da portarla ad aprirsi e parlarne con il serpeverde. « Allora mi chiedevo cos'avessi che non va. » Non hai niente che non va. Era pronto a rispondere a quella frase, ma era meglio elaborare un discorso più serio, più adatto che una frase buttata a caso tanto per rincuorarla. «Siamo ancora ragazzi Alice.» Esordì vedendo lo sguardo triste della grifondoro: «Nella vita capiterà di essere respinti più e più volte.» Facendo una leggera pressione delle braccia a terra si sedette a gambre incrociate in modo da poter essere faccia a faccia con la Watson: «Succede a tutti, può capitare di prendersi una sbandata per qualcuno che non ricambia.» Poi se era ubriaco, lasciamo perdere. «Ma questo non deve essere un pretesto per pensare di avere qualcosa che non va o di pensare che il problema sei tu.» Perché infondo tutti abbiamo dei difetti, basta riconoscere quali sono. «E’ successo pure a me di essere respinto, ma alla fine sti cazzi, ecco. » La filosofia di vita di Bart si racchiudeva in quella breve frase finale, la vita dava sempre delle opportunità, in tutti gli ambiti, l’importante era non fermarsi alla prima difficoltà, ma piuttosto andare avanti ed apprendere dagli errori del passato, ma sapeva che non tutti la pensavano come lui.
    «Che rimanga tra noi.» Le prese le mani e puntò lo sguardo negli occhi cristallini della grifondoro: «Io non avrei rifiutato un tuo bacio.» Gli occhi castani del serpeverde rimanevano fermi a guardare le iridi verdi della grifondoro, mentre nella sua testa iniziava a pensare che forse era stato un bene non partecipare a quella festa prima del rientro al castello.
     
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    Alice aveva scelto di aprirsi con Bart perché, anche se le sue amicizie potevano far sembrare il contrario, sapeva che Bartholomew Crouch non avrebbe avuto un reale motivo per farle del male ed estendere le sue confessioni a chi avrebbe potuto prenderle per ridicolizzarla per il resto della sua permanenza ad Hogwarts. Immaginava che le questioni che riguardavano lei e Louis non fossero già sulla bocca proprio di tutti - dato che, sì, insomma, non potevano considerarsi sulla cresta della popolarità, come invece Bart era, sicuramente molto più di lei. Anche se era la sorellastra minore di una specie di leggenda, Alice aveva rinunciato alla popolarità nel momento in cui la sua vita aveva preso una strada differente, parallela a quella di Domiziana Dragomir: si era unita al giornalino, aveva dato voce agli oppressi, passava molto più tempo sui libri che agli eventi mondani. Si sentiva ben lontana dal desiderare che il DPP spifferasse ai quattro venti le magre novità riguardo la sua vita sentimentale, che tanto si preoccupava di occultare ad orecchie indiscrete. Senza contare che dopo il rave si era buttata con fare più affannoso del solito sullo studio, spinta dalla volontà di guadagnare da sola più punti possibile per la sua casata: a quella dannata festa aveva promesso ad una compagna di casata di Bart che Grifondoro avrebbe vinto la coppa delle case e non intendeva per niente al mondo infrangere quella scommessa, che ormai aveva moltissimo di personale. Ma la Grifoncina sapeva, a prescindere, di occupare un posto speciale nella vita di Bart, perché sapeva anche che, nonostante le feroci intimazioni a lasciarla perdere che doveva ricevere spesso dalle sue compagne di casata, lui avrebbe potuto lasciarla sola da tempo e non l'aveva mai fatto. Anche se a mozzichi e bocconi, Bart aveva sempre afferrato la sua mano nei corridoi nei momenti più bisognosi, per trascinarla fino alla cima della Torre di Astronomia, dove avevano contato le stelle tante e tante volte. Anche se spesso in ritardo, aveva sempre ascoltato davvero la sua voce, condividendo silenzi mai troppo pesanti e momenti preziosi da fissare nitidamente nella mente. Come quello, anche se Alice temeva moltissimo cos'avesse da dire al riguardo l'unico figlio di Crouch: probabilmente l'ultima confessione non l'avrebbe fatta nemmeno a Lucy, la sua migliore amica, o a Liv, volendosi mostrare d'esempio nei confronti delle amiche, per cui voleva sempre essere una salda ancora a cui appoggiarsi nei momenti più duri. Le vicende che si erano susseguite dopo l'allontanamento da Domiziana di svariati anni prima, l'avevano portata ad ergere una corazza fiera e composta da leonessa che difficilmente lasciava aperta una fessura da cui vedere chiaramente i suoi lati più fragili, la sensibilità spiccata che la faceva essere tremendamente empatica. Per questo il rifiuto di Louis Paciock l'aveva spiazzata, lasciandole una nuova cicatrice. Per questo ora quei lati stavano riemergendo e tutti insieme - ma soltanto con chi aveva deciso lei. « Siamo ancora ragazzi Alice. » Lo ascoltava davvero, Alice: il suo cuore era collegato a quello di Bart e ne percepiva anche il battito cardiaco, mentre guardava il tramonto con lo stesso sguardo triste che gli aveva rivolto poco prima. Difficilmente avrebbe dimenticato la brezza profumata che le inondava le narici, il colori che si riflettevano sulle poco distanti acque del lago nero - dove lo spettacolo pareva si duplicasse, e la voce pacata e sicura di Bart che le aveva detto che era bella. Nessuno gliel'aveva mai detto: certo, aveva ricevuto proposte anche da altri ragazzi, ma nessuno di cui le importasse qualcosa le aveva detto, con tanta tranquillità, addirittura che se avesse detto il contrario avrebbe mentito a sé stessa. Iniziava a domandarsi allora che ci fosse altro che non andasse in lei. « Nella vita capiterà di essere respinti più e più volte. » Il ragazzo si mise a gambe incrociate, proprio di fronte a dov'era seduta lei: continuava ad ascoltarlo completamente assorta, attenta anche a come modulava la voce nel mandarle quel messaggio, ma il suo sguardo viaggiava verso le sfumature arancioni della lontana vallata scozzese. In quel momento, non sarebbe voluta essere con nessun altro al mondo. « Succede a tutti, può capitare di prendersi una sbandata per qualcuno che non ricambia. » Perché ad Alice non era mai capitato fino ad allora, però? A lui era capitato? Il suo sguardo smeraldino disilluso abbandonò la visuale dalla Torre di Astronomia, per tornare ad incrociare quello scuro di Bart. Era sempre così dolce e gentile in quei rari momenti in cui si trovavano da soli, come faceva ad andare d'accordo anche con le persone che le rendevano la vita impossibile? « Ma questo non deve essere un pretesto per pensare di avere qualcosa che non va o di pensare che il problema sei tu. » Aveva già risposto ai nuovi dubbi che le erano sorti poco prima: quindi non c'era niente di sbagliato, ecco. Semplicemente non piaceva a Louis per com'era fatta. Stop. « A te è capit?- » Gli chiese subito di getto, assumendo un'espressione curiosa, ancora assorta in pensieri confusi e difficili da fissare. Ma lui stava continuando il suo discorso e rispose ancor prima che portasse a termine la frase. Gli sembrava che fosse il momento ed il luogo adatto per confessioni del genere, ormai. « È successo pure a me di essere respinto, ma alla fine sti cazzi, ecco. » Le dispiacque sapere che anche lui aveva vissuto una situazione analoga alla sua. Si domandò quale ragazza avesse avuto il coraggio di rifiutare una persona speciale come lui, ma ancor prima le venne automaticamente l'impulso di abbracciarlo, che mutò però in una risposta che sicuramente avrebbe reso giustizia alle sue parole. Anche se non era solita dire parole scurrili... « Sti cazzi, quindi. » E si sentì davvero più leggera. Gli sorrise, di un sorriso sincero, caldo, onesto: il sorriso più luminoso che riusciva a colorarle le labbra rosee da giorni, mentre delicatamente poggiava di nuovo la testa sulla sua coscia. Chiuse gli occhi per un attimo, sperando che non arrivasse il coprifuoco, di poter restare vicino a lui il più possibile, anche più del consentito. A breve si sarebbero potuto vedere le stelle, quelle che Alice amava e studiava tanto, che conosceva anche perché molte delle loro lunghe serate le avevano passate a ricordarne i nomi una ad una, soprattutto quand'erano più piccoli. « Che rimanga tra noi. » Si allacciò al suo sguardo, dalla posizione in cui si trovava rispetto al suo nocciola, attenta a conoscere l'ennesimo segreto che concerneva i pochi momenti che si concedevano per loro due e basta. « Io non avrei rifiutato un tuo bacio. » Dapprima sorrise timida, mentre le gote si tingevano di un rosso paragonabile al rossetto che usava di solito. Poi, mentre si sedeva nuovamente di fronte a lui, occhi negli occhi, la sua fronte andò piano piano ad aggrottarsi. « Ma che dici Bart? » Sorrise ancora, in imbarazzo, sbattendo più volte gli occhi smeraldo mentre la sua mente si domandava a ripetizione se per caso avesse capito male o inteso male qualcosa. « Non dire queste cose. » Era sempre più stranita, sempre più in difficoltà sul come comportarsi: se era una bugia e l'aveva detto solo per farla sentire meglio, si sarebbe arrabbiata moltissimo. Se era una verità, detta così, in quel modo, senza averla mai accennata prima o propinata con leggerezza, si sarebbe ugualmente arrabbiata. Non c'era via di scampo. « Mi ignori per i corridoi praticamente ogni volta che ci sono anche Max e Nana, ed adesso mi dici che non avresti rifiutato un mio bacio? » Lo guardava, con un'espressione contratta, con quegli occhi verdissimi ora animati da uno strano sentimento di rabbia. Non aveva mai nemmeno lontanamente immaginato di potersi sporgere per dargliene uno, convinta com'era che già la loro amicizia fosse un peso, che già quei momenti fossero qualcosa di unico e rarissimo. Piuttosto che farsi vedere con lei, Bart dava spesso la priorità alle esigenze delle sue compagne di casata, a volte anche facendo finta di non conoscerla per i corridoi. Il tutto non le tornava. « A quale versione di te dovrei credere davvero? » Gli chiese guardandolo dritto negli occhi e bramando tutta la sincerità possibile, mentre le sfumature di rosso ed arancione si estendevano fino al suo animo, ferito e mortificato.
     
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    «Sti cazzi, quindi. » Vide la grifondoro sorridere, un sorriso sincero. Era felice che la Watson avesse capito il suo discorso e sperava di averla aiutata ad anelare tutti i dubbi che le erano saltati in testa. Sembrava che tutto fosse risolto se solo Bart non se ne fosse uscito con quella frase.
    «Ma che dici Bart? Non dire queste cose. » Notò dapprima l’imbarazzo che aveva creato ad Alice dicendo quella frase, ma notò anche il cambiamento di umore subito dopo. Non aveva detto quella frase con cattiveria, non avrebbe rifiutato un bacio da Alice questo non lo negava, ma sapeva anche che avrebbe potuto creare dei problemi con quella frase. «Fossi stato in quel ragazzo, non lo avrei rifiutato.» Aveva gli occhi della grifondoro puntati addosso, avrebbe dovuto correre ai ripari e sistemare ormai quello che aveva detto, ma la discussione venne riportata nuovamente sui suoi atteggiamenti quando era in compagnia delle sue compagne di casata. «Mi ignori per i corridoi praticamente ogni volta che ci sono anche Max e Nana, ed adesso mi dici che non avresti rifiutato un mio bacio? » Il danno era fatto non poteva tirarsi indietro. Abbassò immediatamente lo sguardo non riuscendo a sostenere quello della mora di grifondoro, non riusciva a guardarla negli occhi.
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    «A quale versione di te dovrei credere davvero? » In quel momento piombò un silenzio quasi imbarazzante, non sapeva realmente cosa rispondere. Supponeva che Alice si sarebbe arrabbiata lo stesso, qualsiasi risposta avrebbe dato, ma non poteva più scappare da quello che ormai avrebbe dovuto affrontare. «Io non…» Lo aveva guardato dritto negli occhi per capire la verità, per conoscere finalmente cosa avrebbe detto quel ragazzo che era tanto amico in privato, ma solamente uno sconosciuto in compagnia di altri. «Non voglio ferire nessuno, ma so già che lo sto facendo.» Lo sapeva benissimo, avevano affrontato sempre in parte quella discussione, ma Bart cercava sempre di sviarla su altro stavolta però doveva affrontarla ad ogni costo. «Ti conosco da anni come conosco da molto tempo anche Max.» Alzò lo sguardo per guardarla finalmente negli occhi: «Reputo speciali questi momenti insieme a te, ma tra di voi non c’è un buon rapporto.» Sospira: «Voglio bene ad entrambe per questo non voglio ferire nessuno» Riabbassò nuovamente lo sguardo, non riusciva per niente a guardare Alice negli occhi. «Sono un codardo che non vuole affrontare la cosa.» Non era lì per autocommiserarsi né tanto meno cercare di impietosire la grifondoro, ma riconosceva il suo errore dopo tutti quegli anni: «Questo mi porterà a perdere entrambe.» Rialzò lo sguardo trovando definitivamente il coraggio di mantenere lo sguardo nuovamente negli occhi: «Vuoi sapere a quale versione dovresti credere? Questi momenti insieme dovrebbero farti capire qual è la versione reale.» E allora perché non ti comporti così anche in presenza delle altre? Immaginava una risposta del genere da parte di Alice e, per evitare di farla uscire dalla bocca della grifondoro cercò di continuare il discorso: «E’ una situazione che mi mette in notevole difficoltà, non riesco a dividermi né a fare una scelta.» Strinse la mano destra in un pugno sentendo le unghia nella carne: «Sono state le mie azioni a portare ad oggi questo discorso che prima o poi doveva essere affrontato.» Gli occhi studiavano ogni minima reazione della grifondoro mentre cercava di spiegare i motivi delle sue azioni nel corso di tutti quegli anni: «Non mi rende felice ignorarti in corridoio o dover ridere alle battutine di Max e Nana.» Conosceva in parte quello che era successo senza mai prendere le difese né di una né di un'altra, cercava sempre di tenersi in disparte. «Se deciderai di andartene e non volermi parlare più, capirei. » Tanto ormai la cazzata l’hai fatta. Sperava vivamente che le cose non andassero come aveva previsto.
     
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    Mentre le guance di Alice Astrid, tinte di un rosso inaudito, le bruciavano sotto la pelle che adesso la pareva essere diventata incandescente, la Grifoncina si chiedeva se le parole del Serpeverde non fossero nient'altro che un innocuo scherzo ai suoi danni. Sì, poteva essere, insomma: prendersi in giro bonariamente era da sempre uno dei codici del loro imprevedibile legame. Sì, era decisamente più credibile che lei avesse inteso male, che Bart non intendesse veramente dire che al posto di Louis si sarebbe comportato in maniera diversa. Come poteva prenderle alla lettera lei, lei che per anni l'aveva visto persino scappare alle sue attenzioni, dileguarsi per soddisfare le pretese che qualcun altro aveva su dl lui, gettando ombre ed irregolarità su quello che da sempre un legame speciale come il loro? Come poteva credere che avesse davvero un minimo desiderio di baciarla, quando altre volte non l'aveva nemmeno guardata, non le aveva sorriso, ma aveva fatto un giro sé stesso lasciando che la cravatta verde-argento fendesse l'aria, prima di allontanarsi da lei? Era successo troppe volte e troppe volte ancora sarebbe successo. Non doveva prendersi gioco di lei, non poteva. Non così. « Fossi stato in quel ragazzo, non lo avrei rifiutato. » Ma ecco che il non più così piccolo amico di sempre, ecco che Bartholomew si premurò di rincarare la dose, sfatando la sua teoria e confermando la propria, evitando però di guardarla dritto negli occhi smeraldini, spalancati temerariamente sui suoi. Alice non sapeva. Non sapeva se scacciare o rifugiarsi in quell'imbarazzo che la faceva ritrarre sempre più dentro sé stessa, che la invogliava a sparire per non affrontare le conseguenze di quella confessione, troppo incoerente, troppo ingiusta, troppo inaspettata per quel rapporto che imboccava già fin troppe strade pericolose. E mentre l'orgoglio familiare di una leonessa ferita, invece, scalciava per venire fuori ed aggredirlo con una furia inaudita, Alice Astrid aspettava una risposta che non le risultasse una bugia, una cattiveria, una falsità che non avrebbe fatto altro che rovinare ulteriormente il loro rapporto, caldo come una pelliccia. Lo guardava con degli occhi affamati che brillavano, sotto l'influenza delle prime luci celesti della sera; stavano finalmente conquistando il cielo, che era di un rosso sempre più scuro, sempre più intenso, sempre più familiare con l'oscurità attorno a loro. « Io non… » La brezza della sera si stava alzando ed i capelli ondulati della Watson svolazzavano appena, ma lei non si muoveva: era immobile, radicata sul pavimento della Torre di Astronomia come un'antica pietra di cui era composto. Era ferma e lo guardava, non sapendo se sperare che le parole del ragazzo potessero essere una scusa per liberare le iridi chiare dalle lacrime, o per non farlo e ricacciarle da dove minacciavano di venire allo scoperto. « Non voglio ferire nessuno, ma so già che lo sto facendo. » Sì, Bart. Lo fai ogni volta che non prendi le mie difese se ti accorgi che me ne dicono di tutti i colori e proprio davanti a te. Lo fai ogni volta che mi dai per scontata. Lo fai ogni volta che ti volti pensando che sapere che, comunque vada, io ci sarò sempre. Guardami, cazzo. « Ti conosco da anni come conosco da molto tempo anche Max. » Avrebbe voluto correggerlo, puntualizzare sul fatto che si conoscessero da molto di prima del momento in cui aveva instaurato un rapporto anche con Max, che era arrivata ad Hogwarts ben più tardi rispetto a loro, che avevano cominciato insieme. Ma non lo disse, Alice: pensò che non fosse importante da ricordare, alla fine del conti. Era la qualità del rapporto ad importare davvero, non la quantità di tempo che sarebbe durato. Lei stessa aveva amici e conoscenti che aveva incrociato fin dal primo giorno dello Smistamento, ma che mai aveva considerato come altri legami più forti e affini, destinati a durare. « Reputo speciali questi momenti insieme a te, ma tra di voi non c’è un buon rapporto. » Già. E non per colpa mia. Avrebbe puntualizzato ancora, ma era troppo impegnata a chiedersi se il loro rapporto sarebbe effettivamente durato, se un episodio come quello non stesse per sancirne l'effettiva fine. Se ne riscoprì terrorizzata, Alice, voltando lo sguardo verso l'orizzonte proprio appena aver finalmente incrociato il suo, sebbene non avesse smesso di ascoltare con attenzione ogni fiato, ogni respiro che intervallava le sue parole soppesate. « Voglio bene ad entrambe per questo non voglio ferire nessuno. » Era la prima vera volta che ne discutevano senza muri e barriere a rallentare il corso della verità, Alice e Bart; era la prima vera volta che Alice lo percepì in seria difficoltà, riuscendo ad intuire quanto quella situazione potesse invero far soffrire lui in primis. Voltò nuovamente lo sguardo chiaro dal punto indefinito tra le montagne, la visuale dalla balconata sulla Torre, nei suoi occhioni scuri. Era la prima vera volta che il ragazzo si stava aprendo al riguardo. Lo studiava, Alice, sbattendo gli occhi smeraldo per captare ogni sfumatura di un Bart fragile, aperto, finalmente sincero. Messo a nudo. « Sono un codardo che non vuole affrontare la cosa. » O magari lo stiamo stati entrambi? « Questo mi porterà a perdere entrambe. » Aveva sempre avuto paura che il loro legame potesse andare in frantumi, Alice Astrid, ma non aveva mai riflettuto sul legame che Bart avesse con Max. In effetti, se era forte quanto lui aveva affermato con sicurezza, la sua rottura avrebbe potuto causare altre crepe, altrettanto profonde. E non invero era quello che Alice desiderasse, o avesse mai immaginato di volere. « Vuoi sapere a quale versione dovresti credere? Questi momenti insieme dovrebbero farti capire qual è la versione reale. » Erano belle parole, certo, bellissime, capaci anche di rapirla per qualche istante, ma la Grifondoro era ancora sul punto di esplodere, di dirgliene quattro e fargli capire quanto le sue parole di poco prima l'avessero destabilizzata, costringendola a rimettere in discussione tutto quello che aveva saputo su di loro fino a quel momento. Tante volte erano stati lassù in cima e mai, nemmeno mezza volta, avevano affrontato un argomento simile, né uno aveva confessato all'altro che l'avrebbe volentieri baciato, se fosse capitato. Sì, insomma, lo considerava talmente tanto lontano dal possibile, che con una frase e basta l'aveva totalmente spiazzata, incatenata al suolo, incapace di reagire in un solo modo che fosse coerente e lineare con quello che erano sempre stati Bart ed Alice. « È una situazione che mi mette in notevole difficoltà, non riesco a dividermi né a fare una scelta. Sono state le mie azioni a portare ad oggi questo discorso che prima o poi doveva essere affrontato. » Quante volte ho provato a farlo, non ricevendo risposta, eh Bart? Quanto dolore ci saremmo risparmiati? Lo guardava, Alice, esprimendo quei quesiti e tutta la malinconia del mondo, con quegli occhioni che non ce la facevano proprio più a resistere piuttosto che strabordare. « Non mi rende felice ignorarti in corridoio o dover ridere alle battutine di Max e Nana. » Un'omertà che ha bruciato per anni, dato che sapevi quanto fossimo amiche io e Nana. Cosa è accaduto tra noi. Sei l'unico a saperlo, anche se nemmeno tu non conosci tutta la storia. « Se deciderai di andartene e non volermi parlare più, capirei. » Aveva sostenuto il suo sguardo, Alice, come la vera leonessa che era, anche se il suo corpo aveva tremato impercettibilmente per tutto il tempo. Abbassò lo sguardo per raccattare i suoi pensieri, al termine di quell'inaspettato discorso; prese anche un respiro, mentre tornava a guardare l'orizzonte illuminato ora dalla luce puntellata delle stelle. Si concentrò su un punto, per poi trovare lo slancio, in una frazione di secondo, per guardarlo ancora. « Sai Bart, per assurdo ho avuto un discorso simile con Liv, la sorella di Max, proprio qualche giorno fa... Siamo compagne di stanza da anni, eppure lei ha scelto di andarsene perché crede che sia io a non rendermi conto del dolore che prova sua sorella. E può anche essere, voglio dire... non ci conosciamo nemmeno un po' in realtà, io e Max. » Ma il discorso non siamo io e Max, capisci dove voglio arrivare. Al solo ripensare ad Olivia Picquery, si morse il labbro inferiore, scacciando l'impulso di tirare fuori un dolore recentissimo e non ancora elaborato. « Vuoi sapere la verità vera? » gli chiese, non dimenticando nemmeno una delle parole pronunciate da lui poco prima, che le vorticavano in testa con tanta confusione da farle venire il capogiro. « A me non importa se mi sparla dietro o se sabota le mie interviste, se pensa di stare meglio in questo modo. Tentando di distruggere gli altri. Io non sono così. » Mi conosci. Forse tu, come pochi. Come nessuno. « A me interesserebbe solo ricevere il rispetto che io le ho sempre dato e lei non mi da per un motivo che non mi appartiene più, da chissà quanto tempo. » Scosse appena la testa, ripensando a Domiziana e al passato che non sembrava smettere di intrecciare le loro vite, contro la loro ferrea e dichiarata volontà. « Ma come ho chiesto a Liv di scegliere tra me e la sorella, non chiederei mai nemmeno a te di farlo. » Max adottava una politica ben diversa dalla sua, le parole di Bart l'avevano confermato poco prima, ma non le importava. Non l'avrebbe costretto a fare nulla che non volesse realmente fare e le sue parole, ad un tratto, le parvero addirittura più doverose del necessario. Sì, insomma... Era stato sorprendentemente... carinamente... e stranamente dolce. Le venne come l'impulso di abbracciarlo per fargli sapere che sì, ecco, poteva andare tutto bene, come avevano sempre fatto, ma non lo fece: scrutò il suo volto, sbattendo più volte le palpebre. « Non sei un codardo, Bart. Sei molto coraggioso invece. » Forse anche più di me, che ci ho messo mesi per baciare Louis Paciock. Gli disse, mentre una lacrima risalente a qualche minuto prima scendeva sul suo viso appena lentigginoso, ma le venne da sorridere. Gli sorrise, Alice. Gli sorrise e chiuse gli occhi, prima di ridurre la distanza che li separava. Si fece forza sulle braccine ossute e gli arrivò proprio di fronte al naso, non riuscendo a contenere l'impetuosità di un cuore che non smetteva di correre all'impazzata nel suo petto. Respirò un paio di secondi e riempì i polmoni di tutta l'aria possibile, prima di appoggiare delicatamente la mano destra sulla guancia di lui, accarezzandogli la pelle. Socchiuse poi gli occhi, appoggiando le labbra rosse su quelle del Serpeverde, sotto l'attenzione delle stelle che, quella sera, sarebbero state le loro guardiane.
     
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    Aveva notato lo sguardo della grifondoro rimasto dritto senza mai vacillare a differenza di quello di Bart che per tutto il discorso precedente non era riuscito a guardarla negli occhi per più di qualche secondo se non per la parte finale. «Sai Bart, per assurdo ho avuto un discorso simile con Liv, la sorella di Max, proprio qualche giorno fa... Siamo compagne di stanza da anni, eppure lei ha scelto di andarsene perché crede che sia io a non rendermi conto del dolore che prova sua sorella. E può anche essere, voglio dire... non ci conosciamo nemmeno un po' in realtà, io e Max. » Aveva avuto modo di conoscere Olivia nel corso dei suoi anni al castello e del suo rapporto con la sorella maggiore. L’amicizia va bene, ma la famiglia viene sempre prima di tutto. Un pensiero che non decise di condividere nonostante la sua idea di famiglia era incasinata per quello che aveva fatto la madre a lui ed i suoi fratelli, ma come avrebbe fatto Olivia anche Bart avrebbe scelto sempre i suoi fratelli rispetto ad un amicizia. Aveva capito il discorso di Alice, non proferì parola ascoltando la grifondoro che continuava a parlare: « Vuoi sapere la verità vera? A me non importa se mi sparla dietro o se sabota le mie interviste, se pensa di stare meglio in questo modo. Tentando di distruggere gli altri. Io non sono così. A me interesserebbe solo ricevere il rispetto che io le ho sempre dato e lei non mi da per un motivo che non mi appartiene più, da chissà quanto tempo.» E sull’ultima frase collego immediatamente il filo del discorso arrivando comunque al motivo principale dell’odio tra Alice e Max: Domiziana.
    «Ma come ho chiesto a Liv di scegliere tra me e la sorella, non chiederei mai nemmeno a te di farlo. » Perché siete diverse. Non voleva interrompere il discorso della grifondoro continuando a rimanere in silenzio, sentendo che Alice non aveva ancora finito di parlare. Notò subito delle lacrime rigarle il volto, ma Alice gli sorrise. « Non sei un codardo, Bart. Sei molto coraggioso invece.» Nel momento stesso che la grifondoro disse quella frase, Bart notò che le distanze tra i due si erano accorciate, più di prima.
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    «Graz… » Stava per risponderle, ma il gesto che fece la grifondoro bloccò le parole del ragazzo. La mano della mora si poggiò sul viso del serpeverde sentendo poi le soffici labbra della grifondoro sulle sue. Aspetta… Ricambiò il bacio di Alice mentre entrambe le mani si poggiarono dolcemente sul viso di Alice. Non rifiutò quel bacio, non lo avrebbe fatto, come già le aveva detto qualche minuto prima, ma il gesto della grifondoro una volta che tornarono a guardarsi negli occhi lo lasciò particolarmente basito.
    «Io… Ecco… » Le sue sicurezze andarono a farsi benedire dopo quell bacio, cosa significava realmente Alice per lui? Quel bacio lo aveva confuso più del dovuto. «Mi..Mi dispiace, devo andare. » Si allontanò lentamente da Alice recuperando la sua tracolla ed avviandosi verso le scale della torre, scappando nuovamente da una situazione che lo aveva messo in estrema difficoltà.
     
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    Muoversi nella notte era un'abitudine per Harvey, tanto che ormai conosceva quel castello meglio delle sue cazzo di tasche. Si nascondeva in ogni anfratto buio, passando del tutto inosservato; dopotutto quando cresci imparando a non svegliare quell'ubriacone di merda di tuo padre non puoi fare a meno di diventare una cazzo di piuma. Il suo vecchio aveva la tendenza a diventare manesco quando veniva svegliato all'improvviso. Dopo l'ennesimo occhio nero aveva imparato a camminare sulle fottute punte. Inoltre la notte era il momento perfetto per effettuare lo scambio. I clienti di V lasciavano i soldi dietro ad un mattone movibile, lui li ritirava e al suo post lasciava la tanto apprezzata erba. Ovviamente non erano tanto supidi da utilizzare lo stesso mattone, questo cambiava ogni settimana; a volte addirittura più spesso. Tolse quello segnato da V e trovò mezza del prezzo richiesto dalla ragazza. « Coglioni, non siamo mica una cazzo di impresa benefica. » Prese i soldi e dimezzò la dose che avrebbe dovuto lasciare, quegli stronzi avrebbero dovuto pagare per ogni fottuto grammo richiesto. Altrimenti tanto valeva che iniziassero a fumarsi il rosmarino. Mentre rimetteva tutto apposto sentì dei passi salire velocemente le scale, poteva essere l'acquirente, ansioso di mettere le mani sulla roba, così come un caposcuola o un prefetto. Harvey si tirò il cappuccio sulla testa e si nascose in un anfratto buio e polveroso che lo nascondeva ad occhi altrui. La figura era quella di una ragazza, corse velocemente verso la ringhiera; quasi come se stesse cercando di respirare più aria possibile. Solo quando il volto fu completamente illuminato dalla luna riconobbe Ella. Da quell'estate si erano semplicemente intravisti nei corridoi e alle lezioni in comune. Harvey aveva infatti il brutto di vizio di allontanarsi quando le cose si complicavano, quando toccavano corde più profonde. Lui era un casino, la sua vita era un cazzo di casino e l'ultima cosa che poteva fare era aiutare gli altri con la loro merda. Ma nonostante ciò non poteva certo rimanere in quel fottuto angolo per tutta la notte. «Direi che dobbiamo smetterla di incontrarci così no? » Di notte, completamente soli. « Non ti avevo preso per un animale notturno Ella. » Ma chi più di lui poteva capirla meglio?! I demoni escono dalla loro tana soprattutto di notte, quando la guardia è meno alta e le difese sono più facili da penetrare.


     
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    Torna a respirare solo dopo aver poggiato le dita contro il freddo della ringhiera, Ella.
    Piano, come ad aver paura di essere sentita anche dalla sua ombra per terra, il chiarore opalescente della notte le illumina il volto e le ciglia chiare. Ha avuto un incubo, ma è riuscita a calmarsi piuttosto in fretta — è tornata alla realtà lentamente, come Rudy le ha insegnato, mettendo mano a questo e a quello per stabilire un contatto.
    Il problema è arrivato quando non è più riuscita ad addormentarsi, allora ha chiuso le tende del baldacchino e ha letto un po’ alla luce della bacchetta. Ma neppure quello ha funzionato: faceva troppo caldo, sentiva la stoffa della camicia da notte appiccicata alla pelle ormai come un ulteriore strato. Non riusciva a respirare, faceva troppo caldo. E perciò ha deciso di alzarsi, Ella, di afferrare il primo cappotto lungo che si è trovata nell’armadio e gli stivali alti, per essere sicura di non avere freddo, ed infine lo zainetto di tela.
    Non è la prima volta che scappa dal dormitorio, per quanto sia difficile da credere — ha volte ha semplicemente bisogno di respirare. La Torre di astronomia è diventato un posto prediletto per schiarirsi la mente, e Max le ha insegnato quale percorso prendere per evitare, con un margine di rischio, Prefetti e Caposcuola.
    Ha portato con sé il libro per sicurezza, penzola fuori dalla tasca del cappotto, mentre la bacchetta la tiene nella manica, salda al polso grazie ad un elastico per capelli. Si sente già meglio — si passa una mano nella cascata di capelli perlacei, li prende e ne solleva una parte per una manciata di secondi. Il freddo le brucia le guance, ma è un dolore quasi piacevole — ha scelto un cappotto abbastanza pesante per minimizzare il problema perfino nella fretta di lanciarsi fuori, e per una volta è grata al suo istinto.
    « Direi che dobbiamo smetterla di incontrarci così no? », sobbalza assieme al suo stomaco, Ella, quando la voce taglia il silenzio. Non ha bisogno di voltarsi per capire a chi appartiene quella voce — è con una folata di vento che la sua attenzione si sposta per l’ennesima volta su di lui, su come ha sperato dopo il ritorno a scuola di sentire la sua voce di nuovo, possibilmente mentre si rivolge proprio a lei. Non riesce a capire perché non l’ha più cercata o non le ha più mostrato interesse dal primo settembre, da quando l’ha ignorata a King’s Cross, « Non ti avevo preso per un animale notturno Ella. »
    Ma in fondo è felice di vederlo. Sospira, Ella, arriccia gli angoli delle labbra in un sorriso imbarazzato, come presa in contropiede, «Dormo raramente», sono le uniche sillabe che gli dedica. Fa sporgere la bacchetta quanto basta per lanciare un Accio non verbale. Nasconde una piccola soddisfazione quando un paio di cuscini arrivano per terra dal piano di sotto. Li sistema per godere meglio della visuale mozzafiato che si presenta davanti ai suoi occhi — a debita distanza, ma abbastanza vicino. Si accomoda su quello a destra, posando un palmo a terra per reggere la posizione scomoda in cui scruta la volta celeste. «Non c’è un luogo simile, a Durmstrang», commenta, delicata come il miele, «È…», mozzafiato, ma si perde nella note.
     
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    « Dormo raramente » Un tratto che a quanto pare avevano in comune. Quando non era impegnato a sgattaiolare fuori dalla stanza di qualche compagna rimaneva sveglio nel proprio letto, impegnato a fissare il soffitto; solitamente con una sigaretta tra le labbra. Odiava ammetterlo ma quando era più piccolo le notti erano per lui infinite, soprattutto quando suo padre tornava a casa troppo ubriaco per rendersi conto di cosa facesse. Spesso urlava, sbattendo qualsiasi cosa gli capitasse tra le mani; maledicendo tra i denti la puttana che l'aveva abbandonato. Harvey rimaneva sveglio, fino a quando non lo sentiva collassare; a volte nel suo stesso vomito, altre nel suo letto. The night is dark and full of terrors. « Dormire è sopravvalutato...per quello ci sono sempre le lezioni di storia. » Solitamente erano le preferite del ragazzo per appisolarsi, solitamente sfruttava la sua posizione nascosta per chiudere gli occhi; il tono soporifero del professore faceva il resto. Due cuscini lo sorpassarono velocemente, salvo poi posarsi ai piedi della ragazza. Ella si sedette su quello di destra, lasciando al ragazzo l'altro. Harvey non poté fare a meno di chiedersi se quello non fosse un tacito invito a raggiungerla. Per quella sera aveva fatto esattamente ciò che doveva, l'acquirente sarebbe passato solo il giorno successivo a ritirare il suo prezioso acquisto. Nonostante ciò non si sentiva ancora pronto a tornare nel suo dormitorio. «Non c’è un luogo simile, a Durmstrang. È…», Spaventoso. Preferiva di gran lunga il panorama di giorno. Durante la notte l'unica cosa visibile chiaramente era la volta celeste, il resto era completamente avvolto nell'oscurità; quasi come se stessero fluttuando nel nulla. Raggiunse la ragazza, lasciandosi cadere al suo fianco sul secondo cuscino. « Se devo essere sincero vengo qua sopra per la solitudine, non proprio per il panorama. » E per affari. Ma dubitava che fare cenno a quel dettaglio fosse la cosa giusta da fare. Per il ragazzo erano semplici affari, il modo più facile per arricchire le sue tasche. L'ambiente in cui era cresciuto l'aveva lasciato con poco e niente, motivo per cui si era dovuto rimboccare le mani e fare di necessità virtù. « Come hai fatto a sgattaiolare qua sopra senza farti beccare dai prefetti di ronda? » Ella non era proprio una che passava inosservata e come lui veniva da una casata situata nei sotterranei; richiedeva una certa maestria risalire fino alla torre di astronomia senza essere beccati.

     
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    « Dormire è sopravvalutato… per quello ci sono sempre le lezioni di storia. », aggrotta un sopracciglio, Ella, lasciandosi scappare un sorriso divertito. «A me piacciono le lezioni di storia…», commenta, scostandosi la cascata di capelli da una spalla all’altra. Prevedibile, le dice una vocina sul fondo della testa, ma cerca di scacciarla subito per non cadere di nuovo nell’imbarazzo.
    Perde di nuovo l’attenzione nel buio che li circonda, dove in qualche modo si è sempre sentita a casa, come se la notte non facesse così paura, non davvero. La notte dopo una certa ora era tranquilla, ed Ella ormai era al sicuro — lo era perfino nei suoi sogni, e ce la stava mettendo tutta per cercare di ricordarlo.
    Sente distintamente il peso del corpo di Harvey cadere sul cuscino, ma continua a scrutare la volta celeste. « Se devo essere sincero vengo qua sopra per la solitudine, non proprio per il panorama. », si volta finalmente nella sua direzione, Ella, ma non completamente, «Mia madre amava questo posto, ma solo di notte, perché soffriva di vertigini, e di notte non poteva vedere nulla».
    Resta in silenzio, quindi, dopo essersi accorta di aver forse parlato troppo, distoglie lo sguardo, prima di sentire di nuovo la sua voce: « Come hai fatto a sgattaiolare qua sopra senza farti beccare dai prefetti di ronda? ».
    Le scappa un risolino, «Mia cugina Max mi ha insegnato il percorso migliore, e…», sorride, torna di nuovo a giocare con i capelli, li scosta sulla schiena, lasciandoli cadere all’indietro, «Con un po’ di fortuna, soprattutto», alza le spalle, «Sono silenziosa e passo facilmente inosservata, penso, quindi…».
     
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    «A me piacciono le lezioni di storia…» Non ne dubitavo. Harvey non era per niente sorpreso dalla cosa; dopotutto era una studentessa modello e a differenza del ragazzo non sfruttava i compagni come copertura per schiacciare un pisolino. « Vuol dire che adesso avrai una pessima opinione di me? » Cosa che la ragazza avrebbe decisamente dovuto avere per ben altri motivi. Il serpeverde aveva più difetti che pregi e li sventolava senza farsi troppi problemi in merito. «Mia madre amava questo posto, ma solo di notte, perché soffriva di vertigini, e di notte non poteva vedere nulla» Annuì semplicemente, invidioso del tono affettuoso che la ragazza usava nei confronti della madre; un affetto che lui aveva smesso di provare per la propria madre da moltissimo tempo. Le poche volte che la menzionava l'appellava con nomignoli poco lusinghieri; epiteti che probabilmente avrebbero sdegnato chiunque. Harvey fortunatamente era insensibile all'opinione altrui, sua madre era una stronza arrivista e tale sarebbe rimasta per il resto dei suoi giorni. « Beh sarà contenta che anche tu riesca a trovare un po' di pace qui sopra... » O perlomeno lo supponeva il ragazzo, non era esattamente ferrato in materia di rapporti materni. «Mia cugina Max mi ha insegnato il percorso migliore, e…Con un po’ di fortuna, soprattutto. Sono silenziosa e passo facilmente inosservata, penso, quindi…» Harvey non poteva fare a meno di fissare ipnotizzato i capelli della ragazza, lo ammetteva raramente ma aveva un debole particolare per le bionde. Si costrinse a riportare l'attenzione sul volto della ragazza, concentrandosi sulle sue parole. Quindi Max è tua cugina...il mondo era un fottuto buco di merda. Conosceva Max, quasi in maniera biblica, ma non gli sembrava il caso di sbandierarlo in quel momento. « Allora devo dire che hai imparato in egregiamente, una studentessa da eccezionale. » La ragazza non smetteva mai di stupirlo, era stregato dalla luce che emanava ma allo stesso dalle ombre che sembravano nascondersi dietro i grandi occhi azzurri. « Tua cugina ti avrà però avvisata che spesso puoi incontrare coppie intente a pomiciare... » se non a fare ben altro... La torre era di fatto una location piuttosto ambita, i più temerari sfidavano addirittura le basse temperature invernali.

     
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    « Vuol dire che adesso avrai una pessima opinione di me? », sorride, Ella, abbassa lo sguardo. Non potrei mai avere una pessima opinione di te — c’è qualcosa, qualcosa che ormai ha ben presente, ma non riesce a pronunciare ad alta voce. «In realtà…», interviene, con un fil di voce, «no… abbiamo gusti diversi, tutto qui», si stringe nelle spalle, si volta di tre quarti, sciogliendo le gambe per lasciarle stese, a riposare, così lunghe — oltre al cappotto si intravedono solo sprazzi di pelle, dal polpaccio in giù, eppure Ella si preoccupa che sia troppo, che a nessuno possono piacere delle gambe così lunghe.
    Non gli imporrebbe mai i suoi gusti in ogni caso — Ella si ritrova a girare intorno a quel pensiero, mentre nel buio pesto del cielo che circonda la torre una stella comincia a brillare sempre di più. «Sta morendo», alza il braccio, tenta di indicargli la stella che intende. Allora si avvicina un po’, per indicargliela meglio. L’astrologia l’ha sempre interessata, come conseguenza diretta dell’amore di sua madre verso il firmamento.
    Parlare della mamma non fa male, non così tanto — la sente, in fondo, solo a volte; ne è convinta, ma non l’ha mai detto a nessuno.
    « Beh sarà contenta che anche tu riesca a trovare un po' di pace qui sopra... », da più vicino riesce a scorgere uno strano luccichio nei suoi occhi. Ha bevuto un paio di bicchieri di vino solo una volta nella vita, Ella, eppure Harvey la fa sentire positivamente brilla — a tratti ubriaca, e deve ancora capire, da sola, se è una cosa positiva o meno.
    Non ci sono tante persone che sono a conoscenza della morte dei suoi genitori — Ella non si è mai ritrovata a spiegare nulla ad anima viva, ma è quasi certa che Max lo sappia, e di conseguenza anche le altre amiche. Ma è sorprendentemente facile mormorare che «Penso che sia contenta», ed alza le spalle, Ella, si stringe nel cappotto. «Non è più… con noi da qualche anno», allarga di poco il sorriso, cerca di non trasformarlo in una smorfia. Proprio come le è stato insegnato: le brave le ragazze sorridono, scuotono i capelli dorati e subiscono qualsiasi cosa venga loro lanciato. «Mio padre è morto per ultimo», la voce è più ferma, è più facile glissare sulla morte di quell’essere crudele — questo, però, non lo aggiunge.
    È tranquilla, abbastanza per considerare il rischio corso per raggiungere la torre come qualcosa che ne valga la pena. La calma, la fa sentire vicina alla mamma. Ed incontrare Harvey, forse, non è così spaventoso come poteva rivelarsi perfino da soli.
    « Allora devo dire che hai imparato in egregiamente, una studentessa da eccezionale.», sorride, Ella, con un pizzico di soddisfazione che le colora le guance. « Tua cugina ti avrà però avvisata che spesso puoi incontrare coppie intente a pomiciare... », quasi si strozza con la sua stessa saliva, Ella, in una reazione genuina ma così fuori luogo per le sue abitudini. «Non l’ha esattamente menzionato», arrossisce appena, Ella, senza la possibilità di controllare come veramente appare sotto alla luce argentea, «Però… immagino possa succedere», aggiunge. Incrocia le braccia sotto al seno, quindi, scrutando il profilo del Serpeverde con curiosità, «Tu… perché sei venuto qua, invece?», sussurra.
     
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