Torre di Astronomia

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    « In realtà…no… abbiamo gusti diversi, tutto qui » Vorrebbe dirle che si sbaglia, che se solo lo conoscesse fino in fondo avrebbe una pessima idea di lui. Harvey stesso non aveva una buona idea di sé, ma aveva imparato a conviverci. La vita non aveva fatto altro che tirargli addosso merda e lui non aveva fatto altro che adeguarsi a tutto quello schifo. Era un bene che fossero tanto diversi, molto probabilmente se Ella fosse stata simile a lui non l'avrebbe nemmeno presa in considerazione; non si sarebbe dato tanto disturbo. «Sta morendo» Segue la mano della ragazza, puntata verso una stella luminosa. Ora, se avesse minimamente prestato attenzione alle ore di astronomia, saprebbe che le stelle sono più luminose proprio prima di morire; ma purtroppo il serpeverde era un pessimo studente e le lezioni in cui prestava attenzione erano veramente poche. « Purtroppo Ella è la vita, per molti sarà anche meravigliosa...ma alla fin della fiera tutto muore. » In piche parole la vita era un merda e poi c'era la morte. Harvey infatti non era esattamente un'ottimista e non si illudeva di poter credere in qualcosa di meglio. « Penso che sia contenta. Non è più… con noi da qualche anno » E' sinceramente dispiaciuto per la ragazza, dal suo tono di voce si percepisce chiaramente l'affetto che prova nei confronti del genitore, un calore che lui non ha mai provato in vita sua. « Non sono un grande espero di madri, ma sono sicura che la tua lo sarebbe... » Sceglie di mettere da parte la sua esperienza di vita con le madri; sceglie di non inquinare l'idea che la ragazza sembra avere della propria di madre. Però non può fare a meno di pensare a quanto sia beffarda la vita; Ella costretta a vivere senza una madre che sembra amare, lui costretto a vivere con una madre che non vorrebbe nemmeno ricordare. La vita era proprio una gran Puttana. « Mio padre è morto per ultimo » E in quel momento ha la conferma che la ragazza ha amato la madre tanto quanto sembra aver odiato il padre; il tono è lo stesso che Harvey utilizza nei confronti della propria di madre e proprio per questo non si dice dispiaciuto. Se una persona come Ella, l'emblema delle dolcezza, riesce ad usare un tono tanto apatico non può fare a meno di credere che quell'uomo dovesse essere semplicemente orribile. « I miei sono entrambi vivi, ma per certi versi è come se fossero morti. » Un discorso che Harvey non ha alcuna intenzione di approfondire, preferisce infatti tenere per sé lo schifo di vita a cui i suoi l'hanno costretto. «Non l’ha esattamente menzionato. Però… immagino possa succedere» Più di quanto immagini. Lui stesso aveva apprezzato l'ebrezza di sfogarsi in quel luogo, nonostante il freddo offriva la privacy necessaria; privacy non garantita nei dormitori. «Tu… perché sei venuto qua, invece?» Perchè spaccio erba. Non è esattamente la risposta che la ragazza si aspetta di ricevere. Una parte di lui vorrebbe semplicemente dire la verità e vedere la reazione della ragazza, ma allo stesso tempo le esperienze passate gli hanno insegnato che a volte le menzogne sono meglio della verità. « Non sono qui per un appuntamento se ti può interessare... » Per fortuna, anche perchè essere beccato a pomiciare con un'altra da Ella non era qualcosa a cui teneva in particolar modo. « Si può dire che sono qui per affari, o meglio così li definisce V... » Dopotutto Veronica era la mente e lui il braccio di quella piccola e illegale realtà tra le mura di Hogwarts.
     
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    « Purtroppo Ella è la vita, per molti sarà anche meravigliosa...ma alla fin della fiera tutto muore. », non potrebbe trovarsi più d’accordo, Ella, ma il tono disilluso e pessimistico di Harvey le porta un piccolo sorriso sulle labbra — le sembra perfino più pessimistico di Rudy. «La vita è crudele e meravigliosa, Harvey», mormora, stringendosi nelle spalle, «È solo che… Hai mai letto Il piccolo principe di Saint-Éxupery?», domanda, interrompendosi di scatto — come sempre, quando non riesce a spiegare da sola un concetto si appoggia ai libri, ad un’analogia che può vedere solo nel suo mondo. «C’è un passaggio che recita Mais les yeux sont aveugles, il faut chercher avec le cœur, che-», sorride, abbassa gli occhi, scostando di nuovo i capelli, rendendosi conto che non è per nulla detto che Harvey possa sapere il francese, «Significa che gli occhi sono ciechi, ed è necessario vedere le cose con il cuore», spiega, in una traduzione non letterale, «È così che ci rendiamo conto che… in realtà la vita è meravigliosa, solo che bisogna… fermarsi a guardarla attentamente, e…», prende un respiro, tornando a guardare la stella, che brucia ancora prima di spegnersi. È la prima volta che riesce ad accorgersi di quel fenomeno in maniera così chiara, e ne resta affascinata e distratta per una manciata di secondi. «Dico solo che non bisogna sottovalutare la sola idea che siamo vivi, perché è così facile… morire», conclude, ritrovandosi a spezzare il silenzio con un sorriso divertito, in risposta alla piega esistenzialistica su cui è finita la conversazione.
    Ascolta Harvey commentare « I miei sono entrambi vivi, ma per certi versi è come se fossero morti », e lo osserva senza risultare invadente. Resta in silenzio, come in un invito silenzioso a continuare, se volesse condividere qualcosa o ne sentisse il bisogno. Dopo un tempo sufficiente, però, cerca di scacciare l’elefante nella stanza, «Io vivo con mio fratello, l’hai visto quando mi sei venuto a prendere…», accenna, accorgendosi improvvisamente di aver, però, sollevato un’altra questione delicata — il Midsummer. «Comunque gli voglio molto bene, sono felice- soprattutto dopo Durmstrang», ridacchia — la vita è più luminosa, in un certo senso. Si avvicina il più possibile a ciò che potesse sperare di chiamare normale, «Tu hai fratelli o sorelle?».
    C’è qualcosa, però, che continua a picchiettarle nella testa — il Midsummer, il Midsummer. « Non sono qui per un appuntamento se ti può interessare... », lo guarda prima con la coda dell’occhio e poi senza nascondersi, distratta dal suo profilo e da quanto rassicuranti sembrino quelle parole — perché siano rassicuranti è un quesito a cui Ella ha paura di avere già una risposta. Se ne rende conto forse solo ora quando, per una volta, lo ha incrociato da solo — è che ha una cotta, ha sedici anni ed ha una cotta ed è forse la sensazione più bella e terrificante del mondo. Vorrebbe dire qualcosa, ma la verità è che non sa cosa dire. « Si può dire che sono qui per affari, o meglio così li definisce V... », sgrana gli occhi, prima di aggrottare le sopracciglia, «Affari?», domanda, tra il divertito ed il confuso, «Del tipo?», tenta, piano.
     
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    «La vita è crudele e meravigliosa, Harvey» Storse il naso di fronte alle parole della ragazza, ma si trattenne dal dirle che vita in realtà era solo merda. Alcuni istanti potevano dirsi meravigliosi, ma se avesse dovuto mettere su una bilancia la merda subita e le cose meravigliose non aveva dubbi su quale dei due sarebbe risultato vincente. «È solo che… Hai mai letto Il piccolo principe di Saint-Éxupery?» Il ragazzo non poté fare a meno di ridere. Ringraziando mentalmente la ragazza per avere un'opinione tanto alta di lui. « Ella ti sembro uno che possa aprire un libro per il semplice piacere di leggerlo? Il massimo che leggo è la cronaca sportiva. » I suoi libri scolastici ad esempio erano ottimi fermaporta, oppure all'occasione ottimi cuscini per schiacciare un pisolino durante le lezioni. «C’è un passaggio che recita Mais les yeux sont aveugles, il faut chercher avec le cœur, che-Significa che gli occhi sono ciechi, ed è necessario vedere le cose con il cuore» Una parte di lui vorrebbe semplicemente alzare agli occhi al cielo, perchè per quanto si possa sforzare Harvey non è e non sarà mai un'ottimista. Se fosse stato uno sconosciuto a spiegargli quelle parole avrebbe semplicemente etichettato il tutto con un sono solo stronzate, ma qualcosa lo frenava dall'avere un approccio tanto brusco con la ragazza. «È così che ci rendiamo conto che… in realtà la vita è meravigliosa, solo che bisogna… fermarsi a guardarla attentamente, e…dico solo che non bisogna sottovalutare la sola idea che siamo vivi, perché è così facile… morire» Vorrebbe poter credere alle sue parole, essere in grado di vedere il mondo con gli occhi di lei, ma la società in cui lui era cresciuto era completamente diversa. Le persone sopravvivevano imbrogliando il prossimo, sfruttandolo a proprio piacimento per ottenere ciò di cui aveva bisogno. « Non rovinerò la tua visione della vita, dopotutto sono convinto che al mondo servano persone che la pensino come te...ma io?! Mi dispiace piccola, ma da dove vengo io la vita è semplicemente una merda. » La periferia di Londra era un mondo a sé, dove la delinquenza la faceva da padrona e dove ognuno guardava i propri interessi. «Io vivo con mio fratello, l’hai visto quando mi sei venuto a prendere…Comunque gli voglio molto bene, sono felice- soprattutto dopo Durmstrang» Oh se lo ricordava bene il ragazzo e non poteva negare che non era ansioso di incontrarlo nuovamente. «Tu hai fratelli o sorelle?» Più che fratelli o sorelle aveva delle zecche fastidiose, ma fino a prova contraria erano l'unica famiglia su cui poteva veramente contare. « Ho un fratello e una sorella più grandi...quando non sono ad Hogwarts vivo con loro e sono letteralmente una spina nel fianco. » Una piacevole spina nel fianco. Quando parla dei suoi fratelli sorride, quasi inconsapevolmente, perchè per quanto stronzi possano essere sarebbero i primi a correre in suo aiuto. « Mia sorella poi te la raccomando...è una so tutto io particolarmente fastidiosa. » E l'unica che sembrava preoccuparsi del suo andamento scolastico. «Del tipo?» La guardò di traverso, cercando di capire se volesse saperlo veramente o no. Poteva dirle la verità?! Harvey pensava che di fronte alla realtà dei fatti sarebbe semplicemente scappata; forse addirittura disgustata da tutto ciò che gli gravitava intorno. Il serpeverde pensava che forse era meglio lasciare che fosse lei a decidere, dopotutto non si era mai vergognato di ciò che faceva; e certamente non avrebbe iniziato a farlo ora. Prese lo zaino alle sue spalle e dalla tasca anteriore tirò fuori una canna perfettamente arrotolata. « Mi occupo di rifornire una certa domanda di mercato... » Accese la canna che aveva tra le dita e la portò immediatamente alle labbra, assaporando e gustando l'aroma dell'erba. La osservò attentamente, alla ricerca di quella delusione che era solito scorgere nel volto delle persone; una delusione di cui Harvey si nutriva.
     
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    « Non rovinerò la tua visione della vita, dopotutto sono convinto che al mondo servano persone che la pensino come te… ma io?! Mi dispiace piccola, ma da dove vengo io la vita è semplicemente una merda. », alla fine se lo aspettava, Ella, che non sarebbe stato d’accordo. Alza lo sguardo, per annuire sul da dove vengo io. Ha intenzione di chiederglielo, prima o poi, ma ora non sembra riuscire a tirar fuori il coraggio.
    Lo ascolta parlare dei suoi fratelli, e si lascia scappare una risata nel sentire: « Mia sorella poi te la raccomando...è una so tutto io particolarmente fastidiosa. », la sorella è quella su cui Harvey lascia una bonaria lamentela — perché lo vede, in realtà, glielo legge negli occhi quanto è legato ad entrambi i fratelli maggiori. «Invece gli vuoi bene… guarda, hai sorriso!», esclama, Ella, ritrovandosi a sorridere a sua volta, forse leggermente in soggezione — ce l’ha così vicino, molto più del solito, che le basterebbe sporgersi un po’ per sfiorare la sua mano con la propria. Sei così bello quando sorridi, vorrebbe dirgli, ma lo tiene per sé, la lingua incastrata tra i denti.
    « Mi occupo di rifornire una certa domanda di mercato... », ed Ella guarda quella mano che vorrebbe stringere infilarsi nello zaino, per tirare fuori quella che a prima occhiata sembra una sigaretta. Uno sguardo più attento, però, le dà il permesso di intuire qualcos’altro — anche l’odore sprigionato nell’aria è diverso da quello del tabacco che brucia, portandola a corrugare le sopracciglia nel tentativo di capire. Riesce a farsi una vaga idea solamente più tardi, dopo aver osservato Harvey fumare in silenzio, gli occhi pieni di curiosità. È magica?, vorrebbe chiedere — a sua discolpa, crescere sotto ad una campana di vetro non l’ha di certo aiutata a comprendere ogni anfratto del mondo. E l’erba è qualcosa di cui conosce l’esistenza, di cui ha sentito parlare di tanto in tanto, ma che di certo non ha mai visto o toccato con mano. Tuttavia, dopo un’attenta analisi — l’odore, che a dirla tutta non sembra nemmeno così male, la grandezza di quella che sembra una sigaretta ma con una forma diversa — decide di fingere di essere sicura di che cosa si tratti. «È- cannabis, no?», ma il proposito viene meno quando prova a parlare, dopo essersi resa conto di non avere nulla di intelligente da dire se non domandare. «Che cosa fa? Senti qualcosa… qualcosa di strano?», si ritrova a chiedere — in fondo, non le è mai capitato di ritrovarsi a discuterne ampiamente con qualcuno, soprattutto avendo la sostanza ad un palmo di naso. «Quindi la vendi agli studenti?», chiede, poi, «E quanto ci guadagnate, tu e… V.
     
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    «Mio padre verrà sicuramente a saperlo!» Era stata quella l’ultima frase con cui Savannah Hamilton aveva lasciato l’aula di Trasfigurazione, non prima di aver lanciato un’ultima occhiata al professore, certamente convinta che quella frase fosse servita a metterlo in guardia degli eventuali guai ai quali stava andando incontro. Si richiuse la porta alle spalle, arricciando il naso in una smorfia infastidita. Faticava ancora a credere a ciò che era appena successo. Era stata spedita in punizione. Lei, Savannah Tiffany Hamilton, in punizione. Era così assurdo che per un attimo si chiese se non si trattasse tutto di uno scherzo. Forse, tra non molto, il professore avrebbe riaperto la porta, dicendole di rientrare, che era tutta una messa in scena. Punizione. Le labbra si univano una sola volta per pronunciare quella parola. Da quando rifarsi il trucco in classe era diventata una questione così grave? Sfilò il cellulare dalla tasca della gonna, rigirandoselo tra le dita per qualche secondo mentre, a passo deciso, procedeva in direzione della Sala Comune. Come per ogni cosa che non le andava bene avrebbe voluto tirarne fuori un affare di stato. Fare un po’ di polemica nel gruppo con le ragazze le sembrava la cosa migliore da fare, ma proprio mentre era intenta a digitare i primi insulti, si fermò di colpo. Loro erano ancora a lezione e sicuramente non avrebbero potuto risponderle e ciò non le piaceva: quando Savannah aveva bisogno di sputare veleno addosso a qualcuno, necessitava di un botta e risposta con chiunque fosse in grado di darle appoggio. Rientrata nel dormitorio, si precipitò nella sua stanza, lanciando la borsa sopra l’enorme letto che si era fatta spedire l’anno precedente. Tremava. Era furiosa. Aveva l’impellente bisogno di riprendere possesso del proprio corpo. Aveva bisogno di sentirsi padrona di sé stessa. Si precipitò in bagno, afferrò l’elastico precedentemente abbandonato sopra il lavandino e si legò i capelli senza troppa cura. Prese lo spazzolino da denti. Il cuore le batteva all’impazzata, come ogni volta. Si sentiva potente, mentre lo faceva, si sentiva in grado di decidere, consapevole delle sue scelte. Inspirò profondamente premendo il manico dello spazzolino infondo alla gola.
    [...] Ore sedici e trenta. Savannah si guardò intorno. Gli occhi erano tutto ciò che riusciva a muovere. Il suo corpo era entrato in uno stato di autodifesa: meno si sarebbe mossa meno possibilità aveva di entrare a contatto con il lerciume circostante. L’aria era pregna di umidità e polvere. Fissò gli stracci e i secchi d’acqua in un angolo. Non erano per lei, vero? «Dico.. C’è un motivo valido per cui te ne stai lì fermo come un babbeo o la mia punizione è condividere il mio spazio con te?» Il custode la guardò accigliato. Le sue guance cadenti ricordavano a Savannah un cagnolino. «Ragazzini impertinenti..» ringhiò più tra sé e sé che rivolto alla Serpeverde. «Una volta le punizioni servivano a lasciare un segno deciso.. Le segrete risuonano ancora delle grida di quegli studenti..» Sul suo volto comparve quello che doveva essere un sorriso. Savannah roteò gli occhi, incrociando le braccia al petto. «Oggi avrai una compagna di giochi, signorina.» Come? «A quanto pare non sei stata l’unica ragazzina impertinente questa mattina.. Ma pensa positivo: c’è abbastanza lavoro per entrambe, qui..» Il custode si interruppe, attirato dal rumore di passi che si udivano dalle scale. Anche Savannah si voltò a guardare e fu a quel punto che la vide. I suoi occhi chiari si spalancarono come se avesse appena visto uno spettro. TU. Pensandoci poi, forse non si sarebbe dovuta stupire così tanto: sapeva con certezza che Zelda non era nuova di punizioni. «In ritardo come al solito, Miss Kane.» borbottò l’uomo dalle guance da cocker. Forse si credeva simpatico. «Tra un paio d’ore tornerò qui e mi aspetto che questo posto brilli come uno specchio.» Con una mano indicò quei secchi che tanto Savannah temeva. «Poiché qui avete tutto il necessario, non vi serviranno le bacchette, perciò me le darete e ve le ridarò a termine delle due ore.» «Due ore? Per questo posto serve un miracolo, non certo due ore sbottò la ragazzina, incrociando le braccia al petto. «Inoltre, preferirei una punizione da svolgere da sola e non in compagnia..» «Non me ne frega niente delle tue preferenze, signorina.» Savannah si irrigidì. Avrebbe voluto tirargli un pugno. Riluttante, consegnò la bacchetta. Alzò il mento, arricciando le labbra. «Non mi resta che augurarvi buon divertimento. Ci vediamo tra due ore, signorine.» Due ore. Savannah si guardò Zelda con la coda dell'occhio. Sarebbe stato un tempo infinitamente lungo.
     
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    Il fatto che Zelda Kane si ritrovi in punizione, per l'ennesima volta, non è di certo una novità. Anche i suoi stessi compagni di squadra sapevano che sarebbe successo quando Wilson Carter, riserva di Serpeverde, nell'entrare in campo dando il cambio a Grifondoro per l'allenamento della sua squadra, prima ha preso a fare lo splendido, con battutine varie ed eventuali ai danni della bionda, trovando terreno fertile nelle rispostacce di lei, incattivendosi pian piano per poi sfociare in una frase di assai dubbio divertimento. "Ma la scopa come fa ancora a reggerti senza spezzarsi?" E lì Zelda, senza nemmeno pensarci un secondo, gli si è avventata addosso, mollandogli un pugno sul naso, pronta a caricarne un altro se Asa non l'avesse presa di peso per allontanarla. Scalciante e urlante, furente e rossa in volto nel sentire il lamentio falso di Carter in sottofondo, è stata messa immediatamente in punizione, con la minaccia fantasma della sospensione da presentare al preside ad aleggiare tra lei e il prof di Volo. « Quindi quel coglione mi dà della cicciona e sono io ad essere minacciata di venire sospesa. Quando finirà questa montagna di merda? » Parlotta tra sé e sé, Zelda, mentre fa le ultime scale che la conducono alla Torre di Astronomia, lì dove le è stato detto che sconterà la sua punizione. E' particolarmente stanca, è evidente. Si è fatta anche un bel pianto in bagno dopo aver lasciato il campo, un po' perché ha anche il ciclo, un po' perché per quanto si sia sempre piaciuta esattamente così com'è, lasciandosi scivolare addosso i vari commenti che crescendo fuori dallo schema della ragazza dalla gambe lunghe da modella, toniche, dal corpo privo di grasso, le sono arrivati, ci sono delle volte che certe frecciatine la colpiscono in pieno, quando è più fragile, quando si guarda allo specchio e si vede diversa. Si sente diversa. Ho la faccia rotonda e la guance da criceto paffuto, ho la pancia morbida e qualche volta gonfia, ho le cosce grosse e i fianchi larghi. E allora piange, di frustrazione, di rabbia, perché lei si piace e certi commenti la fanno dubitare della sua capacità di giudizio. E quando lo fa si incazza ancora di più perché "Ma chi cazzo ti credi di essere? Perché ti sto dando tutta questa importanza?" Ed è allora che cerca di rimettere tutto in prospettiva, cercando di calmarsi, sente di essere effettivamente più rilassata, ma poi mette piede nella stanza e le crolla nuovamente il mondo. Non oggi. Davvero, non ho le forze pure per te. Perché se sperava di passare qualche ora in santa pace, ad ascoltare musica durante le pulizie, ormai ben abituata a farlo, passare quel tempo con Savannah Hamilton sarebbe stato un inferno. Un suicidio assistito. Fa un cenno di saluto al custode, un po' per prenderlo per il culo, per poi fissare gli occhi ambrati sulla figura della bionda. «Inoltre, preferirei una punizione da svolgere da sola e non in compagnia..» Oh, principessa, da sola altro che due ore. Ti verrebbero a tirare fuori per i MAGO. Forse, nello scenario migliore, proprio ad andarti bene vedendo la faccia schifata che hai in questo momento. Alla fine il custode le abbandona alla loro sorte, con le due bacchette ben strette tra le dita, e la biondina si porta entrambe le mani ai fianchi, guardandosi attorno come a voler valutare il da fare. « Tanto che sei stata così gentile ed educata da sottolinearlo, sappi che anche io preferirei lavorare da sola. Ma non si può avere tutto dalla vita. » Ops, evidentemente i soldini di papino perdono di valore dentro i confini di Hogwarts, che disdetta. Si stringe nelle spalle portandosi verso la parte sinistra della stanzetta incolta. Prende un secchio e uno straccio per poi decidere di cominciare dalle finestre, talmente zozze da non riuscire a filtrare più la luce nella stanza. « Direi che possiamo dividerci la stanza a metà, faremo prima. » Dato che la lingua della Hamilton sembra essersi persa per strada, conduce lei i giochi. Immerge il panno nell'acqua, lo strizza e prende a passarlo sul mosaico che un tempo, forse, era pure di varie sfumature oltre il marrone cacca. « Sai come si fa o hai bisogno di una mano? » Solo dopo qualche minuto, se ne esce così, voltandosi a guardarla per poi sorridere con una certa dose di angelicità. E se vuoi una mano, devi proprio chiedermela.


    Edited by anesthæsia¸ - 27/5/2021, 17:31
     
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    Trovarsi faccia a faccia con Zelda Kane era una di quelle esperienze di cui Savannah avrebbe fatto volentieri a meno. Per un lungo periodo, per la Hamilton, incrociare la figura della Grifondoro significava farsi assalire dall’irrefrenabile desiderio di stringerle le mani attorno al collo oppure di darle un bel pugno in faccia. L’unico pensiero a farla resistere era che non valeva la pena sporcarsi le mani con lei. Anche perché Zelda, chiaramente, era una persona che se la prendeva troppo. Insomma, alla fine la colpa era di Harvey che si era lasciato abbindolare facilmente nonostante fosse impegnato sentimentalmente. Savannah non era certo partita con il presupposto: “Sta con la Kane, allora lo voglio.”. Per lei, il giovane Marshall era stato come un bel vestito messo in vetrina durante i saldi a cui lei non aveva saputo resistere. Ma come ogni abito della Hamilton, indossato per un po’, alla fine veniva accantonato infondo all’armadio, dimenticato, verso il quale perdeva interesse perché “della stagione scorsa”. Era stata lei quella meschina, quella che si era presa Griffith solo per farle un dispetto, i cui schiamazzi erano stati uditi da tutti i partecipanti alla festa. Era riuscita a ferirla, molto più di quanto volesse dare realmente a vedere. Era passato del tempo e, dal desiderio di tirarle un pugno, era passata al bisogno di volerla ignorare. Si perché vederla significava infilare il dito nella piaga, premere in quella cicatrice chiamata Griffith senza sapere se avrebbe sanguinato ancora. Nel momento in cui il custode lasciò la torre, in questa scese un profondo silenzio. Bene, aveva pensato la Hamilton, facciamo passare queste due ore insieme e poi ognuna per la sua strada. Si avvicinò ad uno dei secchi, chinandosi in avanti, specchiandosi nella superficie torbida dell’acqua. Disgustoso. « Tanto che sei stata così gentile ed educata da sottolinearlo, sappi che anche io preferirei lavorare da sola. Ma non si può avere tutto dalla vita. » La Hamilton roteò gli occhi, sollevando pigramente la testa in direzione della Grifondoro, rimuginando sull’ultima frase. «E chi lo dice?» ribatté sollevando le spalle solo per un attimo. Che frase da sfigati.. La gente tendeva spesso a mascherare i propri insuccessi dietro quella frase. Per Savannah il suo significato era “Non ci sono riuscito, quindi incolpo il fatto che la vita avrà altre cose in serbo per me..”. Patetico. La guarda, mentre questa si avvicina alle vetrate luride della torre. « Direi che possiamo dividerci la stanza a metà, faremo prima. » Savannah fece scorrere lo sguardo da una parte all’altra del perimetro, come un animale in gabbia in cerca di una via di fuga. Dubitava che avrebbero fatto “prima”. Neppure un professionista sarebbe riuscito a tirare a lucido quello schifo in così poco tempo. Non può fare a meno di esibire un’espressione raccapricciata nel momento in cui la Kane immerse lo straccio nel secchio pieno d’acqua. A quanto pare è vero ciò che si dice sull’incosciente coraggio dei Grifondoro.. Savannah inspira e l’aria colma di polvere le fa pizzicare il naso. Le pizzicano le braccia. Ha l’irrefrenabile bisogno di grattarsi. « Sai come si fa o hai bisogno di una mano? » Cavolo, se aveva bisogno di una mano.. Ma un conto era averne la consapevolezza, un altro era esternarlo. «Probabilmente anche tu avresti bisogno di una mano se avessi una manicure da dieci galeoni..» alzò entrambe le mani, allargando le dita e mostrandolo alla Kane il suo smalto fucsia brillante spennellato alla perfezione sulle sue unghie curate. «Credo che userò questa.» si avvicinò alla scopa, brandendola tra le mani con un po’ di impaccio, per poi passare le setole sopra una delle pietre della pavimentazione, come a volerne testare il funzionamento. Trucioli e polvere si accumularono a formare una linea di sudicio. Respira profondamente, Savannah. «Ti chiedo di non esultare troppo nel caso dovessi finire prima la tua metà..» le parole le uscirono istintivamente. Non avevamo deciso di ignorarla, Saw? Alla fine non erano amiche. A suo parere poteva lanciarle tutte le frecciatine che voleva. Riferimenti a fatti o persone non sono mai puramente casuali.. «Tutto il castello è a conoscenza del fatto che sei bravissima a gridare.» disse con noncuranza, come se fosse una cosa da niente, un qualcosa detto con leggerezza, come se parlassero del tempo. Alla fine non aveva detto nulla di male, no? Solo la verità.



     
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    «E chi lo dice?» L'espressione stizzita sul volto della bionda la fa sorridere, lasciando intravedere la vaga vena di compassione che sta provando per lei in quel frangente. « Il fatto che tu sia qui. » Non ha bisogno di aggiungere altro, è già abbastanza patetica la scena di lei che prende a guardare il secchio ai suoi piedi con sul volto le chiare tracce della voglia spasmodica di suicidarsi, seduta stante. Forse contribuisce anche la mia presenza e non posso che dirmi soddisfatta della cosa. Perché Zelda ce l'ha avuta a morte con Savannah. L'ha detestata a tal punto da aver acconsentito alla proposta di Tux di dedicarle una sua specialissima bambolina voodoo con la quale giochicchiare, di tanto in tanto, senza dare effettivi risultati. Non che ci abbia mai creduto veramente, dopotutto. Eppure l'ha sperato, di farle male. Anche solo una parvenza di quello che Savannah ha fatto lei, consapevolmente o inconsapevolmente che fosse. Anni dopo, comunque sia, è piacevole ritrovarti qui. La tua faccia mi ripaga quasi di tutto. Pensa, con una bella dose di soddisfazione, fissando la porzione di vetro che lentamente sta tornando al suo status naturale, dopo svariati cerchi che la sua mano compie sopra di esso. «Probabilmente anche tu avresti bisogno di una mano se avessi una manicure da dieci galeoni..» Rotea gli occhi color nocciola al cielo, scrollando appena le spalle che continua a darle per proseguire nel suo lavoro. « Ho come l'impressione che anche senza la manicure dall'equivalente di più pasti per i senzatetto di Hogsmeade avresti avuto bisogno di una mano. » E questa volta la fissa con un sopracciglio alzato e con una buona dose di divertimento, mentre brandisce la scopa per pulire a terra. Mio Dio come vorrei registrare questa scena per riguardarmela quando mi sentirò un po' giù. « Tranquilla, è solo questione di minuti e imparerai a padroneggiare l'arte alla perfezione. » Sorride, nuovamente angelica, mentre torna alle sue faccende, quando la bionda prende a parlare, facendo domandare a Zelda dove voglia arrivare. Aspettando con curiosità la chiusa della sua luminare affermazione. «Tutto il castello è a conoscenza del fatto che sei bravissima a gridare.» Ma quindi mi stai effettivamente dando tutta questa importanze? Davvero Savannah? Ridacchia, tra sé e sé, decidendo istintivamente che se la Hamilton ha sferrato il primo attacco, chi è lei per tirarsi indietro dal campo di battaglia? Sarebbe davvero irrispettoso da parte mia. « Oh, per quanto mi piacerebbe prendermi tutto il riconoscimento di ciò, sappiamo bene che il merito è tutto di Griffith. » Risponde facendo spallucce per poi lanciarle un'occhiata angelica da sopra una delle due. « Quindi tranquilla, questa volta le tue orecchie sono al sicuro. » Prosegue con mirata lentezza, così dannatamente in contrapposizione con i gesti frenetici invece che mette nel pulire la finestra. « Anche perché non stiamo mica facendo una gara, no? » Non siamo mica 1 a 1 palla al centro da due anni, no. E Zelda non è una persona minimamente competitiva, no. Infatti non ha già quasi finito una delle due finestre dalla sua parte, figuriamoci. « Oppure mi vuoi far credere che sia così? Che la principessina è scesa dal piedistallo per degnarci tutti della visione della sua manicure perfetta? » Questa volta si volta, con lo straccio sporco ancora stretto tra le dita, lo sguardo ambrato carico di sfida. « C'è qualcosa che vuoi per caso dirmi, Savannah? »
     
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    « Il fatto che tu sia qui. » Merlino, fulminami adesso. «Immagino tu conosca il significato della parola “inconvenienti”.» Si strinse nelle spalle, usando un tono delicato, come se quella fosse una frase detta a caso tra amiche quando in realtà non c’era niente di leggero in quelle parole. Per quanto le dolesse ammetterlo, il tasto “Griffith” le coceva ancora. Detestava l’idea di poter dare a qualcuno la possibilità di accorgersene. Probabilmente avrebbe preferito gettarsi dalla finestra di quella torre pur di dare l’impressione che quello scemo fosse stato più importante di quanto avesse mai ammesso. Se in quegli anni qualcuno aveva provato ad insinuare qualcosa, lei aveva imparato a mostrare un totale disinteresse. Un’attrice nata. « Ho come l'impressione che anche senza la manicure dall'equivalente di più pasti per i senzatetto di Hogsmeade avresti avuto bisogno di una mano. » Oh, ma allora mi trovo davanti alla buona samaritana del Mondo Magico. Quale emozione! Savannah roteò gli occhi, dischiudendo appena le labbra carnose, dalle quali uscì un piccolo sospiro. Nonostante fosse nata in una famiglia agiata, la Serpeverde non era totalmente a conoscenza del fatto di quanto la sua vita fosse privilegiata. Sapeva di essere fortunata, era conscia che non tutti avessero le sue stesse possibilità e, mentre suo fratello si era mostrato sempre molto propenso alla beneficienza e affari del genere, lei, dal suo canto, raramente si era mostrata sofferente a ciò che le accadeva intorno. Forse era ancora troppo giovane e troppo poco matura. Era comunque abituata a ricevere osservanze sul suo costoso stile di vita, anche attraverso i social. In verità non ci aveva mai dato troppo peso. Era solo una ragazzina tremendamente viziata. « Tranquilla, è solo questione di minuti e imparerai a padroneggiare l'arte alla perfezione. » Le rispose con un sorriso, ma se Zelda era stata incredibilmente brava a mascherare il suo sotto sembianze angeliche, la Serpeverde non fu altrettanto in gamba. Piantò lo sguardo sulle piastrelle del pavimento, rendendosi conto che non bastasse un passaggio per eliminare la sporcizia di cui erano ricoperte. Non vedeva l’ora di tornare in dormitorio e gettarsi sotto la doccia. A causa dei suoi occhi piantati a terra con riuscì a vedere la reazione che le sue parole suscitarono nella Grifondoro e nonostante la voglia di alzare lo sguardo fosse incontrollabile rimase cocciutamente nella sua posizione. « Oh, per quanto mi piacerebbe prendermi tutto il riconoscimento di ciò, sappiamo bene che il merito è tutto di Griffith. » Fu come essere colpiti allo stomaco: un dolore profondo che le fece venire la nausea. Le dita si strinsero di più attorno al manico della scopa, ma l’orgoglio le impedì di interrompere i propri movimenti. Si morse la guancia, tentando in ogni modo di non cambiare la sua espressione, di non mostrarsi troppo ferita, come in realtà si sentiva. Avrebbe voluto andare lì e darle un pugno. Un pugno in quel suo bel nasino e fracassarglielo. Si perché l’arma migliore di Savannah Hamilton era un’affilatissima lingua biforcuta, ma quando qualcosa ti ferisce in modo così primitivo l’istinto è quello di rispondere in modo altrettanto selvaggio. Ma rimase lì, in silenzio, col battito del cuore che le rimbombava nelle orecchie. « Quindi tranquilla, questa volta le tue orecchie sono al sicuro. » «Che fortuna.» si lasciò sfuggire con altrettanta lentezza, vomitando in quelle due parole l’acido che aveva nello stomaco. « Anche perché non stiamo mica facendo una gara, no? » No, infatti, Kane. « Oppure mi vuoi far credere che sia così? Che la principessina è scesa dal piedistallo per degnarci tutti della visione della sua manicure perfetta? » Fu solo a quel punto che alzò lo sguardo, puntandolo sulla figura longilinea di Zelda. « C'è qualcosa che vuoi per caso dirmi, Savannah? » Inspirò a fondo in modo che l’aria le riempisse i polmoni. Doveva mantenere la calma. «In realtà ci sarebbe una cosa che vorrei dirti. Un consiglio da amica, Kane..» alzò le spalle, stringendosi in esse e dando un paio di colpi al pavimento con la scopa. «Mi spiego meglio: non che tu sembri una tipa per bene -lungi da me dirlo-, ma ti facevo -come dire- diversa...» Alzò lo sguardo, cercando i suoi occhi. «Non pensavo tu fossi una sciacquetta che fa certi show ad una festa.» Le sorrise. Un sorriso falso come la banconota da un galeone. Tutto d’un tratto alzò le mani, come per dichiararsi innocente. «Cioè, non sono io a dirlo, ma quelle sciocche scritte sulle pareti del bagno. Ma non farci caso.. Chi sa retta a certe cose, mhm?» Altro sorriso innocente. «Nessuno, credimi..»



     
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    «In realtà ci sarebbe una cosa che vorrei dirti. Un consiglio da amica, Kane..» Un sorrisetto compare sulle labbra della biondina. « Devo essermi persa il momento in cui siamo diventate amiche, Savannah. » Ribatte immediatamente, tenendo a sottolineare il fatto che, per quanto la signorina Hamilton voglia a tutti i costi farla sentire inadeguata, prendendone le distanze usando il suo cognome, lei d'altra parte vuole rimetterla con i piedi per terra chiamandola per nome. Perché non sei niente di più di me, cara mia. «Mi spiego meglio: non che tu sembri una tipa per bene -lungi da me dirlo-, ma ti facevo -come dire- diversa...Non pensavo tu fossi una sciacquetta che fa certi show ad una festa. » Fortuna vuole che è girata di spalle altrimenti Savannah si sarebbe ritrovata ad essere spettatrice di un particolare spettacolo emozionale di tutto rispetto, con tanto di narici allargate e soffiata dal naso. Ti viene bene che non sono un drago, altrimenti neanche finivi di parlare che eri già liquefatta sul pavimento. Cerca di calmarsi perché è evidente, se solo si girasse in quel momento, l'unica cosa che farebbe sarebbe caricarla e buttarla a terra, per poi rifarle i connotati del volto. Senza se, senza ma. «Cioè, non sono io a dirlo, ma quelle sciocche scritte sulle pareti del bagno. Ma non farci caso.. Chi sa retta a certe cose, mhm? Nessuno, credimi..» Si passa la lingua tra le labbra, continuando a pulire per non darle la soddisfazione di pensare che si sia bloccata perché le sue parole l'hanno ferita. Anche perché, in tutta onestà, non è così. Si sente dare della troia da quando, a quattordici anni, si è presa la mononucleosi. Per aver bevuto dal bicchiere di suo nonno. Puttana invece lo è diventata quando è uscita dal bagno dei maschi ad una festa. Perché il bagno delle femmine è sempre occupato. Zoccola è l'insulto che le è stato affibbiato quando è diventata capitano. "Perché chissà quanti lavoretti hai fatto al prof per essere lì dove sei". Se prima l'avere quella reputazione la feriva, ora la fa solo incazzare. Perché le apparenze non solo ingannano, ma perculano a tal punto da far passare una patetica vergine come la miglior battona su piazza. E se anche avessi urlato veramente in quella stanza, perché Griffith mi stava regalando la miglior scopata della vita, che problema ci sarebbe stato? « Da quando urlare per un orgasmo equivale ad essere una puttana? E' fisiologico, è una risposta scientifica. » Alla fine si scioglie in una risposta che boh, non sa nemmeno lei se sia giusta o meno, ma chissene frega, immagino che pure tu non ne sappia nulla di biologia. « Comunque hai ragione, meglio non credere alle stronzate che scrivono nei bagni. Sono solo maschi che hanno bisogno di fingere che ce l'abbiano più grosso di quanto madre natura gli abbia donato, dico bene? » Inclina la testa di lato lanciandole un'occhiata da sopra la spalla. « Altrimenti si dovrebbe credere che tu abbia fatto davvero un servizietto a due ragazzi nel Bagno dei Prefetti. » Sorride, questa volta più amaramente. « O che il numero scritto vicino a "Savannah gran pompinara", sulla porta del bagno del Testa di Porco sia effettivamente il tuo. E potrei continuare per almeno un altro po' a raccontare le fesserie che dicono. » Si stringe nelle spalle, passandosi poi una mano sul mento. « Che poi.. "Non sembri una tipa per bene", da che pulpito signori. » Un sorrisetto derisorio si profila sulle sue labbra. « Perché nella tua favoletta sei tu la bella persona? Ironico, veramente. »
     
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    « Da quando urlare per un orgasmo equivale ad essere una puttana? E' fisiologico, è una risposta scientifica. » Tana per te, tesorino.L’angolo destro delle sue labbra si sollevò verso l’alto, pur continuando a guardare da un’altra parte. Non aveva bisogno di guardarla in faccia per capire la leggera irritazione di cui quella frase era intrisa. La Hamilton continuò a spazzare il pavimento, muovendo la scopa con piccoli movimenti a destra e a sinistra, e fu solo allora che, corrosa dalla curiosità, guardò la Grifondoro con la coda dell’occhio. «Bhè, non è esattamente come dici quando la risposta scientifica viene udita praticamente da tutto il castello.» Si strinse nelle spalle, roteando gli occhi mentre il suono della sua voce trillava nell’aria come un campanellino leggero. Perché Savannah non ci capiva molto di scienza, sicuramente, ma in modo altrettanto appurato ci capiva sicuramente di sesso. E, diamine chi ululava in quel modo durante l’amplesso se non una selvaggia priva di qualsiasi tipo di buone maniere come Zelda Kane? Pateticamente esagerata. « Comunque hai ragione, meglio non credere alle stronzate che scrivono nei bagni. Sono solo maschi che hanno bisogno di fingere che ce l'abbiano più grosso di quanto madre natura gli abbia donato, dico bene? » Solleva le spalle, in tutta risposta, senza sforzarsi troppo di nascondere quanto poco le interessasse quell’argomento. Nonostante ciò, non le sfuggì quel suo sguardo, uno sguardo che presagiva niente di buono. E infatti.. « Altrimenti si dovrebbe credere che tu abbia fatto davvero un servizietto a due ragazzi nel Bagno dei Prefetti. O che il numero scritto vicino a "Savannah gran pompinara", sulla porta del bagno del Testa di Porco sia effettivamente il tuo. E potrei continuare per almeno un altro po' a raccontare le fesserie che dicono. » Se la Kane le avesse detto quelle parole qualche mese fa, probabilmente le sarebbe saltata al collo senza troppe cerimonie. Era stata Meredith Scott a raccontarle che qualcuno aveva scritto il suo numero sulla porta del bagno del Testa di Porco. C’era voluta neppure mezza giornata perché la ragazzina si precipitasse lì, armata di pennarello indelebile e aveva premuto la punta nera sopra quel numero. Non avrebbe saputo dire chi poteva averle tirato un tiro tanto mancino. Infondo, immaginava che il suo nome fosse sulla lista delle antipati di diverse persone anche fuori dal castello. Aveva minacciato Meredith di non farne parola con nessuno ma, a quanto pareva, la compagna di Casa non era stata la sola a leggerlo. A forza di usare la stessa risposta, però, aveva imparato a sembrare credibile nel pronunciare quelle parole. «Sai, tesoro, un conto è “far credere”, un conto è “dare la certezza” e a me nessuno mi ha vista uscire con due ragazzi dal Bagno dei Prefetti. Mentre per quanto riguarda te..» ... la certezza l’hai data a tutti quella sera. Lasciò la frase in sospeso, con un sorrisetto. Non era la prima storiella che sentiva nei suoi confronti, eppure non aveva mai fatto nulla per smentire quella e le altre. Bene o male, l’importante è che se ne parli. E Savannah Hamilton amava essere sulla bocca degli altri, per qualsiasi ragione. «Per quanto riguarda quel numero puoi chiamarlo se sei curiosa.» Incrocia i suoi occhi. «Magari chiunque risponderà potrà darti dei suggerimenti per quanto riguarda altre “risposte scientifiche” « Che poi.. "Non sembri una tipa per bene", da che pulpito signori. Perché nella tua favoletta sei tu la bella persona? Ironico, veramente. » Oh, quindi è questa la parte che ti ha dato maggior fastidio, tesorino? Divertente. «Favoletta? Oh, Zelda, sei così divertente!» e quella risatina che le esce dalle labbra sembra quasi sincera, ma in realtà non lo è affatto. E’ semplicemente brava a fingere, lo è sempre stata. «Guarda che non hai capito. Il mio era un complimento. E’ bello sapere che ci sia qualcuno di così.. Così.. Spontaneo da essere se stesso.» Certo. Un complimento. Ovviamente.



     
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    «Sai, tesoro, un conto è “far credere”, un conto è “dare la certezza” e a me nessuno mi ha vista uscire con due ragazzi dal Bagno dei Prefetti. Mentre per quanto riguarda te..» Scuote la testa con convinzione e un sorrisino profilato sulle labbra gonfie. « A pensare che ti ho pure dato l'opportunità di uscirtene dal pantano di slut shaming in cui ti sei deliberatamente tuffata di testa. L'amichetta tua, la Cousland che fa tanto l'influencer a cui interessano i diritti delle donne, specialmente quelli sul proprio corpo con tanto di battaglie a suon di post su Wizta, lo sa di questi tuoi amabili comportamenti mossi dal più puro degli spiriti di solidarietà femminile? » La fissa senza aver minimamente l'intenzione di abbassare lo sguardo. « Ma forse è così che funziona tra di voi altolocate. Ipocrisia a gogo dentro e fuori dagli schermi. "Io poxo ttt xké ho il cash del papi, bu uh!1!" » E qui ridacchia, mentre la prende deliberatamente in giro, cercando una sua reazione. Sperando vivamente di poterle rifare il naso insieme alla manicure distrutta dai lavori manuali. « Quindi i bei discorsi di solidarietà, yeah siamo tutte sistah unite contro il patriarcato, pussy power e compagnia ballante valgano soltanto per il ristretto cerchio dell'elitè di Hogwarts. O fintanto che il tuo ex ragazzo non si faccia scopare da qualcun'altra. Buono a sapersi. E sottolineerei la dicitura "ex" per rimarcare quanto questo livore, da parte tua, valga proprio come l'asso di denari quando la briscola è bastoni. Anche meno tesò. » Perché io almeno ho avuto la decenza di fingere con un ragazzo single. Tu hai deciso di prenderti quello che volevi, quando lo volevi, fregandotene di chi avresti ferito nel processo. Sei patetica proprio come Marshall. « Se siete voi coloro che dovranno davvero guidare il mondo magico di domani, siamo nella merda veramente. » Ridacchia, poggiando la schiena al muro di fianco alla vetrata che stava pulendo fino ad un istante prima, le braccia incrociate sotto il petto, in una mano ancora stretto il panno lurido ma ben strizzato. « Magari oltre ad insegnarti come si lavora veramente, magari ti tornasse utile un domani, posso insegnarti anche ad essere spontanea, ad essere te stessa e soprattutto dove puoi metterti i tuoi falsi complimenti e quei sorrisetti da paracula. » E così dicendo accenna ad uno di quei meravigliosi sorrisetti che all'altra bionda tanto piacere fingere. « Ti rode ancora il culo dopo anni per Griffith? Beh, tesoro, fattela passare, considerando che non eri nemmeno nella posizione perché notizia flash, giusto per ribadirlo: ti aveva lasciata. Pure malamente se non ricordo male. » La continua a fissare con una certa tranquillità che sembra non appartenerle. « Che poi, per curiosità, ce l'hai con tutti quelli che ci hanno scopato dopo di te? O è solo un trattamento speciale riservato alla sottoscritta? No perché te lo dico: credo proprio di essere stata seguita da una lista ben fornita. Se vuoi ti do qualche numero così puoi fare l'ex fidanzata psicopatica dall'atteggiamento passivo aggressivo anche con loro. » Pausa. « Delle belle chiamate minatorie nel pieno della notte ti si addirebbero, secondo me. » Arriccia le labbra, annuendo decisa.
     
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    « [...] la Cousland che fa tanto l'influencer a cui interessano i diritti delle donne, specialmente quelli sul proprio corpo con tanto di battaglie a suon di post su Wizta, lo sa di questi tuoi amabili comportamenti mossi dal più puro degli spiriti di solidarietà femminile? » Non può fare a meno di fissarla, per poi sospirare rumorosamente. Roteò gli occhi, scuotendo impercettibilmente la testolina bionda. Oddio, davvero, Kane? Ci stiamo riducendo a fare la morale? Che delusione.. «... Disse quella che per “solidarietà femminile” decise di colpire un'altra ragazza facendosi il suo ex ragazzo..» Attenta, Kane. Non mi sembri esattamente nella condizione di poter far valere i diritti delle donne in questo momento.. « Ma forse è così che funziona tra di voi altolocate. Ipocrisia a gogo dentro e fuori dagli schermi. "Io poxo ttt xké ho il cash del papi, bu uh!1!" » No, ok... Cosa sta succedendo? Ditemi che è un incubo... « Quindi i bei discorsi di solidarietà, yeah siamo tutte sistah unite contro il patriarcato, pussy power e compagnia ballante valgano soltanto per il ristretto cerchio dell'elitè di Hogwarts. [...] Se siete voi coloro che dovranno davvero guidare il mondo magico di domani, siamo nella merda veramente. » «Oh, ma smettila con tutti questi discorsetti sulla moralità. Dico sul serio: ti stai rendendo ridicola.» Poggiò il manico della scopa contro il muro di pietra per poi strofinarsi i palmi delle mani prima tra di loro e poi sulla gonna della divisa. Si sentiva terribilmente sudicia, come se tutta la sporcizia di quel posto le si stesse appiccicando addosso. « Magari oltre ad insegnarti come si lavora veramente, magari ti tornasse utile un domani, posso insegnarti anche ad essere spontanea, ad essere te stessa e soprattutto dove puoi metterti i tuoi falsi complimenti e quei sorrisetti da paracula. » Ok, Kane.. Ti stai impegnando a scavarti la buca da sola o la tua è proprio una dote naturale? « Ti rode ancora il culo dopo anni per Griffith? Beh, tesoro, fattela passare, considerando che non eri nemmeno nella posizione perché notizia flash, giusto per ribadirlo: ti aveva lasciata. [...] Se vuoi ti do qualche numero così puoi fare l'ex fidanzata psicopatica dall'atteggiamento passivo aggressivo anche con loro. Delle belle chiamate minatorie nel pieno della notte ti si addirebbero, secondo me. » Silenzio. Savannah non riusciva a staccare gli occhi da quelli della Kane, i suoi occhi brillanti e così sicuri, come un’antica fiera. Avrebbe voluto metterle davanti uno specchio per farle vedere quanto, in quel momento, fosse poco l’eroina che probabilmente pensava di essere. Ok. Adesso mi hai davvero rotto le palle, ragazzina. «No, dico davvero.. Ma ti senti minimamente quando parli?» Incrociò le braccia al petto, scuotendo la testa con fare paternale, impegnando tutta sé stessa nell’impresa di non partire alla carica ed azzannarle la giugulare come un lupo affamato «Sei brava -no, intendo, davvero brava- a parlare di girls power e roba del genere, ma il problema, il vero punto della situazione, è che anche se la stanza fosse gremita di gente, tu saresti una delle ultime persone a poterlo fare..» Arricciò sulle labbra un sorriso, uno di quei sorrisi che la Kane le aveva accusato di fare sempre, cercando di imitare quello super finto che la Grifondoro le aveva propinato poco prima. «Sai qual è il tuo problema, Kane? E’ che vedi immediatamente i difetti degli altri puntandogli il dito contro, ma sei terribile quando si tratta di guardarsi allo specchio...» Continuava a guardarla negli occhi. Non aveva la minima intenzione di abbassare lo sguardo. A quanto pare nessuna delle due si sta facendo remore per parlare.. «Sei brava a giudicarmi, ma anche tu non sei stata un grande esempio di matriarcato visto che ti sei fatta un ragazzo con lo scopo di ferire una ragazza.. Alla faccia del femminismo, Nirvana.» Calcò il tono di voce in quell’ultima frase, rovesciandoci dentro una bella dose di sarcasmo. «Sai cosa? Mi critichi molto, ma alla fine non sei così diversa da me... L’unica cosa a distinguerci è che almeno io non fingo di essere qualcosa che non sono.» Si strinse nelle spalle, come se stesse solo evidenziando l’ovvietà di tutta quella situazione. «E per la cronaca, se proprio vuoi saperlo, si mi ha “roso il culo” per tanti anni per la storia di Griffith -» confessò virgolettando con le dita le parole che la Kane aveva pronunciato poco prima «- ma ora, per fortuna, quei numeri puoi cacciarteli dove meglio credi.» Un sorriso che le arriva da una parte all’altra della faccia.



     
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    «... Disse quella che per “solidarietà femminile” decise di colpire un'altra ragazza facendosi il suo ex ragazzo..» Sbuffa fuori una risata piuttosto accentuata, Zelda. « Principè, torna con i piedi per terra che, nel caso non te ne fossi accorta - ti credevo effettivamente più intelligente, colpa mia, rimedio subito -, te, tra me e Griffith, non ci sei mai entrata e mai c'entrerai. Notizia flash: non sei il centro del mondo di nessuno. » Tira su con il naso, a mo' di pianto finto. Quel discorso forse è pure vero, perlomeno da parte di Griffith, di questo ne è certa al cento per cento. Non gli è parso particolarmente emozionato all'idea di inscenare quel teatrino alla festa. Di certo non l'ha fatto per avere una reazione da Savannah, discorso per lui ampiamente archiviato, a ben vedere. Quasi che avrei pure empatizzato con te, evidentemente perculata da un ragazzo come me, ma stronza come sei, col cazzo proprio. «Sei brava a giudicarmi, ma anche tu non sei stata un grande esempio di matriarcato visto che ti sei fatta un ragazzo con lo scopo di ferire una ragazza.. Alla faccia del femminismo, Nirvana.» Aridaje, elettroencefalogramma piatto qua, eh? « Oltre che psicopatica, pure sorda. Funziona così ai piani alti? La verità che non vi piace la cambiate a vostro piacimento per provare a ripulirvi la faccia di merda che vi ritrovate? Bella strategia, ma un tantinello troppo facile, non credi? Certo, immagino che dove non arrivano i soldi del papi, tu debba compensare con altro. Peccato però che ti riesca talmente male. » Tira fuori il labbro inferiore, facendo un piccolo broncio apertamente sfrontato e da presa per il culo. Perché ormai è questione di tempo, lo sa bene Zelda. Viene da una giornata di merda, grazie al compagno di merda di casata della bionda. Vi fanno con lo stampino a voi Serpestronzi. E' ormai a tanto così da perdere completamente la pazienza, si sta letteralmente sforzando di restare calma - non facendo di certo del suo meglio, viste le palesi provocazioni che però, dal suo punto di vista, non sono altro che semplici e veritiere risposte. In fondo hai cominciato tu a parlare di questo argomento, non vedevi l'ora. «Sai cosa? Mi critichi molto, ma alla fine non sei così diversa da me... L’unica cosa a distinguerci è che almeno io non fingo di essere qualcosa che non sono.» « Come scusa? E' arrivata Miss Veritaserum 2021, seh come no. » Ride nuovamente, palesemente ironica mentre la Hamilton decide di fare ciò che alla fine precede soltanto l'inevitabile. Sorride, di nuovo fintamente. Non c'è un briciolo di verità in ciò che dice e fa la Serpeverde e la cosa manda in bestia la bionda. Siete tutti uguali. Si avvicina di qualche passo che pare essere, a dire il vero, più la carica di un toro che una camminata. « Non ti pensavo mica così invidiosa, principè. Ho già menato un Serpeverde stamattina, dato che fremi tanto, rimedio subito con la seconda. » Connotati gratis, ringraziami pure dopo. Pensa con il pugno stretto pronto ad infrangersi sul suo bel nasino all'insù. La frenesia in circolo si arresta quando sente il pugno bloccarsi a mezz'aria, con gli occhi che sbattono ma il resto del corpo che rimane fermo. Cazzo succede? Non hai mica la bacchetta. « Cosa credete di fare, signorine? » Il profilo di una Branwell accigliata si palesa sull'uscio della stanza. Zelda, sotto Aresto Momentum, rimane immobile, anche se vorrebbe tanto sorridere. E' proprio la mia giornata fortunata. Improvvisamente sente il corpo sciogliersi e il pugno colpisce il vuoto prima di ricadere lungo il suo fianco. « Kane, con me. Hamilton, continuerai la tua punizione con il professor Crouch. Già avvertito. Passerete la sera a sbucciare Grinzafichi. Buona serata. » Sentenzia la professoressa. « E ovviamente cinquanta punti in meno sia a Serpeverde che Grifondoro. » Zelda la vede scrollare la testa, vistosamente, quando si sofferma su di lei. Si stringe nelle spalle, sfilando di fronte alla biondina. Le fa l'occhiolino, lanciandole un bacino. « Al prossimo round, principè. »


    Edited by anesthæsia¸ - 18/9/2021, 07:55
     
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    C’erano un sacco di posti dove potevano incontrarsi eppure, non sapeva neppure lei per quale motivo, aveva proposto la Torre di Astronomia. Così, all’ultimo secondo, intenta sia a digitare le lettere giuste nella tastiera che a non inciampare sui suoi stessi piedi. L’ultima cosa che desiderava era rettificare l’ultimo messaggio spedito, cambiando il luogo dell’incontro dalla Torre all’Infermeria. Forse, infondo, nessuno si sarebbe sorpreso più di tanto se fosse successo. Nonosante il suo sogno più ardente fosse quello di diventare una principessa, Carrie Branwell sembrava non possedere quell’eleganza innata tipica delle reali. Era piuttosto sbadata, seppur cercasse di nascondere o camuffare in ogni modo quella che lei considerava una sua grave lacuna. Salì gli scalini che l’avrebbero condotta alla Torre due a due, sfidando la sorte, certa che Nathan fosse già lassù ad aspettarla -essere in ritardo, questo si che faceva di lei una vera aspirante lady!-. Ripose il telefono nella tasca dei pantaloni, stringendo la presa sul sacchetto di carta che aveva in mano, ripieno di quella scorta di dolciumi che aveva fatto pochi giorni prima da Mielandia. Dovette rallentare un po’, certa che il cuore volesse esploderle nel petto. Carrie non era certamente una ragazzina portata per gli sport e si convinse che fosse quello il motivo per cui il cuore le batteva così all’impazzata. La verità, quella verità che ancora faticava ad ammettere stretta nella morsa del timore di rovinare qualcosa di bello che aveva, era che vedere il suo migliore amico la faceva sempre sentire così: elettrizzata e felice. Percepiva chiaramente sulla pelle quell’attesa che precedeva i loro incontri, quel sussultare ogni volta che riceveva un suo messaggio. Era qualcosa che non capiva o che forse non voleva capire. Non sapeva spiegarsi perché fosse successo. Una vocina dentro di lei le aveva risposto che stava diventando grande, che la sua ingenuità vacillava, che per quanto provasse a negarlo l’eterna Peter Pan non era più una bambina, ma un’adolescente. Bastava quel pensiero per farla andare nel panico. Non era pronta. Non si sentiva pronta. Crescere era una cosa troppo impegnativa, che richiedeva troppe responsabilità, troppe nuove visioni che non aveva il coraggio di affrontare. Perciò scacciava via quella voce, stringendo forte gli occhi e respirando profondamente. A volte se ne andava subito, altre ci metteva più tempo. Respirò a fondo, continuando a salire le scale. C’era odore di umidità che trasudava dalla pietra con cui era costruita la torre. Raggiunta la cima aprì la porticina di legno ruotando il pomello di ottone. L’aria frizzante della sera si infranse sul suo viso accaldato facendole formicolare le guance. Il sole stava tramontando dietro il Lago Nero.
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    A spaccare quello squarcio di panorama, c’era la figura di Nathan. Il sorriso di Carrie si allargò, involontariamente, come un riflesso condizionato. «Prima che tu possa lamentarti del mio ritardo, ho portato queste in segno di pace..» agitò il sacchetto che aveva in mano, sbuffando una leggera risatina che le era risalita su per la gola. «Ci sono anche un paio di Cioccorane.. Così se per caso ti venisse voglia di utilizzare il tuo potere...» bofonchiò facendo la vaga, come se la cosa in realtà non le importasse -ma si vedeva che le importava moltissimo-, riferendosi alla capacità di Nathan di trovare sempre figurine che non facevano ancora parte della sua collezione. Gli si avvicinò. Aveva ancora il respiro leggermente corto per le scale salite in gran fretta. «Sai, Mr. Bacon non è voluto venire.. Credo si sia offeso per il fatto che l’ho accusato di mangiarsi le Cioccorane di nascosto.. Oh, ma non preoccuparti -» anticipò una possibile reazione del Corvonero, come se davvero il battibecco tra lei e il suo coniglietto di peluche fosse una notizia di importanza mondiale «-stasera gli sarà già passato tutto.. Magari gli lascio da parte un paio di Api Frizzole..» rifletté, parlando quasi più a sé stessa, che con Nathan. La verità era che a lei non piaceva litigare con Mr. Bacon e ci rimaneva male quando accadeva.
     
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