come può la freccia fare centro se non hai chiaro qual è il bersaglio?

Tris

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    don't let them kill the wild animals inside of you

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    Mentre si abbassava poggiandosi sulle ginocchia per raggiungere l'altezza di una bambina di appena dieci anni, la Grifondoro socchiudeva l'occhio sinistro per visualizzare il bersaglio. Era proprio accanto a lei, il suo braccio a sorreggere quello della piccola erede di una delle famiglie più note tra gli alberi genealogici di Inverness, il suo respiro a dirigere quello incerto e trattenuto della giovane leva. Mentre era lì, a stenderle il braccio affinché raggiungesse una curvatura più comoda per tirare, mentre le dava la sicurezza di cui aveva bisogno per riuscire a prendere finalmente la mira a dovere, Vivienne rivedeva in quella figura brunetta una piccola Vivienne. Era stata una richiesta spontanea della ragazzina: voleva imparare a colpire al primo tiro. Aveva sorriso, Vivi, senza precisare che tirare proprio nell'esatto cerchio del centro era una sfida anche per lei, ormai ragazza, che si allenava con arco e frecce da tanto tempo da convivere ormai con i calli alle dita. Era questione di allenamento, di tecnica, di talento e di... culo, più spesso di quanto non piaceva ammettere ai frequentanti dei centri di addestramento. Lei compresa. Quello che era mancato ad Vivienne per una vita intera - fino a quando non era riemersa dalla terra, sporca e fradicia, dopo un una preparazione devastante, qualche anno prima - era stato il sangue freddo. Troppo solerte, o troppo leggera, mai giusta, la piccola figlia della tempesta: per una vita aveva mirato al bersaglio in quella sala dove il rumore del ferro sovrastava ogni altra cosa, senza dosare la forza delle sue braccia esili. Era stata sbrigativa, molte volte, ossessionata dal risultato e poco concentrata sul tragitto, sulla totale connessione della sua mente con il suo corpo. Sul farlo bene, non farlo e basta. Ed i suoi traguardi degli ultimi anni erano veramente frutto di interventi tempestivi e sbrigativi, mai compiuti con la calma che immaginava necessitasse un vero guerriero degno di quel nome. Si era detta che quando non avrebbe mancato un tiro, a quel punto sarebbe diventata una guerriera. Ma anche lì, mentre reindirizzava la mira della giovane aspirante con la precisione di un morso di un serpente a sonagli, non avrebbe saputo spiegare a parole come lei ci riusciva, quando ci riusciva. A volte era come se vedesse il bersaglio, altre volte ci andava vicino, altre volte il suo monito era stato soltanto: tirare. E tirare senza un preciso obiettivo non era mai una scelta saggia da compiere. « Senza fretta. Calma, respira. Focalizza l'obiettivo. » Lo disse sottovoce, alla piccola tiratrice, facendo risultare il tono volutamente un po' seducente, mentre lo diceva anche a sé stessa. Di lì a poco avrebbe continuato ad allenarsi, ma il suo arco in quel momento era tra le mani della piccola lycan, di cui si avvertiva l'ansia da prestazione dal respiro e dalla forte ansia che trasmetteva. Scoccò, la bimba. Scoccò in un lampo, riuscendo a prendere il grande bersaglio di legno, non dove però erano stati colorati i vari cerchi che si rimpicciolivano fino all'unico, al solo che per Vivienne aveva importanza. Aveva preso l'estremità, il bordo, che in termini di punti o di valenza era come fendere l'aria. La guardò, facendole un cenno col capo come per invitarla a dire cosa pensasse del suo risultato, quando Vivienne intercettò lo sguardo azzurro del lycan alpha. Si alzò da dov'era poggiata, rientrando in possesso del suo arco, abbastanza delicatamente da non rovinarne lo smalto. Fece un altro cenno alla bimba, chiaramente congedandola da quell'incontro e invitandola ad allontanarsi. « Vai, continuiamo un'altra volta. » Fece, dandole anche un piccolo colpetto sulla spalla, come a velocizzare il suo spostamento verso l'uscita; quella salutò Tris con un altrettanto cenno del capo, prendendo largo dalle due.
    Quando Beatrice Morgenstern aveva fatto il suo ingresso, qualche lycan presente nella sala aveva riposto le armi e qualcun altro l'aveva fatto per riflesso, abbandonando la sala. Era quasi ora di cena, quindi molti avevano anche colto l'occasione per riposarsi un po' prima di andare a mangiare. Quando la porta si chiuse un ultima volta, lasciandole sole con il bersaglio posizionato ancora dal lato opposto in cui si trovavano, Vivienne le sorrise. Fu un gesto caldo, accogliente: era la prima volta che la vedeva dopo un'estate intera, dunque non si riuscì a trattenere dall'abbracciarla. Mentre si alzò in punta di piedi per coprire quei pochi centimetri che le separavano, chiuse gli occhi per abbandonarsi al gesto d'affetto, e venne ricoperta dalla sua folta chioma ondulata. Una lacrima solitaria le scese sulla guancia. Non le chiese come stava, era evidente ai suoi occhi che la conoscevano ormai da fin troppo che non stava al massimo delle sue potenzialità. Ecco, per Vivienne, Tris era una guerriera: l'aveva vista agire sempre con maggiore decisione rispetto a lei, più sicura di ciò che faceva. Ed anche se problemi i con la rabbia e l'incapacità di inquadrarsi in un profilo mansueto erano caratteristiche che le accomunavano fin troppo, aveva visto Tris essere molto più logica, metodica - addirittura architettonica, quando ce n'era stato bisogno. Quindi Tris, per la Rimbaud, era la figura più simile ad guerriero che avesse mai incontrato fino ad allora. La liberò dalla presa, sedendosi su una piccola sedia nera posizionata a pochi metri di distanza. I suoi passi leggeri risultavano più rumorosi nei pesanti stivali, nel sottoterra della città più chiacchierata della Scozia. « Ho saputo. Non so quanto c'è di vero, ma mi hanno detto... » le disse, interrompendo la frase in maniera autonoma. Si sentiva sempre un po' in soggezione in presenza dell'amica, che riteneva troppo intelligente per sottoporre a domande stupide. Aveva saputo, certo, ma anche magari attraverso storie distorte, non proprio precise come il bersaglio a cui ancora anelava, che le era rimasto sulla punta della lingua. Prese una cera, con cui andò a smussare una delle frecce che estrasse velocemente dalla sua faretra di pelle scura, mentre continuava a rivolgerle occhiate di sottecchi. « Erin Donovan: vero o falso? » Le domandò, mentre continuava a lucidare la punta della freccia che, improvvisamente scoccò verso il bersaglio, mancandolo. Quella si schiantò a terra, causando un tonfo che rimbombò nella sua testa per qualche secondo. Abbassò lo sguardo, mordendosi il labbro inferiore un po' screpolato, senza riuscire ad alzare gli occhi per incrociarli a quelli chiari della Grifondoro. I pesanti stivali si trascinarono nuovamente verso la sedia, dove estrasse una seconda freccia, lucidandola più velocemente della prima. « Hai quasi ucciso una Scamander... » Disse, domandandosi ma non domandandole quale. Magari lo precisato lei stessa. Mira. « Vero... » Lancia. « ...o falso? » Mancata, cazzo. Che cosa le stava succedendo? Vivienne ci era anche nata, in quell'addestramento. Non proprio in quella stanza, certo, ma in una delle case del sottosuolo che appartenevano alla famiglia di sua madre da generazioni, non lontano dalla sala in cui si trovavano in quel momento. Una casa singolare, che rispecchiava in pieno i canoni architettonici gotici; Vivienne ne aveva presa una da sola più piccola, non lontana, in cui vivere le sarebbe potuto sembrare più tranquillo, senza le antiche presenze invadenti degli antenati. Il problema era che qualche anno prima, durante il risveglio del sottosuolo più profondo e mistico di quello in cui si trovavano, proprio sua madre aveva perso la vita. Se l'era portata via. E le voci che le erano arrivate a seguito del rave, le avevano fatto ben intendere che non sarebbe stata nemmeno l'ultima figura ad andarsene. Ma erano solo voci, Tris invece era lì in carne ed ossa. Prese un'altra freccia e senza lucidarla, prese la mira. Tirò. Mancata. E così un'altra, così un'altra ed un'altra ancora, mentre le lacrime avevano preso a scendere copiose sulle sue guance, fino a che non si ritrovò a cadere su sé stessa, sulle sue ginocchia. « Che diavolo è successo in quel posto, Tris? » Hai visto mia madre? Dimmelo Tris, l'hai vista? « Chi ci dobbiamo preparare a combattere? » Poneva in gioco molte domande senza guardarla, fissando un punto indefinito all'orizzonte, mentre d'un tratto il pianto scemò lentamente in una fredda, calma ed impassibile apatia. « E soprattutto... » Si alzò nuovamente, tornando verso la sedia per raccogliere l'ultima freccia. La guardava, la lucidava, ne aggiustava il piumino all'estremità. E... Mira. « Chi è il vero responsabile di... quello che ci aspetta? » Si girò verso di lei un attimo e la guardò dritta negli occhi, sperando che potesse veramente avere tutte le risposte alle sue domande. Si voltò di nuovo. Lancia. « Non so se questa volta riuscirò a stare buona. » Centro. Un tiro pulito, deciso, perfetto: dritto al bersaglio.


    Edited by V for Vivienne - 29/12/2020, 16:05
     
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