Never let me go

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    she's just a girl and she's on fire

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    Molly Jane Weasley si era ritagliata da sola il concetto di silenzio. In una famiglia numerosa e rumorosa com'erano sempre stati i Weasley-Potter, la solitudine era una condizione relativa: se lo preferivi, potevi tentare di ritagliarti un po' i tuoi spazi, ma la loro voce potente da attraversare una parete d'ottone ti avrebbe comunque riportato indietro, in un modo o nell'altro. E non era una questione di obbligo, di forzatura - poi, alla fine, l'avrebbe ammesso, la figlia di Percy, tornando indietro sui suoi passi con uno schiacciante senso di colpa, sulle spalle e nel petto. Era proprio una questione di appartenenza: per quanto tentasse in tutti i modi di spiccare il volo in totale autonomia, di allontanarsi dal nido e dall'identità che costituivano i suoi natali, le sue origini, il suo passato da testa rossa calda, lei era una Weasley e per giunta, portava addirittura il nome di nonna Molly. Quindi, per quanto quei pugnetti ridicoli ai danni di James e la rabbia che aveva covato nei giorni a seguito di quel tanto detestato primo settembre, potessero essere volendo anche motivati, Molly Jane aveva riflettuto in silenzio, con un gran da fare, sul suo senso d'appartenenza. A lezione, era stata distratta da quel flusso di pensieri. A casa, aveva occupato il balconcino con i tavolini per intere serate, sparendo col naso lentigginoso tra le pagine della Gazzetta del Profeta, fingendo di dover svolgere un qualche tipo di compito a casa - procurandosi di conseguenza le occhiatacce delle sue coinquiline, di una Karma che dichiarava di essere alquanto stufa di vederla chiusa in sé stessa come un riccio cocciuto. In giro, un po' aveva ascoltato la gente per distrarsi dai suoi problemi, ed un po' aveva provato a darsi la scossa da sola per rimettersi in sesto e far finta che procedesse tutto nella norma, ma quando si ammutoliva o si distraeva, prendeva ad arrovellarsi su un concetto che forse, stava finalmente attecchendo nel suo animo ribelle per natura: per quanto avesse finto, per quando si fosse allontanata, per quanto avesse tentato di essere diversa dalla sua famiglia con tutta sé stessa, la marea l'avrebbe sempre riportata nel luogo che l'aveva aiutata a diventare la persona che era diventata, che era anche quel giorno di metà settembre. Insicura ed un po' instabile emotivamente, non si era mai piaciuta, si guardava allo specchio e diceva "mhhh" nei giorni baciati dalla fortuna; ma avrebbe tanto voluto dire che in fondo le andava bene com'era, avrebbe tanto voluto sentirsi da sola, autonomamente, come la faceva sentire invece naturalmente la vicinanza di Iago. Migliore, completa: una persona forte. Una persona, per cominciare. E non andava bene così, no che non andava: non andava bene che la presenza di qualcuno la facesse sentire come voleva sentirsi, mentre da sola ne era del tutto incapace. Guardava le persone che la circondavano per cercare chi ai suoi occhi verdissimi potesse sembrare risolto, ed avevano tutte storie differenti: Albus era sposato, Lympy era stata sposata ed ora usciva con il suo migliore amico, James faceva un po' come gli pareva, a periodi, e suo fratello Arthur, aveva rinunciato alla donna che amava per un periodo molto lungo. Non c'era una parabola, non c'era una regola: ognuno costruiva il suo benessere a modo proprio. Il primo passo - si era detta, durante quelle lunghe riflessioni - inevitabilmente, era smettere di fare sempre guerra alla sua famiglia e a sé stessa, guerre che non conducevano in nessuno luogo, che non l'aiutavano, anzi le andavano a complicare ancora di più il percorso verso l'alto obiettivo che si era posta. E in quei lunghi silenzi che si era scelta per quelle altrettanto lunghe giornate di settembre, interminabili ai suoi occhi giganti, aveva finalmente inquadrato il vero ed unico colpevole che aveva smosso gli equilibri, quando era riuscita a ritrovare un'armonia generale con tutti, perfino con suo padre. Se la sua mente non aveva retto ed era esplosa al Burlesque - ai danni della prima figura di riferimento della famiglia che le era capitata a tiro - il suo cuoricino era ancora triste ed agonizzante, incapace di rimettersi in sesto da solo. Incapace anche perché in realtà nemmeno conosceva tutte le ragioni che l'avevano indotto a spezzarsi e, per quanto ci girasse intorno, c'era qualcosa che non tornava nell'improvvisa inversione di marcia di Iago. Iago Turner, che aveva illuminato la sua vita da giugno a quella parte, a quanto detto, voleva continuare da solo. O meglio, le aveva chiesto espressamente di non seguirlo, quella sera del Burlesque, ed era andato via, mentre MJ aveva capito soltanto quello: voglio continuare questa cosa da solo. Aveva consultato Piti, qualche altro amico e le sue coinquiline ed il consiglio era stato sempre lo stesso: scrivergli. Ed anche mentre l'aveva ascoltato, MJ aveva già deciso che non l'avrebbe fatto: scrivergli, a che pro? Su whatsapp, poi. Per farsi ripetere la stessa cosa, da remoto, con la freddezza di una tecnologia che le era ancora ostica? Certo, forse non facendolo avrebbe ritardato una verità contro cui se doveva sbatterci ci sarebbe sbattuta comunque, in piena faccia, con tutto il naso all'insù e gli occhi pieni di lacrime, ma lo avrebbe preferito. Avrebbe preferito chiudersi come una castagna in autunno, sparire dal mondo, riconciliarsi con sé stessa e la sua famiglia in maniera silente e scavare a fondo per trovare il coraggio di andare a parlarci occhi negli occhi, per sentire la sua voce mentre glielo diceva. Mentre le diceva che avrebbe preferito continuare da solo. Ma la verità era che MJ era una sognatrice, una romantica: e per quanto colorasse le sue parole di cinismo e sfiducia nei confronti del mondo intero, per quanto volesse giurare a cuor leggero di saper affrontare il mondo con la sola forza delle sue spalle mingherline, lo stesso cuore agonizzante si aggrappava alla speranza che, occhi negli occhi, lui le avrebbe detto che si era sbagliato, che non avrebbe voluto abbandonarla di nuovo. Che potevano continuare insieme, che non c'era un vero motivo per non farlo. Perché non poteva immaginare che fosse sua la colpa, non poteva credere che avesse fatto qualcosa a suo danno senza accorgersene, dato che tutti - e davvero nessuno escluso - si erano accorti del lato gentile e buono che Lui era riuscito a tirarle fuori senza sforzo, nei mesi precedenti. Non poteva accadere che senza di Lui nella sua vita lei retrocedesse, tornando indietro come una bambina che si dimenticava degli sforzi fatti per essere quella persona che voleva essere, tornando ad essere scontrosa come nel periodo del lockdown che l'aveva segnata, cambiandola in peggio. Ma non poteva nemmeno accettare che lui non si fosse reso conto di quanto in realtà profondamente l'avesse cambiata, vanificando tutti gli sforzi fatti per poter compiere un'unione che era convinta avesse apportato cambiamenti positivi nella vita di entrambi. Sarebbe stata una bugiarda a non ammetterlo. Ricordava ancora i pochi racconti che Lui le aveva fatto sulla sua vita in America, quand'erano stati sdraiati vicini e felici nelle colorate casette di Macchu Picchu e non riusciva a porsi delle domande, domande continue, sempre le stesse. Ma tu non te lo ricordi quanto eravamo felici, eh Iago? C'eravamo solo io e te, c'eravamo. Perché tu non lo ricordi bene come lo ricordo io? Perché vuoi abbandonare tutto quello di bello che abbiamo creato?
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    Immatura e sensibile, non concepiva di crearne niente di simile con nessuno che fosse intorno a lei, perché nessuno le suscitava le stesse profonde emozioni come Lui riusciva con naturalezza. Ed infine, quando i ricordi estivi erano cominciati a diventare sempre più lontani e avevano preso a sfuggire al suo cuoricino, si era ingegnata, ed aveva chiesto ad Arthur di scoprire dove abitasse - perché, diciamocelo, era la via più semplice. Gli aveva impedito di presentarsi lui al suo posto, "per dargli una lezione perché non riusciva a vederla così", e con la testa ed il cuore in fiamme si era detta che se non avesse trovato quel coraggio, ne sarebbe uscita stremata, continuando a vivere le giornate con un senso di vuoto che non riusciva a scacciare, se non avesse messo il famoso punto a quello che Lui aveva voluto lasciare in sospeso. La vera domanda era: e se Lui l'aveva già messo e lei non stesse vedendo nient'altro che cieca, balorda e fuorviante speranza? Pioveva a fiotti, quel giorno di settembre. L'Inghilterra rifletteva quello che stava provando MJ Weasley, privata del suo orgoglio, mentre deglutiva e a piccoli passi dentro ai suoi stivali di gomma arancioni, si trascinava fino alla porta aldilà della quale, a quanto pareva, Iago abitava. Deglutì ancora, MJ, ingoiando tutta la rabbia ed il risentimento per le presunte bugie dette, mentre con il dito affusolato premeva sul citofono della modesta abitazione del villaggio di Hogsmeade. Alzò gli occhi verdi fino alla punta dell'edificio, per notare qualche presenza attraverso una delle finestre che davano sull'entrata. Si sentiva piccolissima, in confronto a qualunque cosa stesse per scoprire o conoscere, qualunque cosa ci fosse aldilà delle solide pareti. Aspettò qualche minuto, mentre le goccioline si schiantavano rumorosamente sul grande ombrello nero che la riparava dall'acqua. Non era più tanto sicura di voler scoprire cosa li stava separando. Guardava la porta d'ingresso, con due occhi enormi e preoccupati da far spavento. Quando la porta si aprì e lo vide, il suo cuore perse un battito. Per un secondo, le mancò anche il respiro. Si sentiva lontana da lui più che mai. « Ciao. » disse alzando la voce a metà della parola, nella speranza di farsi udire, deglutendo ancora. Tutta l'incertezza del mondo era riversata nelle sue iridi chiare, che lo guardavano come sperando che dicesse o facesse qualcosa, ma sapendo, in fondo, che toccava a lei. Perché lei si era spinta fin lì, lei, per sua unica volontà. Se fosse stato per lui, forse, nemmeno si sarebbero più rivisti. Forse. « Come stai? » gli chiese, mossa da un reale interessamento alla sua salute, indirizzando una furtiva occhiata all'interno. Io affatto bene, grazie per esserti interessato anche tu. Mise più a fuoco la sua figura: sembrava che non uscisse da giorni, il suo viso, stanco. Ma stava meglio rispetto all'ultima sera in cui l'aveva visto, sembrava si fosse un po' ripreso. Ripreso da cosa, quel giorno avrebbe voluto saperlo. « Ti trovo... » Avrebbe voluto dire bene, ma avrebbe mentito. E MJ non voleva mentire a Iago. « ....così. » Normalmente, gli avrebbe chiesto se aveva bisogno d'aiuto, ma doveva ancora capire se la sua presenza fosse benvoluta o meno, a pochi centimetri da una porta che conduceva all'interno di una casa dove non sapeva se sarebbe mai stata accolta. « Non ti ho più scritto. Però beh, ecco... » Perché avresti dovuto farlo tu. Perché non lo hai fatto? « Non l'hai fatto nemmeno tu. Volevo chiederti scusa, sai, da parte di noi Potter-Weasley al completo. » Lo disse con un velo di sarcasmo nella voce profonda e roca. Aveva trovato la forza di fare ironia anche quel giorno, era incredibile. E Lui nemmeno se la meritava. « Sanno...sappiamo. Essere molto invadenti, delle volte. Mi dispiace se ti sei sentito accerchiato, non era mia intenzione. Volevo solo presentarti agli altri. Forse non avrei dovuto, forse è stato un po' affrettato... » Abbassò lo sguardo, mentre la pioggia non cessava di battere sulla tettoia e sul grande ombrello, che per quanto aumentava d'intensità, aveva paura che non avrebbe retto. Perché non le stava chiedendo di entrare? Il cielo d'Inghilterra aveva preso ad ululare, promettendo un temporale. « Che succede, Iago? Che sta succedendo? » Aveva detto, d'improvviso, in maniera più incisiva, allacciandosi al suo sguardo con fare più pungente ed energico. « Dimmelo tu, perché io non lo so più. » Nemmeno una lacrima a rigare il suo volto mentre abbassava lo sguardo per osservare la goccioline che si riversavano sul suo porticato, mentre i pensieri che si susseguivano confusi nella sua testa erano tanti e pesanti come quelle gocce. « Il fatto è che mi manchi. » Disse senza troppi giri di parole con le labbra che le tremavano anche per il freddo, tornando a guardarlo negli occhi nocciola. Sperava che il perché si fosse spinta addirittura fino a casa sua potesse essere finalmente più chiaro, come l'acqua che scendeva a catinelle nel riflesso delle sue iridi castane.


    Edited by birdwoman - 6/10/2020, 01:07
     
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    Negli ultimi giorni, Iago si era ritrovato a pensare alla sua vita. Aveva ponderato attentamente su tutto ciò che gli stava succedendo e una vocina nella sua testa continuava a ripetere che si fosse spinto troppo oltre. Era del tutto sbagliato. Lui aveva sempre preso con le pinze tutte le sue decisioni. Dopo aver capito quanto potesse essere pericoloso, aveva cercato di ritagliarsi un suo posticino nel mondo che, per forza di cose, lo prevedeva chiuso ermeticamente in una sorta di torre d’avorio, in cui nessuno poteva entrare e nessuno poteva uscire. Non aveva funzionato. Per quanto fossero stati nobili e ragionati i suoi principi, non aveva tenuto fede alla sua imposizione di rimanere solo in quel mondo. Ci aveva provato. Aveva cercato di ricominciare e di crearsi una vita all’altezza delle sue esigenze, continuando a scappare da chiunque potesse mirare la sua sicurezza e tenacia. Si era trasferito dall’altra parte del mondo pur di ricominciare, in un paese in cui non si beveva caffè, ma tè ad ogni ora del giorno e in cui si parlava in modo pomposo, sottolineando il proprio accento. Un paese, che alla fin dei conti, non aveva poi molto a che fare con lui, ma che sembrava la soluzione ottimale per essere una nuova persona. E infatti, Iago era davvero cambiato. Non ricordava nemmeno com’era cinque anni fa, in America. Non ricordava nemmeno come faceva ad essere carismatico, popolare e non aver paura. Come si faceva a non aver paura? Non aveva ancora trovato una risposta, perché alla fine era lui stesso il motivo delle sue paure. Ed erano proprio quelle paure ad averlo mutato, indebolito. Ma oramai, era più forte di lui. Non riusciva a guardarsi allo specchio e non avere paura della persona che era diventato. Ormai, pensava che fosse il mostro a definirlo, a definire chi era. Aveva preso il sopravvento. Aveva lasciato che i pregiudizi sulla sua condizione avessero la meglio, convincendosi che era proprio così come pensava la gente. Era sbagliato. Era pericoloso. Doveva allontanarsi dalle persone, perché non sarebbe mai stato in grado di avere una vita normale. Una parte di lui voleva tutto ciò. Voleva una vita normale, voleva sentirsi vivo. Era quello il motivo per cui aveva lasciato che una persona fantastica come MJ entrasse nella sua vita. Eppure, sebbene bramasse quella normalità, sapeva che in realtà, nella sua vita, non c’era nulla di normale. Non aveva una famiglia normale: suo fratello per primo aveva deciso di prendere le distanze da lui, di odiarlo, perché era fin troppo sbagliato e pericoloso. Ma la famiglia, alla fin dei conti, non era un insieme di persone sulla quale potevi sempre contare? Non era stato così per lui. Da quando era stato morso ed era diventato maledetto, aveva sempre sentito quella paura dei suoi familiari nei suoi confronti. Non gliel’avevano mai detto direttamente. Non avevano detto nulla che potesse farlo sentire sbagliato o inadeguato. Alla fine, anche lui era stato una vittima. Non voleva diventare un mostro. Non voleva essere considerato un reietto della società. Eppure, lui aveva notato più volte lo sguardo dei suoi familiari, soprattutto quando la luna piena era vicina. Quando aveva iniziato a frequentare Lauren, nessuno era stato davvero felice. Aveva ricevuto il morso da poco e lo consideravano ancora inesperto e incapace di affrontare la sua situazione. Non aveva paura allora. Pensava che fosse in grado di affrontare tutto quello, che erano solo stupide paranoie che la sua famiglia si faceva. Pensava che essere un lupo mannaro era semplicemente una questione di poche ore al mese, ma non era così. Quando aveva messo quasi in pericolo la vita di quella ragazza, aveva capito che la sua famiglia aveva ragione. Era incapace, era inesperto. Non poteva condurre una vita normale, perché ormai non c’era nulla di normale in lui. E allora le sue paure avevano iniziato ad avere la meglio. Era scappato dalla sua famiglia e dalle persone che gli erano care. Aveva cercato di essere il reietto che tutti volevano che fosse. Si era trasferito nel vecchio continente e aveva cercato di condurre una vita nell’anonimato, circondato da pochissime persone che potevano davvero capirlo. Le si poteva contare sul palmo di una mano, perché alla fin dei conti stava cercando di scappare, proprio come un criminale che cerca di rifarsi una vita in un altro paese, dopo aver commesso un omicidio. Era quello che era accaduto, no? Aveva ucciso il vecchio Iago, quello spensierato, giocoso, coraggioso. Aveva rinnegato quella parte di se stesso e aveva costruito una nuova persona, più matura, più consapevole di se stesso, ma allo stesso tempo più instabile. Stare da soli era difficile. Non era una questione di coraggio o di testardaggine, ma era un’esigenza che non aveva nulla a che vedere con il suo carattere. A lui piaceva stare tra la gente, piaceva chiacchierare e sentirsi vivo. Erano quelli i momenti che davvero gli mancavano e che, in un certo senso, lo rendevano completo. Eppure, erano proprio quelli i momenti che non poteva concedersi, perché non poteva rischiare di avvicinarsi a qualcuno, non poteva rischiare di diventare un pericolo. Con MJ era andato decisamente oltre. Lei era riuscito a farlo sentire al completo, come ormai non accadeva da tempo. Aveva ricominciato a sorridere, aveva ricominciato a dormire tranquillamente, perché finalmente aveva raggiunto uno stato di pace. Lei era stata in grado di tirare fuori il meglio di lui, quella persona che ormai non era più. Quella persona che più somigliava a Iago, piuttosto che a quella spaventata e chiusa in se stessa, che combaciava con il mostro. Però aveva superato il limite. Quella donna era stata in grado di farlo respirare nuovamente, di cacciare fuori la testa, che per troppo tempo aveva tenuto in apnea. E il suo cuore aveva ricominciato a pompare, forte, fin troppo, fino quasi a fargli male. Si era innamorato totalmente di MJ Weasley. Pensava di avere tutto sotto controllo, ma non era stato così. Lei gli era entrata dentro, lo aveva visto davvero e lui aveva iniziato a credere che poteva tornare ad essere una persona all’apparenza normale, che poteva tornare a sorridere. Ma non era così. Alla fin dei conti, anche quella storia che si stava andando a creare era frutto di menzogne. Le aveva mentito dal primo momento su chi era, su ciò che faceva. Le aveva mentito quando era scomparso all’improvviso, dopo averla inseguita in quella radura e le aveva mentito anche in Perù, quando le aveva rivelato il motivo per cui non tornava a casa da diversi anni. Lei non meritava tutte quelle bugie. Era una persona troppo pura, troppo buona, per avere una persona come lui al suo fianco. Eppure, non meritava nemmeno la verità. Non poteva dirle chi era davvero o cosa faceva davvero. Non poteva rivelarle quanta oscurità c’era in realtà nella sua vita. Non poteva rivelarle quanto fosse difficile essere lui e quanto in realtà avesse paura. Era un peso troppo grande da sopportare e lui non voleva gravare sulle sue spalle. Non voleva, non poteva costringerla ad affrontare una vita che lui nemmeno era pronto ad affrontare. Però lui non aveva scelta, era ciò che era e non poteva scappare da se stesso. Forse era sbagliato, forse doveva lasciare a MJ di decidere cosa volesse e cosa fosse in grado di affrontare, però aveva paura. Non voleva vedere la stessa paura che aveva visto diverse volte negli occhi di sua madre o di sua sorella. Non voleva che mutasse il modo in cui lo guardava. Non voleva che provasse paura nei suoi confronti e nemmeno pena per quella sorte spietata che gli era capitata. Si era spinto troppo oltre, non doveva lasciare che lei gli entrasse dentro, sarebbe stato molto più semplice allontanarsi da lei. Quella festa era stata soltanto la goccia che aveva fatto traboccare il vaso. Si era ritrovato circondato dalla sua famiglia, da persone che le volevano bene e che volevano solo il meglio per lei. E lui, decisamente, non era il meglio per lei. Chi mai avrebbe voluto un lupo mannaro come compagno? E soprattutto uno che non era nemmeno capace di avere il coraggio di combattere per sentirsi una persona, piuttosto che un mostro? Aveva capito, guardando quelle persone, tutto ciò che non poteva essere. Non poteva essere spensierato, non poteva essere davvero felice, perché c’erano troppe cose negative nella sua vita, troppe ferite che non erano mai state ricucite. Forse, l’unico modo per poter stare davvero con una persona era accettare se stessi, volersi bene, e decisamente Iago non era pronto a tutto quello. Non voleva che MJ dovesse affrontare una vita di cui lui non si sentiva parte. Nella sua mente, per quanto crudele tutto quello fosse, lo stava facendo solo per lei. La stava proteggendo da se stesso e da una vita infelice, perché - sebbene durante in quei mesi avesse messo lei al primo posto, dimostrando a se stesso che forse sapeva prendersi cura di un’altra persona – lui non era quello giusto e non lo sarebbe mai stato. Non era l’eroe in quella storia, era soltanto il cattivo. Poteva solo cercare di non causare una strage.
    La luna piena era passata ma quella volta, non aveva portato i cattivi pensieri via con lei. Quella consapevolezza che doveva mettere un punto a quella storia era sempre più forte, così forte che non riusciva nemmeno a respirare. Aveva pensato a tutti i momenti belli che avevano passato insieme, quasi come se fosse una punizione, perché quelli sarebbero stati seppelliti nella memoria e non sarebbero più tornati. Quei momenti in cui aveva pensato che ci sarebbe stata una speranza per lui per essere felice, ma che in realtà erano solo illusioni. Aveva pensato molto a MJ, a come stesse a cosa pensasse, ma rimaneva quasi paralizzato ogni volta che pensava di avvicinarsi a lei, perché il suo cuore la voleva al suo fianco, mentre la mente diceva di respingerla più lontano possibile. Sarebbe stato in grado di farlo? Sarebbe stato in grado di avere il coraggio necessario per dire alla persona che amava che non potevano stare insieme? Continuava a rimandare quel momento, quasi come se semplicemente scomparendo, MJ non si sarebbe posta più domande e lo avrebbe considerato come una sorta di illusione, un qualcuno che non era mai entrato nella sua vita. Si era chiuso in se stesso, staccando il telefono e senza cercare nessuno. Non aveva nemmeno sentito Sam, quasi come si vergognasse di ciò che stava facendo. Erano così diversi: accomunati dallo stesso destino, ma di una forza talmente diversa. Gli sarebbe piaciuto essere come lui. Quando quella mattina suonò il campanello, una parte di lui già sapeva chi era. Aveva sentito il cuore in gola, mentre si trascinava con piedi di piombo verso la porta. « Ciao. » Era rimasto in silenzio mentre i suoi occhi scrutavano il viso della ragazza. Era come se stesse per memorizzare ogni dettaglio del suo viso, perché lui sapeva quello che sarebbe successo tra pochi minuti, mentre lei, probabilmente, era ancora ignara di tutto ciò. Sembrava stanca, preoccupata, confusa. E lui sapeva che era colpa sua. Ma sarebbe durato poco. Avrebbe tolto il cerotto in un solo colpo e avrebbe fatto male per un po’, ma poi sarebbe passato. Tutto passa, alla fin dei conti. « Ti trovo... così. » Anche io. Le avrebbe voluto dire, ma non uscì una parola dalla sua bocca. Sentiva il dolore che si faceva spazio nel suo petto e si sentiva incapace di dire qualsiasi cosa, di fare qualsiasi cosa. Le gambe gli sembravano pesantissime, come se si fossero magicamente ancorate al suolo, come pezzi di cemento. « Volevo chiederti scusa, sai, da parte di noi Potter-Weasley al completo. » La lasciò parlare, mentre lei gli chiedeva scusa per qualcosa di cui non aveva colpe. Non era lei quella che doveva chiedere scusa lì. Non era lei quella sbagliata e nemmeno la sua famiglia. Abbassò per un secondo lo sguardo verso terra, continuando a rimanere in silenzio. Era come se non avesse il fiato di dire nulla, perché sapeva anche lui che le parole che avrebbe detto, non le voleva davvero sentire. Stava per fare ciò che non voleva davvero, ma era giusto così. Giusto per lei, anche se non lo avrebbe capito. « Che succede, Iago? Che sta succedendo? » Deglutì appena, tenendo ancora lo sguardo basso. Sapeva che stava per vacillare, gli occhi gli pungevano, ma sapeva che non avrebbe versato nemmeno una lacrima. Doveva essere forte. Respirò a fondo e rialzò lo sguardo verso di lei, soffermandosi un po’ troppo alle sue spalle, dove la pioggia continuava a battere in modo impetuoso. « Il fatto è che mi manchi. » Il suo labbro inferiore tremò appena, ma il suo sguardo si ancorò nuovamente nei

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    suoi bellissimi occhi verdi. Non vacillare.« Non possiamo farlo, non possiamo essere niente. » Mormorò, scuotendo la testa, convinto delle sue parole. Era le prime parole che pronunciava ormai da giorni. L'ultima volta le aveva chiesto di lasciarlo da solo, questa volta, invece, le stava dicendo che non c'era alcuna possibilità per loro. Si morse il labbro inferiore, evitando per un momento il suo sguardo. Quelle parole gli facevano male, ma era l'unico modo per mettere un punto a quella situazione. L'unico modo per mettere un punto a loro due. « Noi siamo... sbagliati. Non abbiamo nulla in comune. » Non è vero. Ciò che avevamo non era sbagliato, era quanto di più puro e sincero avessi da offrire. Deglutì, continuando a scuotere la testa. Quanto era vigliacco? Stava dando la colpa a loro due, quando lì il problema era chiaramente lui. « Mi hai fatto conoscere la tua famiglia, tuo fratello... Sei ad un punto diverso da me. » Fece una piccola pausa, il cuore gli batteva all'impazzata. Per favore, dimenticami presto. Per favore, non cercarmi più. Per favore, scusami. « Io... non penso di voler arrivare al tuo punto. » Scusa, volevo dire, ti amo. Ti amo perdutamente, ma non voglio farti del male. Ho paura, MJ. Dammi del tempo, ti prego.

     
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