Unholy war

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    Slytherin pride

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    « Terzo capitolo. Etica delle deposizioni. » Il rumore dei pesanti tomi di Diritto Processuale Penale si confondono col martellante suono della pioggia al di là delle ampie vetrate dell'aula 15 C. E' già la seconda lezione a cui assiste, ma nonostante ciò sembra assente, altrove - di nuovo. Se qualcuno le chiedesse cosa il professor Marley ha spiegato durante le precedenti due ore di Sociologia, la piccola Carrow saprebbe a malapena descrivere il volto del docente. Ora è lì, seduta nella penultima fila, pronta a confondersi in mezzo a tante altre teste chine sulle proprie pergamene, intente a prendere appunti. A tratti si annota qualcosa qua e là, ma non ha nulla a che vedere con la lezione sull'etica delle deposizioni. I suoi appunti sono schematicamente organizzati in ordine cronologico. Li segue con lo sguardo andando avanti e indietro tentando di capire cosa le sfugge. Dalla notte passata al Burlesque, non ha fatto altro che tentare di tenere traccia di ogni evento insolito che le è mai accaduto. Una volta scesa a patti col fatto che la Loggia non è mai andata via, né scomparsa, era diventata avida di risposte. Sapeva che da qualche parte una risposta c'era eccome, una chiave di volta, qualcosa che l'aiutasse a dare un senso a tutto ciò che stava succedendo. Non le era chiaro per quale ragione le sue vicissitudini personali potessero in qualche maniera quadrare nel grande disegno, ma l'istinto la spingeva ad andare avanti lungo quella strada, come se una voce nelle sue budella continuasse a costringerla a perseverare. Nonostante non avesse intenzione di demordere, non aveva ancora nessuna risposta, né il destino sembrava volerle dare un segno. Uno qualunque. Vorrei solo sapere se è questa la strada giusta. Di risposte però non ce ne erano mai; semmai, ogni volta c'erano più domande e sempre più incertezze. E a ben guardare, nel disegnare quella linea temporale degli eventi più significativi della sua esistenza, le domande continuavano ad moltiplicarsi. Come ha fatto a trovarmi? Perché continua a cercarmi? Che cosa c'entra la legilimanzia? Perché continua a volere Albus? Tutte quelle domande erano state annotate a loro volta in codice in fondo a una delle prime pagine del suo diario; ogni qual volta aggiungesse qualcosa alla linea temporale, tornava a rileggerle. A volte ne aggiungeva di altre. Perché proprio il Burlesque? E poi l'ultima, quella che annotò proprio quel pomeriggio in fondo alla pagina della pergamena che aveva sotto gli occhi. Garmonbozia (?) una parola che scrisse sovrappensiero mentre lo sguardo di ghiaccio seguiva le nitide scie delle goccioline di pioggia fuori dalla finestra. « Pssst! Mun! MUN! » Sobbalza, la mora, scuotendo appena la testa. « Hai per caso un rotolo in più da prestarmi? » Julian Davis abbassa appena il capo per non farsi vedere dal professore. « Te lo restituisco domani. » « Certo. » Inizia a frugare nella borsa alla ricerca di uno dei rotoli di pergamena sotto lo sguardo insistente di Julian. « Ancora non ci credo che questa è la nuova Senior. Hanno ragione. E' proprio una raccomandata del cazzo. Porco Merlino, ogni anno è sempre più svitata. » Lo sguardo di ghiaccio saetta sulla figura del ragazzo sollevando un sopracciglio. « Scusami? » Davis sembra sinceramente sorpreso, nonostante la sottile aria ostile che le riserva. « Uhm? » La pergamena nuova di zecca stretta tra le dita e gli occhi sbrabuzzati. « No è che.. » « Me la presti o non me la presti, Carrow! E' facile! » Le labbra di lui non si muovono, ma Mun lo sente. « ..pesavo.. » Il ragazzo sbatte il piede a terra impaziente. « Allora ti serve? » Le labbra di lei leggermente dischiuse, prima di allungare la pergamena nella direzione del ragazzo in un gesto meccanico. « Grazie! Ti devo un favore. » « Col cazzo! » « Lo so che dovrei dire a Todd di quello che è successo l'altra sera, però, Jamie era solo una roba da una botta e via.. » « Quanto manca alla fine della lezione? » « Oddio, se mio padre lo scopre.. » Voci. A decine. E in mezzo a loro una nello specifico sembra distinguersi. Un tono grave e solenne, che parla in una lingua a lei sconosciuta. Non sa per quanto tempo dura quel senso di palese squilibrio, ma al di là del tempo e dello spazio, Mun resta immobile nella stessa posizione, continuando a tendere l'orecchio senza sapere esattamente cosa fare. Non si accorge neanche di quanto tempo è passato finché i primi studenti non si alzano dalle proprie postazioni raccogliendo le loro cose. Mun resta lì, intontita, senza sapere quando tutto è iniziato e quando di preciso è finito. Solo una volta ripreso il ritmo normale della vita, avverte una netta sensazione di sopraffazione e claustrofobia. Sa solo che ad un certo punto il silenzio ha sostituito quel tumulto di voci di fronte al quale non ha saputo fare a meno di continuare ad ascoltare. La curiosità uccise il gatto. Non è in grado di ricordare nulla di quelle voci; eppure, lì per lì, nel momento, continuare a farlo le era sembrato una specie di droga, come se quelle voci fossero l'unica cantilena in grado di farla riaddormentare. Sembra tornare completamente in sé solo quando riabbassa lo sguardo sui propri appunti. Sgrana gli occhi e chiude il blocco di appunti in fretta e furia raccogliendo le sue cose velocemente. A quel punto avrebbe un'altra lezione, ma Mun è troppo scossa per sorbirsi altre tre ore in quelle condizioni. Si sistema la borsa sulla spalla e si immette nel flusso di studenti, prendendo la direzione opposta rispetto ai suoi compagni. Cammina a passo spedito sui corridoi del castello, fino a intravvedere il gruppo del Corso Auror appena uscito dalla lezione appena conclusa. Cerca con lo sguardo Albus, e non appena lo intravede si fa spazio tra le persone fino a raggiungerlo. Le mani fredde e leggermente tremanti, sfiorano appena i suoi polsi prima di guardarsi attorno con aria circospetta, quasi non volesse essere sentita da nessuno. Non c'è anima lì in mezzo che faccia particolare caso a loro, eppure, il sospetto sta di nuovo montando prepotentemente nel suo cuore fino al punto della paranoia. « Ti va di saltare la prossima lezione? Non mi sento molto bene. »
    Aggrappata alla sua tazza di tè caldo, cammina silenziosa incollata al fianco di Albus verso l'uscita dal cortile che dà sul ponte di pietra. Cessata la pioggia, gli esterni del castello sono stati nuovamente invasi nel giro di poco. Sorpassano un gruppo di ragazzine che li fissano con aria sognante, ridacchiando sottovoce, mentre si danno gomitate l'un l'altra con ben poca sottigliezza. C'è una coppietta un po' in disparte, che si scambia dolci effusioni, guardandosi intorno con la tipica aria sciocca di chi sta scoprendo forse il fascino del primo amore, e poi altri gruppi che parlano del più e del meno, dei compiti di Trasfigurazione o dell'ultima vittoria di questa e quell'altra squadra. Tutto attorno a loro sembra insolitamente normale, esattamente come è sempre stato. Per un istante, Mun riesce quasi a sentire quella tipica aria di Hogwarts che forse non si gode più a pieni polmoni da quando era al sesto anno. Si sono persi tante, troppe cose, e a quel punto era certa che non avrebbero fatto altro che perdersene ancora di più; non perché le priorità di Albus e Mun erano diverse, piuttosto perché pare proprio che non avremmo mai una vita normale. « Cerchiamo un posto più tranquillo. Devo farti vedere una cosa. » Ma prima di poter andare oltre, una voce la raggiunge con particolare insistenza. « EHI! CARROW! CARROW! » Si volta incontrando lo sguardo furibondo di Bruce Roth. Anche lui era un loro ex compagno. « Ma che cazzo di problemi hai? Ti ho sentito eh! Non farlo mai più! » Solleva l'indice nella sua direzione guardandola dall'alto verso il basso mentre gli occhi sembrano uscirle dalle orbite. « Avrai pure studiato ma io ho studiato meglio di te! I miei avevano ragione a farmi studiare l'Occlumazia. Voi Carrow continuate a tentare di venirci dietro ma non ve la renderò facile. I nostri affari sono finiti nel momento stesso in cui tuo padre è morto. Dillo anche ai tuoi fratelli. Non abbiamo più niente da dirci. » « Ma di che cosa stai parlando.. » Non le viene data nessuna risposta; con la stessa velocità con ci era arrivato, Bruce se ne andò, lasciando Mun completamente a bocca aperta a fissare Albus imbambolata. Scosse la testa e alzò gli occhi al cielo. « Ci mancava solo questa.. » Alla fine suoi passi si erano mossi in maniera quasi naturale fino al limitare della foresta proibita. Poi, non le ci era voluto molto per capire dove stesse andando. Quel percorso lo conosceva come le proprie tasche. Aveva fatto avanti e indietro lungo quel tragitto sin troppe volte perché non sapesse esattamente dove stesse andando. Intravista la casetta sull'albero, gettò uno sguardo in direzione del moro sospirando. Un leggero sorriso comparve improvvisamente sul suo volto, prima di raggiungere la scaletta che portava al piano di sopra. « Santo cielo, è ancora intatta! Non ci credo che è resistita. » D'altronde, considerando le condizioni in cui avevano trovato Hogwarts dopo la fine del Lockdown, ipotizzare che la casetta sull'albero fosse stata rasa al suolo, era più che plausibile. Si guardò per un attimo intorno sospirando, mentre un milione di ricordi le tornarono in mente in un batter d'occhio, ma non si lasciò distogliere troppo a lungo. Si sedette quindi a terra senza troppi rituali e prese a frugare nella propria borsa finché non estrasse il proprio blocco di appunti. Lo aprì all'ultima pagina e lo passò al ragazzo. « Hai mai sentito questa cosa? Gaaaa - gar- garmonbozia. » Non sembrava nemmeno una parola; piuttosto lettere sparse in maniera casuale. Si strinse nelle spalle osservando la pagina con un leggero filo di preoccupazione. Il modo veemente in cui aveva scritto e riscritto quella parola dai tratti netti le dava un senso di asfissia. « Non sembra nemmeno una parola. » Continua ad un certo punto dopo avergli dato il tempo di osservare la sua sbilenca opera d'arte; il passaggio dal corsivo al maiuscolo e poi ai caratteri cubitali scritti in maniera così grossolana da rischiare di bucare il foglio, era ciò che la lasciava più perplessa e terrorizzata, soprattutto perché non ricordava di averla scritta più di una volta. Non se ne è accorta finché la lezione non era finita. « L'ho sentita più di una volta l'altra sera. » Lo sguardo elude quello di Albus mentre si stringe le ginocchia al petto impaurita. Oltre il terrore, negli occhi di lei vi è la frustrazione e l'incertezza, come se non sapesse più cosa è reale e cosa non lo è. « Voglio tutta la mia Garmonbozia » Ripete piano con voce tremante, mentre la voce del dio della morte le rimbomba nel cervello contemporaneamente. « Era Lui.. era proprio Lui. Forse sotto sembianze differenti, però non ho dubbi. Me l'ha detta Lui questa cosa. » Stessa voce. Stesso macabro umorismo. Sospira e si passa le mani tra i capelli. « Poi oggi ho scritto questo.. ed è ricominciato. » Pausa. Resta in apnea per qualche istante non sapendo descrivere esattamente ciò che le sta succedendo.
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    « Ho momenti di blackout. E non so cosa sto facendo, o perché lo sto facendo e non so.. » Non so cosa potrei fare. « Oggi erano solo voci.. » ..ma domani saranno ancora solo voci? « ..però, erano le voci dei miei compagni. » Sospira e si passa le mani tra i capelli. « Ad un certo punto Julian Davis mi ha chiesto un rotolo in prestito.. e poi ho iniziato a sentire la sua voce nella mia testa. Però.. lui non stava parlando. » Scuote la testa. Si sente come se fosse stata colta impreparata a un'interrogazione. « E' successo qualcosa di simile anche quella notte. Non so se prima o dopo il blackout. E poi.. lì dentro.. » Un brivido percorre la sua schiena mentre ripensa a ciò che è successo. Mun ha avuto paura, più di quanta ne ha mai avuta. Eppure, è rimasta sempre calma, interiorizzando quella sensazione nell'ottica della sopravvivenza. « L'altra sera, quando eravamo con Olympia.. non sono stata del tutto sincera. » Che sorpresa. « Non è vero che non conoscevo nessuno. Io.. lì dentro c'era Miles. O almeno penso fosse lui. E poi.. poi c'era la mia Nana.. però non può essere giusto. Lei non è.. » ..Nana non è morta. Prende il quaderno dalle mani di Albus e lo sfoglia fino ad arrivare alle ultime pagine. Se ha ancora difficoltà a ricordare ciò che è successo prima del Lockdown, gli eventi strani a cui ha assistito dopo quel momento sono abbastanza circoscritti. Oltre al momento in cui è stata rapita dallo Shame, vi sono pochi altri. « Questo è accaduto prima della festa dei tuoi vent'anni. Stavo solo andando da Malia.. » Dice quindi ripercorrendo assieme a lui l'episodio della mela che rotola sulle strade di Hogsmeade. Così fa per tutti gli altri, descrivendoli brevemente. « Questo è successo qualche mese dopo. Alla consegna dei MAGO. » Le voci nello specchio. « E poi questo.. dopo che ci siamo lasciati.. » ..dopo la notte al Suspiria. Erano tornati ciascuno per conto proprio a casa. E da lì, tutto è sembrato andare di male in peggio. Ogni passo, ogni mossa, dalla fine del Lockdown, sembrava averli portati a tratti sempre più lontani l'uno dall'altra. « Il treno. La tavola calda. Fred. Il Redrum. » Elenca infine le ultime fasi consapevole del fatto che gli ultimi eventi, Albus, li conosce sin troppo bene. « E poi ci sono un milione di altre cose che non capisco e a cui n-no-non riesco a d-dare u-un senso. Non riesco a capire perché continuano a darci la caccia. E ormai dubito di cosa abbiamo fatto noi.. e di cosa siamo stati indotti a fare. » Deglutisce ee ricerca per la prima volta lo sguardo di Albus. « E' come se non avesse mai smesso di essere qua.. » ..a farmi fare esattamente ciò che vuole. « E io so che questa volta dobbiamo lavorare in maniera differente. Con gli altri. Però io non riesco a condividere queste cose con gli altri, Albus. Non so che cosa potremmo trovarci dietro.. » Scuote la testa mentre un sorriso amaro si dipinge sul suo volto. « Non è cambiato proprio niente. Lui mi ha fatto credere che parlando sarei morta.. e ora non posso parlare comunque perché c'è qualcosa di peggio della morte. » Ora ho molto più da perdere. E lui l'ha sempre saputo; in un modo o nell'altro, il suo gioco è rimasto uguale a se stesso.




    Edited by blue velvet - 14/10/2020, 15:39
     
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    « Hey.. » disse piano, scivolando a sedere accanto a una compagna di corso mentre si guardava intorno piuttosto confuso. « ..come mai c'è l'anarchia qui dentro? Byr-ehm..Cooper è in ritardo? » Il tono sorpreso della sua domanda era più che lecito, dato che l'ex Governatore ribelle non sembrava amare particolarmente la pratica del quarto d'ora accademico. La lezione cominciava alle dieci? E allora lui iniziava a parlare alle dieci in punto. Era anche abbastanza imbarazzante, entrare in ritardo: le grosse porte dell'aula facevano un gran rumore e l'irlandese smetteva di colpo di parlare, fissandoti coi suoi occhi azzurri spettrali mentre prendevi posto, solo per poi riprendere la lezione dopo un'eloquente alzata di sopracciglio. Inutile dire che nel giro di poco tempo la gente aveva imparato ad arrivare puntuale a lezione anche solo per evitarsi quella walk of shame. Che Byron Cooper fosse in ritardo a lezione, dunque, era un evento più che degno di stupore. « Mmh..non saprei. Ce lo stavamo chiedendo un po' tutti quanti. » A quelle parole, la cassa toracica di Albus si abbassò per esalare un grosso sospiro. Aveva corso come un matto per arrivare a lezione in tempo, preso dal panico per quella manciata di minuti di ritardo che, ne era certo, gli avrebbero garantito un'occhiataccia dal professore. Il tutto solo per scoprire che la propria corsa ad ostacoli per i corridoi non era servita a nulla se non a un bell'allenamento mattutino. Rilassò dunque la schiena contro la panca di legno, tirando fuori libro e pergamena per cominciare a guardarsi il capitolo di cui avrebbero dovuto trattare. « Sicuro ci terrà di più alla fine. » proferì la compagna, forse per riempire il silenzio tra loro due: una cosa di cui Albus non sentiva assolutamente il bisogno. Si limitò dunque a stirarle un mezzo sorriso e proferire un semplice « Già. » per tagliare corto. Riportò dunque lo sguardo al libro, sottolineando un paio di righe con la matita. « Non sei nella chat del gruppo studio del mercoledì, vero? » « No. » Ma se lo spirito è quello di parlare mentre la gente studia, non so se voglio entrarci. « Vuoi che ti aggiunga? » « Mmh..non saprei. Penso che finirei per esserci una volta su dieci. Settimane un po' caotiche le mie. » « Dai ti aggiungo. Tu sei bravo, se riesci a passare anche solo qualche volta saresti una grande aggiun- » Ma la ragazza non fece in tempo a finire di parlare che la porta dell'aula si spalancò, lasciando entrare il giovane assistente di Cooper tutto trafelato. Alla sua vista, Albus tirò un sospiro di sollievo, mai stato più felice di vedere quell'uomo in vita sua. « Buongiorno ragazzi. Perdonate il ritardo, ma ho saputo all'ultimo minuto di dover tenere io la lezione oggi. Il professor Cooper.. » fece una pausa, forse per riassumere in poche parole una qualche situazione o per inventarsi di sana pianta una scusa per l'assenza di Byron. « ..sembra essere indisposto. »
    Non avrebbe saputo dire perché, ma le parole dell'assistente e il modo in cui le aveva pronunciate erano rimaste nella testa di Albus per tutta la lezione. Un pensiero ossessivo che forse non aveva granché ragione di esistere e che alle volte il ragazzo doveva impegnarsi coscientemente a ignorare per poter seguire la lezione. Magari mi sto facendo tutte queste pippe mentali solo per poi venire a scoprire che Byron ha semplicemente la diarrea. Eppure per quello c'erano pozioni specifiche e Cooper non era di certo il tipo da adagiarsi su un semplice malessere, per giunta facilmente curabile, solo per saltare un giorno di lezione. Così, una volta terminate le due ore, il giovane Potter aveva raccolto velocemente il proprio materiale per inseguire l'assistente prima che potesse uscire dall'aula. « Scusi..scusi..saaaalve. Sono Albus Potter. » « Sì. Lo so. » rispose quello seccamente. « Volevo chiederle del professore. Come mai non è venuto oggi? » « Mi perdoni, signor Potter, ma non penso che la vita personale di Byron Cooper sia affar suo. » Inutile dire che la risposta lo lasciò interdetto, con la bocca leggermente aperta e gli occhi sgranati di chi non si aspettava quel trattamento. Avrebbe voluto dirgli che lui conosceva Byron da molto prima che il titolo di assistente venisse anche solo pensato da qualcuno nel mondo magico. Gliele avrebbe volute cantare, ricordandogli il proprio ruolo in prima linea tra le file dei ribelli, ma si limitò a chiudere la bocca sotto consiglio di una considerazione che sembrava ben più logica. Non lo sai nemmeno tu e ti rode il culo perché ti sei dovuto alzare per venirci a fare lezione senza il minimo preavviso. In aggiunta, Albus non se la sentiva affatto di mettersi a litigare con la persona che avrebbe potuto interrogarlo all'esame. « Non intendevo impicciarmi. » disse, forzando le parole contro la propria naturale propensione alla polemica « Volevo solo sapere se il professore sarà disponibile domani pomeriggio. Ha orario di ricevimento dalle tre alle cinque. » Spazientito, l'assistente radunò i propri materiali all'interno della valigetta di pelle logora. « Questo ve lo dirà il professore - sempre che riusciate a contattarlo. Con permesso. » E detto ciò, l'assistente lo scansò velocemente, prendendo la strada per la porta e lasciandosi dietro un Albus del tutto interdetto. Sempre che riusciate a contattarlo. Anche quelle parole rimasero a frullare nella sua testa mentre si immetteva nel flusso di studenti in uscita dall'aula. Talmente sovrappensiero che sembrò sussultare nell'avvertire un tocco sul proprio braccio. « Mun. » « Ti va di saltare la prossima lezione? Non mi sento molto bene. » Annuì automaticamente, senza pensarci due volte.
    [..] « Oggi Byron non è venuto a lezione. Lo ha sostituito l'assistente. Sembrava abbastanza scazzato e ho avuto un po' l'impressione che non sapesse il perché dell'assenza..beh..a dirla tutta dubito addirittura che ci abbia parlato. Sempre che riusciate a contattarlo - mi ha detto. » Fece una pausa. « Strano. Byron è sempre uno dei prof più reperibili. » Si voltò in direzione della mora, scrutandola in attesa di una qualche risposta alle informazioni che le aveva fornito. Ma la parentesi venne bruscamente interrotta dall'arrivo di uno dei compagni di corso di Mun, in carica come un toro. « Ma che cazzo di problemi hai? Ti ho sentito eh! Non farlo mai più! » Fece un passo avanti in direzione del ragazzo, frapponendosi tra lui e la mora. « Ehi, intanto ti calmi, ok? » Nulla. Non sembrò badare minimamente a lui, occupato com'era a inveire contro la sua ragazza. « Avrai pure studiato ma io ho studiato meglio di te! I miei avevano ragione a farmi studiare l'Occlumazia. Voi Carrow continuate a tentare di venirci dietro ma non ve la renderò facile. I nostri affari sono finiti nel momento stesso in cui tuo padre è morto. Dillo anche ai tuoi fratelli. Non abbiamo più niente da dirci. » Si voltò a guardare Mun, un'espressione visibilmente confusa stampata sul viso. « Ci mancava solo questa.. » Più vado avanti in questa giornata e più mi convinco di trovarmi all'interno di uno di quegli strani sogni che sembrano un sacco realistici ma sono pieni di storture prive di alcun senso. Scrollò le spalle, lasciando cadere il discorso per seguirla fin dentro la foresta proibita lungo una strada che i suoi piedi sembrarono percorrere in maniera piuttosto naturale, come guidati da un pilota automatico che sapeva perfettamente dove fossero diretti. « Santo cielo, è ancora intatta! Non ci credo che è resistita. » C'erano sentimenti contrastanti nello sguardo che Albus rivolse alla fatiscente casetta di legno. Da un lato era simbolo di alcuni tra i ricordi più felici della propria adolescenza, mentre dall'altro si stagliava come lo scenario di uno dei periodi più bui del lockdown. Vi aveva passato circa un mese, completamente isolato da chiunque non fosse Amunet, a dormire con un occhio aperto mentre le sue orecchie captavano gli spaventosi rumori delle creature infernali che popolavano la foresta. Per un istante gli sembrò di poter udire ancora una volta le loro unghie che raschiavano alla base dell'albero, i loro ringhi famelici, i suoni gutturali che producevano nel momento in cui riuscivano a trovare una preda, portando Albus a chiedersi se essa fosse un animale o una persona. E poi c'era la zona di limbo, quella che ospitava tanto i ricordi del lockdown quanto i momenti condivisi con Mun: i lunghi discorsi, le risate disperate di chi cercava anche la cosa più stupida pur di rallegrarsi un poco, lo spicchio di torta che lei gli aveva portato, i brevi contatti fisici rubati e le occhiate furtive. Chi lo avrebbe mai detto, all'epoca?! Sospirò, stirando un sorriso in direzione di Mun prima di cominciare a salire la scaletta a pioli.
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    « Hai mai sentito questa cosa? Gaaaa - gar- garmonbozia. » Prese in mano il blocco appunti di Mun, leggendo la parola mentre la sua fronte andava ad aggrottarsi istintivamente. Scosse il capo. « Non mi dice nulla. Cos'è? » « Non sembra nemmeno una parola. » Si strinse nelle spalle, ricercando il pacchetto di sigarette per accendersene una velocemente e far poi cenno alla ragazza di favorire. « Immagino che i dizionari non siano stati utili, vero? » Una domanda più retorica che altro. « Comunque possiamo sempre provare a fare un tentativo in biblioteca. Nel reparto proibito potremmo avere una chance. Faccio un permesso in serata. » E per fare un permesso, chiaramente, intendeva falsificarne uno; in certi momenti le sue doti nel campo sembravano tornare particolarmente utili. « L'ho sentita più di una volta l'altra sera. Voglio tutta la mia Garmonbozia. Era Lui.. era proprio Lui. Forse sotto sembianze differenti, però non ho dubbi. Me l'ha detta Lui questa cosa. Poi oggi ho scritto questo.. ed è ricominciato. » Lo sguardo del ragazzo si andò a incupire mentre i suoi occhi tornavano a fissare la parola, cercando di leggerla prima da destra a sinistra, poi a scomporne le lettere per vedere se mischiandole diversamente potessero creare una parola di senso compiuto. « Ho momenti di blackout. E non so cosa sto facendo, o perché lo sto facendo e non so..Oggi erano solo voci..però, erano le voci dei miei compagni. Ad un certo punto Julian Davis mi ha chiesto un rotolo in prestito.. e poi ho iniziato a sentire la sua voce nella mia testa. Però.. lui non stava parlando. » Tra tutte le cose che aveva detto, quello era un punto a cui Albus poteva quantomeno dare una spiegazione logica. Sospirò. « E' la Legilimanzia. Qualunque cosa ci abbiano propinato al rave te l'ha fatta sfuggire di mano. » Ed è un problema. Bello grosso. « E' successo qualcosa di simile anche quella notte. Non so se prima o dopo il blackout. E poi.. lì dentro..L'altra sera, quando eravamo con Olympia.. non sono stata del tutto sincera. Non è vero che non conoscevo nessuno. Io.. lì dentro c'era Miles. O almeno penso fosse lui. E poi.. poi c'era la mia Nana.. però non può essere giusto. Lei non è.. » Il solo sentir nominare Miles gli fece perdere un battito cardiaco. La morte del ragazzino era un qualcosa con cui Albus non era riuscito ancora del tutto a fare pace. Dovette tuttavia sforzarsi a non indugiare su quella linea di pensieri, concentrandosi sulla cronologia di strani eventi che Amunet andò ad illustrargli come a voler scoprire il filo conduttore che li legava tutti tra loro. Avvenimenti che fino a quel momento avevano entrambi preso singolarmente, analizzandoli nella propria peculiarità come casi isolati, oppure limitandosi a connettere tra loro solo alcuni di essi. Ma a quel punto era evidente che ci fosse un disegno più ampio, uno che fino ad allora avevano solo parzialmente preso in considerazione. Non ci abbiamo davvero creduto fin quando non ci abbiamo sbattuto i denti. « E' come se non avesse mai smesso di essere qua..E io so che questa volta dobbiamo lavorare in maniera differente. Con gli altri. Però io non riesco a condividere queste cose con gli altri, Albus. Non so che cosa potremmo trovarci dietro..Non è cambiato proprio niente. Lui mi ha fatto credere che parlando sarei morta.. e ora non posso parlare comunque perché c'è qualcosa di peggio della morte. » La fissò negli occhi, sentendo tutto il peso di quelle ultime parole che aveva proferito. Per lui era sempre stato così, fin dall'inizio: non si era mai trattato di rischiare soltanto la propria pelle. C'era Jay. C'era sempre stato. Ma ora c'era anche Lily, c'era la sua famiglia, la vita che stava costruendo e la consapevolezza di essere riuscito a dargli una svolta che prima non vedeva. Questa volta siamo più forti, ma siamo anche più deboli. Sospirò, passandosi una mano tra i capelli mentre appoggiava la schiena contro le assi di legno, distendendo le gambe di fronte a sé e portandosi la sigaretta alle labbra con aria pensosa. « Non possiamo dire tutto agli altri. Scavando troppo a fondo.. » lasciò la frase in sospeso, scoccandole un'occhiata eloquente. Abbiamo cose da nascondere. Entrambi. E nessuno ci garantisce che non possano venire fuori se decidiamo di percorrere ogni centimetro di strada in squadra. « Di Lui.. » scosse il capo « ..di Lui non possiamo parlare. Non con i nostri amici. Né con la nostra famiglia. » E si sentiva un infame a dirlo, perché era conscio di quanto deleterio potesse essere quell'approccio nell'intento di capire cosa stesse avvenendo. Ancora una volta erano costretti a fare il gioco delle forze che li tenevano in scacco, perché se avessero fatto altrimenti avrebbero potuto pagare enormi conseguenze. Sospirò. « Cosa sai di Nana? Penso che al momento sia l'unico punto di inizio su cui possiamo lavorare. Cioè, le ipotesi in campo sono due: o la Nana che sta all'ospizio è qualcun altro, oppure abbiamo una persona fisica che potrebbe davvero dirci qualcosa. » Fece una pausa. « In entrambi i casi, dovremmo affrettarci..non è detto che rimanga lì ancora a lungo dopo ciò che hai visto l'altra sera. »

     
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    Mentre si addentrano nella foresta proibita, Mun non può fare a meno di continuare a pensare a ciò che Albus le ha appena rivelato riguardo a Byron. Non ha mai capito fino in fondo quale fosse la sua collocazione in tutta la storia; prima governatore dei ribelli, poi membro di Inverness, infine la persona da cui tutti sembravano andare a chiedere consiglio. Per Mun l'uomo era sempre stato un'incognita, soprattutto perché lei lo aveva visto prima ancora di conoscerlo. Era al centro di tutto, nella stanza rossa. Quando Mun aveva sognato la stanza rossa per la prima volta, lei e Albus si trovavano ancora nel Lockdown, precisamente nelle celle sotterranee. In quell'occasione, mentre guariva dormendo per intere giornate, il tempo nella sua testa sembrava essersi amalgamato. Passato e presente confluivano nello stesso ambiente macabro dalle tende di velluto rosso e presenze senza volto. E lui era lì. Quando Mun lo aveva incontrato per la prima volta aveva di colpo strabuzzato gli occhi. Ai tempi, sapeva molto meno circa quella realtà, o forse, aveva semplicemente interiorizzato molto meno. Col tempo determinate cose erano diventate automatiche; avevano fatto due più due e avevano iniziato almeno sul piano concettuale a comprendere qualcosa in più. Perché ti è saltata così tanto all'occhio la cosa di Byron? Si chiede tra se e se osservando il moro, senza avere il coraggio di chiederglielo apertamente. A quel punto ogni puntualizzazione le salta all'occhio più del dovuto, cosciente di trovarsi ancora una volta all'interno di una fitta ragnatela di trame di cui entrambi sanno ancora troppo poco. « E' la Legilimanzia. Qualunque cosa ci abbiano propinato al rave te l'ha fatta sfuggire di mano. » Abbassa lo sguardo di colpo, colta da un senso di imbarazzo e impotenza. Ci sono stati momenti in cui hanno parlato di quella cosa, ma è stato sempre un accenno quasi scherzoso. Mun non ha mai preso sul serio i suoi studi in merito alla Legilimanzia, e un po' come era successo con il Patronus, ad un certo punto si era semplicemente rassegnata al suo non essere in grado di praticarla. « Se non fosse che non l'ho mai avuta sotto controllo.. » Deglutisce e si sfrega le mani, lasciando scorrere lo sguardo plumbeo lungo le assi di legno grezzo della casetta. Le braccia strette attorno alle gambe, mentre rabbrividisce appena. « Era un gioco.. avevamo semplicemente fatto una scommessa - io e Lui - su questa faccenda. » Non le risulta facile parlare in quei termini del suo rapporto con Ryuk. Finché si trattava di demonizzarlo, lavarsene le mani era semplice. La verità è che Mun gli ha concesso molte libertà, gli ha dato modo di andare ben oltre un semplice rapporto di sudditanza. O forse, il cappio al collo ce l'ho sempre avuto, solo che non me ne accorgevo. A volte era così semplice pensare che tutto fosse uno scherzo. « E quando non ha funzionato » Si stringe nelle spalle e giocherella distrattamente col diamante sul proprio dito, roteandolo in senso orario e antiorario, in un gesto che ormai è diventato naturale ogni qual volta mettesse in dubbio se stessa. « ..non ne abbiamo più parlato. Ci sono stata per mesi sopra i libri. Ha persino promesso di lasciarmi stare per un mese se fossi riuscita a sottrarre le domande del compito di Trasfigurazione per i GUFO. » Ma non è accaduto. Si inumidisce le labbra e sospira, passandosi una mano tra i capelli. « Alla festa sono entrata in contatto con altri due.. non so se sono stati loro a forzare la mia mente o il contrario. » Scuote la testa ripensando all'incidente con Maeve e Derek. Sentire cosa pensa la gente è un conto; sentire te stesso nella testa di qualcun altro mentre lui sente se stesso e te è qualcosa di folle. Follia moltiplicata per tre. « Potevo sentire me stessa e loro.. contemporaneamente. E sentivo loro che sentivano me e viceversa. » Detta a voce alta aveva decisamente meno senso che nella sua testa. « Non so se c'entra con qualcosa che ho preso, o col fatto che a cento metri da noi c'erano infiniti corridoi pieni di tende rosse oppure.. boh? » Sbatte le ciglia perplessa stringendosi nelle spalle senza saper dare una spiegazione logica a tutta quella faccenda. « Forse è solo magia accidentale. » O forse la prossima volta butterò qualcuno giù da un dirupo in pieno stile Ryuk. Un filo doveva esserci; qualunque esso fosse tuttavia, non sarebbe stato certo il percorso più facile, né tanto meno il più scontato. Forse sono troppe le cose che non consideriamo. Forse la risposta al puzzle è fatta di tanti piccoli pezzi che non sappiamo nemmeno dove raccattare. E il problema stava proprio nelle successive riflessioni di Albus. « Non possiamo dire tutto agli altri. Scavando troppo a fondo.. » Scosse la testa Mun. Non voleva nemmeno immaginare cosa sarebbe successo se le persone sbagliate avessero scoperto determinate cose. Avevano troppe cose da perdere; lei aveva troppe cose da perdere, e anche se al momento poteva sembrare che entrambi avevano le mani pulite, io ho davvero.. le mani pulite? Posso in tutta onestà dire di essere solo una vittima? Le convinzioni di Mun erano mutevoli; a volte si convinceva di non aver avuto scelta, altre volte era certa che una scelta l'avrebbe avuta se solo fosse stata abbastanza temeraria e coraggiosa da perseguirla. Non l'ha fatto; e forse non lo sto facendo neanche adesso. « Di Lui.. di Lui non possiamo parlare. Non con i nostri amici. Né con la nostra famiglia. » Si morse il labbro inferiore sollevando lo sguardo verso il suo volto. Ha senso dire che mi dispiace? Ha ancora senso chiederti scusa per tutto quanto? « Cosa sai di Nana? Penso che al momento sia l'unico punto di inizio su cui possiamo lavorare. Cioè, le ipotesi in campo sono due: o la Nana che sta all'ospizio è qualcun altro, oppure abbiamo una persona fisica che potrebbe davvero dirci qualcosa. In entrambi i casi, dovremmo affrettarci..non è detto che rimanga lì ancora a lungo dopo ciò che hai visto l'altra sera. »
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    Lo sguardo della piccola Carrow, venne colto da un profondo senso di terrore nel sentire quelle ultime parole. Qualcun altro.. quelle parole risuonarono all'infinito nella sua testa, mentre gli occhi carichi di inquietudine si perdevano oltre la finestrella alle spalle di Albus. Sospirò e si lisciò appena la camicetta. Pensierosa, tentò di rispondergli nella maniera più sincera possibile, realizzando solo man mano che parlava quanto insolito fosse il suo discorso in merito. « Io.. non la sento da molto tempo. Non c'era quando è nata Lily e.. » Si stringe nelle spalle. « L'ultima notizia fisica che ho di lei risale a.. a prima che finisse tutto. Là dentro ha detto un sacco di cose strane. Su di me.. su di noi. » Tira su col naso e alza lo sguardo verso l'alto. Non è pronta ad accettare che potrebbe esserle successo davvero qualcosa. Io sono. Sono sempre stata. « Forse sarebbe più semplice se tu lo vedessi. » Asserisce di scatto, ricercando il suo sguardo, annuendo con convinzione. « Potremmo usare il pensatorio di Cherry Island. » Era ancora difficile concettualizzare il fatto che quel posto stava diventando in un certo qual modo loro. Mun non vi aveva ancora messo piede, né aveva mostrato un gran desiderio di tornarci, nonostante i lavori di ristrutturazione in vista dell'inaugurazione erano già iniziati da parecchio. Aveva studiato assieme ad Albus piante e modelli mandati dagli architetti, ma non aveva visto niente di quanto il suo fidanzato le aveva raccontato. Lì metteremo questa e quell'altra cosa. Al primo piano ci sarà questa grande sala riunioni. Qui ci sarà questo e quell'altro ufficio. Tutto ciò era rimasto a un livello pressoché concettuale nella testa di Mun. « Non era in progetto buttarlo giù, vero? » Attorno al Pensatoio dei ribelli c'era un'aria di mistero che Mun non aveva mai compreso fino in fondo. In molti si fermavano spesso e volentieri a osservarlo. Più e più volte aveva visto alcuni tra i membri ai vertici fermarsi a fissarlo quasi fosse una specie di pozzo delle verità. Cala il silenzio per un po', mentre le preoccupazioni per la sua Nana si mischiano ai ricordi dei primi giorni al Quartier Generale. « Credi che ci sia qualcosa di strano in questa storia dell'assenza di Byron Cooper? » Sembra una domanda saltata fuori dal nulla, eppure anche oggi a distanza di diversi anni, nonostante Albus abbia espresso il desiderio di dare nuova vita all'ex base dei ribelli, l'isoletta di Loch Ness continua ad avere marchiato a ferro e fuoco il suo nome. Il nome di Byron Cooper riecheggia ancora attorno a quelle mura, all'aura di mistero che vi è sulla sua persona e su tutto ciò che ha costruito e ottenuto. « Il Pensatoio.. » Disse improvvisamente sfregandosi le mani per scacciare la sensazione di freddo nelle ossa, stringendosi nelle spalle. « ..uno dei primi giorni dopo che ci siamo trasferiti. Sapeva già che fosse incinta, ovviamente » Tutti lo sapevano. Ma lui non ha battuto ciglio quando gli abbiamo chiesto di lasciare Hogsmeade in fretta e furia. « Mi mostrò il pensatoio e mi fece un discorso strano sulla memoria storica e sull'importanza di avere a mente il motivo per cui ero lì. » Non le era sembrata una minaccia. Più un gentile consiglio da una persona più grande. « E poi mi invitò a lasciare un mio ricordo.. qualunque cosa mi spingesse a essere lì e a credere di trovarmi nel posto giusto. » Non sa se per Albus è stato lo stesso. Lui, dal canto suo, alla causa dei Ribelli si è dedicato molto più di quanto non avesse fatto lei. Durante quel periodo, la vita di Mun era stata costretta tra le mura ben protette del castello. Si era occupata dei più piccoli e dei giardini, aveva aiutato gli adolescenti a studiare e aveva dato una mano ovunque potesse essere utile. « Ho visto diverse volte molti di loro lasciarci qualche ricordo. E ho visto altrettante volte Byron fissare quel Pensatoio come se fosse una specie di altare. » Non era l'unico. A cadenza regolare qualcuno era lì, erto di fronte alla vasca dalle acque limpide, intento a fissarne la natura con impressionante solennità. « Non so cos'è rimasto dopo tutto ciò che è successo. » Dopo che il Sottosopra ha rimangiato completamente le interiora di quel castello come di ogni altro luogo della Scozia. Eppure, c'era la possibilità che qualcosa fosse rimasto, un indizio, qualcosa su quelle persone, su ciò che hanno vissuto, su ciò che hanno combattuto. « E so anche che frugare in cose che non ci riguardano, è aggiungere sulla nostra fedina un ulteriore capo di imputazione. » Violazione della privacy. Appropriazione indebita degli altrui ricordi. Nel mondo magico erano cose serie e c'erano casi di persone che avevano rischiato più di qualche giorno in una prigione locale per aver utilizzato per scopi impropri ricordi altrui. « Però.. nessuno lo saprà vero? Siamo già passati per tutta la carrellata legale e morale per ridare vita a quel posto. Lui era tranquillo all'idea di veder rifiorire Cherry Island. » Immagino. Non aveva parlato direttamente con Byron o con Renton della questione; quelle erano cose più da Albus. Era lui ad aver effettivamente conquistato il benestare di Cooper. Mun provava piuttosto una sorta di insolita simpatia nei suoi confronti. Lo considerava l'uomo da chiamare ogni qual volta le cose non fungessero. Per molti era ancora un punto di riferimento. E lo era anche per lei; lo era stato soprattutto quando aveva tentato di invocare il suo nome durante la sfida dello Shame. « Stiamo solo pensando di utilizzare il pensatoio no? Perché è più semplice che tu capisca cosa è accaduto quella sera se lo vedi. Forse se combiniamo i miei e i tuoi ricordi della serata tra l'altro - riusciremo ad avere una panoramica più completa. Forse anche tu hai visto o sentito qualcosa.. solo che non te ne sei accorto. » Pausa. « Semmai dovessimo scoprire qualcos'altro.. semmai ci fosse ancora qualche altro ricordo là.. immagino che sarebbe solo una casualità. » Si fa più vicina, scostando il blocco che li divide per afferrare le mani di lui. La sua pelle fredda a contatto con quella del ragazzo stimola nella piccola Carrow leggere scosse di elettricità. Come il primo giorno giocherellare con le sue dita le dà l'impressione di trovarsi di fronte a qualcosa di inedito, irripetibile, inevitabile. Mantiene lo sguardo basso, un po' imbarazzata dalle ipotesi che ha tirato in ballo. « Non credo che Cherry Island è un posto qualunque, Albus. » Disse infine, scostando appena lo sguardo di lato per sfogliare il blocco di appunti e tornare a una pagina precedente. Quella che gli ha mostrato in precedenza, indicandogli il punto in cui si era annotata l'episodio della notte al Suspiria in cui si erano lasciati. Guidando di ritorno verso casa Mun aveva visto luci sull'isola e ai piani superiori del castello. Qualcosa la chiamava, sembrava lieto della loro disfatta. Noi avevamo perso tutto. In un colpo solo. E qualcuno ai piani alti festeggiava. « Forse mi sono immaginata tutto quanto. Però.. » E dicendo ciò intrecciò le dita a quelle di lui, stringendogli la mano quasi cercasse il perfetto punto di inerzia. « ..ci siamo davvero immaginati tutto quanto? »


     
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    « Io.. non la sento da molto tempo. Non c'era quando è nata Lily e.. L'ultima notizia fisica che ho di lei risale a.. a prima che finisse tutto. Là dentro ha detto un sacco di cose strane. Su di me.. su di noi. » Aggrottò la fronte, silenzioso, mentre cercava di riunire i pezzi di un racconto che coscientemente sapeva essere stato creato proprio per confonderli. Quella sensazione - quella di sentirsi perso in un mondo che non gli apparteneva del tutto e che, anzi, pareva remargli contro in ogni modo, era un qualcosa a cui col tempo aveva subconsciamente perso l'abitudine. I problemi non gli erano mai mancati, e in una qualche misura c'era sempre stato un latente senso di perdizione per una ragione o per un'altra, ma il convincersi di avere a che fare con affari umani aveva affossato l'ottica adottata nel periodo della guerra. Eppure lo Shame è riuscito a distruggermi più di quanto non lo abbia fatta il Lockdown. « Forse sarebbe più semplice se tu lo vedessi. Potremmo usare il pensatorio di Cherry Island. » Ci pensò un attimo, cercando di analizzare quell'ipotesi al meglio delle sue possibilità. « Non lo so..forse è meglio trovarne un altro. Con i lavori per il Gruppo Peverell, troppa gente gira giorno e notte attorno a quel pensatoio. Se anche riuscissimo a ritrovarci da soli, potrebbero rimanere tracce e a questo punto ogni rischio potrebbe rivelarsi..beh..sì, anche fatale. » Nel pieno senso della parola, evidentemente. « Non era in progetto buttarlo giù, vero? » Scosse il capo in un movimento lento, chiudendo appena gli occhi come a voler escludere ancor di più quella possibilità tra le scelte contemplate. Quando i lavori erano iniziati, non erano stati in pochi a consigliargli di intraprendere la strada della completa renovatio: non doveva necessariamente abbattere il pensatoio, ma piuttosto donarlo al museo della liberazione. Tuttavia Albus era stato fermissimo sulla questione: il pensatoio doveva rimanere nel luogo in cui era stato costruito. Il giovane Potter non voleva sbarazzarsi dell'identità Ribelle, nascondendo quel capitolo della storia sotto il tappeto come molti credevano più prudente e remunerativo fare, ma piuttosto voleva integrarlo nel presente: quello era il punto di partenza, quella era l'eredità su cui il suo lavoro si fondava e il seme senza il quale nulla di tutto ciò avrebbe mai potuto vedere la luce. Non appartiene a un museo. Appartiene a tutti noi. « Credi che ci sia qualcosa di strano in questa storia dell'assenza di Byron Cooper? » Sospirò, stringendosi nelle spalle mentre abbassava lo sguardo sul quaderno di Mun, voltandone distrattamente le pagine. « Non lo so. Forse sto solo diventando paranoico in seguito a tutto ciò che è successo al rave e attribuisco significati cospirazionisti ad ogni piccola cosa però.. » fece una pausa, sollevando lo sguardo negli occhi della mora « Byron non si è mai perso una lezione. Non fa neanche il quarto d'ora accademico. Un orologio svizzero è in ritardo rispetto a lui. E il fatto che non abbia avvisato nessuno - neanche l'assistente che lo ha sostituito, a quanto pare - mi fa strano. » Ma forse ha solo avuto un'emergenza di altro tipo. Chi sono io per immischiarmi negli affari privati di Byron Cooper? Scosse il capo, scrollando le spalle. « Lascia perdere. Sono tutte preoccupazioni infondate. È solo difficile..non farmene..dopo quella sera. » « Il Pensatoio..uno dei primi giorni dopo che ci siamo trasferiti. Sapeva già che fosse incinta, ovviamente. »
    Annuì appena, come se quella fosse la constatazione più naturale del mondo. Byron Cooper sembrava sempre sapere qualcosa in più degli altri. « Mi mostrò il pensatoio e mi fece un discorso strano sulla memoria storica e sull'importanza di avere a mente il motivo per cui ero lì. » Per la prima volta in quella giornata, un piccolo sorriso affiorò sulle labbra del moro mentre sbuffava una contenuta risata dalle narici, alzando lo sguardo al soffitto. « Suona proprio come il tipico discorsetto di Byron. » Riesco quasi a immaginarmi le parole e a sentire la sua voce piatta e austera risuonarmi nelle orecchie. « E poi mi invitò a lasciare un mio ricordo.. qualunque cosa mi spingesse a essere lì e a credere di trovarmi nel posto giusto. » Annuì ancora una volta. Da quel che ne sapeva, doveva averlo fatto più o meno con tutti. Nel pensatoio c'erano i ricordi di ogni ex ribelle, dal primo all'ultimo - almeno tra quelli che avevano acconsentito a lasciarli. Un discorso simile era stato fatto anche Albus al momento di farsi tatuare. Un tatuaggio, quello dei Ribelli, che come tutti gli altri portava ancora sulla propria pelle in memoria di tempi in cui la libertà di parlare con chiunque di qualsiasi cosa non era poi così scontata. « Ho visto diverse volte molti di loro lasciarci qualche ricordo. E ho visto altrettante volte Byron fissare quel Pensatoio come se fosse una specie di altare. » « Lo è. » disse piano. « A modo suo lo è - un altare. » Un altare alla sofferenza, all'ingiustizia, alla memoria e all'idea che nessuna libertà debba mai essere data per scontata. La pace, quella nemmeno. « Non so cos'è rimasto dopo tutto ciò che è successo. E so anche che frugare in cose che non ci riguardano, è aggiungere sulla nostra fedina un ulteriore capo di imputazione. Però.. nessuno lo saprà vero? Siamo già passati per tutta la carrellata legale e morale per ridare vita a quel posto. Lui era tranquillo all'idea di veder rifiorire Cherry Island. » Non era ancora convinto di quell'idea, ed era piuttosto evidente a giudicare dalla sua espressione di forte titubanza, accompagnata da un nervoso tamburellare di dita sul proprio ginocchio. « Stiamo solo pensando di utilizzare il pensatoio no? Perché è più semplice che tu capisca cosa è accaduto quella sera se lo vedi. Forse se combiniamo i miei e i tuoi ricordi della serata tra l'altro - riusciremo ad avere una panoramica più completa. Forse anche tu hai visto o sentito qualcosa.. solo che non te ne sei accorto. Semmai dovessimo scoprire qualcos'altro.. semmai ci fosse ancora qualche altro ricordo là.. immagino che sarebbe solo una casualità. » « È molto rischioso, Mun. » disse in un soffio, inclinando appena il capo di lato nel pronunciare quelle parole. « Ammesso e non concesso che si riesca a ritrovarci completamente soli, senza lasciare alcuna traccia del nostro passaggio o dei ricordi che vi versiamo..l'insieme di tutte quelle menti ed esperienze è imprevedibile e pericoloso. » Sospirò. « Da un ricordo singolo, versato e tolto appositamente, è facile entrare ed uscire. Ma tutti quei ricordi mischiati? Potremmo ritrovarci in un labirinto dai confini ben poco chiari..e a giudicare dalla ratio con cui quei ricordi sono stati raccolti, non sarebbe nemmeno un viaggio felice. » Ci stanno i ricordi di Eric Donovan lì dentro. Rabbrividì alla sola idea, conscio delle tragedie che avevano costellato la vita del ragazzo nei suoi ultimi anni di vita. Un lampo di luce sembrò attraversare per un istante il suo sguardo, spegnendosi presto. Se da un lato era stato colto dalla flebile speranza che i ricordi dell'ex cacciatore dei Falcons potessero dare loro un qualsivoglia indizio per la risoluzione del suo omicidio - e dunque una pista in direzione dello Shame - dall'altro gli ostacoli illustrati continuavano a sussistere. « Non credo che Cherry Island è un posto qualunque, Albus. » Puntò lo sguardo sul blocco note, lì dove Mun gli indicava gli appunti riguardanti la notte in cui lei gli aveva restituito l'anello di fidanzamento. « Forse mi sono immaginata tutto quanto. Però..ci siamo davvero immaginati tutto quanto? » Scosse il capo, piano ma con convinzione. « No, quello no. Siamo stati in troppi a vedere le stesse cose..o comunque cose pressoché simili tra loro. L'immaginazione è un'eventualità che non tengo più in considerazione. Piuttosto mi chiedo perché. » Fece una pausa, puntando lo sguardo negli occhi di lei in cerca di una risposta. « Perché portarci lì? Perché farci vedere tutte quelle cose e darci delle certezze? Tra tutti i modi più sicuri in cui avrebbero potuto farci fuori, hanno scelto proprio quello. Che siano stati davvero così sicuri di riuscire nella loro imboscata? » Storse il naso, come a voler sottolineare quanto poco credesse nello spirito da giocatrice d'azzardo della Loggia Nera. « Certo, sanno che nessun altro ci crederebbe mai e che noi in primo luogo non trarremmo guadagno alcuno - anzi! - nello spargere la voce. Ma confermarci ogni dubbio e darci la possibilità di reagire? Lasciare addirittura che il branco cominci a riattivarsi? Qual è la strategia? » Perché c'è. Una strategia ci sta sempre. Sottile e raffinata, piena di insidie apparentemente invisibili. La Loggia non agisce mai senza garanzie. « Mi sento come se fossi nella platea allo spettacolo di un prestigiatore. Il mago mi sta dicendo "guarda qua, guarda qua", mentre il vero trucco avviene altrove. Ma dove? Ho visto lo stesso trucco mille volte e ancora non so dove indirizzare lo sguardo. » Un altro sospiro abbandonò le sue labbra, come una resa di fronte all'ineluttabile, mentre lo sguardo grigio si posava perso sulle iridi della giovane Carrow e le dita ricercavano il contatto della sua mano. « Cosa ci sta sfuggendo, Mun? »


     
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    Il vento si alza di colpo smuovendo le foglie con movimenti aggraziati. Mai come allora provò un senso di reminiscenza, che andò a concretizzarsi nella disposizione degli elementi presenti in scena. Albus e Mun seduti uno di fronte all'altro. Un mucchio di fogli tra loro, e la sensazione di non avere alcunché per le mani. Non era la prima volta che si trovavano lì, né era la prima volta che vivevano quell'esatta scansione degli eventi. La loro vita era diventata un loop morboso, un continuo susseguirsi delle stesse tappe, un circolo vizioso morboso a cui non sembravano saper sfuggire. Il vento non è mai suonato così famigliare. Riesce quasi a percepire quel lamento insistente che un tempo li aveva tormentati per giorni interi. Tre settimane. Nel grigiore della foresta proibita, vi avevano passato tre settimane, riparati dalle sole putride assi della solitaria casetta. Nessun suppellettile a scaldare quell'ambiente angusto ad eccezione di una piccola fiamma incantata che alimentavano di continuo, terrorizzati dall'idea di restare al buio. La luce li attirerà, si diceva spesso allora, specie quando un urlo saettava nell'aria torbida della notte. Di urla, Albus e Mun ne hanno sentiti più di quante fossero pronti ad ammettere. Posti uno di fronte all'altro di fronte al fuocherello si gettavano lunghe occhiate colme di allarmismo e apprensione. Dovremmo andarci? Dovremmo aiutarli? Avrebbero dovuto, eppure, più di una volta nessuno dei due si era mosso.« E' una trappola. » L'unico argomento valido che aveva scovato nell'esatto momento in cui lo aveva visto alzarsi, la bacchetta impugnato e il fuoco negli occhi. Non era il momento di fare gli eroi, né le sue condizioni lo avrebbero aiutato più di tanto in battaglia. « Non puoi saperlo. E se fosse Fred? » Fred. Già. Era lì per Fred. Era lì per cercarlo, per riportarlo a casa. Eppure, sin da quando non era più tornata al castello, dalla casetta non si era mai mossa. Non poteva saperlo, Mun, né dargli la certezza che quelle urla non appartenessero a qualcuno che conoscevano, ma c'era qualcosa in quei suoni, qualcosa di strano, di vuoto. Non risvegliavano in lei alcuna forma di empatia, né smuovevano in lei l'urgenza di uscire allo scoperto e rischiare la propria vita. Squarci vuoti e privi di emozione nell'aria gelida di una grigia notte eterna. Avevano litigato. Anche quella volta avevano litigato; una bella novità in mezzo a tutta quella apatia ed erano andati avanti per diverso tempo quasi avessero bisogno di rompere quel silenzio che solitamente mantenevano di comune accordo. Lui voleva andare, lei voleva restare, ma a giudicare dal tempo che ci avevano messo per trovare un compromesso, la verità ultima era che nessuno voleva né andare, né restare. Bambini dispettosi e sconsolati, tentavano anche in quell'occasione di scaricare la responsabilità sull'altro. E poi il vento si alzò ancora. Albus si portò l'indice alle labbra e Mun sgranò gli occhi. Rimasero in ascolto. Sotto i loro piedi, a qualche metro più in basso si consumavano orrori a cui non avevano mai dato una vera immagine. Li avevano sentiti strisciare, parlottare in lingue incomprensibili, ridere e lamentarsi ancora. Urlare e contorcersi. Al centro di quell'incubo i loro sensi avevano carpito suoni e movimenti le cui sembianze andavano al di là delle loro possibilità immaginative. L'urlo si trasformò in un lamento terrificante, poi in una risata gutturale e infine in un verso che la obbligarono a coprirsi la bocca e mordersi la lingua per scongiurare reazioni involontarie. Sotto quella casetta c'era passato di tutto e di più, e Mun aveva chiuso gli occhi, raggomitolandosi su se stessa, sperando che qualunque cosa fosse passasse in fretta senza scoprirli. « Non lo so. Forse sto solo diventando paranoico in seguito a tutto ciò che è successo al rave e attribuisco significati cospirazionisti ad ogni piccola cosa però.. Byron non si è mai perso una lezione. Non fa neanche il quarto d'ora accademico. Un orologio svizzero è in ritardo rispetto a lui. E il fatto che non abbia avvisato nessuno - neanche l'assistente che lo ha sostituito, a quanto pare - mi fa strano. Lascia perdere. Sono tutte preoccupazioni infondate. È solo difficile..non farmene..dopo quella sera. » Annuì nonostante sapesse che c'era dell'altro. Albus viveva secondo una severa politica anti-preoccupazione. Piuttosto che piantare ulteriori paranoie nella testa di Mun preferiva passar sopra alle cose, specie se ai suoi occhi erano irrilevanti. Ma questa cosa non è irrilevante vero? Non conosceva abbastana Byron Cooper da dire cosa fosse sospetto e cosa no nel comportamento dell'ex Governatore, ma si fidava dell'intuito di Albus a tal punto da non riuscire a liquidare la faccenda con altrettanta noncuranza. Byron Cooper resta tutt'ora una delle persone più enigmatiche che avesse mai incontrato. Che cosa sappiamo effettivamente di lui? Perché ha fatto quello che ha fatto? Perché è riuscito a radunare così tante persone. Un giorno era solo un uomo qualunque, il giorno dopo era un leader, il giorno dopo ancora era un lycan. E via così. Ed ecco quindi la sua proposta. Frugare ancora una volta negli affari altrui. « È molto rischioso, Mun. Ammesso e non concesso che si riesca a ritrovarci completamente soli, senza lasciare alcuna traccia del nostro passaggio o dei ricordi che vi versiamo..l'insieme di tutte quelle menti ed esperienze è imprevedibile e pericoloso. Da un ricordo singolo, versato e tolto appositamente, è facile entrare ed uscire. Ma tutti quei ricordi mischiati? Potremmo ritrovarci in un labirinto dai confini ben poco chiari..e a giudicare dalla ratio con cui quei ricordi sono stati raccolti, non sarebbe nemmeno un viaggio felice. » Rischioso sì, ma non impossibile. Mun era convinta di sapere troppo poco, specie sul periodo precedente alla Restaurazione. Giunta a quel punto della sua esperienza, era convinta di non sapere abbastanza né sui suoi nemici, né tanto meno sui suoi alleati - sempre se li abbiamo mai avuti. « E se in mezzo a tutto quel groviglio di coscienze ci fosse qualcosa? Qualunque cosa.. » In mezzo ai Ribelli c'erano personalità di ogni estrazione possibile e immaginabile. Molti di loro, Mun li conosceva a malapena. Persino sui cacciatori, nella cui città viveva ormai da anni, ammetteva di sapere troppo poco. Presa più dai suoi problemi e drammi personali, la piccola Carrow era sempre rimasta un po' ai margini, quasi come se nella culla della civiltà del Credo fosse niente più che una mera usurpatrice. « Da quando abbiamo saputo di Lily, il nostro contributo è stato ai minimi storici. » Si stringe nelle spalle colta da un leggero senso di colpa. Durante i primi tempi della sua permanenza nella città di Inverness, Mun ha pensato unicamente a se stessa, alla sua famiglia, a come stare bene. Del grigio fuori dalle mura, non sapeva niente, né lo aveva mai visto in prima persona; si era nascosta sotto una campana di vetro, convinta che ignorando il problema quest'ultimo sarebbe semplicemente scomparso. E alla fine sembrava essere scomparso davvero. Di colpo ho messo il piede lì fuori, e il mondo era esattamente come l'avevo lasciato. « Attorno a noi continuano a succedere tutte queste cose ma è come se fossimo costantemente un passo indietro. » Si morde il labbro inferiore e sospira. « Vorrei poterlo ignorare.. dire che siamo solo un effetto collaterale e che la prossima volta succederà a qualcun altro. » Sarebbe più semplice. Potrei convivere con questa cosa. Nell'accezione tutto fuorché eroica dell'indole della Carrow, restarne fuori quando non è nel suo interesse fare altrimenti è contemplabile. « ..ma è personale. » Lo è già dal giorno in cui siamo stati messi in discussione come genitori.
    « [...] Piuttosto mi chiedo perché. Perché portarci lì? Perché farci vedere tutte quelle cose e darci delle certezze? Tra tutti i modi più sicuri in cui avrebbero potuto farci fuori, hanno scelto proprio quello. Che siano stati davvero così sicuri di riuscire nella loro imboscata? Certo, sanno che nessun altro ci crederebbe mai e che noi in primo luogo non trarremmo guadagno alcuno - anzi! - nello spargere la voce. Ma confermarci ogni dubbio e darci la possibilità di reagire? Lasciare addirittura che il branco cominci a riattivarsi? Qual è la strategia? » Di scatto si alza in piedi raggiungendo una delle piccole finestre; posa le mani sul davanzale ruvido mentre vaga con lo sguardo sul tappeto di foglie secche al di là del piccolo nido. « Mi sento come se fossi nella platea allo spettacolo di un prestigiatore. Il mago mi sta dicendo "guarda qua, guarda qua", mentre il vero trucco avviene altrove. Ma dove? Ho visto lo stesso trucco mille volte e ancora non so dove indirizzare lo sguardo. Cosa ci sta sfuggendo, Mun? »
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    Quanto ha vissuto qualche sera prima dietro le tende di velluto, aveva un significato profondo. Un messaggio le era stato effettivamente recapitato. Solo che non sapeva come interpretarlo, né sapeva spiegarlo ad Albus a parole. Forse sarebbe più semplice che tu lo vedessi. Lo pensava ancora. Per un istante chiuse gli occhi cercando di isolare dal caos generale della serata quel momento nello specifico. Il momento nella stanza assieme a Nana e Miles. Il nostro compito sta solo cominciando. Ma qual è? Cosa dobbiamo fare? Qual è il nostro scopo. Qual è il mio scopo? Perché in fondo, se Albus uno scopo seppur vago l'aveva trovato, Mun sembrava persa in un mare di incertezze inconcludenti. « Non lo so.. » Ammette infine voltandosi verso di lui, colta da uno sguardo trafitto dal dolore. « Non lo so.. » Non lo so o non voglio saperlo? « ..io vengo di continuo isolata. Persino lo Shame - persino quella diavoleria - mi ha isolata. » Nessuna possibilità di comunicare con l'esterno, nessun modo per sottrarsi o scappare. « Ponendo anche il caso che avessi deciso di sottrarmi.. io non potevo. Ero chiusa in quel posto - » Si interrompe di colpo colta dalla rabbia. « - dove diavolo era quel posto? » Non lo sa. Forse non lo avrebbe mai scoperto. « Papà mi ha isolata. Ryuk mi ha isolata.. anche dagli altri. Da tutti gli altri come me - sempre se erano come me. Lo Shame mi ha isolata. Anche durante il rave - cazzo Albus, anche durante il fottuto rave io sono stata isolata. » Sbatte il pugno contro le assi mordendosi l'interno della guancia. Perché? Le lunghe ciglia si mossero velocemente col chiaro intento di tenere a bada una valanga di lacrime che non voleva versare in quel momento. Forse è proprio per questo. Perché sono ipersensibile. « Sono l'anello debole. » Esordisce infine stringendosi nelle spalle. La più malleabile, la più accondiscendente. Oh.. è stato così facile in passato. Perché dovrebbe andare diversamente ora? « Forse lo sono sempre stata. Nessuno sa niente di me, né potrà mai saperlo e io non so niente di nessuno. Sono fuori dal branco, fuori dal mondo dei sin eater - e non gioco nemmeno per l'altra squadra. » Non più. « Però ho un link chiave. » Lo sguardo eloquente che gli rivolse rispecchiava tutto il senso di colpa che si sentiva addosso. Non prendiamoci in giro. Non ci saresti mai entrato lì dentro se non ci fossi andato io. Forse qualcun altro lo avrebbe fatto, ma non tu. E per quanto avrebbe voluto chiederglielo apertamente, qualcosa in quel momento la frenò. Forse la paura di affrontare un discorso così grande - puro istinto di autoconservazione. L'egoismo che regnava sovrano nell'animo di Mun non le permetteva di mettere in discussione tutta la sua esistenza. Eppure, lì da qualche parte, per un istante risuonò un'altra voce. Diversa. Colma di rabbia e risentimento. Guarda cosa mi hai fatto... come mi hai ridotto. Sei tossica Mun. In un silenzio quasi religioso, abbassa lo sguardo inumidendosi le labbra. Eppure se sono solo l'anello debole perché quel messaggio? Perché siamo stati salvati? Da chi siamo stati salvati? [...] Hanno appena superato Cherry Island in viaggio verso casa. Le domande che si sono poste prima di lasciare la scuola continuano a frullarle in testa assieme a una forte emicrania dovuta probabilmente all'incidente di prima. I bambini addormentati sul sedile posteriore dell'auto sembrano sereni. Non è certa di come abbiamo fatto a tenerli così lontani dalla follia che era diventata la loro vita per così tanto tempo. Eppure siamo ancora qui. Lo sguardo di ghiaccio della piccola Carrow segue con vivido interesse le ombre del castello che da lì a poco sarebbe diventato un nuovo capitolo nella loro vita, incollando la tempia contro il finestrino dell'auto. Il fantasma del Pensatoio continua a seguirla, così come i ricordi della notte degli orrori, il rave, il treno, la tavola calda, il Redrum. Volge di scatto lo sguardo verso Albus, osservandolo con una punta di curiosità. A cosa sta pensando? Qual è il suo vero stato d'animo? « Devo cercare Nana. » Pausa. « Se è.. viva.. era una trappola e noi - voi.. più che altro - non avreste mai dovuto uscire da lì dentro. Potrebbe essere stato un doppio o un'allucinazione. » Deglutisce mentre si perde con lo sguardo oltre il parabrezza lungo la strada deserta. « Ma se non lo è.. se lei era davvero , allora forse non era lo stesso trucco di sempre. Forse non ci hanno portato lì per metterci a dormire. Forse volevano svegliarci. Su quei corridoi non c'erano solo nemici. » Altrimenti perché così tante anime si sono strette attorno alla nostra bolla? « E allora forse il nostro compito sta solo cominciando.. qualunque esso sia in questo nuovo mondo. » Quel concetto embrionale stava iniziando a prendere piega nella mente di lei. « Forse dobbiamo rileggere tutto in chiave diversa. Rimettere tutto in prospettiva. » Dall'inizio.


     
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