Between the game with no rules and the destruction of any game

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    La confusione mentale era una condizione alla quale Maeve non era abituata. La nebbia che l'aveva avvolta in quei primi giorni era svanita, ma pur avendo riacquistato il pieno controllo delle sue facoltà, aveva ancora l'impressione di essersi svegliata da un sogno per finire in uno dei suoi incubi. Nel corso di una singola serata, si era ritrovata a combattere contro lo sconosciuto e l'ignoto dalle fattezze troppo simili a un passato non lontano, fronteggiando le sue stesse debolezze in un'esperienza ancora più traumatica. Si era trattato a tutti gli effetti di un incubo che riprendeva vita, lasciando dietro di sé dei postumi che nessuno avrebbe potuto ignorare, neanche fingendo d'essere tornati alla normalità. Per la piccola Cousland, tutto aveva finito con l'aggrovigliarsi in una matassa disordinata e caotica, capace d'oscurarle la razionalità e far riemergere quella parte di sé tenuta nascosta nel profondo del suo inconscio. Solo grazie a una smisurata dose di forza di volontà, che si era ostinata a voler fare prevalere, aveva cominciato a far tornare l'ordine. E superato il disordine mentale e la paura, aveva abbandonato lo stato d'animo rovinosamente avvilito, sentendosi proprio come al risveglio da un lungo brutto sogno: disorientata e ancor più confusa, ma anche intenzionata a voler superare quell'intoppo per ristabilire un equilibrio. Dallo scombussolamento era infine passata all'estremo bisogno di ricordare, ripercorrere e capire tutto ciò che era accaduto nel Burlesque. Com'era iniziato tutto? Come era finita in quel corridoio degli orrori? Cosa stava per ripiombargli addosso senza il minimo preavviso? La testa della giovane Caposcuola era diventata una fucina di domande, costantemente al lavoro nel generare nuovi interrogativi e pensieri contorti. Consapevole di dover trovare un modo per uscire da quella situazione, aveva capito che - per una volta - per quanto non si rendesse conto di cosa stesse realmente accadendo, non poteva risolvere quella faccenda da sola... soprattutto se i sospetti sul possibile coinvolgimento della Loggia si fossero rivelati fondati. La sola eventualità l'avrebbe mandata in paranoia, spingendola a chiedersi se non si fosse semplicemente immaginata tutto... Maeve era tuttavia sempre stata troppo realista per indirizzarsi verso false illusioni, pur di non accettare la verità. La verità che in qualche modo si era alterata di nuovo in una piaga troppo simile all'esperienza vissuta durante il Lockdown, per non prendere in considerazione quell'ipotesi. Era come se, nonostante l'agitazione e il caos che le scorrazzava dentro, la sua mente e il suo corpo tentassero di funzionare lo stesso in maniera ragionevole e lucida. E razionalmente quella era l'unica risposta sensata che fosse riuscita a trovare. Dare un senso alle cose non avrebbe risolto nulla, ma trovare un appiglio a qualcosa di solido, ottenere qualche riscontro l'avrebbe preparata a ciò che sembrava incombere nuovamente su di loro. Non sapeva neanche a cosa, avrebbero dovuto prepararsi, eppure era una di quelle sensazioni che partiva per puro istinto allertando ogni senso. Un appiglio, in quelle prime ore, l'aveva trovato in Derek; avrebbe però potuto confrontarsi e discutere col Serperverde fino allo sfinimento: nessuno dei due aveva le risposte che le servivano. Probabilmente nessuno, dei superstiti del corridoio ne aveva di certezze. Avendo ripercorso a ritroso tutta la serata, più volte, era in ogni caso giunta alla conclusione che da una persona specifica potesse - e dovesse - partire: Amunet. Si erano accordate per incontrarsi e parlare, non era servito neanche far riferimento a ciò che avessero da chiarire e su cui confrontarsi... Qualsiasi cosa fosse accaduta, qualsiasi meccanismo si fosse messo accidentalmente in atto, per loro tutto era incominciato col conflitto scaturito dalla natura da Legilimens. Maeve aveva finito col definire lei e l'Hamilton come degli effetti collaterali, completamente fuori posto, casualmente nel luogo sbagliato al momento meno opportuno. Non era più certa neanche di quell'ipotesi. Con una mole immensa di dubbi, si era portata avanti per pura inerzia fino al fatidico momento dell'incontro stabilito con la Carrow. Lei, dal canto suo, non avrebbe mai preso in considerazione un ambiente come le celle sotterranee come luogo in cui intrattenersi. La scelta di un posto così appartato, lontano da occhi ed orecchie indiscrete, non aveva fatto altro che confermare alla Corvonero la gravità della situazione. Perché premunirsi d'incontrarci come due piccole criminali, altrimenti? tumblr_p3wh9qSzh91tvwsfho8_400 Il vento le sollevava la gonna della divisa, mentre percorreva lo stretto sentiero circondato dall'erba che portava al punto del parco prefissato, scostò più volte ciocche di capelli indisciplinate dietro le orecchie per poi ritrovarsele puntualmente sul viso. Il cielo torbido e plumbeo, carico di pioggia, la spinse ad accelerare il passo per raggiungere la statua di Honoria Nutcombe. In un altro contesto, con delle circostanze meno spaventose alle spalle, l'intera faccenda avrebbe potuto risultarle perfino tragicamente comica. Lei ed Amunet non si conoscevano nemmeno ed ora la Senior era entrata nella lista ristrettissima di gente che conosceva la sua attitudine alla Legilimanzia... Che contava esattamente due persone. Lei e Derek. Se per il ragazzo si era trattata di una volontà propria, nata dalla necessità di giocare ormai a carte scoperte, con la Carrow la faccenda riusciva a farla sentire nettamente in difficoltà. Quanto e cosa aveva letto di lei? Riusciva ancora a sentire un eco lontano, dello stato d'animo sconcertato della mora, quando aveva interferito bruscamente nella connessione che la Corvonero aveva stabilito con Derek. Si era sentita giudicata, nonché in imbarazzo. Provava ancora il senso di violazione, scaturito da quell'intrusione non voluta, che per una persona riservata sotto il punto di vista sentimentale come la rossa era classificabile quasi come una profanazione di un luogo sacro che era la mente altrui. Ma come posso fartene una colpa, considerato il contesto in cui tutto è successo? Sospirò frustrata, a mano a mano che avanzava nel parco, soffermandosi in prossimità di un gruppo di alberi nel venir raggiunta da una prima, piccola, gelida gocciolina di pioggia che le scivolò lungo il collo. Poteva percepire già l'odore della pioggia umida nell'aria: di lì a poco si sarebbe scatenato uno dei primi temporali di anticipo della stagione autunnale. Giunta al punto prestabilito per prima, restò in piedi subito dietro la statua erta in onore della Fondatrice della Società per la Riforma delle Streghe; se ne restò in silenzio, ad esaminare assente le nuvolette spostarsi sempre più velocemente verso est, sospinte dal venticello fresco. Nonostante fosse assorta, coi sensi all’erta, non dovette aspettare molto per captare un rumore di passi farsi vicino. Voltò il viso in quella stessa direzione, riconoscendo la figura minuta della Carrow spuntare. « Ehi. » le andò incontro, alzando una mano per farle un cenno di saluto, un sorriso tiepido appena accennato sulle labbra. « A breve ci ritroveremo sotto il classico diluvio universale, andiamo? » Mentre pronunciava con calma quelle parole, il cielo parve farsi sempre più scuro, con lampi in lontananza e il rombo minaccioso dei tuoni sempre più prossimo. Percorrendo il sentiero che portava all'ingresso delle celle sotterrane, Maeve camminò senza proferire una sillaba almeno per tutto il primo tratto di strada, col solo rumore dei passi sulla ghiaia a far da eco ai suoi respiri lenti. « Senti... » Più che il bisogno di colmare il silenzio calato, fu la necessità di sopprimere sin da subito ciò che le si agitava dentro, a spingere la rossa a voltare il viso verso la mora al suo fianco. Non era solita girare intorno ai problemi e le difficoltà, lei. « Fatico ancora a capire cosa sia accaduto di preciso, fra di noi lì dentro. Ma se in qualche maniera io e Derek abbiamo contribuito ad alimentare la tua confusione e farti perdere il controllo, mi dispiace. » Incrociando le braccia al petto per scaldarsi, aprì il discorso parlando a voce bassa, nonostante fossero ormai abbastanza lontane da chiunque fosse così folle da avventurarsi nel parco con quel tempaccio. « Non lo so, forse è stato un bene che tu non abbia visto quelle cose da sola. Almeno per quanto riguarda me, sapere di non essere stata l'unica ad essere sommersa da quelle immagini agghiaccianti, mi fa sentire meno... » Pazza? Fuori di testa? Ma cos'abbiamo visto di preciso? Erano ricordi tuoi? Nostri? Di qualcun altro? Hai visto le nostre stesse cose, poi? Scrollò le spalle, tirando un sospiro profondo. « Per il resto, credo sia inutile chiederti di tenere questa storia della legilimanzia tra di noi. Non è un dettaglio che vorrei far sapere in giro, neanche agli altri presenti quella sera. Non che sia importante, ora come ora, considerato tutto il casino che si è scatenato... Ma saprai meglio di me quanto complicato sia averci a che fare. » E saprai anche quanto la gente tenda a farsi brutte e cattive idee. Nessuno si scandalizza per un Metamorfomagus, anzi è tremendamente figo avere un amico che cambia colore dei capelli a piacimento. Ma ehi! Un Legilimens è tutt'altra storia. Può barare in qualsiasi momento. Ti entra nella testa e ruba l'intimità. Come se fosse piacevole, poi.

     
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    Orde di nuvole si stavano abbattendo sul castello quando Mun scese dalla macchina color acquamarina nei pressi di Hogsmeade, aprendo lo sportello del passeggero. Arthas saltò giù con eleganza misurando i passi della padrona con la lungimiranza di una creatura che sembrava capire molto più di quanto lasciava intendere. Non era andata a lezione alla fine; aveva deciso piuttosto di recuperare quanto perso nei giorni precedenti a forza di sprofondare in una sorta di trance, sperduta tra i propri pensieri e ricordi. La decisione di portare il fido compagno di Albus con sé a quell'incontro aveva un valore puramente affettivo. Doveva mancare molto ad Arthas correre sui prati del castello che lo aveva visto crescere. Mun se lo ricordava a malapena il cucciolo del suo ragazzo. Ciò che non si scorderà mai è tutte le volte in cui il cane li ha salvati durante il Lockdown. « Vai! » Ma il cane non si muove; la segue con uno sguardo vigile mentre afferra la sua borsa dal sedile del passeggero chiudendo la macchina. Camminano in silenzio som troppo vigili, quasi come se da un momento all'altro la situazione potesse degenerare e un demogorgone potesse scagliarsi contro di loro all'improvviso. Anche tu lo senti nell'aria vero? L'odore della lunga notte. Si ferma a parlare con qualche conoscente nel campus che si premura di farle un sunto delle ultime notizie. Non si era persa poi molto; la giornata era decorsa in maniera pressoché liscia, senza imprevisti o compiti particolari, né chissà quali novità. Oltre la cortina di ferro della vita di quei pochi sventurati, tutto trascorreva all'insegna della monotonia e della normalità. La fortuna la stava assistendo su più livelli, specie quando un tuono in lontananza preannunciò l'arrivo di una tipica tempesta a cui il castello millenario era abituato; salutò quindi i suoi colleghi con la promessa di vedersi il giorno seguente a lezione per poi prendere ad attraversare la tenuta del castello a piccoli passi veloci. Si fermò diverse volte guardandosi attorno, per assicurarsi di non essere seguita e osservò con un velo di tenerezza l'energica eccitazione di Arthas nel trovarsi di nuovo a casa. Hogwarts è casa; lo era stato almeno per molti anni, per tutti loro. Per quanto Mun tentasse di convincersi del contrario, sotto il tetto di quelle antiche mura aveva trascorso i momenti migliori della sua vita. Lì aveva trovato riparo dalle follie di una famiglia abusiva, lì aveva scoperto il fascino della conoscenza, la magia dei primi amori. Lì, al riparo dal mondo esterno si era innamorata, più di una volta e sempre lì aveva costruito mattone dopo mattone le promesse del suo futuro. Rinnegare tutto ciò fu impossibile in quel momento, persino per una che amava vivere cancellando dalla sua vita qualunque cosa risultasse in un certo qual modo un elemento di disturbo. Quando finalmente individuò la chioma della rossa, controllò l'orologio sul polso. Maeve era in anticipo, e lei dal canto suo aveva tardato di qualche minuto. Sollevò la mano in direzione della ragazza, stirando un leggero sorriso teso. « Perdonami. Sono stata trattenuta in cortile da alcuni colleghi. C'è un po' di agitazione nell'aria in vista dell'annuncio dei tirocini. » Dopo l'anno appena concluso, non c'era da stupirsi. Mun pregava di non dover svolgere un tirocinio completamente fuori dalle proprie corde. L'anno appena passato le aveva insegnato che, ci sono opportunità sorprendenti nei posti più inaspettati - come Azkaban. Tuttavia, non tutti avevano preso le convenzioni stipulate dal Ministero con la stessa filosofia, motivo per cui, la questione sembra creare parecchio nervosismo. « A breve ci ritroveremo sotto il classico diluvio universale, andiamo? » Annuisce, seguendola lungo il sentiero in religioso silenzio. Arthas fece loro strada, inoltrandosi nel sottobosco che contrassegnava l'entrata esterna delle celle sotterranee. Non sapeva esattamente da dove cominciare quella conversazione, né cosa le avrebbe detto di preciso. Nonostante fosse sempre un passo davanti nella maggior parte delle situazioni, la Loggia rendeva di difficile gestione qualunque cosa. Persino i rapporto interpersonali - soprattutto quelli. « Senti... Fatico ancora a capire cosa sia accaduto di preciso, fra di noi lì dentro. Ma se in qualche maniera io e Derek abbiamo contribuito ad alimentare la tua confusione e farti perdere il controllo, mi dispiace. » Per un attimo, Mun trattenne il respiro. Non sa darsi una spiegazione logica a ciò che è successo qualche sera prima. In parte i ricordi le giungono ovattati, come se una parte del suo cervello tentasse di eluderli a tutti i costi. Vorrei pensare ancora che si tratta di un brutto sogno. Un sentimento che probabilmente si annidava nei pensieri di tutti coloro che avevano visto l'orrore di quella notte. « Non lo so, forse è stato un bene che tu non abbia visto quelle cose da sola. Almeno per quanto riguarda me, sapere di non essere stata l'unica ad essere sommersa da quelle immagini agghiaccianti, mi fa sentire meno... » ..sola. Completò quella frase a mente, annuendo tra se e se piuttosto pensierosa. « Per il resto, credo sia inutile chiederti di tenere questa storia della legilimanzia tra di noi. Non è un dettaglio che vorrei far sapere in giro, neanche agli altri presenti quella sera. Non che sia importante, ora come ora, considerato tutto il casino che si è scatenato... Ma saprai meglio di me quanto complicato sia averci a che fare. » E non c'era nulla su cui la piccola Carrow concordasse di più, non solo in merito alla questione legilimens di cui a quel punto non sapeva cosa farsene, ma anche e soprattutto perché non era certa di come avrebbe preso il resto della comunità la notizia di quanto avvenuto nelle viscere del Burlesque. Avanzò lungo il sentiero lentamente, seguendo le impronte lasciate dalle zampe del cane e osservando a intermittenza il cielo minaccioso in lontananza. Diversi tuoni risuonarono a intervalli regolari per qualche minuto, prima di provocare una reazione istintiva nella mora. « Mettiamoci al riparo. » Disse infine superando la gratta che conduceva alle celle sotterranee. Di nuovo al riparo, Mun prese a guardarsi attorno con un che di solenne e melanconico, osservando le grigie pareti in pietra delle celle con un irresistibile senso di affetto. E' lì che si erano rintanati lei e Albus dopo le vicissitudini che li avevano visti come protagonisti. Si erano nascosti tra quei funicoli, imparando a conoscere quel labirinto intricato come le proprie tasche. Camminò lungo il corridoio principale guardando a destra e a sinistra, quasi volesse verificare che le celle fossero vuote, giungendo infine al salone principale della struttura sotterranea, lì dove lei e la sua dolce metà avevano trascorso assieme al cane di lui gran parte delle loro giornate. Un paio di divanetti stretti attorno a un grande cammino di pietra, un paio di scrivanie in un angolo e una libreria ormai spoglia. La parete che avevano utilizzato come schema visivo per unire gli indizi di ciò che avevano scoperto, era ora solo un muro giallognolo, macchiato dai troppi anni in cui non aveva visto una mano di vernice fresca. Era lì, tra quei corridoi ammuffiti che Edmund Kingsley aveva rintanato tutti i mezzosangue e i nati babbani; una condizione che né Maeve, né Mun avevano conosciuto ai loro tempi. Stretta tra le sue coperte lavorate a mano, Mun aveva provato l'ebrezza delle celle sotterranee solo molto tempo dopo, durante il Lockdown. Che l'ambiente non le era affatto estraneo, non era certo una novità. Anche sotto la funesta catastrofe del castello blindato, le notizie circa la sparizione di Albus e Mun erano corse abbastanza in fretta; dopo pochi giorni tutti sapevano che il figlio di mezzo del Prescelto e la minore dei Carrow si erano separati dal gruppo dei sopravvivessuti decidendo di vivere nel totale imbarazzo altrove. Ciò che non sapeva chi li aveva giudicati ai tempi, era il fatto che non si erano nascosti per sfuggire alla vergogna - l'avevano fatto per delicatezza, nei confronti di Fred, Betty e Fawn. Da allora in ogni caso ne era passata di acqua sotto i ponti, e anche lo spirito con cui viveva attualmente quel posto, era decisamente differente. Ricordava quelle grate con affetto e tenerezza; quello era stato il palcoscenico di giornate paradossalmente tranquille e gentili, in cui i due si erano dedicati a loro stessi con dolcezza e smisurata curiosità. Il Lockdown aveva concesso loro tempo; ciò che ora si chiedeva piuttosto era, perché ci hanno concesso tempo? Perché continuano a non lasciarci andare? Sospirò e scosse la testa, sedendosi su uno dei divanetti, invitando la rossa a fare altrettanto. Arthas sedette con pacatezza ai suoi piedi, osservando la rossa con curiosità, ma non vi fu un solo briciolo di sospetto nel modo in cui accolse la presenza della giovane.
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    « Su tutto ciò che è successo l'altra sera, non devi preoccuparti. Sono una tomba. » E nessuno sapeva mantenere un segreto meglio di Amunet Carrow. Le era spesso difficile parlare persino col suo ragazzo e la sua famiglia di tante, troppe cose. « Per quel che vale mi dispiace per com'è andata. » Non ricorda molto di cosa ha visto tra Derek e Maeve, ma sa per certo di aver percepito qualcosa di forte. Sentimenti, emozioni, desideri; è come se fosse entrata nella camera da letto di qualcuno in maniera inavvertita, spezzando l'altrui intimità. Di tutto ciò, Mun si vergognava. « Ho rovinato la vostra serata.. » ..e anche la mia se è per questo. « E' solo che.. » Non sa neanche da dove iniziare e come spiegarle nello specifico quanto è accaduto. « ..io e Albus stavamo facendo un gioco.. per scherzo. Probabilmente eravamo già parecchio ubriachi. Avevamo bevuto questo e quell'altro e.. la situazione ci è un po' sfuggita di mano. » Un po' è un eufemismo. « Ad un certo punto mentre ero in mezzo alla folla ho iniziato a sentire di continuo questo eco.. dove sei Maeve? Era come se non riuscissi a sentire altro. Come se tutti attorno a me non facessero altro che ripeterlo all'infinito. Lo vedevo ovunque.. quella domanda era ovunque. » E forse lo era davvero, o forse se lo era solo immaginato. Ha davvero importanza a questo punto? « Credo di essermi convinta che ti stavo cercando anche io. E poi.. ti ho trovata. » E tutto il resto era tanto sotto i suoi occhi quanto sotto gli occhi di Maeve e Derek. Sospira e scuote la testa sfregandosi appena le mani. « Non so cos'è successo là dentro, Maeve. Ad essere onesta non ho mai utilizzato davvero la legilimanzia. » Si stringe nelle spalle e le rivolge uno sguardo sinceramente confuso. « All'inizio per me era un.. gioco. Mi aveva in un certo qual modo incuriosita e quindi l'ho un po' studiata così.. per scherzo. Però per me non ha mai funzionato. » Mun non ha mai avuto molti amici, e di tempo, specie durante le estati passate ad Alexandra ne aveva a bizzeffe. Evita di dirle come è iniziato in primo luogo quel gioco. Di certo a quel punto, le risulta abbastanza evidente che lei, i giochi, non deve mai farli. Eppure, vi è nella sua personalità un bricciolo di malsano desiderio verso i giochi.. in tutte le sue forme. « Nonostante ci abbia provato a usarla ai tempi, l'altra sera per me è stata la prima volta. Albus è convinto che ha a che fare con qualcosa che abbiamo bevuto. Ormai è chiaro che stava circolando un po' di tutto là dentro. » Compie una leggera pausa tempo in cui abbassa lo sguardo. « Quanto a ciò che avete visto.. » ..quanto a ciò che vi ho fatto vedere. Non era certa che fosse lei o qualcosa di esterno, ma una cosa era piuttosto chiara: prima del suo arrivo, Maeve e Derek stavano bene, si stavano divertendo, e tutto sembrava andare per il meglio. « ..mi.. mi dispiace. Non so perché.. non so da dove è arrivata tutta quella cosa. In parte credo che ci siamo alimentati a vicenda.. però all'inizio.. » ..all'inizio probabilmente è partita da me. « ..all'inizio non so proprio da dove è arrivato. » Si schiarisce la voce e scuote la testa. « E mi dispiace anche che tu ti sia sentita in dovere di seguirmi. Avrei dovuto fermarti.. solo che.. » Non sapevo proprio come fare. « Ricordo tutto.. o quasi. Però non ero comunque in me. » Ha senso? Forse no. « Ero là.. però ero anche da un'altra parte. » Pausa. « Spero comunque che vi state riprendendo. Come sta Derek? »


     
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    « Mettiamoci al riparo. » Maeve annuì lentamente. Poi, altrettanto lentamente, prese a seguire la mora oltre la grata d'ingresso delle celle sotterranee. Conosceva a malapena i vari passaggi di quell'area ormai dimenticata del Castello; lei, come tutti gli altri studenti purosangue, non aveva dovuto passarci forzatamente le notti per via di Kingsley e le imprese di un Preside che - ai tempi - aveva contribuito ad alimentare ancora di più il divario all'interno delle mura. Erano ricordi lontani e in quel momento, fra quegli stessi corridoi e celle vuote, non sembravano neanche più così rilevanti considerando ciò che ne era seguito. Si guardò attorno, Maeve, con una cautela ed attenzione per ogni anfratto buio durante tutto il tragitto che le condusse verso la sala principale. Non c'era pressoché anima viva lì sotto, niente si smuoveva oltre le grate impolverate; a parte i passi delle due ragazze a far eco, nel silenzio assordante ci si unirono solo quelli del cane che le anticipava. La rossa non riuscì in ogni caso ad abbassare del tutto le difese, come se da un momento all'altro, quella nuova apparente calma e l'equilibrio stabilito, sarebbero stati spezzati nuovamente. Non voleva ritrovarsi impreparata com'era accaduto qualche sera prima, ma al tempo stesso era certa di non poter convivere con quella condizione di vigilanza per tutto l'anno scolastico. Che fosse la suggestione, a farla tentennare maggiormente ora che si ritrovavano ad Hogwarts, l'aveva capito da sé. Ma lasciare che le brutte sensazioni le scivolassero di dosso non era altrettanto semplice, quanto il solo prenderne coscienza. Che fosse ancora scossa, nonostante si stesse sforzando d'apparire nel pieno controllo delle proprie emozioni, lo provò il suo guardarsi alle spalle ogniqualvolta si udì lo schiocco e il brontolio di un tuono ormai in lontananza all'esterno - come se potesse trattarsi di chissà quale tipo di minaccia. Stringendo gli occhi, si ritrovò a sbuffare, concentrando l'attenzione sull'andamento quieto del cagnolone bianco finché non giunsero a destinazione. Aveva pensato a più di un angolo appartato dove poter parlare in piena libertà, così da evitare incontri con chiunque avrebbe potuto origliare una conversazione decisamente delicata... E, mentre scrutava quel salotto improvvisato, la Caposcuola lo reputò perfetto. In un altro momento, l'avrebbe definito piuttosto triste, ma sarebbe andato bene per lo scopo di quell'incontro. Arricciando il naso per l'odore di chiuso che aleggiava, raggiunse il divano libero e si sedette accavallando le gambe, osservando le ombre ondeggiare nella stanza che prese a studiare. Soltanto alla fine, azzardò un'occhiata in direzione di Amunet, proprio quando la mora ruppe il silenzio. « Su tutto ciò che è successo l'altra sera, non devi preoccuparti. Sono una tomba. » Ci fu una breve pausa, poi un leggero sospiro sollevato abbandonò le labbra della Corvonero. Non si aspettava di certo che la piccola Carrow avrebbe finito col raccontare dell'accaduto a destra e a manca, ma avere una certezza in più sul grado di riservatezza di quel loro segreto, la rasserenò almeno su quella prima questione. « Per quel che vale mi dispiace per com'è andata. Ho rovinato la vostra serata.. E' solo che.. io e Albus stavamo facendo un gioco.. per scherzo. Probabilmente eravamo già parecchio ubriachi. Avevamo bevuto questo e quell'altro e.. la situazione ci è un po' sfuggita di mano. Ad un certo punto mentre ero in mezzo alla folla ho iniziato a sentire di continuo questo eco.. dove sei Maeve? Era come se non riuscissi a sentire altro. Come se tutti attorno a me non facessero altro che ripeterlo all'infinito. Lo vedevo ovunque.. quella domanda era ovunque. » Per tutta la spiegazione successiva, Maeve restò volutamente in silenzio, incrociando le braccia al petto. Ascoltò con attenzione la versione di Mun, dapprima indirizzandole un sorriso accennato per farle capire di proseguire, ma man mano che la mora le forniva dettagli corrucciò sempre di più l'espressione. Aveva aspettato quel momento di delucidazioni con l'ex-Serpeverde proprio per ripercorrere insieme ciò che era accaduto e confrontarsi, eppure - ipotesi a parte - la giovane non aveva potuto calcolare che Amunet avesse preso a cercarla ancor prima della collisione scaturita a causa della legilimanzia. « Quindi hai iniziato a cercarmi prima di un qualsiasi contatto mentale... » Mormorò, sottovoce, ragionando più fra sé e sé che con la mora. Non che Maeve avesse davvero preso in considerazione l'ipotesi di una serie di fortuite coincidenze, il tutto non poteva essere riconducibile ad una strana convergenza d'eventi avvenuta in perfetto sincronismo, ma averne un'ulteriore dimostrazione portò l'insorgere di nuovi interrogativi. Questa storia ce l'ha davvero un senso ed un nesso logico, od è capitato tutto per purissimo caso? « Credo di essermi convinta che ti stavo cercando anche io. E poi.. ti ho trovata. » Si morse il labbro inferiore e lanciò un’occhiata in un punto indefinito della stanza, poi tornò a guardarla. Si rese conto solo in quell'istante che, dietro gli occhi azzurri della Carrow, ci fosse una sorta di guerra di incertezze in pieno svolgimento. Esattamente come la sua. tumblr_inline_ong85u24hd1rkaper_500 « Non capisco... Okay, quella domanda ha finito col diventare virale nel corso della serata, ma noi non ci conoscevamo neppure. Com'è possibile che tu abbia iniziato a cercarmi? Me, una legilimens proprio come te. E sempre per caso, è accaduto prima che io abbassassi le mie difese mentali con Derek. Se c'è un nesso, non riesco a trovarlo. Non sono una complottista, ma non lo trovi troppo sospetto? » rifletté per qualche attimo, restando in silenzio mentre la sua mente elaborava freneticamente le ultime informazioni, prima di riprendere a condividere i suoi dubbi con ancora totale e apparente compostezza. « Non so cos'è successo là dentro, Maeve. Ad essere onesta non ho mai utilizzato davvero la legilimanzia. All'inizio per me era un.. gioco. Mi aveva in un certo qual modo incuriosita e quindi l'ho un po' studiata così.. per scherzo. Però per me non ha mai funzionato. Nonostante ci abbia provato a usarla ai tempi, l'altra sera per me è stata la prima volta. Albus è convinto che ha a che fare con qualcosa che abbiamo bevuto. Ormai è chiaro che stava circolando un po' di tutto là dentro. » restò un attimo perplessa, ma razionalmente sapeva che chiunque dovesse coesistere con quel dono, probabilmente la viveva in modo diverso. Anche lei, quando aveva capito a cosa potessero essere attribuite le intense emicranie che l'assillavano sin da bambina, si era persa in libri ed approfondimenti in solitaria per capire come far smettere quel tormento. A differenza di Amunet però, non l'aveva mai definito un gioco; forse proprio perché avevano subito un innesco completamente diverso. « Ad essere sincera, neanch'io sono molto pratica con la legilimanzia. » con una mano, arrivò alle punte morbide dei suoi capelli, passandosele fra le dite nervosamente. « Quand'ero piccola mi capitava di sentire troppo. A volte diventava insostenibile e sempre più spesso ha incominciato ad accadere in maniera incontrollata. Quando ho capito di cosa si trattava ho provato a leggere tutto sull'argomento, ma in autonomia ho imparato soltanto a tenere questo flusso mentale, se così si può chiamare, chiuso e bloccato. » Il classico Conceal, Don't Feel che non aiuta, ma soffoca il problema già. « Per esperienza personale, posso dirti che il lato emotivo gioca un ruolo fondamentale nell'innesco. Non so se l'alcol possa essere una spiegazione plausibile, o se funziona alla stessa maniera per tutti. In parte credo che semplicemente, qualsiasi cosa tu abbia assunto, ti abbia aiutata ad attingere a questa... capacità tenuta a freno troppo a lungo. » scrollò le spalle, incerta d'aver fornito o meno una risposta che aiutasse Mun. Lei, del resto, era confusa alla medesima maniera della mora riguardo le potenzialità della legilimanzia. Non credevo neanche fosse possibile, connettersi alla coscienza altrui come mi è capitato con Derek. « Quanto a ciò che avete visto.. mi.. mi dispiace. Non so perché.. non so da dove è arrivata tutta quella cosa. In parte credo che ci siamo alimentati a vicenda.. però all'inizio.. all'inizio non so proprio da dove è arrivato. » Il fremito nella voce della ragazza, spinse Maeve a sciogliere la presa delle braccia, così da potersi allungare appena in avanti per poggiare una mano sul ginocchio della mora con fare confortante. O quantomeno ci provò. Non era proprio ciò che le riuscisse meglio, essere espansiva e bendisposta verso chiunque. « Amunet, non devi scusarti. Non sto cercando un responsabile a cui addossare la colpa, né ti ritengo imputabile per qualcosa che si è scatenato contro il tuo volere... Vorrei solo far chiarezza e capire cosa diamine ci è successo, magari ricostruendolo insieme è più facile. » Increspando le labbra in un sorriso debole, con voce profonda e tranquilla, tentò di tranquillizzarla per poi ritornare al suo posto. « [...] Spero comunque che vi state riprendendo. Come sta Derek? » Il sorriso della rossa si affievolì in maniera impercettibile, per quell'ultima domanda improvvisa capace di far ricrescere in lei un'ondata di preoccupazione. Qualcosa le si rimescolò nel petto. In quei giorni, lo stato di Derek era diventata una sorta di priorità per Maeve, al pari di scoprire quanto la Loggia Nera fosse realmente da considerarsi responsabile per l'attacco subito. Assicurarsi che il Serpeverde non stesse accusando troppo il colpo e fosse in fase di recupero - soprattutto per il troppo sangue perso - aveva avuto la precedenza perfino sulla sua di condizione emotiva, che stava semplicemente ignorando. Non si trattava neanche di sola apprensione, era un'altra di quelle sensazioni imprescindibili che la colpivano ogniqualvolta ci fosse lui di mezzo. Non era solita subissare qualcuno con troppe attenzioni però, non sarebbe stato decisamente da lei opprimerlo affinché le parlasse; e non le era neanche servito, porgergli le solite domande che due comuni ragazzi avrebbero potuto rivolgersi di continuo. L'aveva sentito in maniera diversa, ogniqualvolta si erano ritrovati a connettersi mentalmente in quelle ore, che nonostante mostrasse a tutti la facciata del solito Hamilton spigliato e brillante, fosse abbattuto tanto quanto lei. « Derek sta bene. Si è ripreso in fretta... È forte. » rispose infine, risoluta, cercando di mascherare la preoccupazione che provava. Le venne anche da riflettere, sull’intensa scossa emotiva che quella frase riuscì a suscitarle. Avrebbe mentito anche in caso contrario, per lui. E quella presa di coscienza sembrava volerla avvertire che si stava infilando in una strada senza uscita: si era lasciata coinvolgere, a livello emotivo e sentimentale, più di quanto avesse preso in considerazione prima della sera del rave. E vederlo morire tutte quelle volte, ha alimentato ancor di più tutto ciò che mi si agita nello stomaco. Non posso essere del tutto razionale, per ciò che lo riguarda. « E Albus? » chiese glissando l'attenzione da lei, prendendo a giocherellare coi bottoni della camicetta, senza staccare gli occhi da Amunet. Soltanto un improvviso movimento del cane sistematosi ai piedi della padroncina, riuscì a distoglierne l'attenzione. Sorrise, distendendo in modo più naturale le labbra, staccandosi dallo schienale del divano per chinarsi leggermente verso il cane-lupo domestico ed allungare con cautela una mano verso di lui. Non lo toccò né accarezzò subito, aprì la mano tenendola con il palmo rivolto verso l'alto, lasciandogli conoscere il proprio odore e aspettando che fosse lui a concederle fiducia per essere accarezzato. « Come si chiama? » Quell'istante di pausa le servì, superato lo scoglio dell'approccio iniziale con la Carrow, Maeve si convinse ancor di più a confrontarsi con l'altra anche per tutto ciò che era conseguito al loro brusco incontro nel Burlesque. Si rilasciò andare contro il divano e, quando rialzò gli occhi per incontrare di nuovo quelli della mora, si rifece seria. « Una piccolissima parte di me vorrebbe illudersi e fingere che tutto sia nato da un'allucinazione di gruppo e chiudere questo capitolo... Ma non è andata così. Abbiamo avuto tutti la stessa sensazione e siamo arrivati alla stessa conclusione, vero? » Fece una pausa, umettandosi le labbra, socchiudendole in una linea tesa. « Quel posto... quel corridoio... era una sorta di manifestazione della Loggia? O qualcosa di molto simile, che la riguarda da vicino. » Confessare a voce quel pensiero, la fece rabbrividire, ma ebbe anche un effetto liberativo. Dal punto di vista della rossa, era inutile girarci attorno e farsi prendere dal panico postumo, senza essersi neanche aggiornati con tutti gli altri. Da lucida, ricordava perfettamente ciò che aveva sentito, visto e provato sulla sua pelle lungo quei corridoi... E, in una parte inaccessibile della sua mente, riusciva ancora a percepire il vago eco di tutte quelle voci intente a minacciarli. È solo suggestione, Maevey. « Quando eravamo lì, mentre davamo tempo ai sin eater per riaprire il passaggio, qualcuno mi ha forzato la mente e... ho sentito tutte quelle voci nella testa. Non capivo sul serio cosa dicessero, ma erano un'infinità ed è stato terribile. Ho visto altre immagini agghiaccianti che non augurerei a nessuno. È successo anche a te? O siamo stati attaccati in maniera diversa, come se ci... conoscessero? » O aspettassero. In questo caso, perché diamine tendere una trappola a un gruppo così piccolo, quando al di là della tenda c'erano centinaia di altre persone? Sarebbe potuta finire in una strage in massa. Di nuovo. « Potremmo stare qui a chiederci perché ci abbiano fatto arrivare lì, ma forse è più importante capire perché abbiano colpito solo determinate persone. » Continuando a ragionare ad alta voce, con una ritrovata pacatezza che poco si sposava con la confusione interiore che provava, si sporse di lato per frugare nella sua borsa e tirare fuori un blocco degli appunti che si sistemò sulle gambe. « Non so se ci sia davvero una schema, dietro a tutto. Ma io non credo alle coincidenze, soprattutto se si tratta davvero della Loggia Nera, nulla può essere lasciato al caso. » Sfogliando le prime pagine, dove aveva trascritto in ordine le note di Trasfigurazione del nuovo docente, arrivò fino a metà quaderno, oltre il quale aveva stilato un memorandum dettagliato di tutto ciò che ricordava di quella sera. Da com'era cominciata, a com'era finita; superato quel resoconto, c'era anche una paginetta con uno schemino fatto di frecce e nomi - iniziali in codice, perlopiù, di tutti i superstiti della missione suicida. Fu su quel punto che si soffermò, mostrandolo alla mora. « Tutti avevano un legame almeno con una persona lì dentro e, in linea del tutto teorica, è stato sfruttato proprio questo per attirarli ad uno ad uno al di là delle tende. Veronica, per Benjamin e Mia; tu, per Albus e via discorrendo... Non so cosa c'entrassimo io e Derek, ma avrebbero potuto attaccarci in massa subito, appena abbiamo messo piede in quel posto da separati, invece hanno aspettato. Che fosse una trappola, un gioco sadico di cui ci sfugge la logica o un test, la domanda resta... » Si fermò per riprendere fiato, sollevando lo sguardo dalla sua calligrafia precisa, ricercando le iridi cristalline di Mun. « Cosa volevano ottenere o chi volevano colpire davvero? » Domanda retorica, per la quale avrebbe potuto ipotizzare più di un paio di risposte, con annesse motivazioni. Miravano ai sin eater? I lycan, con alpha al seguito? Ce n'era di ogni, in quel corridoio. Anche un ritrovo di legilimens, se è per questo. Forse c'è altro, che nemmeno prendiamo in considerazione. Emettendo un ultimo sospiro frustrato, si appoggiò di nuovo contro lo schienale. « Ma soprattutto: cosa dovremmo fare? Insomma, parlarne con le "autorità" non è un'opzione plausibile. Dovremmo raccontare di quel luogo, di chi ci ha attaccati e dalla gente presumibilmente morta che ci ha aiutati ad uscirne? In primis, non ci crederebbero: eravamo ad un rave clandestino, dove circolava di tutto, proprio come hai detto tu. Piuttosto di considerare il ritorno della Loggia, ci rinchiuderebbero tutti al San Mungo senza neanche ascoltarci. Finiremmo soltanto ancora di più nei guai. E sarebbe un rischio che correrei, se solo avessimo delle vere certezze e prove tangibili. Ma... » Non ne abbiamo. Oltre ai nuovi, fantastici traumi emotivi che ci porteremo dietro. « Non possiamo neanche far finta di nulla. Quindi, come dovremmo agire per capirne di più? Se lo facciamo insieme, forse riusciamo a ricavarne qualcosa. » Come abbiamo già constatato, in gruppo abbiamo molte più chance. E se Maeve Cousland proponeva di suo una collaborazione, nonostante la tendenza ad agire in piena autonomia, la situazione doveva seriamente apparirle irreversibile ed al di fuori della sua comprensione.

     
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    « Quindi hai iniziato a cercarmi prima di un qualsiasi contatto mentale... » A quel punto non era più certa di niente, Mun, e anche se lo fosse stata, un grosso macigno gravava sul petto in maniera considerevole. Non aveva il coraggio di comprendere fino in fondo cosa stava accadendo nella sua vita, eppure, al contempo, non aveva il coraggio nemmeno di far finta di niente. Era come se girasse attorno di qualcosa di proibito, intimata da un lato ad avvicinarsi, dall'altro scostarsene il prima possibile. Si strinse quindi nelle spalle, supponendo che quanto le aveva già detto era il massimo della spiegazione che potesse darle. « Non capisco... Okay, quella domanda ha finito col diventare virale nel corso della serata, ma noi non ci conoscevamo neppure. Com'è possibile che tu abbia iniziato a cercarmi? Me, una legilimens proprio come te. E sempre per caso, è accaduto prima che io abbassassi le mie difese mentali con Derek. Se c'è un nesso, non riesco a trovarlo. Non sono una complottista, ma non lo trovi troppo sospetto? » A tutto ciò però, Mun aveva una risposta, seppure sapeva non aiutasse affatto la loro situazione. La questione era molto più complessa di quanto l'avrebbe fatta apparire quella sua risposta, ma nonostante ciò, si sentì comunque di scoprire tutte le carte. « A onor del vero sapevo chi fossi. Voglio dire.. non ti conoscevo, è vero, e non avevamo mai parlato.. » Le due si passavano d'altronde diversi anni di differenza. Nessuno del settimo interagisce di buon grado con i più piccoli. Tuttavia, questo non ha mai impedito a nessuno di conoscere almeno di vista i propri compagni più piccoli, specie quando si trattava di ragazzi di buona famiglia. « ..ma a scuola, sono sempre stata una a cui piaceva osservare. Non parlavo molto, né amavo socializzare granché. Questo però non mi ha mai impedito di sapere chi veniva smistato e dove anno dopo anno. » Uno dei tanti passatempi fuori dagli schemi della piccola Carrow. Le piaceva osservare le persone, analizzarle, studiarne la tempra di cui erano fatte. Forse col tempo ho perso un po' di lustro, ma questo non significa che sono del tutto arrugginita. « Sapevo esattamente chi eravate esattamente come so il nome di ogni persona che abbia condiviso con me il periodo del Lockdown. » Quell'abitudine aveva assunto nuove sfumature durante la prigionia nel castello. Mun passava le giornate lontana dai suoi compagni. Una volta compreso il meccanismo delle trappole, s'impegnava a essere il più lontana possibile dal prossimo agguato; quando scattavano le serre, poi toccava al lago, dopo ancora la biblioteca, poi il campo di Quidditch e poi ancora la stanza delle necessità e via così. Quella scansione annotata in un piccolo taccuino che aveva con sé era ormai impressa nella sua memoria per sempre, così come lo erano i nomi di tutti i suoi compagni. Mun aveva iniziato ad annotarli durante le notti passate nelle stesse sale comuni; col tempo aveva iniziato a sbarrare i nomi uno alla volta. Sempre di più.. i nomi depennati erano sempre di più. « Questo non spiega assolutamente niente, però.. dai vaghi ricordi che ho mi sono fermata perché ti ho vista e non so.. ad un certo punto qualcosa è scattato. Voi eravate già dentro ed io.. non sono riuscita a.. frenarmi. » Come se il legame tra Derek e Maeve avesse appena scoperchiato il vaso di Pandora e Mun avesse pensato di schiacciarlo irrimediabilmente. Il modo in cui li aveva osservati, quasi come se in mezzo alla pista da ballo ci fosse solo quello; una forte scia di pensieri in perfetta comunione a cui allacciarsi. « Ad essere sincera, neanch'io sono molto pratica con la legilimanzia. » Ascoltò le confidenza di Maeve con attenzione annuendo di tanto in tanto; la lasciò tuttavia parlare, senza interromperla, quasi sperasse di trovare una qualche forma di legame tra le sue esperienze passate e quelle della rossa. « Per esperienza personale, posso dirti che il lato emotivo gioca un ruolo fondamentale nell'innesco. Non so se l'alcol possa essere una spiegazione plausibile, o se funziona alla stessa maniera per tutti. In parte credo che semplicemente, qualsiasi cosa tu abbia assunto, ti abbia aiutata ad attingere a questa... capacità tenuta a freno troppo a lungo. » Che Mun fosse un essere estremamente emotivo non era certo una novità. Sin da quando era piccola aveva avuto incidenti di ogni sorta. Nulla a che vedere con la legilimanzia. Almeno questo è quello che credo. Poteva però dire con certezza di avere una percezione reale della sua infanzia? Poteva dire di ricordare tutto? Di sapere con esatezza cosa le era successo, cosa le avevano fatto? Sono stata una fottuta cavia. Mi sembra una cifra stilistica che dà spazio a tante interpretazioni differenti. « Quando ero piccola ho avuto grossi problemi con la magia accidentale. Niente a che vedere con il sentire troppo capisci? » Tante altre cose sì, ma mai alcun tipo di predisposizione mentale. Non verso gli esseri umani almeno. Quelli non li ho mai capiti a quanto pare. La mia materia erano mostri dell'oltretomba. Per quelli sì che ero una forte calamità. Me li cercavo proprio col lanternino. « Per me era davvero solo un gioco. Ad un certo punto credo di essermi convinta a voler imparare la legilimanzia perché dovevo sapere cosa i miei amici pensavano di me. Uscivo con questo gruppo di soli maschi.. mi sentivo speciale. Però, una parte di me voleva sapere se lo ero davvero. » Era una cosa così stupida. Voler sapere cosa mio fratello e i suoi amici pensavano di me era volersi male. Il tempo le ha dimostrato che sapere cosa Nate Douglas voleva da lei era in fondo irrilevante. Le sue insicurezze nei loro confronti erano sciocche, così come sciocca era la sua ossessione nell'essere al centro del loro mondo e delle loro attenzioni. « Era una cosa davvero stupida. » E di cose stupide, da adolescenti se ne fanno sin troppe, specie quando si è giovani, belli e ricchi ma con zero bricioli di amor proprio e autostima.
    « Derek sta bene. Si è ripreso in fretta... È forte. » Aveva avuto modo di studiare brevemente le condizioni di ciascuno di loro durante il banchetto ma al di là di una breve valutazione di natura prettamente fisica, Mun non aveva avuto modo di parlare con nessuno di loro. Provata emotivamente e colta da un senso alienabile di egoismo aveva tentato di lavorare soprattutto su se stessa, convincendosi di stare bene, o quanto meno di vivere una sorta di equilibrio, per quanto precario, in grado di offrire alla sua famiglia il supporto necessario per continuare a remare avanti. Non poteva permettersi di mollare, né di lasciarsi divorare dalle preoccupazioni. Jay e Lily meritano di più. Meritano una vita felice.. nonostante tutto. E nonostante tutto, la piccola Carrow si era ripromessa di sorridere, di trovare un modo per apparire a prima vista serena e spensierata. « E Albus? » Le rivolse uno sguardo con la coda dell'occhio alzando entrambe le sopracciglia. A volte era difficile descrivere lo stato d'animo di Albus. Come Mun, sembrava voler dare la parvenza di stare bene. Ma stava davvero bene? Le nuvole grigie che si erano abbattute nella sua vita un po' alla volta negli ultimi anni erano continui colpi che continuavano a rimettere in discussione la sua esistenza. Prima un sin eater, poi un sin eater privo di scopo, e ora nuovamente un sin eater attivo ma senza un obbiettivo specifico. « Si tiene occupato. Abbiamo molto lavoro per le mani. » Il massimo che si sentiva di aggiungere. « Probabilmente ormai si è abituato.. a tutto questo. Non è la prima volta. » Chiunque avesse assistito alla battaglia finale prima della liberazione del Lockdown lo aveva visto fare esattamente ciò che aveva fatto l'altra sera. Ciò che la maggior parte delle persone non sapeva era ciò che accadeva dopo. Il vomito, la stanchezza, e l'impotenza che si sente addosso chiunque sta loro accanto. Osservò con una nota di tenerezza il timido avvicinamento della rossa nei confronti del fido compagno del suo fidanzato. Arthas si era conquistato contro ogni previsione tutto l'affetto della giovane Carrow; nonostante si definisse una tipa più da gatti, il cane di Albus era stato ed è tutt'ora un fido compagno. Portarlo con sé le era sembrato naturale, oltre che piacevole per entrambi. « Come si chiama? » « Lui è Arthas. Conosce questo posto meglio di chiunque altri. Durante l'ultimo mese nel Lockdown è stato il nostro guardiano qui sotto.. averlo con noi ha fatto la differenza. » Come ha fatto la differenza averlo durante il periodo passato nella foresta proibita. Forse era pura nostalgia la sua, ma tornare a calcare le pietre miliari delle celle sotterranee aveva un valore affettivo che andava al di là del semplice bisogno di ricordare. E forse di ricordare, Mun ne aveva davvero bisogno. Ricordare da dove è partita, ricordare perché era arrivata fino a lì, ricordare come aveva fatto a sopravvivere. Da qualche parte nel tempo mi sono persa. Devo capire dove sto sbagliando.
    « Quel posto... quel corridoio... era una sorta di manifestazione della Loggia? O qualcosa di molto simile, che la riguarda da vicino. » Il discorso tornò al punto centrale, e Mun deciso di ascoltare le osservazioni di Maeve una ad una lasciandola parlare. Non era solo questione di lasciarla sfogare - e di certo quella non era una faccenda secondaria - ma si trattava anche e soprattutto di capire quali fossero le percezioni altrui. Come altri l'avevano vissuto. Lei dal canto suo aveva viaggiato per troppo tempo altrove. Così tanto che a tratti non ricordava nemmeno cosa stesse succedendo nel qui ed ora. Le domande di Maeve non furono scontante, né risultarono facili da affrontare. Se avessimo la risposta anche a solo una di queste domande, potremmo andare avanti. Ma non le avevano, e potevano solo procedere per ipotesi. « Ma soprattutto: cosa dovremmo fare? Insomma, parlarne con le "autorità" non è un'opzione plausibile. Dovremmo raccontare di quel luogo, di chi ci ha attaccati e dalla gente presumibilmente morta che ci ha aiutati ad uscirne? In primis, non ci crederebbero: eravamo ad un rave clandestino, dove circolava di tutto, proprio come hai detto tu. Piuttosto di considerare il ritorno della Loggia, ci rinchiuderebbero tutti al San Mungo senza neanche ascoltarci. Finiremmo soltanto ancora di più nei guai. E sarebbe un rischio che correrei, se solo avessimo delle vere certezze e prove tangibili. Ma.. Non possiamo neanche far finta di nulla. Quindi, come dovremmo agire per capirne di più? Se lo facciamo insieme, forse riusciamo a ricavarne qualcosa. » Difficile dare risposte a domande così specifiche senza sbilanciarsi troppo. E Mun non poteva sbilanciarsi, non più del dovuto. Ne andava della sua stessa vita, la sua sicurezza, la sua famiglia. Qualcosa però poteva fare. Sospirò quindi, e si arrotolò appena le maniche per mostrare a Maeve i propri avanbracci, là dove tutt'ora scorrevano due profonde cicatrici che sarebbero rimaste incastonate sulla propria pelle per sempre. Abbassò istintivamente lo sguardo mentre allunga i polsi nella direzione di lei.
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    « Le Logge non danno risposte, Maeve. E se le danno di solito questo è ciò che succede. » Quando era giunta a quel gesto estremo pur di arrivare a una qualunque risposta circa la via di uscita dal Lockdown, era disperata, stanca e ormai stremata. Non avrebbe saputo fare altro, né era disposta a continuare ancora a brancolare nel buio pur di avere una risposta. Voleva andare a casa, voleva rivedere la luce del sole. Io volevo vivere.. e quella non era più vita. « Non ragionano come noi. Se anche dovessimo trovare una spiegazione logica a ciò che è successo potrebbe essere comunque sbagliata. Io.. non credo che dobbiamo lavorare in funzione delle loro motivazioni. Durante il Lockdown più di una volta ho pensato di aver ricevuto una risposta, e più di una volta si è trattato solo di un inganno. » Le bugie dei doppi, il costante clima di inimicizia creatasi tra alcuni di loro. « Non credo che abbiamo vissuto le stesse cose. E in fondo, se di una ratio vogliamo parlare, sicuramente quella delle Logge funziona proprio sul modello dividi e conquista. » Di ciò era più che sicura. Lei per prima si era sempre sentita fuori. Fuori da ogni gruppo, fuori da ogni narrativa. Da qualche parte al centro ma senza veramente partecipare. « Se ciascuno vive qualcosa di diverso non ci sarà mai una comunione di intenti. » Le rivolge uno sguardo eloquente mentre si stringe nelle spalle. Di scatto si alza in piedi, percorre il grande salone di ritrovo delle celle sotterranee, osservandone le pareti spoglie mentre si tormenta una ciocca di capelli. Non ha bisogno neanche di chiudere gli occhi per poter ricollocare nello spazio tutto ciò che lei e Albus avevano costruito lì sotto dal nulla e che ora era solo un dolce ricordo. « Non possiamo dare l'allarme, su questo hai ragione. Non abbiamo la più pallida idea di come il mondo prenderebbe questa notizia, senza contare che potremmo finire in grossi guai per quella festa. C'erano dei minorenni - e, ovviamente la cosa è sfuggita di mano più del dovuto. » Potremmo perderci la faccia, la nostra reputazione. Forse mettere a rischio il nostro futuro. No. Mun non era pronta a rinunciare alla sua vita per un evento così isolato. « E poi se anche fosse.. che prove abbiamo? Chissà cosa c'era nei nostri bicchieri. Tra l'altro, devo confessarti che quei tipi che si sono occupati del bar io non li avevo mai visti.. Dean aveva detto che avremmo fatto da noi usando qualche incantesimo. Anche perché a dire il vero non è che avevamo previsto un budget per il personale. » Era pur sempre una festa clandestina, organizzata coi pochi soldi rimasti nelle casse del comitato feste dell'anno precedente. Doveva essere una cosa inter nos. « Sul momento non mi sono fatta domande però.. » Si stringe nelle spalle sospirando. Era felice prima della festa; aveva una spilla nuova di zecca, un anello di fidanzamento appena riconquistato e tanti piani per il nuovo anno accademico. « Sarà impossibile rintracciarli adesso. So però che Percy sta ribaltando il Burlesque da cima a fondo proprio in questi giorni. Se qualcuno si è lasciato qualcosa dietro, lui la troverà. » Ne era certa. Lo spirito di osservazione del giovane Watson era impeccabile. « Non lo so.. forse siamo stati solo delle ottime esche. E' evidente dalla composizione del gruppo che una parte dell'obiettivo era far fuori più membri dell'altra squadra. Tre sin eater e quattro lycan mi sembra un buon bottino per una sola sera. Noi poi, avevamo la magnifica capacità di rallentarli di molto. Forse siamo stati solo degli effetti collaterali.. voglio dire.. lì dentro c'era anche Emilia. La conosco da una vita ed è la persona più lontana dai rapporti con le logge che ci sia. » Ha però davvero senso il perché? Una parte di lei era certa che conoscerne i metodi li avrebbe aiutati a difendersi, ma se la Loggia agiva secondo meccanismi completamente estranei alla loro logica, allora tentare di capirle era una mossa fuori strada. Bisogna chiuderle. Chiudere i giochi. Una volta per tutte. Niente di più, niente di meno. « In ogni caso ormai è irrilevante. Siamo dentro in ogni caso. Per ora dobbiamo guardarci le spalle e al massimo capire chi o cosa le sta favorendo. Il punto è questo: il Lockdown è stato terribile per via della Loggia Nera, ma il Lockdown è esistito in primo luogo perché Edmund Kingsley lo ha reso possibile. Non può essere diverso questa volta. Qualcuno sta prosperando a nostro discapito. E noi dobbiamo capire chi. » Non si possono uccidere le Logge, né farle scomparire di punto in bianco. Ma si può far scomparire chi le sta facendo proliferare. « Allo stato attuale potrebbe essere chiunque.. però, c'è pur sempre un operato umano di mezzo. Prima o poi farà uno sbaglio. E poi un altro. E un altro ancora. » E tutto andrà a rotoli. « Lo so che non è molto ma dobbiamo stringere i denti, e guardarci le spalle. Maeve.. devi tenere a bada quelli che stanno qui dentro. Là fuori c'è tanto lavoro da fare, e le persone coinvolte erano per lo più avvezze a queste cose.. Voi però.. quando avete visto queste cose per la prima volta avevate quanto.. tredici - quattrodici anni? Dovete restare calmi e non dare di matto. E dovete restare sulla stessa barca, uniti. » Non mi stupisco del fatto che vi ha terrorizzato. Ha terrorizzato tutti. Essere bambini però, preadolescenti, e vivere quei luoghi, quei posti, quell'orrore.. è tutta un'altra cosa.



     
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    « Quando ero piccola ho avuto grossi problemi con la magia accidentale. Niente a che vedere con il sentire troppo capisci? Per me era davvero solo un gioco. Ad un certo punto credo di essermi convinta a voler imparare la legilimanzia perché dovevo sapere cosa i miei amici pensavano di me. Uscivo con questo gruppo di soli maschi.. mi sentivo speciale. Però, una parte di me voleva sapere se lo ero davvero. Era una cosa davvero stupida. » In un primo istante, Maeve rimase ancora una volta in silenzio, distogliendo lo sguardo dalla mora. Non era certa di che idea farsi dell'intera situazione, Mun stessa non stava facendo altro che alimentare ancora di più i dubbi e gli interrogativi su ciò che era accaduto fra di loro; ma, in fondo, tentare di trovarci un senso logico ragionando in funzione degli scopi reali della Loggia Nera, era forse l'approccio più inadatto da utilizzare. Abbiamo già constatato che va sicuramente al di là, delle nostre sole capacità di comprensione. « Non è una cosa così stupida. Sotto molti aspetti è facile, farsi abbagliare dalla potenzialità di questa cosa. » Avere il potere di scoprire cosa pensa e nasconde la gente, in qualsiasi momento, è allettante... ma anche profondamente sbagliato. Va davvero oltre, l'invasione ingiustificabile della parte più intima e privata di una persona. Anche se era sempre meno nell'umore giusto per farlo, sorrise in ogni caso all'indirizzo dell'altra, una volta che la discussione venne indirizzata verso Derek ed Albus. Campo minato. Se per l'Hamilton la rossa si mantenne criptica e fin troppo sbrigativa nel chiudere la questione, Amunet riuscì invece a far sorgere nuovi quesiti riguardanti non solo il giovane Potter, ma anche l'intero scenario ansiogeno nel quale la coppia doveva coesistere. Hanno dei bambini... e si sono ritrovati loro malgrado invischiati di nuovo in questa faccenda. E perché ho la netta sensazione, che ci sia più di quanto ci stiamo dicendo, da entrambe le parti? tumblr_inline_oh0wluVkF11rkaper_500 « Si tiene occupato. Abbiamo molto lavoro per le mani. Probabilmente ormai si è abituato.. a tutto questo. Non è la prima volta. » Scosse appena il viso, lasciando trasparire il primo accenno di sorriso sarcastico da quando avevano iniziato la conversazione. « Ci si può davvero abituare, a tutto questo? » Non credo proprio. A quel punto si chinò verso quello che scoprì chiamarsi Arthas, sviando con le attenzioni su di lui ed alcuni retroscena che lo riguardavano. Maeve sembrò finalmente sciogliersi, con gli angoli delle labbra che le si piegarono in un sorriso più naturale, prese ad accarezzare il cane-lupo sul pelo morbido. Quel piccolo sorriso le si dissolse l'istante successivo, quando il discorso finì inevitabilmente col portarsi sul vero motivo per cui quell'incontro fra le due ragazze era nato. « Le Logge non danno risposte, Maeve. E se le danno di solito questo è ciò che succede. » La rossa guardò Mun, seguendone i movimenti, aggrottando la fronte nell'entrare in linea visiva coi profondi solchi sugli avambracci che le mostrò. Impiegò pochi istanti, per immagazzinarne la visione ed immaginare cosa quelle cicatrici rosee potessero rappresentare. Schiuse le labbra, non propriamente certa di quello che stava provando e se - in una circostanza come quella - ci fosse davvero qualcosa di giusto da poter dire. « Mi dispiace. » Fu l'unico mormorio che riuscì a tirar fuori, tornando a tormentarsi nervosamente una ciocca di capelli fra le dita. « Non ragionano come noi. Se anche dovessimo trovare una spiegazione logica a ciò che è successo potrebbe essere comunque sbagliata. [...] Non credo che abbiamo vissuto le stesse cose. E in fondo, se di una ratio vogliamo parlare, sicuramente quella delle Logge funziona proprio sul modello dividi e conquista. Se ciascuno vive qualcosa di diverso non ci sarà mai una comunione di intenti. » Ed è proprio su questo che dovremmo lavorare. È esattamente ciò che vogliono ottenere e ciò che accade dopo attacchi terroristici di questa portata... Ci si divide e ti estranei, allontanandoti da tutto e tutti per paura; ma se te ne stai rintanato in casa, col terrore di un nuovo attacco, allora gliel’hai già data vinta. Avremmo perso in partenza. « È proprio su questo che dovremmo concentrarci. Se ne siamo usciti quasi incolumi, da lì dentro, è anche perché abbiamo collaborato tutti. Insieme. Se ci separiamo, se fingiamo di poter accantonare l'accaduto catalogandolo come un caso a sé stante di cui non possiamo trovarne il senso, non faremmo altro che ottenere l'effetto contrario. » replicò risoluta dopo l'ennesima breve riflessione, piegandosi in avanti per poggiare le braccia sulle gambe e passarsi una mano sul viso esangue. Conosceva quella sensazione di ansia che lottava per prendere il sopravvento, alla quale non avrebbe mai ceduto, neanche da esausta; conosceva anche quei primi segnali della comparsa della sua personale emicrania con aura, con la quale aveva imparato a convivere con gli anni, limitandone i danni. Devi dormire Maevey, o peggiorerà sempre di più. Non dormi davvero da giorni. « [...] Sarà impossibile rintracciarli adesso. So però che Percy sta ribaltando il Burlesque da cima a fondo proprio in questi giorni. Se qualcuno si è lasciato qualcosa dietro, lui la troverà. Non lo so.. forse siamo stati solo delle ottime esche. E' evidente dalla composizione del gruppo che una parte dell'obiettivo era far fuori più membri dell'altra squadra. Tre sin eater e quattro lycan mi sembra un buon bottino per una sola sera. Noi poi, avevamo la magnifica capacità di rallentarli di molto. Forse siamo stati solo degli effetti collaterali.. voglio dire.. lì dentro c'era anche Emilia. La conosco da una vita ed è la persona più lontana dai rapporti con le logge che ci sia. » Certo che eravamo degli effetti collaterali... non ci sarebbe altra spiegazione ormai. Annuì, lanciando al suo fianco il blocco con i nomi d'ogni presente in quel corridoio, conscia che la direzione intrapresa da Amunet fosse la più logica e giusta da seguire. « In ogni caso ormai è irrilevante. Siamo dentro in ogni caso. Per ora dobbiamo guardarci le spalle e al massimo capire chi o cosa le sta favorendo. Il punto è questo: il Lockdown è stato terribile per via della Loggia Nera, ma il Lockdown è esistito in primo luogo perché Edmund Kingsley lo ha reso possibile. Non può essere diverso questa volta. Qualcuno sta prosperando a nostro discapito. E noi dobbiamo capire chi. » - « Non credo serva dirti che sarà come andare alla ricerca del fatidico ago in un pagliaio, ma non vedo neanche poi molte alternative. Chiunque ci sia dietro, prima o poi, dovrà lasciarci una traccia. Un indizio, un errore... Qualsiasi cosa. » E se così non fosse, in un modo o nell'altro dovremmo inventarci qualcos'altro, in fretta. « Lo so che non è molto ma dobbiamo stringere i denti, e guardarci le spalle. Maeve.. devi tenere a bada quelli che stanno qui dentro. Là fuori c'è tanto lavoro da fare, e le persone coinvolte erano per lo più avvezze a queste cose.. Voi però.. quando avete visto queste cose per la prima volta avevate quanto.. tredici - quattrodici anni? Dovete restare calmi e non dare di matto. E dovete restare sulla stessa barca, uniti. » Le venne la pelle d'oca sulle braccia e sulle cosce scoperte dalla divisa, al solo ricordo di ciò che si era scatenato durante il Lockdown, fra quelle stesse mura in cui si trovavano - che li avevano tenuti prigionieri per quasi quattro mesi. Maeve ne aveva appena compiuti quattordici, di anni, quando tutto era incominciato; e proprio come preannunciato dalla Carrow, sperimentarlo in quella giovane età era paragonabile al vivere un incubo continuo ad occhi aperti. Ne sei pienamente consapevole, della gravità, ma al tempo stesso è come se stessi aspettando di svegliarti da un momento all'altro. Puoi cercare di controllare il panico, ma non sei abbastanza maturo per poterlo fare davvero. Non sei abbastanza grande per fare nulla, se non tentare di sopravvivere con ogni mezzo e non impazzire per tutta la morte che inizia a circondarti. Dimenticare quegli avvenimenti e il sangue innocente versato era impossibile; anche dopo anni, Maeve stessa ne portava ancora gli strascichi su di sé, soprattutto nelle notti onnipresenti in cui gli incubi la riportavano a quei giorni. La sola lontanissima idea che la stessa sorte toccata a molti dei suoi compagni, potesse coinvolgere nuovamente altri ragazzini, le fece aumentare la presa delle mani sulle gambe fredde. Ed anche perché stavolta, hai più di una persona di cui non riusciresti a tollerare la perdita, Maeve. Stavolta sarebbe diverso, sarebbe peggio degli incubi, dei mostri, delle trappole e delle voci spaventose che ti impazzano nella testa. Stavolta hai Max, Nana, Saw... Derek. Ne hai avuto una dimostrazione fin troppo realistica in quel corridoio, di quanto sarebbe straziante perderlo. Si morse l'interno della guancia con forza, affondando i denti nella carne tenera, sforzandosi di non pensarci e concentrarsi ancora su Amunet. « Proprio perché sappiamo cosa si prova nel venir coinvolti in quell'inferno, da troppo giovani e impreparati, non possiamo permettere che la cosa si ripeta Amunet. Non di nuovo. Non può riaccadere nulla di neanche lontanamente simile. » rispose dopo un lungo silenzio carico di tensione, scuotendo il viso caricandosi di nuova ostinazione e sicurezza. « Ne ho già parlato con Derek, ma terremo tutti ancor di più d'occhio. Sperando che anche gli altri siano così accorti da fare lo stesso, mantenendo alta la guardia. » Che è un po' come sperare di trovare la formula per ricreare la pietra filosofale, considerato il livello di maturità della maggior parte. « Però, se voi trovate qualcosa lì fuori, un qualsiasi indizio o parvenza di pista, fatecelo sapere. Anche se da qui non posso fare molto, voglio aiutare, in qualsiasi modo. » E poi starmene in panchina, ad aspettare l'inevitabile lavandomene le mani, non farà altro che far accrescere la preoccupazione. « Un'altra cosa. » Gli occhi smeraldini le si rivolsero verso il pavimento, improvvisamente a disagio, mentre passava una mano fra i folti capelli ramati riportandosi seduta composta. « Quando sono rimasta bloccata, non in quel corridoio, ma siamo finite altrove... » Dov'era quell'altrove? Era tutto nella mia mente? Dell'Altra? Dei doppi? Si strinse nelle spalle, certa che la mora avrebbe compreso senza troppi giri di parole a quale preciso momento si stesse riferendo. Anche se il tutto le appariva ancora incredibilmente confuso, ad un certo punto ogni cosa si era fermata per lei, ed era finita in un altro posto dove la realtà stessa pareva essersi lacerata dando spazio a tutt'altro tipo di orrori. « Di certo ne sarei comunque uscita, perché c'era Derek, lì vicino... e lo sentivo. Però ho sentito anche te chiamarmi, per aiutarmi a venirne fuori. » Socchiuse le labbra, per espirare un sospiro flebile, rialzando lo sguardo per ricercare quello cristallino della Carrow. « Grazie, Mun. » Non eri dovuta a perdere tempo con me. A nessuno era dovuto nulla, in quei momenti. Ma questo è qualcosa che la neanche la Loggia può toglierci. I sentimenti, l'umanità, lo spirito di solidarietà... non possono ostacolarli, se restiamo uniti.

     
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4 replies since 19/10/2020, 17:42   166 views
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