en e xanax

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1.     +7    
     
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Member
    Posts
    473
    Reputation
    0

    Status
    Anonymes!
    « Ciao, vieni pure! » La testa che sbuca fuori dalla porticina di quel piccolo rifugio che, una volta compiuti i diciassette anni e sbloccata ufficialmente la sua camera blindata, Max si è premurata di scegliere fuori dalle mura di Hogwarts, proprio per i weekend fuori porta, un piccolo loft, all'ultimo piano di una palazzina costruita durante la Restaurazione . E' di certo la prima volta che Nana mette piede in quel posto tenuto segreto a tal punto da avergliene svelato l'esatta locazione soltanto qualche ora prima, con un messaggio. "Mi raggiungi quando vuoi?" Si era aspettata di certo un suo visualizzare senza degnarla nemmeno di una risposta o un qualcosa di talmente secco da avere il pieno potere di scalfirla ben più di quanto sarebbe stata pronta ad ammettere. Ma invece eccola qua, che si addentra in quell'ambiente unico, con gli occhi verdi della mora che la seguono come a voler capire, valutare la percentuale di freddezza che può essere ancora presente nella miglior amica. Perché di certo la situazione nell'ultimo mese non è andato proprio benissimo, c'è poco da dire. E' andato tutto di male in peggio a partire dal fatto che non sono mai riuscite a parlare di ciò che è successo al rave. Max ha covato, in silenzio, emozioni contrastanti, dubbi, domande e insicurezze che non poche volte l'hanno portata a chiedersi un po' di pace, una pausa finta, chimica. Perché più l'ansia per il non sapere cosa vi fosse stato di vero e autentico tra di loro cresceva in lei, di pari passo aumentava il suo decisamente non conscio bisogno di non trovarsi con lei da sola nella stessa stanza. Senza effettivamente accorgersene la sua testa l'ha portata a rifiutare ogni minimo momento intimo, pensando che un possibile confronto, alla luce dei fatti, avrebbe portato soltanto ad un rifiuto a voce e non solo immaginario nel suo cervello. Un rifiuto che farebbe più male di quanto è effettivamente disposta ad accettare o ammettere. E' diventata spesso sfuggente anche con le altre, come a voler coprire le sue tracce con Nana. Vedi? Non mi puoi imputare niente, sono incasinata con la Radio e lo stare dietro a tutte le lezioni senza perdermi dentro i vicoli bui della depressione sempre in agguato, riesco a stare a malapena anche con le altre, non è un trattamento specifico ma generale. Un ragionamento decisamente stupido quello, che mai si sognerebbe di dire alla bionda ritenendolo un insulto non solo per lei ma anche per la propria intelligenza. « Che te ne pare? » Alza le sopracciglia verso l'alto aspettandosi un commento sul suo aver passato la mattinata di quel sabato a decorare l'appartamento per Halloween. Lei stessa è ancora un po' truccata, dopo l'ennesima prova di make up per la sua festa preferita in assoluto. Ha ancora delle sbiadite pennellate di verde a dimostrazione d'essere stata Elphaba, la malvagia Strega dell'Ovest, per qualche oretta buona. Non che abbia effettivamente voglia di andare a qualche festa, questo l'ha detto più volte, visto l'andazzo dell'ultimo alla quale ha partecipato, ribadendolo di fronte alle amiche per poi lanciare occhiate di sottecchi verso Domiziana, come ad aspettarsi un suo smentirla o semplicemente una qualche reazione. Ma Nana è così quanto si sente messa da parte e non è di certo stupida, questo lo sanno tutti. Con ogni probabilità ha capito perfettamente il gioco labirintico della sua mente e risponde alla distanza con risposte assenti o silenzio distante. « Invece di buttarci in qualche altra festa, potremmo fare qualcosa di tranquillo e venire qua il 31. » Butta lì, con una scrollata di spalle e la mano aperta ad indicarle il divano sul quale sedersi, sopra il quale lucine intermittenti colorate danzano sulle note di This is Halloween, dal capolavoro di Selick (ma anche un po' di Burton, certo). Il suo essere americana nel profondo si vede anche in questo, oltre all'attaccamento particolare al giorno del Ringraziamento - uno dei suoi pochi ricordi felici famigliari - e alla gara di quartiere per la casa più illuminata - e a tempo con la musica - per Natale. « Ho una lunga collezione di horror di repertorio. » Alza le sopracciglia, prima di aggiungere altro. « Ovviamente sentiamo anche le altre. » Come se lei avesse avanzato quella piccola correzione che Max si sente di dover cogliere al balzo per correggersi. Eppure siamo qua io e te, ora. « Potremmo estendere la cosa anche ai loro +1. Tipo Derek e..hai saputo di quel collegiale che sembra essersi attaccato a cozza a Saw? » C'è della naturalezza nella sua voce, come se effettivamente non avessero mai smesso di essere loro due. Non è successo niente, no? Sembra alla ricerca spasmodica di quella quotidianità, sentendosi anche vagamente in colpa per averla bloccata lei bruscamente, dettando quella battuta d'arresto che non osa immaginare come sarà stata interpretata dai suoi occhi intransigenti, gli stessi che si sofferma a guardare, un paio di volte, armeggiando con la bacchetta, in quella completa autonomia magica che ormai l'accompagna dal momento in cui la traccia l'ha lasciata, per far volare verso il salotto buste di schifezze varie, tra patatine, dolci e caramelle gommose appositamente prese da Liv da Mielandia proprio quella mattina. "Così poi li usiamo per Halloween, se passa qualche ragazzino". Seh, come no.« Ieri all'uscita di Difesa, la Williams parlottava con la Goyle riguardo questo fantomatico tizio che in Sala Grande le è caduto addosso con tanto di manata sul culo. Non ho sentito però del ceffone che speravo lo colpisse in piena faccia. Peccato! » Sghignazza, divertita, nell'immaginarsi la faccia decisamente alterata della sua miglior amica in una situazione del genere. L'intolleranza fatta persona in determinate situazioni e condizioni. « Non so se Ella si vede ancora con Marshall, ma se così non fosse, possiamo sempre invitare il nostro paladino della giustizia, Jimmy. Sai che seratina interessante poi, povera cuginetta. » Forse è meglio di no, sia mai che poi comincia a dipingere me e Vee come le persone che siamo veramente e non come le bullette stronze sopra cui si fa le seghe voodoo. Si prende qualche minuto per aprire la
    tumblr_inline_pjla6tnQHf1t8d1vp_540
    busta di orsettini, osservandoli con estremo interesse, riconoscendo, a poco a poco, il peso del silenzio che stava calando su di loro. « Nì, che è successo la sera del rave? » Storce le labbra, rialzando lo sguardo smeraldino per piantarlo in quello bluastro di lei. Le dita che stringono un gommosino verde rimangono sul grembo, inermi, come se fossero coscienti di non dover interrompere quel flusso di pensieri. « Perché io lo so quello che sento. Lo so da un po', ma tu? » L'espressione è piuttosto contrita seppur sia udibile perfettamente la nota di decisione che flette la sua voce. Una presa di posizione che non è certa di aver veramente metabolizzato prima di averla vista incedere dalla porta d'ingresso, passando sotto le ragnatele pioventi dal cielo. « Non lo so, è stato tutto molto confusionario, anche se mi ricordo tutto, che sia chiaro. » Deglutisce, accennando un piccolo sorrisetto che ha del poco raccomandabile in esso. « Però ecco, lì per lì non c'ho pensato troppo perché cazzo, credo di averlo voluto da sempre..- anche quando stavo con altri - ma dopo..un po' l'imbarazzo del giorno seguente, un po' il disagio che più non mi decidevo ad affrontare il discorso, più cresceva, non lo so, mi ha reso tutto ancora più incasinato nella testa. » Limpida, sulla sua situazione mentale, lo è sempre stata più con Nana che con il resto del mondo e anche ora non si esime dal donarle la parte più fragile che c'è in lei. « Poi ho pensato che fosse solo una spinta dettata dall'alcol e un po' anche dalla rabbia. Poi ancora che non ci fosse mai stato alcun segnale da parte tua questi anni. » Inarca un sopracciglio, umettandosi il labbro inferiore prima di mordicchiarlo sull'angolo, improvvisamente interessata ad una pellicina solitaria. « E dato che non so più cosa pensare, credo che la cosa migliore è che sia tu a dirmi cosa pensi. » La fissa, stringendosi nelle spalle. Quindi? Che è successo al rave?




    Edited by namacissi; - 31/1/2021, 12:11
     
    .
  2.     +7    
     
    .
    Avatar


    Group
    Member
    Posts
    183
    Reputation
    0

    Status
    Anonymes!

    « Ciao, vieni pure! », il suono della sua voce smorza l'espressione a labbra serrate di Domiziana. Addolcisce lo sguardo e calma il respiro. Sembra felice. E' complesso interpretare le più recenti emozioni di Max ma, quella, sembra davvero serenità. O quanto meno non ansia - l'aspetto che più di tutti ha caratterizzato le giornate al castello, tra lezioni in classe e studio in Sala Comune. E dormiveglia nel baldacchino verde-argento. Da quando non ci raccontiamo più i sogni? - che fossero sciocchezze o veri e propri incubi, mai una volta le due amiche hanno tardato nel svegliarsi l'un l'altra solo per poter stare a parlare ancora. Con Savannah che implora il sacrosanto silenzio e le stelle che rischiarano appena il Dormitorio. Da quando non ci guardiamo più negli occhi? - forse da ieri, d'accordo, ma nel profondo? L'ha scordato, Domiziana. E' arrabbiata. Furiosa. La detesta. Perché mi stai respingendo? - il suo chiodo fisso. Il suo incubo. Il suo passato che ritorna presente. Perché adesso abbiamo bisogno delle parole? - sono sempre bastati gli sguardi. Nient'altro da aggiungere. Richiude la porta alle spalle, Domiziana, prendendo atto dell'ennesimo lato di Max al quale non ha avuto accesso fino a quel momento. Cosa ci sta succedendo? - il viso si dirige subito alla finestra, per non incrociare quello della mora. Vorrei soltanto odiarti, e invece non ci riesco. E forse è questo l'elemento che più di tutti la turba: tenere a qualcuno al punto tale da non riuscire ad odiarlo, allontanarlo, fuggirlo senza restarne a sua volta scalfita. E' sempre stato estremamente semplice per lei. « Che te ne pare? », la guida all'interno del loft per un rapido giro di ricognizione. La Dragomir curva appena le labbra in un sorriso, senza spingersi ad esprimere altro. Non è per vedere il loft che sono venuta qui. Possibilmente non ha neanche ben compreso quanto si estende e cosa contiene, se c'è un letto per dormire e un armadio per i loro soliti innumerevoli cambi d'abito. Non le interessa, questo.

    0bfa1ac08fd8d57feb53f396344e77707cfc0aee
    «E' arredato bene.», un asettico commento sulla disposizione dei mobili basterà certamente a farle comprendere quanta rabbia ha in corpo. Così tanta da essersi spinta a raggiungerla lì, piuttosto che ignorarla e svolgere i compiti del pomeriggio senza interruzioni, come suo solito. Si sta impegnando così tanto, la decaduta Caposcuola, che possibilmente avrà già guadagnato due capitoli d'anticipo per ogni materia. « Invece di buttarci in qualche altra festa, potremmo fare qualcosa di tranquillo e venire qua il 31. », è forse un chiaro riferimento al fatto che, su feste come l'ultima, è meglio metterci una pietra sopra? - un guizzo oscuro attraversa le iridi cerulee della Serpeverde. «Se non abbiamo niente di meglio da fare, con piacere.», la provoca, Domiziana. La provoca consapevolmente e in modo subdolo. Siede sul divano, occupandone solo un piccolo spazio all'estremita. E' rigida, come quando si trova a svolgere un compito in classe ed è assorta sulla cronologia storico-culturale delle vicende del Winzegamot del Settecento. « Ho una lunga collezione di horror di repertorio. Ovviamente sentiamo anche le altre. Potremmo estendere la cosa anche ai loro +1. Tipo Derek e..hai saputo di quel collegiale che sembra essersi attaccato a cozza a Saw? », ovviamente l'ho saputo. Solo perché tu hai scelto di ignorarmi credi che le altre abbiano lo stesso piano? - la guarda e stringe le labbra, Domiziana, fingendosi disinteressata e scrollando le spalle. «Sì. L'ho sentito.», per quanto ancora hai intenzione di sprecare il mio tempo? - eccola che parte all'attacco, Domiziana Dragomir. Eccola che inizia a umiliare gli altri prima che possano umiliare lei stessa. Eccola, la vera Domiziana: emerge piano, inizia a rosicchiare la superficie ed è pronta a vomitare addosso al mondo tutte le ferite che internamente ha sofferto, tutto ciò che ha sempre nascosto. La plasma, la sporca, la aizza. E' parte di lei e sta venendo fuori, verrà fuori, solo che... Con Max perde terreno. Non riesce a mantenere il vantaggio col quale, di solito, calpesta chiunque si frapponga tra lei e la vittoria. Non riesce a mantenere il controllo. Sorvola sull'ennesimo racconto inconcludente di Max, vano tentativo di stabilire una parvenza della vecchia normalità. Neanche la ascolta. Appella a sé un bicchiere d'acqua e lo sorseggia con lo sguardo perso nel vuoto, mentre indaga i titoli di alcuni libri posti su un comodino. Come se Max leggesse. Eccolo, un altro tentativo di sminuirla ai propri occhi: di renderla meno bella, meno intelligente, meno carismatica, meno tutto. Di non renderla più Max. Perché se lei fosse ancora Max, quel suo ignorarla farebbe troppo male per tollerarlo senza mostrare alcun tipo di sbandamento. « Nì, che è successo la sera del rave? », chiude gli occhi per ragionare, Domiziana. E' accecata dalla rabbia. E' da un mese che cammina sola - o comunque sempre in presenza di un avvocato, che sia Vee o Saw -, è un mese che ha perso la sua migliore amica, oltre che la possibilità di amare qualcuno. Di nuovo. «Potrei dire la stes..» « Perché io lo so quello che sento. Lo so da un po', ma tu? ... Poi ho pensato che fosse solo una spinta dettata dall'alcol e un po' anche dalla rabbia. Poi ancora che non ci fosse mai stato alcun segnale da parte tua questi anni.» «Non farlo. Non tirare fuori la scusa dell'alcol.», lo dice subito, di getto, senza riflettere sulle conseguenze del riferimento alle sostanze, sulle emozioni che la sua frase potrebbe suscitare in Max. Non riflette sul fatto che potrebbe ferirla. Non le importa, al momento, purché non venga ferita lei stessa. Ha sbagliato. Ha sbagliato a consentire a Max quell'accesso più profondo alla propria anima, all'unica parte buona della propria anima. Ha sbagliato a concederle così tanto. Stavo meglio. Stavo meglio senza di te. Le bruciano gli occhi, per il dolore rabbioso che cova da troppo, ormai. «Te lo dico io cosa c'è.», chiude gli occhi. Prende fiato. Apre gli occhi, la guarda - forse per la prima volta da quando ha varcato la soglia del loft. «Tu mi hai ignorata. Non mi hai respinta, mi hai direttamente ignorata. Dopo un mese ti ricordi che, forse, è successo qualcosa tra noi, ma non sai se è vero, non sai se era l'alcol, non sai se io me lo ricordo, non sai se te lo sei sognato. Pur di non descriverlo in maniera diretta costruisci sopra mille ragionamenti e altrettante possibili spiegazioni.», la guarda, ha la voce spezzata - dalla rabbia, dal dolore, di nuovo. Come quella volta. Solo che adesso è ancora peggio. «Ti faccio così paura?», domanda, questa volta fronteggiando la parete pur di non cogliere la sincera risposta nello sguardo di lei. «So di poter essere terribile. Ma, davvero, a te faccio così paura da non riuscire neanche a dirmi o no? Da non riuscire a trovarti da sola con me nei Corridoi? Da avere bisogno di un tramite per potermi parlare?», affonda le mani nel cuscino. Ha bisogno di stringere qualcosa che non sia la propria pelle. Per quello ci ho dato dentro abbastanza. «Mi vieni a chiedere soltanto adesso cos'è successo. Dopo un cazzo di mese. Guardami in faccia e dimmi che la risposta non la sai già, sputa fuori tutto, la guarda e si costringe a non tentennare. «Guardami in faccia e dimmi che l'anno scorso, d'estate insieme, non c'è stato alcun segnale. Guardami in faccia e dimmi che non abbiamo trascorso due interi semestri mano nella mano al castello. Guardami in faccia e dimmi che non ci siamo mai difese l'un l'altra anche quando avevamo torto marcio. Guardami in faccia e dimmi che, sul serio, non hai ancora capito cosa provo per te. Ora dimmi: hai ancora bisogno di una spiegazione?»
     
    .
  3.     +6    
     
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Member
    Posts
    473
    Reputation
    0

    Status
    Anonymes!
    La freddezza che le rivolge Nana è un qualcosa che ha già preventivato. Non l'ha mai rivolta a lei in prima persona, ma la conosce talmente bene da poterne quasi prevedere le mosse. Per questo non la colpiscono le sue risposte a mezza bocca, i suoi monosillabi, la sua fastidiosa noncuranza nel volgere lo sguardo altrove, a labbra strette. E quella postura dritta e impettita che mantiene nello stare seduta sul divano, al suo fianco sì ma con qualche buon centimetro di distanza a separarle, sul punto più lontano, come a rendere quanto più possibile noto il suo sdegno tanto da essere disposta a cadere piuttosto che avvicinarsi. Ma Max non demorde, continua a parlare, prima del nulla poi del tutto, poi di loro. Ma c'è davvero un loro? C'è davvero un noi? Sta per porle altre quesiti, le domande che hanno affollato la sua testa fino a quel momento quando lei la zittisce con una sola frase. «Non farlo. Non tirare fuori la scusa dell'alcol.» Arriccia il naso, Max, incapace di fingere che non l'abbiano minimamente toccata quelle parole. Solo dopo qualche istante scrolla la testa, con un mezzo ghigno che non presagisce nulla di buono a colorare un po' le labbra improvvisamente sbiancate. « Ma vaffanculo va! » C'è una totale naturalezza nella sua voce mentre si libera di quel senso di colpa che ha provato fino a quel momento. Perché sono io che non ho parlato. Io che ho fatto muro. Io che non sapevo che dire. Io che non so reggere nemmeno più un bicchiere di alcol. Io, io, io. E tu? Dov'eri tu? Salta all'indietro sul divano, sistemandosi meglio seppur la frenesia che la coglie è fin troppa per farla quietare, tanto che il piede comincia a penzolare fuori dal bordo, nervoso. « La tua vena di supponenza e cattiveria puoi averla con chi ti pare, per quanto me ne può fregare, ma non con me. Tutto ma questo non te lo permetto. » Sospira a lungo sapendo bene che ora arriverà la seconda parte, quella più difficile. Perché se è riuscita ad attaccarla su questa cosa, sapendo perfettamente i retroscena, cosa le impedisce di buttarle addosso ancora più merda? Se vuole, potrebbe semplicemente distruggermi. Un'eventualità che le è balenata in testa ma che non vuole davvero valutare o prendere in considerazione. Puoi essere incazzata quanto vuoi ma non puoi davvero volere di cadere più in basso di così per difendere te stessa e allo stesso tempo pugnalarmi. E' con questa convinzione che si accinge ad ascoltare il suo sfogo, raccogliendo la sfida che la bionda le lancia nel momento in cui punta il suo sguardo glaciale nel suo. «Tu mi hai ignorata. Non mi hai respinta, mi hai direttamente ignorata. Dopo un mese ti ricordi che, forse, è successo qualcosa tra noi, ma non sai se è vero, non sai se era l'alcol, non sai se io me lo ricordo, non sai se te lo sei sognato. Pur di non descriverlo in maniera diretta costruisci sopra mille ragionamenti e altrettante possibili spiegazioni.» Eh? Ci rimane di stucco nel sentirla dire quelle cose, non sentendosi effettivamente partecipe di un metodo che la vede alla continua ricerca di spiegazioni inutili che la possano aiutare a mettersi l'anima in pace. Non sono così, lo sai che non lo sono. «Ti faccio così paura? So di poter essere terribile. Ma, davvero, a te faccio così paura da non riuscire neanche a dirmi o no? Da non riuscire a trovarti da sola con me nei Corridoi? Da avere bisogno di un tramite per potermi parlare?» Se c'è una sola cosa di cui ha avuto davvero paura Max, in quel mese, è sapere che il legame che ha sempre condiviso con Nana si stava lentamente affievolendo, spezzando, laccio dopo laccio, sotto i suoi occhi impotenti. Di certo però non ha mai avuto paura di lei, se non, al contrario, di se stessa. «Guardami in faccia e dimmi che l'anno scorso, d'estate insieme, non c'è stato alcun segnale. Guardami in faccia e dimmi che non abbiamo trascorso due interi semestri mano nella mano al castello. Guardami in faccia e dimmi che non ci siamo mai difese l'un l'altra anche quando avevamo torto marcio. Guardami in faccia e dimmi che, sul serio, non hai ancora capito cosa provo per te. Ora dimmi: hai ancora bisogno di una spiegazione?» Si morde il labbro inferiore, Max, dopo averci passato la lingua, bisognosa di umettarlo, improvvisamente arido così come lo è la sua gola. Perché mentre la sua miglior amica parlava, fissandola con le fiamme negli occhi, tanto cocenti e insistenti come non le ha mai viste, le si è stretto lo stomaco più e più volte, così come hanno fatto le dita, con le unghie che sono andate a formare piccole mezzelune di un rosa intenso all'interno del palmo. Forse per controllare la rabbia, forse per controllare l'onda di strane emozioni che la coglie nel sentirla venire allo scoperto, lì, davanti ai suoi occhi. Ma è tutto sbagliato, perché lei se ne esce così ma condisce il tutto con una vagonata tale di veleno che la fa sentire una merda allo stesso tempo. Perché è tutta colpa mia. Come se fosse colpa mia il non essere sicura di chi
    tumblr_inline_pjlaceuASE1t8d1vp_540
    io sia davvero.
    « Sai che c'è, Domiziana? » Alla fine dice, rialzando gli occhi dalle proprie mani per fissare un attimo la vasca alle spalle di lei. « Che le cose si fanno in due. » Già. In due, non può fare tutto uno da solo. « Io ti ho ignorato. E tu? Tu che cazzo facevi nel frattempo? Per una volta che mi alieno io, tu decidi che non vale la pena far nulla ed è meglio chiuderti a riccio perché "Sia mai che dia l'impressione di poter essere toccata da qualcuno!" Non valevo un solo cenno di Domiziana Dragomir? Non valevo abbastanza da farti mettere da parte il tuo cazzo di orgoglio e la tua paura di essere ferita per una dannata volta? » Alza il mento, mentre sbraita, e la fronteggia con spavalderia, sapendo che non può più tenersi niente per sé. E' la volta buona di parlare e dirle tutte. Apre una mano, il palmo rivolto verso l'alto a constatare quanto effettivamente non abbia fatto nulla a sua volta, le labbra arricciate in una smorfia. Mai avrei pensato di dovermi mettere a fare i conti di chi avrebbe fatto qualcosa per l'altra. « Ora vuoi fare davvero la parte dell'offesa? Da che pulpito? Non hai provato una volta, dico una, a fare un passo che mi facesse capire che da parte tua c'era altro. Ancora, dopo il rave. Io sarò una stronza e pure confusa ma tu sei un'ipocrita del cazzo. » Senza nemmeno accorgersene, il tono della voce si è inasprito e si è talmente infervorata da cominciare a sentire caldo. Così si alza e comincia a passeggiare davanti alla televisione, con una mano tra la frangia. « Io.. » riprende a dire, dopo attimi di silenzio carico di elettricità ad aleggiare tra di loro. « Io avevo solo bisogno che mi dicessi qualcosa. Una qualsiasi delle cose che mi hai detto poco fa. » Alza l'indice e riprende a guardarla solo in quel momento, dopo aver preso un gran respiro. « Ne bastava una, cazzo, per non farmi sentire una stupida totale nel provare le cose che sento da troppo per te. Merda, ho lasciato Bart perché non era te. Nessuno è mai durato perché non era te. » Non sto dicendo davvero tutto quanto, non lo sto facendo. « Ho aspettato per anni, per anni, come una stupida mentre uscivi con questo e quell'altro, mentre mi raccontavi della Watson, mentre mi mettevo in competizione con lei, come una povera stupida, mentre mi domandavo cosa avesse più di me tanto da essere riuscita a farsi vedere davvero da te. » Si morde il labbro, forte, come a volersi costringere a fermarsi, per non continuare ad umiliarsi e raccogliere l'ultima parvenza di dignità che ha in corpo. Ma no, in quel momento quelle briciole le sembrano così inutili e insoddisfacenti e continuare a camminare in circolo e parlare. « E poi tu mi parli di segnali, come se la nostra amicizia non fosse mai stata questo. Ci siamo sempre tenute per mano, sempre spalleggiate, sempre messe su un piedistallo a vicenda, davanti a tutti gli altri, e le cose ambigue me le sono sempre giustificate come frutto della mia testa. Sì, sono pazza, Nana. Se ti svegli ora, buongiorno! » La guarda da sopra la spalla e c'è come un raptus che la muove di corsa verso di lei, con scatti quasi meccanici fino a quando non cade con le ginocchia sul divano, le mani che corrono ad incorniciarle il viso. « Nani, sono sempre io. Una pazza, drogata, lesbica, un po' stronza e confusa, con un gran tempismo del cazzo. Tutto il pacchetto. » Non passa un secondo prima che le sue labbra si avventino sopra quelle di lei, avide e desiderose di appagamento istantaneo. Le dona tutta la sua presenza, tutte le sue attenzioni, con le dita che si aggrappano ai suoi capelli per stringerla a sé fin quando non sente che le manca il respiro. « Io non ho paura di te, mai avuta e mai ne avrò. » E' forse la dichiarazione più grande che sente di poterle fare, in quel momento, mentre deglutisce, la fronte poggiata alla sua. « Abbiamo bisogno di altre spiegazioni? »




    Edited by namacissi; - 31/1/2021, 12:15
     
    .
  4.     +4    
     
    .
    Avatar


    Group
    Member
    Posts
    183
    Reputation
    0

    Status
    Anonymes!

    E' ferma in un angolo di quel loft pronto ad essere ridisegnato sotto mano loro. E' ancora mezzo spoglio ma già si percepisce un frammento dell'anima di Max nella disposizione dei mobili e nel disordine che regna sovrano. In tutto quel flusso inarrestabile e vorticoso, l'unico punto fermo è proprio lei. Max, la sua migliore amica. Max che credeva di conoscere perfettamente, Domiziana, rendendosi conto soltanto adesso dell'errore logistico commesso. Non si sono mai viste davvero fino a quel momento, lei e Max. Si sono percepite amiche, due ragazze in sintonia da subito per le comuni passioni e per la storia travagliata alle spalle, benché per ragioni diverse. Ma non si sono mai viste davvero: hanno finto, e l'hanno anche fatto piuttosto bene. L'hanno fatto per anni. Si sono raccontate di essere amiche, ma la realtà è che hanno condiviso qualcosa che due semplici amiche non descriverebbero mai se non come affetto. Per loro non lo è stato. Per Domiziana non lo è mai stato. Non sapeva come definirlo, prima: adesso è sgomento. Il suo cuore di ghiaccio non vuole arrendersi all'evidenza. E' sin troppo facile restare in quell'angolo di loft, a distanza, osservando passivamente lo scorrere degli eventi senza aggrapparvisi per paura di restare incastrata. In qualcosa di sbagliato. In qualcosa più forte di lei, al punto da condizionarla come nient'altro. Il sapersi difendere, graffiare e lottare diventa improvvisamente inutile di fronte allo sguardo di fuoco di Max. Butta fuori parole velenose perché teme un agguato e sa che, scontrandosi con lei, non ne uscirebbe vincitrice. Sei il mio punto debole. Lo è ancora di più del proprio passato, possibile da elevare agli occhi altrui, seppur con le difficoltà del caso. Non le è possibile, invece, trovare il modo di affrontare la propria migliore amica, se non allontanandola per non avvicinarsi. Per non scottarsi com'è accaduto nel corso di quel mese. Ti voglio odiare. Lo vuole davvero, con ogni fibra del corpo ed ogni forza razionale. Vorrebbe puntarle la bacchetta al petto, vorrebbe schiantarla e aggiungerla alla lista delle persone da umiliare pubblicamente. Vorrebbe bloccare il suo numero di telefono, voltare i tacchi e sbattere la porta con una tale intensità da non lasciare spazio all'immaginazione. Eppure rimane impietrita di fronte alla risposta della ragazza, che a sua volta si difende con le unghie e con i denti: « La tua vena di supponenza e cattiveria puoi averla con chi ti pare, per quanto me ne può fregare, ma non con me. Tutto ma questo non te lo permetto. », con quelle parole, semplicemente le ricorda del loro rapporto speciale. Sembra quasi dirle: vuoi davvero distruggere tutto? - la risposta della Dragomir, ad ogni modo, sarebbe . Vuole davvero distruggere tutto. Sente le dita stringersi spasmodicamente sul legno della bacchetta, vuole tirarla fuori. Fallo. Una voce dentro di lei lo urla, le acceca la vista e le fa vibrare la schiena. Liberatene. Andare avanti senza di lei sarebbe la risoluzione del problema: nessun punto debole. Nessuno che per lei conti tanto da dover arrestare la propria frenetica corsa verso la vetta più alta esistente. Nessuno cui dare conto e ragione delle proprie scelte. « Io ti ho ignorato. E tu? Tu che cazzo facevi nel frattempo? Per una volta che mi alieno io, tu decidi che non vale la pena far nulla ed è meglio chiuderti a riccio perché "Sia mai che dia l'impressione di poter essere toccata da qualcuno!" Non valevo un solo cenno di Domiziana Dragomir? Non valevo abbastanza da farti mettere da parte il tuo cazzo di orgoglio e la tua paura di essere ferita per una dannata volta? », Max ha capito perfettamente il dilemma. E' proprio quello. L'ha messa a nudo. Non voglio essere toccata da te. Non vuole, perché si tratta di un pacchetto completo: le labbra che si appartengono, i corpi che si stringono. E poi le ferite. Cosa succederebbe se qualcosa tra di loro si rompesse, poi? Se la vita le mettesse contro? Domiziana non vuole scegliere Max. Non vuole scegliere la possibilità di soffrire e di mettere qualcuno davanti a se stessa per amore. Il suo cuore non vuole conoscere l'amore. « Io avevo solo bisogno che mi dicessi qualcosa. Una qualsiasi delle cose che mi hai detto poco fa. », no. Non volevo dirtele. Non voglio pensarle. Non voglio nessuna di quelle cose, io... Sa di mentire a se stessa. Odia Max. Odia la parte di lei che ne è profondamente innamorata. Vorrebbe farla a pezzi, scinderla da se stessa e abbandonarla al freddo rigido dell'autunno inglese. Sfodera la bacchetta e lascia fluire la magia in un guizzo di scintille che fanno a pezzi un vaso. Probabilmente un vaso costoso. Magari un regalo del padre di Max. Odiami. Vuole che sia Max a farlo, perché lei non ci riesce e ne è atterrita. « Ne bastava una, cazzo, per non farmi sentire una stupida totale nel provare le cose che sento da troppo per te. Merda, ho lasciato Bart perché non era te. Nessuno è mai durato perché non era te. » «Hai sbagliato, non dovevi lasciarlo -», interrompe la frase perché la vede avvicinarsi a lei. Non ha paura di me. Sembra assurdo a Domiziana, dopo tutto quello che ha dimostrato. Proprio adesso, ad esempio, si è fatta prendere dal panico e ha distrutto un vaso. Un monito a Max: non avvicinarti. Lasciami andare. Lasciamoci andare. E' il momento giusto per farlo. «Saw e Vee sono mie amiche, Max, non tu. Con loro mi sono comportata da amica, con te non è mai stato questo. Semmai l'unica cosa da dire è che siamo bravissime a fingere e a ignorarci a vicenda quando il gioco si fa duro. A ignorare i segnali che c'erano. Che ci sono sempre stati. Sin dal primo giorno. E no, cazzo, non te li sei inventati e non è stato l'alcol a farteli vedere. C'erano. Ma sarebbe meglio se...», Max è sul divano con lei, le mani sul viso spigoloso e asciutto di Domiziana. «Sarebbe meglio se...» « Io non ho paura di te, mai avuta e mai ne avrò. », dovresti averne. Ci distruggeremo piano piano, come abbiamo appena fatto. E' stato solo un assaggio. Sarà sempre una tempesta. Eppure, se prima era facile, per Domiziana, affermare non lo voglio, adesso non ci riesce. Adesso che Max è a un centimetro dal suo viso. Adesso che sa di volerla così tanto da poterla mettere prima di se stessa, nonostante l'abbia aggredita poc'anzi. Quando le sue labbra vengono imprigionate da quelle di Max, sa che non si torna più indietro. Sa che avrà sempre un punto debole, un punto di forza, un punto vitale: quel punto è lei, Max. Cerca ancora di resistere, di fuggire quell'impeto di passione che porta con sé dal rave e che ha curato con fatica dal rifiuto successivo. Cerca di aggrapparsi al briciolo di razionalità che le è rimasto, ma Max è più forte. Allora Domiziana imprime le sue dita nella carne di lei, vuole mettere di nuovo in chiaro che inevitabilmente insieme soffriranno, che lei non è fatta per amare qualcuno - e invero, a dispetto di tutto, proprio quell'amore le ha reso impossibile cacciare via Max -, che tutto sarà terribile. Eppure non ha conosciuto mai nulla di più meraviglioso. Non ha mai avuto quel brivido di piacere che la pervade mentre lo sguardo azzurro si fissa su quello di Max e la sua lingua ne percorre il collo. La spinge con forza sul bracciolo opposto del divano, chiedendole in silenzio, per l'ultima volta, di odiarla. Odiami adesso e sarà come se non fosse mai successo, ognuna andrà per la propria strada.
    d0a162cf039cdfea7f17528717a369d54704c965
    «Smettiamola.», dice, implorando se stessa di fermarsi, di agguantare la bacchetta e correre via. Invece si distende su Max e quasi piange mentre è posseduta dalla parte più vera di se stessa. Quella che le suggerisce di non andare via. Quella che le suggerisce di arrendersi all'amore. Di non lottare più. Di non essere spaventata, di fidarsi di Max. «Non abbandonarmi.», anche quando il gioco si farà duro, questa volta. «Sono cattiva Max. So essere atroce. Velenosa, come hai detto poco fa. Lo sono. Lo so. Sarei capace di uccidere. Volevo spaccarti il vaso addosso. Volevo toglierti dalla mia visuale. Volevo odiarti.», le dice la verità. Il gioco si fa duro, Max. «Ma non ci riesco. Se ne sei capace, fallo tu e risparmiaci quello che sta per accadere.», le stringe le mani sulle braccia. Ecco. Di questo sarei capace. E anche di peggio. «Altrimenti non abbandonarmi. Mai.», sono terribilmente vicine, al punto che Domiziana affonda il viso sulla spalla di Max, allentando la presa sulle braccia e facendo scivolare le dita lungo la sua schiena. Si insinua sotto la maglietta e sfiora la pelle nuda. Sbottona il reggiseno di Max e lo sfila lentamente, lasciandola nuda di fronte a lei e osservando i brividi di freddo che percorrono il suo corpo. Arriva ai jeans e li sgancia con avidità, eccitata e spaventata da quello che sta per fare. Non è sicura di conoscere il modo giusto, ma è sicura, parimenti, di sapere come piace a lei stessa. Poggia la mano sullo slip di Max e inizia a toccarla attraverso il tessuto. La sfiora semplicemente, mentre gli occhi non si staccano da quelli di lei. Lo so. Sa perfettamente che Max lo desidera. Va sotto l'elastico dello slip e percepisce la sua sensibilità. E' bagnata, ma Domiziana ne vuole di più. Insinua l'indice e il medio nella sua nudità, questa volta con un tocco decisamente più pesante. Fermami adesso, Max.
     
    .
  5.     +4    
     
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Member
    Posts
    473
    Reputation
    0

    Status
    Anonymes!
    Lo legge palese nei suoi occhi, quel divieto che le sta indirizzando. Non azzardarti ad avvicinarti. Brillano di fuoco ardente e feroce le sue iridi chiare, come a volerle rendere ancora più lampante il suo rifiuto verso tutto quello che le fa provare un briciolo di emozione. Per un attimo, un attimo soltanto valuta l'idea di scivolarle nella mente, di sentire quanto sia profondo e radicato l'odio che sta provando nei confronti di quella parte che, volente o nolente, la costringe a sentire tutto. A provare ogni cosa. Vorrebbe, per un attimo, da brava masochista qual è, percepire in ogni sua minima fibra quell'ondata di odio che, lo sa, sta provando la bionda. Perché Nana è così: prova tutto per estremi, per eccessi, prova rancore al limite del puro piacere, prova amore sul baratro dell'odio più bruciante. Quanto mi stai odiando? Si domanda, dopo aver accolto il fragore che un vaso produce nel cadere a terra per mano sua con una stretta di palpebre, immagazzinando il fastidio del momento per poi riaprire gli occhi e puntarli nuovamente su di lei. Smettila. Le urlano quelle sue iridi verdi, illuminati da onde di sensazioni vibranti, quando si stringe a lei, con le dita che si muovono lungo le sue guance, spingendo appena i polpastrelli contro la sua pelle fresca. Vuole solo una reazione, un semplice accordo iniziale ed è per questo che la scuote appena, impaziente e con il ritmo accelerato che le rende sempre più palese quanto sia convolta, quanto sia sempre stata una stupida a reprimere qualsiasi cosa. Aveva ragione Saw, prima o poi sarebbe uscito fuori tutto, era inevitabile. E forse lo sapeva anche una parte di lei che prima o poi non avrebbe più potuto semplicemente fingere che quella predisposizione naturale verso Domiziana fosse solo frutto dell'amicizia e niente di più. Era solo questione di tempo prima di ritrovarci a questo punto. Continua a fissarla fin quando non avverte la forte presa di lei lungo le sue braccia. E ogni secondo che passa, lei stringe sempre un po' di più, costringendola a stringere i denti senza però mai abbassare lo sguardo. « Non mi fai paura. » L'avverte, nuovamente, sussurrando contro le sue labbra piene. Scuote la testa, con convinzione, dicendole implicitamente che lei da lì non si muove. Ci ha messo tanto a fare quel passo e ora che è dall'altra parte, beh, col cazzo che mi sposto. E alla fine la sua testardaggine ottiene una reazione nelle labbra di lei che si spostano sul suo collo e la costringono a socchiudere le palpebre, reclinando appena il capo all'indietro per agevolarle i movimenti. Così come si lascia trascinare all'indietro, verso il capo opposto del divano, sentendola sempre più decisa, quasi aggressiva nello spingerla. In quei gesti, nella forza che ci mette, riconosce i lineamenti della parte più limpida e vulnerabile di Nana. «Smettiamola.» Scuote la testa, i capelli che strusciano contro il tessuto morbido del divano altrettanto scuro. « No, continuiamo. » Sussurra decisa, con le dita che si allungano verso il volto di lei per agguantare un ciuffo di capelli e tirarlo indietro, soffermando la mano sopra il suo orecchio. «Non abbandonarmi.» La fissa e le si stringe lo stomaco nel sentire la sua voce incrinarsi, costringendosi a mordersi il labbro inferiore, così poco abituata a comportarsi con i sentimenti altrui. Si ritrova così, semplicemente a carezzarne il volto con il dorso della mano. «Sono cattiva Max. So essere atroce. Velenosa, come hai detto poco fa. Lo sono. Lo so. Sarei capace di uccidere. Volevo spaccarti il vaso addosso. Volevo toglierti dalla mia visuale. Volevo odiarti.» Saresti capace di uccidere anche me? Deglutisce, tentando con tutta se stessa di tenere a bada il dono che suo padre le ha donato, seppur si sente stuzzicare da quell'improvvisa onda impetuosa che Nana le sta indirizzando addosso. Concentrati, Max, non lasciarti tentare, dalle spazio. Stringe un pugno contro il proprio fianco mentre la bionda imprime nuovamente le sue dita nella carne delle sue braccia. Questa volta le fa più male, ancora indolenzita da prima, sente le unghie conficcarsi nella pelle e arriccia il naso, cercando di non distogliere lo sguardo, cosciente che Nana potrebbe prenderlo come l'ennesimo rifiuto o chiara dichiarazione della paura che dovrebbe provare nei suoi confronti. «Altrimenti non abbandonarmi. Mai.» Chiude gli occhi solo quando le si abbandona addosso, lasciandola libera di muoversi e quindi di stringerla a sé, in un abbraccio che, finalmente, ha il giusto gusto. Caldo, ristoratore. Si rende conto, Max, che quell'intera situazione è più grande di entrambe, sentendo improvvisamente una ad una le parole che le ha appena rivolto. Le sente pesanti, troppo per delle diciassettenni e non è giusto, non lo è per lei ma soprattutto non lo è per Domiziana che continua a credersi un mostro della peggiore specie. « Non me ne vado. » Dice infine, con le dita che si muovono sulla schiena di lei, imitando a specchio i movimenti delle dita di Nana su di sé. « Non ti abbandono. » Aggiunge senza rendersi nemmeno conto di starle facendo una promessa enorme. Perché in quelle quattro parole c'è racchiuso tutto. Non ti lascerò da sola, ci sarò sempre, a discapito di tutto. Nonostante tutto. Sarò al tuo fianco, non importa cosa, ci sarò. Stringe appena le unghie contro la sua maglia, mentre lei prende a slacciarle il reggiseno lasciandola nuda sotto i suoi occhi cristallini. Si sente vulnerabile e febbricitante, Max, mentre sta per accadere l'impensabile per lei, mentre Domiziana si permette di essere semplicemente una diciassettenne, con lei. Non prova alcuna vergogna mentre sente i suoi occhi addosso, che la scrutano, anzi sorride, sghemba, in una forma di rara soddisfazione al pensiero di essere finalmente lei il soggetto nei suoi pensieri, il bersaglio del suo desiderio. E più lei la guarda, più si accorge di volerne di più, un sentimento che va di pari passo con l'ansia che lentamente la prende. Un'ansia che ha il sapore di timore perché è una prima volta in tutto e per tutto quello. Lo è con una ragazza e lo è con Nana. Una parte di quella paura si forma
    288d74f2a236c66951576249793835c2
    all'idea di poter deludere le aspettative, di non essere all'altezza, che vada a finire come la sua altra effettiva prima volta, di certo non memorabile. Una parte, quella positiva, non aspetta altro e scalpita. Inarca appena la schiena per alzare il bacino e aiutarla così a toglierle i pantaloni con un sorriso divertito e un po' imbarazzato che finisce per infrangersi sulle labbra di lei nel momento in cui le sue dita prendono a massaggiarla da sopra il tessuto della sua biancheria. Comincia a sentire caldo e il tutto avviene gradualmente mentre i loro occhi si scontrano e rimangono lì, incatenati, che sembrano costantemente sfidarsi, fronteggiandosi con caparbietà. Chi distoglierà gli occhi prima? E alla fine è lei a farlo quando la sente scivolare dentro di sé e si ritrova a chiudere gli occhi così come il mento si alza verso l'alto assecondandone il movimento. Trattiene il fiato e se ne accorge soltanto dopo qualche istante, quando è costretta a riprendere fiato ma il ritmo che detta Nana è talmente veloce e appagante che si accorge perfettamente di non riuscire a respirare a fondo. Allarga le gambe e sospira nel riaprire gli occhi e trovarla ancora lì, intenta a fissare il piacere che le sta provocando. Un altro sorriso, questa volta più sfrontato e dalle tinte maliziose mentre l'afferra per la maglia e la costringe verso di sé per baciarla con avidità. « Non ti fermare. » Riesce a dire tra un bacio e l'altro che si susseguono e si affrettano perché le loro labbra sembrano aver bisogno di non staccarsi più. Più lei si muove dentro di lei, più Max non riesce a controllare nulla di se stessa. Non riesce a mantenere salda la presa sui propri istinti, sulla legilimanzia, sulla propria testa che sembra essere andata altrove. Ora la sente, in maniera totalizzante, ne avverte il piacere bruciarle nelle vene, ne sente il desiderio e si sente sopraffare da quella mescolanza di sensazioni che si uniscono alle sue. « Aspetta, no, un attimo.. » si ritrova a dire, boccheggiando con il respiro corto e fin troppo vicina all'apice del piacere. Le intrappola la testa tra le mani, baciandola ancora una volta per poi respirare a fondo. « Non riesco a controllarmi. » Le dice poi, fissandola negli occhi. « Forse mi stai facendo impazzire, ma non riesco a non sentirti. » Piega le labbra in un sorriso colpevole e leggermente a disagio così come lo è sempre nel parlare della sua abilità, di cui solo lei è a conoscenza. E si sente inevitabilmente in colpa nel poterla sentire, perfettamente, senza che lei le abbia dato l'esplicito consenso. « Però aspetta, forse.. » Scivola sotto di lei per poi mettersi in piedi e dirigersi verso la radio. Ne tocca il pulsante d'accensione e lascia che sia la musica a fluire fuori dalle casse. Oscilla la testa di lato, dandole le spalle, per poi girarsi e accennare qualche movimento anche con le spalle mentre torna verso il divano. « Solitamente la musica mi aiuta a concentrarmi su altro. » Si ritrova a dire, ben conscia del fatto che in fondo lei lo sappia già dalla prima volta in cui ha cercato di isolarsi con la musica a palla sparata negli Air Pods. Senza considerare tutte le volte che le usa semplicemente per non essere costretta a parlare con gli altri. E' allora che inverte le posizioni, con disinvoltura, forse aiutata dal ritmo della musica, costringendola a sedersi con le spalle contro il divano. Si concentra mentalmente sulle note mentre infila le mani sotto il suo maglioncino per farlo scivolare verso l'alto, facendo poi lo stesso con i pantaloni. Cerca di essere quanto più sicura e decisa possibile, anche se sa che non c'è bisogno di essere nessuno di diverso da se stessa con lei. Sorride, tra un bacio e l'altro, mentre le intrappola il labbro inferiore con i denti e le mani si fanno spazio lungo la sua schiena, per liberarla del reggiseno. E' solo allora che le dita si ritrovano a stringersi intorno ai seni per lambirne i capezzoli con le labbra. Passa qualche buon istante, tanto che la traccia musicale scorre veloce verso la fine e solo allora prosegue verso il basso. Bacia ogni centimetro del suo ventre magro, fin troppo asciutto tanto da mettere in bella mostra le costole dal profilo spigoloso. Passa le labbra anche sopra quelle, nel chiaro messaggio di adorazione totale che carica sopra ogni suo minimo bacio. Continua a scendere, arrivando al bordo scuro delle mutandine. Le ginocchia nude si poggiano contro il tessuto caldo del tappeto e alza solo allora gli occhi verso di lei schiudendo le labbra per lasciarci scivolare dentro indice e medio. Li inumidisce mentre l'altra mano scosta di lato l'ultimo indumento che le separa e si insinuano sotto, pronte a stuzzicare il punto nevralgico del piacere, quello stesso che ha imparato a conoscere facendo pratica su se stessa. Muove l'indice in circolo con gli occhi che la fissano come a non volersi perdere nemmeno un minimo movimento del suo volto, ma anche per accertarsi che effettivamente le stia piacendo. « E se volessi sentirti? » Le domanda allora, inspirando pesantemente, mentre le chiede esplicitamente il permesso di lasciarsi sommergere nuovamente dalle sue emozioni per mescolarle alle proprie. Perché, deve ammetterlo, le è piaciuto il piccolo assaggio che ha avuto di quel suo unirsi completamente a lei. « Posso? » L'ultima occhiata prima che gli occhi si abbassino così come fa con la testa, lasciando che la punta della lingua prenda il posto delle dita e loro entrino lentamente dentro di lei. Si muove dapprima con esitazione in quel campo inesplorato, provando a fare semplicemente ciò che sa piacerle a sua volta. Riunisce tutta la sua attenzione esattamente su questo, mentre lentamente si fa sempre più sicura. La lingua si muove allora più velocemente, così come fanno le dita e il flebile controllo che sembra aver recuperato nel concentrarsi sulla musica vacilla ancora. Si stacca giusto un attimo, andando a depositare un bacio sull'interno della coscia prima di aiutarla a sfilarsi anche gli slip. « Me lo permetti? » Un risolino sadico compare sulle sue labbra prima di calarsi nuovamente su di lei.




    Edited by namacissi; - 31/1/2021, 12:16
     
    .
  6.     +4    
     
    .
    Avatar


    Group
    Member
    Posts
    183
    Reputation
    0

    Status
    Anonymes!

    « Non mi fai paura. », è sull'eco di quella frase che le costruzioni di Nana si spezzano. Ha passato anni a ergersi attorno un'aura di potere, di terrore: precisamente ha iniziato nel momento in cui ha capito che non sarebbe mai stata accettata per quello che è davvero. Gli altri l'avrebbero sempre additata come fortunata e basta - alla stregua di una persona che vince alla lotteria e cambia la propria vita in un battito di ciglia. Per intenderci, Domiziana non sarà mai una Cousland il cui solo nome basta a riscuotere rispetto e riverenza. No, il suo nome è Dragomir, ed ogni passante lo riconoscerà sempre e solo come quello di gente ricca per caso. Estremamente ricca, vergognosamente ricca: ma solo per caso. Non per merito. E questo la giovane Serpeverde non riesce ad accettarlo, non riesce a rassegnarsi: risponde graffiando, urlando, combattendo per il proprio nome, risponde terrorizzando, incutendo paura, sminuendo gli altri se necessario. E ora che Max le dice di non avere paura di lei, la parte feroce di Domiziana si sente spaesata, come se non avesse più uno scopo, come se fosse una buona a nulla. La parte che, invece, vuole fregarsene dei giudizi sorride, sussurra delicata che è il momento di prendersi una tregua. E quella tregua ha il sapore di Max, ha l'odore di Max, ha il suo corpo e la sua morbidezza. Tuttavia, se Domiziana è l'elemento che di solito incute terrore - adesso, soltanto adesso, è proprio lei stessa a provare smarrimento, ed è per questo che implora di smettere, che prova a smettere, che si costringe mentalmente a smettere. Le mani, però, fanno tutto l'opposto: si vanno ad ancorare ad uno spiraglio di luce, si aggrappano all'unico raggio capace di valicare l'ombra costante. Smettiamola - dice la Dragomir, sull'orlo del precipizio, nel tentativo di recuperare il controllo e l'equilibrio. « No, continuiamo. », Max la tiene per i capelli, in una stretta che al contempo è delicata e possessiva, in un gesto che le fa capire che non importa quanto Domiziana abbia paura di mostrare quel pezzo di se stessa - quello che nasconde aggredendo per non essere aggredita: Max a prescindere non sarebbe lì per distruggerla. E' lì per salvarla. Dipende tutto, dunque, da quanto Domiziana abbia effettivamente voglia di essere salvata - e da quanto, all'opposto, desideri perdersi senza far più ritorno. E allora mette in chiaro a Max di essere perfida, di essere terribile, di essere la peggior cosa che le possa capitare, nel vero senso della parola. Ma la Serpeverde, il sangue verde-argento del suo stesso sangue, non recede. E' lì, agguerrita - come e, forse, più di lei. Solo allora Domiziana ne riconosce il coraggio, che va ben oltre quell'odio altalenante con l'amore tra loro: è il coraggio che le fa vincere ogni battaglia, è lo stesso coraggio che le ha fatto dire basta al veleno iniettato attraverso la pelle, è lo stesso coraggio che sconfiggerà Domiziana. Perché la Dragomir adesso riesce a capire - con assoluta certezza - chi avrà la meglio tra le due. « Non me ne vado. Non ti abbandono. », è un'affermazione che Domiziana percepisce come promessa. E' quasi un Voto tra loro: non ti abbandono. E' certa di poter pronunciare le stesse parole, nel momento in cui le labbra di Max le annunciano, perché è certa che davvero nulla potrebbe mettersi tra loro - soltanto loro stesse. Sono l'unico vero ostacolo. Sono l'unico vero motivo per cui hanno trascorso anni mano nella mano, senza mai andare oltre quel semplice affetto che sapevano bene, sin dal primo istante, esser solo una farsa. Una superficie che celava un altro ingresso, ben più profondo del primo. Nana continua a sondarla con impazienza, come se avesse fretta: la fretta di chi non può attendere un solo attimo in più e deve avere tutto subito. «Ti voglio subito.», è questo che le dice, è questo che esprime alla perfezione l'attesa straziante che l'ha consumata fino a quel momento. E non si ferma, non si fermerebbe affatto: può solo andare più veloce, in modo direttamente proporzionale al piacere che legge sul volto di Max. E' questa l'appartenenza tra due persone. La osserva, curiosa, il mento sollevato in alto, le gambe aperte a chiedere di più. Sei completamente mia. E' terrorizzante quanto sia pericoloso concedersi a qualcuno, consentirgli di fare ciò che vuole in una situazione di assoluta intimità. Nana sussulta, al pensiero che non sarà per sempre lei ad avere il potere della situazione, non sarà sempre e soltanto lei ad avere il controllo di ciò che accade. Andrà al contrario - a breve, a brevissimo -, e sarà lei ad essere completamente vulnerabile. E ne ha paura, ha paura del proprio volto deformato dal piacere e del proprio corpo vittima degli spasmi. Ha paura di aprirsi così tanto. E al contempo lo desidera più di ogni altra cosa - vuole sentirsi viva, vuole vivere la paura, vuole e, forse, è anche in grado di amare. « Forse mi stai facendo impazzire, ma non riesco a non sentirti. », si morde le labbra, Domiziana, bloccata all'idea di esser valicata anche da quel punto di vista. La musica infrange le pareti della stanza e la rassicura, la fa calmare tanto quanto è la stessa Max a calmarsi. A sentirsi di nuovo entro i confini del proprio corpo, e non più in quello di Domiziana. Nella testa di Domiziana. Improvvisamente si sente sicura, Max - ed ecco che arriva il tanto atteso sconvolgimento delle carte in tavola. Ecco che Domiziana è una pedina e non più lo scacchista. Ecco che percepisce la morbidezza del tocco di Max sulla propria pelle, sui capezzoli, sul ventre e tra le gambe. Sono questo. E' quello che prova, sino in fondo. Sono umana come tutti gli altri - e quasi vorrebbe piangere di fronte a quella scoperta, piangere di piacere, felicità, dell'ebbrezza che Max le procura. « E se volessi sentirti? », spalanca gli occhi, Domiziana, a metà tra il sorpreso e il non sorpreso affatto. Perché al posto suo, probabilmente, avrebbe già fatto abuso di quel potere, se le fosse stato concesso. Socchiude le iridi azzurre proprio dopo averle puntate in quelle di Max, sospirando pesantemente sul sottofondo del movimento delle dita di lei. «Sì.», non sarà piacevole - questo Domiziana lo sa già. Essere lei, anche solo per un istante, non è mai piacevole. E' un continuo odiarsi, amarsi... Perdersi e ritrovarsi. Ma con Max, forse, riuscirà a condividerlo.
    4234a8638fd5feaba79b5c83f9ee573bfe9d3fd7
    Riuscirà a condividere anche questo, riuscirà ad aprirle la parte più oscura, più profonda, più terribile, più eccitante di sé. E mentre stringe spasmodicamente la stoffa del divano, sino a saggiarne completamente la fattezza e la consistenza, mentre schiude le labbra e butta fuori ogni respiro affannato, percepisce la lingua di Max ed ogni suo tentativo di provocarle piacere, di stimolarla dove nessuno può azzardarsi ad arrivare, nessuno che non sia Max. Più forte - attraverso il pensiero la aiuta, la incita, sa che lei è . Sa che può sentirla, ne percepisce la presenza, come un calore interno inspiegabile. Più forte - continua, mentre le mani vanno ad ancorare la testa di Max tra le gambe, la propria s'inclina verso l'alto e la schiena s'inarca per avvicinarsi sempre di più al corpo di lei. Fammi male - spalanca gli occhi, di nuovo, incredula di averlo pensato e, al contempo, perfettamente consapevole di averlo fatto. Vuole un contatto totalizzante, vuole spingersi all'estremo per poi lasciarsi andare. Più forte - implora, mentre le labbra si stringono in una smorfia che deforma i lineamenti rigidi del volto. Sto per venire - le comunica, stringendo ancor di più la testa di lei e bloccandola lì, lasciandosi sfuggire un ultimo, mentale, oddio prima che il corpo si abbandoni sul divano, provato dall'esperienza e al contempo desideroso di averne di più. Ancora - non lo dice, ma sa che Max può sentirlo. Ed è con quella promessa che si lascia scivolare giù a terra, fino a sovrastare la ragazza, attorcigliandosi al corpo di lei mentre le labbra vanno a impadronirsi delle sue, proprio come pochi istanti prima. I denti che mordono, le mani sul collo, il pavimento gelido sotto di loro. Cerca di tirarsi su in ginocchio, Domiziana, ma non ci riesce perché non ha affatto intenzione - neanche per un secondo - di separarsi da alcun centimetro di Max. Dunque gattona, spingendola verso la parete alle loro spalle, finché non è in trappola tra le sue braccia. Interrompe la catena di baci solo per disegnare, con la punta della lingua, una scia che arriva sino al collo della Serpeverde, dove si sofferma a trattenere la pelle tra le labbra, succhiandola verso l'interno fino ad arrossarla completamente. Di certo qualcuno lo noterà - ridacchia, tra sé e sé, per quel marchio deposto sull'incarnato latteo di Max. Voglio che tutti sappiano - aggiunge poi, in uno spasmodico bisogno che lei sia sua e, al contempo, di appartenerle lei stessa. Le dita iniziano a stringerle i capezzoli, forse troppo forte, forse con troppa audacia. Ritorna poi a stimolarla nella sua intimità, percependo il calore dell'invasione avvenuta in precedenza, eccitandosi ancor di più per la consapevolezza di averla provocata lei. Voglio vederti venire - le annuncia, mentre incolla lo sguardo nelle iridi verdi di Max, mentre ne registra ogni sussulto, ogni gemito ed ogni respiro mozzato. Ti... Si blocca, ricordandosi dell'intrusione nella propria testa. «Ti amo.», sembra la cosa più sbagliata da dire in un momento come quello, sembra persino un eufemismo se pronunciato dalle labbra di Domiziana. Eppure lascia che il flusso di pensieri prenda la via della parola. Lascia che la sua parte capace, a stento, di amare, prenda il sopravvento su quella desiderosa di spaccare tutto. E dall'alto dei propri diciassette anni, dall'alto dell'incoerenza di quella fatidica frase messa in bocca ad una bambina, Domiziana si sente in pace. Si sente, per la prima volta, vera.
     
    .
  7.     +1    
     
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Member
    Posts
    473
    Reputation
    0

    Status
    Anonymes!
    «Sì.» E' quasi un sussurro quel suo assenso, tanto che gli occhi di Max si alzano a ricercare quelli di lei, come a volersi accertare che sia effettivamente convinta. Non li trova, perché la bionda li tiene socchiusi e per un attimo rimane così, a fissarla, a bearsi dei sospiri che le sta regalando, che le sta dedicando. E mentre la guarda, per qualche istante ancora, prima di riprendere ciò che ha abbandonato, si immerge completamente in lei, lasciando che le proprie barriere mentali si mescolino alle sue, in un tutt'uno che ha dello sconvolgente. Perché viene investita da mille emozioni, forti, cariche di risentimento, che sembrano spaziare dal negativo al positivo. Per un attimo si ritrova disorientata, tanto che la lingua si blocca, come paralizzata e le dita si stringono ancora di più alla sua carne, affondando nella coscia. E poi, del tutto naturalmente, si lascia semplicemente riempire, senza che vi siano più divisioni tra le sensazioni di lei e quelle di Nana. Diventa tutto esplosivo, talmente intenso da farle domandare se abbia mai fatto sesso prima di quel momento tanto è tutto così diametralmente diverso. Non ha niente di ciò che ha provato in passato - per quanto riesce a ricordare, tra i fumi dell'alcol mischiato alla droga, probabilmente proprio per obliviare qualsiasi cosa -. Ha un sapore nuovo, più concentrato. Un sapore che non ha mai saputo di star aspettando da sempre. "Fammi male". Lo sente, quel pensiero, con prepotenza. L'annebbia per qualche istante mentre le labbra prendono a stuzzicarla, succhiando con forza, così come le dita si spingono ancora più a fondo. Da due diventano tre e il ritmo si fa più incalzante, ormai pienamente cosciente di quanto ciò che stia facendo sia giusto perché a Domiziana piace. E più lei sospira, più il sangue le ribolle nelle vene sulle note delle ondate di piacere che si inseguono dentro di lei, lì dove non capisce più dove finisce lei e comincia la bionda. Si accorge, pian piano, che quell'esperienza si sta rivelando quanto di più vicino all'effetto che la droga le faceva. Perché ha sia l'adrenalina sia l'eccitazione a scandire ogni suo movimento, con la testa talmente leggera da avere quasi la sensazione di star librando sopra se stessa, come una spettatrice dall'alto. E' euforica, così piena di vita e voglia di vivere da non ricorda nemmeno quando. Eppure c'è una sostanziale differenza dalla droga: Max è lì, totalmente presente, pronta a ricordarsi il suono basso del suo ansimare sotto di lei, pronta al ricordo vivido del gusto dolce della sua lingua che si attorciglia alla propria, pronta a rammentare che non è stato solo un qualcosa che l'ha fatta sentire a disagio e poi totalmente sbagliata e sporca l'indomani. No, in quel momento Max si sente giusta, totalmente adeguata, sulla cresta della perfetta onda, quella che le è sempre stata destinata. "Più forte. Sto per venire". Segue le sue direttive senza staccarsi, la mano libera che scorre su di lei, risalendole la pelle bollente fino a trovare un seno al quale si aggrappa, con carnalità mentre la sente arrivare lì dove ha più volte fantasticato di portarla. Ha lo sguardo vispo mentre slitta verso l'alto, un sorrisetto diabolico a piegarle le labbra. Vorrebbe fare una battuta, sbrodolarsi in apprezzamenti alle proprie doti - che si sono rivelate inaspettatamente più soddisfacenti di quanto avrebbe mai creduto - ma la situazione si capovolge velocemente, con Nana che prende il controllo e lei che glielo lascia prendere senza alcuna obiezione, pronta al secondo round che lei stessa le sta chiedendo mentalmente. Annuisce, sorridendo, mentre si muove sotto di lei, all'indietro, lasciandosi ingabbiare dalle sue braccia. Vi deposita sopra dei baci, di tanto in tanto, prima di sentire la schiena aderire contro la parete alle sue spalle. « E ora? » Ridacchia, con fare divertito, prima di sospira sommessamente nel sentirsi le sue labbra addosso, ogni terminazione nervosa che si tende naturalmente verso di lei, lasciandola così diventare il suo magnete, il centro di tutto. "Di certo qualcuno lo noterà", Nana pensa e Max la sente, capendo soltanto un secondo più tardi a cosa si stia riferendo. La sente succhiare parte del suo collo e ridacchia, ad occhi socchiusi, completamente abbandonata contro la parete. « Userò una sciarpa. » Si sbriga a rispondere, con la lingua che esce ad umettarle il labbro inferiore. Ma sanno entrambe che non lo farà mai, che se ne fregherà come ha sempre fatto del giudizio di chiunque che non fosse quello della bionda, di suo padre, di sua sorella e delle amiche strette. Per un attimo è forse quella sua leggerezza a spaventarla, pensando alle possibili implicazioni. Come al venire allo scoperto, chiedendosi se sia un problema per l'altra. Far venire allo scoperto cosa? Magari non è nemmeno così importante per lei, qualcosa di cui non si parla perché non ce n'è bisogno. Continua ad imparanoiarsi per qualche altro istante, probabilmente persino irrigidendosi. "Voglio che tutti sappiano". Basta quello a farla sciogliere nuovamente, con un sorriso quasi bambinesco a profilarle le labbra, alla ricerca delle sue labbra. E quando non le trova, vira verso la spalla, lì dove affonda i denti nel momento in cui la sente nuovamente entrare dentro di lei. Lascia sulla sua pelle la reazione a quel dolore dal sapore dolce e piacevole, vi abbandona sospiri mozzati, che non cerca nemmeno di nascondere, tanto è completamente in un altro mondo. Avverte l'ondata del suo piacere fondersi alla propria e allora si tira indietro, le spalle di nuovo contro la parete mentre il bacino si alza appena da terra, come a volersi avvicinare ancora di più al suo magnete. A facilitarle l'entrata per sentirla ancora più vicina. "Voglio vederti venire". Sul momento, quella richiesta la lascia interdetta. Forse perché appunto, le sue esperienze con il sesso non sono mai state chissà quanto positive, non in toto perlomeno. Del più delle volte ha solo sfocate memorie, ma per certo sa che non ha mai amato guardare, e farsi guardare, sfuggendo sempre al contatto
    DKE0
    visivo. Forse per paura di scoprirsi totalmente sbagliata nel riflesso delle iridi altrui. Per paura di capire di star facendo una cazzata epocale. Eppure con lei è proprio quello che ha ricercato fin da subito, il suo sguardo. Che poi..sono mai davvero venuta? Si chiede mentre affonda i denti nel labbro inferiore e solo allora apre gli occhi, l'espressione mutata nuovamente, le labbra gonfie e schiuse mentre le iridi azzurrognole di Nana sembrano sfidarla a mantenere vivo il contatto. E lei la segue, con il corpo attraversato da spasmi che culminano con il suo ansimare sempre più pressante, sempre più senza freni. «Ti amo.» Deglutisce, per un attimo è come se l'ha colta la pioggia, all'improvviso, mentre è all'aperto e non ha l'ombrello. E' terribilmente spaventata, le labbra non sembrano collaborare perché la testa non riesce a riformulare quelle due parole dentro di sé. Così importanti, così impossibili per lei da associare a Nana che le dice proprio a lei. Quindi semplicemente posa la mano su quella di lui, delicata sì ma abbastanza decisa da farla fermare. Per un attimo il mondo si blocca mentre loro si fissano e lei semplicemente se ne esce con un « Davvero? » che la fa sentire una stupida all'istante. « Cioè...lo pensi davvero? » Continua a riformulare male il tutto, andando a spezzare completamente tutto e maledicendosi per questo. « Cioè, volevo dire anche io. » Lo dice di getto e poi non sa come ma pensa a suo padre, che una volta le ha raccontato di una sua fissa, di una stronzata, se lo aveste chiesto alla Max del tempo, ma così importante per quella di questo momento. "Quando la mia prima ragazza mi ha detto ti amo per la prima volta, io ho risposto "Anche io" e poi ci ho rimuginato tutto il giorno. Perché "Anche io cosa?" Il ti amo lo dovresti voler urlare a pieni polmoni per quanto ne sei convinto. "Anche io" cosa mi rappresenta?" « Cioè, ti amo anche io, davvero. » Dice allora, altrettanto di getto, convinta di amarla ormai da tanto. Rendendosene pienamente conto. E quindi si avvicina a darle un bacio, ingabbiandole le labbra nelle proprie sorridenti, con la lingua che ha bisogno di esplorarla ancora un po' prima di non avere più fiato e allora si stacca, con la fronte che si posa contro quella di lei. Poi si porta nuovamente all'indietro, fissandola. « Però dicevi davvero, vero? » Se ne frega di risultare la stupida insicura che in effetti è, se ne frega di sembrare anche soltanto una cretina e basta. Se ne frega perché per ora è felice e forse il mondo le sembra effettivamente come lo vede solitamente suo padre. Ma non di quello schifoso rosa zucchero filato. Scuote la testa, ridendo di nuovo, mentre riappoggia infine la schiena al muro, la mano destra che si allunga a prendere quella di lei. « Allora dimostramelo. » E così la guida di nuovo verso di sé, a prendersi possesso di tutto ciò che sente appartenere anche a lei. Fammi impazzire, fammi sentire ogni cosa, fammi venire. Glielo dice tra un gemito e l'altro, mentre il cervello non sembra connettere più e la lingua va a briglia sciolta, senza che effettivamente ciò che dice abbia senso per le sue orecchie ovattate. Ma alla fine dei giochi, non le interessa nemmeno avere senso fin quando può non averlo insieme a lei.

     
    .
6 replies since 20/10/2020, 18:40   283 views
  Share  
.