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    what would david bowie do?
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    I grandi occhi di Alyssa fissavano la luce gialla della lampada che pendeva sopra la sua testa. Cercava di tendere le orecchie per ascoltare la musica in sottofondo, escludendo il sibilo dell'ago che il tatuatore le stava passando sotto l'incavo del braccio sinistro. Si ritrovò a pensare che in fin dei conti non era poi così diverso dal trovarsi sulla poltrona del dentista: il suono era simile, la sedia pure e i muscoli irrigiditi anche. Dal dentista però è sempre tutto bianco e azzurro. Al massimo rosa. O verdolino chiaro. Negli studi dei tatuatori, invece, ci sta un sacco di nero. E rosso. Anche la musica è diversa. Mentre ti fai trapanare i denti hai nelle orecchie quelle stupide hit dell'estate che tutti conoscono. L'ago invece viene sovrastato da qualunque sia il gusto del tatuatore, che di solito oscilla tra il metal e il rap. Odio il rap. E il metal. E le hit dell'estate. « Non ti piace la musica? » Gli occhi di Alyssa scesero subito, spalancati, sul volto del ragazzo, un ventiquattrenne con folta barba da hipster, pieno di tatuaggi e con un grosso dilatatore all'orecchio che fece tornare alla memoria della Serpeverde quelle immagini delle tribù africane negli editoriali fighetti. Il tipo colse subito l'espressione stupita della mora, stendendolo un sorriso gentile. « Lo capisco quando un cliente è infastidito. Di solito è la musica. Non a tutti piace la trap. » « Ah da quando la trap è musica? » Più forte di lei. Non lo disse nemmeno con cattiveria: fu una semplice estensione naturale dei suoi pensieri. Una che fece sorridere il ragazzo. « Touchè. » Prima che l'ago toccasse nuovamente la sua pelle, nell'ambiente si diffusero le note di una qualche canzone rock commerciale. Comunque meglio della trap. O del metal. « Come mai questo tatuaggio? » Come mai non ti fai i cazzi tuoi? Questa volta, tuttavia, si limitò a inclinare di poco il capo, in sostituzione di un più classico stringersi nelle spalle che avrebbe potuto deviare la rotta dell'ago e creare un disastro. « Perché è vero. » « Che 1=2? Io la sapevo diversamente. » 2=1 era una di quelle cose che risalivano all'infanzia di Alyssa. Quei tempi alle scuole elementari in cui la piccola Carter portava ai denti un apparecchio su cui metteva dei laccetti colorati. Alcuni li usava per legarsi il fondo delle trecce, o la cima delle codine. Trovava quei laccetti molto simpatici, oltre che estremamente utili: era difficile che si allentassero. Uno di quei giorni - se lo ricordava perché non era riuscita a trovare laccetti dello stesso colore e quindi era finita per abbinarne uno verde a uno rosa sulle trecce - la maestra aveva spiegato loro le proprietà matematiche dello zero. Al che Alyssa aveva avanzato un'ipotesi che, per i suoi dieci anni, aveva senso. 1 x 0 = 0 e 2 x 0 = 0. Quindi 1 x 0 = 2 x 0. Che succede se dividi entrambe le parti per zero? (1 x 0)/0 = (2 x 0)/0. Dovresti cancellare gli zeri, secondo la regola. E quindi 1 è uguale a 2. La maestra, ovviamente, l'aveva elogiata per quella domanda affatto scontata, procedendo poi a dimostrarle che tuttavia il ragionamento - per quanto logico - era errato. Eppure quella cosa le era rimasta in testa. Uno è uguale a due. Un po' la sintesi di Alyssa in una semplice equazione. « Perché non puoi dividere un numero per zero. E' una regola. Ed è stata messa apposta, perché altrimenti nulla avrebbe più senso. Cioè..crollerebbe il sistema matematico. » O almeno, questo era ciò che lei ne aveva tratto dalla spiegazione: se fai così, tutto perde di senso. Fece una pausa, fissando il neon sopra di sé. « Io sono a mio agio col fatto che nulla abbia senso. »
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    Se ne era uscita dallo studio con parte del braccio avvolto nella carta trasparente, come un pollo da mettere in frigo a scongelare. Il ragazzo lo aveva stretto parecchio, al punto che la parte coperta sembrava rigonfiarsi lucida rispetto al resto della pelle. Sospirò, fissando l'inchiostro nero con ancora qualche sbavatura. Era venuto bene - non che fosse un tatuaggio difficile - le piaceva. Tuttavia, già dopo essere passata da Starbucks a prendersi una grossa tazza di caffè si rese conto che la parte inferiore del braccio stava lentamente perdendo sensibilità. Si mosse così a passo svelto verso il parco della liberazione, abbandonando la tracolla su una delle panchine e sedendovisi a gambe incrociate. Tolse il giacchetto di pelle, sollevando la manica della felpa scura per scoprire la parte incriminata. Stava diventando praticamente viola. Sbuffò, cominciando a srotolare l'imballaggio grossolano e ad arrotolarlo nuovamente, questa volta in modo che non prendesse anche la funzione di laccio emostatico. « Mh. Meglio. » commentò tra sé e sé, prima di prendere un sorso di caffè e pescare nella tasca unica della felpa per estrarne il necessario a rollare una sigaretta. Per essere Ottobre in Scozia, il clima era abbastanza buono. C'è il sole, è già tanto - notò, col naso rivolto all'insù e un occhio chiuso per non farsi accecare dal sole. Potrei studiare qui. Magari studio pure sul serio. Nell'auletta non concludo mai un cazzo. Si portò la sigaretta alle labbra, poggiando una mano sulla punta del piede che sbucava da sotto una gamba. Nel portare lo sguardo intorno a sé, tuttavia, notò una figura familiare calcare le viottole del parco. Autumn. Sulle prime non disse nulla, aspirando la nicotina e rimanendo semplicemente a fissarla, come quando ti fissi su un punto imprecisato senza ragione alcuna per poi renderti conto che lì ci sta una persona. Ecco, quello, però al contrario. Tuttavia il risultato fu lo stesso: quando Autumn si voltò, incrociando i suoi occhi, Alyssa si sentì come colta in flagrante, drizzando subito le spalle e cercando di mettere una pezza all'imbarazzo tramite un cenno del capo e una mano alzata a mo' di saluto. Sì sì, era questa l'intenzione fin dall'inizio. Ovviamente. Stese un sorriso, facendole cenno di avvicinarsi. Vabbè, ciao studio pure oggi. « Ehilà. Ti godi l'insolito bel tempo pure tu? » O magari vai da qualche parte. Bo. E' sabato pomeriggio. Lezione non c'è. Che ne so?! Seguì lo sguardo della ragazza, che ovviamente si era fermato per qualche istante in più sul braccio fasciato, ancora scoperto dalla felpa. Lo alzò appena, rigirandolo. « Ah sì, questo. E' nuovo. Sono uscita dallo studio tipo..mmh..dieci, venti minuti fa. Il tipo me lo aveva avvolto come un salame e ho dovuto allentarlo. Ma penso che tra un po' dovrò cambiarlo. » Fece una pausa, riportando lo sguardo alla ragazza e stringendosi nelle spalle. « Sai..quando lo disfi e poi lo rimetti hai praticamente sfanculato tutto e tiene più poco. » Immagino che ti interessi un sacco, saperlo. Scrollò le spalle, riportandosi la sigaretta alle labbra. « Vabbè. Tu che fai? »

     
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