« Percival. » Così lo chiamava suo padre adottivo: col nome intero. Una freddezza che, tuttavia, non sembrava turbare il ragazzino. D'altronde un nome significava ben poco: i suoi genitori lo avevano sempre chiamato Percy, ma lo avevano anche distrutto fisicamente e psicologicamente per i primi dieci anni della sua ancor breve vita. Insomma, il modo in cui veniva chiamato era l'ultimo dei suoi pensieri, e di certo non associava quella prassi ad una mancanza d'affetto o di considerazione. Anzi, gli piaceva. Dopo anni di abusi, quella distanza sembrava quasi necessaria per il giovane Watson, che anche in virtù di essa sentiva un moto di gratitudine cieca nei confronti dell'uomo che aveva accolto lui e sua sorella gemella nella propria ricca dimora. Con le spalle dritte e le mani conserte dietro la schiena, Percy se ne stava in piedi di fronte all'imponente scrivania dalla quale il padre troneggiava, fissandolo apaticamente in attesa di essere interrogato. Erano i suoi momenti preferiti, quelli relegati all'istruzione paterna: che si trattasse degli scacchi, delle lingue antiche o degli ambiti culturali della magia, il ragazzino aspettava quelle ore con ansia trepidante. D'altronde, per i suoi canoni, quella era la tipologia più sana di rapporto padre-figlio che avesse mai sperimentato. Quando sbagliava, l'uomo non lo puniva con la cintura: gli bastava uno sguardo, un'occhiata contrita, per farlo avvampare di vergogna e spronarlo mutamente a dare il meglio di sé, alimentando l'ossessivo perfezionismo di un bambino che in fondo al cuore desiderava soltanto di non deludere le aspettative altrui - di non essere rigettato.
« Hai studiato i libri che ti ho dato? » « Sì signore. » rispose velocemente il dodicenne, contenuto e asciutto nel tono di voce.
« Benissimo. Allora saprai dirmi quale fosse l'obiettivo ultimo di Gellert Grindelwald. » Prese fiato, pronto a sciorinare tutto ciò che aveva imparato.
« Gellert Grindelwald si era posto l'obiettivo di mettere fine allo Statuto Internazionale di Segretezza della Magia per creare una società guidata da un ordine di maghi e streghe che avrebbero governato con saggezza e potere. » L'uomo annuì, sorridendo tra sé e sé.
« E tu cosa ne pensi, Percival? » Non era una domanda semplice, non per un dodicenne che tendeva a guardare alle cose con oggettività, ricercando sicurezza nei fatti concreti e rifiutando l'ambiguità. Ma la materia trattata era ambigua per sua natura. Da un lato c'era la storiografia canonica, quella che tendeva a far passare Grindelwald come un pazzo suprematista con deliri di onnipotenza. Dall'altro, però, c'era l'importante nozione appresa che la storia fosse scritta dai vincitori. E dunque dove stava il giusto? Negli storiografi autorevoli? Negli approfondimenti tratti dalla biblioteca di suo padre? Oppure da qualche parte nel mezzo? Forse lì, in quella zona grigia. Ma la verità era che Percy, per affrontare le zone grigie, aveva bisogno di più tempo: semplicemente non era pronto. E a quell'età - così come lo sarebbe stato per altri anni ancora - ai suoi occhi era tutto bianco o tutto nero quando si trattava di dare un'opinione personale.
« Beh.. » « Non si comincia un discorso con beh. Non sei una pecora. » lo corresse velocemente il padre prima di lasciarlo continuare.
« Io credo che avesse ragione. » disse quindi, sollevando il mento ad ostentare una sicurezza maggiore rispetto a quella che effettivamente aveva. D'altronde era un altro insegnamento appreso: mai mostrarsi incerti, in nessuna circostanza, tranne quando bisogna negoziare per ottenere un prezzo più basso.
« È ingiusto che i maghi debbano vivere nascosti - ghettizzati da chi è loro inferiore. Dovrebbero essere i babbani, a fare i conti con la nostra società, non il contrario. Far passare lo Statuto come un contratto sociale è quanto mai assurdo, nel momento in cui una parte della popolazione beneficia di libertà maggiori rispetto ad un'altra. E dunque, di per sé, gli atti di Grindelwald non possono essere considerati come crimini, ma piuttosto come ribellione legittimata dal diritto di resistenza ad un potere politico illegittimo. Un diritto già teorizzato nella dottrina politica di San Tommaso. » Parole innaturali, quando pronunciate dalle labbra di un dodicenne. Ma se si considera che quel dodicenne non faceva altro nel proprio tempo libero se non studiare dottrine politiche e imparare l'arte dell'oratoria, c'era ben poco da stupirsi. Anzi, tutto ciò che stava al di sotto di quel discorso sarebbe stato bollato dal padre come banale e indice di una necessità di maggiore approfondimento. Non a caso, l'uomo parve solo moderatamente compiaciuto, stendendo un piccolo sorriso contenuto in direzione del ragazzino e annuendo appena.
« Un'esposizione coerente. Per oggi credo sia tutto, Percival. Troverai altri libri sulla tua scrivania. Sono curioso di discuterne con te domani pomeriggio. » E così, con un mutuale cenno del capo, i due si divisero - l'uomo rimanendo alla propria poltrona e il giovane imboccando la strada che lo avrebbe portato alla propria stanza.
La verità sta nel mezzo. Ci era voluto tempo per arrivarci, ma alla fine quell'opinione si era consolidata anche nella mente di Percy, per sua natura resistente al compromesso. Che Grindelwald non avesse tutti i torti, il giovane Watson lo credeva ancora, ma credeva anche che idee di quello stampo dovessero essere portate avanti con a monte un apparato politico completamente differente. Chi decideva quali maghi e quali streghe fossero saggi e potenti? Perché la maggioranza più debole doveva essere completamente esclusa dalla rappresentazione e dalle istituzioni? No, in quella maniera non avrebbe mai funzionato. Se lo Statuto doveva essere annullato, ciò doveva avvenire in favore di un contratto sociale che definisse con chiarezza quali libertà venivano cedute e quali sicurezze venivano garantite..da entrambe le parti. Ma il fulcro di quell'esercizio non era quello di teorizzare un sistema politico più giusto e inclusivo; loro dovevano difendere un'idea e l'uomo che l'aveva portata avanti, prendendosi tanto i punti di forza quanto quelli più discutibili. E per fare quello, avrebbero dovuto mettere in gioco le loro qualità migliori, oltre a una buona dose di studio e spirito di squadra.
« Greta, certo! Parlava un sacco e piaceva tanto a mamma. Era davvero carina, peccato che... non piacesse più tanto a te, da un certo punto in poi. » Una breve distrazione, quella che aveva portato Percy su quella scia di pensieri innescati da Francis. Una che, però, non si poteva permettere. O forse sì. In fin dei conti aveva di fronte sua sorella, non una completa estranea. Un tirato sorriso ironico spuntò sulle labbra del ragazzo alla menzione della madre.
« A mamma tendono a piacere le persone che hanno un reddito superiore ai quattrocentocinquantamila galeoni annui. » disse, scoccandole un'occhiata eloquente prima di concedersi una piccola risata a bassa voce.
Una donna di poche pretese. Tollera Tris solo perché è a capo di uno Stato, e sente comunque questa cosa come un indice delle proprie larghe vedute. « Desideri passeggeri di mamma a parte, non credo che tra me e Greta ci sarebbe mai potuto essere più di quanto c'è stato. Non l'ho mai considerata una mia pari. » Terribilmente onesto come lo strappo di un cerotto. Percy non si faceva troppi problemi a condividere la propria considerazione delle persone, e Greta, per quanto fosse una ragazza intelligente e arguta, non aveva quel qualcosa in più che agli occhi del ragazzo la rendeva davvero una valida compagna di vita.
Non che mi sia mai stato insegnato a scegliere una donna su queste basi, chiaramente. D'altronde era stato indottrinato fin da subito all'importanza di trovare moglie e a quale tipologia dovesse puntare: tra i punti in lista, la parità non c'era - quel valore era esclusivamente suo. Scrollò le spalle.
« E poi era troppo chiacchierona. » « Anch'io credo di essere riservata come te. Ultimamente più del solito, dato che ne sono successe un po'. » Sollevò un sopracciglio, come a interrogarla mutamente su cosa fosse accaduto di recente.
« Per questo ci sono cose che non ho mai raccontato a nessuno. Solo a Jaime, in sonno, qualche volta. » Nel non ricevere risposta, optò per la domanda diretta, tastando il terreno riguardo le cose a cui sua sorella potesse riferirsi. Conoscendola, era probabile che si trattasse di scuola: Alice era sempre stata piuttosto per le sue, e raramente erano giunte alle sue orecchie notizie riguardo affari di cuore.
« Dal punto di vista del rendimento, abbastanza bene, credo? C'è sempre l'asticella Percy Watson da superare per quanto riguarda gli insegnanti che avevi anche tu, ma mi ci sto impegnando. » Sorrise, gentile, inclinando il capo di lato e muovendo la mano in aria in un cenno elegante.
« Sono sicuro che l'asticella sia ormai più Watson che Percy Watson. Non ho dubbi sul fatto che tu vada a sollevarla continuamente. » D'altronde Alice, in termini scolastici, era sempre stata una stacanovista come lui: si impegnavano a fondo in tutto quanto, mettendoci anima e corpo ed esigendo il massimo da se stessi per ottenere il massimo. Di quella qualità condivisa, l'ex Serpeverde andava molto fiero, forse perché con la gemella non aveva avuto modo di connettersi da questo punto di vista a lui particolarmente caro.
« Al rave ho promesso ad una ragazza di Serpeverde che la mia casata vincerà la coppa delle case quest'anno, ed io intendo provare a rispettarla fino in fondo. Scusa. » Inclinò il capo con un sorriso, come a farle capire che le avrebbe passato quell'affermazione.
« Sono disposto a tollerare gli sfottò di Tris se sarai tu a portare Grifondoro alla vittoria. Tutto è bene quel che finisce Watson, no? » gettò lì, lanciandole uno sguardo ironico nello storpiare quel detto a modo proprio. E in fin dei conti era vero: sarebbe sempre stato fiero dei successi della sorella. Senza contare il fatto che lui, i propri, ce li aveva già avuti in quel campo ed era tempo di passare il testimone anche a dispetto dell'orgoglio di casata.
« Senza contare che sto iniziando il mio sesto anno e non ho la minima idea di cosa fare dop- » Sollevò un sopracciglio, interdetto da quell'interruzione improvvisa nel suo discorso.
« Ci sono! Perché Albus Silente in persona avrebbe dovuto ascoltarlo, dargli spago... diventare addirittura un suo amico stretto? » Aggrottò la fronte, accarezzandosi il mento con una mano in quel suo tipico fare pensieroso, concentrato al massimo su ciò che Alice stava suggerendo.
« Oltre ai pettegolezzi - che abbiamo detto che non ci piacciono - avevo letto, da qualche parte, non ricordo dove, che il loro intento iniziale era quello di rovesciare la classe governativa dell'epoca. Se sei un giovane studente brillante e la società in cui vivi non funziona e non ti fa sentire apprezzato al cento per cento... forse questo sì, potrebbe anche giustificare una viscerale voglia di rivalsa o insomma che voglia essere proprio tu, a provare a controllare questa realtà marcia fino al midollo. » Gli occhi di Percy si illuminarono, spinti dalle considerazioni che quell'input aveva fatto scattare come un domino nella sua mente. Prese subito un foglio di pergamena, intingendo la piuma nel calamaio per buttare giù quelle idee che Alice aveva messo in campo.
« Ma certo! Se contiamo che Albus Silente sarà quasi sicuramente la principale linea di difesa dell'altro gruppo, metterlo in campo potrebbe tornarci utile. Saranno proprio loro a fornircelo su un piatto d'argento, esaltandone le virtù morali e dipingendolo come un eroe. E a quel punto noi riprenderemo il loro discorso, sottolineando come sia stato non solo il primo sostenitore di Grindelwald, ma anche una delle menti che più ha contribuito alla nascita di quelle idee. » Silente non è meno responsabile di quanto non lo sia Grindelwald. Un sorrisino soddisfatto andò a stendersi sulle labbra di Percy mentre buttava giù velocemente tutte quelle idee nella sua tipica calligrafia elegante. Nonostante la difficoltà della materia e la consapevolezza del valore dei suoi avversarsi, il giovane Watson sentiva di poter vincere quella sfida - specialmente se al fianco aveva una mente brillante come quella di sua sorella.
« L'unica vera differenza, è che Silente si è fermato tra il dire e il fare. » snocciolò, rivolgendo ad Alice uno sguardo eloquente
« A parole sono tutti bravi, no? Tutti quanti possono teorizzare ribellioni e sistemi politici, lamentandosi di quanto sia ingiusta la vita. Ma per cambiare le cose ci vogliono le rivoluzioni, e le rivoluzioni portano con sé anche delle conseguenze spiacevoli. » E questo, nessuno lo sa meglio di me. Sentiva la vittoria a un passo da sé: gli bastava allungare una mano, per afferrarla.
« E qui..io direi di procedere sul terreno del ricatto morale. » disse, stirando un piccolo sorriso compiaciuto.
« Ci giochiamo la carta della Ribellione di Byron Cooper. È fresca, tutti l'hanno vissuta, tutti possono empatizzare e nessuno avrebbe il coraggio di azzardarsi a dargli contro in seguito alla Restaurazione. » Si strinse nelle spalle.
« Cosa ne pensi? »