Grindelwald's evil plan to save the world

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    « Watson, bello de casa! Tornato in biblioteca? Grandeee, così ti chiedo le sbobinature. » Francis era..particolare. O quanto meno lo era per i canoni di uno come Percy, per cui pure un sorriso era soggetto al grado di confidenza. Il giovane Watson non avrebbe saputo dire come quel legame col compagno di corso si fosse instaurato, né tanto meno quando: era semplicemente successo. A un certo punto, durante il primo anno, si era ritrovato tra i piedi quel tipo bizzarro con la zazzera rossa e il pesante accento irlandese, e da lì non era più riuscito a liberarsene. Probabilmente, qualche anno prima sarebbe stato allontanato da Percy in malo modo, ma ormai l'ex Serpeverde aveva imparato a scendere a patti con certe personalità estroverse, e quindi lo sopportava - pur se a piccolissime dosi. Francis, d'altro canto, non gliela rendeva facile: era il tipo che si autoinvitava ovunque, che si impicciava degli affari altrui, che condivideva troppo dei propri e che chiedeva favori senza davvero chiederli. Insomma, era perfetto per Magisprudenza pur se per le ragioni diametralmente opposte a quelle che rendevano Percy altrettanto perfetto per quell'ambiente. In risposta alle parole del compagno, l'ex Serpeverde stirò un sorriso contenuto che gli fece risalire più in alto sul naso gli occhiali da lettura. E io che volevo farmi una pausa tranquilla. Che ingenuo. « Sì, mi vedo con mia sorella minore tra poco, quindi.. » Quindi levati dalle palle. « Ah sì sì, Alice. Sono le tue sigarette quelle? Me ne alzi una? Grazie. » Chiaramente non aspettò la risposta di Percy: prese il pacchetto, ne estrasse una e se l'accese senza troppi complimenti. Tu andrai lontano, Francis. « Senti un po', ma ti posso fare una domanda personale? » « Potrei impedirtelo? » chiese, lanciandogli un'occhiata da sopra l'orlo degli occhiali, con un sopracciglio alzato a dipingergli in volto un'espressione tra l'ironico e lo scettico. « Ma chi è quella Greta cosa che ti commenta sotto tipo tutte le foto? » Un po' troppo personale, Francis. « Una compagna di scuola in Finlandia. Perché ti interessa saperlo? » « No cioè bo, ti lascia commenti un po' eeeeeh - hai capito? Eddaje, Perce, confidati. C'hai fatto qualcosa? Dal profilo sembra caruccia. Tipica finlandese, insomma. Dammi un po' di tea: parli sempre di uni e roba seria, voglio sapere la vita amorosa di Percival Watson Lancaster. » A quelle parole, Percy si ritrovò a schioccare la lingua sul palato, scuotendo il capo prima di portarsi alle labbra la sigaretta. « Quello che c'è da sapere è di dominio pubblico. La mia vita sentimentale non è poi così interessante e movimentata. » Come al solito, ogni qualvolta si trattasse di fatti personali, Percy si chiudeva ermeticamente, non lasciando trapelare nulla. Che poi, comunque, non è che ci fosse nulla da far trapelare: tecnicamente le sue parole corrispondevano alla realtà. Tecnicamente. Perché in fin dei conti Percy era pur sempre un ragazzo e anche lui, ai suoi tempi, si era concesso avventure. Con Greta c'era stata una parentesi ai tempi della scuola: un mutuale accordo che consisteva in un rapporto di amicizia con benefici, ben delineato e chiaro fin dall'inizio. Si era interrotto nel momento in cui Percy se ne era andato dalla Finlandia e, da quel momento in poi, i due erano rimasti buoni amici. Greta, però, era una tipa giocosa, a cui piaceva flirtare a prescindere, e quindi aveva mantenuto un atteggiamento ambiguo come era nella sua natura fare. « No perché ne parlavamo con alcuni compa- » « Cosa? » Rivoltatosi come un felino pronto ad attaccare, le iridi di ghiaccio di Watson saettarono in quelle verdastre del compagno. « Perdonami Francis, ma tu ti metti a parlare degli affari miei con i nostri compagni? Sulla base di cosa, di preciso? Commenti su Wiztagram? » « No cioè..si fa così..per dire..per goliardia. Cioè parliamo di tutti. » « Con quanti ne hai parlato? » « Mah..cinque o sei. Massimo dieci. » « E quindi venti, massimo trenta. » Spazientito, spense la sigaretta sul posacenere posizionato accanto all'entrata della biblioteca, raccogliendo velocemente le poche cose che si era portato dietro. « Prendilo come qualcosa di più di un semplice consiglio: trovati di meglio da fare, Francis. » disse, piantando gli occhi in quelli del ragazzo prima di girare i tacchi e oltrepassare le porte di vetro automatiche della biblioteca. « Perce..le sbobinature me le passi lo stesso? Perce? PEEEEERCEEEE? »
    d32
    Nella mezz'ora che passò prima dell'arrivo di Alice, Percy non poté fare a meno di sottolineare il libro di testo con una certa foga, lasciando solchi profondi con la matita guidata dal righello. Lo infastidiva il fatto che si parlasse di lui in quei termini, facendo supposizioni sulla sua vita privata. Il problema non era nemmeno relativo a Tris, innanzitutto perché la conosceva abbastanza bene da sapere che non era il tipo da gelosie immotivate, e poi perché le due ragazze in questione si erano incontrate in Finlandia durante l'estate, dando quindi alla Morgenstern gli strumenti per non rimanere sorpresa qualora il gossip fosse arrivato anche alle sue orecchie. Il problema, come sempre con Percy, era il principio stesso. « Sei arrivata. » Salutò la sorella con un sorriso veloce, togliendo la giacca dallo schienale della sedie che le aveva tenuto occupata. Quel pomeriggio di metà Ottobre si erano organizzati per incontrarsi in vista del processo storico a Grindelwald che si sarebbe tenuto tra un paio di settimane al Club del Dibattito cui erano entrambi iscritti. A quel giro, i due Watson si trovavano nella stessa squadra: la più difficile, ovvero quella che avrebbe dovuto prendere le parti di Grindelwald. Fortuna (per modo di dire) voleva che il padre adottivo dei ragazzi fosse stato sempre un simpatizzante di certe cause - cosa che, in gioventù, aveva fortemente influenzato anche lo stesso Percy - e che dunque il materiale da cui attingere non mancasse affatto. D'altronde, si sa, compito di club come quelli del dibattito non era la ricerca della verità, ma la capacità di crearne una più convincente di quella altrui. « Papà mi ha mandato un po' di libri. » disse, indicandole la pila accanto a sé con un cenno del mento, prima di togliersi gli occhiali per il tempo necessario a passarsi una mano sul volto stanco. « Non dovrebbe essere difficile costruirci un caso solido. D'altronde Grindelwald, a differenza di Voldemort, aveva delle idee molto più condivisibili. Aveva..un piano malvagio per salvare il mondo. » Sorrise appena a quelle parole. « Sul piano ideologico, quindi, dovrebbe essere un gioco da ragazzi. Però ci attaccheranno sicuramente sugli omicidi noti e la sociopatia, quindi ecco..dovremmo concentrarci su quelli. » Si fermò per un istante, fissando la copertina rifinita di uno dei libri con aria assente, lasciandosi trasportare velocemente dal domino di ricordi che quel discorso gli innescò. Anche Percy, nel suo passato, aveva tolto la vita a qualcuno: lo aveva fatto per ragioni che adesso gli sembravano futili, ma che all'epoca erano state esaltate da quell'incontrollabile rabbia interiore da sempre celata dentro di sé. Riuscire a far perdonare Grindelwald, per lui, era ovviamente più di una semplice dimostrazione di abilità oratorie: era la prova che se uno dei più potenti maghi oscuri poteva essere moralmente scagionato, lo stesso sarebbe potuto accadere per lui. Ma queste, ovviamente, erano considerazioni che non avrebbe condiviso con nessuno nemmeno sotto tortura. « Scusa.. » disse piano, scuotendo il capo nel tornare alla realtà. « ..sono un po' distratto. A quanto pare dei compagni si sono messi a parlottare su quella mia vecchia compagna di scuola - Greta, te la ricordi? - e per quanto stupida, la cosa mi infastidisce un po'. » Si strinse nelle spalle, come a sottintendere che non ci fosse nulla di grave dietro il suo umore fosco. « Tu, piuttosto? Come sta andando l'inizio dell'anno scolastico? »


     
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    Per la piccola Alice Astrid, passare del tempo con l'unica famiglia mai avuta, risultava essere sempre come una profonda e lunga boccata d'aria, una strada piacevole e assodata per raddrizzare sempre il tiro della sua giovane vita indipendente. Non avendone mai davvero avuta una fino al lontano compimento dei suoi dodici anni - l'anno marchiato a fuoco nella sua mente, in cui Percy e Theo s'erano fatti avanti senza che la Grifondoro potesse prevedere il loro arrivo - non conosceva i privilegi del vero amore incondizionato, né ne riconosceva il calore: a stento ricordava i connotati sfocati dei suoi genitori, che l'avevano data via come uno sgradito pacco di poco valore, tra le fasce di una cesta tagliata a metà. Si era col tempo, lentamente e inesorabilmente, abituata al fatto che in tre, loro tre, sempre Percy, Theo e lei formassero una piccola famiglia ben poco tradizionale, da cui Alice si sentiva comunque di poter entrare e uscire come voleva. Era troppo nuova, fresca: abbastanza solida per la sua recente formazione, ma non ancora granitica come tuttavia si percepiva aspirasse naturalmente a diventare. D'altronde anche Percy e Theo, per quanto fossero simili su molti aspetti, erano legati alle loro abitudini, alle loro priorità, differentissime tra loro: e così la minore di casa Watson ne aveva, piano piano, trovate delle proprie. Alcune le condivideva con l'amato e stimato Percy, altre con Theo che era su altri aspetti il suo modello, altre con la sua migliore amica Lucy; moltissime, tuttavia, se l'era scovate da sola, crescendo come una giovane ragazza tendenzialmente capace e forte di sé stessa. Ma i fratelli Watson non solo erano simili nei loro pregi, nel loro orgoglio che li faceva apparire sempre come fieri e imperscrutabili leoni agli occhi di tutti; dietro alla personalità forte ognuno di loro portava con sé delle ombre e, per quanto Alice fosse forse quella più in contatto con la luce tra i tre - vuoi per la giovane età, vuoi per intensità minore di esperienze rispetto ai gemelli -, non voleva dire che ne fosse del tutto sprovvista. Cambiavano i fattori, gli eventi, il tempo, le persone, le combinazioni, gli amori, le speranze morte, l'entità tragica del loro passato preso insieme e singolarmente, ma il risultato non cambiava mai: c'era sempre del buio scurissimo dietro ai loro occhi chiari e lucenti, dietro ai modi di fare tanto brillanti da arrivare a rivaleggiare col sole. Alice era molto più simile alla luna, a ben vedere: aveva dentro di sé crateri e voragini scavate profondissime da non vederne il fondo e, se il suo intuito e la conoscenza che si era fatta dei suoi fratelli non la ingannavano anche se il sangue era lo stesso per metà, quelle di Percy e di Theo dovevano esserlo addirittura di più. Si era sentita libera di parlarne e mostrarle con loro, perché sapeva che sarebbero potuti essere gli unici ad aiutarla a dar loro un senso, senza giudicarla troppo; c'era qualche altra anima fidata aldilà della famiglia, ma era diverso. Sarebbe stato sempre diverso con loro. Non avrebbe saputo dire quanto più profonde fossero le loro per stabilire quanta distanza percorressero con le sue, ma una cosa la sapeva, Alice: persino per un individuo silenzioso e misterioso come lei, la storia e la personalità di Percy e Theo apparivano come qualcosa di molto più arcano ed enigmatico di quanto la sua mente adolescenziale riuscisse anche solo ad arrivare vicino. Ed era per tutte quelle ragioni che ogni volta che le fissavano un incontro, la Grifoncina non si tirava mai indietro. Era per questa e per quella ragione, che era felice di far parte di ben due club di cui faceva parte anche Percy: uno in cui bastava correre vicini e condividere i silenzi, mentre il sole sorgeva dalle vallate scozzesi e si scambiavano occhiate d'intesa e qualche parola ogni tanto. L'altro club, invece, che chiedeva loro di scontrarsi con qualcosa di più complesso e tirare fuori tutto il loro ingegno, esercitando la retorica a cui li aveva educati il loro padre adottivo da quando li aveva presi in carico. Prima i gemelli, poi Alice, senza scampo. Così come quel pomeriggio, la Grifondoro aveva accettato con gioia di passare il pomeriggio sola con Percy in Biblioteca, con l'intento di preparare la dialettica più schiacciante nella storia del club dei Dibattiti. Non lo era mai stato, ma in quel periodo si sentiva un tipo notevolmente competitivo: così aveva fatto le sue ricerche nella biblioteca di Hogwarts, riuscendo a ricavare un paio di manuali utili in mezzo ad una montagna di tomi classificabili come "superflui", praticamente all'insaputa di chiunque. Aveva ricopiato le informazioni più importanti su un quaderno dalla copertina rossa tra una lezione e l'altra e, mezz'ora prima dell'incontro, era uscita per raggiungere Percy. Camminava a passo veloce, rivolgendo occhiate alla sua sacca di continuo, come se qualcuno avrebbe potuto rapinarla di quel quadernetto rosso; contava di poterci continuare a scrivere delle informazioni preziosissime e riservate, che se non l'avessero condotta alla vittoria due settimane dopo, sicuramente l'avrebbero aiutata a guadagnarsi il rispetto di suo fratello. Sperava di riuscire a fare bella figura, di essere abbastanza preparata da non apparire ai suoi occhi cerulei come una stupida, oltre che piccola. Anche se... certo, la questione era più spinosa del previsto e si sarebbe trattato di difendere un criminale pluriomicida, nonché il secondo mago oscuro più potente di tutti tempi. Ed anche quello più affascinante, ma non l'avrebbe mai detto a nessun altro, oltre che a Percy. « Sei arrivata. » Sorrise alle parole di Percy, mentre i suoi occhi verdi si illuminarono di una luce rarissima, come se avesse visto suo fratello per la prima volta. Era sempre così ed anche era anche una delle poche volte in cui finivano nello stesso gruppo, quindi si sentiva di giocare in casa con lui a fianco. Anche se, certo, l'argomentazione era lontana dalla sua indole anni luce ed il cammino verso la vittoria si preannunciava più arzigogolato del previsto. « P. » Disse solo, cercando di smorzare il sorriso naturalmente a poco poco, come se i suoi neuroni a specchio fossero già in moto per non farle fare la figura dell'ebete. Non era il momento dei sentimentalismi: erano lì per lavorare. Il bello era che di solito smorzava l'entusiasmo praticamente con tutti durante le ore di studio, mentre con suo fratello avrebbe trascorso tutto il tempo a parlare... di tutto. « Come stai? Non ti vedo dal rave » chiese guardandolo negli occhi, mentre prendeva posto sulla sedia davanti a lui che era stata appena liberata dalla sua giacca. Sistemò la propria giacchetta di jeans sullo schienale, inumidendosi le labbra ormai quasi sempre dipinte di un rosso intenso. Già percepiva l'ansia montarle da dentro e tentò di controllarla all'istante: se Percy era ormai pochi anni un rinomato studente di Magisprudenza, famoso per le proprie qualità, Alice si sentiva ancora un gattino miagolante di fronte alla sua lunga criniera. Ed i capelli di Percy, ahimè, poté constatare si fossero allungati per davvero. « Papà mi ha mandato un po' di libri. » Seguì il movimento del mento del giovane, sgranando gli occhi mentre li passava in rassegna dal basso verso l'alto, fino quasi a raggiungere la stessa altezza di Percy in piedi. Che loro padre ci tenesse addirittura più di loro alla loro vittoria, proprio e soprattutto riguardo al Dibattito di Grindelwald, quella era cosa nota e scontata tra le mura domestiche di casa Watson-Lancaster. « Questa volta ha tirato fuori il meglio di sé, bisogna ammetterlo. Un fanatico vero e proprio » Disse, assumendo un'espressione un po' incredula, mentre deglutiva, non riuscendo a staccare gli occhi di dosso dai titoli dei libri. Estrasse lentamente dalla sacca il suo quaderno rosso, illeso, ed un paio di penne, sistemandole sul tavolo accanto ad altri oggetti di cancelleria di proprietà di Percy. Fece attenzione che non fossero troppo vicini e non si mischiassero, sapendo quanto condividessero una discreta ossessione per l'ordine. « Non dovrebbe essere difficile costruirci un caso solido. D'altronde Grindelwald, a differenza di Voldemort, aveva delle idee molto più condivisibili. Aveva..un piano malvagio per salvare il mondo. » Sorrise nel constatare quanto Percy non mancasse mai dal mostrarsi sempre estremamente brillante: diretto, essenziale, preciso e coinciso. Era appena arrivata e subito era suo fratello aveva c'entrato il nodo, pervaso da un'ironia irresistibile, nonostante invero alcuni suoi movimenti suggerissero una stanchezza celata appositamente. « Non escludo che anch'io mi sarei fatta affascinare da un tipo irresistibilmente diplomatico come lui - » Come te. Ma non lo disse. Trovare delle assonanze, delle somiglianze tra le personalità di Gellert Grindelwald e quella di Percival Watson non solo era rischioso, era anche una missione suicida. Per il momento. « - anche se non condivido per niente i suoi principi - di base - e farò un graaande sforzo d'immedesimazione per la nostra squadra. » Sorrise, cercando di non tradirsi troppo, di non tradire la sua personalità: voleva che Percy conoscesse la vera Alice, quella che alla fine conosceva da appena cinque anni, su una prospettiva molto più ampia. « Sul piano ideologico, quindi, dovrebbe essere un gioco da ragazzi. Però ci attaccheranno sicuramente sugli omicidi noti e la sociopatia, quindi ecco..dovremmo concentrarci su quelli. » Ascoltava, Alice: prendeva appunti ma soprattutto ascoltava le sue parole, assorbendone i dettagli e tentando di scavare dentro alla sua stessa mente per collegare qualche informazione. « Infermità mentale non è abbastanza: ci diranno che andava sbattuto nel Manicomio più vicino dalla bacchetta giusta ed il tutto - fughe a parte - sarebbe potuto durare la metà, però no. Nemmeno Voldemort era un banale pazzo e basta, la storia ci insegna. » Disse con un sorrisetto a labbra strette, mentre tentava di riflettere e riflettere, per farsi venire il colpo di genio che proprio... non arrivava. Si alzò in posizione eretta e prese l'ultimo libro in equilibrio sulla pila: Storia della Magia. Lo aprì, scorrendo le parole in silenzio per qualche minuto, iniziando solo poco dopo a leggere una frase in particolare ad alta voce. « Vediamo, qua dice che Grindelwald ripeteva a se stesso che agiva sempre "per un bene superiore"... » « Scusa.. » Alzò gli occhi verdissimi su Percy, sgranandoli appena: le sue parole l'avevano fatta cadere dalle nuvole. Non si era accorta che si fosse distratto, attenta com'era a cercare di trovare una spiegazione logica alle azioni più illogiche nella storia della magia contemporanea. Almeno, per come la vedeva lei. « ..sono un po' distratto. A quanto pare dei compagni si sono messi a parlottare su quella mia vecchia compagna di scuola - Greta, te la ricordi? - e per quanto stupida, la cosa mi infastidisce un po'. » La verità era che Alice non si era nemmeno accorta che il suo umore potesse essere più ombrato del solito: negli ultimi mesi le era spesso parso così scuro ed in diverse occasioni anche più gravose, dunque gli regalò il sorriso più caloroso del mondo nello scoprire che per una volta si trattasse soltanto di quello. Allo stesso tempo, però, condivideva a pieno la frustrazione data da quel tipo di indiscrezioni, dunque non riuscì a trattenersi dallo scuotere il capo in maniera empatica. « Greta, certo! Parlava un sacco e piaceva tanto a mamma. Era davvero carina, peccato che... non piacesse più tanto a te, da un certo punto in poi. » Disse senza smettere di sorridergli, cercando di evocare ricordi non poi così lontani e forse più spensierati, più leggeri. Tentava di non parlare a voce troppo alta, sapendo che fosse esattamente quel modo di fare a garantir loro l'attenzione dei presenti - quasi tutti, che mentre leggevano i loro libri - anche di argomenti diversissimi - ogni tanto li sbirciavano curiosi. « Anch'io credo di essere riservata come te. Ultimamente più del solito, dato che ne sono successe un po'. » Non voleva parlare di Louis rovinando quel momento di vicinanza così atteso e così bello, dunque sorvolò, rivelando qualcosa di ancora più intimo. « Per questo ci sono cose che non ho mai raccontato a nessuno. Solo a Jaime, in sonno, qualche volta » Tipo di tutta la faccenda di Nana. Tutti ne parlavano, spesso, ma nessuno conosceva la verità; una verità che più rimaneva irrisolta, più si tingeva di nuovi rancori, distorcendo il principio da cui tutto era partito. « Tu, piuttosto? Come sta andando l'inizio dell'anno scolastico? » Prese a disegnare una mezza luna sul foglio su cui era scritta l'ultima parte degli appunti che aveva raccolto per quell'incontro: più li guardava, più le sembravano sempre più inutili. « Dal punto di vista del rendimento, abbastanza bene, credo? » Rialzò nuovamente il suo sguardo, allacciandolo in quello fermo e attento di Percy. Era la persona che più riusciva a trasmetterle calma sulla faccia della terra. « C'è sempre l'asticella Percy Watson da superare per quanto riguarda gli insegnanti che avevi anche tu, ma mi ci sto impegnando. » Disse, sempre cercando di aiutare a migliorare un tantino il suo umore visibilmente storto. « Al rave ho promesso ad una ragazza di Serpeverde che la mia casata vincerà la coppa delle case quest'anno, ed io intendo provare a rispettarla fino in fondo. Scusa » Si riferiva al fatto che non avrebbe aiutato la sua ex casata a vincere, bensì la casata in cui era stata l'unica Watson ad essere stata smistata. Ancora aveva dubbi, spesso, che il Cappello avesse in realtà sbagliato e forse sarebbe stata meglio in Serpeverde. Magari con Nana sarebbe andata diversamente. Anche con Bart. E magari, anche con Louis. Avevano tutti chiare idee sul loro futuro, progetti ambiziosi. Anche Nana avrebbe fatto Magisprudenza, erano anni che lo diceva... « Senza contare che sto iniziando il mio sesto anno e non ho la minima idea di cosa fare dop- » E fu allora, pensando a Nana, che le venne l'illuminazione. O qualcosa di simile, insomma. « Ci sono! Perché Albus Silente in persona avrebbe dovuto ascoltarlo, dargli spago... diventare addirittura un suo amico stretto? » Gli chiese, alzandosi in piedi sulle sue gambine gracili e camminando avanti e indietro vicino a lui. « Oltre ai pettegolezzi - che abbiamo detto che non ci piacciono - avevo letto, da qualche parte, non ricordo dove, che il loro intento iniziale era quello di rovesciare la classe governativa dell'epoca. Se sei un giovane studente brillante e la società in cui vivi non funziona e non ti fa sentire apprezzato al cento per cento... forse questo sì, potrebbe anche giustificare una viscerale voglia di rivalsa o insomma che voglia essere proprio tu, a provare a controllare questa realtà marcia fino al midollo » Troppo naive? Forse. Non lo scagionava comunque dalla sociopatia, ma... filava. Una società marcia avrebbe prodotto individui marci. Bastava domandarsi sul suo futuro per chiedersi chi, tra i giovani, si sarebbe rivelato altrettanto marcio.


    Edited by watson - 9/11/2020, 00:04
     
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    « Percival. » Così lo chiamava suo padre adottivo: col nome intero. Una freddezza che, tuttavia, non sembrava turbare il ragazzino. D'altronde un nome significava ben poco: i suoi genitori lo avevano sempre chiamato Percy, ma lo avevano anche distrutto fisicamente e psicologicamente per i primi dieci anni della sua ancor breve vita. Insomma, il modo in cui veniva chiamato era l'ultimo dei suoi pensieri, e di certo non associava quella prassi ad una mancanza d'affetto o di considerazione. Anzi, gli piaceva. Dopo anni di abusi, quella distanza sembrava quasi necessaria per il giovane Watson, che anche in virtù di essa sentiva un moto di gratitudine cieca nei confronti dell'uomo che aveva accolto lui e sua sorella gemella nella propria ricca dimora. Con le spalle dritte e le mani conserte dietro la schiena, Percy se ne stava in piedi di fronte all'imponente scrivania dalla quale il padre troneggiava, fissandolo apaticamente in attesa di essere interrogato. Erano i suoi momenti preferiti, quelli relegati all'istruzione paterna: che si trattasse degli scacchi, delle lingue antiche o degli ambiti culturali della magia, il ragazzino aspettava quelle ore con ansia trepidante. D'altronde, per i suoi canoni, quella era la tipologia più sana di rapporto padre-figlio che avesse mai sperimentato. Quando sbagliava, l'uomo non lo puniva con la cintura: gli bastava uno sguardo, un'occhiata contrita, per farlo avvampare di vergogna e spronarlo mutamente a dare il meglio di sé, alimentando l'ossessivo perfezionismo di un bambino che in fondo al cuore desiderava soltanto di non deludere le aspettative altrui - di non essere rigettato. « Hai studiato i libri che ti ho dato? » « Sì signore. » rispose velocemente il dodicenne, contenuto e asciutto nel tono di voce. « Benissimo. Allora saprai dirmi quale fosse l'obiettivo ultimo di Gellert Grindelwald. » Prese fiato, pronto a sciorinare tutto ciò che aveva imparato. « Gellert Grindelwald si era posto l'obiettivo di mettere fine allo Statuto Internazionale di Segretezza della Magia per creare una società guidata da un ordine di maghi e streghe che avrebbero governato con saggezza e potere. » L'uomo annuì, sorridendo tra sé e sé. « E tu cosa ne pensi, Percival? » Non era una domanda semplice, non per un dodicenne che tendeva a guardare alle cose con oggettività, ricercando sicurezza nei fatti concreti e rifiutando l'ambiguità. Ma la materia trattata era ambigua per sua natura. Da un lato c'era la storiografia canonica, quella che tendeva a far passare Grindelwald come un pazzo suprematista con deliri di onnipotenza. Dall'altro, però, c'era l'importante nozione appresa che la storia fosse scritta dai vincitori. E dunque dove stava il giusto? Negli storiografi autorevoli? Negli approfondimenti tratti dalla biblioteca di suo padre? Oppure da qualche parte nel mezzo? Forse lì, in quella zona grigia. Ma la verità era che Percy, per affrontare le zone grigie, aveva bisogno di più tempo: semplicemente non era pronto. E a quell'età - così come lo sarebbe stato per altri anni ancora - ai suoi occhi era tutto bianco o tutto nero quando si trattava di dare un'opinione personale. « Beh.. » « Non si comincia un discorso con beh. Non sei una pecora. » lo corresse velocemente il padre prima di lasciarlo continuare. « Io credo che avesse ragione. » disse quindi, sollevando il mento ad ostentare una sicurezza maggiore rispetto a quella che effettivamente aveva. D'altronde era un altro insegnamento appreso: mai mostrarsi incerti, in nessuna circostanza, tranne quando bisogna negoziare per ottenere un prezzo più basso. « È ingiusto che i maghi debbano vivere nascosti - ghettizzati da chi è loro inferiore. Dovrebbero essere i babbani, a fare i conti con la nostra società, non il contrario. Far passare lo Statuto come un contratto sociale è quanto mai assurdo, nel momento in cui una parte della popolazione beneficia di libertà maggiori rispetto ad un'altra. E dunque, di per sé, gli atti di Grindelwald non possono essere considerati come crimini, ma piuttosto come ribellione legittimata dal diritto di resistenza ad un potere politico illegittimo. Un diritto già teorizzato nella dottrina politica di San Tommaso. » Parole innaturali, quando pronunciate dalle labbra di un dodicenne. Ma se si considera che quel dodicenne non faceva altro nel proprio tempo libero se non studiare dottrine politiche e imparare l'arte dell'oratoria, c'era ben poco da stupirsi. Anzi, tutto ciò che stava al di sotto di quel discorso sarebbe stato bollato dal padre come banale e indice di una necessità di maggiore approfondimento. Non a caso, l'uomo parve solo moderatamente compiaciuto, stendendo un piccolo sorriso contenuto in direzione del ragazzino e annuendo appena. « Un'esposizione coerente. Per oggi credo sia tutto, Percival. Troverai altri libri sulla tua scrivania. Sono curioso di discuterne con te domani pomeriggio. » E così, con un mutuale cenno del capo, i due si divisero - l'uomo rimanendo alla propria poltrona e il giovane imboccando la strada che lo avrebbe portato alla propria stanza.

    La verità sta nel mezzo. Ci era voluto tempo per arrivarci, ma alla fine quell'opinione si era consolidata anche nella mente di Percy, per sua natura resistente al compromesso. Che Grindelwald non avesse tutti i torti, il giovane Watson lo credeva ancora, ma credeva anche che idee di quello stampo dovessero essere portate avanti con a monte un apparato politico completamente differente. Chi decideva quali maghi e quali streghe fossero saggi e potenti? Perché la maggioranza più debole doveva essere completamente esclusa dalla rappresentazione e dalle istituzioni? No, in quella maniera non avrebbe mai funzionato. Se lo Statuto doveva essere annullato, ciò doveva avvenire in favore di un contratto sociale che definisse con chiarezza quali libertà venivano cedute e quali sicurezze venivano garantite..da entrambe le parti. Ma il fulcro di quell'esercizio non era quello di teorizzare un sistema politico più giusto e inclusivo; loro dovevano difendere un'idea e l'uomo che l'aveva portata avanti, prendendosi tanto i punti di forza quanto quelli più discutibili. E per fare quello, avrebbero dovuto mettere in gioco le loro qualità migliori, oltre a una buona dose di studio e spirito di squadra. « Greta, certo! Parlava un sacco e piaceva tanto a mamma. Era davvero carina, peccato che... non piacesse più tanto a te, da un certo punto in poi. » Una breve distrazione, quella che aveva portato Percy su quella scia di pensieri innescati da Francis. Una che, però, non si poteva permettere. O forse sì. In fin dei conti aveva di fronte sua sorella, non una completa estranea. Un tirato sorriso ironico spuntò sulle labbra del ragazzo alla menzione della madre. « A mamma tendono a piacere le persone che hanno un reddito superiore ai quattrocentocinquantamila galeoni annui. » disse, scoccandole un'occhiata eloquente prima di concedersi una piccola risata a bassa voce. Una donna di poche pretese. Tollera Tris solo perché è a capo di uno Stato, e sente comunque questa cosa come un indice delle proprie larghe vedute. « Desideri passeggeri di mamma a parte, non credo che tra me e Greta ci sarebbe mai potuto essere più di quanto c'è stato. Non l'ho mai considerata una mia pari. »
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    Terribilmente onesto come lo strappo di un cerotto. Percy non si faceva troppi problemi a condividere la propria considerazione delle persone, e Greta, per quanto fosse una ragazza intelligente e arguta, non aveva quel qualcosa in più che agli occhi del ragazzo la rendeva davvero una valida compagna di vita. Non che mi sia mai stato insegnato a scegliere una donna su queste basi, chiaramente. D'altronde era stato indottrinato fin da subito all'importanza di trovare moglie e a quale tipologia dovesse puntare: tra i punti in lista, la parità non c'era - quel valore era esclusivamente suo. Scrollò le spalle. « E poi era troppo chiacchierona. » « Anch'io credo di essere riservata come te. Ultimamente più del solito, dato che ne sono successe un po'. » Sollevò un sopracciglio, come a interrogarla mutamente su cosa fosse accaduto di recente. « Per questo ci sono cose che non ho mai raccontato a nessuno. Solo a Jaime, in sonno, qualche volta. » Nel non ricevere risposta, optò per la domanda diretta, tastando il terreno riguardo le cose a cui sua sorella potesse riferirsi. Conoscendola, era probabile che si trattasse di scuola: Alice era sempre stata piuttosto per le sue, e raramente erano giunte alle sue orecchie notizie riguardo affari di cuore. « Dal punto di vista del rendimento, abbastanza bene, credo? C'è sempre l'asticella Percy Watson da superare per quanto riguarda gli insegnanti che avevi anche tu, ma mi ci sto impegnando. » Sorrise, gentile, inclinando il capo di lato e muovendo la mano in aria in un cenno elegante. « Sono sicuro che l'asticella sia ormai più Watson che Percy Watson. Non ho dubbi sul fatto che tu vada a sollevarla continuamente. » D'altronde Alice, in termini scolastici, era sempre stata una stacanovista come lui: si impegnavano a fondo in tutto quanto, mettendoci anima e corpo ed esigendo il massimo da se stessi per ottenere il massimo. Di quella qualità condivisa, l'ex Serpeverde andava molto fiero, forse perché con la gemella non aveva avuto modo di connettersi da questo punto di vista a lui particolarmente caro. « Al rave ho promesso ad una ragazza di Serpeverde che la mia casata vincerà la coppa delle case quest'anno, ed io intendo provare a rispettarla fino in fondo. Scusa. » Inclinò il capo con un sorriso, come a farle capire che le avrebbe passato quell'affermazione. « Sono disposto a tollerare gli sfottò di Tris se sarai tu a portare Grifondoro alla vittoria. Tutto è bene quel che finisce Watson, no? » gettò lì, lanciandole uno sguardo ironico nello storpiare quel detto a modo proprio. E in fin dei conti era vero: sarebbe sempre stato fiero dei successi della sorella. Senza contare il fatto che lui, i propri, ce li aveva già avuti in quel campo ed era tempo di passare il testimone anche a dispetto dell'orgoglio di casata. « Senza contare che sto iniziando il mio sesto anno e non ho la minima idea di cosa fare dop- » Sollevò un sopracciglio, interdetto da quell'interruzione improvvisa nel suo discorso. « Ci sono! Perché Albus Silente in persona avrebbe dovuto ascoltarlo, dargli spago... diventare addirittura un suo amico stretto? » Aggrottò la fronte, accarezzandosi il mento con una mano in quel suo tipico fare pensieroso, concentrato al massimo su ciò che Alice stava suggerendo. « Oltre ai pettegolezzi - che abbiamo detto che non ci piacciono - avevo letto, da qualche parte, non ricordo dove, che il loro intento iniziale era quello di rovesciare la classe governativa dell'epoca. Se sei un giovane studente brillante e la società in cui vivi non funziona e non ti fa sentire apprezzato al cento per cento... forse questo sì, potrebbe anche giustificare una viscerale voglia di rivalsa o insomma che voglia essere proprio tu, a provare a controllare questa realtà marcia fino al midollo. » Gli occhi di Percy si illuminarono, spinti dalle considerazioni che quell'input aveva fatto scattare come un domino nella sua mente. Prese subito un foglio di pergamena, intingendo la piuma nel calamaio per buttare giù quelle idee che Alice aveva messo in campo. « Ma certo! Se contiamo che Albus Silente sarà quasi sicuramente la principale linea di difesa dell'altro gruppo, metterlo in campo potrebbe tornarci utile. Saranno proprio loro a fornircelo su un piatto d'argento, esaltandone le virtù morali e dipingendolo come un eroe. E a quel punto noi riprenderemo il loro discorso, sottolineando come sia stato non solo il primo sostenitore di Grindelwald, ma anche una delle menti che più ha contribuito alla nascita di quelle idee. » Silente non è meno responsabile di quanto non lo sia Grindelwald. Un sorrisino soddisfatto andò a stendersi sulle labbra di Percy mentre buttava giù velocemente tutte quelle idee nella sua tipica calligrafia elegante. Nonostante la difficoltà della materia e la consapevolezza del valore dei suoi avversarsi, il giovane Watson sentiva di poter vincere quella sfida - specialmente se al fianco aveva una mente brillante come quella di sua sorella. « L'unica vera differenza, è che Silente si è fermato tra il dire e il fare. » snocciolò, rivolgendo ad Alice uno sguardo eloquente « A parole sono tutti bravi, no? Tutti quanti possono teorizzare ribellioni e sistemi politici, lamentandosi di quanto sia ingiusta la vita. Ma per cambiare le cose ci vogliono le rivoluzioni, e le rivoluzioni portano con sé anche delle conseguenze spiacevoli. » E questo, nessuno lo sa meglio di me. Sentiva la vittoria a un passo da sé: gli bastava allungare una mano, per afferrarla. « E qui..io direi di procedere sul terreno del ricatto morale. » disse, stirando un piccolo sorriso compiaciuto. « Ci giochiamo la carta della Ribellione di Byron Cooper. È fresca, tutti l'hanno vissuta, tutti possono empatizzare e nessuno avrebbe il coraggio di azzardarsi a dargli contro in seguito alla Restaurazione. » Si strinse nelle spalle. « Cosa ne pensi? »



    Edited by psychomachia - 17/12/2020, 20:57
     
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2 replies since 1/11/2020, 03:51   143 views
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