Changing tides

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    There's no doubt the beauty that we see,
    following the path, so much older than we,
    lovers built it with their hands, walked it with their feet
    above the raging waters and the darkness underneath.


    La versione che Ella difenderebbe fino alla morte, riguardo a quel pomeriggio stranamente soleggiato di settembre, è che vuole solo dare una mano. Non che le sia stato chiesto in modo esplicito, eppure per sopravvivere con suo fratello ha imparato a leggere tra le righe dei suoi borbottii, e le sembra la cosa giusta.
    Ha contattato Olympia grazie al messaggio che la ragazza ha lasciato in bacheca, il telefono che le tremava tra le mani, e si sono date appuntamento per le ripetizioni il sabato successivo. Di ripetizioni, Ella non avrebbe realmente bisogno — soprattutto per quanto riguarda le materie prese in esame dalla facoltà di Olympia —, ma, in fondo, si è detta che un ripasso non avrebbe guastato.
    È partita in anticipo rispetto alla tabella di marcia — come sempre, quando riguarda questioni importanti — con la testa fluttuante in uno strano torpore. Non è riuscita a tranquillizzarsi più di tanto nemmeno dopo aver incontrato la senior, ma si è comportata in maniera cordiale come suo solito — Ella, solo Ella, si è presentata, e, complice l’ansia che le attanaglia ancora lo stomaco, si è tuffata nel ripasso senza troppi convenevoli.
    La timidezza, per una volta, le è tornata d’aiuto nel fingere di non sapere le risposte, o quantomeno non saperle immediatamente, ma per ogni silenzio, Ella se l’è scritte in mente, uno sguardo più consapevole di quanto volesse intendere.
    Il sole è pallido, sopra alle loro teste, illumina i capelli di Olympia di una sfumatura aranciata che si sposa con l’autunno ormai alle porte — è bellissima, e ad Ella dispiace mentire, sia a lei che a suo fratello, a cui ha solamente accennato l’idea di chiedere aiuto ad una tutor nella sua ultima lettera.
    Le dispiace, ma è per un bene superiore, o così l’ha concepito — un segno che, nonostante tutto, se l’estate le ha fatto bene, il rientro al castello e l’ingranare una routine non più così solitaria le hanno fatto ancora meglio.
    Raggiunge il tavolo che ha occupato con Olympia, accennando ad un sorriso gentile mentre le posa di fronte il bicchiere caldo — hanno approfittato del bel tempo per restare al parco e fare una meritata pausa, ed Ella si è offerta di correre a prendere qualcosa da bere, come la cioccolata calda per sé che posa accanto ai libri.
    La prende tra le mani, scaldandosele al contatto con la carta — nonostante il sole, Ella è sempre fredda, per qualche bizzarra ragione. Soffia sulla superficie del bicchiere per raffreddare la cioccolata, così da prendere un primo breve sorso; passa poi a giochicchiare con la piuma, passandosela tra l’indice ed il medio della mano sinistra, l’attenzione altrove, verso le nuvole rade che mascherano la luce.
    «Fa fresco ma non dà fastidio», commenta, un mormorio tuttavia udibile nel silenzio che le circonda. Non sa cosa dire, Ella — ha provato a stilare e preparare un discorso, ma non ci è riuscita. Sa solo che vorrebbe fare qualcosa per Rudy, qualcosa che ribalti le carte in tavola e riesca a renderlo felice. È stato suo fratello per troppo — l’ha protetta e portata al sicuro, non importa quanto tempo ci è voluto —, è ora di ricambiare il favore.
    Ed è seduta in maniera composta — le gambe quasi accavallate, i polsi posati sulla superficie in legno del tavolo, accanto al bicchiere —, Ella, senza esattamente sapere cosa dire. Cosa ha senso e cosa no.
    «Comunque… complimenti per la candidatura», soffia, e questo può essere un buon inizio, potrebbe perfino sciogliere il nodo alla gola, «E… grazie dell’aiuto, sei davvero una brava insegnante», accenna, poi, posando la piuma sulla pergamena.
    È agitata, lo si può dire a prima vista — tuttavia non saprebbe dire se si tratti di ansia o di felicità, o perfino un miscuglio delle due. Si legge tutto negli occhi, alla giovane Black, e forse avrebbe dovuto studiare meglio la situazione, organizzare le idee prima dell’incontro con Olympia. E forse Rudy non sarà contento della sua improvvisa presa di posizione, e forse questo, e forse quello…
    Ma è giusto — in qualche modo lo sente, lo sa, e spera di trovare il coraggio di dire ad Olympia chi è veramente, di raccontarle come ha visto suo fratello in questi mesi, di spiegarle la magica intuizione che abbia a che fare con lei.

     
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    Il venticello fresco di quel pomeriggio di Settembre le scompiglia debolmente i capelli, lasciandoli liberi di danzare su note invisibili intorno al suo viso, mentre si appunta qualche pensiero passeggero a lato del foglio che ha sotto gli occhi verdastri. Scarabocchia la forma della Verbena, pianta che hanno preso in esame con Ella poco prima di decidere, di comune accordo, di prendersi una piccola pausa, con la bionda che è saltata sul posto, decisa ad andare a recuperare per loro qualcosa da bere da Starbucks. Si apre un sorriso nel pensare alla buona volontà che sembra animare quella ragazza dai lunghi capelli biondi e gli occhi grandi pieni di tante cose, che non ha un viso famigliare, come se non l'avesse davvero mai intravista prima di incontrarsi per quell'appuntamento al buio per studiare. E' comunque piena di idee, tenace tanto da non abbattersi nel non sapere la risposta ad alcune delle domande che le ha posto Olympia in quelle due orette di ripassone generale per capire da che punto cominciare per quel lavoro extra che la biondina ha deciso di intraprendere pur essendo ancora soltanto al sesto. Di certo ha un'incredibile senso del dovere, talmente ligia allo studio di aver anticipato i tempi, forse per paura di arrivare poi in ritardo sulla tabella di marcia, sentendosi già qualche gradino più in basso, rispetto ai suoi coetanei, avendo frequentato Durmstrang, con il suo personale programmi di studi. Le piace proprio l'attitudine con cui la biondina si è presentata, con quella sua forza d'animo che l'ha subito fatta ben disposta all'apprendimento, senza trattenersi o creare dei muri tra di loro nel momento più fallibile. Magari tutti con questa voglia. Un pensiero, quello, che la fa sentire improvvisamente vecchia, fin troppo distante dai suoi anni scolastici ad Hogwarts. E' come se si accorgesse soltanto in quel momento, per la prima volta veramente, di quanto si sia essenzialmente distaccata da quel pezzo di mondo protetto e circoscritto, di quanto la sua vita sia cambiata, di quanto le mancano i semplici drammi nati tra i banchi di scuola, per cui doveva cercare di ingoiare il rospo quando non era lei la prima scelta, per cui aveva pianto, in gran segreto nei bagni dei Prefetti, dopo l'ennesima litigata con quell'unica amica che era riuscita a farsi, con tanto e duro lavoro per smussare i propri angoli spigolosi e pungenti. Ripensa a quei tempi con una certa punta di malinconia, riconoscendo in quella ragazzina una volontà prematura e acerba di crescere, di andare avanti, di diventare grande. Una volontà che, allo stato attuale, con i piccoli e grandi drammi che quegli ultimi tre anni le hanno regalato, sente di non volere più tanto. Perché è diventata grande, la giostra ha continuato a girare e lei si ritrova a desiderare soltanto di scendere, fermarsi a guardare per un po' il tutto senza sentire quella costante pressione che sente ormai da quasi due anni sulle spalle. "Dovresti prendere una decisione, dovresti fare questo, dovresti fare quello, dovresti darti una mossa". Quel condizionale che, a naso, viene usato sotto forma di consiglio per non sembrare un voler interferire con la sua vita privata che è decisamente caotica. Sta ancora fantasticando su quanto sia tutto un mezzo disastro, aggravato dalla recente scoperta del mistico che torna alla carica, quando Ella torna con quella che sembra essere una cioccolata calda per sé e un tè alla mela verde e cannella per lei. « Grazie mille! » Le dice con un sorriso calmo, lasciando andare la penna con la quale ha disegnato e scarabocchiato i fogli nell'attesa del suo ritorno. Le mani si allungano verso il proprio bicchiere di carta riciclata, gustandosi quel dolce torpore che le riscalda i polpastrelli. «Fa fresco ma non dà fastidio» Annuisce allora la rossa, portandosi il contenitore alle labbra dopo averle tolto il tappo protettivo. « E' davvero piacevole, sì! » Commenta
    sovrappensiero prima di bere un lungo sorso. « E' uno dei miei periodi preferiti dell'anno - oltre al Natale perché sono scontatissima. » Ridacchia di fronte a quel fatto puramente casuale che le ha appena confidato, essendo sicuramente l'inverno il suo elemento naturale nel quale, fin da bambina, ha sempre sguazzato allegramente. « La natura che si tinge d'arancione, gli odori di arancia e cannella, la temperatura ancora mite ma che ti costringe a tirare fuori qualche primo capo un po' più pesante. » Una dolce attesa, a suo avviso. « Sono un po' troppo romantica, lo so. » Arriccia allora il naso, in quell'espressione buffa che la coglie ogni qualvolta si ritrova a sentirsi in imbarazzo. Guarda allora oltre le spalle della biondina, cercando appiglio nella palla di un bambino che rotola sul prato, in attesa di essere recuperata. «Comunque… complimenti per la candidatura. E… grazie dell’aiuto, sei davvero una brava insegnante» La voce flebile della ragazza la riporta ad incontrare i suoi occhi chiari e si trova a sorriderle, genuinamente, inclinando la testa di lato per accogliere quegli auguri misti a complimenti. « Grazie? » Incerta risponde, con un risolino. « Sono contenta ti stia trovando bene e sono sinceramente convinta che non avrai troppi problemi a rimetterti in pari prima della fine di Dicembre. Sei messa meglio di quanto tu effettivamente creda. » E lo pensa davvero, lì dove ci sono delle piccole mancanze compensa di certo la sua volontà e la sua determinazione, spianandole di molto la strada. Si ritrova a tamburellare le dita contro il legno del tavolino, leggermente rovinato in qualche punto, tanto da costringerla a passarvi sopra il polpastrello dell'indice, saggiandone l'irregolarità. Gli occhi verdognoli che di tanto in tanto lanciano discrete occhiate alla ragazza, cogliendo dei segni di pura agitazione sul suo volto. Che succede? Si domanda, leggermente preoccupata all'idea di averla messa in soggezione o a disagio in qualche modo. Okay, devo trovare qualcosa da dire, non si può mica continuare con questo silenzio imbarazzante. Pensa, seppur sia una fervente sostenitrice del rispetto dei silenzi, in generale. Ma non in quel momento. « So che è presto, hai ancora due anni davanti, ma hai già qualche idea per il futuro? Un sogno del cassetto? » Le domanda allora, una domanda che può risultare forse banale ma dalla cui risposta è incuriosita. « Se vuoi un'opinione personalissima, credo tu sia portata per l'Erbologia, anche se hai una preparazione differente alle spalle, ma questo non significa assolutamente nulla, anzi. Ti dà quel valore aggiunto che potrebbe tornarti utile in futuro. » Continua per poi rimuginare sopra la sua frequentazione di Durmstrang. « Ho una curiosità, ma se credi che sia inopportuna dimmelo in assoluta sincerità. » Prende poi a dire, fissandola. « Come mai Durmstrang? Non sembri avere un accento straniero. » Alza le sopracciglia verso l'alto, tradendo l'interesse di fondo. « E' una scuola che mi ha sempre affascinato, seppur sembri così rigorosa dal di fuori. Com'è veramente? »



    Edited by anesthæsia¸ - 30/11/2020, 17:31
     
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    And this part was for her,
    and this part was for her,
    this part was for her.
    Does she remember?



    « Grazie mille! », sorride, Ella, le mani che giocano nervose con qualsiasi piccolissima distrazione che riescono ad afferrare. È molto attenta, Ella, forse più della marmaglia adolescenziale che, a volte, sembra spopolare ad Hogwarts — perché non essere attenti fa parte ormai di uno charme troppo costruito per poter essere abbandonato a se stesso. La Generazione zeta di cui si sente tanto parlare, ed Ella non potrebbe sentircisi più lontana e più vicina al tempo stesso. Un occhio di riguardo, infatti, va a posarsi sullo schermo del cellulare, con cui ormai ha imparato a destreggiarsi, prevalentemente grazie alle amiche.
    Ella menziona il tempo, e la conversazione si accoda di conseguenza, Olympia con un’aureola rossastra attorno. « E' uno dei miei periodi preferiti dell'anno - oltre al Natale perché sono scontatissima. », si unisce con un risolino, Ella, scuotendo appena il capo, «Ho festeggiato poche volte il Natale in famiglia, ma sono sempre stata innamorata dell’idea…», si lascia sfuggire, le labbra ancora schiuse per la confessione che è scivolata spontaneamente di rimando. « La natura che si tinge d'arancione, gli odori di arancia e cannella, la temperatura ancora mite ma che ti costringe a tirare fuori qualche primo capo un po' più pesante. », Olympia riprende, ed Ella riesce a vederla perfettamente. È come se potesse estrarre la sua macchina fotografica ed immortalare il momento, l’aria che sembra vibrare nervosa. Segue il vento che muove appena la montagna di capelli rossi che si ritrova di fronte, e se solo fosse più spigliata, se solo non le si bloccasse il respiro in gola riuscirebbe a dirle di come è vero, le sue parole sulla stagione catturano perfettamente quella giornata, e si riflettono in quell’immaginaria fotografia mentale. Di com’è bella, in mezzo a tutti quei colori, come solo dopo qualche ora potrebbe giurare di voler essere come lei. Ha una buona parola per tutti, Ella, da quando è bambina — complimenti che il suo cervello sviluppa senza sforzo ma che raramente le raggiungono le labbra, forse perché si sente sempre così fuori posto.
    « Sono un po' troppo romantica, lo so », scuote di nuovo la testa, Ella, aprendo più volte la bocca per articolare i pensieri prima di riuscirci, «No, davvero… non è per nulla scontato», commenta, quindi, rivolgendole un sorriso candido.
    Non è esattamente il complimento che avrebbe voluto farle, Ella, ma si accontenta delle congratulazioni che riesce a mettere assieme su due piedi — è molto più brava ad esprimersi su carta e penna, quando ha effettivamente tempo per pensare ad una risposta concreta. « Sono contenta ti stia trovando bene e sono sinceramente convinta che non avrai troppi problemi a rimetterti in pari prima della fine di Dicembre. Sei messa meglio di quanto tu effettivamente creda. », un «Grazie!», più deciso ma comunque imbarazzato, «Lo spero davvero», perché in fondo è vero, forse ce la potrebbe fare da sola, ma la compagnia di Olympia è piacevole e si potrebbe abituare a passare interi pomeriggi a studiare e parlare, o semplicemente respirare.
    Quando il silenzio si abbatte di nuovo sulla bolla, Ella non sa se esserne grata — perché eccolo, di nuovo, il pensiero lampante che non può chiedere ad Olympia di darle una chance mentendole. Non si può tirare indietro — ormai è seduta su quella panchina nel parco, la cioccolata tra le mani che sorseggia soffiando delicatamente sulla superficie. Ormai è qui e non può scappare, e fingere che l’elefante nella stanza non esista non la aiuterà a sistemare le cose. Solo il momento giusto, è tutto ciò che le serve. Ed un po’ di coraggio.
    Olympia spezza la quiete abbastanza in fretta, ma al momento giusto — le domanda del futuro, dei sogni che ha, ed Ella si sofferma sull’idea come temendo di aprire troppo la porta e di non poter più tornare indietro. Cosa sogna dal futuro non potrebbe ancora dirlo, ma le idee che propone la sua tutor non le sembrano così sbagliate. In fondo ha votato la sua intera esistenza ad essere altruista riguardo ad ogni dettaglio, e l’Erbologia le è sempre andata a genio. «Io-», comincia, incerta, interrompendosi con un risolino nervoso — scosta i capelli dietro alle orecchie, evita il contatto visivo per racimolare l’idea, «Mi piacerebbe molto», annuisce, «Amo- le piante, ma anche- prendermi cura delle cose», ed è sicuramente più facile che cercare di prendersi cura delle persone, a volte, ma questo non lo dice, «Erbologia e Cura delle creature magiche sono tra le mie materie preferite», confessa piano, quasi come se ne vergognasse, con quel suo modo di fare sfuggente.
    « Ho una curiosità, ma se credi che sia inopportuna dimmelo in assoluta sincerità. », ed annuisce, Ella, allacciando lo sguardo al suo dopo un lungo distacco — si fa più seria, smette di giocare, come sotto esame. « Come mai Durmstrang? Non sembri avere un accento straniero. E' una scuola che mi ha sempre affascinato, seppur sembri così rigorosa dal di fuori. Com'è veramente? ».
    E forse è proprio questo il momento giusto, le sinapsi del suo cervello lo prendono al volo. Ora deve solo dire qualcosa, parlare per riuscire a spiegarsi. Durmstrang è un ricordo vivido e presente, e forse è per questo che ha sempre freddo — arriccia le dita attorno alla stoffa del cardigan, Ella,
    cerca di prepararsi. «Durmstrang-», soffia, abbandonandosi ad un sorriso forse triste, un sospiro a seguire, «è una scuola molto valida, penso- tutto dipenda- da… dal carattere e dall’attitudine», si stringe nelle spalle, «È molto rigorosa, ma… si impara molto». Prende un sorso di cioccolata quasi come se se lo fosse meritato dopo un intervento così lungo, per poi prendere aria, «Ha visto il suo Rinascimento negli ultimi anni, ed ora… è una scuola di prestigio, ma… con un’aria molto più seriosa di Hogwarts». La odiavo, vorrebbe dire Ella, ma l’educazione ha la meglio, per cui stringe le labbra in una riga sottile prima di spiegare: «Mi trovo molto meglio ad Hogwarts, ma… ho comunque imparato parecchio… in maniera diversa», scivola via con lo sguardo, Ella, torna sugli appunti. «Mi- mi hanno iscritta i miei genitori, e… non ho mai saputo il perché, non sono mai riuscita a chiederglielo», confessa, quasi presa da una frenesia fastidiosa ma galvanica, a modo suo, «I miei fratelli hanno frequentato Hogwarts», chiarifica, con un filo di voce, «Le tradizioni dei Black sono spesso prive di senso», e c'è un sacco di rumore attorno a lei, le fronde degli alberi e gli uccellini ed un vociare lontano, «Io stavo- non stavo così bene, quindi... quasi due anni fa mio fratello Rudy- è venuto a prendermi», e così come la frenesia è venuta sparisce, prima di lasciarla con il freddo, ed Ella tace. Lo lascia entrare, quel freddo che la perseguita da anni e che non è mai riuscita a scrollarsi di dosso — si avvolge la lana attorno, Ella, per scaldarsi dallo sguardo che incontrerà quando riuscirà a sollevare gli occhi.

     
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    «Io- Mi piacerebbe molto. Amo- le piante, ma anche- prendermi cura delle cose. Erbologia e Cura delle creature magiche sono tra le mie materie preferite.» Annuisce, con un sorriso mesto a delinearle il volto. Ritrova nella descrizione di "prendersi cura delle cose" una seria e vincolante similarità alla propria indole, forse una delle ragioni più serie che l'ha spinta, oltre all'affinità con la natura, alla decisione di specializzarsi, un giorno, in Pozioni prettamente mediche, con l'idea di potersi prendere cura di qualcuno, in un modo o nell'altro. «Durmstrang- È molto rigorosa, ma… si impara molto. Ha visto il suo Rinascimento negli ultimi anni, ed ora… è una scuola di prestigio, ma… con un’aria molto più seriosa di Hogwarts.» La biondina parla e Olympia vaga con la mente, a dare forma a quel racconto, immaginandosi un castello austero, sferzato da venti gelidi d'inverno e aria afosa con l'avvicinarsi dell'estate europea. Aggiunge a quei particolari gli aneddoti di suo padre, nel raccontarle, prima di andare a letto, i giorni al castello durante il Torneo TreMaghi, l'amalgamarsi di culture differenti, di tipi diversi di fare scuola e impartire la disciplina, senza chiaramente tralasciare i dettagli su quanto fosse particolare il vestiario tipico di Durmstrang. Serioso, per l'appunto. Per un attimo vorrebbe avanzare ancora un po' di curiosità nel domandarle qualcosa circa le materie che solitamente non si studiano ad Hogwarts, ma decide di non interromperla, sicura che potrebbe turbarla in qualche modo. Già il fatto che parla senza più sembrare estremamente agitata e ansiosa è un grandioso passo avanti, perciò la lascia semplicemente seguire, andandole dietro con l'attenzione. «Ha visto il suo Rinascimento negli ultimi anni, ed ora… è una scuola di prestigio, ma… con un’aria molto più seriosa di Hogwarts. Mi trovo molto meglio ad Hogwarts, ma… ho comunque imparato parecchio… in maniera diversa. Mi- mi hanno iscritta i miei genitori, e… non ho mai saputo il perché, non sono mai riuscita a chiederglielo.» Cerca di non far trasparire la propria reazione nei lineamenti del viso mentre si ritrova a domandare in che tipo di famiglia deve trovarsi la ragazza. Non le è di certo sfuggito il particolare sui Natali mai davvero festeggiati in casa e ora questo. Potrebbe essere orfana. Lo ipotizza dandole lo spazio necessario a non sentirsi irrimediabilmente osservata e in soggezione. In fondo ha usato un tempo verbale al passato, che può richiamare un'impossibilità, di fatto, a poter chiedere loro qualsiasi cosa. Oppure ha altri problemi di cui comunque non mi impiccerò in alcun modo. Annota mentalmente, convinta sempre della filosofia che ognuno abbia una propria battaglia interiore con la quale fare i conti giornalmente e l'unica soluzione alla quale lei può ricorrere in quel caso è una soltanto: l'accortezza di non oltrepassare i confini. E così semplicemente la lascia parlare mentre prende qualche sorso dal bicchiere di Starbucks, avvertendo quasi la pressione e l'urgenza di Elladora di parlare. Come se ne avesse bisogno. Come se volesse essere ascoltata da qualcuno. «I miei fratelli hanno frequentato Hogwarts. Le tradizioni dei Black sono spesso prive di senso» Forse dovrebbe essere quello un campanello d'allarme. Forse il cognome che sciorina fuori la bionda dovrebbe avvertirla della cascata in cui, inconsapevolmente, si sta buttando senza alcuna possibilità di aggrapparsi a qualche roccia nelle vicinanze, per provare a salvarsi in qualche modo. Forse semplicemente non ci fa caso, troppo concentrata sul movimento sinuoso del tratto scuro della penna che stringe tra le dita affusolate, che percorre i lineamenti non ben identificati di un disegno che continua a percorrere il lato del foglio in lunghezza. «Io stavo- non stavo così bene, quindi... quasi due anni fa mio fratello Rudy- è venuto a prendermi», Non si accorge nemmeno di aver trattenuto improvvisamente il fiato, colta alla sprovvista da quel treno in corsa che l'ha presa in pieno. Alza gli occhi e li punta dubbiosamente in quelli di lei, sgranati, così come sono quelli di un animale impaurito che si ritrova di fronte un cacciatore con la bocca del suo fucile puntato contro. Ma ha bisogno di guardarla negli occhi, come se non potesse fare altrimenti, come se fossero ora due poli opposti che l'attraggono, perché ora i piccoli dettagli di cui ha cosparso il suo discorso sembrano ricomporsi, pian piano, costruendo un puzzle sempre più chiaro. Black - Rudy - l'agitazione evidente. Tu non avevi bisogno di parlare con qualcuno a caso, ma con me. Inconsciamente, si sente serrare la mandibola e i lineamenti del volto si induriscono. « Sai chi sono? » Le domanda, sentendosi stupida l'esatto istante successivo. « Ma certo che sai chi sono, mi hai contattato proprio per questo, non è così? » Una risata sarcastica lascia le sue labbra. E' difficile capire se vi sia più delusione o più frustrazione nelle sue parole, ciò che è
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    sicuramente certo è quel suo sentirsi irrimediabilmente ferita. Ancora una volta. Mi aveva detto che erano morti tutti, che era solo al mondo. Un'altra delle sue bugie. L'ennesima che le fa male, che si aggiunge alla lista e che la fa infuriare allo stesso tempo. Una sensazione, quella, che Olympia detesta provare, che la turba e che la infastidisce. Ed è evidente nel suo viso quanta sia la voglia di smaterializzarsi sul momento, abboccargli sotto casa e riempirlo di male parole, così come la sua rabbia, in quel momento, vorrebbe soltanto fare. Ma si costringe a prendere un gran respiro profondo, abbassando lo sguardo sulle proprie mani, accorgendosi soltanto in quel momento di averle strette, l'una contro l'altra, con foga, tanto da poterne scorgere i segni rossi sulla palle diafana. « Non prenderla a male, Elladora, ma non capisco il perché di tutta questa storia. » Prende a dire dopo un po', sicura di non poter fare tanto di meglio nel cercare di ripulire il proprio tono di voce. « Mi dispiace che tu sia stata male in passato e sono felice che tu stia bene, ora. » Aveva una cazzo di sorella in giro per il mondo e non mi ha detto mai niente, non una sola fottuta parola. Una sorella che oltretutto non stava bene, ovunque lei fosse. « Ma non so cosa ti aspettassi dal venire a parlare proprio con me. Soprattutto considerando che io non sapevo nemmeno della tua esistenza. Io come chiunque altro della mia famiglia. » La stessa sua famiglia, un tempo. Cerca di dare un'inflessione più calda a quelle ultime parole, consapevole che, forse, il sapere che suo fratello non avesse parlato di lei ad anima viva potesse ferirla. Ma in fondo è questa la verità. « Perciò ecco, ammetto di essere un po' a disagio in questo momento perché non so cosa vorresti che ti dicessi, ma non ho nulla di effettivo da dire. » Discorso contorto forse, ma essenzialmente l'unico in grado di formulare e rendere giustizia al meglio ai sentimenti che sente dentro di sé. Si stringe allora nelle spalle, decidendo di prendere un altro sorso di tè dal bicchiere per darsi tempo, per elaborare altro da dire, ma niente, non le viene assolutamente niente. Che dovrei dire? Non è con lei che devo parlare. Lei non c'entra niente, è l'ennesima vittima di un ciclone di bugie. Lo stesso in cui siamo finiti tutti negli ultimi anni. « Di certo però posso dirti una cosa. Ora perlomeno so perché mi ha lasciato, di punto in bianco, dato che da lui non ho mai avuto alcuna spiegazione. Non spettava a te, ma forse ti dovrei quasi ringraziare. » Un sorriso, amaro come il fiele, nasce e muore sulle labbra carnose. « Dopo quasi due anni è quasi un traguardo da festeggiare, immagino. »



    Edited by anesthæsia¸ - 30/11/2020, 17:31
     
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    Aspetta, Ella, e mentre aspetta il mondo sembra fermarsi, riavvolgersi su se stesso e fermarsi di nuovo. Quella che in realtà è una manciata di attimi sembra un’eternità, un momento di pausa in cui Ella vorrebbe rimangiarsi tutto. Ma non può — avrebbe potuto valutare meglio la situazione, ma non l’ha fatto. Qualsiasi reazione sarebbe plausibile, in fondo — ha infilato il naso dove effettivamente nessuno le ha chiesto, e non poteva portare a niente di buono. Però era stata bene, con lei, fino a quel momento. La sola idea di Olympia e suo fratello le sembra qualcosa di magico, racchiuso in una bolla che lei può solo immaginare. Forse è stato quello che l’ha spinta a cercarla, anche — voleva conoscerla e c’era una parte di lei che sperava di andarci d’accordo, ci ha pensato per tutta la traversata fino ad Hogsmeade. Sarebbe stato perfetto.
    Prima la guarda negli occhi, ed Ella riesce a sostenere il suo sguardo solo per pochi secondi — « Sai chi sono? », non riesce a guardarla, Ella, mentre il rammarico prende il sopravvento, « Ma certo che sai chi sono, mi hai contattato proprio per questo, non è così? », il sarcasmo se lo merita, in fondo, non fa così male. Sposta gli occhi su di lei, quindi, per provare a parlare, a spiegare, a dire qualsiasi cosa… «Io-», ma non ce la fa. Si umetta le labbra, beve un sorso di cioccolata, perché forse sono solo incastrate.
    Sposta gli occhi sulle mani di Olympia, strette le une contro le altre, e probabilmente è troppo arrabbiata perfino per accorgersene. Ho fatto un disastro, quella è una consapevolezza che le sale dallo stomaco in maniera definitiva.
    Non sa che cosa si aspetta, Ella, non sa di che cosa esattamente ha paura, se è l’averla ferita o l’averla fatta arrabbiare — forse un miscuglio di entrambe, ma si ritrova senza voce.
    « Non prenderla a male, Elladora, ma non capisco il perché di tutta questa storia. Mi dispiace che tu sia stata male in passato e sono felice che tu stia bene, ora. Ma non so cosa ti aspettassi dal venire a parlare proprio con me. Soprattutto considerando che io non sapevo nemmeno della tua esistenza. Io come chiunque altro della mia famiglia. », è sul finale che si concentra, Ella, all’inizio. Non sapevo nemmeno della tua esistenza, le dice, e perfino i rumori attorno si ammutoliscono. Non perde tempo a cercare di nascondere quanto quell’affermazione la ferisca, ma cerca di concentrarsi. Non le piace ricordare gli anni in cui, probabilmente, nessuno sapeva della sua esistenza. Il perché non lo saprà mai, l’ha detto prima ad Olympia — perché l’abbiano mandata a Durmstrang, se sia stato un volerla nascondere o proteggere, perché lei. Non riuscirà mai a chiederlo ai suoi genitori, e nemmeno Rudy saprebbe rispondere. Nemmeno Olympia, ed è inutile che in qualche modo ricerchi approvazione ed affetto dopo averla conosciuta da poche ore. È patetico.
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    «Io volevo- mi dispiace, volevo-», pigola, ma non riesce a finire la frase, non quando ogni suono che le esce dalle labbra potrebbe portarla sull’orlo delle lacrime. È fatta così, in fondo — forse l’hanno nascosta per quello, perché è troppo debole. Che in qualche modo era un problema, quello l’ha sempre saputo.
    « Perciò ecco, ammetto di essere un po' a disagio in questo momento perché non so cosa vorresti che ti dicessi, ma non ho nulla di effettivo da dire. », conclude Olympia, forse per spronarla a dire qualcosa. « Di certo però posso dirti una cosa. Ora perlomeno so perché mi ha lasciato, di punto in bianco, dato che da lui non ho mai avuto alcuna spiegazione. Non spettava a te, ma forse ti dovrei quasi ringraziare. Dopo quasi due anni è quasi un traguardo da festeggiare, immagino ».
    È questo che le serve per riuscire a parlare, forse — quel piccolo sorriso, seppure triste, che le rivolge nel ringraziarla. Un sorriso che le suggerisce che la parte peggiore è passata, che non urlerà, che non è così arrabbiata con lei. «Non sapevo che…», incomincia, leggera ma senza balbettare, «Non sapevo che non ti avesse detto nulla», sospira, accavalla le gambe sotto al tavolo, posa una mano in grembo per torturarsi una pellicina con l’unghia. «Non- ti volevo conoscere», ammette, anche se sia difficile capire il perché, «Non ho- cattive intenzioni, volevo solo… parlarti», alza le spalle, si scosta i capelli dietro alle orecchie. «Non ha esattamente mentito», alza un angolo di un sorriso quasi timidamente, «Quando nostro padre l’ha cacciato di casa io… sono tornata a Durmstrang, e non l’ho più visto», mormora, «O sentito in alcun modo», un’altra pausa, «Un po’ era come se non esistessi», commenta, atona. «Dopo il suo funerale mi hanno mandata in affido da- in una famiglia, e… così l’ho cercato», lo ripete di nuovo, cerca di dare più sostanza, di spiegare come siano andate le cose — rilassa le spalle, abbassa lo sguardo. «Non sapevo che vita avesse, non sapevo… di te, o della tua famiglia… non so quasi nulla, in realtà, ma-», ammette, stirando le labbra, «Ho visto le vostre fotografie, però», aggiunge. Cerca di guardarla, quindi, di sostenere la conversazione senza fermarsi. «Volevo solo- non lo so…», sbuffa appena, quasi spazientita con se stessa. «Voglio molto bene a mio fratello, anche se ci siamo ritrovati due anni fa… mi sta… crescendo», lo dice piano, come se avesse paura di confessarlo, come se avesse paura che se ne possa andare. «Le cose vanno… bene, ma- è solo che- so che gli manchi», arriccia il naso, respira, «Volevo solo dirtelo».


     
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    «Non sapevo che…Non sapevo che non ti avesse detto nulla» Si vorrebbe rimangiare quanto le ha appena detto vedendo la risposta che si muove sul volto innocente e limpido di lei. Sente di aver usato ben poco tatto, mentre si tortura il labbro inferiore con i denti, ma le parole sono uscite fin troppo in fretta dalla sua bocca, sull'onda di un impeto che tuttora l'agita dall'interno, tanto da costringerla a guardare altrove per non continuare ad avere davanti gli occhi lo sguardo mortificato di una sorella che ha appena scoperto di non essere mai stata nominata tra i discorsi di suo fratello. Si domanda in quel momento se Dory sappia qualcosa, se zia Hermione o zio Ron siano a conoscenza di quel piccolo particolare della vita di Rudy, ma la risposta le appare piuttosto chiara fin dall'inizio. Nessuno lo conosce meglio di me. E' probabile che sappiano addirittura meno di me. Pensa con una punta di quella convinzione che l'ha sempre contraddistinta quando si parlava del suo rapporto con Rudy. Un rapporto che ha sempre ritenuto speciale, dove l'uno era diventato l'ancora dell'altra e l'altra era diventata la casa dell'altro con un'assoluta naturalezza. Ma ora non è più tanto sicura di questo. Se fino a quel momento ha creduto che, tralasciando l'epilogo pieno di punti di domanda e incomprensioni, perlomeno tra di loro, lui non avesse omesso nessuna parte di sé, dando tutto se stesso, ora si sente un profondo sentimento di sconforto assalirla da dentro. Si sente tradita come mai avrebbe creduto di poter fare per mano di Rudy. « Mi dispiace.. » Non sa nemmeno che dirle, con le mani che si torturano sopra il tavolino di legno, incapaci di stare ferme ma allo stesso tempo incapace di dare alla bionda di fronte a sé qualcosa di meglio. Mi dispiace, poi per cosa? Perché non ne sapevo niente di questa storia? « Avrei dovuto usare più tatto, davvero, ma mi hai preso decisamente alla sprovvista. » Accenna un sorriso, imbarazzato mentre rialza lo sguardo smeraldino in quello di lei. Me ne sarei dovuta accorgere? Si chiede nell'osservarne i tratti talmente delicati e chiari da risultarle così dannatamente lontani da quelli di Rudy. Eppure ci deve essere qualcosa, qualcosa che mi è sfuggito. Inclina appena il volto di lato, alla ricerca anche soltanto di un minimo particolare che possa smentirla. Che le sbatta in piena faccia il fatto che in fondo se ne sarebbe dovuta accorgere perché le risposte erano lì, sotto il suo naso. E tu come hai fatto a non vedere la somiglianza? Forse..forse quel neo lì, sì, in effetti..E continua a fissarsi su ogni particolare mentre Ella riprende a parlare, timidamente. «Non ha esattamente mentito. Quando nostro padre l’ha cacciato di casa io… sono tornata a Durmstrang, e non l’ho più visto. O sentito in alcun modo. Un po’ era come se non esistessi.» Si blocca all'istante, la rossa, con lo sguardo vispo che torno a quello azzurrognolo di lei. « Ti prego, no. » La voce è tornata incredibilmente ferma, seppur vi sia ancora una sfumatura dolce a colorarne il tono. « Non cercare di trovare giustificazioni a certi suoi comportamenti. » Non offendere così la mia intelligenza e il ricordo di noi che sto cercando di tenere in piedi. Sospira, un sospiro che è pesante, carico di ansia e tristezza, con lo sguardo che si perde nuovamente nel vuoto oltre le sue spalle, ad inseguire chissà quale altro pensiero scomodo. «Ho visto le vostre fotografie, però Volevo solo- non lo so…Voglio molto bene a mio fratello, anche se ci siamo ritrovati due anni fa… mi sta… crescendo» Sente distintamente quel pizzicore rabbioso agli occhi, sente ogni piccolo ago minacciarla, man mano che la bionda le rivolge una parola in più. Una fitta dopo l'altra, una domanda dopo l'altra che affiora nella sua mente. Perché in quest'equazione io non ho potuto esserci? Potevamo aiutarla insieme. Perché non me l'hai permesso? Domande che dovrebbero essere rivolte a lui e a lui soltanto, tenta disperatamente di ricordarselo nonostante le faccia male tutto e senta una forte nausea all'altezza della bocca dello stomaco. Non c'entra niente lei. Deglutisce ancora una volta. «Le cose vanno… bene, ma- è solo che- so che gli manchi. Volevo solo dirtelo.» Sbatte forte gli occhi, con le mani che si irrigidiscono nell'urtare il legno sotto di esse. « Basta! » Scuote la testa, rattristata, alla disperata ricerca di un po' di autocontrollo. Non c'entra niente lei. Se lo ripete di nuovo, ma quelle parole, cielo, quelle
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    dannate parole. « Non puoi, tu.. » Olympia, controllati! E' solo un'innocente che vuole bene a suo fratello. « Non puoi venire qui e pensare di poter - cosa? - aggiustare le cose dicendomi che hai visto le nostre foto. Le conosco bene quelle foto, ci ho pianto sopra per dei mesi. Interi. Mesi in cui non sapevo nulla di dove fosse finito. Non sapevo nemmeno se fosse vivo o morto. Però eravamo belli nelle foto, o sì, lo eravamo. » Storce il naso, triste nel ritrovarsi ancora così vulnerabile quando gli occhi le si gonfiano di lacrime. Le vorrebbe ricacciare indietro, mordendosi il labbro inferiore ma poi no, al diavolo, perché devo reprimere ancora una volta tutto quanto? Perché dovrei? « Quando una persona ti manca e la rivuoi indietro, fai di tutto. Una barca non può andare avanti con una sola persona che rema. E lui ha avuto due anni per fare qualcosa e dirmi la verità eppure la scopro da te. » Una gentile concessione divina, sembrerebbe. Tira su con il naso, mentre valuta di raccogliere le sue cose e andarsene seduta stante. « Posso capire le tue nobili intenzioni, la tua curiosità nello scoprire chi io fossi, ma ti prego di capire anche me. » Un paio di lacrime alla fine scappano al suo controllo e le asciuga con il polsino della camicetta e una stretta di labbra, ora dal lieve sapore salato. « Ti chiedo scusa! Non pensavo nemmeno di essere ancora così profondamente ferita, eppure.. » L'eco di una risata in gola che muore all'istante. « Mi sarebbe sinceramente piaciuto conoscerti in circostanze diverse, veramente, in un periodo differente e se accetti un consiglio: non attaccarti all'idea che ti sei fatta di un qualcosa perché potrebbe rivelarsi discordante dall'effettiva realtà. » Troppo realistica? Forse, ma ne ha bisogno in questo caso. L'angolo destro della bocca si alza appena nel fissarla, con gli occhi che poi si abbassano al proprio orologio. « Ti dispiace se oggi finiamo qua? Mi è venuto un leggero mal di testa. » Torna a fissarla. « Però hai il mio numero e se vuoi continuare veramente con il piano concordato, io continuo ad esserci. » Alla fine si sente di dire, conscia del fatto che continuarla a vedere può non essere una buona idea, sotto più punti di vista, ma una parte di sé ha bisogno di farlo.
     
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