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    Questa discussione rientra nel progetto quotidianità


     
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    « Allora..vediamo.. » Le parole sono quasi sussurrate, mentre la rossa si sporge in avanti per essere sentita dalla mora che ha ormai di fronte da più di un'ora buona. Si sta rivelando una prima lezione decisamente divertente, di certo una delle più stimolanti in quanto Veronica è davvero un asso in Pozioni, questo Olympia l'ha largamente appurato dopo i primi venti minuti di chiacchierata veloce per capire a che punto era e da che punto partire per l'approfondimento di varie preparazioni, anche grazie alle dispense che è riuscita a recuperare dallo stanzino adibito a soffitta del suo appartamento, esattamente lì dove pensava di averle messe, grazie alla sua particolare inclinazione alla ricerca dell'ordine quasi maniacale, tendente ad un vero e proprio OCD, a conti fatti. Gli occhi della rossa scivolano lungo il corridoio alle spalle di Veronica, immerse come sono tra due scaffali enormi su cui sono catalogati libri su libri, poggiate su un tavolo apparecchiato in altrettanto modo, tra tomi, pergamene, quaderni vari e le tazze che si è portata direttamente dietro da Starbucks per avere entrambe qualcosa da bere. Le dita tamburellano appena contro la copertina di Pozioni Avanzate, rigorosamente stampato su carta riciclabile, mentre pensa alla prossima domanda da rivolgere alla mora in quel loro quiz improvvisato, botta, risposta ed eventuali quesiti specifici della mora, per immergersi ancora di più nella conoscenza di alcune delle Pozioni che maggiormente tornano negli anni durante i test del M.A.G.O. « E' una pozione il cui effetto si ha già con il contatto visivo del suo vortice nel calderone, cosa che non capita spesso, come sai, ma quel bianco brillante striato di nero riesce perfettamente nel suo intento. » Inarca un sopracciglio ramato, arricciando le labbra nell'attesa di scorgere nello sguardo della ragazza un qualche movimento muscolare che possa tradire il suo aver capito già la risposta. « Ha varie trance e al professor Wingrave piace chiamarla "Il canto della sirena". » Sorride nel ripensare a quanto fosse estasiato il professore di Pozioni di Hogwarts nel poter finalmente parlare, alla classe di cui faceva parte lei stessa, di una delle sue pozioni preferite di sempre, a detta sua. Prende un sorso di tè, riabbassando il bicchierone di carta sul tavolo, subito dopo. « In effetti dice di aver sempre pensato di richiedere alla Straordinaria Società dei Pozionanti di inserirla come definizione ufficiale nelle ristampe del libro didattico, mi domando perché ancora non l'abbia fatto. »

     
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    Si era trovata subito bene con Olympia. Non era semplice trovare qualcuno che condividesse con lei una genuina passione per l'arte pozionistica, e spesso Veronica si era sentita in dovere di tenersi a freno dal parlarne con i propri amici, quasi fosse un handicap più che una dote. Con la rossa di casa Potter, però, non era così, e già dalle prime battute le era sembrato di trovarsi con uno spirito affine al proprio. « Allora..vediamo.. » Incrociò le braccia sul tavolo, sollevando il mento con un sorriso come ad accogliere implicitamente qualunque sfida stesse per arrivare in sua direzione. « E' una pozione il cui effetto si ha già con il contatto visivo del suo vortice nel calderone, cosa che non capita spesso, come sai, ma quel bianco brillante striato di nero riesce perfettamente nel suo intento. Ha varie trance e al professor Wingrave piace chiamarla "Il canto della sirena". » Sollevò le sopracciglia, annuendo appena, con una smorfia di apprezzamento sul volto. « Sicuramente migliore del nome che gli è stato dato. » Fece una pausa, sorridendo e inclinando il capo di lato. « "Pozione Ipnotizzante" è decisamente basic per i miei gusti. Avrei preferito anche una cosa kitsch tipo - chessò - "Ipnopozione Zebrata". » Ridacchiò, portandosi il bicchiere di Starbucks alle labbra mentre le lanciava uno sguardo come a chiederle conferma di averci preso. « In effetti dice di aver sempre pensato di richiedere alla Straordinaria Società dei Pozionanti di inserirla come definizione ufficiale nelle ristampe del libro didattico, mi domando perché ancora non l'abbia fatto. » Si diede il tempo di buttar giù il sorso di caffè, scrollando appena le spalle. « L'SSP è sempre stata un sacco conservatrice. Quei vecchi parrucconi non cambierebbero nemmeno una virgola nei manuali - non c'è da stupirsi se molti ragazzi, oggi, la reputino una disciplina ostica: ho trovato più volte degli imperciocché e dei veruno nei testi. » Buongiorno duemilaventi! Praticamente quei manuali devono essere tradotti prima di essere studiati. Si schiarì la voce, tamburellando le dita sul legno del tavolo con aria leggermente titubante. « Che poi stavo pensando..se si togliessero le bacche di Pianta Genio, in teoria si eliminerebbe la possibilità di dare comandi durante la trance. Cioè..la mente non sarebbe vigile, no? » Non che io abbia provato a modificare la pozione..ancora. « Intendo dire che sarebbe a tutti gli effetti una pozione stupefacente. » In realtà l'idea le frullava nella mente da quando avevano affrontato l'argomento a lezione. Una pozione psicotropa che agiva al contatto visivo portava certi benefici: senza l'ingestione, le probabilità di intossicazione si diminuivano drasticamente. Tuttavia, essendo fortemente dipendente dal calore, i problemi si presentavano dal punto di vista logistico per quanto riguardava la vendita. Si portò nuovamente il bicchiere alle labbra, prendendo un lungo sorso di caffè. « Immagino che qualcuno ci avrà pensato sicuramente a questa eventualità in passato, no? E siccome per il mio essay di presentazione a Pozionistica volevo parlare di preparati contraffatti, mi chiedevo se ci fossero già stati casi a riguardo e quali effetti abbia causato..eventualmente. » Una mezza verità, dato che quell'essay l'avrebbe scritto realmente, ma di certo non era la ragione principale per cui le stava ponendo la domanda.


     
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    « "Pozione Ipnotizzante" è decisamente basic per i miei gusti. Avrei preferito anche una cosa kitsch tipo - chessò - "Ipnopozione Zebrata". » Si ritrova a ridere, trovando quella soluzione decisamente interessante. « Oh, se te ne esci così con Wingrave, credo che potrebbe giurarti fedeltà eterna. » Il prof di Pozioni, infatti, dall'aria tanto eccentrica quanto è vasto il suo profondo amore per la sua materia, ha sempre avuto un debole per coloro che mostrano una particolare e spiccata passione per Pozioni, tanto da scadere, assai facilmente, nel gioco di "Chi figlio e chi figliastro", lasciando trasparire le sue palesi preferenze senza alcuna vergogna. « Se gli dici anche che vuoi prendere Pozioni al college, aspettati da un momento all'altro la proposta di diventare sua assistente, un giorno. » E non avrebbe di certo torto. E' bello riscoprire in qualcun altro quella voglia palese di apprendere nozioni ed equazioni dalla logica razionalità dietro. E' per questo che Olympia ha sempre amato quella materia: con Pozioni non ci sono errori se segui logica e coerenza. Non c'è margine per il caos, tutto va come deve andare, linearmente, senza deragliamenti inaspettati e indesiderati. « Sogno il giorno in cui i suddetti parrucconi si sveglieranno e, aprendo le imposte delle finestre, scopriranno di essersi persi quasi quattro secoli di evoluzione. » Storce le labbra, prima di prendere un sorso di tè. « Magari quando la prima donna entrerà in società, cambierà qualcosa. » Alza le sopracciglia, alludendo al chiaro fatto che ancora nessun'esponente del sesso femminile sia stata ammessa in quella antiquata, retrograda e sessista società tanto importante nella comunità dei Pozionisti. Ascolta con interesse la sua domanda, e mentre lei parla, Olympia si chiede dove effettivamente voglia andare a parare, mentre gli indizi vanno lentamente ad affiorare di fronte ai suoi occhi. « Immagino che qualcuno ci avrà pensato sicuramente a questa eventualità in passato, no? E siccome per il mio essay di presentazione a Pozionistica volevo parlare di preparati contraffatti, mi chiedevo se ci fossero già stati casi a riguardo e quali effetti abbia causato..eventualmente. » Muove le labbra arricciate, a destra e sinistra, mentre ci pensa un po' su, indecisa su come affrontare la questione. « Ci sono stati casi, sì, non tantissimi però. Perlomeno quelli noti. Il più famoso è sicuramente il contrabbando di Peckham nel 2010, ma il mondo Magico ha cominciato a sperimentare simili pozioni a fine anni 80, inizio 90. » Un po' in ritardo rispetto alla voglia di stupefacenti del mondo Babbano, Si gratta la nuca con le unghie, accennando un sorriso. « In merito le notizie non sono dettagliatissime, non quelle ufficiali che i professori inseriscono nei loro libri o nelle dispense quantomeno. Però l'affare di Peckham è diventato famoso perché sembra che l'Ipnotizzante che uscì dai laboratori del quartiere avesse un effetto piuttosto destabilizzante per la mente umana. Alcuni individui ne sono rimasti come lobotomizzati, altri ne sono usciti con evidenti deficit cognitivi. » Col cavolo che ti dico che sembrava avere gli stessi effetti di un Imperius. Non sarò di certo il Lumacorno del tuo Riddle. « Soprattutto perché, togliendo di mezzo la lucidità e il raziocinio, la persona ipnotizzata fa difficoltà a risvegliarsi dallo stato di trance, non riuscendo quasi a ritrovare l'interruttore per riaccendere la luce se non tramite altri incanti che non sempre vanno a buon fine. Ma dagli anni 90 in poi, sono stati eseguiti numerosi e approfonditi studi sul composto, riuscendo a scoprire che è la pelle di Tohru che lega le molecole della Pianta Genio e della Coclearia così da sprigionare l'effetto ipnotico. Basta non mettere uno dei tre che la pozione non produce il medesimo risultato e questo induce a pensare che in passato debbano aver aggiunto altro per sostituire la bacche di Pianta Genio e i petali di Coclearia e ottenere comunque il prodotto finale quasi identico. » La fissa, come ad aspettare un suo cenno per farle capire se è stata abbastanza esaustiva in merito. « Hai intenzione di soffermarti solo sull'Ipnotizzante o magari anche su altri composti per il tuo saggio? »

     
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    « Magari quando la prima donna entrerà in società, cambierà qualcosa. » Si ritrovò a sospirare, annuendo piano a quelle sagge parole. Checché se ne dicesse, la Pozionistica rimaneva una delle tante branche ai cui vertici la presenza femminile si riduceva sensibilmente. Le streghe sono rispettate solo tra i divinatori..e anche lì, probabilmente per una becera questione di pregiudizi. « Forse con una pozione ipnotizzante alle persone giuste nel momento giusto, chissà.. » Sciabolò le sopracciglia. Forse gli farebbe venire più senno di quanto non ne abbiano adesso.
    Ascoltò con attenzione le informazioni di Olympia, aggrottando la fronte come era solita fare quando si concentrava particolarmente su qualcosa. « Alcuni individui ne sono rimasti come lobotomizzati, altri ne sono usciti con evidenti deficit cognitivi. » E questo è un problema. Bisognerebbe capire come aggirarlo. Tipico di Veronica, quello di non scoraggiarsi di fronte ad un ostacolo ma vederlo come una sfida, un'opportunità per mettersi alla prova e far valere se stessa. Si ritrovò quindi ad annuire, appuntandosi velocemente ciò che Olympia le aveva detto riguardo la pelle di Tohru. Avrebbe fatto qualche ricerca a riguardo in biblioteca: la chiave di volta per la modifica di quella pozione doveva probabilmente essere lì. « Non mi sorprende che queste cose siano state sperimentate tra gli anni ottanta e novanta. » commentò, ridacchiando e scuotendo il capo tra sé e sé mentre finiva di appuntarsi quelle informazioni. « Hai intenzione di soffermarti solo sull'Ipnotizzante o magari anche su altri composti per il tuo saggio? » Ci pensò un attimo, appoggiando la schiena alla sedia e storcendo le labbra mentre si faceva scivolare un grosso elastico dal polso, sollevandosi i capelli per legarli alla bell'e meglio in uno chignon scomposto. « Riflettevo sulla Pozione Rivedi Pensieri. » cominciò. Questa, però, non per gli affari, né per tornaconto personale. « In realtà non mi sono fatta troppe ipotesi al riguardo e dovrei fare più ricerche, però qualche mese fa avevo letto su Potion Magazine di un grosso scandalo in Russia. Praticamente un pozionista era riuscito a forzarla in maniera tale da permettere all'utente di interagire coi ricordi. » Lanciò uno sguardo eloquente a Olympia. « Inutile dire che è stato un casino. C'è stata una vera e propria emergenza psichiatrica: molti disperati hanno trovato in quella strada una scappatoia a tante sofferenze e dolori. » Fece una pausa. « Praticamente ci vivevano dentro. » Sospirò. In fin dei conti chi è che non vorrebbe cambiare qualcosa nella propria vita? Chi è che non ha perso qualcuno? Chi è che non vuole, almeno un po', annullare il tempo? « Il pozionista è sparito e il governo ha detto di aver distrutto la ricetta, ma alcuni ipotizzano che lui sia riuscito a scappare, o che sia stato addirittura assoldato dai servizi segreti. » Si strinse nelle spalle. Chissà. Queste sono le cose che non sapremo mai. « Però si dice che la pozione sia ancora in circolo..in certi ambienti e col giusto prezzo. » Altro sguardo eloquente. Ovvero esorbitante. « E qui casca l'asino. Perché se esiste ancora, significa che la ricetta non è stata distrutta e che ci sia stata una qualche forma di copertura da parte del governo. Il che solleva l'interessante questione di chi ci guadagni davvero, dalle pozioni contraffatte. » Inclinò il capo di lato, muovendo di poco il mento in avanti come ad indicare la sua interlocutrice, mentre proseguiva con la domanda successiva. « Che ne pensi? Troppo rischiosa come tematica per il saggio di presentazione, oppure potrei farci bella figura? » In fin dei conti niente è semplicemente ciò che appare. Tutto è politica. Anche le pozioni.


     
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    Si mordicchia il labbro inferiore mentre ascolta rapita la spiegazione di Veronica circa la pozione Rivedipensieri. « Praticamente ci vivevano dentro. » Deglutisce, senza nemmeno accorgersene, mentre si ricorda la sensazione che ha provato nel momento in cui ha letto lei stessa la notizia, qualche mese prima. Si è sentita solleticare da quell'ipotesi tanto allettante: vivere nel proprio passato, dimenticandosi di tornare nel proprio presente, rimanendo lì, in quel limbo di ritrovate certezze e sensazioni passate. Sa bene che l'Olympia sedicenne avrebbe fatto di tutto, sapendo dell'esistenza di una pozione del genere, per potersene accaparrare anche solo una stilla. Per poter rivivere in un loop continuo i suoi momenti alla Steve e Peggy. « Che ne pensi? Troppo rischiosa come tematica per il saggio di presentazione, oppure potrei farci bella figura? » Sbatte le ciglia, improvvisamente risvegliata dalla voce cristallina della mora. Accenna un sorriso. « Tremendamente rischiosa. L'andare a scomodare la politica lo è sempre, ma da quel poco che ho potuto delineare di te in queste orette, posso sicuramente dire che l'audacia ti rappresenta in toto. » Sei proprio una figlia di Godric. « E non c'è miglior modo per far bella figura che mettere subito sul piatto te stessa. Approvo in pieno. » Annuisce provando quel profondo senso di ammirazione nella presa di posizione della ragazza, tanto da rischiare la sua ammissione con un argomento tanto puntiglioso e difficile da trattare come lo è l'intromissione della politica in un campo tanto delicato. Saresti stata una grandiosa Ribelle. « Immagino che già ci avrai pensato, ma fossi in te cercherei di dargli un taglio quanto più distaccato e scientifico possibile. Mettendo sul piatto i dati ufficiali riportati sulle misteriose vicende di entrambi i composti e traendo le tue considerazione in maniera chirurgica, quasi da non far percepire la tua intrusione seppur sia evidente che essendo il tuo saggio, ne è impregnato da capo a piedi. Insomma, mettendo sotto l'occhio di bue che nessuno potrebbe arrivare a conclusioni differenti dopo aver analizzato i dati riportati. » Si rigira la penna tra le dita, pensierosa. « Se hai bisogno di aiuto per trovare fonti e testi da consultare, non farti problemi a chiedere. La tessera per la biblioteca centrale serve anche a questo. » Le lancia un'occhiata allusiva prima di ridacchiare. « Ovviamente sappi che se ne uscirà una bell'inchiesta approfondita, potresti sempre pensare in grande e mandarla a qualche testata scientifica come la Potion Magazine o il The Potionist. Un saggio accademico pubblicato, un traguardo niente male da avere sul curriculum per entrare di gran carriera nella SSP un giorno. »

     
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    23 Febbraio

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    La vibrazione del cellulare portò gli occhi scuri di Léon a interrompere il contatto visivo, per quanto distratto, con la pagina del libro, spostandolo sullo schermo illuminato. Un nuovo messaggio. Brünnhilde. Sorrise leggermente, lanciando un'occhiata alla mora di spalle prima di digitare il pin e leggere le poche righe, osservando la foto che vi era allegata. Sbuffò dalle narici una piccola risata muta, umettandosi veloce le labbra mentre bloccava nuovamente lo schermo. In silenzio e ordinatamente, il moro si alzò dal proprio posto, cominciando a raccogliere le poche cose che aveva disseminato sul tavolo, utili a uno studio che comunque non faceva. Le ordinò per bene, infilandole una a una nello zaino che poi si mise in spalla, avvicinandosi al tavolo in cui la Corvonero stava studiando il suo manuale di Pozioni. Studiava davvero o faceva solo finta come lui? Non ne aveva idea. Non la conosceva affatto, e forse nemmeno gli interessava poi tanto di trovar risposta a una simile domanda. Tuttavia la sua educazione gli imponeva comunque di rispettare lo spazio altrui e così, appoggiato lo zaino sul tavolo e attirata la sua attenzione, le rivolse un sorriso gentile, mettendosi a sedere di fronte a lei mentre apparecchiava nuovamente quei materiali di studio ben poco consumati. In realtà, quelle poche volte in cui gli capitava di leggere davvero qualche riga, si ritrovava anche a pensare che la materia trattata fosse interessante. E allora perché non studiava? Forse era autosabotaggio, forse era distrazione, forse divergenza di priorità, o forse solo quell'inspiegabile punto interrogativo che era Léon. Però si sa: il silenzio è sacro in biblioteca. Si ricordava ancora quella di Mahoutokoro, così quieta che si sarebbe potuto sentire il rumore di un granello di polvere che cadeva sul pavimento. Eccezion fatta per i passi calcati di quei ragazzi in uniforme, poco più grandi di lui, che passavano da lì di tanto in tanto. Fu dunque forse l'abitudine a farlo rimanere in silenzio, con il capo appoggiato a una mano, e l'altra stretta intorno a una matita con cui sottolineava distrattamente alcune frasi. Pian piano, tuttavia, allungò una gamba sotto al tavolo, accostandola leggermente a quella della bruna di fronte a sé. Nient'altro, solo un lieve contatto tra i suoi jeans scuri e la pelle di lei. Non alzò neanche lo sguardo, continuando a sottolineare tranquillamente.

     
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    La giornata stava trascorrendo in maniera pigra, quanto meno finché il primo messaggio di Léon non giunse a scuotere quel vortice di monotonia. Brünnhilde si era sempre dimostrata una degna figlia di Priscilla, attenta e diligente nello studio; nonostante ciò, ultimamente la qualità dello studio non sembrava più spronarla come una volta. Spezzare quindi l'incantesimo di una sessione di studio di per sé scandente attraverso l'invio di una foto apparentemente intrisa di ingenuità, le risultò quanto mai divertente. Nessuno scopo in particolare se non quello di disseminare un po' di caos. Ripose infine il cellulare sul banco a faccia in giù, gettando uno sguardo alle proprie spalle, per poi tornare a prendere appunti distrattamente su un blocco note al fianco del libro. Sollevò lo sguardo solo quando il giovane Hyun si sedette di fronte a lei, disponendo con apparente diligenza il proprio materiale sul tavolo. Non lo conosceva abbastanza da sapere di che pasta fosse fatto. Era un modello, quello lo sapeva, ma la sua dimensione pubblica trasudava un'umanità ancora più fatiscente di quella emanata dalla giovane Zabini. Chi era e cosa gli passava per la testa, Hilde non lo sapeva, ma di certo c'era qualcosa che le stonava. Qualcosa che riusciva a riconoscere. Restò quindi là a fissarlo per qualche istante, prima di tornare in apparente serenità sul proprio libro, nello stesso momento in cui la gamba di lui solleticò la pelle ambrata di lei. In tutta risposta Hilde voltò pagina, accarezzando i propri appunti con cura, lasciando che la propria gamba approfondisse il contatto con quella di lui. Non fece nient'altro per un po'. Qualcuno picchettò sulla sua spalla poco dopo obbligandola a voltarsi di colpo. Considerata la leggera rotazione del suo busto, il contatto si interruppe per un po'. « Ehi, Hilde.. ti dispiace passarmi gli appunti di Pozioni di ieri? Te li riporto subito. Mi sono persa qualche formula. » Stacey Green parla a voce bassa al suo orecchio, lasciando scorrere di tanto in tanto lo sguardo alle spalle della bruna. Non ha dubbi su chi sta guardando, ma nonostante ciò, Hilde fa finta di niente, rotea il busto nuovamente verso la propria postazione, facendo finta di sistemarsi meglio sulla sedia e prende a sfogliare i propri appunti passando alla concasata le pagine del giorno precedente. Ed è proprio allora, in quel leggero trambusto, che la gamba della giovane Hilde compie una leggera rotazione attorno a quella di Léon, ritrovandosi nella posizione speculare a quella di prima. « Grazie! Dieci minuti e te li riporto. » Un sibillino « SHHHHHHHH! » si alza nella stanza in un momento in cui diverse voci sembrano ridare vita all'ambiente. Dura poco, ma è abbastanza affinché Hilde completi il suo operato. Ora la gamba di Leon è incastrata tra le sue, e lei glielo fa notare lasciando scivolare con naturalezza entrambe le suole fino a mantenere per qualche istante la scarpa di lui in una leggera morsa. Dura qualche secondo, prima di lasciarlo andare, pur non cambiando posizione. Si schiarisce la voce, infine, e tamburella le unghie sul tavolo di fronte al suo libro. « Ce l'hai per caso un temperino? »



     
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    Che cosa significa semiotica? Sospirò, mettendo mano al dizionario bilingue per trovare la definizione di quella parola un po' troppo difficile per il suo vocabolario personale. Lesse lentamente tra i propri pensieri, aggrottando la fronte nel rendersi conto di non aver davvero afferrato il concetto. Si appuntò comunque la definizione in coreano al margine del libro, svogliatamente, con un orecchio teso a captare la conversazione tra Brünnhilde e quella che doveva essere una sua compagna. Non ebbe nemmeno bisogno di sollevare lo sguardo per poter percepire le occhiate furtive che la seconda ragazza gli stava lanciando: ormai aveva sviluppato una sorta di sesto senso per quelle cose, sapeva sempre quando qualcuno lo stava guardando e se lo avesse riconosciuto. Abituato a quel tipo di attenzioni fin da un'età giovanissima, ormai ci aveva fatto l'abitudine e difficilmente si sentiva disturbato da esse. Voltò pagina, continuando a sottolineare mentre la ragazza si allontanava, riportando il loro tavolo al silenzio. Il contatto tra lui e Hilde si era interrotto con l'arrivo della studentessa, lasciando Léon a chiedersi se la mora lo avesse notato e - soprattutto - se lo accettasse o meno. Lì sul momento non si era spostata, ma questo non significava nulla. Rimase dunque fermo al proprio posto, aspettando pazientemente di vedere se lei avrebbe fatto qualcosa. La risposta non tardò ad arrivare, muta, tramite la sensazione stringente delle caviglie di lei intorno al proprio piede. Rimase impassibile, continuando a sottolineare come se nulla fosse mentre lei allentava pian piano quel contatto. « Ce l'hai per caso un temperino? » Solo nel sentirsi rivolgere la parola sollevò lo sguardo, annuendo gentilmente con un basso « Certamente. » Infilò quindi le dita nell'astuccio, estraendone un temperino che sembrava ancora nuovo di zecca e porgendolo alla ragazza. Rimase con la mano a mezz'aria, aspettando che lei lo prendesse dalle sue dita solo per lasciare che le loro pelli si sfiorassero nel breve contatto. Fatto ciò, tutto tornò come prima: silenzio e sottolineatura. Dopo un paio di minuti il moro cominciò a battere leggermente la punta del piede per terra con un ritmo cadenzato appena udibile. Il fruscio della pagina che andò a voltare. Un sospiro. Il veloce rumore stridulo delle gambe della sedia che venivano portate più vicine al tavolo. Il suono della stoffa che si adattava al suo corpo mentre cambiava posizione per assumerne una più comoda. Nel fare ciò, la sua gamba andò naturalmente più avanti nello spazio sotto al tavolo, mettendo a contatto il ginocchio di Léon con la porzione di gamba immediatamente sopra ad esso nel corpo di Hilde. Rimase fermo così per qualche istante, senza dire nulla. Il rumore della grafita sulla grana della pagina segnò un tratto secco, più calcato, a cui seguì il veloce frusciare del libro che ruotava sul tavolo. « Cosa significa questa parola? » chiese a bassa voce, sollevando lo sguardo in quello di Hilde mentre puntava l'indice sul termine sottolineato: pragmatico. Non le avvicinò tuttavia il libro, tenendolo piuttosto vicino al proprio bordo del tavolo, né si curò di nascondere il dizionario inglese-coreano in bella vista accanto al suo gomito.

     
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    Le dita della bruna sfiorarono la pelle di porcellana dell'asiatico, afferrando così il temperino che posò diligentemente di fronte a sé, tornando a sfogliare il proprio libro silenziosamente. Le unghie smaltate d'argento seguivano pazientemente il ritmo della sua lettura, soffermandosi di tanto in tanto su una formula più ostica o un passaggio particolarmente importante. Il fruscio delle sue dita fecero eco al rumore sordo del movimento della sedia di lui. Un gioco che alzò la posta, ma che non riuscì a distogliere Hilde dal suo studio. Semmai, si portò i lunghi capelli color mogano su una spalla, scoprendo l'esile collo in un movimento apparentemente naturale. Conseguentemente, la gamba a contatto con quella di lui intensificò il contatto. La scarpa laccata si posizionò dietro il suo tallone; e lì, in un movimento naturale e cadenzato, il piede di lei si sollevò assieme alla stoffa dei suoi pantaloni. Il contatto tra la lacca delle sue costose scarpe e la pelle del ragazzo fu leggero ma meticoloso. Su e giù un paio di volte, prima di posare nuovamente il piede a terra roteando la testa come se tentasse di scrollarsi di dosso la tensione. Lo stop fu decretato dall'improvviso tratto secco della matita di lui, che fece saettare di colpo le iridi scure come la pece nella sua direzione. « Cosa significa questa parola? » Con la schiena ancora appoggiata alla sedia, lasciò oscillare lo sguardo dal volto di lui al libro e poi ancora nei suoi occhi. Gli occhi predatori pervasi da un distacco smisurato sprigionano un'eloquenza che lui deve di certo percepire. Attende per qualche istante, Hilde, cercando di capire se le darà modo di leggere la parola. Non lo farà, e allora sospira e solleva un sopracciglio restando per un po' in bilico. Poco dopo si schiarisce la voce, gettando uno sguardo all'ambiente circostante con un'aria apparentemente colpevole, e infine si umetta la labbra scivolando in avanti sulla sedia. Non fa caso al resto, comportandosi nella maniera più naturale possibile. Posa il mento sulle nocche e scorre velocemente il contesto delle frasi che le sono state indicate, seguendo con le dita le righe immediatamente precedenti e successive. « In questo contesto l'autore si riferisce al fatto che i suoi studi sono condotti sulla base di un'attività pratica che precede la consultazione dell'apparato teorico preesistente. » Parla a voce molto bassa, Hilde, mantenendo lo sguardo fisso in quello di lui. « Studiare pozioni è un'attività teorica, farle è un'azione pragmatica. Si chiama anche esperienza empirica. Segnatelo. » Concluse così la sua risposta prima di tornare sul proprio libro senza tuttavia muoversi. Estrae dall'astuccio una matita e comincia a temperarla. Lentamente. Il fruscio del legno contro la sottile lama saetta nettamente nell'improvviso silenzio assordante. « Vediamo se hai capito. Adesso stai facendo qualcosa di pragmatico, oppure studiare questo libro è pura teoria? » Non ha mai smesso di temperare la matita, che ora ha una punta affilatissima, né ha distolto lo sguardo dal suo interlocutore. Lo sta studiando. Vuole capire.



     
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    Non c'era una vera e propria espressione sul viso di Léon, solo l'alone di un pallido sorriso cordiale, di quelli che si rivolgono agli sconosciuti per chiedere indicazioni stradali. Faccia di bronzo. Nel suo campo di lavoro non c'era divertimento a sfidarsi a un gioco infantile come quello di fissarsi e vedere chi ride per primo: erano tutti fin troppo bravi, a deprivare i propri volti di ogni emozione. Eppure quella maschera da perfetto androide, almeno in quella circostanza, sembrava arrestarsi più o meno fino al busto. Allo sporgersi di Hilde, infatti, le gambe di lei scivolarono naturalmente più avanti - il che era un po' il punto di quel teatrino che Léon aveva imbastito - portando il ginocchio del ragazzo a contatto con l'interno coscia della sua interlocutrice. « In questo contesto l'autore si riferisce al fatto che i suoi studi sono condotti sulla base di un'attività pratica che precede la consultazione dell'apparato teorico preesistente. » Annuì, mantenendo il contatto visivo con gli occhi di lei mentre dava al proprio volto un'aria concentrata. Nel mentre, tuttavia, la sua coscia a contatto con quella di lei prese a muoversi piano, su e giù, accarezzando leggera la pelle della ragazza. « Studiare pozioni è un'attività teorica, farle è un'azione pragmatica. Si chiama anche esperienza empirica. Segnatelo. » Sollevò entrambi i lati delle labbra in un sorriso gentile, rivolgendole un cenno d'assenso mentre buttava giù quelle parole con la matita a margine del libro. « Capito. Molte grazie. » disse, preoccupandosi di tener basso quel tono di voce che già per sua natura lo era. Rivolse un'occhiata veloce alla vecchia bibliotecaria, intercettando il suo sguardo indagatore. Ampliò leggermente il proprio sorriso, sfoderando le adorabili fossette sulle guance che creavano in lui l'impressione della più totale angelicità. Come da programma, la donna gli sorrise di rimando, tornando a scribacchiare qualcosa. Un po' di gentilezza fa sempre molta strada. Per alcuni. « Vediamo se hai capito. Adesso stai facendo qualcosa di pragmatico, oppure studiare questo libro è pura teoria? » Riportò lo sguardo su Hilde, inclinando di poco il capo di lato mentre un angolo delle sue labbra si sollevava a disegnare una piccola espressione interrogativa. Sbatté le ciglia, mostrando gli occhioni con fare innocente. « Non ho capito. A quale delle due domande vuoi che ti risponda? » chiese, nascondendo la maliziosità di quella domanda con un tono angelico, mentre col ginocchio spingeva piano contro l'interno coscia di lei, ampliando il varco tra le sue gambe così da poterci inserire anche l'altra e fare la stessa identica operazione. Sospirò, sollevando leggermente lo sguardo come a riflettere. « Mh. La seconda è facile. L'hai detto tu: studiare è teorico. » Cominciò, calibrando le proprie parole come se stessa davvero riflettendo sulla risposta da dare ad un esame. Cadde poi nel silenzio. Un silenzio che venne bruscamente interrotto dallo stridio di una sedia, quella di Brunhilde. Nella quiete distratta di quella conversazione, infatti, Léon aveva agganciato un piede al bordo della sedia di Hilde, tirandola poi in avanti verso di sé. Il viso, al solito, non mutò di espressione, ma gli occhi rimasero fissi in quelli della bruna. Quella mossa, tuttavia, gli permise di oltrepassare col ginocchio il limitare segnato dalla gonna di lei, risalendo pericolosamente sempre più in direzione dell'attaccatura delle sue gambe, ma fermandosi a un soffio dal contatto. « Sulla prima non saprei. » Pausa. « Un aiuto? »

     
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    « Non ho capito. A quale delle due domande vuoi che ti risponda? Mh. La seconda è facile. L'hai detto tu: studiare è teorico. » Mantenne lo sguardo fisso sul viso di Leon, inclinando appena la testa di lato rivolgendogli un sorriso piuttosto eloquente. Era piacevolmente colpita dalla risposta che aveva ricevo, tant'è che quando i movimenti sotto il tavolo si fecero più audaci da parte sua, Hilde non protestò, semmai gli diede tutto lo spazio per avanzare senza difficoltà alcuna. Tornò sul proprio libro, massaggiandosi leggermente il collo come se qualcosa la stesse costringendo, e fu in quel momento che allentò appena il nodo della cravatta, facendo finta di tentare di scrollarsi di dosso una tensione che effettivamente non c'era. La sedia di lei si mosse in avanti, così tanto che la cassa toracica andò a sbattere leggermente contro il tavolo in legno, mostrando per la prima volta un accenno di attesa che si manifestò attraverso uno sguardo grave che gettò alla sua controparte senza vergogna alcuna. « Sulla prima non saprei. Un aiuto? » Pericolosamente vicini, le sarebbe bastato compiere un piccolo movimento per permettergli di andare fino in fondo. Lo sguardo color nocciola della bruna ricadde di scatto sul dizionario accanto al libro di lui. E un'idea prese ad alleggiare nella sua mente quasi sovrappensiero. « Sei sicuro di aver bisogno di aiuto? » Chiese di scatto con un sorriso apparentemente gentile ma pur sempre calibrato. « Il dizionario è proprio là. » Pausa, mentre si inumidisce le labbra carnose, concentrandosi con sin troppo interesse sui tratti del suo viso, per poi scendere a osservarne il torso, le mani ed ogni centimetro visibile della sua figura che potesse carpire da quella posizione. « Forse non sai trovare la pagina da solo. » Sospirò con un tipico atteggiamento da saputella, avanzando quanto bastasse per annullare ogni distanza. Per un istante ricercò quasi automaticamente il suo sguardo prima di afferrare il dizionario, gettandogli un ultimo sguardo apparentemente sereno e accondiscende. « Tipico. » Non sapete mai come trovare nulla, voi maschi. Prese a sfogliare il tomo con vivido interesse lasciando che il bacino di lei approfondisse quel contatto senza vergogna alcuna e senza mutare quasi per niente espressione. Erano due normali compagni di studio che si confrontavano silenziosamente sui rispettivi studi. Una compenetrazione tra studenti e collegiali - proprio ciò che il Preside Bauldry auspicava. Giunta a una pagina di suo particolare interesse, sottolineò con la matita una parola nello specifico, rivolgendo il dizionario nella sua direzione, ma senza restituirglielo. Emulò quindi la sua stessa mossa, inclinando appena la testa di lato e stirando un sorriso di incoraggiamento degno della miglior compagna di studio che si potesse desiderare. La parola sottolineata - compiacimento - non era di certo casuale. « La conosci questa parola, Leon? Credo possa aiutarti tantissimo a capire il contesto di ciò che stai studiando. » Pausa. « E' un concetto filosofico molto complesso. »


     
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    Con il telefono ancora tra le mani tremolanti, Ella invia quell’ultimo messaggio a Max — Arrivo, dettato dall’ansia e dalla trepidazione.
    Dopo ancora qualche secondo di assestamento — perché davvero, davvero, davvero non ci può credere — si alza, di scatto, e con il cellulare in mano incomincia la traversata verso la biblioteca del castello, risalendo dai sotterranei.
    E non ci ha mai impiegato così poco tempo, Ella — schivando gli studenti come se fossero birilli, e lei una palla che di certo non vuole abbatterli, mormorando e addirittura esclamando a piena voce «Scusate!», «Permesso!», «Scusa… perdonami…».
    Al terzo piano arriva arrossata e trafelata, i lunghissimi capelli dorati appena ingarbugliati dalla corsa — ma non si ferma, Ella, continua a passo svelto, almeno per riprendere fiato, svoltando l’angolo dopo le scale finché non si trova davanti all’arco che la separa il chiasso dei corridoi dal silenzio quasi spettrale degli ultimi giorni di esami. Con il palmo aperto poggiato alla colonna, Ella allunga il collo alla ricerca della cugina, in attesa di scovare il suo caschetto corvino piegato sui libri. Riesce a trovarla solo con un po’ di impegno — e soprattutto perché, mentre incomincia ad incamminarsi tra i banchi, Max la nota per prima, ed alza una mano per farsi raggiungere. Ed è così che Ella si precipita, quasi, contrariamente ad ogni aspettativa — sta correndo in biblioteca! —, fino al tavolo su cui Max ha sparso libro e appunti.
    Le regala un sorriso nervoso, e con una mano tira la sedia verso di sé per accomodarsi. Respira. È accaldata e sovreccitata — riesce distintamente a sentire le prime goccioline di sudore che fanno capolino sulla fronte, in corrispondenza dell’attaccatura dei capelli. «Ciao, Max», sospira, alla fine, le gambe accavallate che non può fermare e che traballano sotto al tavolo in un balletto esagitato. «Scusa se ti ho disturbato…», ammette, stringendosi nelle spalle e lanciandole uno sguardo colpevole, «È che… Harvey mi ha invitato a fare una scampagnata in montagna, dopo la scuola», bisbiglia, così velocemente che è pressappoco impossibile distinguere bene le parole che le escono dalla bocca. Perciò, chat alla mano, le posa il telefono di fronte, «Io- non so che dirgli!».
     
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    Ciondola il piede destro sotto il tavolo, le gambe rigorosamente accavallate in una postura quanto più contorta possibile, mentre rilegge per l'ennesima volta gli appunti di DCAO. Devo prenderci un bel voto per forza, si dice, un po' spaventata all'idea di non passare proprio in quella materia che, da sempre, non solo le è sempre venuta particolarmente facile ma anche quella che l'ha sempre fatta sentire di non essere un vero e proprio spreco di ossigeno, rimanendo in ambito scolastico. L'Incanto Fidelius poi, l'argomento che sta revisionando proprio nel momento in cui il cellulare prende a vibrarle in tasca, è di gran lunga uno dei più affascinanti mai affrontato secondo lei. Per questo decide dapprima di non rispondere a quelle vibrazioni continue che la infastidiscono alquanto - ma non avevo silenziato il mondo? - e poi, alla fine, quando prende un sorso dalla bottiglietta d'acqua, nella quale ha versato non sa nemmeno più lei quante bustine di magnesio, si ritrova davanti i messaggi insistenti di Ella. Ah, ho silenziato tutti gli abitué, questa in effetti mi mancava. Si ritrova a sgranare gli occhi, leggermente confusa, quando la bionda le risponde non solo nell'immediato - che ansia - ma con tono decisamente perentorio, un tono che solitamente non va a braccetto con i geni di Ella ma più con i suoi. Strano, pensa con una smorfia, lanciando un'occhiata di tanto in tanto alla porta, mentre si rigira la penna tra le dita della mano, fin quando non scorge l'esile figura della cugina incedere nella stanza. Alza un braccio, per farsi notare, prima di farlo tornare velocemente al tavolo. Ella corre - corre? Ma che è successo - verso di lei e tutto del suo atteggiamento lascia trapelare il nervosismo generale. « Ehy, ma cos'è tutto questo nervosismo? Sei incinta per caso? » Ah, ah, che simpaticona. Sorride, con divertimento, ricercando nello sguardo della bionda un po' di partecipazione ma lei continua ad essere esagitata, tanto da far cominciare a preoccupare la bruna il cui sorrisetto vacilla, aspettando che l'altra comunichi qualcosa. «È che… Harvey mi ha invitato a fare una scampagnata in montagna, dopo la scuola» Un qualcosa che, ad essere onesti, la vorrebbe a scoppiare a ridere, facendoci sopra svariate battutine, ma la cugina è talmente seria e agitata da farla sentire quasi come sparasse contro la croce rossa. Così camuffa una risata con un colpo di tosse mentre legge il breve scambio di battute tra i due attraverso il cellulare di lei. Alla fine rialza lo sguardo chiaro, fissandolo in quello di Ella. « Sei così agitata perché non vuoi andarci o perché vuoi andarci ma poi non sa cosa potrebbe accadere? » Alza impercettibilmente un sopracciglio. « Perché, magari - si fa per dire eh - pensi che potrebbe aspettarsi altro da te? » Storce leggermente le labbra per poi stringersi nelle spalle. « In entrambi i casi, diglielo francamente, senza rotture di palle inutili. »

     
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    Appena seduta, fissa Max con due occhioni da cerbiatto — « Ehy, ma cos'è tutto questo nervosismo? Sei incinta per caso? » — mentre si lascia andare ad una risatina che trabocca di nervosismo. Scuote la testa, veemente — Come se non fosse abbastanza ovvio.
    Quando finalmente prende il coraggio alla mano e confessa l’accaduto, il tipico tremolio di un’adolescente alla prima cotta che scivola tra i piccoli sorrisi d’anticipazione, Max risponde con un’aperta risata. Lì per lì, Ella è confusa — piega piano il capo a destra, un angolo delle labbra che svetta in su ma resta fermo, indecisa se seguire la cugina nella sua ilarità o meno. Ma resta in silenzio.
    Aspetta che finisca di scorrere tra i messaggi del suo cellulare, per poi posarlo e guardarla di nuovo — ed Ella è lì, ferma, stretta nelle spalle, mentre Max le spiana davanti due diverse ipotesi. « Sei così agitata perché non vuoi andarci o perché vuoi andarci ma poi non sa cosa potrebbe accadere? », corruga le sopracciglia. Vuole andarci? Il vuoto nello stomaco non è doloroso, in fondo — è solo impaziente, le punzecchia la pelle e la fa arrossire. Sì, è sicura di volerlo. « Perché, magari - si fa per dire eh - pensi che potrebbe aspettarsi altro da te? In entrambi i casi, diglielo francamente, senza rotture di palle inutili. », Max rincara la dose, ed Ella si ritrova ad abbassare istintivamente lo sguardo sotto al peso della verità. Annuisce, quindi, quando finalmente solleva di nuovo il mento, «La seconda», sospira, le guance in fiamme. «È- è che-», balbetta, scavando all’interno per ritrovare la spinta di poco prima, «È che non ho nemmeno… dato il mio primo bacio», confessa, a voce così bassa che è difficile sentirla, «E non voglio… correre perché- davvero non me la sento di-», chiude gli occhi, strizza le palpebre. È imbarazzante — estremamente imbarazzante! — aprire ognuno di questi cassettini nella sua mente, soprattutto di fronte a Max. Il peso dell’inesperienza, a volte, pesa perfino di più dei fantasmi passati. «Voglio andare con lui, perché…», solleva le spalle, socchiude le palpebre, come se finalmente pronunciare quelle parole ad alta voce fosse come lanciare una bomba a mano, «… perché mi piace davvero, però-», sospira, si passa le mani nei capelli, «Semplicemente non voglio correre», conclude, ripetendolo con più determinazione. Prende tra le mani il telefono che Max ha lasciato sul tavolo, e scorre le dita sullo schermo mentre le linee del suo volto dipingono il quadro perfetto dell’indecisione. «Ora… gli dico di sì», fa, forse più a sé che a Max, gli occhi ancora fissi sul rettangolo illuminato. Passa un attimo a comporre il messaggio, prima di voltare di nuovo il cellulare in direzione della cugina, come a cercare conferma. E invia. «Ho altre domande», si affretta ad annunciare, quindi, andando di nuovo a raccogliere i capelli chilometrici per scostarli su una spalla, «Come… faccio a far sì che Rudy mi lasci andare, e… come faccio a… a spiegare ad Harvey la mia posizione senza che… semplicemente non ne voglia più sapere di me?».
     
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