The Queen's gambit

Novembre 2014

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    «PACIOOOOOOOOOOOCKKKKKKKKKKKKK!», viene richiamato da un urlo che fa gelare il sangue nelle vene. Porca merda, e ora che c'è?! - il Direttore Grifondoro gli si avvicina minaccioso, squadrandolo da capo a piedi. Non promette nulla di buono. Peter cerca di sfoderare un sorriso innocente, porta le mani in tasca per controllare l'eventuale presenza di armamentario disdicevole tipo scorte di Torrone Sanguinolento e simili. Poi, finalmente, il verdetto: «Il tuo amichetto Patrick ha vuotato il sacco. Le avete messe voi le Caccabombe nella valigetta della professoressa.», Patrick, sei un cagasotto di merda, dai. Deglutisce, Piti, mordicchiandosi il labbro inferiore. Probabilmente mentire non servirebbe a nulla, a questo punto, se non ad aggravare ulteriormente la pena. Il succo è che hanno elaborato uno scherzetto nei confronti della prof di Trasfigurazione - così, perché non ce la facevano davvero ad evitare di essere puniti o sospesi per più di ventiquattr'ore di fila. Ed ecco il benservito. «La quale docente mi ha appunto pregato di consegnare all'interessato questa lista di compiti aggiuntivi. Ah, ovviamente sei sospeso dal Quidditch. Dalle gite ad Hogsmeade... E anche dalla sua aula, finché non riuscirai a strappare un Accettabile in uno dei temi a te assegnati. Buona fortuna, signor Paciock.», Peter neanche perde tempo a leggere l'elenco personalizzato appositamente per lui. Sa già quanto sia infinito. «Ma professore scusi come faccio a prendere Accettabile se mi ha bandito dalla sua au... Vabbè sì, ok.», il capo casata volta le spalle di gran carriera, ed il nostro eroe Peter Pan si ritrova con zero conoscenze - mannaggia a lui che non recupera il programma di Trasfigurazione da tipo mesi - ed una taglia sulla testa. E in tutto questo deve anche presenziare alla partita di scacchi magici clandestina che si terrà nella Stanza delle Necessità, così per dire. Drammaticamente indeciso se foldare - e cercare di salvare la propria reputazione ad Hogwarts, tanto per cominciare evitando di essere espulso -, oppure fregarsene e andare al torneo, mette a tacere la propria flebile coscienza e sgattaiola per i corridoi sino a raggiungere il quinto piano. «E' qui la festaaaa?», il nostro mitico fa un ingresso trionfale indossando un paio di occhiali da sole - a Novembre, quando già fa buio alle due del pomeriggio, figuriamoci alle sette - e un girocollo d'oro che narcotrafficanti scansateve. Mastica vigorosamente una chewing gum, dunque prende posto ad uno dei tavolini messi in fila, ravviandosi il magico ciuffo portafortuna.
    «Polly, ti prego, va' a chiamare il mio segretario.», il suo segretario che sarebbe un povero primino Tassorosso che nella vita non ha fatto nulla di male, davvero, se non essere capitato sotto l'ala protettiva di Paciock, che l'ha giustamente eletto a proprio porta-caffé. Un giorno sarai il mio erede, piccolo Ross. «Allora Ross, piano giornaliero?» «Sì, Peter, allora, praticamente dovresti sfidare Judith O'Malley, poi praticamente dovresti scontrarti con Randall Taylor e poi praticamente cioè, con quello che tipo praticamente vince tra Katherine e Severus Candor.» «Sì ma respira bro, non ti mangio -», poi, sottovoce, continua: «Tu lo sai che quando faccio il duro è perché, insomma, devi imparare a vivere in questo mondo cattivo e pericoloso. Io ti sto solo forgiando. Vedrai che ne uscirai vincitore.», gli dà una pacca sulla spalla, profondamente convinto di ciò che ha appena detto. Quando suona la sveglia dell'organizzatore della maratona, mister Paciock inizia a concentrarsi e a disporre i propri pedoni, cavalli e quant'altro sulla scacchiera. Daje che ci portiamo a casa questi dieci Galeoni. Osserva la sua sfidante, Judith. Bona, sì, ma non vale la pena fare il cavaliere proprio a questo giro. La vittoria è molto più allettante, sinceramente. Magari vediamo se riusciamo a procurarci il suo numero lo stesso, chissà: il fascino del campione. La partita si conclude in venti minuti e trentasette secondi - complice la puntualità e precisione di Ross nell'annotare letteralmente qualunque cosa dica Peter. Lo sfidante successivo, Randall, fa una mossa sbagliata sin dalla partenza - e dire che gli sono capitati i bianchi, dunque è ben più avvantaggiato. Gli costa la sconfitta nel giro di poco. E dunque, a tirar le somme, una cosa bisogna dirla: Peter Paciock ha un cazzo di culo. Certo, ci sa fare con gli scacchi, ma Sorella Fortuna lo assiste in un modo che Gilderoy Allock chi sei scusa. Tra Katherine e Severus la spunta quest'ultimo. Subito dopo, tuttavia, la battaglia con Piti dura davvero niente - e vi giuro che non ha barato, figuriamoci!, piuttosto si sparerebbe un colpo di Reducto in testa. Alla fine dei giochi, intasca la sua somma di dieci meravigliosi, profumati Galeoni. Poi, l'illuminazione. «Ross, a rapporto!», manco fosse il suo san Bernardo di fiducia. «Dimmi Piti!» «Peter, Piti è per pochi, non per tutti. «Il campione ha appena deciso di bandire un nuovo torneo.» «Sì, Pit- Peter, dimmi tutto, io sono pronto, bro, lo squadra, Piti, prima di decidere che sorvolerà su quella presa di confidenza. «Allora, bro, puoi comunicare ai presenti che ho intenzione di rilanciare la posta in palio. Quindici Galeoni andranno al concorrente che perderà contro di me.» «RAGAZZI! Allora Peter ha deciso praticamente che praticamente vi vuole sfidare di nuovo e praticamente chi vince... No aspetta, chi perde... Chi perde vince?» «Sì, hai capito bene. Se vinco la partita, sborso quindici Galeoni. Però... Lo sconfitto dovrà farmi i compiti di Trasfigurazione.», e fidatevi, non è uno scambio affatto equo e conveniente. «Ed ovviamente dovrà farmi prendere Accettabile. Anzi, di più. Voglio almeno Oltre Ogni Previsione.» «Un attimo, Pit- Peter, sì, Peter. Va bene praticamente se tu vinci, ti fanno i compiti però tu praticamente paghi quindici Galeoni. Però se tu perdi, praticamente, cosa succede?» «Frà mi spappoli il cervello con tutti i tuoi praticamente. Comunque niente. Se perdo, li faccio io all'altra persona. I compiti. E... Sborso pure cinque Galeoni.», ma tanto non accadrà mai. Vincerò io e saremo tutti content- ehm, voi un po' meno perché vi tocca una valanga di Trasfigurazione che, tipo, una vita intera non basta. Direi che quindici Galeoni è un pagamento onesto. Ovviamente lo fa - oltre al fatto di essere terribilmente sborone - anche perché la propria fama lo precede. Nessuno si prenderebbe la briga di sfidarlo così, a caso, senza avere un premio significativo anche in caso di sconfitta. Per quanto riguarda la vittoria, poi, Peter Paciock che fa i compiti di qualcuno è già un'umiliazione abbastanza memorabile: se per di più vi si aggiungono cinque Galeoni dal nulla... Beh, comunque qualcosa in tasca la portate via a prescindere.«Allora? Si fa avanti nessuno?» «Allora, si fa avanti nessuno?» «Cazzo, Ross. Ci sentiamo anche senza che ripeti ogni respiro di Peter, grazie.»


     
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    Al primo anno ad Hogwarts, Ron fu messo sotto pressione dall’essere il più piccolo e l’ultimo arrivato. Dovette reggere il confronto con il Percy, nominato Prefetto, e fare meglio di quel che stavano combinando Fred e George, famosi in tutta la scuola per i loro scherzi sempre sensazionali. Se qualcuno si aspetta sempre qualcosa da te, è difficile prendere il controllo delle proprie scelte, cerchi solo di assecondare ciò che gli altri vogliono. Nonostante amasse in modo incondizionato la sua famiglia, era facile sentirsi soffocati in una famiglia così numerosa. Negli scacchi era da solo con la scacchiera e l’avversario, ed era davvero lui a prendere le decisioni. Forse era per questo che a Ron Weasley erano sempre piaciuto giocare a scacchi: era un momento per sé e basta. Il penultimo dei figli Weasley aveva un carattere spericolato e irrazionale ed Hermione non tardava mai a farglielo notare. Dory li aveva sempre trovati divertenti. Gli scacchi, invece, erano un lungo gioco con solo tre possibili esiti. Gli scacchi forzavano Ron a pensare di strategia e in fretta. Crescendo, divenne un asso ad utilizzare quella strategia. Come quando ebbe l'idea di andare a prendere le zanne di Basilisco nella Camera dei Segreti per distruggere gli Horcrux. Sua madre aveva sempre raccontato quell'aneddoto definendo il marito "geniale". "Sempre quel tono sorpreso", le rispondeva ogni volta Ron con un sorriso. Quando Dory era piccola, lui la teneva in braccio durante le sue lunghe partite con zio Harry, e la bambina non si lamentava mai. Osservava con occhietti vivaci ciò che accadeva sulla scacchiera, senza avere la più pallida idea di ciò che stesse accadendo. Una volta si infilò in bocca un pedone e a Ron venne quasi un infarto. “Questo la mamma non lo saprà mai!” fece promettere ad una bambina che a malapena aveva il controllo del proprio collo. Diventata più grande, l’uomo iniziò a coinvolgere sempre di più la figlia in quella sua passione. A Dory piaceva passare del tempo con suo padre. Imparare i movimenti dei pedoni fu piuttosto semplice. Ninfadora era una bambina riflessiva, una grande osservatrice, ma l’imprevedibilità del padre la costringeva spesso a cambiare le carte in tavola. Se fino ad un certo punto Ron sembrava fare tutte le mosse da lei predette, ad un certo punto, inaspettatamente, l’uomo cambiava strategia. La primogenita sospettava che il padre lo facesse apposta, per ridere di quell’espressione sorpresa che non era mai riuscita a camuffare bene davanti ad un cambio di registro così repentino. Già ad undici anni, Dory sapeva dare filo da torcere a molti giocatori della sua età. Frequentava il club degli scacchi e, in una sfida infantile, si ritrovava spesso a doversi confrontare con Scorpius Malfoy. Tra di loro era nata una piccola e giocosa rivalità sulla scacchiera. Non appena Ron ne era venuto a conoscenza, concludeva sempre le sue lettere con una frase dove le raccomandava di fare il culo al figlio di Draco Malfoy. Lei sbuffava sempre un sorriso. Aveva saputo del torneo clandestino organizzato nella Stanza delle Necessità da quell’oca di Judith O’Malley. Era andata da lei, chiedendole se avrebbe partecipato e in tutta risposta Dory aveva scosso energicamente la testa. Non le piaceva come lo avevano chiamato: “clandestino”. Perché mai organizzarlo di nascosto? Non aveva senso! A lei non piacevano le cose in questo modo. “Oh, capisco. La Weasley ha paura di perdere”, aveva detto la O’Malley. Non era così, le aveva fatto notare, ma Judith non le aveva creduto. Aveva continuato a prenderla in giro per un po’ ed infine se n’era andata. Dory aveva deciso di infilare quella conversazione nel cassetto delle cose che non le interessavano. Aveva notato con estremo disappunto che quel cassetto sembrava aprirsi da solo. Forse era troppo pieno, aveva pensato, perciò ci aveva messo un lucchetto, ma in qualche modo si era aperto anche questo. Aveva provato di tutto, ma quella ridicola chiacchierata con Judith O’Malley continuava a sbucare fuori, irritandola particolarmente. Era per questo che aveva deciso di andare. Solo per dare un’occhiata, nulla di più. Non avrebbe fatto niente di illegale, solo guardare. Un giro di ronda, e poi se ne sarebbe andata. La Stanza delle Necessità era gremita. Si chiese da quando gli scacchi attirassero così tante persone, ma forse molti erano accorsi solo per quel nome: “clandestino”. «Dory! Sei venuta!» Mark Graham la chiamò e la ragazzina si guardò automaticamente intorno, quasi si aspettasse di trovarsi tutti gli occhi puntati addosso e qualcuno che bisbigliava la parola “fuorilegge”. In realtà nessuno la stava guardando. «Ehy, Mark..» «Sei venuta per il torneo?» Ancora una volta, Dory scosse la testa. «Oh, no.» Alzò le mani, come per dichiararsi innocente. «Sono venuta solo a dare un’occhiata... Sai dov’è la O’Malley?» Mark indicò un punto aldilà del gruppo di studenti. «Ha appena fatto una figuraccia contro Paciock. Battuta in venti minuti e trentasette secondi.» Due cose capì Dory da quelle parole: la prima era che Judith aveva fatto una figuraccia -nonsorriderenonsorriderenonsorridere-, e la seconda era che naturalmente Peter Paciock aveva deciso di partecipare. «Oh, mi dispiace.» Non sai proprio mentire, Dory. «RAGAZZI! Allora Peter ha deciso praticamente che praticamente vi vuole sfidare di nuovo e praticamente chi vince... No aspetta, chi perde... Chi perde vince?» «Sì, hai capito bene. Se vinco la partita, sborso quindici Galeoni. Però... Lo sconfitto dovrà farmi i compiti di Trasfigurazione.» Dory incrociò le braccia al petto, roteando gli occhi. «[...] Comunque niente. Se perdo, li faccio io all'altra persona. I compiti. E... Sborso pure cinque Galeoni.» Come, scusa? Per poco non scoppiò a ridere in mezzo a tutto quel silenzio. Silenzio. Dory si guardò intorno, prima a destra, poi a sinistra, osservando le facce delle persone intorno a sé. Paciock era bravo, lo sapevano tutti, forse era per questo che nessuno si faceva avanti. Sentendosi osservata si voltò verso Mark che le lanciò un'occhiata d'intesa. La ragazzina fece finta di non vederlo. «Allora? Si fa avanti nessuno?» «Allora, si fa avanti nessuno?» «Cazzo, Ross. Ci sentiamo anche senza che ripeti ogni respiro di Peter, grazie.»
    Ancora nessuna risposta da parte del pubblico. Mark le toccò la spalla. Infondo, non c’era niente di male, giusto? Solo per quella volta. Non sarebbe successo niente. Coraggio. Dory alzò la mano schiarendosi la gola. «Scusate..» Fu in quel momento che tutti si voltarono verso di lei. La folla si divise perfettamente a metà, rivelando a Peter la figura minuta di Ninfadora Weasley. Fece ricadere il braccio lungo il fianco ed accennò un piccolo sorriso imbarazzato. «Io vorrei partecipare.» dichiarò cercando di tenere un tono di voce sicuro. «C’è solo un problema..» Guardò Peter vicino alla scacchiera. «Non ho intenzione di farmi fare i compiti da Peter Paciock. Scusa, Pete, ma mi rovineresti la media.» Alzò le spalle con una piccola espressione colpevole. Lo stava prendendo bonariamente in giro. Si fece avanti, raggiungendo il ragazzo, mettendosi dall’altra parte del tavolo. «Perciò facciamo così: se perdi niente più Caccabombe nelle borse dei professori per almeno un mese. Così tu non sarai sospeso e forse noi riusciremo a vincere la Coppa delle Case. Che ne dici?» allungò una mano verso di lui. Sfida accettata?
     
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    «Scusate..», mister Paciock sciabola un sorriso divertito mentre volta lo sguardo alla sua destra. Dalla piccola folla intorno a lui emerge Ninfadora Weasley, la cugina di James. A un primo impatto, Piti inizia a farsi complessi sulla possibilità che, insomma, nel momento in cui la schiaccerà - perché ci potete giurare che il suo spirito competitivo farà di tutto affinché ciò accada! -, dato che è solito esagerare con frasi del tipo sono il migliore, mangiate la mia polvere, la classe non è acqua, magari potrebbe creare involontariamente giusto un po' di fastidio alla famiglia Potter-Weasley. E questo non è il suo scopo principale, al momento: buoni rapporti con tutti e si campa cent'anni, come gli suggerisce di continuo nonna di casa Abbott. Però, capitelo, cosa dovrebbe fare il primo in classifica, nel momento in cui viene così apertamente sfidato? Tirarsi indietro per paura di ferire qualcuno? E rinunciare così al podio che tanto duramente si è conquistato? Chiariamoci... Non è esattamente lo stile del mitico in questione. Ed infatti, l'egocentrico Grifondoro, sbotta con un petulantissimo: «Sìììì?», come se fosse stato disturbato dallo svolgere la propria nobile mansione di Re Giorgio d'Inghilterra. «Io vorrei partecipare. C’è solo un problema..», sentiamo questo problema, avanti. Piti rotea gli occhi, mentre fa cenno a Ross di portargli un bicchiere d'acqua - sapete com'è, deve mantenere le mucose idratate, o meglio, deve dar qualche compito da svolgere al suo assistente personale per forza, altrimenti sembrerebbe il solito smidollato di turno che non sa gestire bene gli affari. Manco fosse a capo di Wall Street, appunto... «Hai paura di perdere, Dorina? E' questo il problema? Beh, io non so che dire, è un'eventualità molto probabile, però ti assicuro che non te lo farò pesare più di tant -» «Non ho intenzione di farmi fare i compiti da Peter Paciock. Scusa, Pete, ma mi rovineresti la media.», per Morgana, che secchia fatta e finita che m'è capitata. Il sopracciglio destro di Piti svetta a toccare Mercurio, Giove e Saturno, mentre Ross al suo fianco si morde il labbro inferiore per non ridere - evento notato dal Mistico con un tratto di fastidio, tanto che gli rifila subito una gomitata non troppo gentile. «Ninfadora Weasley e la sua lingua tagliente, signori e signore. Cara concasata, mai sentita la frase è incredibilmente, sorprendentemente, indiscutibilmente e supremamente intelligente, solo che non si applica? Beh, Dory, mi spiace dirtelo, ma è una di quelle situazioni. Ho di meglio da fare che tenere una media alta, tipo bullizzare Ross e crearmi un giro di ragazze intorno, che te lo dico a fa'. «Ma capito, se vuoi perdere l'occasione della vita e continuare a svolgere i compiti da sola pur sapendo che se li facessi io sarebbe un successone assicurato... Cioè, chi sono per frenarti.», sorride beffardo assumendo un'espressione da faccia da schiaffi di prima categoria. «Perciò facciamo così: se perdi niente più Caccabombe nelle borse dei professori per almeno un mese. Così tu non sarai sospeso e forse noi riusciremo a vincere la Coppa delle Case. Che ne dici?», lo sguardo di Paciock si fa cupo, come se gli avessero appena annunciato la propria sconfitta ad una partita di Quidditch. Inizia a picchiettare col dito indice sul tavolino dov'è riposta la scacchiera, valutando il da farsi. Può davvero promettere alla platea e a se stesso che metterà la testa a posto e non comprerà più Caccabombe? E' una sfida ardua. E' una sfida che va a toccare delle corde particolari: le corde dell'anima. Si può certamente percepire la tragedia dipinta sul viso di Paciock, messo di fronte ad una scelta dalla quale dipenderà la propria condotta. La propria reputazione. Il proprio futuro. Caccabombe o non Caccabombe? Essere o non essere? Riuscirà il nostro eroe a rigare dritto? Beh, in fondo non è neanche una domanda da porsi: dovrei fare il bravo soltanto in caso di sconfitta. E siccome non avverrà neanche giocando ad occhi chiusi e sotto Oblivion... «Ninfadora Weasley, accomodati.»
    «Sì Dory! Cioè Ninfa d'oro, un attimo... com'era? Ninfadora. Sì, accomodati!!!», il piccolo Ross fa l'eco indirizzando la studentessa verso la sediolina di fronte a Peter. Paciock sorvola sull'ennesima intrusione, iniziando a disporre i propri guerrieri sulla scacchiera: giocherà col nero, a riprova dell'enormità di un ego di cui non si vede neanche l'orizzonte. A riprova del fatto che sa già come si concluderà la partita. Consente dunque al nemico di fare la prima mossa. «Prima di cominciare, miss... Non mi assumo la responsabilità di eventuali lamentele, conflitti d'interesse, rotture di palle eventualmente createsi coi tuoi familiari miei amici - tanto per citarne uno a caso James -, cioè, che non si dica che Peter Paciock non è un signore e non è professionale. Patti chiari, amicizia lunga. Nulla di personale. Mi sembra doveroso anticiparlo perché... Sai com'è... Poi la gente la prende troppo sul serio, inizia a frignare, capì? Cioè, non voglio lamentele post partita. Ci stai?», allunga la mano in direzione dell'avversaria, prima di stringerla e far partire il timer che scandirà il tempo della prima mossa di Dory. Piti improvvisamente si trasforma: incrocia le mani a preghiera e, con gli indici, sostiene la fronte. Sembra quasi in meditazione. Ed in effetti lo è, tanto il gioco lo cattura. Quasi non sente i cori dei suoi fan - né tanto meno quelli dei coraggiosi detrattori: gente che vorrebbe spodestarlo perché, capito, è anche un po' pesante quando parte con la solfa del sono Peter Paciock, il migliore sempre e comunque. Quando Dory fa scattare il timer a sua volta, Peter cerca di essere il più rapido possibile. In ogni sua mossa di risposta, l'obiettivo è quello di agire velocemente per spaventare il nemico. Una sorta di attacco sin dal principio. Deve credere che ho la partita in pugno già da adesso. E glielo fa credere, Peter, ridacchiando quando giudica un passaggio troppo prevedibile e appuntando alcune mosse con espressione strafottente. La verità è che Ninfadora Weasley sa il fatto suo, eccome se lo sa. E questo Peter non può ammetterlo. «Attenta all'alfiere, Weasley.», di tanto in tanto si avventura in battute del genere, che non hanno ragion d'essere - perché a conti fatti l'alfiere di Dory non è in pericolo -, solo che lui porta l'attenzione in quello specifico punto per distrarla da altri più a rischio. Una tattica subdola made in king Peter from Stronzoland. «Raga ma me lo sono sognato o Peter ha meno pedoni di Dory?» «Non te lo sei sognato, Marissa. Ti sei sognata, invero, l'importanza dei pedoni, però. Non è quello il centro della partita, principessa, e niente, ovviamente l'appellativo è d'obbligo perché Peter è il provola numero uno della Stanza delle Necessità, figuriamoci. Se la sua identità di miglior giocatore di scacchi viene minata - anche se non lo ammetterà mai, né in tempi di pace, né sotto tortura -, quanto meno va preservata quella di bello e impossibile della situazione. «Allora, Dory? Qua ci stiamo annoiando. Ross, ti prego, portami un caffè perché... va per le lunghe, altra subdolaggine servita su un piatto d'argento.
     
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    «Ninfadora Weasley e la sua lingua tagliente, signori e signore. Cara concasata, mai sentita la frase è incredibilmente, sorprendentemente, indiscutibilmente e supremamente intelligente, solo che non si applica? Beh, Dory, mi spiace dirtelo, ma è una di quelle situazioni. Ho di meglio da fare che tenere una media alta Il suo occhio parve tremare impercettibilmente quando Peter Paciock la chiamò con il suo intero nome, ma decise di rimanere in silenzio. Fin da piccola aveva fatto una sorta di patto con sé stessa: passi una, passi due, ma alla terza scoppia la bomba. Era una regola facile, che la aiutava a restare sana di mente. Aveva optato per quella possibilità tra tante altre, tra cui l’ipotesi di Cruciare chiunque pronunciasse il suo nome completo. Questa, però, era una delle opzioni che aveva scartato quasi subito, decisa a non finire ad Azkaban almeno prima dei vent’anni. Rimase perfettamente in silenzio, assottigliando lo sguardo e fissando il volto di Peter Paciock. Le sembrava di vederle: le rotelle degli ingranaggi nella sua testa che giravano, analizzando la situazione da svariati punti di vista, cercando di capire se poteva arrivare a correre il rischio di mettere a repentaglio la sua fama di maggior artefice degli scherzi al povero personale scolastico. Anche le persone accanto a loro erano in silenzio. Percepiva gli occhi incuriositi degli studenti che passavano dal volto di lei a quello di lui e viceversa, come se stessero cercando di indovinare cosa sarebbe successo ancor prima che uno parlasse. Poi lo vide sorridere. Un sorriso che lo faceva sembrare dannatamente sicuro di sé. «Ninfadora Weasley, accomodati.» E due. Dory alzò le sopracciglia, annuendo con un singolo gesto del capo, come a voler sigillare quel patto tra di loro. E così sia. «Sì Dory! Cioè Ninfa d'oro, un attimo... com'era? Ninfadora. Sì, accomodati!!!» Tre. Deflagrazione in corso. Avviata. La Grifondoro si voltò di scatto verso il ragazzino, Ross così Peter lo aveva chiamato -per lei si era appena guadagnato il soprannome di “tirapiedi di Paciock”-, piantando gli occhi castani sui suoi ed avvicinando il viso al suo. Socchiuse gli occhi, stringendo le labbra così che formassero una linea retta sul suo volto. «Non. Chiamarmi. Ninfadora.» borbottò a denti stretti. La sua voce era come un sibilo, una minaccia che non necessitava di spiegazioni. Era meglio lasciar spazio all’immaginazione piuttosto che rivelare cosa sarebbe successo altrimenti. Il ragazzino annuì. Aveva gli occhi spalancati come un cerbiatto. Con un gesto della mano le indicò il lato del tavolo dove accomodarsi. I bianchi. Estremamente sicuro di sé, Peter Paciock. Non c’era che dire. «Prima di cominciare, miss... Non mi assumo la responsabilità di eventuali lamentele, conflitti d'interesse, rotture di palle eventualmente createsi coi tuoi familiari miei amici - tanto per citarne uno a caso James - [...] Ci stai?» Lo guardò allungare la mano verso di lei, mano che attendeva solo di essere stretta. Lei fece viaggiare un paio di volte lo sguardo tra lui e la mano per poi fermarsi su Paciock. «Cioè, fammi capire.. Mi stai dicendo che sono una frignona e che secondo te andrei a lamentarmi da James per architettare qualche vendetta nei tuoi confronti nel caso dovessi perdere? » lo disse tutto d’un fiato, con un’espressione confusa ed una nota bella marcata di scetticismo nella voce. Scosse piano il capo, prima a destra poi a sinistra e viceversa, sospirando e piazzando i propri pezzi sulla scacchiera. «Sono offesa, Paciock. Profondamente offesa.» Sistemò l’ultimo pedone per poi incrociare le braccia al petto e alzare lo sguardo sul Grifondoro. Il timer parte e lei muove in avanti il suo primo pedone. Peter era veloce, eccezionalmente veloce. Era una delle prime cose che le aveva detto anche suo padre: si rapida nel ragionare. Dory, però, era una ragazza meditativa. Nella vita di tutti i giorni non si sarebbe mai azzardata ad agire senza una buona dose di ragionamento alle spalle. Elencava le varie possibilità ed i probabili sviluppi. Raramente lasciava qualcosa tra le mani del caso. Cercava di rimanere calma e perfettamente concentrata, ma era chiaro che Peter non fosse un novellino. Se la cavava bene.
    «Attenta all'alfiere, Weasley.» Lei alzò un sopracciglio senza alzare lo sguardo dalla scacchiera. «Questo trucchetto può esserti utile con la O’Malley, ma non con me.» Un “Ehy!” particolarmente offeso si sollevò dalla folla di studenti incuriositi e Dory riconobbe la voce di Judith. Le pareva di vederla: le braccia incrociate e il broncio stampato in faccia. «Coraggio Judith. Lo sai tu, lo so io e lo sa Peter. Altrimenti non ti avrebbe sconfitta.» mosse la Torre a destra e la sua mano si spostò sul timer. In un attimo, Peter aveva già mosso. «Raga ma me lo sono sognato o Peter ha meno pedoni di Dory?» «Non te lo sei sognato, Marissa. Ti sei sognata, invero, l'importanza dei pedoni, però. Non è quello il centro della partita, principessa Sorrise sotto i baffi, la giovane Weasley dai capelli castani. Quindi anche tu hai il tuo punto debole.. «Allora, Dory? Qua ci stiamo annoiando. Ross, ti prego, portami un caffè perché... va per le lunghe Stai cercando di mettermi ansia, Peter? alzò una mano, scrocchiando le dita. «Fanne due, Ross. Il mio con una zolletta di zucchero.» Alzò finalmente la testa, lanciando uno sguardo al povero Ross e sventolando le ciglia con un sorriso. «Grazie mille.» Tornò a fissare la scacchiera. Mosse il suo alfiere e schiacciò il timer. «Spero di non farti addormentare, Peter. Mi servi bello attivo per impegnarti meno sugli scherzi e di più sullo studio.» Lo provocò, incrociando le braccia al petto e poggiandosi con la schiena contro la seggiola in legno. «Ho sentito dire che il professor Danphy si è vantato di avere comprato una giacca nuova. Sarà un vero piacere non vederla macchiata di inchiostro o chissà cos’altro..» In quel momento Ross arrivò tutto trafelato, posando davanti ai due giocatori i loro caffè richiesti. Dory lo prese, bevendone un sorso. «Attento all’alfiere, Peter..» gli fece il verso, guardandolo meditare sulla prossima mossa, per poi bere un altro sorso di caffè. Cercava di nascondere la propria preoccupazione, ma la verità era che Peter aveva avuto ragione nel rispondere a Marissa poco prima. Rilassati. «Ne avremo ancora per molto? Tra un paio d’ore ho un corso accelerato di Pozioni e ora che ci penso dovrei proprio portarti con me..»


    Edited by expecto patronum. - 5/1/2021, 15:41
     
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    «Non. Chiamarmi. Ninfadora.», un Peter intento a sistemare la propria postazione si interrompe improvvisamente. Perché mai il tono di Ninfadora si è alterato? O meglio, perché si è alterato così presto? Il signor Paciock non prevedeva di farla arrabbiare prima di, più o meno, un quarto d'ora. Invece, oltre ogni previsione, la Grifondoro ha già sbottato che neanche hanno mosso una pedina. Cominciamo meravigliosamente, Weasley. Un sorrisetto malefico s'impadrona delle labbra antipatiche di Piti, le sopracciglia si curvano in una delle sue solite espressioni strafottenti. «Perché mai, Ninfadora?», Timmy, al suo fianco, ride della prodezza di messer Paciock. Lui lo fa quietare con un semplice cenno della mano, poi inizia a guardare insistentemente l'orologio, suggerendo in silenzio alla sfidante di essere in ritardo sulla tabella di marcia - a causa, ovviamente, delle paturnie di lei sul nome completo e tante altre sciocchezze simili. Tu guarda se devo ritrovarmi a far da badante ad una ragazzina in pieno ciclo - questo non lo dice ad alta voce, però, onde evitare l'ennesima sfuriata dell'avversaria. Proprio per questo motivo, Piti ritiene necessario mettere le cose in chiaro con lei: non ha intenzione di sorbirsi scenette del genere, qualora - il che è praticamente scontato - dovesse batterla di brutto. Soprattutto perché, ahinoi, Ninfadora appartiene alla stessa famiglia di James, il suo migliore amico. E si sa com'è James, quando gli toccano i parenti... «Cioè, fammi capire.. Mi stai dicendo che sono una frignona e che secondo te andrei a lamentarmi da James per architettare qualche vendetta nei tuoi confronti nel caso dovessi perdere? », più o meno, Ninfadora. Una frignona che legge nel pensiero, dato che hai inteso perfettamente la mia premessa. «Sono offesa, Paciock. Profondamente offesa.», ecco, vedi? Mo' si offende pure. Piti scuote le mani in segno di bandiera bianca, solo ed unicamente per tagliar corto e andare al sodo: la partita di scacchi clandestina. Il motivo per cui entrambi si trovano lì; il motivo per cui intorno a loro c'è una folla ben assortita che scalpita. «... Mh, sì. Ecco, metti una firma qua prima di procedere?», domanda, tirando fuori un foglietto bianco nel quale, da bravo comico qual è, le lascia intendere sia riportata la clausola da lui imposta. «... Sto scherzando, Ninfadora, ridacchia, accartocciandolo e lanciandolo in direzione della folla, dove un innocente Timmy si sbraccia pur di conquistare il reperto storico che, per una manciata di secondi, il suo idolo Paciock ha tenuto tra le mani. Piti lo osserva con tenerezza, scrollando poi la testa e facendo scattare il tempo che segnerà la prima mossa della Weasley. La partita si fa intensa ogni istante che passa, tanto che Piti - non lo ammetterà mai, ma è doveroso specificarlo - inizia a sudar freddo. Quando ho detto "frignona che legge nel pensiero" mica mi sbagliavo. Sembra quasi che l'avversaria preveda le sue mosse, tanto da rispondergli a tono per ogni attacco che imposta. «Questo trucchetto può esserti utile con la O’Malley, ma non con me.», la battuta di lei suscita le lamentele di Judith, ma Ninfadora non si fa intimorire dalla possibile battaglia con l'altra ragazza, replicando: «Coraggio Judith. Lo sai tu, lo so io e lo sa Peter. Altrimenti non ti avrebbe sconfitta.», standing ovation - no scherzo, sei il nemico. Piti è combattuto tra il desiderio di acclamare Ninfadora e quello di spazzarne via ogni elemento dalla scacchiera.
    «Suvvia, signore, non litigate. Ce n'è per tutte.», esclama lo scemo, riferendosi alla propria persona - perché sia mai che il centro di qualsiasi discorso esistente sul pianeta terra non sia sempre, solo, imprescindibilmente Peter Paciock. Superate le emozioni contrastanti, si concentra ancora una volta sulla partita - una partita infinita, davvero. I presenti iniziano a scocciarsi: c'è chi si siede a gambe incrociate per terra, c'è chi rinuncia e volta i tacchi per andarsene, c'è chi continua a saltellare gasato, per quanto si tratti di una minoranza. Lo stesso Timmy sembra avere sulla punta della lingua alcune parole che, tuttavia, non osa pronunciare - probabilmente per timore di provocare Peter. «Fanne due, Ross. Il mio con una zolletta di zucchero. Spero di non farti addormentare, Peter. Mi servi bello attivo per impegnarti meno sugli scherzi e di più sullo studio.», Peter le rivolge un'occhiataccia tremenda, concludendo con furia la mossa successiva. Ninfadora sta riuscendo nella stessa strategia che ha attuato lui pochi istanti prima: fargli perdere le staffe. E' il modo migliore per far perdere anche altre cose, tipo la concentrazione, elemento fondamentale per vincere una partita di scacchi magici. «Ho sentito dire che il professor Danphy si è vantato di avere comprato una giacca nuova. Sarà un vero piacere non vederla macchiata di inchiostro o chissà cos’altro..», a quel punto Paciock deve interrompersi. E' diventata una questione d'onore. «Cioè, fammi capire... Credi davvero che la mia arma sia l'inchiostro, Ninfadora? Sono offeso. Profondamente offeso.», ricalca l'espressione usata da lei, facendo intendere quanto il chissà cos'altro sia molto più che realtà. Sia, invero, la regola. «Ad ogni modo sarà un piacere fare esperimenti nuovi con la giacca del professor Dunphy. Sono sicuro di poterlo rendere incredibilmente stiloso. Soprattutto perché negli ultimi tempi l'ho visto un po' sotto tono... Non è vero, Ninfadora?», mentre risponde alla ragazza, Piti si premura di utilizzare quante più volte possibile il nome di lei per intero. E' certo che prima o poi gli tirerà un pugno, ma questo non lo spaventa: adora giocare alla lotta. E' una delle sue infinite passioni: Quidditch, scacchi e musica a parte. Il fatto che miss Weasley sia una ragazza non lo preoccupa minimamente: abbiamo la parità dei sessi, no? E quindi si combatte, senza se e senza ma. «Raga, non per farmi i fatti vostri... Però... Vi siete resi conto che siamo rimasti in cinque, vero? E io ho intenzione di andarmene tra non oltre dieci minuti. Se rimanete senza testimoni la partita non si può fare più. Che ne pensate... Di interrompere e continuare domani?», Piti solleva lo sguardo per squadrare da capo a piedi l'interlocutore. Si tratta di Jay Morrison, uno della sua cerchia stretta. In effetti non ha mica tanto torto... Mister Paciock non se n'è reso conto, ma sono trascorse ormai... Due ore, cazzo. «Allora, Weasley. Questo corso accelerato di Pozioni? Vogliamo andare, mh? Mi dispiacerebbe asfaltarti anche in quel contesto, ma mi sembra non ci rimangano alternative. Andiamo.», e la parola di Paciock detta legge: interrompe il timer e agguanta il polso di Dory, trascinandola fuori dalla Stanza delle Necessità. Una volta rimasti soli, inizia a domandare, guardingo, qualcosa tipo: «E allora... Scacchi magici, eh? Chi ti ha insegnato a giocare?», il curiosone si interrompe, abbastanza certo di averle fatto capire di esser rimasto colpito dalla sua bravura, così si affretta ad aggiungere: «Così di merda? Cioè, chi ti ha insegnato a giocare così di merda? E' una frase unica.», pessimo, Peter Paciock. L'educazione proprio non ti appartiene. L'umiltà neanche. L'animo stronzo sì.

     
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    «Suvvia, signore, non litigate. Ce n'è per tutte.» Dory alzò lo sguardo lanciando un’occhiata a Peter, ma non drizzò la testolina che continuava ad essere proiettata verso la scacchiera. Roteò gli occhi, per poi tornare a guardare le sue pedine prima di fare la propria mossa. Avrebbe voluto fare una risata, ma si impegnò a trattenerla. Paciock non se la meritava, visti tutti i “Ninfadora” sparati a salve. Era già molto che la ragazzina non avesse dato d’escandescenza. C’erano solo due tipi di persone alle quali dava il permesso di usare il suo nome completo: gli insegnanti e i suoi genitori. E tu, Peter Paciock, non sei né l’uno né l’altro. Pollice ed indice afferrarono la palettina con la quale cominciò pigramente a girare il caffè dentro la tazzina di carta. Un giro, due giri, tre giri. C’erano dei gesti che inconsciamente non cambiavano mai. «Cioè, fammi capire... Credi davvero che la mia arma sia l'inchiostro, Ninfadora? Sono offeso. Profondamente offeso. [...] Sono sicuro di poterlo rendere incredibilmente stiloso. Soprattutto perché negli ultimi tempi l'ho visto un po' sotto tono... Non è vero, Ninfadora?» La Grifondoro corrugò le labbra, gli occhi che, se solo avessero potuto, avrebbero inchiodato Paciock al muro, lì vicino alla vetrinetta dei trofei. «Fossi in te sarei più offesa dal fatto di non riuscire a capire tre paroline semplicissime come “Non chiamarmi Ninfadora” Ad ognuna delle ultime tre parole pronunciate alzò un dito. «Non capisco, dove sta il problema? Forse nel “non”? Ti spiego, è semplice: si usa per esprimere una negazione.» Gli occhi della piccola Weasley si tramutarono in due piccole fessure. Parliamoci chiaro: era più che onorata di portare il nome di una delle donne più coraggiose che i suoi genitori giuravano di aver mai conosciuto, ma proprio come lei anche la piccola Dory non apprezzava esattamente la forma pomposa con cui le persone pronunciavano quel nome. Per un breve periodo, quando era piccola, aveva provato a presentarsi alle persone usando il suo secondo nome. Il problema si presentò quando le persone la chiamavano e lei non si voltava. “Rose? Chi diamine è Rose?” Esisteva soltanto una Rose e quella era ancora abbracciata a Jack alla pruda del Titanic. Fece una smorfia nel momento in cui Peter si prese il suo alfiere. L’aveva previsto, sapeva che sarebbe successo, ma vederlo andar via fu comunque un duro colpo. Era sacrificabile, si era detta. Qualche volte suo padre scherzava nel dirle che se quegli scacchi fossero state persone vere, lei sarebbe stata la più crudele tiranna di tutti i tempi. Lord Chi, scusate? Il modo glaciale e distaccato con cui sceglieva i soldati da poter far fuori era agghiacciante, secondo Ron. Lo diceva scherzando e lei rideva, ma qualcosa le diceva che qualsiasi menzogna custodiva un briciolo di verità. Senza il suo alfiere, la prossima pedina che serviva a svicolare dal suo reale piano era sicuramente la torre. «Raga, non per farmi i fatti vostri... Però... Vi siete resi conto che siamo rimasti in cinque, vero? [...]» Come mossa da fili invisibili, la ragazzina eseguì gli stessi e identici movimenti del compagno di Casa, sollevando la testa e squadrando il ragazzino che aveva appena parlato e di cui non ricordava il nome. Quasi per avere conferma di ciò che era stato appena detto, Dory si guardò intorno, constatando che il ragazzino non aveva esagerato. Sbatté le palpebre, come se si fosse appena svegliata da un lungo sogno. Quanto tempo era passato? A suo parere non più di mezz’ora.. «Allora, Weasley. Questo corso accelerato di Pozioni? Vogliamo andare, mh? Mi dispiacerebbe asfaltarti anche in quel contesto, ma mi sembra non ci rimangano alternative. Andiamo.» Si voltò verso Peter, vedendolo già in piedi accanto al tavolo. Il corso di pozioni? Ma mancano ancora un paio d’ore a quello.. Increspò le sopracciglia, arricciando il naso sul punto di dire qualcosa, ma Paciock l’afferrò per il polso, trascinandola via, fuori dalla Stanza delle Necessità. Passò le mani sopra gli occhi, colta alla sprovvista dall’improvvisa luce che irrompeva dalle vetrate del corridoio.
    Fu solo in quel momento che il suo sguardo si abbassò sull’orologio dal quadrante rotondo che portava al polso. Le lancette indicavano che erano da poco passate le cinque. Oh, no.. Ebbe l’impressione che il suo cervello stesse andando in cortocircuito. Cominciò a pensare velocemente cercando di dare un ordine a tutti i pensieri che le frullavano in testa. Il corso di Pozioni era iniziato da ormai sette minuti ed arrivare in quell’istante voleva dire beccarsi un’occhiataccia dal professore ed avere gli occhi dell’intera aula addosso. Quel giorno aveva già trasgredito una regola nel partecipare ad una gara clandestina non organizzata personalmente dal club di teatro. E allora perché si sentiva così su di giri? «Dovrei avere una Giratempo per arrivare puntuale al corso. Temo che ormai dovrò saltarlo, stavolta.» Si strinse nelle spalle, increspando le labbra con un’espressione pensierosa. «Ma non importa. D’altronde non sono obbligata a seguirlo essendo un corso raccomandato solo a quelli del settimo anno. Partecipo solo perché il professore mi ha chiesto se mi sarebbe piaciuto partecipare e mi sembrava sgarbato rifiutare.» E lei era solo al quinto. Si strinse nelle spalle pensando che avrebbe potuto chiedere gli appunti a qualcuno. Non sarebbe successo nulla se si fosse persa solo una lezione. «E allora... Scacchi magici, eh? Chi ti ha insegnato a giocare?» Mhm? Ah, allora è così. Si voltò verso di lui, guardandolo con un sopracciglio alzato e un sorriso divertito sulle labbra. «Così di merda? Cioè, chi ti ha insegnato a giocare così di merda? E' una frase unica.» Annuì, senza cambiare espressione in volto. <i>Per stavolta fingerò di crederti, Peter. Si avvicinò ad una delle finestre del corridoio, rivolgendo lo sguardo verso il cielo, socchiudendo appena gli occhi colta dalla piacevole sensazione del sole che le scaldava le guance. «Forse dimentichi che mio padre è Ron Weasley, uno dei più grandi giocatori di Scacchi Magici che Hogwarts abbia mai visto.» C’era un tocco di fierezza nella sua voce. Nel pronunciare quelle parole il sorriso sarcastico di poco prima lasciò posto ad uno più orgoglioso che le riempiva il volto. «Mi ritrovo in gara con mio padre praticamente da quando ho iniziato a capire che le pedine si dovevano muovere e non mettere in bocca.» Non aveva un ricordo preciso della prima volta che si era seduta davanti ad una scacchiera. Le pareva di averlo fatto per tutta la vita. «E a te invece chi ha insegnato? Un Troll?» lo guardò, incrociando le braccia al petto senza però riuscire a nascondere un sorriso divertito. «Comunque scusami per prima.» Le parole scivolarono da sole sulle sue labbra, quasi sorprendendo anche lei per sincerità con cui le aveva pronunciate. «Giuro che di solito sono più simpatica.» Ma non mi piace essere chiamata Ninfadora. Si disse che era superfluo ripeterlo. Ormai Paciock avrebbe dovuto capirlo. Era fuori di testa, ma non stupido. «Io ho fame.» esordì tutto d’un tratto, come se le fosse venuto in mente solo in quel momento. A quanto pare, da Ron non aveva ereditato solo la passione per gli Scacchi Magici. «Penso che andrò nelle Cucine. Gli Elfi Domestici sono sempre molto gentili con me. Penso per le battaglie che mia mamma porta avanti per conto loro. Hai anche tu una spilla del C.R.E.P.A., vero? Altrimenti dovrò fartela recapitare il prima possibile. Ogni spilla è un passo più vicino all’obiettivo esordì con tono solenne, cercando di imitare sua madre. «Ti va di venire con me?»

     
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    «Fossi in te sarei più offesa dal fatto di non riuscire a capire tre paroline semplicissime come “Non chiamarmi Ninfadora”. Non capisco, dove sta il problema? Forse nel “non”? Ti spiego, è semplice: si usa per esprimere una negazione.», Peter si morde le labbra per non scoppiare in una risata fragorosa, capace di perforare le spesse pareti della Stanza delle Necessità svelando la presenza dell'allegra combriccola al proprio interno. Sta tutto nel non, Ninfadora - si trova a riflettere, passando in rassegna l'incalcolabile numero di volte in cui gli è stata negata una cosa e lui, per ripicca, ha cercato in ogni modo di farla. Vale a dire sempre. E' davvero molto difficile rifiutare qualcosa a Peter Paciock: è una persona in grado di prendere per sfinimento; è capace di trasformarsi in una fastidiosa zanzara che ronza finché non ci si decide ad usare l'insetticida. Infine, elemento più importante, è dannatamente irresistibile - e noi sorvoleremo sul fatto che ci abbia imposto di scrivere quest'ultima frase. Soprattutto perché la partita a scacchi si fa incredibilmente interessante, con Dory che uccide il cavallo di Peter e, con esso, una significativa fetta di speranze del sottoscritto. Porca Morgana 'sta ragazzina - si danna il giovane Paciock, perdendo per un attimo la lucidità del freddo ed impassibile giocatore esperto. Individua poi una falla nel piano dell'avversaria, ed è lì che va a parare, costringendola a cambiare strategia - benché non sia detto, anzi, non sia detto affatto che il piano funzioni a lungo andare. E', come si suol dire, un cerotto applicato ad una ferita profonda - senza i punti di un chirurgo è difficile possa guarire rapida e indolore. Ad ogni modo, la partita va troppo per le lunghe perché i due Grifondoro possano continuare: il pubblico inizia a lagnarsi, le lancette dell'orologio scoccano implacabili, goccioline di sudore vanno ad imperlare la fronte dei due giocatori. Dobbiamo rimandare a domani - per quanto faccia male dirlo, essendo Peter al momento imbattuto ed avendo concluso senza alcuna difficoltà tutte le precedenti partite, allo stato attuale diventa tuttavia necessario. E' per questo che intima Dory a recarsi al Corso di Pozioni - un altro dei suoi assi nella manica. O meglio, l'unica materia in cui riesce a strappare un Oltre Ogni Previsione - essendo decisamente troppo discolo per sperare di ambire al massimo. «Dovrei avere una Giratempo per arrivare puntuale al corso. Temo che ormai dovrò saltarlo, stavolta.» «CAZZO! Non ci posso credere.», esclama, a voce sufficientemente alta da attirare l'attenzione su di sé - strategia comunemente attuata dal signor Paciock: «Dory Weasley che boicotta un corso scolastico. Da notare il passaggio al nome Dory, così non ti lagni più, la punzecchia, facendo nel frattempo un occhiolino ad una Corvonero che continua a mandargli, imperterrita, bigliettini a tutte le ore del giorno, non preoccupandosi del fatto che lui non abbia mai risposto. «Ma non importa. D’altronde non sono obbligata a seguirlo essendo un corso raccomandato solo a quelli del settimo anno. Partecipo solo perché il professore mi ha chiesto se mi sarebbe piaciuto partecipare e mi sembrava sgarbato rifiutare.», ah. Niente, il piano di Piti fallisce miseramente: Dory Weasley non ha infranto nessuna regola, ha semplicemente evitato di partecipare ad una lezione super-avanzata di cui lui, molto probabilmente, non avrebbe capito una sega. «Che palle che sei, Wis, la rinomina accorciandone il cognome, per poi avanzare l'ennesima sfida del pomeriggio: «Vuoi davvero passare alla storia come Miss Secchia duemilaquattordici? No no -», inizia a muovere freneticamente le mani, «- non posso permetterlo. Quant'è vero che sei cugina del mio migliore amico, dobbiamo salvare la tua reputazione. Sei pronta?», domanda, tirandosela verso un Corridoio e controllando, stavolta, non ci siano troppe persone nei dintorni. Ascolta solo distrattamente il suo racconto sull'esperienza nel mondo degli scacchi, ricordando solo alla fine quanto suo padre fosse effettivamente bravo. Quand'era piccolo l'aveva sfidato - e aveva ovviamente perso, episodio tanto traumatico da esser immediatamente cestinato dalla propria memoria. «Penso che andrò nelle Cucine. Gli Elfi Domestici sono sempre molto gentili con me. Penso per le battaglie che mia mamma porta avanti per conto loro. Hai anche tu una spilla del C.R.E.P.A., vero? [...] Ti va di venire con me?», ed è in quel momento che l'immaginazione di Peter si accende, facendogli brillare gli occhi mentre ravvia i capelli - piccolo gesto automatico ormai diventato suo segno distintivo. «CERTO CHE MI VA!», ridacchia, un'espressione assolutamente diabolica dipinta in volto. Ormai ne ha fatto una questione personale: deve rendere Dory Weasley una Weasley vera, coi controcazzi. E ogni Weasley che si rispetti... Beh, ha combinato almeno una marachella nella propria vita. E' un requisito del curriculum di famiglia. «Però dai, non fare la scassa -» - cazzi - «- ehm, rompiscatole. Ti sto per dire una cosa e, dai, ti prego!, facciamola, sarà troppo divertente, te lo giuro.», da oggi in poi non sarai più la stessa. A quel pensiero, Piti si rende conto di aver - forse! - un pochino corso con l'immaginazione, per cui riformula il proprio piano principale - che non sveleremo qualora Dory Weasley accolga la prima sfida e desideri lanciarsi in una seconda - ad un livello più basic: un livello principianti.
    Dai Dory, non mi deludere. Sii una bad girl. «Andiamo nelle Cucine, sì. Sgraffigniamo qualcosa di appetitoso, tipo... Uh, quella fetta di torta. Sì, mi sembra perfetta.», mormora, una volta arrivati a destinazione, indicando la pietanza in bella mostra su un ripiano, colmo degli avanzi del pranzo. «La lasciamo in regalo al nostro amichetto Rufus Simone di Serpeverde. Quello stronzo che ti ha lanciato il Levicorpus l'altro giorno.», sogghigna, la vendetta delineata in testa nei minimi dettagli. Si sarebbero recati in Biblioteca - Rufus sta sempre là nel tardo pomeriggio, perché inizia a studiare dopo gli allenamenti di Quidditch -, avrebbero lasciato la fetta di torta alla sua postazione con un bigliettino: tua Jenny, cioè la ragazza di quel coglione patentato. «E la spolveriamo giusto un po' con questa..», commenta Peter, tirando fuori dalle tasche una delle proprie diavolerie: un acquisto del negozio di scherzi. «Diciamo solo che andrà di corpo per un'oretta. O due, ride di gusto, Peter, mentre inizia ad aprire la bustina per riversarne il contenuto sull'innocua torta al cioccolato con glassa alle fragole. «Dai, Dory. Diamogli una lezione, cazzo. E' una testa di -»,forse sto usando troppe parolacce, famo che mitigo un po', «- melone
     
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    «Che palle che sei, Wis Dory sobbalzò impercettibilmente, drizzando la schiena e spalancando gli occhioni castani, guardando il giovane Peter Paciock con un tocco di sorpresa. Come scusa? Ok, parliamoci chiaro: la giovane Weasley sapeva perfettamente di non essere la reginetta della festa, ma non si sarebbe mai definita “una palla”. Avrebbe detto, in modo diverso, che esistono più tipi di divertimenti e lei trovava svago in cose diverse dai suoi coetanei: da bambina, per esempio, andava matta per le gare di spelling. Si presentava bella impettita davanti al microfono, sguardo fisso in avanti e cominciava a snocciolare, lettera per lettera, la parola che le veniva assegnata. Le piacevano le mostre d’arte, andare ai concerti di musica classica e sedersi nei locali dove servivano caffè mentre qualcuno, su di un palco, parlava in modo ironico di qualcosa o suonava musica jazz. Quelle cose non le sembravano “una palla”. No? E pensare che stava valutando seriamente di cominciare a suonare il violoncello. Era sicuramente una scelta che non l’avrebbe portata a surfare l’onda della popolarità. «Vuoi davvero passare alla storia come Miss Secchia duemilaquattordici? No no non posso permetterlo. Quant'è vero che sei cugina del mio migliore amico, dobbiamo salvare la tua reputazione. Sei pronta?» A quel punto, più che sorpresa, Ninfadora Weasley somigliava più ad un cerbiatto impaurito durante la stagione di caccia. Era pronta? A far cosa? Lo sapeva, lo sapeva che non doveva partecipare ad una gara di scacchi clandestina! E’ così che si comincia, no? Si fa una cosa fuori dal regolamento ed ecco il tipo di turno che cerca di portarti nella cattiva strada. Oh, cosa avrebbero detto i suoi genitori? Suo padre! Gli sarebbe venuto un infarto! Non era pronta ad avere suo padre sulla coscienza! E sua madre.. Le pareva già di vederla: le mani posate sui fianchi e l’espressione delusa, mentre scuoteva lentamente il capo. Ecco qua: ci siamo. Il suo destino era praticamente già segnato. «CERTO CHE MI VA! Però dai, non fare la scassa.. ehm, rompiscatole. Ti sto per dire una cosa e, dai, ti prego!, facciamola, sarà troppo divertente, te lo giuro.» L’avete sentito quel rumore?
    Era il suono della cella di Dory Weasley che si chiudeva
    . Addio alla possibilità di un curriculum scolastico impeccabile. Una vocina dentro la testa le diceva di scappare a gambe levate. «Ti avverto, Peter Paciock, non ho intenzione di finire in punizione perché tu vuoi “salvare” la mia reputazione..» borbottò virgolettando la parola con indice e medio, mentre cercava di stare al passo del ragazzo. «Io i trofei vorrei vincerli, non certo lucidarli!» disse facendo riferimento ad una delle punizioni più in voga all’interno del castello: lucidare trofei senza poter fare uso della magia. Prima che se ne rendesse conto erano arrivati nelle cucine. Il tempo sembrava correre più velocemente quando si combinano guai.. Perché?? «Sgraffigniamo qualcosa di appetitoso, tipo... Uh, quella fetta di torta. Sì, mi sembra perfetta.» Sbirciò oltre la parete di pietra, seguendo il dito di Peter e posando gli occhi su una bella fetta di torta. Era ricoperta di panna ed aveva all’interno quella che sembrava marmellata di fragole. Perché sgraffignare? Potevano benissimo chiedere, magari aggiungendo infondo un bel perfavore! E poi c’era qualcosa di strano nel modo in cui Peter pronunciava quelle parole. Era come guardare un bambino con le mani dietro la schiena, che attende solo il momento giusto per commettere una marachella. Avanti, Dory! Non potrà essere nulla di troppo illegale! Se una parte di lei le consigliava di tornarsene nel dormitorio a gambe levate, quella più irrazionale e curiosa, la spronava ad andare avanti. Per quanto ne sapesse, nessuno era mai stato sbattuto ad Azkaban per aver fregato una fetta di torta in cucina. «Ok, se tu vuoi quella allora io prenderò...» «La lasciamo in regalo al nostro amichetto Rufus Simone di Serpeverde. Quello stronzo che ti ha lanciato il Levicorpus l'altro giorno.» Ah. Non vuole mangiarla per sé.. Non si stupì del fatto che Peter fosse a conoscenza di quell’ episodio, nonostante non fosse stato presente. La notizia si era sparsa velocemente tra gli studenti perché Rufus e il suo gruppetto di bulli amavano vantarsi delle loro malefatte. Quando era ricaduta a terra si era sbucciata un ginocchio. Quella sera ci aveva tenuto sopra un sacchetto con dentro del ghiaccio. Non aveva fatto un fiato con nessuno dei professori. Non era la prima volta che veniva presa di mira dai ragazzi più stupidi e ormai aveva imparato a conviverci. Non era una frignona, quello no. La vendetta era sempre sbagliata. Glielo aveva insegnato parecchi libri che aveva letto. Ma quella volta, il desiderio di farsi valere su Rufus le solleticò la mente. «E la spolveriamo giusto un po' con questa.. Diciamo solo che andrà di corpo per un'oretta. O due Incrociò le braccia al petto, roteando gli occhi dopo aver visto ciò che Paciock aveva tolto dalla tasca. Nonostante tutto, non riuscì a trattenere un sorriso divertito. «Dai, Dory. Diamogli una lezione, cazzo. E' una testa di -» Uno sguardo severo rivolto al giovanotto. «- melone Annuì, con un gesto profondo e lento del capo. Molto meglio, Peter. Spostò lo sguardo sulla succulenta fetta di torta, lasciata incustodita sopra il tavolo, circondata da altri avanzi, laboriosi Elfi domestici che si muovevano intorno ai lavelli stringendo tra le mani degli strofinacci. Guardò di nuovo Peter. Peter. La torta. La torta. Peter. «Oh, al diavolo!» sbottò sottovoce perché gli elfi non si accorgessero della loro presenza. «E va bene. Facciamolo!» Chi sei tu e che ne hai fatto di Dory Weasley? E tutte le storie su quanto sia sbagliata la vendetta? Nessuno avrebbe mai saputo che erano stati loro, che era stata lei. «Lasciami prendere quel dannato pezzo di torta!» Prima che io cambi idea.. Si appiccicò con le spalle al muro, per poi fare capolino da dietro il nascondiglio, come un agente segreto, guardando a destra e a sinistra. Via libera. Si accovacciò sulle ginocchia e, veloce come un fulmine, si precipitò verso il tavolo, prese il piattino con la fetta di torta e tornò accanto a Peter, veloce come un fulmine. Aveva l’impressione che il cuore potesse esploderle nel petto. Oddio, l’ho fatto.. Ho “sgraffignato”. Guardò il compagno di Casa. Era una bella sensazione essere riuscita a fare qualcosa del genere, qualcosa che non avrebbe mai immaginato. Continuava a lanciare fugaci occhiate a destra e a sinistra per accertarsi che nessuno l’avesse vista. «Oh, ok. Ci sono.» Quelle parole le uscirono fuori con una risatina inattesa che sorprese anche lei. «E ora, alla biblioteca!» disse a bassa voce, rivolta al giovanotto al suo fianco. Uscirono dalle Cucine, chiudendo piano la porta. Camminando per il corridoio deserto non riusciva a staccare gli occhi dalla fetta di torta. Arrivati in biblioteca si aggirarono tra gli scaffali pieni di libri finché, seduto ad uno dei tavoli vicini al reparto proibito, come secondo la previsione di Peter, c’era Rufus. Si appiattì contro uno degli scaffali, guardando il giovanotto al suo fianco. «Quindi? Lo facciamo davvero Ed ecco che arrivati a quel punto, il punto in cui dopo il passo successivo non si poteva più tornare indietro, il buon senso tornava a trovarla. «Forse è sbagliato, no? Insomma.. Facendo così mi abbasserei solo al suo livello...» Era una frase che si ripeteva spesso, quella. Mai abbassarsi al livello di qualcuno perché quel qualcuno finirà sicuramente per batterti con l’esperienza. Coraggio, Peter Paciock. Il futuro di Ninfadora Weasley è nelle tue mani.
     
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    Riesce quasi a percepire il malumore di Dory Weasley dopo averla definita una palla. Non che Peter avesse intenzione di offenderla, sia chiaro: il novantasette per cento delle cose che dice arrivano alla bocca senza filtri. Fondamentalmente è una persona che non riflette prima di sparare a raffica, dunque va a finire che si trova nella situazione di doversi scusare anche quando, in realtà, non intendeva sul serio dire quello che, alla fine, ha realmente detto. La sua frase "che palle che sei, Wis" si sarebbe anche potuta tradurre con un "eddai, lasciati andare" - quest'ultima opzione molto più efficace e meno derisoria. Giuro che non sono così stronzo, eh - c'è addirittura chi lo decanta come amico d'oro. Beh, signori, che dire: ammettiamo pure che lo sia, ma non dimentichiamoci lo stesso dell'ampia fetta di dispetto e rifiuto delle regole che lo caratterizza. Ecco, è un amico d'oro dispettoso. «Ti avverto, Peter Paciock, non ho intenzione di finire in punizione perché tu vuoi “salvare” la mia reputazione..», come non detto, Weasley, adesso ti offendo sul serio. Assume un'espressione con gli occhi a fessura, Peter, rivolgendosi a Dory con un tono di voce più alto del normale: «Ninfadora Philomena Portia Nuntia Weasley. La reputazione è tutto.», non ammettendo repliche, il signor Paciock le afferra la mano destra e la trascina in direzione delle Cucine, dopo averla chiamata con un'infinità di nomi inventati giusto per confonderla. Anche questa è una delle tattiche più gettonate di Piti: stordire l'avversario con un Calderone di parole - sensate o totalmente a caso, poco importa - per poi andare a parare proprio dove voleva arrivare sin da principio. Vale a dire, in questo caso, aiutare Ninfadora Weasley a compiere la prima - suppone Peter con ragionevole margine di confidenza - marachella di una carriera alquanto scarna. Magari riuscirò a portarla al lato oscuro della forza, chi lo sa. E' così che i due Grifondoro bazzicano all'ingresso delle Cucine, pronti a sgraffignare alcune prelibatezze... Che nell'immaginario di Peter, ormai dovreste averlo intuito, non mangeranno loro. C'è qualcuno da punire, in questa particolare storia. Il signor Rufus Simone, stronzo patentato di Serpeverde, piccolo viscido ed infido essere al limite dell'umanità che si diverte a umiliare amici e nemici di Peter. Perché sì, ovvio: solo Peter Paciock può torturare i propri nemici! «Ok, se tu vuoi quella allora io prenderò...», la sfida con lo sguardo, il giovane delinquente, illustrandole con minuzia di dettagli il piano che ha intenzione di attuare. Non mi deludere, Dory Weasley - speranzoso, Peter avvolge le dita intorno alla bacchetta, pronto ad orchestrare una banale monelleria che, però, certamente agli occhi della ragazza apparirà come il più drastico dei reati. «Oh, al diavolo! E va bene. Facciamolo!» «SIIII' CAZZO.», le urla di giubilio di Peter echeggiano preoccupanti nel Corridoio, tanto che si becca un'occhiataccia di uno degli Elfi Domestici indaffarati nella preparazione del banchetto serale. «Volevo dire sì, cazzo, adesso lo bisbiglia, come se correggendo automaticamente il tiro possa annullare la propria azione precedente. Ah, se trovate un modo di entrare nella testa di Peter Paciock per comprenderne il funzionamento, vi prego, comunicatelo alla regia, grazie. «Oh, ok. Ci sono.», Dory ruba il pezzo di torta da rifilare a Rufus, mentre Peter fa da palo all'ingresso della Cucina, controllando che non vi sia alcuno studente - o peggio, professore! - in avvicinamento. Conduce Dory verso un angolo più appartato e tira fuori la propria diavoleria del negozio di scherzi: come minimo, dopo questa Rufus perderà cinque chili. Spolvera la sostanza come farebbe con lo zucchero a velo, dunque evoca una formula per trasfigurare un foglio di carta in un piccolo pacchetto regalo. Ogni tanto le lezioni scolastiche tornano utili, suvvia. «E ora, alla biblioteca!», con un cenno di assenso, Peter fa strada verso il luogo da lui meno frequentato al castello. Qui siamo nel tuo mondo, Dory Weasley - riflette, trovando curiosamente magico il fatto che la Grifondoro vada a macchiarsi di una marachella del genere proprio nel regno fatto su misura per lei.
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    «Quindi? Lo facciamo davvero? Forse è sbagliato, no? Insomma.. Facendo così mi abbasserei solo al suo livello...», prima di entrare in Biblioteca, Peter si prende alcuni minuti di preparazione atletica tutta dedicata a Ninfadora Weasley. La guarda infondendole ogni briciola di coraggio di cui è capace, ogni desiderio di libertà che un adolescente dovrebbe avere, ogni bisogno di commettere degli errori che una persona imperfetta non sa di provare ma che, in realtà, avverte forte e chiaro nel subconscio. «Dory Weasley. Dory. Tu meriti questa rivincita, mi hai capito bene? A parte il fatto che non ci abbassiamo al suo livello - Rufus non sarebbe capace di architettare un piano del genere. Guardalo, 'sto coglion.. - scusa. Volevo dire. Guardalo, 'sto scemo. Chino sui libri come se potesse entrargli in testa anche una sola parola di anche un solo paragrafo...», lo indica con tutto il disprezzo di cui è capace, il Peter Pan dei nostri giorni. Tira fuori un post-it e firma il misfatto con la famosa dedica "tua Jenny". Lo porge a Dory con un sogghigno. «A te l'onore, figlia di Godric.», utilizza quella perifrasi giusto per ricordarle a quale casata appartiene e a quale unica e sola divinità - vale a dire Godric Grifondoro - deve rivolgersi. «Io faccio un po' di casino qua fuori. Tu lasci la torta alla sua postazione. Intesi?», riesce già a prevedere la domanda successiva di Dory: "che tipo di casino, Peter Paciock?" - per cui la anticipa affermando che: «Dovrò pur evitare che queste Caccabombe scadano. Sì, sì, lo so, mi avevi suggerito di provare ad essere una persona migliore, smetterla coi casini, robe di qua, robe di là... Caccabombe sì, caccabombe no... Però, Ninfadora Philomena Portia Nuntia Agatha Gismonda Weasley: io mi oppongo, Vostro Onore.», ciò detto, Peter si dilegua senza attendere risposta, lasciando Dory a interrogarsi, probabilmente, sulla logica delle sue parole. Prende posizione all'ingresso laterale della Biblioteca, quello un po' più appartato dove non è inverosimile beccare qualche coppietta a pomiciare. Cosa che, anche quel giorno, si verifica. Dunque, con la solita non chalance che lo caratterizza, Peter mente con assurda facilità, sostenendo che: «Sta arrivando la Branwell raga, correteeeee!», liberando così, in men che non si dica, la strada. Una volta definitivamente solo, lascia che un simpatico concerto di Caccabombe si attivi proprio in quel punto, suscitando l'ilarità degli studenti di primo anno e l'attenzione di quelli più grandi, probabilmente sotto con lo studio dei GUFO o MAGO. Come previsto, attira anche quella di Rufus Simone. Ottimo, Dory. E' tutto nelle tue mani. Lascia la fetta di torta al suo posto!!!

     
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    «SIIII' CAZZO.» Dory sobbalzò, spalancando gli occhioni castani davanti alla reazione di Peter, neppure gli avesse comunicato che avrebbe avuto un “O” da lì alla fine dei M.A.G.O. o che la sua squadra del cuore aveva appena afferrato il boccino d’oro vincendo i Mondiali di Quidditch. «Volevo dire sì, cazzo Ribadisce il compagno di Casa, ripetendo la frase precedente con un tono di voce più basso, provocando una risatina sulle labbra della Weasley. Peter aveva lo sguardo di chi credeva ciecamente nella causa e nel fatto che Dory sarebbe riuscita nell’impresa. Se da una parte ciò la deva coraggio, dall’altra la spaventava. E se non ci fosse riuscita? E se alla fine non ce l’avesse fatta e si fosse tirata indietro? Sarebbe passata male? Peter l’avrebbe presa in giro? Oppure potevano scoprirla! Oh, diamine, i Prefetti erano particolarmente severi in quel periodo e più si avvicinava la fine dell’anno più cercavano di sottrarre punti alle altre Case per potersi assicurare la Coppa. Ma è nel momento in cui Peter comincia a versare quella diavoleria sulla fetta di torta che la possibilità di tornare nei suoi passi si fa più concreta, più plausibile. Oh, Merlino... Prima che potesse rimettere insieme un pensiero concreto si ritrovò lì, con un piede sulla soglia della biblioteca, con la fetta di torta in mano ed un Peter Paciock pronto a caricarla, come se dovesse partire per un’epica impresa. No, anzi: era un pugile. Un pugile in piedi in uno dei quattro angoli del ring con l’allenatore che le massaggiava le spalle, dicendole che sarebbe andato tutto bene e di stare attenta ai colpi bassi. «Dory Weasley. Dory. Tu meriti questa rivincita, mi hai capito bene? A parte il fatto che non ci abbassiamo al suo livello - Rufus non sarebbe capace di architettare un piano del genere. Guardalo, 'sto coglion.. - scusa. Volevo dire. Guardalo, 'sto scemo. Chino sui libri come se potesse entrargli in testa anche una sola parola di anche un solo paragrafo...» Vorrebbe seguire il dito di Peter, guardare Rufus curvo su libri che contenenti più parole di quante sicuramente lui ne conoscesse, invece continuò a guardare Paciock, desiderando credere con tutta sé stessa che aeva ragione. Meritava quella rivincita. Certo, lei avrebbe trovato un modo forse più discreto ma che allo stesso tempo, probabilmente, non l’avrebbe soddisfatta del tutto. Quella, invece, nella sua mera bassezza, aveva qualcosa di incredibilmente appagante. Seguì i suoi movimenti, mentre scriveva un bigliettino, firmandosi come la fidanzata di quell’idiota di Rufus. «A te l'onore, figlia di Godric.» Figlia di Godric. Peter aveva ragione. Aveva sempre pensato che durante lo Smistamento il Cappello avesse scelto per lei la via di Grifondoro per il suo cognome, perché la maggior parte dei suoi familiari avevano indossato i colori rosso-oro. «Io faccio un po' di casino qua fuori. Tu lasci la torta alla sua postazione. Intesi?» Oddio, Dory! Intesi? Eh? EH? Intesi? Miseriaccia, non lo sapeva! Era pronta? Si perché ormai era troppo tardi per tirarsi indietro. O bere o affogare. Non poteva più cambiare idea. Sarebbe stato l’inizio della fine? Quel gesto sarebbe stato l’inizio di una sua eventuale vita da criminale? Scusa mamma. Scusa papà. Gli avrebbe mandato una lettera con quelle parole dalla sua cella di Azkaban. Forse stava impazzendo. Coraggio, Ninfadora. Porti il nome di una delle donne più coraggiose che si è battuta durante la Seconda Guerra Magica. Cosa sarà mai un piccolo scherzo? Si, perché dai, era “piccolo” in confronto a ciò che lui aveva fatto a lei. Era il momento di agire. Si. Per una volta nella vita Ninfadora Weasley avrebbe avuto la sua vendetta giocando sporco. «Dovrò pur evitare che queste Caccabombe scadano. Sì, sì, lo so, mi avevi suggerito di provare ad essere una persona migliore, smetterla coi casini, robe di qua, robe di là... Caccabombe sì, caccabombe no... Però, Ninfadora Philomena Portia Nuntia Agatha Gismonda Weasley: io mi oppongo, Vostro Onore.» E prima che potesse aggiungere altro, Peter si era dileguato, lasciandola lì, con i suoi pensieri. Era il momento della verità: Dory sarebbe stata abbastanza coraggiosa? Quanto tempo era passato da quando Peter si era allontanato? Pochi secondi? Sembravano ore. Le dita strette attorno al piattino avevano le punte bianche. Se non avesse agito in fretta l’avrebbe rotto da un momento all’altro. «Sta arrivando la Branwell raga, correteeeee!» OH MISERIACCIA! Era quello il segnale? Certo che era quello il segnale, quale altro sarebbe dovuto essere? Mentre il caos si muoveva attorno a lei, Dory fece capolino dal suo nascondiglio, constatando che Rufus aveva abbandonato la sua postazione. Probabilmente, il suo istinto da stupido bullo, l’aveva spinto ad andare a vedere cosa fosse successo. Ora o mai più. Decise di agire prima ancora di pensare, ancor prima che quella vocina le dicesse che stava sbagliando. Ma se sbagliava, allora perché si sentiva così piena di adrenalina? Eccolo lì, il punto dove Rufus aveva sistemato i suoi libri. Un ultimo sguardo alla fetta di torna e in una frazione di secondo aveva messo la fetta sul tavolo e se l’era data a gambe. Il cuore le batteva all’impazzata e le formicolavano le braccia. Si era… Divertita? Si.
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    «PETER! PETER!» Stava ancora correndo quando vide il giovane Grifondoro in corridoio. Arrestò di colpo i piedi, cominciando a camminare, fingendo nonchalance. Eppure le veniva da ridere. Si morse le labbra per evitare di farlo. Quando gli arrivò accanto, si guardò intorno, per essere sicura che nessuno potesse sentire la loro conversazione. «Ce l’ho fatta!» bisbigliò a bassa voce. Aveva un sorriso che le arrivava da una parte all’altra della faccia. «Non ci credo. Io ce l’ho fatta!» Improvvisamente la sua espressione divenne seria, puntando l’indice contro Peter. «Non sto dicendo che lo rifarò.. E’ stato un gesto incredibilmente sbagliato, non è così che si risolvono le cose, ne sono assolutamente consapevole..» Lo stava dicendo a sé stessa. Dopo aver dubitato di quelle parole ora cercava nuovamente di convincersene. «Però..» Si strinse nelle spalle, abbandonandosi nuovamente ad un sorriso. «Piuttosto eccitante, no? Infrangere le regole.» Chi sei tu e che ne hai fatto di Dory Weasley?
     
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