There's so much on my mind I don't know where to start

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    La presentazione del nuovo gruppo Peverell era stata illuminante per Joy. Durante tutti i vari discorsi era rimasta in silenzio, guardando con ammirazione quelle persone che avevano il coraggio di parlare, sfidando tutta la società che aveva a lungo preferito che tacessero. Si era sentita vicina a quei giornalisti. Durante la Ribellione non si era mai schierata apertamente e non aveva mai puntato i piedi a terra per farsi ascoltare, probabilmente perché aveva semplicemente paura. Si era ritrovata in bilico tra quelli che erano i suoi ideali e le sue amicizie e aveva deciso quindi di rimanere nelle retrovie, senza esporsi mai più di tanto. Però erano passati degli anni e lei era cambiata, era cresciuta. Nel corso del tempo aveva visto molte persone morire, molta ingiustizia e molta falsità e, se la Joy di qualche anno fa era pronta a chiudere un occhio, la nuova Joy non era più così facile da raggirare. Aveva iniziato anche lei una battaglia, che non aveva nulla a che fare con gli ideali magici, sebbene, molte volte, sembrava che le due realtà fossero strettamente collegate tra di loro. E ciò che avevano detto il giorno prima Dash, Victoire e Albus l’avevano convinta maggiormente a non rimanere in silenzio. Non voleva più stare nelle retrovie. Non voleva più avere paura di esporsi, per rovinare un’amicizia. Aveva degli ideali forti, delle convinzioni che delineavano meglio quelli che erano la sua personalità e l’impegno per il sociale. Voleva iniziare a esprimere quale era il suo parere, anche nelle questioni interne e che coinvolgevano la politica. Essere una figura pubblica poteva essere un’arma a doppio taglio in questi casi, ma lei non voleva essere di certo una figura idealizzata. Non voleva piacere soltanto perché era una bella ragazza e una buona giocatrice, ma anche per quelle che erano le sue idee, riguardanti tutto ciò che viveva. Era pronta a esporsi, finalmente, e non aver paura delle conseguenze. Erano stati proprio quei discorsi a provocarle quella sorta di epifania. Mentre li ascoltava, aveva confidato a suo cugino quanto in realtà si sentisse piccola al confronto con loro. Loro avevano avuto il coraggio e continuavano ad averlo, voleva anche lei essere così. Aveva avuto un sacco di forza da quelle parole e non aveva fatto altro che pensarci negli ultimi due giorni. Durante l’evento erano successe diverse cose per la quale la priorità di Joy era stata bere quanto più vino possibile, soprattutto a causa di persone che non voleva davvero vedere. Si era sentita molto fuori luogo prima di arrivare a Cherry Island, ma ora era davvero felice di aver partecipato e di aver fatto parte di quella piccola “rivoluzione” giornalistica. Si era fatta coraggio e aveva fatto i complimenti a quella persona con cui aveva sempre condiviso tutto (e a questo punto, doveva dire anche il ragazzo), ma che l’aveva delusa per la seconda volta. Aveva detto da quel palco che dovevano pretendere di più da loro, di essere esigenti… poteva quindi Joy pretendere una chiarezza su quella che era la loro amicizia? Quali erano tutte le bugie che le aveva raccontato? Lei era letteralmente sparita dal rave e Joy non aveva fatto niente per cercarla e per esigere spiegazioni su tutto quello. Aveva sbagliato? Non lo sapeva. Però anche lei aveva contribuito a farle aprire gli occhi su ciò che stava succedendo. Non conosceva bene Albus: si erano scambiati qualche parola in un paio di occasioni soprattutto grazie a James. Da quel discorso, però, aveva capito di quanto fosse forte in realtà e si era sentita ispirata anche da lui. La serata, però, era stata aperta da Dash. Quella sera, ancora una volta, aveva dato una conferma sul perché aveva scelto proprio lui come aiutante per i suoi discorsi. Lui sapeva arrivare al cuore delle persone e sapeva convincerle, sapeva come essere accattivante e affascinante. Poteva dire che per tutto il discorso non gli aveva tolto gli occhi di dosso? Assolutamente sì, probabilmente anche grazie a quel suo bel completo rosso che metteva in risalto le spalle. Non aveva avuto modo di congratularsi con lui, però. Per tutta la serata era stato circondato da persone che gli avevano fatto i complimenti e che volevano parlare con il nuovo direttore del gruppo Peverell. Aveva pensato che fosse più opportuno dargli il suo spazio e di complimentarsi a tempo debito, perché voleva fargli capire quanto erano state importanti quelle parole per lei. Non voleva che fossero come “complimenti di circostanza”. E poi, a metà serata, c’era stato l’arresto di Byron Cooper che aveva lasciato tutti di stucco. Lei non lo conosceva personalmente, ma sapeva quanto fosse importante per i Ribelli. Non sapeva nemmeno se l’arresto avesse delle basi solide o se fosse tutta una ipotesi. Non lo sapeva e lei non voleva di certo pronunciarsi su un qualcosa che non sapeva. Non voleva puntare il dito, tenendo gli occhi chiusi. Le sarebbe piaciuto capirci e saperne di più, ma non voleva fare di certo gossip. Joy non era quel tipo di persona.
    Negli ultimi giorni aveva pensato molto a se stessa e a ciò che era successo quella sera. Insomma, durante quell’evento era cambiata e aveva davvero aperto gli occhi ed era grazie a quelle persone che erano arrivate al suo cuore, che l’avevano colpita come lei sperava di fare con il suo impegno da attivista. Aveva pensato diverse volte a cosa dire a Dash, se mandargli un messaggio o chiamarlo, ma alla fine aveva deciso che l’unico modo per fargli davvero capire cosa pensasse era andare da lui. Non sapeva nemmeno se quell’arresto avrebbe cambiato qualcosa per lui, soprattutto sul punto di vista morale. Dopo aver passato il pomeriggio ad allenarsi a casa, si era rivolta a sua zia che le aveva gentilmente dato l’indirizzo del suo migliore amico e le aveva detto che sarebbe stato a casa – salvo imprevisti. Era passata a prendere un paio di pizze e – ovviamente – del vino rosso e poi si era recata a Camden Town, camminando
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    per quelle stradine che le erano sempre piaciute. « Congratulazioni, direttore! » Un enorme sorriso comparve sul suo viso, non appena Dash le aprì la porta. Non sapeva se quella improvvisata sarebbe stata apprezzata. Insomma, lei e Dash non erano così intimi, ma Joy era fatta così. Era genuina, (quasi) sempre felice e piuttosto impulsiva. Probabilmente, Dash sarebbe stato anche poco felice di questa sua intrusione nel suo spazio personale. OMMIODIO, e se era in compagnia di qualcuna? A questo non aveva proprio pensato. « Scusa l’intrusione, ma volevo congratularmi per il nuovo progetto, poi ti ho perso di vista… » E poi lei era stata rapita dal tavolo degli alcolici, che proprio non voleva che si allontanasse. Seh, certo. Scusa n.1348 di un’alcolista. « Hai già preparato la cena? Ho portato delle pizze e vino rosso, è di un’ottima annata! » Era strano vedere Dash Meachum in versione casalinga. Se possibile, era anche più attraente del solito. Stava aspettando sull’uscio di casa, sperando che comunque lui la invitasse ad entrare. Insomma, non sarebbe stato molto carino se avesse accettato le pizze, considerandola una sorta di facchino. Però, Dash non le era mai sembrato un tipo del genere. « E’ la migliore pepperoni pizza della città! O almeno è ciò che dicono, io sono vegetariana, non l’ho mai assaggiata… » Mentre cercava di convincerlo ad avere un po’ di compagnia (cioè, qualcuno con cui scambiare due chiacchiere!) quella sera, comparve anche il fedelissimo amico di Dash, che la fece sorridere ancora di più. « Ciao bellissimo!! Ho portato anche una cosina per te! Jonathan e Bowie ne vanno ghiotti, spero piaccia anche a te! » Quanto era tenero Quattrocchi? Aveva davvero un debole per i cani. Pensava molte volte che tra venti anni sarebbe stata zitella e circondata da almeno tredici cani. Il suo sguardo si posò di nuovo sul ragazzo. Allora, la faceva entrare?
     
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    L'inaugurazione del Gruppo era stata un completo disastro sotto più angolazioni. La valanga di spazzatura e mala informazione che si è rovesciata sulla neo redazione di Cherry Island le settimane a seguire ha spinto l'intero team a lavorare per giorni e giorni a stretto contatto, abbandonando raramente la loro postazione per continuare a cercare di correre ai ripari, provando in tutti i modi a mettere toppe e cerotti sugli enormi buchi aperti dall'arresto di Byron in diretta nazionale. E' alla redazione che Dash ha passato gli ultimi giorni, rimanendoci più del dovuto, spalla contro spalla con i suoi collaboratori per tirare fuori una prima edizione di tutto conto, capace di affossare l'ondata sfavorevole che ha fatto imbarcare acqua al Gruppo fin dai suoi primi timidi passi in società. "Una debuttante che non ce l'ha fatta". Eccolo il titolo da prima pagina che la Gazzetta ha dedicato loro, cercando in tutti i modi di mettere in ridicolo la serata d'inaugurazione e il gruppo stesso. "Una timida novizia che, alla fine dei conti, preferisce rimanere carta da parati per eventi ben più interessanti della noia mortale che, fino all'arresto di Byron Cooper (ex capo dei Ribelli, ndr.), ha tenuto in ostaggio la maggior parte degli ospiti della serata, gli stessi che all'arrivo della Squadra Auror si è ritrovata a tirare un respiro di sollievo dopo innumerevoli sbadigli. Campare di rendita sulle spalle di uno scandalo quando ancora nemmeno si son mossi i primi passi è possibile? Ai posteri l'ardua sentenza." Le parole riportate dal Liberamente Magico che l'hanno fatto talmente sorridere da far uscire un immediato tweet tagliente in risposta, con tanto di meme, che era stato accolto da un'ampia fetta di pubblico con una fragorosa risata e tante risposte in cui la solidarietà si è stretta vigorosamente intorno al Gruppo Peverell. L'altra percentuale, ovviamente, come da prassi quando ci si ritrova di fronte ad un hater fatto e finito, l'ha semplicemente liquidata, passando oltre come se nulla fosse. E' così che ha vissuto quei primi giorni di fuoco: tra una risposta sarcastica sui social e un trafiletto dello stesso tenore per la prima uscita del giornale, cercando di incanalare ogni sfottò, ogni critica e ogni giudizio esterno in quella onda mediatica da cavalcare a proprio vantaggio. « E neanche l'abbiamo dovuti pagare. Tutta pubblicità gratis, poveri cretini. » Sorseggia il whiskey dal tumbler ormai pieno a metà, con i gomiti poggiati contro il bancone della cucina, mentre Julie, la sua assistente vocale, continua a leggergli, per la terza volta, l'articolo di punta della prima uscita. Annuisce, di tanto in tanto, come se non avesse lavorato lui stesso a quel pezzo insieme a Vicky e Robert, come se lo sentisse per la prima volta e un profondo senso di orgoglio lo pervade ad ogni nuova parola che Julie mette in fila definendo il quadro di un qualcosa di ben pensato e messo giù ancora meglio. « Mamma mia, chissà chi avrà pensato questa bomba di frase. » Commenta, con un sorrisetto sarcastico, mordendosi il labbro inferiore per non scoppiare a ridere non appena Julie sbuffa. « Non rientra nelle mie mansioni il nutrire il tuo già fin troppo pingue ego. » Fa per risponderle ma suona il campanello della porta portandolo a corrucciare la fronte, istantaneamente. « Aspettavamo qualcuno, Quattro? » Il cagnolone alza la testa da terra, sentendosi chiamato, e lo fissa con gli occhioni grandi, abbastanza interdetto. « Sono le 19.49. Meg non dovrebbe arrivare prima delle 22.30, da agenda. » Molto strano, in effetti. L'appuntamento con la mora non avrebbe avuto luogo prima di qualche ora e in effetti è ora di cena ma lui non ha ancora ordinato niente d'asporto. E' con espressione confusa e senza occhiali che si avvia verso la porta, aprendola lentamente mentre un'ombra scura si profila davanti ai suoi occhi vuoti. « Congratulazioni, direttore! » Riconosce la voce di Joy all'istante e la sua espressione, se possibile, si corruga ancora di più. Chi ti ha dato il mio indirizzo? Si domanda, conoscendo già alla perfezione la risposta. Fortuna ho sempre detto che amo mantenere ben salda la mia privacy, vero Erin? « Scusa l’intrusione, ma volevo congratularmi per il nuovo progetto, poi ti ho perso di vista… » Per quanto quell'improvvisa stoccata alla sua privacy lo infastidisce alquanto, Joy è comunque tutto tranne una degli scocciatori per cui, se prima era solito parlare tranquillamente di dove abitasse, ora tiene molto al rimanere quanto più in anonimato possibile, tanto da aver deciso di comprare una casa in uno dei quartieri più lontani dal suo ideale di tranquillità mista all'eleganza. Ha faticato per giorni con incanti su incanti per rendere l'appartamento quanto più insonorizzato possibile, per non essere disturbato dal caos urbano di cui si riempiono le strade di Camden e alla fine ha dovuto chiamare uno specialista che completasse e rifinisse al meglio il lavoro tanto da farla diventare, a tutti gli effetti, la casa ideale per Dash proprio lì dove nessuno lo cercherebbe, conoscendolo. « Ti chiederei come fai a conoscere il mio indirizzo di casa, ma sì, lo so, "zia Erin parla tanto". » La conosce ormai bene quella descrizione, così come conosce altrettanto bene la quasi inesistenze capacità della bionda di tenere segreti con i membri della sua famiglia. In fondo dovevo aspettarmelo: prima Lucy, ora tu. Chissà chi sarà il prossimo Scamander a farmi visita. « Grazie per il pensiero, sei stata molto carina. » Prosegue garbatamente, con la mano e il bacino fissi contro la porta schiusa. « Hai già preparato la cena? Ho portato delle pizze e vino rosso, è di un’ottima annata! E’ la migliore pepperoni pizza della città! O almeno è ciò che dicono, io sono vegetariana, non l’ho mai assaggiata… » Inarca le sopracciglia, tentato da quelle parole e divertito allo stesso tempo. Sta per farsi da parte per farla entrare quando ci pensa Quattro a fare gli onori di casa, con la bionda che prende a fargli le feste, annunciando di aver portato qualcosa anche per lui, sorprendendo ancora una volta l'uomo. Però, ha davvero un pensiero per tutti. « Beh, comincio a sentirmi il terzo incomodo. La stanza da letto è in fondo al corridoio, se volete un po' d'intimità.. » Conoscendo alla perfezione il modus operandi di Quattro quando è particolarmente su di giri: slinguazzata in faccia e chi si è visto, si è visto. Ridacchiando, volta le spalle alla porta e
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    si muove per l'ampia sala con estrema sicurezza, conoscendo ormai ogni angolo, senza paura di andare a sbattere contro qualcosa o inciampare, privo c0m'è del bastone al momento. « Accomodati pure sul tavolino. » Le fa cenno verso il centro della sala, lì dove c'è un tavolinetto basso, scuro, sopra un bel tappeto di ciniglia morbida, accerchiato da un grande divano ad isola. Il tutto prontamente messo sotto l'effetto di un incanto impermeabile, per prevenire qualsiasi caduta irreparabile di cibo e il proliferare di germi indesiderati. Si porta in cucina, lì dove agita la bacchetta per appellare il cavatappi e due calici a stelo lungo mentre riempie la ciotola di Quattro. « Hai scelto a caso o qualcuno ti ha dato una dritta anche sulla pizza da scegliere per me? » Le domanda una volta tornato in sala, prima di accovacciarsi sul pavimento, dopo aver preso in prestito per qualche secondo i suoi occhi per vedere dove si fosse seduta. « Sentiamo se batte la Rubirosa di New York. L'unica e sola pepperoni pizza per il mio palato sopraffino, finora. » Mette subito le cose in chiaro, prima di ridacchiare e prendere a girare l'estremità superiore del cavatappi per stappare la bottiglia di rosso che ha portato Joy. « Non era necessario ti scomodassi e perdessi un venerdì sera sicuramente più interessante per venire a congratularti, sai? » Insomma, esistono i cellulari per questo, no? Quindi perché sei qui? La fissa, senza farlo davvero, accorgendosi solo allora di non avere gli occhiali. Si vorrebbe portare una mano agli occhi, per coprirseli e rendere meno evidente il loro essere estremamente inutili, ma alla fine desiste e sorride, semplicemente. « Non li fisserai per sempre, tranquilla, ti ci abituerai. » Aggiunge, indicandosi gli occhi. E' sempre stata la sua miglior arma, quella: l'anticipare il possibile imbarazzo altrui sottolineando all'istante il suo handicap, mettendolo con naturalezza su un piatto d'argento per servirlo al suo interlocutore. « Ti sei divertita alla festa? » Chiede poi, mentre il tappo fuoriesce dal collo della bottiglia con un pop. Lascia alla bacchetta il compito di far levitare la bottiglia per riempire i due calici al centro del tavolo. « Movimentata, non c'è che dire, ma immagino che alle vostre festicciole sportive sarai abituata ad assistere a questo ed altro. » E' un leggero eufemismo quello che abbandona la sua bocca, ma non vuole di certo rovinarsi quel fine serata dopo una giornata tanto positiva tornando a parlare della situazione pesante che si è andata creando con l'arresto di Byron. « Senza alludere di certo a qualcosa in particolare, ovviamente. Non mi sognerei mai di giudicare lo sport più amato da gran parte del mondo magico. » Figuriamoci. Un sorriso sghembo nasce sulle sue labbra e viene abilmente nascosto dietro il pugno destro chiuso.

     
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    Joy riconosceva di essere, il più delle volte, un vero e proprio tornado. Era sempre stata così: era sempre stata troppo felice, troppo attiva, troppo impetuosa. Semplicemente troppo. E non sempre questo aveva giovato a suo favore, anzi, il più delle volte era stata un’arma a doppio taglio. Le avevano diverse volte di essere troppo con accezione negativa, quasi chiedendole di ritagliarsi uno spazio più piccolo per lei, senza lasciare che la sua personalità esplosiva venisse così tanto fuori. Le era successo diverse volte proprio all’inizio della sua carriera, quando era solo una Cacciatrice con tanta voglia di fare e con la necessità di essere ingaggiata da qualcuno, per poter sfondare in questo sport che tanto amava. Aveva dovuto imparare a essere meno impulsiva, riflettendo sulle sue azioni e soprattutto sull’effetto che le sue parole potevano avere. Quindi, alla fine, si era delineata quasi una nuova personalità, più pacata e riflessiva, che aveva deciso di vendere al pubblico. Il personaggio pubblico non era del tutto differente dalla vera Joy, era semplicemente più limato, più pacato, più riflessivo. Alla fine, era diventato anche una sorta di istinto di protezione, un modo per proteggersi dai commenti che la notorietà, nel bene o nel male, aveva in serbo. Piombare a casa di Dash Meachum non poteva essere considerato un gesto poco impulsivo. Anzi, era l’esatto contrario. Aveva lasciato che la vera Joy avesse il sopravvento, perché aveva pensato che fosse la cosa più giusta da fare. Non conosceva bene il giornalista, non sapeva se era davvero riservato o era quella l’immagine che voleva dare di lui. Però, una parte di lei, si era detta per almeno cinque minuti che non poteva essere un’idea tanto malvagia. Insomma, Dash era il migliore amico di sua zia e Erin era la reincarnazione della imprevedibilità. L’unica differenza tra lei e sua zia – che a suo parere non era poi così rilevante – e che Erin lo conosceva da anni e anni, mentre lei da pochi mesi. « Ti chiederei come fai a conoscere il mio indirizzo di casa, ma sì, lo so, "zia Erin parla tanto". » Se inizialmente l’espressione dell’uomo era sembrata confusa e spiazzata, dalle sue parole non era sembrato particolarmente infastidito dall’intrusione della ragazza. Di certo, quando aveva deciso di piombare a casa sua, Joy non aveva davvero pensato all’eventualità che Dash potesse essere infastidito al punto di cacciarla. Insomma, lo conosceva così poco che quello poteva davvero essere uno scenario possibile a cui lei, ottimista e felice come era di natura, non aveva dato nemmeno una possibilità. « Devo dire però che questa volta ha solo risposto a una mia domanda. » Spezzò una lancia a favore di sua zia. Insomma, non voleva che Dash pensasse che Erin andasse in giro a spiattellare il suo indirizzo di casa senza alcun motivo, soprattutto dal momento che poteva costatare che Dash aveva cercato accuratamente di nascondersi in un posto caotico come Camden Town. « La stanza da letto è in fondo al corridoio, se volete un po' d'intimità.. » Aveva perso un bel po’ di tempo a coccolare Quattrocchi, facendo ben attenzione a tenere fuori dalla sua portata le pizze che aveva in mano. Sebbene fosse super addestrato ed educato, non voleva di certo tentarlo con il profumino che arrivava dai salamini posizionati sulla pizza di Dash, anche perché non sarebbe stato carino nei suoi confronti. « Che dici, Quattrocchi, gli facciamo un po’ compagnia prima di appartarci? » Scherzò, accarezzando il cane dietro le orecchie. Sin dal primo istante in cui l’aveva visto aveva pensato che fosse un cane adorabile. Lei aveva un vero e proprio debole per tutti gli animali in particolare, ma la sensibilità di quel cane l’aveva colpita e di certo, non solo perché aveva iniziato a slinguazzarla non appena l’aveva vista. Seguì il padrone di casa verso il salotto, notando come si muovesse con padronanza, senza sbattere da nessuna parte. Era sempre stato un mistero per lei capire come le persone non vedenti potessero avere una stabilità e orientamento tali a fare in modo che non colpissero nulla. Insomma, lei ci vedeva benissimo e non poteva dire che capitava raramente che sbattesse la testa contro la porta, soprattutto appena sveglia. Appoggiò tutto sul tavolino da lui indicato, facendo attenzione a non versare nulla. Poi rovistò nella sua borsa, alla ricerca dei bastoncini per i denti che aveva portato a Quattrocchi, che Jonathan e Bowie tanto amavano. « Sì, lo so, è vegetariano, però dai, non è così male… » Cercò di convincerlo, mentre il cagnolino si avvicinava per cercare di capire se poteva davvero fidarsi di quel bastoncino verde – ovviamente, senza coloranti artificiali. « Sentiamo se batte la Rubirosa di New York. L'unica e sola pepperoni pizza per il mio palato sopraffino, finora. » Si era seduta a terra, continuando ad accarezzare Quattrocchi mentre Dash si era allontanato per prendere dei calici. Aveva iniziato a guardarsi intorno da quella postazione, sebbene non riuscisse a scorgere molto. Non aveva fatto davvero caso a se ci fossero delle foto del ragazzo, magari con la sua famiglia. Le piacevano molto le foto, aveva una vera e propria passione. Di certo, non erano le foto che pubblicava sui social l’espressione della sua passione, ma quelle private che conservava nella sua macchina fotografica gelosamente. « Ora hai alzato decisamente l’asticella… In mia difesa però c’è sempre il mio essere vegetariana! » Non aveva idea di come fosse la pepperoni pizza della Rubirosa di New York e nemmeno come fosse la pizza che aveva preso da Noi quattro, ad essere sinceri. Poteva semplicemente fidarsi del sentito dire e anche delle numerose recensioni lasciate sul sito di questa pizzeria. E nel caso in cui la pizza sarebbe stata poco commestibile, aveva sempre degli assi nella manica forniti da nonna Lucille, quindi avrebbe trovato di sicuro un modo per rimediare. « Non li fisserai per sempre, tranquilla, ti ci abituerai. » Aveva notato subito, appena lui le aveva aperto la porta, dell’assenza degli occhiali di Dash. Quando l’aveva conosciuto, indossava spessi occhiali scuri, come quasi a voler nascondere il suo handicap, infatti, Joy non aveva capito subito la peculiarità del ragazzo. Invece, ora lo aveva potuto vedere davvero per la prima volta. Dash aveva grandi occhi azzurri, sebbene leggermente opachi. Non gli aveva mai chiesto se in realtà riusciva a percepire le ombre o se la luce gli desse fastidio, insomma, non pensava che fosse opportuno da parte sua. E invece, lui aveva anticipato il tutto, facendo una battutina sull’assenza dei suoi occhiali. « Penso di averlo già fatto. » Sorrise, facendogli capire che non c’era nessun imbarazzo o disagio da parte sua. Anzi, poteva quasi dire che preferiva che non li avesse. Gli occhiali, in un certo senso, sottolineavano continuamente che c’era qualcosa di insolito. « Non mi sognerei mai di giudicare lo sport più amato da gran parte del mondo magico. » Sul suo viso si palesò un’espressione da ma davvero?, mentre prendeva il bicchiere di vino che stava fluttuando verso di lei.
    « Sono proprio curiosa di sapere come sono, secondo te, le nostre festicciole sportive… » Dal suo punto di vista, le festicciole erano tutte uguali: lei al tavolo degli alcolici a cercare di bere il più possibile pur di scappare dagli altri. Era una sintesi più che accettabile per lei. E di certo, l’evento che si era tenuto a Cherry Island, dal suo punto di vista, era stato davvero particolare. Insomma, per gran parte del tempo era stata al bancone degli alcolici, ma aveva pure avuto modo di essere ispirata dai discorsi di quelle persone che guardavano e pensavano in grande. E poi, c’era stato l’arresto di Byron Cooper, che aveva lasciato un po’ di tutti sconvolti. Però, lei non era lì per chiedere cosa sapesse di lui. Immaginava che il ragazzo fosse già molto stressato di suo per carpire e filtrare tutte le informazioni che arrivavano alla redazione. « Comunque, non direi che mi sono divertita. Più che altro, mi sono sentita ispirata e felice di essere lì. » I discorsi che avevano tenuto sia lui, che Victoire che Albus l’avevano aiutata a capire cosa voleva davvero e che non doveva rimanere con le mani in mano e aspettare che le cose andassero come immaginava. Anche lei aveva una voce, anche lei poteva avere un ruolo ben delineato. Non voleva più nascondersi dietro agli altri, né aspettare passivamente che le cose andassero meglio. « Proporrei un brindisi. » Si mise in ginocchio, per poi sedersi sui suoi piedi, mentre alzava leggermente il bicchiere nella sua direzione. Non pensava che Dash avesse avuto chissà poi quanto tempo per festeggiare, soprattutto dal momento che dopo poco Byron Cooper era stato arrestato. « Congratulazioni direttore! E grazie per le tue parole che sono state davvero d'ispirazione!! » Non c'era nulla da aggiungere: l'intelligenza era davvero sexy.
     
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