Isn't it a little early to drink?

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    Si smaterializza con un sonoro clock alle cinque in punto del pomeriggio. E' un po' presto per bere - riflette, ma varca lo stesso la soglia del Suspiria, lasciandosi dietro una serie rettilinea di orme. Ha nevicato, l'otto Novembre. Sarebbe un evento piacevole, nell'ottica di Lilac Scamander, non avesse l'umore atterrito per innumerevoli altre ragioni. La prima delle quali è il naufragio della serata del gruppo Peverell, capitanata da Albus Potter e conclusasi con un arresto. Sono rimasti tutti di stucco: lei per prima, simpatizzante dei Ribelli, non riesce ancora a credere ai trafiletti di giornale in cui si associa il nome Byron Cooper a tutto un insieme di malefatte ed azioni incresciose. Non può essere stato lui. A che scopo, anche se fosse? - questi i pensieri che la tormentano mentre accetta la richiesta di un fan a scattare una foto. Abbastanza passivamente, si dirige al bancone, in un punto in disparte vicino alla cassa. «Ehi.», sono arrivata - comunica a Karma con un breve scambio di occhiate. Si trova nel locale risorto dalle ceneri della Ribellione, praticamente: nel progetto partito da Renton. «Alla fine non ho fatto tardi.», sorride, avvolgendo le dita a quelle dell'amica e puntando lo sguardo verde prato negli occhi di lei. E' desolato. Quanto meno quel giorno, il Suspiria vede una drastica carenza di clientela. Forse perché la gente non desidera essere associata, neanche indirettamente, all'operato di Byron e a qualunque cosa nata dalla sua cerchia ristretta. «Neanche troppo presto. Eppure non avevi allenamento oggi.», l'attenzione di Karma varca le difese di Lily. E' sempre stato così, tra loro: inutile provare a mentire o a rivelare solo parte della verità. «No, in effetti no.», il tacito silenzio sottolinea il bisogno di mettere ordine tra i pensieri. Tra le idee. «C'è stato movimento qui?», immagino la questione sia sulla bocca di tutti. Lo è al Circolo Sportivo, figuriamoci nella tana del leone. «Abbastanza. Anche se oggi, come vedi...», indica distrattamente la sala. «Ma ieri sì. Non si parla d'altro.», la Scamander annuisce, preferendo far cadere il discorso. E' tutto incredibilmente complicato. Si sente quasi in colpa perché, anche se avvenuto solo due giorni prima, l'arresto di Byron l'ha devastata. Le prudono le mani: non può stare ferma e osservare passivamente il corso degli eventi. Fino a Settembre parlava con Tris di creare qualcosa, qualcosa che li riunisse tutti e che li facesse sentire al sicuro. Un gruppo di persone di cui ci si potesse fidare. Oggi più che mai, quella necessità diventa incredibilmente impellente e nessuno, nessuno deve tirarsi indietro. Non adesso. Non quando il gioco vale la candela ed anche più. Non quando arriva il momento di agire e di dare una scossa significativa. Eppure si sente una goccia, Lily - proprio lei che nella vita pensa di essersi ormai inquadrata e compresa. Si sente infinitamente piccola di fronte alla portata di ciò che non riesce a controllare, di tutto ciò che la circonda e sovrasta senza pietà. Come aiutare? Come mettersi in gioco? Come non fare cazzate? - perché di cazzate, la maestra dell'impulsività, ne fa sempre troppe. Quasi sarebbe più d'aiuto se trattenuta, piuttosto che liberata sul campo. Tanto fuoco dentro quanto poco calcolo glaciale dietro. «Mi prepari un Cuba Libre?», domanda a Karma, rendendosi subito conto di quanto poco sensata sia quella richiesta. «Non è un po' troppo presto per bere?», l'amica conferma di aver intuito il conflitto interiore che in quell'istante la affligge. Sì, direi che è troppo presto e che, comunque, lo farò lo stesso. Quando riceve il proprio cocktail, inizia a sorseggiarlo lentamente per evitare un improvviso effetto di mal di testa. Subito dopo, in assoluta contraddizione con le riflessioni di poc'anzi - non fare cazzate -, compie l'ennesimo gesto impulsivo della giornata: prende un fazzoletto dal bancone e inizia a scriverci sopra. Non riflette neanche un secondo. Lo lascia in una posizione leggermente nascosta, sotto un contenitore con delle noccioline da sgranocchiare.
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    Parliamo? Tavolo all'angolo, in fondo a destra, siediti lì - pone questa domanda secca e realizza di aver appena fatto una stronzata. Oggi sono completamente fuori di testa. Continua a ripetersi che potrebbe sedersi lì chiunque - persino un Auror, e al momento non è precisamente il caso di una chiacchierata a cuore aperto con un eventuale membro della squadra speciale al servizio di Collins. Posso sempre girare i tacchi e andarmene, in caso. Tanto il suo progetto è comunque quello di fare una breve passeggiata per le vie di Hogsmeade e di tornare solo tra un'ora, quando la presunta persona sarà già seduta nel tavolo all'angolo in fondo a destra. O quando non ci sarà nessuno. Ed è precisamente quello che fa, quasi una risatina isterica a curvarle le labbra sbiancate al freddo, in attesa di scoprire quale potrebbe essere il proprio interlocutore. Che ovviamente mi prenderà per pazza. Ma a Lily frega ben poco, in questo momento: sfido chiunque a non esserlo. Sfido chiunque a rimanere impassibile dopo l'altro ieri. Compra una barretta ad un chiosco colorato, la sgranocchia mentre passeggia - i capelli che si scompigliano sotto la furia del vento implacabile. Quando rientra al Suspiria, Karma ha già finito il suo turno e la clientela è ancora meno folta rispetto a un'ora fa. Sono le sei e cinque minuti. Il tavolo scelto da Lily è occupato. «Ciao.», dice soltanto, tastando così il terreno.
     
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    Nel momento in cui mette piede dentro al Suspiria, Emilia si rende conto di aver fatto una cazzata. Il locale è quasi vuoto, forse perché è troppo presto: ci vorranno ancora ore prima che si riempia, ed è proprio per quello che Emilia l’ha scelto.
    Il mondo delle app d’incontri non è mai stato il suo forte, si vede da come si guarda attorno con curiosità e sospetto allo stesso tempo. Se si fosse trattato di un ragazzo non sarebbe ricorsa alla tecnologia, ma per una ragazza il discorso è diverso — non è stata né chiusa né aperta sulla sua sessualità, da quando è tornata da Berlino; non sono in molti a saperlo, ma, d’altronde, nessun altro l’ha chiesto — forse è questo che le ha fatto pensare che annunciarlo non fosse necessario.
    Si illude di essere libera con maestria, Emilia, libera come a Berlino, dove non le fregava davvero niente di nessuno. A casa, invece, il pensiero di essere vista ad un appuntamento in compagnia di una ragazza la rende nervosa, e razionalmente non saprebbe spiegare il perché. Ma in fondo ci ha sempre tenuto alla propria immagine, quello non l’ha mai nascosto.
    La ragazza delle fotografie non si vede tra i pochi volti che Emilia scannerizza nel dirigersi verso il bancone — forse non è ancora arrivata, ipotizza, ma lei stessa è già in ritardo.
    «Un gin tonic», ordina alla barista, prima di voltarsi di tre quarti, con la coda dell’occhio che tiene fedelmente d’occhio l’ingresso. Non si presenterà, è inutile prendersi per il culo — è sempre stata cinica, Emilia, una ragazza dalle grandi ambizioni, hoping for the best but expecting the worst, il credo di una generazione intera a cui lei, in realtà, nemmeno appartiene. Non sa perché le dia così fastidio — c’è una piccola parte di lei che prova sollievo, quasi, al pensiero di poter rimandare ancora una volta la sua prima avventura con una donna dopo Berlino. Eppure, la sensazione prevalente che le attanaglia la bocca dello stomaco è quella scomoda insoddisfazione. Perché potrebbe benissimo rimorchiare una di quelle poche anime pene-dotate presenti al Suspiria, ma la verità è che non ne ha voglia.
    Non ne ha voglia, Emilia, e qualche anno fa l’avrebbe trovato preoccupante — ma è cresciuta, da Berlino, non riesce nemmeno a ricordare tutti quelli che gliel’hanno detto. È cambiata, dicono, ma in fondo si sente sempre la stessa, e forse si sentono in dovere di dirglielo per non farle capire quanto è rimasta indietro. Quanto il mondo si è mosso mentre lei presenziava ed organizzava party dopo party — forse si sentono in dovere di dirle che è cambiata per non farla sentire una fallita.
    Sta cercando di riprendere il passo, però — da quando Mun è venuta a tirarla fuori dal suo tugurio, un paio di mesi prima, Emilia si sta impegnando a non deluderla apertamente. E forse, molto in fondo alla sua coscienza, sa di stare cercando di muoversi anche per il proprio bene.
    Dopo la serata al gruppo Peverell è stata accanto a Mun, ha cercato di capire e valutare meglio la situazione — il vento sta cambiando, e lo sente. Lo sa. Mun ha ragione: per sopravvivere è necessario evolversi. E forse lei ci crede davvero, in tutti i discorsi da ex ribelli del suo fidanzato e della sua banda di amici — Emilia dubita che arriverà un giorno a riconoscersi nelle loro parole, ma d’altronde non ha mai creduto in niente, ed è arrivata comunque viva ad oggi.
    Quando la ragazza le poggia il drink davanti, Emilia si passa una mano tra i capelli per scompigliarli appena, prima di buttarsi sul suo Gin tonic con un sospiro. È al terzo sorso che allunga una mano verso le noccioline alla sua destra — ne mangia un paio, prima che l’occhio le cada su un fazzoletto con un messaggio lasciato sotto al contenitore. Aggrotta le sopracciglia, e lo spiega tentando di nascondersi — Parliamo? Tavolo all'angolo, in fondo a destra, siediti lì.
    La scrittura è chiaramente femminile, Emilia se ne accorge con un sorriso sornione — potrebbe essere la ragazza che aspetta, e deve ammettere che la
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    possibilità la intriga. Vuoi giocare? Allora giochiamo.

    Ma non è lei, e non ci impiega molto a scoprirlo — sono passati una manciata di minuti da quando si è accomodata al tavolo con il suo gin gonic, il fazzoletto lasciato alla sua sinistra con il lato scritto verso il basso.
    È una ragazza, ma sicuramente non la ragazza delle foto, «Lily», stira un sorriso, Emilia, facendole cenno di accomodarsi con il capo. «Opera tua?», picchietta un’unghia smaltata sul fazzoletto, prima di sciogliersi in un’espressione meno fredda, «Come stai?».
     
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    Non c'è un motivo preciso dietro la mezza richiesta d'aiuto abbandonata da Lily in un tovagliolo del Suspiria. E' stata avventata e basta. Ha voglia di confidarsi con qualcuno, ma sa perfettamente quanto nessuno sia la persona giusta. Forse potrebbe esserlo Sam, forse Tris dato il suo coinvolgimento emotivo nella situazione, ma al contempo non lo sono neanche loro. Qualunque cosa possa dire, la giovane Scamander, resterebbe una sorta di pesce fuor d'acqua, spiaggiato su una riva che pian piano risucchia ne risucchia la vita. Il suo spasmodico bisogno di far qualcosa dovrebbe essere più un tratto del carattere impulsivo che si ritrova, non tanto una spinta a salvare davvero Byron, il quale probabilmente neanche conosce il suo nome - pur essendo stata Lily una ex Ribelle. E allora perché questa rabbia repressa? Non si confida con nessuno da troppo, Lily. Sam ha già i suoi tormenti, Beatrice in questo momento ancora di più - tutto ciò ha contribuito ad esacerbare il mutismo della Serpeverde: a cosa servirebbero delle lagne preoccupate, se non ad attanagliarle ulteriormente le viscere? Ricorda bene la conversazione avuta con la Morgerstern solo qualche tempo prima. Abbiamo bisogno di una rete, aveva detto. Ebbene, adesso sembra essere troppo tardi. Byron catturato e non una parola da parte del Governo, se non un laconico: la giustizia farà il proprio corso. Lily cova un impotente senso di colpa per non aver mosso un solo dito, per esser rimasta paralizzata mentre trascinavano via non soltanto un simbolo, bensì un uomo in carne ed ossa - un uomo con una compagna, una professione, una vita. Sulla base del nulla. E lei, la famosa rete, il gruppo dei Ribelli e lo scorrere del tempo rimasti sospesi, come se l'evento avesse cristallizzato tutto ad una temperatura troppo rigida, tale da impedire qualunque tipo di funzionamento. «Lily», la sua interlocutrice la saluta così, mentre prende posto sulla sedia di fronte a lei. La Scamander non riesce a decifrare, dal suo semplice sguardo, se sia sorpresa o delusa. Vi legge soltanto la curiosità del trovarsi di fronte ad una vecchia conoscenza, in delle vesti completamente nuove. Serpeverde entrambe, abbastanza unite nel corso degli anni ad Hogwarts. Poi, tracce perse come se non avessero mai legato. A Lily sarebbe piaciuto attendere un altro po', contemplarla da lontano e gustarsi quel momento di ricordi da sola, prima di sedersi e iniziare una conversazione che si preannuncia strana già in partenza. Eppure ne ha dettato lei stessa i termini, non dovrebbe essere così stupita dalle loro conseguenze. Ad ogni modo, è con decisione che si mette comoda, poggiandosi allo schienale e avvicinando la sedia al tavolo finché non le sfiora il ventre, nascondendo le sue gambe alla vista. «Come stai?», sembra quasi un nuovo inizio. Le verrebbe da dire: male, come quella volta in cui mi hai tenuto la testa mentre vomitavo in Sala Comune, ti ricordi? - probabilmente la sua prima sbronza. Eppure resta in silenzio, soltanto un altro po', decidendo il da farsi. Annullare il piano, fingendo di non essere l'autrice del biglietto? In fondo non sarebbe così strano aver scelto proprio quel posto, dato che lei ed Emilia si conoscono. Potrebbe giustificarsi con una bugia molto semplice: mi sono seduta qui perché ti ho visto e volevo salutarti. E' tanto che non ci vediamo. Di che biglietto stai parlando? -, ma per una strana ragione che non sa spiegare, molto simile al motivo per cui ha scritto d'impulso quella frase diretta, si rende conto che Emilia ha riconosciuto, se non la sua grafia, quanto meno il suo intento. E' vero, ormai sono solo due vecchie compagne di scuola che si aggiornano dopo tanto tempo, ma la relazione lineare tra Lilac Scamander ed un biglietto di sfida è troppo chiara per non essere notata dalla Berker.
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    «Em. Mi chiedevo quando ti saresti rifatta viva, con me. A quanto pare mai, giusto?», lo dice col solito tono scherzoso. Come ai vecchi tempi. In qualche modo, d'altronde, doveva pur rompere il ghiaccio. «Comunque, io sto come una che ha bevuto alle cinque del pomeriggio. Tu?», probabilmente pure, perché sono le sei e qualcosa dovrai averla presa, al bancone, per aver notato il biglietto. Mentre attende risposta, Lily avvicina la ciotola di patatine servita al tavolo. Giusto per rincarare la dose, domanda al cameriere un bicchiere di vino. «Aspettavi qualcun altro?», domanda a bruciapelo, un po' per capire le emozioni di Emilia in merito al biglietto, un po' per curiosità circa la nuova vita della Berker. Di me qualcosa saprai. Quanto meno che gioco a Quidditch. Ma io di te non so niente. «Sai che ti dico? Forse la storia del gioco ci farà bene, questo pomeriggio. L'avevo immaginato come una sorta di obbligo o verità. Senza l'obbligo. Solo verità...», abbassa lo sguardo mentre gioca col tovagliolo sgualcito dal suo inchiostro. «E dato che sai quanto io sia terribile quando si tratta di competizioni -», compreso obbligo o verità, come quella notte in giro per i Corridoi a nasconderci dai prefetti, «- a te l'onore d'iniziare.»
     
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