Black's Residence

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    ra i sentieri di Inverness, situata in mezzo a tanti altri cottage, si erge l'abitazione di Rudolph ed Elladora Black. La casa presenta lo stile tipico dei viottoli di Inverness, con degli ampi spazi verdi a circondarla, ed un cortiletto rigoglioso ad accogliere i visitatori. L'interno possiede delle camere spaziose, principalmente in legno nell'architettura, e per la maggior parte adornate di tante piante sparse qua e là. (1 - 2) L'accogliente ingresso si apre su di un intimo saloncino dotato di camino, che porta, seguendo il corridoio, alle varie altre stanze, tra cui la cucina, il bagno ed altri vani che si estendono sulla veranda esterna ( 1 - 2 - 3 ) Una stanza in particolare, quasi sempre chiusa a chiave, riporta al suo interno antichissimi cimeli di famiglia, ed è interamente tappezzata dal disegno dell'albero genealogico della nobile stirpe dei Black. Infine, al piano di sopra sono situate le camere da letto, tra cui quella di Rudolph Black, un tempo matrimoniale, e quella di Elladora.

    Questa discussione rientra nel progetto quotidianità


     
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    È solo quando posa il tacchino al forno sulla tavolata imbandita che si rende conto di aver cucinato troppo, almeno per due persone. «Non siamo costretti a mangiare tutto, ma possiamo chiudere bene gli avanzi e tenerli congelati, così hai di che sopravvivere quando sono a scuola!», esclama Ella, scoccando uno sguardo divertito a Rudy.
    Ha insistito per addobbare la casa, ed ora ogni anfratto luccica ad intermittenza, così come il grande albero rigorosamente autentico, la cui luce attraversa il salotto fino ad essere intravista in sala da pranzo. In sottofondo si sentono ancora canzoni natalizie provenire dal salotto, anche se Ella ha abbassato il volume affinché non fossero di disturbo.
    Al momento è una delle innumerevoli versioni di Last Christmas degli Wham che Ella canticchia nella testa, seguendo il ritmo, e deve ammettere di essere felice, davvero, serena, per una volta. «Ti servo io?», domanda al fratello, per poi intravedere con lo sguardo il grembiule da cucina che ha ancora legato ai fianchi. Scioglie il nodo piano piano, per poi piegarlo e poggiarlo, per ora, sullo schienale della sedia accanto alla sua.
    «Sono così contenta di essere qui con te a Natale», l’ha detto anche l’anno scorso, questo, ma lo ripete comunque. Nonostante Rudy non sia un tipo da sentimentalismi, Ella sa che essere apprezzati di tanto in tanto fa sempre bene. «L’anno scorso e quest’anno sono di sicuro i miei Natali preferiti», commenta, poi, incominciando in automatico a servire un po’ di tacchino, la portata principale, a Rudy, mentre lo esorta con lo sguardo ad assaggiare anche gli antipasti. Poggia anche una manciata di patate arrosto nel suo piatto, per poi tagliare un pezzo di carne anche per sé.
    Si siede, quindi, finalmente, e comincia ad assaggiare il risultato di un intera giornata di lavoro — si ritiene piuttosto soddisfatta, in realtà, ma lancia di tanto in tanto uno sguardo a Rudy per ricevere un responso. Mangiare le risulta difficile, però, quando entrambi i cuccioli di casa Black le piombano con le zampe sulle gambe. Ride, Ella, accarezzando prima il capo di Reggie e poi quello del nuovo arrivato, che ha chiamato Achilles. «Dai, giù», tenta, Ella, continuando ad accarezzarli, pur sapendo che così non scenderanno mai.
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    « Dovrei essere io a prendermi cura di te e non il contrario, sai? » Commenta ironicamente, l'ombra di un sorriso a rischiarargli il volto barbuto. Forse il primo, dall'inizio di quel primo Dicembre. Le feste natalizie, da quando è tornato ad Inverness e -specialmente- in quella casa, si son sempre rivelate un tabù per lui. Non che fosse mai stato un tipo particolarmente..natalizio, sin da principio. Alla stregua di un vero e proprio grinch, al contrario, Rudolph Black non aveva mai granchè considerato quella festa, nè tanto meno festeggiata, non prima di essere giunto in quella che, per un breve lasso di tempo, aveva potuto considerare la sua nuova famiglia. Il Natale in casa Potter-Weasley, dopotutto, era considerato dalla gran parte di amici ed affini, come il Natale perfetto. Ed un pezzettino di quella perfezione, piccolo, ma non per questo meno significativo, c'era stato un tempo in cui Rudy era riuscito a portarselo con sè, in quella stessa casa che, ad oggi, se non fosse stato per Ella, non avrebbe nemmeno riconosciuto come propria. Pensare a lei, Olympia, in un periodo come questo era ancora più doloroso. Per questo motivo, in una sorta di involontaria ed istintiva ripicca, da quel primo Dicembre a questa parte l'ex Grifondoro aveva trascurato ancora di più quel piccolo angolo di mondo che, un tempo, era stato il loro. Aveva abbandonato la cura delle piante, che alla rossa tanto piacevano, tenuto qualsiasi lucina spenta, persino quelle del grazioso alberello sopra il suo letto, ormai da anni buio e triste. Per questo motivo la povera Ella, una volta tornata dal castello, si era ritrovata completamente allo sbaraglio. Ma c'era riuscita, c'era riuscita comunque a restituire a quel buio antro la rigogliosa prosperità d'un tempo, e per questo, Rudy le era grato. Quindi, lo sguardo riposto sul sorriso innocente e sereno della sorella, il più grande dei Black sospira, decidendo di lasciarsi alle spalle ogni cosa, almeno per oggi. E' il suo giorno, e mai sarebbe nei suoi voleri rovinarglielo, quel Natale che non festeggiano assieme da tanto, troppo tempo e che, probabilmente, mai avevano festeggiato, persino quando assieme lo erano, in quella famiglia fin troppo disfunzionale.
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    « Da quando hai imparato a cucinare così bene? » Le domanda, porgendole il piatto per lasciarsi servire di tutto ciò che ha preparato. Non ha ancora assaggiato nulla, ma è certo che sarà tutto buonissimo, e per questo si domanda da dove possa esser sbucata questa dote di Ella. A casa loro, dopotutto, erano sempre gli elfi domestici a preparare i pasti. Si rende conto che, nonostante gli ormai due anni trascorsi assieme, la conosce ancora così poco, dopo tutto il tempo che hanno passato separati. « Sono io ad esser contento di averti qui » Le rivela dunque dopo qualche minuto di silenzio, riagganciandosi alle sue due affermazioni di poco prima, alle quali non ha risposto. « Insomma.. Guarda come sei riuscita a trasformare questo posto dal nulla. E'..incredibile » La osserva per un po', un sorriso adesso più visibile a distendergli le labbra. E' incredibile come tu non abbia mai perso la tua magia, nonostante tutto quello che abbiamo passato. Insegnami Ella, insegnami come si fa. Insegnami ad esser forte come te. « Vedi? Anche Achilles è contento. ..Anche se vabè, lui lo è sempre » Ridacchia, addentando questa volta un pezzo di tacchino e commentando prontamente con un « Mmmh..Buonissimo! » Poi, dopo qualche altro istante di silenzio, dice « Grazie, Ella. Di essere qui, con me » Di volermi ancora bene, nonostante io non sia mai riuscito a liberarti. Non in tempo. Non quando avrei dovuto. « Grazie di..essere te, sempre e comunque » E di dare un senso a questa mia vita di merda. « ..Allooora, mentre mangi -perchè mangia, che sei troppo magra- cosa mi racconti del castello? Come ti stai trovando? » Cambia discorso, buttando un pezzo di pane speziato ad Achilles, per liberarla dalla sua festante morsa. « Coso, quell'Harvey del midsummer..Devo sapere qualcosa che non so, mh? »
     
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    « Dovrei essere io a prendermi cura di te e non il contrario, sai? », sorride, Ella, gli lancia uno sguardo dolce ma divertito. È allegra, contenta di essere riuscita a sistemare la casa ed a riportare alla vita la maggior parte delle piantine, seguendo anche alcune tecniche che ha ripassato con Olympia, quel pomeriggio al parco. È cosciente del fatto che Rudy è venuto a sapere del suo magnifico piano, e che prima o poi ne dovranno parlare. Ma può aspettare.
    Oggi dobbiamo essere felici, è un mantra, quello che a volte ha canticchiato in mezzo alle canzoni natalizie — ha comprato un vinile adatto al giradischi che ha trovato incastrato nel mobile del salotto, proprio per rischiarare l’atmosfera. Ha levato e lavato le tende, così che diventassero più bianche. Ha addobbato tutta la casa, aggiungendo altri pezzi da collezione alle decorazioni ed ai soprammobili comprati l’anno prima. E ci metterà un sacco di tempo a disfare il tutto prima di tornare ad Hogwarts, ma va bene così. È felice di averlo fatto, è felice di aver riportato quantomeno l’ombra di un sorriso sul volto di Rudy. È estasiata perché riesce a percepire che suo fratello apprezza il suo sforzo, che le riconosce un buon lavoro.
    « Da quando hai imparato a cucinare così bene? », alza le spalle, Ella, per nulla sorpresa dalla domanda. Una signorina, avrebbe dovuto essere, e vuole così tanto essere lei, nonostante i suoi genitori non siano più lì a poterle dare una conferma — da quella signorina nessuno si aspetta che sappia cucinare, fare le faccende di casa, prendersi cura di esseri animati ed inanimati. «Da piccola seguivo gli elfi ovunque andassero», svela, con un piccolo sorriso, «Quando ho iniziato… forse avevo quattro o cinque anni, e… odiavano che gli stessi tra i piedi, poi però-», alza di nuovo le spalle, «Hanno iniziato a tollerarmi dopo un po’, ed infine sono riusciti a lasciare che imparassi e li aiutassi», conclude in tono crescente, ammettendo automaticamente una vicinanza emotiva a quei ricordi. Rudy non l’aiuta di certo a tenere le emozioni sotto controllo — « Sono io ad esser contento di averti qui. Insomma.. Guarda come sei riuscita a trasformare questo posto dal nulla. E'..incredibile », risponde con una piccola smorfia appena accennata, come a non volersi prendere tutto quel merito. «Ho solo messo in ordine e appeso gli addobbi», fa un cenno noncurante con la mano, come a dire niente di che.
    Continua ad accarezzare il muso e la schiena di entrambi i cani, giusto per non fare preferenze, nonostante Reggie sia più legato a Rudy ed Achilles, invece, quand’è in casa la segua ovunque vada. Al complimento gli rivolge un sorriso smagliante e soddisfatto, prima di riuscire finalmente a far scendere le due anime in pena almeno per un momento. « Grazie, Ella. Di essere qui, con me. Grazie di..essere te, sempre e comunque », lì le vengono gli occhi lucidi, e sa già che non potrebbe rispondere su due piedi. Si concentra sul tacchino, quindi, appurando che è effettivamente un successo a mani basse. «Grazie per avermi permesso di stare qui con te», sottolinea, poi, tra un boccone e l’altro.
    « ..Allooora, mentre mangi -perchè mangia, che sei troppo magra- », ride, Ella, cosciente del fatto che Rudy non mollerà mai quell’osso. Non ha mai avuto un problema effettivo con il cibo, Ella — semplicemente il suo stomaco si riempie troppo in fretta, e poi le hanno insegnato che è sempre meglio alzarsi con un po’ di fame che alzarsi troppo sazi. «Cosa mi racconti del castello? Come ti stai trovando? Coso, quell'Harvey del Midsummer..Devo sapere qualcosa che non so, mh? », fa vagare lo sguardo per la tavolata, Ella, si versa nel piatto il contorno di verdure croccanti come per tergiversare. «Al castello va tutto benissimo!», esclama, quindi, spiluccando di tanto in tanto, «Le ragazze mi hanno completamente inserita ora, e… sono tanto contenta- ho comprato lo stesso regalo di Natale per tutte, è un braccialetto con incastonata la pietra fortunata del loro segno zodiacale… spero che siano contante, che… che lo vedano come una sorta di portafortuna», ha intenzione di consegnare i pacchettini a Gstaad, e già non vede l’ora di scoprire la loro reazione. «Perfino Nana sembra essersi rilassata, ora!», esclama, felice — ha intenzione di riuscire ad ammorbidirla e di diventare davvero sua amica, con il tempo, ma sa che ognuno ha bisogno dei suoi spazi.
    Quando poi è il momento di passare a Coso, Ella alza gli occhi tra sé e sé, «Con Harvey non è successo nulla, sul serio», annuncia, prima di tutto, come a mettere le mani avanti, «Se vuoi ti racconto che cosa è successo, però tu non ti devi arrabbiare», lo prega, con un sorriso bonario, «Cioè- non ci sia qualcosa per cui ti potresti arrabbiare, davvero, però promesso.
     
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    La ascolta attentamente, Rudy, mentre butta giù un altro boccone di tacchino, seppur a fatica. Non che non sia di suo gradimento - anzi, è ancora stupito di quanto sua sorella Elladora possa esser diventata brava in cucina - ma si è seduto a tavola con voglia di mangiare pari a zero, quella sera. In circostanze differenti, di fatti, probabilmente avrebbe già spazzolato mezza tavolata nel giro di cinque o dieci minuti, vorace per com'è sempre stato. Ma oggi, in questo particolare giorno, così maledettamente pieno di ricordi ormai belli che andati, se solo potesse chiudersi in camera a luci spente ed uscire di lì direttamente il due Gennaio..Beh, lo farebbe senza farselo ripetere due volte. Seppur la presenza di Ella sia un significativo spiraglio di luce in quel buio costante che sembra esser diventata la sua vita da qualche tempo a questa parte -specie in un periodo del genere- sente l'inconfondibile quanto fastidiosissima sensazione che manchi ancora qualcosa, lì dentro. O meglio: qualcuno. Qualcuno che sa non verrà mai, nemmeno nei suoi sogni migliori, ma che nonostante tutto -in maniera decisamente masochista, diremmo- continua a sperare inconsciamente possa spuntare da un momento all'altro. « E' un regalo molto carino » Dice, sovrappensiero, per poi buttar giù due o tre sorsi di vino, per schiarirsi le idee. Sorride -o almeno si sforza di farlo- e decide, ripetendolo a sè stesso una, due, tre e anche quattro volte, che non permetterà a nessuno di rovinare quel momento così speciale per sua sorella. Neanche al ricordo così vivido di lei, Olympia. « Max è un po' pazza- Buon sangue non mente, d'altra parte. -ma secondo me le piacerà. E se piace a lei scommetto sarà lo stesso per la sua amica » Annuisce, scrutandola, e permettendole di contagiarlo della propria allegria, per qualche momento. « Fortuna non hai preso da me, in quanto ad incapacità di fare i regali! » Ride, stringendosi nelle spalle con un'espressione che ha del colpevole.
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    «Se vuoi ti racconto che cosa è successo, però tu non ti devi arrabbiare.. » Alza lo sguardo verso di lei, a quel punto, inarcando un sopracciglio. «Cioè- non ci sia qualcosa per cui ti potresti arrabbiare, davvero, però promesso « Se parto già arrabbiato vale come non incazzatura? » La fissa per qualche momento, truce, poi una risata gli scuote il petto, nel vedere un barlume di terrore palesarsi tra le iridi cristalline di lei. « Andiamo! Scherzo! » Nemmeno poi tanto, ma non c'è bisogno di specificarlo. Per ora. « Dai, raccontami, non mi arrabbio, te lo prometto » Le dice, per rassicurarla, mentre riagguanta il calice di vino rosso e ne manda giù generose sorsate. Qualcosa mi dice che avrò bisogno di altro vino a breve. [...] « E' quasi mezzanotte.. Ma quanto abbiamo mangiato? » Bofonchia, lanciando un'occhiata allo schermo del cellulare. Nota diverse notifiche, ma le ignora tutte. « Hai ragione, il Grinch non era così male come film. Anche se proprio non capisco perchè mi dite tutti di notare una certa somiglianza, davvero non lo so » Si stringe nelle spalle con indifferenza, poi le lancia un'occhiata. « Ovviamente se non mangi anche il dolce non ti alzi da questa tavola » Annuncia, solenne, scuotendo la testa sforzandosi per sembrare severo. Ma ha bevuto probabilmente troppo per risultare credibile, ormai, specie con lei. Coi fumi dell'alcool che gli inebriano i pensieri, lasciando da parte quelli brutti, infatti, sta riuscendo a godersi il momento così come dovrebbe, notando le piccole cose. Le più importanti. Il sorriso di Ella, il rossore sulle sue guance, quella scintilla di felicità ad illuminarle lo sguardo. Sorride. « Non sembra vero essere qui, così..Tranquilli - Come qualsiasi altro ragazzo della nostra età dovrebbe essere - Non è così? » Dopo tutto quello che abbiamo passato. Non lo dice, ma lo pensa. E pensa anche che, nonostante la percepisca ancora, quella sensazione di vuoto dentro al petto, non vorrebbe essere in altro posto al di fuori di dove sta, e con chi sta, al momento. Sospira, poi si blocca per qualche momento, come per pensare, e allora si allunga verso dietro, in bilico sulla sedia, per agguantare dal mobile alle sue spalle un sacchettino lucido, nero, con un fiocco rosa. « A proposito.. » Mormora, schiarendosi la gola, per nascondere il disagio che l'incapacità a rapportarsi con certi gesti gli arreca « Questo è..mmh- Sì insomma è per te » La guarda di sottecchi, poi distoglie lo sguardo. « Anche se faccio schifo coi regali. Scommetto che il tuo Harvey è più bravo di me » Fa una smorfia, mentre scimmiotta un maturissimo gne gne gne.
    Dentro la bustina, legato con un nastro di cuoio, vi è un foglio. Si tratta di un documento che indica Rudy come tutore legale di Ella in quanto ancora minorenne. Assieme, un album di foto con tante decorazioni incantate ed animate, con all'interno foto della loro infanzia, e tanti altri spazi vuoti da riempire. Infine, una macchina fotografica polaroid.

    "Se lo vorrai, da ora in poi, potremo restare uniti per sempre.
    L'album e la macchina fotografica sono un piccolo aiuto per
    permetterti di riscrivere la vita che hai sempre meritato,
    con le persone che sceglierai di volere accanto.
    Buon Natale.
    - Rudy."
     
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    « Se parto già arrabbiato vale come non incazzatura? », sbarra appena gli occhi, Ella, presa in contropiede. Non ha paura, non davvero, ma per qualche frammento di secondo se ne sta con la forchetta a mezz’aria e le labbra schiuse – « Andiamo! Scherzo! », allora sorride, Ella, si lascia andare ad una risata silenziosa, porta il cibo alla bocca. « Dai, raccontami, non mi arrabbio, te lo prometto », annuisce, Ella, prendendo un sorso di acqua. Osserva di sottecchi suo fratello rifocillarsi di vino, e scuote la testa ridendo. Non è più incredula, ormai, perché dopo più di due anni insieme, insieme per davvero, a creare una routine fatta di lettere, telefonate, treni e tavole imbandite. È felice così, per ora – felice ad essere in due, felice nel sottile chiacchiericcio di una famiglia che, per lei, nulla ha da invidiare alle altre.
    Alza le spalle, quindi, si tira indietro con la schiena, incastra le scapole nello schienale intarsiato, «Ci siamo conosciuti alla Caccia e siamo andati al Midsummer insieme», sospira, «E poi… sono rimasta al campo estivo», perché lui aveva detto che sarebbe rimasto, è evidente dalla maniera in cui arrossisce appena – tossicchia, evitando di incrociare lo sguardo del fratello. «E… te l’ho detto, lì ho passato una bellissima estate!», fa spallucce, «ma quando siamo tornati a Hogwarts… non so, era come se non esistessi più», e non era stato traumatico, in fondo – ci era abituata, era tutto quello che aveva sempre voluto. «Cioè- ci salutavamo per i corridoi, ecco, non ci ho nemmeno più parlato», fa una smorfia, «E poi- il mese scorso caso ha voluto che ci incontrassimo di notte sulla Torre di Astronomia». Allunga il braccio per versarsi un goccio di vino – bianco, perché il rosso le dà alla testa –, rivolgendo a Rudy un piccolo sorriso come quasi a chiedere il permesso. Porta il bicchiere alle labbra, nascondendovi dietro lo sguardo divertito, «E comunque, abbiamo parlato per un sacco, come se niente fosse!», esclama, alzando appena il tono della voce, «Te l’ho detto, non è successo nulla… è solo che non capisco come si comporta», sospira, concludendo per finire gli ultimi bocconi di tacchino che riesce ad infilare nello stomaco.
    È sorprendente, come avere dei problemi normali possa essere gratificante, e come nonostante siano lontani da ciò che ha passato nell’infanzia siano così… veri, nella loro banalità. Segnali confusi di un ragazzo, la pancia piena il giorno di Natale, l’imbarazzo altalenante tra lei e Rudy che si conoscono ogni giorno un po’ di più.

    Ha abbassato le luci, quando ha incominciato a fare tardi, l’orologio in cima alla credenza che si avvicina a mezzanotte – lo guarda nello stesso momento di suo fratello, ed annuisce, incredula.
    Le migliori vacanze di Natale di sempre, non potrebbe definirle in altro modo. « Hai ragione, il Grinch non era così male come film. Anche se proprio non capisco perchè mi dite tutti di notare una certa somiglianza, davvero non lo so », si tiene le mani sullo stomaco, quando scoppia in una risata più rumorosa e coinvolgente del solito, «Perché è vero!», esclama. « Ovviamente se non mangi anche il dolce non ti alzi da questa tavola », non è difficile immaginare come Ella storca il naso, un sospiro che si intrappola nelle narici e muore con un sorriso. Ce la può fare, solo questa volta, per lui – è Natale, in fondo. Quindi ubbidisce, consapevole che probabilmente non riuscirà a forzare tutta la fetta nello stomaco, ma sembra che a Rudy vada bene comunque.
    « Non sembra vero essere qui, così..Tranquilli. Non è così? », annuisce, Ella – si è avvolta in una coperta ancora una mezz’ora fa, ed ora resta infagottata, per una volta scomposta sulla sedia. Non sembra vero – nulla sembra reale, ed Ella a volte ne è talmente terrorizzata da pensare di morire. Se fosse solo un sogno? In fondo, è sempre stata nota per dissociarsi completamente dalla realtà, da piccola – si sta sforzando di non farlo più così spesso, ma se fosse tutta un’allucinazione, una realtà dentro la realtà – Stephen King, stanza 1408? E’ una prospettiva che la spaventa così tanto che rabbrividisce, come se l’aria attorno fosse ancora quella di Durmstrang. Quanti Natali ha passato là? Quanti ne ha passati da sola?
    Fortunatamente, nella maggior parte dei casi sa ancora riconoscere tra realtà e fantasia – si accorge di stare fluttuando nella memoria ad occhi aperti in fretta, distogliendo gli occhi dal vuoto e puntandoli sulla tavola. Sente il bordo del legno contro lo stinco – è reale, questo è reale.
    Si accorge del sacchetto che Rudy le ha posato sotto al naso solo poco dopo, e solleva gli occhi, già istintivamente lucidi, le guance arrossate. Fruga all’interno, e non le ci vuole molto per aprire il foglio e scorrere velocemente tra le righe – è lì che scoppia irrimediabilmente in lacrime in silenzio, e le pupille saettano verso l’inizio del documento. Lo legge attentamente, una, due volte. Prende nota con il cuore aperto di ciò che quel pezzo di carta significa, di tutti i Natali che non passerà più da sola. Passa al resto, ed ammira le prime fotografie con una devozione quasi religiosa, sfiorandole appena con i polpastrelli. La passaporta ad un’infanzia che non ricorda, con la certezza di poter ricostruire quell’infanzia, in un certo senso, adesso. Rimpiazzare ricordi, non fingere di essere più adulta di quello che in realtà è. Restare un po’ bambina.
    Prende la polaroid, rigirandosela tra le mani, gli occhi ancora bagnati che faticano a contenere l’entusiasmo. L’ennesimo sogno di anni fa che si è concretizzato – sa perfettamente come prepararla e come accenderla, veloce e delicata. La alza per immortalare suo fratello dopo aver materializzato un cappello da Babbo Natale sulla sua testa – aspetta, ride, estrae la cartuccia asciugandosi le lacrime. «Questa è la prima da mettere nell’album», afferma, posando macchina e polaroid sul tavolo, «E’… tutto…», mormora, liberandosi dalla coperta per alzarsi e stringere Rudy in un abbraccio inaspettato, «Grazie», gli sussurra all’orecchio.
    « Anche se faccio schifo coi regali. Scommetto che il tuo Harvey è più bravo di me », ride, Ella, alzandosi per offrire a Rudy un pacchetto di velluto scuro. «Non è vero», scuote la testa, «E’ il regalo più bello che abbia mai ricevuto», afferma, convinta, «Fa impallidire il mio… ha… lo stesso incantesimo che ti spiegavo per i braccialetti delle ragazze, è collegato al mio braccialetto», alza il braccio sinistro, «Così, se mai sarò in pericolo… lo saprai- non ho capito molto bene come, il Goblin che ha realizzato i regali è stato molto molto gentile ma… criptico», sorride, alzando le spalle, «ma mi ha assicurato che lo saprai».


    Nel pacchetto c'è un orologio da taschino, sul retro è stata intagliata Toujours ensemble, una chiara modifica al Toujours Pur della famiglia Black.
     
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    Il treno si arresta con un sobbalzo, ed Ella, già in piedi di fronte allo scompartimento, una mano appesa al corrimano per sicurezza. Per battere gli altri studenti sul tempo ed evitare la ressa, ha già con non poca fatica già posato il suo baule per terra. Bacchetta alla mano, quindi, lo solleva lentamente, mantenendolo comunque quasi al livello del pavimento, onde evitare che per qualche distrazione rovini addosso ad un povero malcapitato. Costringe il baule a seguirla per il corridoio fino alla giuntura tra le carrozze, dove arresta la camminata per lasciar scendere altri studenti che hanno fatto perfino più in fretta di lei. Si infila quando il varco finalmente è libero, supera le porte aperte sulla banchina del binario 9 3/4.
    L’aria profuma di apprensione e gioia. Ella scende i gradini che la collegano al cemento e mentre avanza scruta tra i volti di genitori ansiosi di riabbracciare i figli che mancano a casa ormai da mesi, alla ricerca di quello di suo fratello. Alto, con le spalle larghe, i capelli scuri ed un barbone della stessa tonalità — appiccica il suoi lineamenti a quelli dei passanti, adocchia ragazzini del primo anno a cui scappa qualche lacrima mentre si tuffano tra le braccia delle madri, e poi fratelli che scompigliano i capelli di altri, alcune coppiette che si salutano prima di lasciarsi per i primi giorni d’estate.
    Il binario che accoglie gli studenti di Hogwarts per gli ultimi saluti ed i primi rincontri è una piattaforma di colore, infatti individuare Rudy non è così difficile, appena aguzza la vista. Suo fratello l’ha probabilmente notata per primo, da come pare star camminando nella sua direzione. È in quel momento che molla la presa mentale sull’incantesimo, ed il baule sbatte a terra da una decina di centimetri con un tonfo, mentre Ella corre con le gambe lunghe per andare a saltare tra le braccia di Rudy. Si ritrova sollevata in aria senza sforzo, e resta immobile per quella che pare un’eternità a stringergli le braccia al collo, quasi tremando per la botta di adrenalina. «Mi sei mancato così tanto!», esclama al suo orecchio, prima di allontanarsi e lasciarsi posare a terra, «Come stai? Tutto bene? Come stanno i miei bambini.

    Bambini con cui è finalmente ricongiunta quando supera la porta di casa, quando un esagitato Reggie le si scaraventa addosso, costringendola ad indietreggiare di qualche passo. Trillando per la sorpresa, Ella lo circonda con le braccia, passandogli le mani sul dorso, «Ciao, bello, ehi! Ciao, mi sei mancato anche tu, mi sei mancato tantissimo!», riesce a formulare tra le risate. L’occhio le cade quindi sul piccolo di casa, che così piccolo ormai non è più. Supera a fatica l’atrio, rincorsa da entrambi i cani, per poi abbassarsi in ginocchio a coccolare entrambi, «Achilles è cresciuto così tanto… sei così bello, con tutto questo pelo…».
    Quando sembra esserle concesso alzarsi per una pausa, mentre entrambi gli animali si spostano ciondolando per casa, probabilmente alla ricerca delle ciotole con l’acqua, si alza, sgranchendosi le gambe che ha tenuto incrociate per tutto il tempo.
    «Allora? Che mi racconti?», esclama, quindi, andando di nuovo a circondare il collo del fratello con le braccia, per scoccargli un bacio sulla guancia, «Hai fame? Posso preparare una merenda, pensavo di disfare i bagagli domani».
     
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