Used to the darkness

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    Con la prima sessione di esami alle porte, Griffith aveva deciso di assentarsi dal campus solo per le festività. Aveva quindi passato le giornate natalizie ad Inverness con la propria famiglia, tornando subito all'alloggio studentesco per lunedì ventotto. Sebbene Hogsmeade fosse meno popolata del solito, non sembrava essere stato l'unico a farsi quel piano d'azione, chiudendosi per giornate intere in biblioteca a studiare i numerosi tomi che il loro corso di studi proponeva. Il giovane Morgenstern entrava, sistemava le proprie cose sul tavolo e lavorava a testa china per ore e ore, spesso ritrovandosi da solo con la bibliotecaria ben dopo l'ora di cena. La signora sembrava averlo preso in simpatia per quella sua dedizione, passandogli ogni tanto qualche snack e rivolgendogli un caldo sorriso per intimarlo a prendersi una piccola pausa. E di pause, Griffith se ne concedeva ben poche: la sua indole stacanovista e il suo bisogno di dare sempre il meglio fino a raggiungere la perfezione lo spronava costantemente a non mollare la presa sul proprio lavoro, qualunque esso fosse. Erano circa le dieci di sera quando la sua profonda concentrazione venne spezzata dal planare di un gufo ben curato sul proprio tavolo, illuminato nella penombra dalla sola luce della lampada ad olio relativa alla sua postazione. Slegò il rotolo di pergamena dalla zampetta del pennuto, tirando il nastro di raso blu per leggere le righe calcate in un'elegante calligrafia. « Spero tu abbia ricevuto il cesto natalizio che ti ho spedito. Ho scelto i prodotti più raffinati per il mio ragazzo preferito. Potrebbe esserti sfuggito, ma all'interno c'era anche un biglietto per l'opera per la sera di capodanno. Mia moglie sarà fuori città, fortunatamente. Vorrei la tua compagnia. Mi manchi da morire. Rispondimi presto. - Arnold Cavendish » Gli occhi di Griffith scorrevano tra quelle righe con sguardo impassibile. Aveva smesso di provare disgusto da molto tempo, nei confronti di quelle persone e di ciò che faceva con loro. Uomini e donne dell'alta società che vedevano in lui la possibilità di sfuggire a situazioni coniugali infelici, di vivere una sessualità che erano stati costretti a celare oppure semplicemente di esercitare potere su un altro essere umano. Arnold Cavendish, nello specifico, incarnava tutti e tre gli aspetti. Un piccolo uomo - piccolo di statura tanto fisica quanto morale - di circa sessant'anni che lavorava come giudice per il Wizengamot. Non aveva mai nutrito interesse per il genere femminile, ma si era dovuto sposare con una donna - tra l'altro sua cugina di secondo grado - per evitare scandali e seguire la strada che la famiglia aveva tracciato per lui. Arnold diceva di sentirsi molto vulnerabile quando si trovava con Griffith, ma poi non era diverso da tutti gli altri suoi degni compari: lo trattava come un pezzo di carne, un bell'oggetto raro da collezione che aveva anche in sé il sapore del proibito. Eppure quel disgusto che Griffith aveva provato durante le proprie prime esperienze con quella risma di persone non c'era più. C'era solo pietà e un vago distacco nei confronti di quell'ometto insulso che evidentemente aveva proiettato un po' troppo su di lui. Rispose quindi velocemente, con poche righe asciutte, declinando l'invito per Capodanno e ringraziandolo per il cesto. Nessuna richieste di vedersi di nuovo: non aveva tempo per lui in quel momento. « Patetico. » Una voce, quella, che sembrava accompagnarlo da tutta la vita. Una sorta di seconda coscienza che di tanto in tanto sussurrava al suo orecchio, partendo da un punto imprecisato in corrispondenza del suo petto. « Ah, stupidi ragazzini! » Sollevò lo sguardo, riportato alla realtà dalla voce della bibliotecaria alla quale rivolse un'occhiata interrogativa. Ma la donna non lo stava guardando: se ne stava impalata di fronte alla finestra, con i pugni sui fianchi e le labbra strette in un'espressione contrita. « Chissà cosa ci troveranno in quella maledetta casa! È solo un ammasso di legno marcio. La cosa più spaventosa di quel posto è la possibilità di farsi cadere una trave sulla testa, altro che i fantasmi! » Parlava della Stamberga, era chiaro. Nonostante le teorie che circolavano un tempo fossero state ampiamente smentite dai fatti, i ragazzi non avevano smesso di raccontare storie su quel posto. « Gli spettri! Seh. In testa ce li hanno, gli spettri. » Un tiepido sorriso si andò a dipingere sulle labbra del ragazzo mentre radunava una alla volta le proprie cose nella tracolla. « Non è un po' quello il punto? » chiese, parzialmente ironico, scoccando un'occhiata alla vecchia, che questa volta si voltò a guardarlo con un'aria confusa. Scosse il capo, serenamente. « Nulla. » Lasci stare. Si avvicinò alla finestra, scrutando la casa. Effettivamente da una delle finestre filtrava una pallida luce verde intermittente. C'era qualcuno. « Probabilmente si tratta di qualche studente rimasto al castello per le vacanze. Ad alcuni piace andarci per raccontarsi storie di fantasmi. » O per scopare. O entrambe le cose. Si voltò quindi a guardare la bibliotecaria, immersa nei propri pensieri probabilmente riguardanti il da farsi. « Non penso ci sia bisogno di scatenare un polverone. Posso andare io a controllare. A molti basta semplicemente un po' di strizza per tornare nei propri dormitori. » Il che era abbastanza semplice quando ti trovavi di fronte a gente che andava lì con l'obiettivo di farsi venire i brividi: il minimo rumore li faceva scappare a gambe levate. La signora lo fissò con un'espressione indecisa, ma alla fine venne convinta alla stessa maniera in cui Griffith riusciva a convincere un po' tutti quanti: col suo sguardo sicuro e il sorriso sereno di chi sentiva di avere la situazione in mano. E poi, in ogni caso, era evidente che la donna non volesse passare il resto della serata a dare la caccia a qualche moccioso. « Va bene. Ma se non vedo quella luce spegnersi nel giro di mezz'ora chiamo il custode. » In tutta risposta, il biondo annuì, augurando una buona serata alla bibliotecaria prima di prendere l'uscita e avviarsi per le stradine tortuose di Hogsmeade, coperte di neve sulla quale le luci di Natale gettavano brillanti colori festosi.
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    Lasciò la tracolla all'ingresso della Stamberga, nascondendola tra le fronde di un cespuglio. Non che ci fosse dentro chissà cosa, ma anche i libri avevano il loro prezzo..oltre che il loro peso. Si fece quindi silenziosamente spazio nell'ambiente, attento a calibrare il proprio passo per fare meno rumore possibile. In realtà non aveva questa grande intenzione di spaventare chiunque si trovasse lì dentro: era davvero convinto che si trattasse di qualche studentello in vena di piccoli brividi. Voleva soltanto avvertire l'avventuriero del fatto che fosse stato beccato e che gli convenisse tornare ai propri alloggi se non voleva passare il resto delle vacanze in punizione. E poi era pur sempre vero ciò che aveva detto la bibliotecaria: la cosa più spaventosa della Stamberga era il suo palese status di abuso edilizio. Che questo posto pericolante si trovi ancora a un passo dalla scuola è davvero assurdo. L'avrebbero dovuto buttare giù tanto tempo fa. Ma d'altronde cosa ci si può aspettare da un'istituzione che si tiene un platano picchiatore nel parco? Capace di distribuire abilmente il proprio peso, Griffith sembrava non lasciare alcun rumore con i propri passi, facendosi strada nel piccolo dedalo di corridoi e scale fin verso la stanza da cui aveva intravisto prima quella luce smeraldina. Si arrestò tuttavia di colpo nell'udire uno scricchiolio alle proprie spalle. C'è qualcuno. L'istinto da cacciatore affinato negli anni non mentiva mai: Griffith sapeva sempre quando era solo e quando no, ma soprattutto riusciva a percepire con precisione quando veniva seguito. Fece finta di nulla, tendendo tutti i sensi mentre andava avanti. Voglio capire chi sei. Non camminava con una meta, infatti, ma per ascoltare i rumori prodotti dai passi dell'altro. Uomo. Corporatura media. Sì, è molto probabile che si tratti di uno studente. Un adulto mi avrebbe già fermato. Svoltò un angolo, aspettando che l'altro facesse lo stesso prima di voltarsi di scatto, facendo scivolare una lama dalla manica e lanciandola con precisione chirurgica. Nell'andare a conficcarsi su una trave a pochissimi centimetri dalla testa del ragazzo, il pugnale vibrò sonoramente. Le iridi puntate in quelle dell'altro, tuttavia, erano calme, sottolineate da un sorriso sereno: il lancio era stato calcolato affinché finisse esattamente lì, in quel punto. « Non ti hanno insegnato a non avvicinarti di soppiatto alla gente? » chiese tranquillo, con un'inflessione ironica nella voce, mentre si avvicinava per riprendersi il pugnale. Lo fece roteare tra le dita, riponendolo poi al proprio posto. Lo aveva già visto, ma di lui sapeva solo il nome: Grimm Nott. Più volte si era sentito osservato da lui, ma non si era mai adoperato a capirne il perché. Immagino che questa sia l'occasione giusta. Incrociò le braccia al petto, inclinandosi quanto bastava ad appoggiarsi al muro con una spalla. Le iridi violacee squadrarono velocemente il ragazzo. « Trovati i fantasmi dei Natali, Scrooge? » una domanda ironica, la sua, volta a sondare quale motivo lo avesse portato lì, di notte, da solo. Fece quindi schioccare la lingua contro il palato, sollevando un sopracciglio. « La bibliotecaria ha visto la luce da Hogsmeade. » spiegò brevemente, stringendosi nelle spalle come poteva. « Dovresti stare più attento..quando infrangi le regole. » Lo sguardo di Griffith si mosse a indicare poi il punto della parete in cui il suo coltello era affondato, sorridendo eloquente. « O a prescindere, forse. »

     
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    Immagina di vivere per quindici anni chiuso entro le mura di una casa - una casa molto grande, dai numerosi piano e dagli infiniti corridoi.. ma pur sempre una casa - e di non aver mai conosciuto il mondo esterno se non per la distanza di un tiro di schioppo. Su Hilbre Island non c'era poi molto da vedere se non terra brulla oltre le mura del giardino di Polaris. Dopo quindici anni, Grimm era approdato a Hogwarts, nella società civile: per settimane, il neo-corvonero aveva provato una sensazione vagamente simile all'agorafobia, un leggero sentore di disagio nel vedersi vorticare attorno centinaia di persone diverse dai colori diversi, le voci diverse, diversi retaggi e sentieri di vita. Era caduto in un immenso, caotico caleidoscopio che sulle prime l'aveva disorientato, procurandogli talvolta un sottile mal di testa. Era stato costretto in breve tempo ad avere a che fare con troppe persone, delle quali aveva provato inutilmente a ricordare nome, viso e ogni singolo dettaglio carpito.. solo per capire infine che la maggior parte delle persone sono come pagine di un libro che non rileggeremo più. Tre mesi dopo, quella sensazione di soverchiante malessere era passata del tutto; Grimm Nott si stava abituando ai ritmi della società civile e alla sua patetica superficialità. L'aveva provato in prima persona, nessuno aveva tentato di conoscerlo davvero, i suoi primi tre mesi al castello erano stati un susseguirsi di interazioni meccaniche e prive di fondamento. Non che, d'altro canto, Grimm si fosse veramente sforzato di fare amicizia. Cos'è, poi, l'amicizia? Ne aveva letto libri interi e i suoi genitori stessi avevano insegnato ai figli il valore fondamentale della Lealtà; ciò nonostante, non aveva idea di cosa significasse avere amici. Aveva tentato un approccio goffo con l'erede dei Crouch ma no, non era amicizia quella come non era amico di Brunhilde Zabini. Un passo precedente, forse. Un po' meno che amici, un po' più che pezzi di carne che camminano. Ma Crouch, Zabini.. era facile per loro avere un valore, agli occhi attenti di un Nott. Nel loro sangue scorreva il bene prezioso dei lasciti passati, erano - seppur inconsapevolmente - storia personificata e grandi futuri in divenire. Aveva pensato lo stesso dei molti nomi che gli erano balzati alla mente, quelli dei vari Rosier e Carrow che di tanto in tanto incrociavano il suo passo in corridoio. E poi ci sono i Morgenstern. Al Faro conoscevano il nome dei Morgenstern da ben prima che la Guerra Santa l'amplificasse, così come conoscevano la segreta civiltà di Inverness. Grimm era stato subito colpito da tale cognome il primo giorno, quando fece la conoscenza del docente di Difesa contro le arti oscure: un ragazzo che dimostrava cent'anni di più, così diverso dagli altri umani che popolavano il castello. Ma i Morgenstern non sono più umani, suo padre Theodore aveva dovuto correggere quel dato tre anni prima, negli archivi. Vi erano numerose testimonianze del fatto che i Morgenstern - il patriarca decaduto e la matriarca regnante - avessero abbandonato le spoglie umane per elevarsi a più alto rango. La lurida Mano di Dio. Che presunzione. Quando aveva scoperto dell'esistenza del progetto B.O.A. e aveva scoperto che numerose domande del corso di Difesa erano state prese in carico dai cadetti del corpo auror, aveva intimamente sperato di essere affiancato a Beatrice Morgenstern. Quale ironia, sarebbe stata! Morgenstern e Nott.. di nuovo accanto dopo secoli. Il soggetto più particolare di tutti, però, restava il fratello minore, misteriosamente apparso dal nulla cosmico. Griffith, la pecorella smarrita, l'ultimo atto di fede di Richard Morgenstern: anche a lui era stato dedicato un refuso e il suo nome era stato aggiunto all'albero genealogico dei Morgenstern da nonno Balthazar, prima che gli auror lo acchiappassero e lo sbattessero ad Azkaban. Griffith Morgenstern frequentava il college proprio come sua sorella Beatrice, aveva avuto modo di vederli entrambi per i corridoi del castello. Scevro però da una corona da reggere, senza dubbio era lui quello di più facile incontro. Gli era capitato di notare la sua presenza in biblioteca o nel cortile del castello ed era rimasto ad osservarlo, indifferente dal fatto di poter essere notato o no. Griffith possedeva la prestanza fisica della stirpe dei cacciatori di Inverness, il viso di un angelo caduto e un tesoro appeso al collo.

    Era rimasto al castello di Hogwarts per le vacanze natalizie, mentre la quasi totalità degli studenti aveva fatto ritorno a casa. A Grimm non interessava il viaggio di ritorno.. e per vedere chi, poi. I domestici? I fratelli? Sciocchezze. Rimanere a Hogwarts, d'altro canto, si era rivelata una enorme opportunità per comprendere meglio il castello, svuotato di inquilini invadenti. Nei giorni di pausa aveva camminato a lungo per i corridoi, si era fermato a leggere le targhette di ogni singolo quadro e aveva ricevuto risposte di ogni tipo dai rispettivi abitanti delle cornici. Si era cimentato nuovamente nella lettura di "Storie di Hogwarts" e aveva finalmente capito il funzionamento della Stanza delle Necessità, un portentoso esempio di magia come non se ne vedono più da millenni. Ma il passatempo preferito di Grimm si era rivelato cercare cose che l'occhio nudo non vede. Solo suo fratello Arkham sapeva delle decine di oggetti con le quali Grimm aveva riempito il proprio baule a fine Agosto, di svariato tipo. Maledetti, perlopiù. Uno di questi sembrava uscito da un libro di storia: era una vecchia lanterna ad olio, ancora funzionante. Con quell'arnese stretto tra le dita aveva camminato, sera dopo sera, notte dopo notte. Ma come tutto nella vita di Grimm - come lo stesso Grimm - nulla è ciò che appare. Il fascio di luce della lampada, alimentato da uno speciale olio arcano, si tingeva di un verde smeraldo intenso e inquietante quando ci si avvicinava a nuclei di energia. Non mera magia, quella sì che avrebbe fatto impazzire la lampada in un castello ricco di magia qual era Hogwarts!, ma energia mistica particolare. Nelle varie perlustrazioni la lampada aveva cambiato colore diverse volte: di fronte alla Stanza delle Necessità ma, chissà perché, quando Grimm aveva provato ad entrarvi la luce era tornata normale, come se avesse sbagliato stanza; in prossimità della Presidenza, ma oltre il Gargoyle non avrebbe potuto avventurarsi; nei sotterranei, nei quali aveva perfino rischiato di perdersi. Aveva trovato un agglomerato di energia perfino in un bagno delle ragazze, a occhio e croce doveva provenire dalla famigerata Camera dei Segreti di cui suo padre e suo nonno tanto avevano scritto nei loro diari. Piccoli nuclei energetici poi erano disseminati nei punti più strani e apparentemente insignificanti del castello, fino a trovare un vero e proprio picco che si perdeva nella Foresta Proibita. Anche le morti violente lasciano una traccia, un segno di sé. In questo luogo, i piani della realtà si sono toccati fino a fondersi. Quelle foschie del passato erano le più insidiose da seguire, perché probabilmente non avrebbero condotto a nulla se non a tetri luoghi di morte. Era una sera di fine Dicembre quella in cui Grimm si stava dilettando in tale passatempo, nelle ore che segnano il confine tra il coprifuoco e la notte fonda. Incurante del freddo di fine anno, avvolto in un mantello nero pece, faceva dondolare la propria bizzarra lanterna la cui luce calda traballava, a causa di una leggera ma implacabile brezza. Le interferenze energetiche della Foresta Proibita erano tali da spingerlo nella direzione completamente opposta, nella tenuta che l'avrebbe poi condotto al Lago Nero. Un altro luogo molto interessante. Ma al Lago non arrivò mai: la fiamma virò bruscamente verso il verde, non appena il Corvonero calcò il prato abitato dal Platano Picchiatore. E' questo albero magico ad irradiare tanta energia? Una parte di sé non era sorpreso, di tante cose strane e oscure che era stato invitato a studiare negli anni, un albero con istinti omicidi e brutale a tal punto era stata una piacevole scoperta. E l'hanno perfino tenuto qui! Per accertarsene, sfruttò un trucco: con la bacchetta, castò un banale Lumos contro il vetro della lanterna, così da creare un cono di luce che puntò sulle fronde del Platano. La luce era ritornata gialla. Perlustrò l'albero nel suo complesso finché le tinte verdi non riapparvero in prossimità delle radici dell'antico albero, laddove era celato un passaggio segreto di cui a stento ricordava l'esistenza. Superata la furia del Platano e il freddo della nuda terra, fu da quel pertugio che Grimm arrivò alla Stamberga Strillante. « La casa più infestata di tutta la Gran Bretagna.. » mormorò divertito, nel mettere piede in quel grande agglomerato di assi di legno marce, arredamenti fatiscenti datati a chissà quando e nessun segno di vita dopo la morte. « Non hanno mai specificato infestata da cosa, però. » Era tuttavia un luogo antico; come tale, sortiva in Grimm una sorta di fascino. Il fatto poi che non l'avessero ancora abbattuta gli dava da pensare. Curiosare da quelle mura decrepite lo divertì come un bambino. Di tanto in tanto la luce della lanterna diventava verde per poi tornare normale, come se le energie della Stamberga fossero volatili e mai fisse. Almeno fino a quando la fiamma non avvampò di una forza improvvisa e violenta, una torcia di un verde brillante paragonabile solo ad un Anatema che Uccide. Qualcosa era profondamente cambiato nell'ambiente circostante, una violenta interferenza energetica molto simile a quella proveniente dalla Foresta Proibita aveva attirato l'attenzione della lanterna. Una tale violenza l'ho vista solo giocando al Faro di Polaris.
    Lasciò la bussola mistica su uno sgabello traballante e si mosse nei corridoi bui, come uno dei tanti famigerati fantasmi della Stamberga Strillante. Si accorse solo per puro caso della presenza di un individuo in carne ed ossa, quando gli si trovò alle spalle. Intenzionalmente, Grimm aveva molte conoscenze ma nessun tipo di addestramento fisico che potesse celarne i movimenti. Al contrario, quel nuovo compagno d'avventure doveva avere i sensi particolarmente attenti e allenati, giacché individuò subito il passo immaturo dello studente. Un grande coltello gli si conficcò violentemente a pochi centimetri dagli occhi, nella parete lignea che rischiò di sbriciolarsi. « Non ti hanno insegnato a non avvicinarti di soppiatto alla gente? » Griffith Morgenstern si palesò, nella luce violenta della lanterna magica che aveva trovato, bello e terribile come un Dio della Morte. Istintivamente, il ragazzo si leccò le labbra increspate dal desiderio: desiderio di saperne di più di lui e della sua gente, di tutte le tremende derivazioni che aveva comportato divenire lycan per il suo popolo, desiderio di vedere più da vicino quel pugnale che tanto facilmente avrebbe potuto aprirgli il cranio in due e fine dei giochi. L'avrebbe fatto, se il proprietario non se ne fosse impossessato di nuovo. « No. » gli rispose, lapidario. Ed era vero, gli avevano insegnato tante cose ma abilità simili, nella fattispecie, non ne aveva mai appreso. « Se non hai intenzione di nasconderti o di cogliere alle spalle il prossimo, allora non ti stai avvicinando di soppiatto. Tecnicamente parlando. » ci tenne però a precisare, con un piccolo sorriso sibillino sulle labbra pallide. L'incidente diplomato non l'aveva minimamente intimorito. Grimm, così come i suoi parenti, aveva paura di tante cose ma non della morte. Mi spaventa di più il fatto che tu possa andartene, ora che sei qui con me. Stai alimentando tu l'olio incantato, è lapalissiano. « Trovati i fantasmi dei Natali, Scrooge? » Corrucciò la fronte confuso, senza riuscire a cogliere la citazione. Chi diavolo è Scrooge? Grimm non aveva mai letto un libro babbano in vita sua, probabilmente non l'avrebbe mai fatto. « La bibliotecaria ha visto la luce da Hogsmeade. » Annuì, senza che quel sorriso da sfinge gli abbandonasse il viso. La bibliotecaria ha visto la luce ma sei venuto tu. Tu, in tutto il villaggio. Tu, Griffith Morgenstern, capace di alimentare l'olio incantato coi tuoi segreti. « Dovresti stare più attento.. quando infrangi le regole. O a prescindere, forse. » Il biondo faceva chiaro riferimento al pugnale di poc'anzi ma Grimm non l'aveva considerato un pericolo. Le regole forse.. ma un pugnale di un Morgenstern? Lanciato contro un altro essere umano? Siete cambiati ma dubito siate cambiati così tanto. « Ma ora ci sei tu a proteggermi. » mormorò, la voce sottile come una carezza. « Non è questo che fate? Proteggere i deboli, chi non può difendersi? Questo dicono le cronache. » "Cacciamo chi caccia, difendiamo chi non può difendersi". L'aveva detto da qualche parte, in riferimento alla stirpe della Città Santa e a quello che si vantavano tanto di chiamare Credo. Una sorta di motto forse, un regolamento interno. Un voto? Alzò entrambe le mani, i palmi rivolti verso il cacciatore. « Vedi? » Sono disarmato. Sono solo un ragazzino. Non avreste mai ucciso un ragazzino disarmato, voi paladini, voi Mano di Dio. Anche questo dicono le cronache.. ma scritte da altre fonti. Per tale motivo, non aveva battuto ciglio di fronte al pugnale, tralasciando il moto di sorpresa e di fanciullesca euforia. Grimm sapeva che non sarebbe morto per mano di Griffith, quella notte. Grimm sapeva molte altre cose. « Mi proteggerai anche dal regolamento scolastico o va contro la tua morale? »
     
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