Remember When...

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    Solita serata lavorativa al suspiria per Jonathan Cavendish. Il nuovo anno era iniziato e le vacanze natalizie stavano volgendo al termine, ma come sempre quando arrivava Gennaio le novità per il giovane inglese del Devon portava una ventata di novità. Poco prima della fine dell’anno aveva ricevuto un messaggio da una persona che non si sarebbe mai aspettato di risentire, non nel breve termine. Chi lo aveva cercato? Eris Macbride. Riteneva impossibile che la sua vecchia amica del castello lo avesse cercato dopo tutto quel tempo. Ricordava che aveva abbandonato la patria della dolce Elisabetta per raggiungere il nuovo mondo. Effettivamente non ricordava il vero motivo per cui la MacBride avesse abbandonato l’Inghilterra per andare nelle Americhe, ma quello era stato uno dei momenti, se così potevamo definirlo, più tristi della vita di Jonathan. Senza la Macbride che lo tallonava quanto bastava non avrebbe mai superato i sette anni al castello. Più maestrina che compagna di studio, ma negli anni si era rivelata anche una buona amica. Il suo carattere sempre gentile e disponibile aveva portato il giovane Cavendish ad avere una cotta per l’ex corvonero. Assurdo, eh? Quella cotta adolescenziale che prende tutti nel corso della vita, ma da parte di Jonathan quella sbandata per l’amica passò leggermente inosservata, appunto sapeva che tra loro vi era una bella amicizia e, nonostante lo spirito del Cavendish nel provarci con tutte, con Eris sentiva che non sarebbe andata come sempre, anzi per la prima volta aveva paura di rovinare qualcosa con una persona che lo aveva aiutato in tutti quegli anni.
    Quella mattina aveva, per l’appunto, ricevuto un messaggio dalla corvonero che gli augurava un buon inizio anno. Avevano parlato un po’, come se il tempo che li aveva separati negli anni non fosse mai passato, ma in effetti quell’irrefrenabile deus ex machina che era il tempo aveva cambiato qualcosa. Lo aveva notato, aveva visto la piccola foto sul telefono e la corvonero non sembrava neanche più quella ragazzina un po’ impacciata ed un po’ bruttina che aveva conosciuto, come se il tempo per la scozzese si fosse fermato e le avesse dato il tempo di sbocciare perfettamente in una donna che non avrebbe mai immaginato di conoscere a differenza dell’inglese che più passavano gli anni più il suo processo di autodistruzione lo avrebbe portato a seguire la sua migliore amica Valérie al CIM o alla morte prematura, ma questo poco gli importava, come sempre d’altronde. ”Che ne dici di vederci stasera?” Aveva proposto l’amica per discutere un po’ di quegli anni lontani dall’Inghilterra, per poter parlare di cosa fosse successo negli anni passati. Non si lasciò sfuggire l’occasione invitando la Macbride a raggiungerlo al Suspiria, aveva un turno breve per quella sera, quindi si dimostrò subito disponibile.

    «Oh comunque non vedo l’ora che ricominci la stagione del Quidditch, quest’anno i Cannons devono fare i botti.» Se dal lato sportivo babbano si sentiva soddisfatto nel vedere nuovamente la sua squadra del cuore capolista della premier dall’altro lato sportivo, quello magico, sperava davvero che i Cannoni di Chudley riuscissero nell’impresa di vincere il campionato, ma la battaglia era ardua e Frederick, il ragazzo addetto all’ingresso del locale, gran tifoso dei Falcons non si lasciò scappare una battuta: « Dopo la figuraccia con le Harpies pensi che possano avere qualche speranza?» Alzò un sopracciglio insospettito da quella frase. Non era un campionato facile quello del Quidditch inglese, ma mai era stato così equilibrato come negli ultimi anni. Era vero che le Harpies avevano battuti i Cannons, ma erano riusciti a riscattare la sconfitta contro i temibili Falcons, i favoriti alla vittoria finale. «Mate… Lo United è in testa alla premier dopo tutti questi anni, io ci credo. Se no poi Lysander mi sente… Lo prendo a calci in culo. Ho scommesso bei galeoni sulla loro vittoria finale.» Perché oltre al vizio dell’alcool e delle droghe non poteva mancare quello del gioco d’azzardo. Li aveva tutti i vizi il giovane Cavendish e, se non fosse per il lavoro e per quella brava donna che era Julie Palmer – in Cavendish – probabilmente si sarebbe ritrovato sotto ad un ponte, non che la cosa gli dispiacesse, ma era abituato ad una vita troppo eccessiva e non voleva rinunciare a nulla di tutto quello.
    Congedò Freddie andando a fare il solito giro all’interno del locale, sempre solo dopo aver sistemato la cravatta del completo. Rare erano le occasioni nel vedere Jonathan Cavendish vestito in tiro, ma a lavoro la sua datrice di lavoro richiedeva un abbigliamento consono ad un locale come quello, non era sicuramente la testa di porco.
    Girava per il locale passando per i tavoli, soffermandosi più e più volte nelle tavolate adibite per il gioco d’azzardo, era lì che doveva tenere maggiore occhio perché anche il mondo magico era pieno di furbetti pronti ad usare qualsiasi trucco meschino pur di spillare dei soldi alla Blake e quello non era accettabile, non all’interno del Suspiria. «Hey tu, smettila conviene che ti alzi dal tavolo che dici?» Si avvicinò ad un uomo seduto al tavolo del blackjack. Lo aveva notato già da prima, entrava ed usciva a momenti alterni e Zip, il suo migliore amico e collega, lo aveva avvisato che c’era uno di quei furbetti che contavano le carte. Johnny aveva subito capito chi fosse. «Non me lo fare ripetere, ok?» Strinse la spalla dell’uomo per far capire al malcapitato che doveva alzarsi e abbandonare il tavolo, forse anche il locale. Nessuna risposta per un po’, vedeva Zip distribuire le carte, ma l’uomo non aveva alcuna intenzione di alzarsi. Aumentò la presa sulla spalla per fargli capire che era giunto il momento di alzarsi prima che avesse puntato altro, non voleva ripetersi. «Ma mi sono appena sedu- » Un pugno nel sottomento arrivò all’uomo che cadde a terra, con lui tutte le sue fiches. «Cosa del non me lo fare ripetere… Non hai capito?» Nessuna risposta stavolta, l’uomo si rialzò era pronto a prender rissa con Jonathan, ma l’inglese non si lasciò intimorire: tirandogli una ginocchiata allo stomaco di pronta risposta, spezzandogli il fiato, lo lasciò per qualche secondo piegato su se stesso vicino al tavolo del poker per poi trascinarlo fuori dal locale: «Levati dal cazzo, ok? Non farti vedere, mai più. Sono stato fin troppo buono che non sei finito al San Mungo per stasera. Non fotti con Renton Blake, ricordalo.» «Posso riavere almeno i miei soldi?» La voce spezzata di un uomo consapevole di aver fatto una stronza, ma che ancora non aveva capito con chi aveva a che fare cercava disperatamente di recuperare almeno quei soldi che erano rimasti dentro il locale. Di pronta risposta Johnny scoppiò a ridere di gusto in faccia al povero malcapitato: «Cosa del non fotti con Renton Blake non capisci? Fai il furbetto? Niente soldi. Ed ora… SPARISCI.» Rientrò dando le spalle all’uomo e lasciandolo ai colleghi bodyguard dell’ingresso, si pulì le mani guardando poi Frederick di nuovo all’ingresso. «Appena parli male nuovamente dei Cannons… Così ti finisce.» Scherzò verso il povero receptionist che aveva visto la scena da lontano e conosceva fin troppo bene i metodi poco ortodossi del Cavendish. Ritornò al suo giro nei tavoli di poker e blackjack facendo l’occhiolino a Zip, che lo aveva ringraziato tramite i microfoni che avevano i membri del suspiria per parlare delle attività sospette all’interno del locale. Si avvicinò finalmente ai tavoli delle roulette, uno dei suoi giochi preferiti, dopo quelli con le carte ovviamente, notando finalmente una figura che non si sarebbe mai aspettato di vedere seduta a quel tavolo: «Signorina MacBride, non è credibile seduta a questo tavolo, lo sa? » Con la solita faccia da sbruffone si avvicino all’amica, era davvero strano vederla seduta davanti ad una roulette: «L’America ti ha fatto diventare una giocatrice d’azzardo? » Notò subito però che la ragazza non aveva puntato, ma stava osservando come si svolgesse il gioco: «Saresti bravissima secondo me. Se aspetti che finisco il turno, manca poco, ti spiego come funziona.» Richiamò l’attenzione di una delle cameriere invitandola a prendere l’ordinazione della scozzese: «Ritorno tra una decina di minuti Macbride, non ti abbandono. Promesso.»
     
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    Il letto di Eris era letteralmente disseminato di appunti, tanto che al di sotto le era quasi difficile scorgere il suo caldissimo piumino. Aveva passato le sue vacanze di Natale tra le mura del suo confortevole appartamento, rifiutandosi categoricamente di tornare a casa. Il 24 dicembre aveva ricevuto uno sterile biglietto di auguri da parte dei suoi genitori; una fotografia di famiglia in cui lei non era inclusa. Sua madre, suo padre e sua sorella erano abbracciati davanti al camino; con l'aggiunta di quello che dedusse essere il fidanzato di sua sorella. Era ridicolo che avessero pensato di mandarle una copia di quell'orrendo biglietto, quasi come se volessero sbatterle in faccia che lei non faceva parte della famiglia. Una realtà con cui Eris aveva ormai fatto pace. Aveva smesso di vivere scusandosi di essere una strega, fin troppe volte accusate dalla sorella di averle rubato qualcosa. Solo con il tempo aveva capito che era un'invidia malsana quella la sorella provava nei suoi confronti; invidia che aveva distrutto ogni rapporto tra lei e la sua famiglia. Si era limitata a prendere quel biglietto e ridurlo in cenere, non aveva bisogno di loro; di persone che invece di amarla l'avevano sempre fatta sentire un'emarginata. Il giorno di Natale era rimasta a casa, in compagnia di Alfie, aveva ordinato una quantità assurda di cucina thailandese e non aveva fatto altro che guardare grandi classici natalizi alla tv. Il tutto condito da un ottimo vino rosso che le aveva tenuto compagnia. Dopo il caos che aveva travolto la sua vita era quasi piacevole trascorrere del tempo da sola, godendosi la tranquillità di quella che ormai era casa sua a tutti gli effetti. Per sua fortuna aveva gli esami a tenerla impegnata, a occupare gran parte del suo tempo. Alfie catturò la sua attenzione, appoggiando le sue zampotte sul suo libro di trasfigurazione avanzata. « Stai cercando di distrarmi vero? Così invece di studiare ti farò i grattini che tanto ti piacciono sulla pancia. » Il cucciolo di pastore tedesco la guardò con un orecchio su e un orecchio giù, piegando teneramente la testa. Quando la guardava in quel modo non poteva fare a meno di cedere, resistere non aveva senso quando era una battaglia persa in partenza. « Sei proprio un fetente lo sai? » Lo tirò a sé, lasciandosi andare all'indietro sul letto mentre lo coccolava. Aveva solamene cinque mesi, ma non era più la piccola palla di pelo dalle gambe tozze che aveva adottato all'inizio; in men che non si dica avrebbe occupato più spazio di lei nel letto. « Questa sera però dovrai fare il bravo, perchè la mamma deve uscire...però sono sicura che Elaine sarà più che contenta di farti i grattini. » La sua coinquilina faceva compagnia di buon grado al cucciolo quando Eris si assentava; in alternativa lo avrebbe semplicemente corrotto con un enorme e prelibato osso che l'avrebbe tenuto impegnato. Allo scoccare del nuovo anno aveva colto l'occasione per risentire quegli amici che aveva un po' perso di vista dopo essersi trasferita in America. Tra questi c'era anche Johnny. Aveva avuto una cotta per lui quando era al terzo anno, cotta che non aveva mai avuto il coraggio di rendere nota. Piano, piano aveva capito che era meglio lasciarsela alle spalle e da quel momento erano diventati buoni amici; anche se tremendamente diversi. Il ragazzo era sembrato contento di risentirla e si era proposto di offrirle da bere una volta terminato il suo turno al Suspiria. Offerta che la ragazza aveva accettato di buon grado. Conosceva il locale, ma le volte in cui c'era stata precedentemente non aveva avuto modo di scorgere Johnny tra il personale. Aveva cominciato a prepararsi dopo una cena veloce tra un ripasso e un altro, aveva optato per una semplice gonna nera a vita alta con una blusa bianca, abbinato al classico stiletto nero. Era quasi dispiaciuta di abbandonare la comodità della tuta, ma fino a prova contraria non era l'abbigliamento migliore da sfoggiare al locale. Alfie la guardava quasi offeso, oltraggiato dalla sua decisione di uscire piuttosto che di passare la serata con lui.
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    Si era presentata al locale in anticipo, entrare al suspiria era infatti un'impresa nelle serate migliori. Per sua fortuna era riuscita ad infilarsi in fila nel momento giusto, appena prima che diverse comitive iniziassero ad accodarsi dietro di lei. Al suo interno l'atmosfera era del tutto dissoluta, ma fino a prova contraria era proprio quello che cercavano i clienti. « Posso aiutarla signorina? » Un membro dello staff attirò la sua attenzione, probabilmente voleva sapere se avesse o meno una prenotazione nella zona riservata. « In realtà sto aspettando un amico. » Evitò di raccontargli che probabilmente lo conosceva. « Se vuole nell'attesa può aspettarlo ad uno dei tavoli...al momento abbiamo posti liberi alla roulette o a dadi. » Valutò le due possibilità offerte e optò per la prima, lasciando che il ragazzo l'accompagnasse al tavolo. Le spiegò che per partecipare doveva aspettare il giro successivo, motivo per cui Eris si prese del tempo per guardarsi intorno. La sua attenzione venne attirata da un alterco che si stava verificando poco distante da lei. Sembrava che qualcuno fosse stato scoperto a barare e nessuno apprezzava un baro nel gioco d'azzardo. Riconobbe immediatamente il ragazzo che si occupò di rendere nota la policy del suspiria al malcapitato; Johnny Cavendish. Nonostante le maniere forti utilizzate nei confronti dell'imbroglione non rimase particolarmente sconvolta o impressionata, dopotutto aveva scelto in piena autonomia di fregare il prossimo e il suspiria non era famoso per la sua clemenza. «Signorina MacBride, non è credibile seduta a questo tavolo, lo sa? » Sorrise all'amico, conscia che in quel luogo era una sorta di pesce fuor d'acqua. « E io che pensavo di essermi mimetizzata in maniera egregia. » Ma in realtà chi la conosceva bene sapeva che Eris non era esattamente amante dei giochi in cui la fortuna faceva la maggior parte del lavoro. «L’America ti ha fatto diventare una giocatrice d’azzardo? » Non poté fare a meno di sorridere quando il ragazzo le rivolse quelle parole all'orecchio. L'America non l'aveva resa una giocatrice d'azzardo, ma di sicuro l'aveva cambiata nel profondo; in qualche modo facendole addirittura aprire gli occhi. « Hanno decisamente corrotto la mia anima innocente. » Gli rispose civettuola. Nonostante il tono scherzoso c'era un fondo di verità innegabile nelle sue parole, perchè era tornata dagli Stati Uniti diversa; lasciandosi alle spalle la ragazza che era partita un paio di anni prima. «Saresti bravissima secondo me. Se aspetti che finisco il turno, manca poco, ti spiego come funziona.» Forse avrebbe capito una volta per tutte se dietro la roulette si nascondesse un'abilità che andasse oltre la semplice fortuna. «Ritorno tra una decina di minuti Macbride, non ti abbandono. Promesso.» « Non fare promesse che non puoi mantenere... » Lo prese in giro bonariamente, certa che non l'avrebbe abbandonata all'improvviso. Riportò l'attenzione sulla cameriera e le ordinò un gin lemon, forte e dissetante. Mentre aspettava l'arrivo del drink e dell'amico non poté fare a meno di osservare il gioco. Oltre a lei al tavolo erano presenti un uomo dall'aria sconfitta, una ragazza super entusiasta e una coppia; coppia che attirò particolarmente la sua attenzione. La donna, probabilmente sulla trentina o poco più, era seduta e concentrata sulle proprie fiches, mentre l'uomo in piedi alle sue spalle sembrava suggerirle le mosse. Ad attirare l'attenzione fu l'anello che la donna portava all'anulare, anello che faceva di lei una donna sposata, mentre l'uomo alle sue spalle non portava ninnoli all'anulare. Prestò più attenzione a loro che al gioco, tanto di non accorgersi dell'arrivo del suo gin lemon. Riscossasi dalla temporanea trance in cui era caduta si portò il bicchiere alle labbra, senza distogliere lo sguardo dai due soggetti. Fu solamente l'arrivo di Johnny a riscuoterla del tutto. Poggiò il mento sulla spalla dell'amico, avvicinandosi al suo orecchio per non farsi sentire. « Mentre mi insegni come giocare alla roulette ti propongo un gioco nel gioco... » Rendiamo le cose più divertenti. « La coppia dall'altra parte del tavolo...sono semplicemente amici o secondo te amanti? » Sempre senza farsi udire disse al ragazzo di osservare le mani dei due. Era forse un gioco crudele, un gioco di cui Eirs stessa, a sua insaputa, era stata vittima. Un gioco che l'aveva inconsapevolmente resa partecipe di un inganno; inganno che l'aveva fatta sentire sporca.
     
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    « Non fare promesse che non puoi mantenere... » Rispose solo con un sorriso sincero. Non si vedevano da qualche anno, ma Eris si era sopportata per bene Jonathan. Sapeva che non era il tipo da arrivare in orario, ma riusciva sempre a mantenere le sue promesse, in qualche modo. Ritornò al suo giro tra i tavoli, l’ultimo per quella sera. Quando sentì il telefono vibrare capì che il turno era finito, si andò a rintanare nello spogliatoio considerando però di non cambiarsi, doveva? Posò solamente la giacca, levandosi la cravatta e aprendo il primo bottone della camicia. Ecco, così va alla grande. Alla fine il completo che usava per lavoro era uno dei suoi, non aveva bisogno di prenderne uno in prestito visto che il suo armadio in quel di Mayfair era pieno di completi su misura ordinati da suo padre Adolph. Un abbigliamento inusuale per un ragazzo che preferiva diecimila volte una felpa, un buon jeans comodo e le scarpe da ginnastica per muoversi, ma le regole del locale richiedevano quel dress code e lui non si tirava indietro. Una volta abbandonato alle sue spalle lo spogliatoio si avvicinò a Frederick mettendosi la sigaretta sull’orecchio: « Fred mi scambi sti galeoni? Dammi delle fiches, rimango un altro po’ a riempire le casse del Suspiria.» Lasciò un cinquanta galeoni sul tavolo della reception: «Mi fumo una sigaretta veloce qui fuori nel frattempo.» E fumò quella sigaretta in tempo record buttandola solo quando era a metà. Avrebbe potuto fumare dentro, ma preferiva godersi quella serata senza pensare di fumarsi un intero pacchetto. Una volta rientrato Frederick lo aspettava con le sue fiches: «Sei sempre il migliore… Peccato che tifi Falcons. » Gli fece l’occhiolino intascandosi i gettoni e ritornò al tavolo dove aveva lasciato l’amica scozzese.
    «Avevi ragione… Non so mantenere le promesse. Ho tardato di ben- » Guardò l’orologio al polso. «- dieci minuti, anzi pensavo peggio.» Si sedette di fianco all’amica entrando così nel tavolo della roulette. Osservava le puntate aspettando il suo turno quando sentì Eris sussurrargli una cosa all’orecchio una volta poggiato il mento sulla sua spalla: « Mentre mi insegni come giocare alla roulette ti propongo un gioco nel gioco... » Quella frase gli suonava fin troppo familiare. Durante gli anni al castello la corvonero era solita tenere la testa del grifondoro sui libri, ma la sua voglia di studio non era così forte tanto da costringere la scozzese a seguirlo nei suoi giochi pur di non studiare. Ricordava le giornate in biblioteca dove osservava le persone intorno a lui mentre Eris era intenta a studiare per la lezione del giorno dopo. Quella era una frase che usciva dalle sue labbra. « La coppia dall'altra parte del tavolo...sono semplicemente amici o secondo te amanti? » Sbuffò una risata associando subito quei momenti passati al castello. «MacBride… Da quando i ruoli si sono invertiti?» Non si preoccupò che gli altri lo sentissero, ma la cosa si stava facendo piuttosto divertente. «Per quanto riguarda la roulette- » Indicò alla corvonero il tappeto con i numeri sopra, le varie caselle ed i colori mentre con lo sguardo osservava le due persone che aveva adocchiato Eris. «- ci sono diversi tipi di puntata.» Bravo Johnny, penso che a questo ci sarebbero arrivati a tutti. Allungò una fiches, equivalente a cinque galeoni e la piazzò sul tappeto dove vi era la scritta rosso. «Questa è una puntata sul colore, una delle più semplici, iniziamo da qui… Se esce zero però non viene considerato come colore e si perde.» Aspettò che il croupier prendesse tutte le puntate e volse lo sguardo nuovamente verso le due figure. La donna era sposata, si vedeva dall’anello che teneva al dito, riusci a notare però che in una manciata di secondi, un piccolo distacco tra la prima volta e la successiva, andava a passare un dito sul diamante mentre l’uomo dietro di lei continuava a suggerirle le mosse da fare. No, non stanno truffando. Zip al tavolo sembrava piuttosto tranquillo. «Ad impatto ti direi amanti.» Sussurrò a bassa voce mentre vedeva il croupier far partire la roulette. «Ma lei mi sembra troppo nervosa, vedi? Si tocca ad intervalli regolari l’anello.» Ed in effetti lo era, ma non capiva se il nervosismo era dettato dal gioco che aveva davanti o dai continui suggerimenti dell’uomo alle sue spalle: «Credi che sono amanti?» La palla girava nella ruota. Gli occhi di Johnny si spostarono immediatamente nel vedere l’esito della sua puntata. 23 Nero Annunciò il croupier, distribuendo le puntate ai vincitori che avevano puntato sul nero. Non vi era stato nessun numero secco né tanto meno puntate speciali. Johnny ne ripuntò altri cinque sul rosso quando il croupier riaprì le puntate. «Te lo dico io… E’ una scappatella involontaria da parte di lei. Delusa per l’ennesima volta da suo marito si è ritrovata ad uscire con un amico di vecchia data, una cotta.» Allungò la mano verso una delle cameriere facendola avvicinare:
    «E’ in un locale dove lei si sente fuori luogo, non ha mai giocato a Blackjack e la pressione che l’amico gli sta mettendo alle spalle - » Si interruppe un secondo per ordinare un whiskey on the rocks: «- Scusa, dicevo… La pressione che l’amico gli sta mettendo alle spalle è dovuta al fatto che lui suggerisce cosa fare conoscendo il gioco e forse le sta consigliando di smettere, ma lei vuole giocare cercando di ritardare il rientro.» Non sapeva in realtà cosa volesse dimostrare, ma secondo Jonathan cercava di ritardare il momento del rientro non del tutto convinta della sua scelta di quella scappatella «Più passa il tempo più si pente di aver fatto questa scelta.» La roulette ripartì. Si girò verso Eris osservandola meglio: era cambiata, non era più quella timida ragazzina nascosta tra i libri che conosceva, quella che aveva accanto era una donna sbocciata nel pieno della sua adolescenza: «Vuoi provare a puntare tu il prossimo giro?» La pallina bianca si fermò stavolta sul rosso, la vincita sulla puntata del colore equivaleva al doppio, si becco ben dieci galeoni, aveva recuperato il giro perso prima: «Quando il croupier parlerà di puntate speciali, ti spiegherò meglio in corso.» Le allungò delle fiches mentre il suo whiskey era ormai arrivato. Lo prese e andò a far scontrare delicatamente il suo bicchiere con il cocktail della scozzese a mo di brindisi: «Aspetto la tua analisi sulla coppietta.» Si portò il bicchiere alla bocca prendendone un sorso lanciando un sorriso divertito alla ragazza seduta al suo fianco.
     
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    «MacBride… Da quando i ruoli si sono invertiti?» Eris si limitò ad alzare le spalle con un sorriso. L'anno passato negli States l'aveva cambiata parecchio, tanto che si era lasciata alle spalle la ragazzina che era prima di partire. Aveva imparato a sfidare sé stessa, ad uscire dalla propria comfort zone più spesso. « E non hai visto ancora niente... » Gli disse la ragazza con un sorriso. «Per quanto riguarda la roulette ci sono diversi tipi di puntata.» Osservò le mani del ragazzo accarezzare la fiches, mentre cercava di spiegarle le basi di quel gioco. Eris le conosceva in maniera grossolana, a decidere era semplicemente la dea bendata; nessuno infatti poteva predire i salti della pallina all'interno della ruota. «Questa è una puntata sul colore, una delle più semplici, iniziamo da qui… Se esce zero però non viene considerato come colore e si perde.» Mentre il resto del tavolo faceva le sue puntate, Johnny osservò la coppia con discrezione; cercando di passare inosservato. Il ragazzo si avvicinò al suo orecchio mentre il croupier dichiarò chiuse le puntate. «Ad impatto ti direi amanti.» I suoi occhi erano fissi sulla roulette che girava, ma la sua attenzione era completamente rivolta all'amico al suo fianco. «Ma lei mi sembra troppo nervosa, vedi? Si tocca ad intervalli regolari l’anello.» Un anello che per molte persone non aveva alcun significato. Lei stessa aveva imparato a sue spese che molte persone si sfilavano quell'anello come se niente fosse, venendo meno alla loro promessa di fedeltà. « Rimorso o colpevolezza?! Magari vuole semplicemente toglierla, liberarsi di quella promessa...far finta che non sia mai esistita. » Una promessa che a conti fatti valeva meno di niente. «Credi che sono amanti?» Gli osservò con attenzione, mentre si portava alle labbra ciò che rimaneva del proprio bicchiere. Troppa distanza. Tra i due mancava quell'elettricità inconfondibile che scorreva tra due persone; quella sorta di filo invisibile che sembrava legarle. Mentre il croupier annunciava il 23 nero si voltò verso il ragazzo. « Penso che se fossero amanti faticherebbero a togliersi le mani di dosso... » Si sporse verso il ragazzo, lasciando le dita scorrere lungo il suo braccio. Un tocco impalpabile, quasi impercepibile. « Lui...invece di rimanere in piedi come uno stoccafisso le terrebbe una mano sul fianco. Una presa salda, come se cercasse di far capire agli altri uomini che lei è sua e di nessun altro. » Le mani del ragazzo invece erano per lo più infiliate in tasca, la toccava solamente quando doveva dirle qualcosa o per richiamare la sua attenzione. « Te lo dico io… E’ una scappatella involontaria da parte di lei. Delusa per l’ennesima volta da suo marito si è ritrovata ad uscire con un amico di vecchia data, una cotta. » Nella vita c'era ben poco di involontario; c'erano le cose a noi sconosciute e quelle che sceglievamo deliberatamente di ignorare. Lei non sapeva che il suo mentore fosse sposato, non sapeva che fosse un padre di famiglia e di certo non sapeva di essere tanto ingenua da essere ingannata così facilmente. «E’ in un locale dove lei si sente fuori luogo, non ha mai giocato a Blackjack e la pressione che l’amico gli sta mettendo alle spalle - Scusa, dicevo… La pressione che l’amico gli sta mettendo alle spalle è dovuta al fatto che lui suggerisce cosa fare conoscendo il gioco e forse le sta consigliando di smettere, ma lei vuole giocare cercando di ritardare il rientro.» Probabilmente tentava di vincere ad un gioco perso in partenza, ignorando volutamente che stava giocando ad un gioco molto più pericoloso; un gioco che avrebbe potuto cambiare la sua vita per sempre. «Allora è semplicemente una stupida... » disse Eris con voce amareggiata. Troppo orgogliosa per rendersi conto che era arrivato il momento di mollare. «Più passa il tempo più si pente di aver fatto questa scelta.» L'amante o il gioco d'azzardo? Non sapeva qual trai due fosse il peccato peggiore.
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    «Vuoi provare a puntare tu il prossimo giro?» Sorrise all'incoraggiamento del ragazzo, portandola a chiedersi se dietro le puntate di Johnny ci fosse qualche ragionamento o una semplice scelta casuale. Prese una delle fiches e la passò da una mano all'altra, carezzandola con le dita. «Vediamo un po' se la dea bendata mi sorriderà questa sera. » Fece un occhiolino al ragazzo per poi chiudere gli occhi, posizionando la sua fiches in modo del tutto casuale. 9 rosso. Un numero che per lei non aveva alcun significato particolare. «Quando il croupier parlerà di puntate speciali, ti spiegherò meglio in corso.» « Beh fino a qui mi è sembrato tutto piuttosto facile...anche se devo ammettere che c'è bisogno di avere una mente eccelsa per giocare. » Bastava essere in grado di scegliere un numero e il colore. «Aspetto la tua analisi sulla coppietta.» Osservò nuovamente la coppietta, cercando qualche indizio; qualche dettaglio in grado di svelare qualcosa di più su di loro. L'uomo indossava un completo dismesso, spaiato a giudicare dal colore dei pantaloni e della giacca; simili ma fin troppo diversi per appartenere allo stesso completo. La camicia era stropicciata, la cravatta allentata penzolava dismessa al centro del petto. I capelli spettinati, l'ombra di barba sul volto di qualche giorno e il portamento ciondolante dipingevano un quadro poco lusinghiero dell'uomo. Al contrario la donna era impeccabile, anche da quella distanza vedeva chiaramente la suola dipinta di rossa delle sue decollette nere, un paio di scarpe che molto probabilmente costava più di quanto pagasse lei d'affitto. La gonna a tubino e la blusa inamidata erano un chiaro simbolo di quanto attenta alle apparenze fosse la donna. « Sono come il giorno e la notte, molto probabilmente l'uomo è tutto l'opposto del marito... » Una fuga, un atto di ribellione. « E' stanca di quella patina di perfezione ricercata che ha nella sua vita, una vita dove nulla può essere fuori posto. » Una gabbia dorata. « Probabilmente il marito è ancora in ufficio, pensa sempre al lavoro. » Ignorando completamente la sua bella moglie. « Lei si è stufata di aspettarlo per cena, di ricevere complimenti per il suo nuovo taglio di capelli...e allora ha scelto un uomo completamente diverso. » Un perdigiorno, lo scansafatiche da cui la madre l'aveva sempre messa in guardia. Distolse l'attenzione per osservare gli ultimi giri della pallina; non le staccò gli occhi di dosso fino a quando non la vide infilarsi nel 18 rosso. Sorrise, per niente abbattuta dalla perdita. « Dubito che Tiche, dea della fortuna, favorirebbe chi come me porta il nome della dea della discordia. » Dea fautrice della Guerra di Troia. « Secondo te avrà il coraggio di andare fino in fondo? Di ignorare l'anello che porta al dito? » Eris non poteva fare a meno di chiedersi se fosse così semplice buttare all'aria una vita intera, demolire le fondamenta di un rapporto semplicemente per provare qualcosa di nuovo; di diverso. « Ma soprattutto...quanto sembrerei testarda se mi ostinassi a puntare ancora sul nove rosso? » Sorridendo prese con una mano il bicchiere del ragazzo, portandoselo alla bocca, lasciando che il whiskey invecchiato le pizzicasse la lingua con il suo bruciante gusto.
     
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