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    «Jonathan sicuro che non è una scusa per uscire e saltare questa cena? » Julie non sembrava convinta di quello che suo figlio Jonathan si era inventato per quella sera. «E tu sei convinta che dicevo una cazzata? Se me la volevo squagliare da questa pagliacciata non mi presentavo nemmeno. » Rispose alla madre mentre si sistemava la cravatta dell’abito scelto per quella sera. Ed in effetti non aveva tutti i torti Jonathan Cavendish. Non amava per niente quelle cene di gala con tutte quelle persone che avrebbero messo piede nella loro villa tutte in tiro per parlare del nuovo anno in arrivo. Immaginava già i discorsi: Quelli che avrebbero parlato di quanto guadagno avevano fatto nel corso dell’anno precedente altri di quanto i propri figli e futuri eredi seguissero perfettamente la strada che i genitori gli avevano indirizzato. Quest’ultima cosa dava sui nervi a Jonathan. Considerava i figli di quei ricconi delle amebe pronti ad accontentare il papino per paura che li escludessero dall’eredità, insomma delle teste di cazzo. Per quanto riguardava i Cavendish invece tenevano sempre il freno a mano alzato quando si parlava di Jonathan, molte volte assente a quelle cene, ma quando aveva dato la conferma che si sarebbe presentato in compagnia entrambi i genitori di Jonathan avevano ricevuto la notizia con un misto di gioia e preoccupazione. Gioia sì perché per la prima volta il loro unico figlio si presentava con qualcuna ad una di quelle cene, tenevano molto alla loro eredità – in particolare Adolph-, ma la preoccupazione arrivava una volta associando la vita sregolata del figlio a quella persona che avrebbe messo piede all’interno della villa nel Mayfair. Quella sera, appunto, aveva invitato una certa Zelda, una studentessa del castello che aveva iniziato a lavorare come accompagnatrice per gente ricca. L’aveva contattata direttamente lui, solo dopo aver stressato il suo migliore amico Zip di rubare il numero dalla rubrica della sorella Tonya.
    Nella testa dell’inglese si era disegnata perfettamente la ragazza che avrebbe non solo conosciuto, ma anche recuperata nella posizione che lei aveva mandato per messaggi. Il primo impatto, per messaggi, aveva avuto un responso positivo: sembrava una alla mano, l’immagine che gli aveva mandato lasciava intendere che avrebbero passato una gran bella serata alcolica, ma dopo aver parlato con Caél ed una volta girata la discussione nella sua testa qualcosa si era convinto che forse aveva fatto una mezza cazzata e che la ragazza si era dimostrata in quel modo solo per convincere e compiacere il cliente che l’aveva ingaggiata. Che poi nemmeno sapeva quale fosse la tariffa, non che gli importasse, ma giustamente per riservatezza la ragazza aveva rimandato tutto al giorno seguente, quando si sarebbero visti.
    Salutò con un cenno entrambi i genitori raggiungendo il parco macchine di villa Cavendish. Presentarsi con stile, mmh? Passava davanti le varie auto che avevano in famiglia, molte erano sue, ma altrettante erano del suo amatissimo paparino che non ostentava sicuramente nel nascondere la sua passione per i motori a quattro ruote babbani. Nah, troppo sportiva. Superò una delle due Lamborghini sistemate perfettamente nel garage soffermandosi poi davanti ad un Range Rover. British quanto basta ed anche perfetta. Con un fischio attirò l’attenzione di uno dei ragazzi della servitù: «Ha il pieno la bimba?» Si avvicinò al ragazzo andandosi a prendere le chiavi da solo. Il giovane era pronto a portarle al suo padroncino, ma preferiva agire da solo senza l’aiuto di nessuno. «Oh poi ti fai un giro quando la poso, ok? Te lo do io il permesso.» Tanto se la vai a distruggere me ne assumo io le responsabilità Sapeva che non avrebbero mai rubato qualcosa, ma almeno qualche sfizio il figlio dei Cavendish preferiva farglielo passare a quei ragazzi.
    Una volta salito in auto caricò nel navigatore la posizione mandata dalla ragazza e mise su la sua playlist dal telefono, una volta collegato tutto tramite bluetooth. Con i Sum 41 sullo stereo ed una sigaretta in bocca si diresse subito per le strade di un’affollata Londra per raggiungere la destinazione dell’incontro con Zelda.
    Come sempre però non arrivò in orario. Non era una cosa che rispecchiava perfettamente Jonathan. Avrebbe dato la colpa al traffico, quella era la scusa base, ma una volta arrivato nei pressi della Corte dei miracoli riconobbe subito la ragazza che l’avrebbe accompagnato per quella sera. Aveva spiato il profilo Wiztagram della ragazza seguendola subito in modo da riconoscerla una volta vista.
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    « Signorina, prego. E mi scusi per il ritardo, ma sai il traffico della capitale, ste stronzate qui.» Scese dalla macchina per aprire la portiera alla ragazza lanciandole un occhiolino fugace e poi ritornare al posto del guidatore. «Anche se già mi sono presentato… Piacere Jonathan, ma chiamami Johnny» Si accese la sigaretta e mise mano sul volante: «O Jon, come preferisci.» Mentre nella radio passavano ancora le canzoni della punk-band canadese. «Li conosci? Se non ti piace puoi cambiare. » Si girò a guardarla mentre si fermarono subito ad un semaforo, il braccio sporgeva dal finestrino mentre teneva la sigaretta: «Fumi? Lì ci sono delle sigarette. Se fumi altro per quello posso vedere durante la serata.» In realtà non sapeva che aggiungere era la prima volta che contattava un’accompagnatrice per quelle serate. Doveva parlare di quanto le sarebbe venuta a costare la cosa? Forse era meglio evitare all’inizio, probabilmente quel discorso lo avrebbe uscito direttamente la ragazza: «Zelda, giusto? Aspettati una mega festa da parte di mia madre… E’ la prima volta che porto una ragazza a queste cene-» Fa un tiro di sigaretta e solo dopo aver buttato fuori il fumo riprende a parlare: «- non sa che ti sto pagando ovviamente.» Ma che cazzo di traffico stasera. Non fa in tempo a pensarlo che si ritrovarono nuovamente fermi subito dopo quel maledetto semaforo appena superato: «Ma parlami di te, studi ancora al castello, no? Come mai hai deciso di fare questo lavoro? » Ma sì fatti raccontare due stronzate almeno il tempo passa velocemente.
     
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    Rilegge l'ultimo messaggio di Jonathan Cavendish per poi passarsi il cellulare tra le dita, leggermente interdetta. Seduta al centro del suo letto, gambe incrociate, sguardo leggermente assente e un po' scocciato. Alla fine è Kuzko a risvegliarla, saltandole in grembo per poi prendere subito a ronfare, accomodandosi tra le sue gambe fin quando non trova la posizione più comoda per il suo divino sonno. « Cioè, faccio male ad andarci secondo te? » Chiede al batuffolo nero, aspettandosi quasi una risposta da parte sua. « Anche dopo quello che mi ha detto Tonya? Potrebbe essere imbarazzante, a tratti un vero e proprio disagio. » Continua a commentare affondando le dita tra il pelo scuro del suo personalissimo mostriciattolo. « Sì, hai ragione, che mi interessa? Pure lei mi ha detto di andare a spillargli più soldi possibili e fregarmene. Okay. » E' strano per una come Zelda trovarsi a disagio o su un territorio che non sa davvero come calpestare, sempre così sicura di lei, sempre così audace e sfrontata dal rasentare i limiti del ridicolo, eppure ora è titubante mentre si decide ad alzarsi dal letto per andare verso l'armadio. Una sensazione che sa perfettamente le scivolerà addosso non appena si calerà effettivamente nella parte e uscirà dal pulmino con la sua solita spavalderia. Sfodera la bacchetta e la rotea a mezz'aria, verso il fondo del guardaroba, lì dove ha trasfigurato un cassetto per celarlo agli occhi vispi della madre. Vi tiene riposte e ben nascoste tutte le cose che usa da quando ha preso a divertirsi con quello strambo lavoro, cominciato come uno stupido gioco e proseguito nel più inaspettato dei modi, dandole modo di conoscere quell'altra parte di sé che le piace tanto chiamare Venus. Ha preso parte a solo un'altra vera cena di beneficenza, la prima in cui è riuscito a farla imbucare Griffith l'estate prima. Ha poi continuato con vari appuntamenti in punti diversi di Londra, con personalità tanto eccentriche quanto molto spesso affascinanti, al contrario di quanto avrebbero voluto gli insensati e bigotti stereotipi di Zelda sulla gente altolocata. C'è chi addirittura si spinge fino ad Hogsmeade nei weekend per poterle offrire giusto un frappè da Mielandia e fare due chiacchiere. La bionda ha cambiato più e più volte giudizio su quel lavoro e soprattutto sulle persone con cu si interfaccia, trovando estremamente complicato e a tratti così desolante il bisogno di alcuni dei suoi clienti di chiamarla per poter parlare semplicemente con qualcuno. C'è un fondo di solitudine in ognuno di loro che la spinge a voler continuare, sentendosi ormai quasi una specie di terapista, decisamente non qualificata ma sicuramente pronta a tendere l'orecchio per ascoltare soltanto, senza pregiudizi o giudizio alcuno, ma ormai totalmente immersa in quella bolla di confidenza. E' con questo spirito che sta per incontrare Johnny? Non del tutto, di certo le parole di Tonya non l'hanno rassicurata, ma anzi, decisamente messa sull'attenti e ora si ritrova in quel limbo di emozioni diametralmente opposte, mentre si osserva allo specchio dopo aver indossato uno dei due unici abiti che è riuscita a comprarsi per delle occasioni del genere. Se lo sistema sui fianchi, lisciandone il tessuto per poi inclinare la testa a destra e sinistra, come a volersi accertare che il complesso le vada a genio da ogni angolazione. « Direi che faccio decisamente la mia porca figura. Soldi ben spesi, Cavendish, non c'è che dire! » Commenta poco dopo, abbassandosi ad allacciare il cinturino dei tacchi per poi raccattare il pellicciotto nero da sopra. « Professionale e distaccata. » Si ripete quel mantra un paio di volte prima di controllare l'orario. Cazzo, sta per tornare mamma. Saluta di fretta Kuzko, con una grattatina tre le orecchie, per poi fuggire velocemente dal furgoncino. Lo chiude con la punta della bacchetta e si mette il pellicciotto mentre cammina velocemente lungo i marciapiedi della Corte. Al ragazzo, ovviamente, non ha dato il suo indirizzo - se così si può chiamare un sostare di passaggio - preciso, preferendo mantenere ben nascosta quell'informazione che potrebbe dare troppi indizi su Zelda ma che non c'entra nulla con Venus. Smette di correre soltanto quando si ritrova fuori dalla Corte, su un crocevia in cui gli ha dato l'appuntamento. Si porta una mano tra i capelli, per ravvivarli all'indietro, mentre abbassa gli occhi nocciola sull'orologio. E lo fa per altre tre volte, mentre il tempo scorre e si ritrova a poggiare le spalle contro il muro vicino alla vetrina di una pasticceria. Vabbè ma che mi dovevo aspettare da un ricco sfondo che pensa di avere il mondo ai propri piedi? Cominciamo alla grandissima. Inarca un sopracciglio quando vede accostare una Range Rover lucente, immaginando già chi vi sia al di là dei vetri oscurati. Non si stacca dal muro fin quando non lo vede scendere, vestito di tutto punto. « Signorina, prego. E mi scusi per il ritardo, ma sai il traffico della capitale, ste stronzate qui.» Si ritrova a sorridere, con sguardo furbo mentre pronuncia un « Questa dose di galanteria è per sopperire alla scusa appena fabbricata? » mentre si siede sul posto del passeggero. Si va in scena. «Anche se già mi sono presentato… Piacere Jonathan, ma chiamami Johnny. O Jon, come preferisci.» Annuisce, Zelda, lasciando scivolare sopra le gambe la pochette mentre si siede più comoda e si allaccia la cintura. « Jon, decisamente Jon. » Asserisce lanciandogli un'occhiata. Si guardano per qualche secondo. L'ha già visto su witza, avendolo spiato per motivi puramente professionali, si intende - ovviamente senza seguirlo -, ma deve ammettere che è davvero un grandissimo pezzo di manzo dal vivo. Ne fissa gli occhi chiari per qualche istante di troppo per poi gonfiare le guance con un sorriso nel riconoscere i Sum41 alla radio. « Ho un'anima più retrò, ma mi piacciono molto anche loro. Li ho visti in concerto qualche anno fa. » Estate 2016, Firenze Rocks, uno degli eventi preferiti di mamma e figlia Kane, che ha garantito ad entrambe moltissimi aneddoti con i quali arricchire le proprie conversazioni. «Fumi? Lì ci sono delle sigarette. Se fumi altro per quello posso vedere durante la serata.» Si domanda, Zelda, se sia il caso di confessare subito quanto sia stata sempre abbastanza abituata all'uso di altre sostanze, vista la cultura volta alla piena adorazione della natura promossa dentro la Cailleach. Da bambina, nei giorni passati in Irlanda, era solita osservare gli adulti compiere rituali, bevendo strani intrugli o fumando radici di questa e l'altra pianta. Crescendo, lo stesso rituale per il suo diciassettesimo compleanno comprendeva parti in cui era stato essenziale entrare in piena connessione con la natura attraverso il fumare una particolare erba che aveva reso ogni membro della comunità capace di resistere ad
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    un'intera notte di balli, racconti e celebrazioni senza fine. « Per ora passo, ma mi auguro di avere qualche sorpresa durante la serata. » Gli rivolge un sorriso ambiguo per poi riprendere a seguire il ritmo della canzone con il molleggiamento della testa. «Zelda, giusto? Aspettati una mega festa da parte di mia madre… E’ la prima volta che porto una ragazza a queste cene, non sa che ti sto pagando ovviamente.» Inarca le sopracciglia chiare, come a volergli suggerire che si aspettava di certo quest'affermazione. Chi è che direbbe mai alla propria madre che la ragazza che si sta sfoggiando al proprio fianco è lì solo perché pagata? In fin dei conti, il giudizio e il pregiudizio che stagnano ormai intorno a certi lavori ritenuti poco convenzionali, atipici e per questo, inevitabilmente, stigmatizzati. Non per questo Zelda si diverte di meno a fare ciò che fa, anzi. « Sì, sono Zelda, ma lo sai già grazie alla mia amica del cuore, no? » Un sopracciglio si inarca spontaneamente, non potendo esimersi dal buttare quel riferimento sul piatto e sapendo, con altrettanta certezza che non sarà che la prima frecciatina della serata. « Okay, quindi cosa sa con esattezza? » La macchina si ferma di nuovo, illuminata dalle luci rosse di quella davanti ed è allora che la bionda torna a guardarlo, quasi divertita nell'aspettare la storiella che dovrà interpretare per quella sera. Durante la cena di quell'estate era soltanto una giovane cugina degli Howard, del ramo irlandese, in trasferta a Londra per qualche settimana di shopping sfrenato. E ora chi sarò? « Forse mi aiuti se mi fai anche un recap veloce sulle puntate precedenti: per chi è organizzata questa serata, chi incontrerò di cui devo per forza sapere il nome, cose così. » Il sapere quanti più dettagli possibili è indispensabile per rendere quanto più veritiera e credibile la circostanza, affinché chiunque intorno a loro non venga colto da alcun dubbio. «Ma parlami di te, studi ancora al castello, no? Come mai hai deciso di fare questo lavoro? » Assottiglia lo sguardo, Zelda, visibilmente divertita da quell'ultima domanda. Di certo stuzzica la curiosità, il suo lavoro, così come lo fanno le ragioni che si può credere vi siano dietro. Uno dei suoi clienti, una volta ha ipotizzato che dietro le possibili giustificazioni che Zelda si dà, vi è in fondo il bisogno di sentirsi indispensabile per qualcuno, sentirsi importante. "Credo che dietro tutto questo vi siano dei profondi problemi con tuo padre." Se n'era uscito così, lasciandola di stucco. E' stata l'ultima volta che Zelda ha acconsentito a vederlo, fin troppo risentita e provata da quelle parole che l'avevano costretta a rimuginare sopra la presente assenza di suo padre ancora una volta, portandola alla stessa conclusione del suo cliente ma non riuscendo ad ammetterlo veramente. « Non l'ho deciso. E' arrivato inaspettatamente e continuo a farlo perché mi diverto. » Si stringe nelle spalle. « Quando non sarà più così, quando arriverà ad annoiarmi, grazie mille, il prossimo. » Illustra con candore il modo in cui solitamente Zelda affronta ogni cosa nella vita: quando la noia prevale, abbandona la barca, che si stia parlando di una lezione scolastica, di un ragazzo, di una particolare attività che fino ad un secondo prima le piace e un secondo dopo è già acqua passata. « E sì, sono all'ultimo anno di Hogwarts. Sperando di arrivare fino alla fine per quanto io non abbia le idee chiarissime per il dopo. » Ridacchia al pensiero dei poveracci che la dovranno seguire durante il tutoraggio per i BOA. « Tu studi ancora? » Domanda poi, girandosi completamente verso di lui, la spalla e la testa poggiate contro il sedile. « E perché ti sei rivolto a me per questa sera? » Gli chiede poi, quando la musica cambia e c'è qualche secondo di stacco prima di tornare alla redazione. « Qualcosa mi dice che tu non abbia problemi a trovare ragazze alla vecchia maniera, che sarebbero ben felici di farti da +1 ad un'occasione del genere, quindi perché io? » Un sorriso furbo si palesa sulle sue labbra truccate per poi addolcirsi leggermente non appena il traffico riprende a scorrere leggermente servendogli una prova tangibile per la giustificazione del ritardo. « Che sorpresa: non era per davvero una scusa. »
     
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    Infondo sapeva dentro di se che probabilmente Zelda si fosse già informata sulla persona che avrebbe accompagnato quella sera, ma poco importava al Cavendish. Se avessero chiesto in giro ai suoi amici più stretti o a delle semplici conoscenze l’idea che si dava di Jonathan poteva essere diversa per ognuno. Non che l’inglese mostrasse diverse maschere alle persone, ma semplicemente il suo modo di atteggiarsi piaceva a pochi ed a molti era un pretesto per stare alla larga da un tipo del genere. A Johnny poco importava del parere degli altri, ma era sempre dell’idea di non giudicare mai un libro dalla copertina.
    Lascia correre la frase iniziale di Zelda ascoltando poi le varie risposte alle domande che aveva posto l’inglese. Che non fosse inglese lo capì subito non appena la bionda aprì bocca: irlandese fino al midollo, l’accento era inconfondibile. Bene, mi hai già mentito sul dove abiti, ma su questo possiamo lasciare correre. Infondo se aveva deciso di fare quel lavoro serviva anche nascondere certe cose della vita privata. Nella sua testa però il pensiero che Zelda si fosse già fatta un’idea di come fosse non glielo levava nessuno. «Più retrò? Cazzo non mi dire che sei una di quelle settantenni nel corpo di una ventenne. » Battè le dita sullo sterzo sbuffando una risata: «Però che tu li abbia visti in concerto è solo un punto a favore nei tuoi confronti.» Si girò per guardarla e le fece l’occhiolino. I loro sguardi si erano già scontrati diverse volte in quei pochi attimi in macchina. Aveva di fianco una bella ragazza anzi come meglio dire: una bella gnocca. Dalle foto che aveva potuto vedere nel suo profilo wiztagram sembrava anche più piccola, ma di presenza dimostrava perfettamente l’età che aveva. Ovviamente per sorvolare il fatto che la bionda avesse il profilo privato Johnny senza alcuno scrupolo l’aveva seguita.
    « Per ora passo, ma mi auguro di avere qualche sorpresa durante la serata. » E se vuoi sorprese durante la serata, le avrai mon couer. Tenne per se quella frase rimanendo in silenzio continuando a battere con le dita sul volante a ritmo di musica ed intonando di tanto in tanto qualche frase della canzone che usciva in quel momento dallo stereo. « Sì, sono Zelda, ma lo sai già grazie alla mia amica del cuore, no? » E lì non si trattenne dal ridere di gusto sentendo quella frecciatina. In cuor suo sapeva che quella era la prima di una lunga serie, la serata era lunga e già si partiva con il piede giusto. « Ma sì certo, Tonya cara. » Continuò a ridere. L’aveva fatta grossa al suo migliore amico con quella storia di ormai un paio di Natali prima, ma aveva riconosciuto l’errore e ne stava pagando le conseguenze, ma sapeva anche che la piccola Trambley da quel momento aveva sempre da ridire su di lui. Aveva frequentato così tante ragazze nel corso della sua adolescenza che immaginava benissimo che la Kane avesse scritto alla sua amica del cuore non appena Jonathan l’aveva contattata: « Scommetto che ha speso delle belle parole nei miei confronti- » Breve pausa mentre fa un tiro di sigaretta e butta fuori il fumo dalle narici «- quel coglione del migliore amico di mio fratello. » E si trattenne senza aggiungere altro perché probabilmente Tonya ci era andata più pesante di quanto lui avesse detto in quella frase. Poco importava alla fine aveva trovato il modo di contattarla ed era soddisfatto che la ragazza seduta di fianco a lui in quella macchina avesse accettato: « Okay, quindi cosa sa con esattezza? Forse mi aiuti se mi fai anche un recap veloce sulle puntate precedenti: per chi è organizzata questa serata, chi incontrerò di cui devo per forza sapere il nome, cose così. » Alza le spalle non sapendo per niente come funzionava il lavoro che faceva. Doveva davvero vestire una maschera per tutta la sera? Al solo pensiero Johnny si sentiva annoiato: « Julie? Cosa sa? Che porto una ragazza a questa cena del cazzo. » Il semaforo era ancora rosso quindi si girò verso di lei staccando le mani dal volante: « Sinceramente Zelda sii te stessa, se ti fanno domande improvvisa. Non me ne frega un cazzo di quello che pensano gli altri e voglio che tu faccia lo stesso. » Ritornò a guardare verso la strada spegnendo la sigaretta nel posacenere della macchina: « E’ una serata di beneficenza organizzata da mio padre Adolphus, ma si farà chiamare Adolph. Sisi come quello stronzo nazista, fa ridere la cosa no? » Si stringe nelle spalle « Incontrerai tante persone dell’alta società inglese. Sono quasi tutti babbani, non serve sapere i nomi. » Muove la mano annoiato ed un po’ stufo di esser fermo da abbondanti minuti a quel semaforo: « Non ti aspettare elfi domestici o cazzate varie. La servitù e babbana, questa cosa mi sta altamente sul cazzo. » Pausa prima di capire che quella frase potesse essere fraintesa: « La servitù ovviamente. » Ride constatando che si lamentava di cose per cui altre persone avrebbero ucciso pur di avere qualcuno che gli puliva il sedere solo schioccando le dita.
    Ascolta le parole della ragazza mentre spiega le motivazioni di quel lavoro ed annuisce ad ogni parola fingendo interesse in quello che stava raccontando. Infondo non era un brutto lavoro il dover accompagnare qualche ricco se fruttava anche molti soldi perché doveva rifiutarsi? Era una bella ragazza e conosceva bene la mentalità di quei caga soldi ricchi. Erano tutte persone tristi e leggermente frustrate convinte di riuscire a conquistare una ragazza con il semplice strisciare della loro carta. Johnny non era quel tipo di persona: se voleva conoscere qualcuno lo faceva e basta senza ostentare la sua ricchezza d’altronde per lui era solo un contorno: « E sì, sono all'ultimo anno di Hogwarts. Sperando di arrivare fino alla fine per quanto io non abbia le idee chiarissime per il dopo. » E chi le aveva effettivamente le idee chiare? Jonathan era iscritto al college solo per far contento, si fa per dire, la sua famiglia quando in realtà poteva campare di rendita e non fare un cazzo tutto il giorno, ma dentro di sé sapeva di aver trovato un rifugio lontano da quella enorme villa che da lì a poco avrebbe visto Zelda. « Tu studi ancora? » Non nasconde una sonora risata sentendo quella frase. Si studiava a modo suo come aveva sempre fatto portando scarsi risultati, ma infondo non era quello il suo interesse principale: « Sì studio. Ho cambiato facoltà l’anno scorso ed ora sono matricola a Lingue e culture magiche. » Che poi non sapeva ancora il perché di quella scelta, ma infondo era sicuramente meglio della facoltà scelta precedentemente che non azzeccava niente con quello che magari in futuro avrebbe fatto. Forse la scelta di studiare lingue era dettata dal fatto che dentro di sé avrebbe voluto girare il mondo scoprire meglio altri posti a lui sconosciuti nel mondo ed avere una laurea del genere un giorno lo avrebbe aiutato a conoscere meglio il mondo magico sparso in giro per il globo: « E perché ti sei rivolto a me per questa sera? Qualcosa mi dice che tu non abbia problemi a trovare ragazze alla vecchia maniera, che sarebbero ben felici di farti da +1 ad un'occasione del genere, quindi perché io? » La osserva guardandola dalla testa ai piedi soffermando lo sguardo sull’abito che indossava. Nella sua testa pensava che vestita in quel modo avrebbe fatto breccia nel cuore di chiunque quella sera, stava veramente bene: « La risposta sta nella tua stessa domanda. » Il traffico finalmente si sbloccò e con accelerando superò due macchine occupando la corsia opposta: « Non mi piacciono le cose facili non è difficile per me trovare un’altra persona per partecipare a queste serate. Volevo provare qualcosa di diverso ed onestamente -» Sorride mentre guarda la strada: «- mi incuriosivi, volevo conoscerti. » Disse con estrema sincerità lasciandosi poi andare all’ennesima risata di gusto sentendo l’ultima frase della irlandese. No, non aveva mentito e conosceva perfettamente il traffico della capitale inglese: « Ti sorprendi per così poco? Si vede che la tua amica del cuore ha parlato un po’ troppo male di me. » Gira la testa per pochi secondi per mandarle un occhiolino.
    […] Fortunatamente non beccarono più traffico ritrovandosi di fronte all’enorme cancello di villa Cavendish. Si aprì automaticamente lasciando spazio alla strada in mezzo al bosco illuminata. L’immensa villa rispetto al cancello era circondata da una grande vastità di verde e di notte era consigliato prendere una macchina anziché camminare a piedi. Da bambino quella strada lo spaventava incutendogli un misto di ansia e nervosismo dettata dalla mancanza di luce, ma una volta cresciuto quel tratto di strada prima di arrivare alla villa era diventato il suo preferito: si era permesso di organizzare diverse feste in quei boschi e sotto effetti di alcune droghe rendeva il tutto perfetto: «Siamo quasi arrivati signorina.» Girò l’angolo per raggiungere la rimessa per le macchine e una volta parcheggiato scese dall’auto andando ad aprire la portiera a Zelda. Gli allungò il braccio per farla scendere lanciando poi le chiavi al ragazzo addetto a controllare le auto: «Yo come promesso fatti un giro.» Il ragazzo prese le chiavi al volo e con lo sguardo totalmente illuminato dalla proposta del padroncino salì sull’auto iniziando a fare un giro per le vie di quell’immensa distesa di verde. « Julie, eccoci qua! Lei è Zelda. Adolph dov’è? Già impegnato con i suoi amiconi? » La madre di Jonathan sorrise non appena vide arrivare il figlio in compagnia di una bella ragazza come Zelda: « Piacere di conoscerti Zelda, sono Juliette Palmer in Cavendish, ma puoi chiamarmi Julie non ci formalizziamo! » L’inglese dai capelli rossi sorrise felice alla ragazza stringendole la mano con estrema delicatezza: « Spero che mio figlio non ti abbia già importunato abbastanza. So benissimo come tratta la ragazze. » Di pronta risposta Johnny roteò gli occhi infastidito di quanto fosse una rottura sua madre se c’era un motivo per cui non portava nessuno a quelle feste e preferiva evitarle era proprio quelle battutine stupide della sua cara mammina. « Arrivo subito. Non romperle troppo le palle Julie. » Si allontanò un attimo lasciando per qualche minuto Zelda insieme alla bella Julie Cavendish.
    « Certe volte è davvero troppo… » Julie alzò lo sguardo al cielo sospirando mentre prendeva sotto braccio Zelda e le faceva vedere l’immenso ingresso della casa facendola proseguire poi per il lungo corridoio che si diramava verso l'interno della villa. Le indicò dove si sarebbe tenuta la festa dove già si sentiva un sonoro vociare accompagnato da diverse risate: « Niente, meglio che non mi esprimo. » Tagliò corto la rossa sorridendo alla giovane ragazza: « Spero che questa cena sia di tuo gradimento, mio marito ci tiene tanto ed è estremamente felice che ci sia pure Jonathan. Ogni volta non sa che scusa inventarsi per le sue continue assenze.» Perché nonostante Jonathan fosse un pesce fuor d’acqua all’interno di quelle cene e molte volte era meglio tenerlo lontano da certe situazioni entrambi i genitori sapevano che la presenza di loro figlio era comunque ben accetta.
    « Zelda? Vieni? » Johnny ritornò davvero dopo pochi minuti chiamando la sua accompagnatrice. Julie la congedò con un breve cenno invitandola a raggiungere suo figlio: « Jonathan, un’ora massimo e puoi presentarti in sala. » Fece il verso alla madre muovendo la mano seguendo le parole dette lungo il corridoio: « Vieni iniziamo la serata per conto nostro. » Con un sorriso stampato sul volto fece passare Zelda oltre la porta mostrandole la cantina di Villa Cavendish: un enorme stanza per i vini e spumanti che si alzava fino al tetto. Ogni vetrata aveva una targhetta con le varie annate raccolte durante gli anni dalla famiglia di Johnny: « Cosa preferisci? Vino rosso? Bianco? Uno champagne di quelli super costosi? Non farti problemi. » Frugò tra le sue tasce estraendo uno spinello di erballegra: « Ovviamente questo era incluso nell’iniziare la serata. » Lo accese facendo un lungo tiro e sbuffando fuori il fumo denso di quello spinello.


    Edited by WasteOfSpace - 23/1/2021, 14:27
     
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    « Scommetto che ha speso delle belle parole nei miei confronti- quel coglione del migliore amico di mio fratello. » Si ritrova a serrare le labbra, a nascondere un sorrisetto nascente mentre si volta a guardarlo. Ha già la risposta bella pronta sulla punta della lingua, le basterebbe poco per buttarla fuori così come la sua sagacia desidererebbe ma alla fine, stranamente, desiste. Lo fa per Tonya, sì, certamente, non vuole metterla in mezzo più del dovuto e di certo vuole seguire il suo consiglio: portarsi a casa la serata senza alcun intoppo momentaneo. « Julie? Cosa sa? Che porto una ragazza a questa cena del cazzo. » Quindi è una cena, immagino seduti, dio che strazio, devo ricordarmi tutte le ore di etichetta a tavola di nonna Brianna. Si annota mentalmente, decidendo di ripescare più tardi nella propria memoria le varie nozioni su "I gomiti no sul tavolo" e "Si parte dalla posata più esterna, pena taglio della mano immediato". « Sinceramente Zelda sii te stessa, se ti fanno domande improvvisa. Non me ne frega un cazzo di quello che pensano gli altri e voglio che tu faccia lo stesso. » Solo a quel punto un sorriso candido compare sul volto, con le guance che si gonfiano appena, gli occhi che si illuminano per un istante del rosso del freno della macchina davanti. « Quindi posso essere me stessa. » Il tono di voce non si alza verso la fine della frase a suggerire una domanda, una constatazione, quella, che la stupisce alquanto considerando i vari ruoli che solitamente si porta ad interpretare, facendola sentire così simile ad un'attrice. Si domanda, in quel frangente, se Johnny non sia effettivamente un anticonformista a cui poca interessa del suo status garantitogli dall'essere nato nella famiglia giusta. « E’ una serata di beneficenza organizzata da mio padre Adolphus, ma si farà chiamare Adolph. Sisi come quello stronzo nazista, fa ridere la cosa no? » Sciabola una volta le sopracciglia, arricciando le labbra in quello che appare un sorriso. « Dopo questa posso ritenermi fortunata della scelta fatta dalla mia famiglia. Singolare però la scelta di farsi chiamare appositamente così, è una tecnica di sottomissione tramite il timore che incute il nome? » Chiede, curiosamente, prima che il suo racconto prosegua. All'alta società inglese si costringe a non storcere vistosamente il naso, rimanendo con un'espressione piuttosto neutra per i suoi standard. A fine serata mi merito un cazzo di premio, se ci arrivo senza urlare contro certi snob. Continua a carpire qualche dettaglio qua e là, nel suo discorso, che sembra stonare ampiamente con il suo stato societario, ma decide di tenere tutto per sé, per il momento. Così si ritrovano a parlare di scuola mentre la bionda si ritrova a chiedersi com'è che Jon sembri tutt'altro che uno studente dall'attitudine e dall'inflessione che la sua voce prende nel raccontarglielo. « Non mi piacciono le cose facili non è difficile per me trovare un’altra persona per partecipare a queste serate. Volevo provare qualcosa di diverso ed onestamente - mi incuriosivi, volevo conoscerti. » Alza un sopracciglio, che non indica con certezza se sia più scettica o sorpresa. « Però..la mia amica del cuore non mi ha menzionato minimamente che fossi anche uno stalker di Wtiza. » [..] Pian piano la vegetazione prende a farsi più rada e gli occhi caramello della bionda possono prendere a fissare quella villa che potrebbe essere grande quasi quanto il castello di Kilkenny. Fischierebbe se non si dovesse dare un contegno e fare la persona estremamente cittadina e non dall'attitudine prettamente rustica. « Avete due macchine, parrebbe. » Commenta nello scendere dalla macchina, lanciando un'occhiata al ragazzo a cui sono state affidate le chiavi, tutto felice di essere stato graziato da quella gentile offerta del padrone di casa. Si ritrova a sentire un profondo senso di disagio, in quel momento, che cerca di dissimulare nel guardare dentro la borsetta, alla ricerca di non sa lei nemmeno cosa. Con lo sguardo distante: è così che segue il moro nell'ingresso dell'immensa casa. « Julie, eccoci qua! Lei è Zelda. Adolph dov’è? Già impegnato con i suoi amiconi? » Gli occhi chiari di Julie si soffermano su di lei e dopo qualche secondo sorride, pacificamente. « Piacere di conoscerti Zelda, sono Juliette Palmer in Cavendish, ma puoi chiamarmi Julie non ci formalizziamo! Spero che mio figlio non ti abbia già importunato abbastanza. So benissimo come tratta la ragazze.» Si ritrova a ridacchiare nello stringere la sua mano con delicatezza. « Considerando che è stato un gran signore finora, mi dovrei forse ritenere speciale? » Lascia un'occhiata allusiva a Jon, per poi tornare alla madre. « Certo, sempre se non prendiamo in esame il ritardo. Ma aveva una buona scusa in fondo. » Ridacchia e continua a farlo non appena lui si allontana, non vedendo l'ora di uscire dal radar di certi discorsi. E' in quel momento che un ragazzo le si avvicina per prenderle soprabito e borsetta. Zelda, dal canto suo, cerca di risultare quanto più naturale possibile seppur il disagio nel ritrovarsi dalla parte opposta, per una volta, le irrori ogni cellula. « Comunque avete una casa meravigliosa, Julie. Rifinita perfettamente per l'occasione. » Commenta, con gli occhi che si muovono per il grande salone, non appena la donna ce la conduce, soffermandosi qualche secondo sui minimi dettagli della mise en place. E' sincera in quei complimenti? Di certo la casa è stupenda, c'è poco da obiettare a riguardo, ma quello che è certo è che tutto quello sfarzo non fa per lei. E' tutto troppo per i suoi gusti. Però oh, fanno una cena di beneficenza, vuoi mettere? « Sei gentile, è una serata importante per mio marito. » Annuisce, la bionda, riconnettendosi agli occhi di lei. « Jonathan è stato un po' evasivo a riguardo, detto fra noi non credo sappia davvero la risposta, ma in favore di cosa è stata organizzata la cena? » La rossa le sorride, lasciando che la propria mano scorra dolcemente sul palmo di quella di lei. « Certo che non lo sa, ci ha detto all'ultimo che avrebbe portato te, figuriamoci. Comunque tutti gli introiti della serata verranno devoluti per la ricerca del morbo che sta affliggendo la comunità babbana a cui, fortunatamente, noi siamo immuni. » Commenta a labbra strette e a Zelda sembra che veramente le interessi, c'è qualcosa nelle sue movenze che le indica il suo sincero coinvolgimento, senza alcun doppio fine. E' in quel momento che decreta che Juliette Palmer le piace. « Spero che questa cena sia di tuo gradimento, mio marito ci tiene tanto ed è estremamente felice che ci sia pure Jonathan. Ogni volta non sa che scusa inventarsi per le sue continue assenze. » Inclina la testa di lato, Zelda, i lunghi capelli biondi le ricadono su una spalla nuda, facendola accorgere di quanto in quella casa così sontuosa non si senta minimamente freddo. « Mi stai dicendo che oltre che speciale dovrei sentirmi anche fortunata per questa sua improvvisa voglia di partecipazione? » La rossa, dal canto suo, sciabola le sopracciglia con fare complice. « Comincio a sperare che siate presenti entrambi anche alla prossima occasione. » Le gote di Zelda si gonfiano e viene salvata in calcio d'angolo dalla voce di Jon. « Ci vediamo più tardi. » Saluta la donna con una veloce inclinazione del capo in avanti per poi voltarsi verso il moro. « Vieni iniziamo la serata per conto nostro. » C'è un brivido che si impadronisce della sua schiena, che sia di eccitazione o di paura non è dato saperlo. Lo segue fino a quando non compare di fronte ai suoi occhi una cantina grande quasi il salone d'ingresso. Vi sono bottiglie ovunque, così come due enormi botti che non sa se siano di solo arredamento o effettivamente in uso. « Il garage super attrezzato, prima dalla finestra ho visto la piscina esterna, immaginando che ce ne sia una interna, da qualche parte. Ora la cantina enorme quanto un appartamento ad Hogsmeade. » Gira in circolo su se stessa, con il naso puntato verso l'alto prima di lanciargli un'occhiata. « Devo aspettarmi anche la scuderia per gli unicorni? O magari il percorso d'allenamento esterno sullo stile di Tomb Raider. » Commenta con un sorrisetto, ricordando quanto fosse stata una super scoperta per la se stessa di sei anni, ritrovare quel videogioco per pc tramite un vecchio fidanzato di sua madre e il suo negozio super vintage geek. « Cosa preferisci? Vino rosso? Bianco? Uno champagne di quelli super costosi? Non farti problemi. » Non se lo fa dire due volte e prende a gironzolare per gli scaffali, giocando la parte della grande intenditrice. Ha assaggiato qualche buon vino in Irlanda, ma solitamente non beve altro che quello da discount, con tanto di cartone annesso. Ma qui posso scegliere tutto quello che voglio. « Ovviamente questo era incluso nell’iniziare la serata. » Incontra i suoi occhi attraverso un piccolo spazio dello
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    scaffale e sorride, sarcasticamente. « Vuoi mettermi fuori combattimento ancor prima di arrivare a cena? » Chiede, asciutta, riprendendo a seguire il proprio percorso con l'indice che scivola sopra la parte più larga delle bottiglie, trovando resistenza in alcune vecchie etichette ormai incartapecorite. « Allora aveva ragione tua madre nel mettermi in guardia sui tuoi metodi poco convenzionali per importunare le tue conquiste. » Continua a dire, prima di fermarsi di fronte ad una bottiglia di champagne, ne è abbastanza certa. « Boërl & Kroff Magnum del '96. Non ero nemmeno nata. » Cerca di vincere l'opposizione che l'apposito contenitore usa su di lei non appena tenta di liberare la bottiglia. Si morde il labbro inferiore tirando forte ancora una volta, fin quando non riesce nell'impresa e allora gira l'angolo per ritrovarsi nuovamente di fronte al ragazzo. « Immagino nemmeno tu, quindi non si dispiaceranno troppo i tuoi se l'apriamo, che dici? » Lascia penzolare la bottiglia scura tenendola per il collo prima di prendere ad aprirla. « E' pur sempre un'occasione speciale. » Toglie la carta dorata e applica una leggera pressione sul tappo, fregandosene del bonton che direbbe che non va fatto saltare ma accompagnato. E infatti scatta fuori con un rumore secco e segue una traiettoria verticale prima di piegarsi inesorabilmente alla gravità, ricadendo a qualche centimetro dalla scarpa laccata di Jonathan. « A te che non vedevi l'ora di conoscermi. » Alza la bottiglia nella sua direzione per poi portarsela alle labbra. Ne beve appena due sorsi e subito le bollicine prendono a pizzicarle il naso così come gli occhi che, inevitabilmente, si riempiono di lacrime. Si stacca e si avvicina a lui per passargliela. « Perché non ti piace la società in cui sei nato? » Gli chiede poi, senza alcun preavviso, mentre si siede su un baule vicino a lui, poggiando le spalle al muro. « Ti sei tradito più volte a riguardo. Ed è un atteggiamento insolito, specie perché non ti piace eppure continui a viverci. » Sciabola le sopracciglia, allungandosi verso di lui per rubargli lo spinello dalle mani. Lo prende tra indice e medio e ne prende tre boccate consecutive, piuttosto sicura, tradendo così il suo farne occasionalmente uso. Il fumo rado esce dalle sue labbra mentre riprende a parlare. « Hai qualche programma speciale per il futuro? » Tipo distaccarti completamente da questa merda? « Lo so, mi sto facendo i cazzi tuoi, ma ti incuriosivo tanto da volermi qui e ora mi devi qualche piccola confessione. » Inarca le sopracciglia, infine, mettendosi più comoda prima di fargli cenno di continuare. « Vai, sono tutta orecchie. »
     
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    Lasciata per qualche momento Zelda con sua madre si avvia verso la sua stanza all’interno della casa. Non dista molto dall’ingresso, ma comunque villa Cavendish non era sicuramente un posto che si poteva definire piccolo. Era curioso di come si sarebbe svolta la serata. La sola idea di stare seduti ad un tavolo e sentire varie persone parlare di quanto fosse importante quella cena di beneficenza per l’inizio del nuovo anno rendeva particolarmente annoiato Jonathan, ma in realtà l’idea di esser accompagnato da una ragazza come Zelda, dopo la prima impressione, rendeva la situazione leggermente meglio. Entrò nelle sue stanze andando a recuperare un piccolo bauletto in legno dove teneva le sue dosi mensili di erba. Non ci volle molto per chiudere al volo una canna, ma non appena uscì dalla sua camera incrociò suo padre che, come aveva immaginato, era in compagnia di altri due uomini. Due persone che Jonathan aveva conosciuto sempre a quel tipo di serate, ma che ovviamente non ricordava affatto i nomi.
    « Jonathan già di ritorno? Non dovevi essere accompagnato da qualcuno? » Adolphus Cavendish squadrava l’unico figlio domandando con tono serio dove fosse la ragazza che tanto aveva decantato il figlio di portare a quella cena. « Non l’hai incontrata? Era con mamma. » Ebbene sì in presenza di suo padre non chiamava per nome sua madre, ma con l’appellativo che le spettava. « No Johnny. Ero nel mio ufficio a parlare con questi due gentiluomini. » Gli occhi azzurri di Johnny scrutavano attentamente la figura del padre mentre osservava che sotto il naso dei due ospiti vi era una piccola polverina bianca. Quindi vi divertite comunque voi stronzi. Accompagnò il pensiero accennando un sorriso ed allungando la mano ai due presenti: « Perdonatemi, ma ho una memoria leggermente corta. Piacere Jonathan Cavendish, unico figlio ed erede del qui presente Adolphus. » Strinse con forza la mano dei due presenti e si congedò senza però essere fermato nuovamente dal padre che aveva fatto andare avanti i due ospiti: «Sono contento che sei presente stasera. Ovviamente non dire a tua madre cosa è successo in ufficio perché so già che hai capito tutto. » Lo sentì tirare su con il naso. In quel momento Jonathan scoppiò a ridere di gusto: «Fai tutta la ramanzina, ma sei sempre il solito stronzo. Non è vero papà? » Incrocia le braccia puntando gli occhi azzurri su quelli più scuri del padre: « Ovvio che non dirò niente a mamma, ma vatti a dare una ripulita che si vede ad un chilometro.» Gli diede le spalle, ma poco prima di ritornare da Zelda e Julie: «Questo non è un comportamento per il duca di Mayfair Si girò guardando il padre con aria di sfida rimarcando quelle parole che tante volte aveva sentito quando veniva a conoscenza delle sue solite bravate. « Mi devi un favore Adolph. » Disse infine scoppiando in una risata di gusto mentre ritornava dalla madre e dalla ragazza che quella sera lo accompagnava.
    […] Dopo aver strappato Zelda dalle grinfie della madre ed averla accompagnata nella cantina della casa, un luogo che sembrava più un capannone che una cantina effettiva. Lasciò entrare Zelda quando la ragazza subito non si lasciò scappare quanto fosse grande la villa sottolineando alcune caratteristiche ben visibili una volta arrivati alla grande porta d’ingresso della villa: « Il garage super attrezzato, prima dalla finestra ho visto la piscina esterna, immaginando che ce ne sia una interna, da qualche parte. Ora la cantina enorme quanto un appartamento ad Hogsmeade. » Immagini bene signorina Kane. Non parlò perché la ragazza aveva ancora da ridire su quello che solo una persona alla vista di certe cose poteva immaginare fossero presenti all’interno della villa: « Devo aspettarmi anche la scuderia per gli unicorni? O magari il percorso d'allenamento esterno sullo stile di Tomb Raider. » Ed ovviamente anche lì non riuscì a trattenersi dal ridere. Era la reazione che più o meno avevano avuto tutti i pochi conoscenti che avevano avuto modo di entrare all’interno di quell’immensa villa: «Hai indovinato più o meno su tutto. Tranne sugli unicorni. Per metà siamo babbani ti ricordo. » Fece spallucce appoggiando la schiena ad una grande botte di vino mentre osservava la grifondoro passare tra le varie bottiglie della cantina per sceglierne una: « Però una volta sì c’era una scuderia prima che decidessero di vendere i cavalli e tutto il resto della baracca al miglior offerente. » La fortuna della sua famiglia era dovuta anche al saper coltivare quello che seminavano. Avevano una scuderia sì, cavalli di razza pura pronti ad essere venduti al miglior compratore solo per poter sfruttare la fama e le scommesse messe sul piatto una volta che uno dei vecchi cavalli della scuderia Cavendish corresse per vincere le tante corse che si organizzavano. Infondo non era male quel mondo, mi ha sempre intrigato. Era una cosa che non gli dispiaceva gestire quella scuderia, forse una delle poche cose di quel mondo che infondo non disdegnava d’altronde i risultati andavano a finire in qualcosa di ancora più sporco di quanto uno potesse immaginare.
    Si accese la canna facendo un lungo tiro e tenendo per qualche secondo il fumo dentro ed iniziò a girare per la cantina seguendo lo stesso percorso di Zelda, ma dal lato opposto. Rilasciò il fumo dalle narici vedendolo risalire lentamente verso il soffitto. Poco gli importava se avesse puzzato di erba per quella sera specialmente dopo aver visto cosa aveva fatto suo padre con i suoi amichetti.
    « Vuoi mettermi fuori combattimento ancor prima di arrivare a cena? » Alzò un sopracciglio quando incrociò lo sguardo di Zelda tra uno degli scaffali della cantina. « Naaaah-» Gli occhi azzurri seguono la ragazza mentre si muove tra gli scaffali: «- diciamo che è un incentivo per aiutare a riempire lo stomaco.» Immaginava già le mille portate che sarebbero arrivate quella sera e forse un aiuto poteva solo fare del bene. Conosceva il cuoco e sapeva avrebbe dato il meglio di sé. Era italiano e sapeva il fatto suo, d’altronde non era la cucina migliore al mondo? Probabilmente avrebbe invitato qualche altro collega per aiutare ad alzare la qualità della cena.
    « Allora aveva ragione tua madre nel mettermi in guardia sui tuoi metodi poco convenzionali per importunare le tue conquiste. » Dopo la breve camminata per gli scaffali della cantina ritorna a poggiare la schiena sulla grande botte dove si era messo prima incrociando le braccia e tenendo in bocca lo spinello. Fa un tiro e poi parla mentre butta il fumo fuori: « Posso già considerarti una mia conquista? Allora me lo risparmio il pagamento per stasera. » Con tono molto canzonatorio scherza visibilmente su quella frase detta da Zelda per rimarcare il concetto di Julie. Si sapeva che Johnny Cavendish non era tipo da una sola ragazza. Probabilmente nemmeno troppo gli piaceva l’idea di pagare per la compagnia di Zelda, ma alla fine la frittata era fatta, no? « Boërl & Kroff Magnum del '96. Non ero nemmeno nata» Scrolla le spalle ed osserva la grifondoro mentre cerca di estrarre una confezione di Boërl & Kroff dalla sua custodia. Alla fine la ragazza riesce perfettamente a prendere la bottiglia. Era una confezione magnum ed era anche visibilmente costosa. Una bottiglia dal prezzo di quasi 3500 sterline: « Immagino nemmeno tu, quindi non si dispiaceranno troppo i tuoi se l'apriamo, che dici? E' pur sempre un'occasione speciale. » Zelda scarta il tappo e lo fa stappare via, il sughero finisce poco lontano dai piedi del Cavendish che osserva il tutto rimanendo a braccia conserte sempre appoggiato su quella botte di vino con in volto un’espressione piuttosto divertita: « A te che non vedevi l'ora di conoscermi. » Fa un cenno con la testa mentre osserva Zelda fare il primo sorso di quello champagne portandosi la bottiglia alla bocca. « Figurati non gli dispiacerà… Anzi se è buono come dicono una volta usciti dirò di usare questo per il brindisi di stasera. » Quando la bionda si avvicinò per passargli la bottiglia Johnny estraendo la bacchetta la puntò verso un mobiletto non molto distante dall’ingresso della cantina: «Accio due bicchieri.» Due bicchieri di cristallo fluttuarono fino a dove si erano posizionati i due ragazzi. Adorava usare la magia in quella casa prettamente babbana. Sin da quando aveva compiuto la maggiore età ne usufruiva più di quanto gli servisse la servitù. Per questo non era un amante dell’essere servito e riverito, perché esserlo se si è speciali?.
    Zelda gli strappò la canna dalla bocca e iniziò a fumare. Non disse niente, ma riempì i bicchieri facendo attenzione che lo champagne non facesse troppa schiuma passando uno dei due bicchieri di cristallo alla grifondoro mentre lei gli passava lo spinello. Se lo portò alla bocca mentre si metteva a riempire l’altro bicchiere per se. « Perché non ti piace la società in cui sei nato? » Touché Pensa d’istinto mentre vede Zelda sedersi di fianco a lui: « Ti sei tradito più volte a riguardo. Ed è un atteggiamento insolito, specie perché non ti piace eppure continui a viverci. » Con la canna alla bocca ed il bicchiere in mano finge un’espressione pensierosa per poi scoppiare a ridere. Aveva in parte ragione Zelda. Quella sera si era tradito: bell’abito, bella macchina, ma soprattutto portare una totale sconosciuta ad una cena di beneficenza quando per tutto il tragitto in macchina si era lamentato di qualsiasi cosa fosse inerente al suo status sociale: « Mia madre non è nobile.» Se ne esce così di punto in bianco passando la canna a Zelda e portandosi alla bocca il bicchiere con lo champagne prendendone un sorso:
    «Mi sento legato più alla famiglia di mia madre che a quella di cui porto il cognome. » Si stringe nelle spalle mentre continua a parlare: « Perché credo che i soldi non danno la felicità… Almeno non una felicità reale, ma solo apparente. » Si allontana dalla botte dov’era appoggiato ed inizia a camminare davanti ad una Zelda seduta avanti ed indietro oscillando con la mano il bicchiere di cristallo con dentro lo champagne: « Fuori da qui ho un lavoro, vivo la mia vita al di fuori di questa villa. Gran parte del mio tempo lo passo allo studentato, ma quando chiude il college torno sempre qui. » Breve pausa mentre beve lo champagne: « Credo che la felicità sia fatta di piccole cose e le persone quando conoscono realmente chi sei possono apprezzare tutto al di fuori del contesto sociale in cui vivi. Perché infondo questa è solo una bella facciata. Il marcio c’è ovunque anche dentro una bella villa come questa. » Allarga le braccia indicando la cantina, ma ovviamente riferendosi a tutta la struttura dove si sarebbe tenuta quella cena. « Hai conosciuto Julie. Hai avuto modo di parlare con lei e penso che sia l’unica cosa positiva in questa merda di casa. » Ritorna ad appoggiarsi alla botte di fianco a Zelda. « Hai qualche programma speciale per il futuro?» Bella domanda. Pensa andandosi a riempire nuovamente il bicchiere e riempiendo pure quello della grifondoro di fianco a sé: « Lo so, mi sto facendo i cazzi tuoi, ma ti incuriosivo tanto da volermi qui e ora mi devi qualche piccola confessione. » Infondo non gli dispiaceva avere certi discorsi con una totale sconosciuta, ma d’altronde era vero che Zelda lo aveva incuriosito e sicuramente l’averle fatto vedere quello stile di vita aveva incuriosito la grifondoro tanto da arrivare a fargli quelle domande: « Vai, sono tutta orecchie ». Quando Zelda gli ripassò la canna fece un tiro più lungo di prima si staccò nuovamente dalla botte dov’era poggiato e si parò davanti a lei in modo da guardarla negli occhi color nocciola: « Vivo alla giornata. Preferisco godere ciò che mi succede giorno per giorno non pensando al futuro. Sicuramente dalle mie parole avrai pensato che sì, voglio uscirmene da questa merda, ma se devo farlo voglio farlo a modo mio. » Una risposta che lasciava intendere molte cose, ma anche il nulla più assoluto. In effetti Jonathan Cavendish non aveva mai pensato al futuro. Come non pensava a ciò che le sue scelte fatte giorno per giorno lo avrebbero portato a qualcosa di effettivo. Aveva un lavoro nonostante il suo status sociale gli permetteva di campare di rendita. Studiava qualcosa che sicuramente lo avrebbe aiutato in un futuro giro per il mondo, ma nella fattispecie poco gli importava aveva optato lo studio al college solo per non stare dietro alle stronzate che gli propinava suo padre. Era una persona dedita all’eccesso, ma da dove deriva quel suo modo di strafare? Sicuramente lo doveva alla sua famiglia schifosamente ricca che lo lasciava sempre libero di fare quello che voleva: « Oggi sono qui. Domani potrei anche essere dall’altra parte del mondo solo perché mi va. Rifiuto questa vita, ma mi godo i suoi fottuti vantaggi. » Ride di gusto allontanandosi nuovamente da Zelda dandole le spalle in modo da pensare ad altro, ma effettivamente non aveva altro da aggiungere. « Perché hai accettato di venire questa sera? » Buttò giù lì la domanda sapendo benissimo che un’offerta di lavoro andava sempre accettata: « Non rispondermi perché è lavoro. Potevi benissimo rifiutare e come hai detto tu avrei potuto chiedere a chiunque di essere il mio +1 per stasera.» Piega la testa di lato attendendo la risposta della bionda portandosi alla bocca lo spinello e poi passandolo alla ragazza seduta di fronte a lui.
     
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    « Posso già considerarti una mia conquista? Allora me lo risparmio il pagamento per stasera. » Ne incontra gli occhi attraverso le fessure che lo scaffale offre e gli rivolge un'occhiata abbastanza precisa. "Non ci pensare proprio, tesoro!" « Figurati non gli dispiacerà… Anzi se è buono come dicono una volta usciti dirò di usare questo per il brindisi di stasera. » Si accorge solo con quelle parole di quanto possa essere stata maleducata nel bere direttamente dalla bottiglia. Guarda prima lui, poi il contenitore che tiene stretto per il collo e poi fa una smorfia con tanto di stretta di spalle. « Mh, forse non è troppo il caso che venga usata proprio questa bottiglia. Magari l'altra. » Fa un cenno verso lo scaffale alle proprie spalle prima di consegnargli il bottino per il suo giro di bevuta. « Questa dobbiamo finirla io e te. Sempre per l'equazione "Più bevi, più hai bisogno di ingerire cibo per assorbirlo". » Se non si considera che, se finissimo davvero tutta la bottiglia e lo spinello, io a cena nemmeno ci arrivo. Si risistema una piega del vestito mentre l'altra mano è intenta a rigirarsi il calice che gli ha fornito lui con la magia. Si chiede allora come sia possibile che babbani e maghi possano convivere in un connubio tanto pacifico. Pur avendo vissuto fin da quando ha memoria in un furgoncino scassato, in giro per il mondo, sempre a contatto con la comunità babbana, né lei né sua madre hanno mai praticato la magia di fronte a loro, ricordando la storia della propria comunità, costretta a nascondersi entro i confini che magicamente nascondeva l'immenso castello di Kilkenny agli occhi non magici. Trova però estremamente affascinante il fatto che Johnny sia così libero nel praticarla a casa sua. Chissà se lo fa anche di fronte ai non addetti ai lavori. « Mia madre non è nobile. Mi sento legato più alla famiglia di mia madre che a quella di cui porto il cognome.» Assottiglia lo sguardo nell'ascoltarlo, con la testa poggiata contro il muro fatto di mattoni freschi, in rilievo, che danno all'ambiente un'aria ancora più rustica e intima. Tra le labbra lo spinello dal quale aspira una copiosa boccata di fumo che fuoriesce dalle sue labbra salendo verso il soffitto. « Perché credo che i soldi non danno la felicità… Almeno non una felicità reale, ma solo apparente. » Guarda altrove, improvvisamente colta nel vivo da quelle parole. Perché lei è lì per soldi, per lavoro. Perché seppur ricca di nascita, sua madre ha sempre preferito vivere nella miseria dell'arrivare appena a fine giornata. C'è stato un tempo in cui l'ha giudicata, che l'ha detestata per il semplice fatto che i propri vestiti avevano delle toppe, qua e là, toppe che gli altri notavano e per cui ridevano, alle sue spalle. Ora, ben più cresciuta da quella mentalità, prova un senso di orgoglio nei confronti di Andromache e di quel suo fregarsene del farsi aiutare, del suo desiderio profondo di donare alla figlia l'intero mondo senza alcuna sovrastruttura, senza imbellimenti inutili dati dai soldi. E' orgogliosa di quel suo sbattersene le palle e prendere la strada più incidentata, buttandosi a capofitto in una vita rischiosa, resa più difficile dall'essere una madre single. Eppure eccola qui, Zelda, l'incoerenza fatta persona. Le piace la vita che ha, la vita che sua madre le ha donato, eppure una volta assaggiata l'altra metà della mele, ne è affamata, ne vuole sempre di più. Fa un sospiro e si ammonisce mentalmente di smetterla di farsi tutte quelle pippe mentali. Forse è colpa dello spinello, mi sta prendendo la botta da paranoia? Si chiede per un istante osservando il filtro stretto tra le dita prima di passarlo a lui, intenzionata a bere soltanto da quel momento in poi. « Fuori da qui ho un lavoro, vivo la mia vita al di fuori di questa villa. Gran parte del mio tempo lo passo allo studentato, ma quando chiude il college torno sempre qui. » Inarca le sopracciglia al sentire la parola "lavoro". « Lavori..questa non me l'aspettavo. » Ammette con candore, non vergognandosi minimamente di averlo giudicato dalla copertina. E' nella natura umana, dopotutto. « E dov'è che lavori? » Chiede allora, curiosa di saperne di più. « Fuori da qui ho un lavoro, vivo la mia vita al di fuori di questa villa. Gran parte del mio tempo lo passo allo studentato, ma quando chiude il college torno sempre qui. [..] Perché infondo questa è solo una bella facciata. Il marcio c’è ovunque anche dentro una bella villa come questa. Hai conosciuto Julie. Hai avuto modo di parlare con lei e penso che sia l’unica cosa positiva in questa merda di casa. » Si ritrova ad annuire senza però chiedersi quanto sia forte l'amore che percepisce nel suo tono di voce. Chissà di che marcio sta parlando. « Vivo alla giornata. Preferisco godere ciò che mi succede giorno per giorno non pensando al futuro. Sicuramente dalle mie parole avrai pensato che sì, voglio uscirmene da questa merda, ma se devo farlo voglio farlo a modo mio. » Sorride, sghemba prendendo un piccolo sorso di champagne. « Facendo saltare tutto per aria come Joker? » Chiede ridacchiando e sperando che possa cogliere la citazione senza dovergliela spiegare come deve fare spesso quando si trova in presenza di persone come avvezze al mondo babbano. Ma lui è diverso, dopotutto, l'ha appena dimostrato. « Oggi sono qui. Domani potrei anche essere dall’altra parte del mondo solo perché mi va. Rifiuto questa vita, ma mi godo i suoi fottuti vantaggi. » Insomma mi hai detto tutto e niente, ingegnoso. Pensa lasciando vagare lo sguardo lungo alcune botti poco distanti. Alcune non hanno il rubinetto. Ha visto un documentario, una volta, su come si può estrarre comunque il vino tramite una siringa di vetro. Mi piacerebbe troppo berlo così pensa prima di essere richiamata dal suo tono di voce basso ma carezzevole. « Perché hai accettato di venire questa sera? Non rispondermi perché è lavoro. Potevi benissimo rifiutare e come hai detto tu avrei potuto chiedere a chiunque di essere il mio +1 per stasera. » Sorride, un sorriso che ha al suo interno delle tinte variopinte delle più disparate sensazioni. La sagacia è sicuramente quella più evidente nel modo in cui la guancia destra si gonfia, divertita. « Però se mi togli dal piatto l'opzione migliore non vale. » Comincia a dire, scuotendo la testa quando fa per ripassarle la canna. « Forse è meglio non esagerare se non vuoi lasciarmi qui a dormire e presenziare alla cena da solo. » Aggiunge, con un sorrisetto a metà tra il ludico e l'imbarazzato. « Perché avrei dovuto rifiutare? » Gli domanda poi, con le mani poggiate contro il baule, le braccia che le sostengono la schiena dritta mentre lo fissa dal basso. « Sei bello, sei ricco, ho avuto la conferma che sei una persona a posto - » kinda « - eri sotto ogni punto di vista un ottimo cliente. Sarei stata una stupida se avessi scelto di non venire. » La piega delle sue labbra si alza verso l'alto sull'angolo destro, perdendosi poi dietro il bordo del calice, il naso che prende a pizzicarle ancora una volta per colpa dello champagne. « Ora ti stai rivelando anche diversamente interessante da ciò che solitamente si pensa dei ricchi sfondi, con l'aggravante nel tuo caso di essere pure un nobile della corona inglese. » Il sorriso si fa lentamente sarcastico. « Probabile che tornerò a casa senza annoiarmi a morte, come mi succede spesso in questo genere d'ambiente - » ma sì, facciamo finta di avere questa grand'esperienza fintissima, bravissima « - quindi direi che ho puntato sul cavallo vincente dopotutto. » Inarca le sopracciglia biondicce con fare eloquente. « Ma non ne nutrivo troppi dubbi a riguardo, sono un'ottima giocatrice di poker. » Lo informa fissandolo, con i capelli lisci che le scivolano sopra la spalla. « Anche molto modesta, sì. » Annuisce, anticipando quasi una domanda che non è effettivamente arrivata. E' poi con uno saltello che scende dal baule, bevendo l'ultimo sorso di champagne rimasto nel suo bicchiere. « Se continuiamo a bere potrei fare una bruttissima figura con il signor Adolph che ancora non ho avuto il piacere di conoscere. » Prende a dire, con voce quasi canzonatoria, facendo una leggera giravolta su se stessa, il fondo della gonna che prende a muoversi in tondo, librandosi verso l'alto. « O forse è questa l'antifona che volevi sottintendere? Che è meglio arrivarci ubriaca alla serata di stasera così ci sembreranno tutti più divertenti e simpatici? » Sorride tornando a fissarlo mentre torna ad avvicinarsi a lui. « Okay, quindi tuo padre non è come tua madre, ricevuto. » Afferma senza che la voce cresca d'intensità a intendere sul finale un punto interrogativo. Arriva naturalmente a quella conclusione da quanto lui le ha rivelato su quella sua vita all'interno di Villa Cavendish, tanto superficiale ed evanescente da avere le fondamenta marce, pronte a far crollare tutta la gabbia dorata che sorreggono. Gli lancia un'occhiata dolce e uno strano sorriso mentre pensa al suo di padre. Anche lui non è come mia madre? [..]
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    « Quindi è una serata babbana. » Si ritrova a commentare riemergendo dalla cantina per incedere nel salone principale, lì dove si è riunita un fornito gruppo di ospiti. Osserva alcuni volti, mentre rimane appesa al braccio di Jonathan, al quale si è ancorata poco prima di entrare. « Ma fammi capire bene: come funziona con i vostri collaboratori domestici? » Si rifiuta categoricamente di chiamarli servitù mentre incontra gli occhi di una di loro che rifugge velocemente il suo sguardo. « Loro sanno e c'è un tacito accordo sul mantenere il segreto con il resto del mondo, tipo in serate come questa? » Continua, prima di incontrare gli occhi di una coppia che li fissa, entrambi piuttosto intenti a squadrarli. Si sente improvvisamente sotto microscopio ed è per questo che sorride, in pieno controllo di sé, abituata a simili occhiate, mentre inclina leggermente il viso verso quello di Johnny. « Credo che la coppia ad ore due stia cominciando a partorire le più disparate conclusioni sul come mai tu stia presenziando e su chi io sia. » Gli sussurra, valicando il confine di distanza entro il quale ci si può ritenere decisamente in intimità con il tuo interlocutore. « Il signore si sta chiedendo quanto ti abbia dato Adolph per darti una ripulita ed essere all'altezza del tuo titolo. La signora sta contando quante settimane mi farai durare. Al massimo tre. » Assume infine un tono di voce stridulo e canzonatorio, poi sorride nello scostarsi per incontrarne gli occhi chiari. « Andiamo, me li vuoi proprio presentare. Non vorrai mica deludere le loro aspettative? »


    Edited by anesthæsia¸ - 18/4/2021, 17:59
     
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    Durante tutto il suo discorso aveva osservato le diverse reazioni della grifondoro per capire se stesse seguendo il suo discorso e cosa potesse pensare di lui dopo quel lungo monologo. Si ritrova con la gola secca tanto da prendere la bottiglia di champagne e riempirsi di nuovo il calice mandando giù tutto d’un fiato l’alcolico. Questa la finiremo io e te, ma aspettati altro spumante lì fuori. Per lui era facile reggere quel continuo giro di alcolici che si teneva durante quelle cene. Era molto facile finire a parlare con qualcuno mentre si aveva un bicchiere semi vuoto ed in un attimo ritrovarselo pieno fino all’orlo senza che nessuno gli avesse chiesto cosa: unico svantaggio era che lo spumante saliva lentamente fino ad arrivare alla botta pesante se bevuto troppo. Non bisognava tralasciare anche l’aver fumato. Zelda declinò l’ennesimo passaggio di canna da parte di Johnny tanto che il ragazzo si ritrovò a sorridere divertito nel sentire le sue parole: « Forse è meglio non esagerare se non vuoi lasciarmi qui a dormire e presenziare alla cena da solo. » « Mi deludi. » Se ne esce all’improvviso portandosi la canna alla bocca, ma il tono era più canzonatorio che serio: « Pensavo potessi reggere i miei ritmi, ma in parte hai pure ragione, meglio non addormentarsi ora ci sarà tempo per farlo più tardi. » E scoppia a ridere come al suo solito lasciando intendere che sì, la cena sarebbe stata la cosa più soporifera alla quale avrebbero partecipato i due.
    « Perché avrei dovuto rifiutare? » Incrocia le braccia alzando un sopracciglio divertito nell’ascoltare la risposta della grifondoro che si era sistemata bella comoda sulla botte di vino.
    « Sei bello, sei ricco, ho avuto la conferma che sei una persona a posto. Eri sotto ogni punto di vista un ottimo cliente. Sarei stata una stupida se avessi scelto di non venire. » Quante lusinghe, lo fai per prendere più soldi a fine serata? Si porta nuovamente la canna alla bocca andandosi ad appoggiare alla botte di vino di fronte a quella dov’era seduta Zelda. Sbuffa il fumo denso e bianco dalle narici e dalle labbra mentre pian piano inizia a salire verso l’altissimo tetto della cantina. Rimane in silenzio, ma osserva la grifondoro che continua a parlare: « Ora ti stai rivelando anche diversamente interessante da ciò che solitamente si pensa dei ricchi sfondi, con l'aggravante nel tuo caso di essere pure un nobile della corona inglese. » Nota quella vena sarcastica nel sorriso della Kane, ma accompagna la sua ultima frase con un piccolo inchino a mo’ di sfottò Il grandissimo duca di sto cazzo. Lo pensa, ma non lo dice infondo quello era un titolo nobiliare importante per i membri del suo casato, ma a lui non fregava proprio niente. « Probabile che tornerò a casa senza annoiarmi a morte, come mi succede spesso in questo genere d'ambiente quindi direi che ho puntato sul cavallo vincente dopotutto. Ma non ne nutrivo troppi dubbi a riguardo, sono un'ottima giocatrice di poker. » Inarca un sopracciglio curioso nel sentire quell’ultima frase. Uno dei tanti vizi del Cavendish era il gioco d’azzardo ed il lavoro al Suspiria era uno di quei motivi: lavorare in un luogo del genere gli permetteva anche di poter accedere tranquillamente ai tavoli una volta finito il turno lavorativo. « Anche molto modesta, sì. » « Allora miss modestia ti porto ad uno dei tavoli un giorno. La mia esperienza dice che a parole siamo tutti bravi, ma davanti ad un tavolo verde le persone cambiano. » Le fa l’occhiolino una volta che la vede saltellare giù dalla botte di vino. « Ed ovviamente ti faccio entrare al Suspiria, dove lavoro come buttafuori. » Aggiunge per rispondere infine alla domanda che precedentemente durante il suo discorso gli aveva fatto la grifondoro.
    […] « « Quindi è una serata babbana. » » Annuisce tenendo la grifondoro per il braccio posando la sua mano su quella più piccola e delicata della ragazza: « Sì, ma’am. Ovviamente è inteso che qualsiasi domanda sul college è un posto rinomato in Scozia. » Gli occhi azzurri osservano la reazione della ragazza che ha al suo fianco: « Visto che non si può parlare del castello e tu sei ancora studentessa lì… Sei una mia collega, che dici? Oh sì datti magari un qualsiasi titolo nobiliare. Non sai quanto si bagnano queste persone nel sapere che il figlio dei Cavendish sta con una ragazza di alto lignaggio.» Non erano ancora entrati nella sala principale dove si teneva la cena, ma era giusto mettere in chiaro alcuni punti prima di qualche domanda scomoda perché Johnny lo sapeva che lì dentro qualsiasi domanda verrà posta alla coppia che sarebbe entrata nel salone a breve si riferiva al lignaggio e a dove si fossero conosciuti i due.
    « Ma fammi capire bene: come funziona con i vostri collaboratori domestici? Loro sanno e c'è un tacito accordo sul mantenere il segreto con il resto del mondo, tipo in serate come questa » Fa spallucce mentre superano la soglia del salone principale ritrovandosi in mezzo ad un salone enorme pieno di gente. Nel fondo della sala era stato allestito un mini palco dove, sapeva con certezza, suo padre avrebbe tenuto un discorso di ringraziamento per tutti i presenti: « Sono ignari di tutto. » Si guarda intorno sentendo molti sguardi diretti verso lui e Zelda. Lavorando al Suspiria come buttafuori era diventato un attento osservatore e sapeva distinguere quando qualcuno buttava l’occhio su di lui anche quando cercava di essere estremamente discreto: « Infatti quando sono qui cerco di adattarmi a non usare la nostra abilità » Si gira a guardare Zelda per farle un occhiolino lasciandole intendere a cosa si riferisse. I domestici non sapevano della vera natura di Jonathan né di quella della madre, l’unico che ne era a conoscenza era Adolph ed aveva deciso di mantenere un tacito silenzio sull’argomento nonostante si era ritrovato catapultato in quel modo per lui sconosciuto dopo moltissimi anni e venuto a galla solo dopo aver conosciuto Julie e la sua famiglia: « Non aspettarti subito la presenza di mio padre, ma quando arriverà lo riconoscerai sicuramente. » « Credo che la coppia ad ore due stia cominciando a partorire le più disparate conclusioni sul come mai tu stia presenziando e su chi io sia.» Segue le indicazioni di Zelda guardando la coppia che li osservava. Le distanze erano ridotte tanto da far notare agli altri che i due erano più intimi di quanto potessero dimostrare in realtà. Sai fare il tuo lavoro Kane, complimenti. Non lo dice, preferisce pensarlo mentre continua ad ascoltare le parole della grifondoro: « Il signore si sta chiedendo quanto ti abbia dato Adolph per darti una ripulita ed essere all'altezza del tuo titolo. La signora sta contando quante settimane mi farai durare. Al massimo tre. […]
    Non vorrai mica deludere le loro aspettative? »
    Sorride divertito nel sentire quelle speculazioni da parte di Zelda, ma prima di dirigersi verso quella coppia di persone che li osservava ferma uno dei camerieri prendendo due flute di champagne, il primo lo passò a Zelda e l’altro lo prese per sé andando poi a far tintinnare i due bicchieri: « E tu quante settimane pensi dureresti con me, Zelda? » Chiese divertito mentre si dirigevano verso la coppia di persone: « Signori De Lacy, buonasera. E’ un piacere vedervi, come vanno le cose? Suo figlio si è laureato alla fine? » Fa un leggero inchino con la testa rispettando quel galateo che da sempre gli era stato insegnato: « Lei signora invece è sempre splendida mi permetta. » Posa il flute di champagne e fa un baciamano alla donna, la quale sembra indispettita dall’atteggiamento di Johnny, ma che cerca di non darlo a vedere: «Oh Jonathan, buonasera a te! Tutto bene, mio figlio a breve dovrebbe laurearsi e pensare alla specialistica. Le redini dell'azienda familiare sono nelle sue mani ormai. Però sai io e mia moglie ci stavamo chiedendo il motivo della sua presenza mr Cavendish, non è solito presenziare, ma siamo contenti che almeno per il nuovo anno abbia deciso di partecipare. Deve riconoscere anche che sua madre e suo padre si danno molto da fare per organizzare questo tipo di cerimonie. » Si ritrova ad annuire Johnny nel sentire quelle parole, ma nella sua testa avrebbe voluto infilare su per il culo il bastone che l’uomo si portava al fianco in modo da farlo smettere di parlare: «Stavolta è anche in compagnia di una bellissima ragazza, lei signorina chi è? » Mr De Lacy si rivolge verso Zelda mentre da lontano Julie richiama l’attenzione di Johnny, ma lui la ignora cercando di rimanere al fianco della sua accompagnatrice.
    […] « Cazzo Julie! Ma non vedi che stavamo parlando con i signori De Lacy? Cosa vuoi? » Si ritrovano dopo la breve chiacchierata vicino a Julie che sembrava piuttosto agitata: « Johnny, tesoro. Tuo a breve dovrebbe affrontare il suo discorso e non riesco a contattarlo, potresti andare a vedere che fine ha fatto? » Lo sguardo si sposta da Julie a Zelda: « Vieni con me? » Si gira verso Zelda attendendo una sua risposta.
    « Venire dove? Già ve ne scappate? Senza presentarmi questa dolce fanciulla?» La voce calda di Adolph attira l’attenzione del gruppetto: « Ah ecco il simpaticone. Zelda lui è mio padre Adolph, Adolph lei è Zelda. » «E’ un piacere conoscerti Zelda, spero che la serata sia di tuo gradimento. So che mio figlio non è assolutamente un gran accompagnatore, ma è un ottimo partito questo glielo concedo. » Ed ecco una pacca pesante arrivare sulla schiena di Johnny che per poco non sputa fuori lo spumante che si stava bevendo. Bastardo. Pensa ed accenna un sorriso fintissimo al padre: « Con permesso… Julie, tesoro vieni con me lasciamo soli i ragazzi mentre salutiamo alcuni invitati. » Prese sottobraccio la moglie e si allontanarono lasciando soli, fortunatamente, i due ragazzi: « Ti fa di rovinare la cosa? Magari senza far saltare tutto come Joker… Però pensavo… » Si avvicina all’orecchio di Zelda per sussurrarle cosa aveva in mente: « Durante il discorso di Adolph voglio lanciare un confundus. Voglio vedere fino a dove arriva sotto incanto. Poi sarà divertente rovinare la festa a quello stronzo » Sua madre gli vietava di lanciare incantesimi durante quelle sere, ma voleva ancora attuare un piano di vendetta nei confronti del padre: « Ci stai? »
     
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