Casa Bennett - Dixon

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    ituato in un grande palazzo nella zona Camden nell’Hampstead di Londra all’ultimo piano si trova il piccolo appartamento di Ethan Bennett. Più che un appartamento è una casa vera e propria che occupa tutto lo spazio dell’ultimo piano. Una volta varcato l’uscio di casa la grande casa ha uno stile moderno con un salone comune caratterizzato da un grande divano ad elle, un grande tavolo da cucina e due scale: Una conduce ad un soppalco ben strutturato con grandi vetrate in modo da far filtrare la luce, un grande letto a tre piazze, un bagno privato, con cabina armadio sistemata in un altro piano rialzato. L’altra scala conduce all’attico sul tetto. Proseguendo per il salone centrale oltre alla cucina vi sono due porte: Una collega lo studio di registrazione all’avanguardia del Bennett e l’altra l’appartamento di Marian.
    L’appartamento di Marian è stato lasciato pressappoco identico a come l’ha trovato. E’ arredato in stile minimal, che lo rendono luminoso ed areato. L'ingresso è fornito di tavolino ed appendiabiti. Superato il corridoio sarà possibile ammirare il soggiorno costituito da un divano bianco con isola davanti ad una grande porta finestra che permette l’accesso ad un terrazzo. E’ una stanza ampia e lucente, le cui uniche fonti di illuminazione provengono dalla finestra e da dei faretti appesi al soffitto. Procedendo verso destra si trova la cucina con annessa sala da pranzo e da cocktail. Quest’ultima è costituita da un divano senza spalliera, un tavolo da fumo in legno massiccio ed un caminetto moderno. Il bagno si trova di fianco al soggiorno. E' probabilmente la stanza più piccola della casa, ma le pareti bianche danno l'illusione di spaziosità. E' composto da sanitari, un grande specchio rotondo sotto il quale è posto il lavabo ed una vasca da bagno posta infondo alla stanza. La camera da letto, collocata dall'altra parte della casa, ha pareti e pavimento in legno. Ciò dona all'ambiente un aspetto più caldo e raccolto rispetto al resto della casa. E' spoglia di qualsiasi forma di arredamento, tranne per due lampade ed un quadro. E' affiancata da una cabina armadio decisamente spaziosa illuminata da una grande finestra.

    Questa discussione rientra nel progetto quotidianità


     
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    “Ma come si permettono, ma ti pare che possa ascoltarli…mah io, davvero. Non ho parole…”
    Borbottava tra sé la ragazza, stretta nel suo cappotto felpato, mentre con la faccia corrucciata percorreva a grosse falcate gli isolati che distanziano la sua casa da quella del fratello.
    “E mi devono ringraziare, sì. Perché, se fosse per me, prenderei un treno adesso guarda, anzi forse lo faccio subito, così vediamo se riesco a stare un po’ in pace per una volta.”
    Continuava la Bennett mentre accelerava sempre più i passi per cercare di arrivare in tempo al palazzo prima di perdere completamente la ragione e fare un’immensa cavolata, perché non sarebbe stato saggio prendere un treno per chissà dove e senza un soldo in mano. Questo per fortuna sembrava saperlo anche lei, anche se probabilmente sarebbe bastata una tacca di rabbia in più per farla partire diretta per la stazione, imprecando ovviamente perché non sapeva ancora utilizzare la smaterializzazione.
    “Vi spostate? sarei di fretta”
    Nirvana si trovò finalmente di fronte alle porte girevoli del palazzo di Camden Town ma la sua pazienza raggiunse il limite quando vide due donne fermarsi proprio davanti a dove doveva passare. Infatti, Van fece anche cenno con la mano di spostarsi, con un sorriso fintissimo, pensando anche di passare nel mezzo tirando spallate, se nessuna delle due avesse fatto un passo in meno di due secondi. Però, visto che le due donne non avevano il carattere di una sedicenne troppo suscettibile, assunsero un’espressione risentita, come se Van avesse appena detto una delle eresie più grandi mai sentite, per poi bonfecchiare tra di loro cattiverie e cose come “Ma che modi”, ed infine spostarsi.
    “Alleluia”
    Quindi Van varcò l’ingresso e prese l’ascensore, tenendo il cellulare in mano per cercare di calmarsi guardando qualche video divertente su wizstagram. Ovviamente non ebbero molto effetto, anzi, guardare le storie di due suoi amici giocare a palle di neve la fece innervosire ancora di più per l’invidia. “Ah ah, si, tiratevi le palle di neve, spero che vi si ghiaccino le dita.”
    DIN. Finalmente era arrivata. Chiavi alla mano, passo lesto, una smorfia di disgusto nel vedere l’addobbo natalizio fuori dalla porta eeee si va in scena.
    “ETHAAAAN, SEI IN CASA?”
    Urlò Van senza neanche guardare se fosse nella stanza o meno per rilasciare la tensione accumulata e perché fondamentalmente le andava. Infatti, dare fastidio a suo fratello era uno dei suoi passatempi preferiti, nonché uno dei motivi per cui si trovava lì in quel momento.
    “Ah..Sei qui, bene.”
    Constatò la corva guardando verso il divano, che tra l’altro era uno dei primi arredamenti che qualsiasi persona con un minimo di decimi avrebbe potuto vedere appena entrata in casa. E vabbé è fatta così.
    “Quanto fa schifo la neve da uno a dieci? Secondo me dieci.”
    Affermò decisa, senza neanche aspettare la sua risposta, mentre si puliva le scarpe al tappetino e si avviava verso la cucina per prendere qualche schifezza babbana, che di sicuro il fratello avrebbe avuto in qualche cassetto.
    “Eth, ti prendo gli M&M’s, ok?”
    Anche questa volta non aspettò, era troppo agitata per sentire o per pensare, andava avanti d’istinto. Se aveva fame, mangiava, se aveva sete, beveva, se aveva bisogno di urlare, urlava e non provate a romperle le scatole perché sicuramente vi avrebbe risposto male o non vi avrebbe ascoltato minimamente, nella migliore delle ipotesi.
    “Che fai nella tua vita noiosa da prof?”
    Chiese Nirvana, per una volta davvero incuriosita, mentre si avvicinava al divano e lanciava il cappotto sull’appendiabiti in stile Michael Jordan, con tanto di “Ceeeentrooo”, quando riuscì a non far cadere niente ed a fare un tiro da tre punti più che decente. ”Ma perché non gioco a basket? Sono fantastica.”
    Anche adularsi rientrava tra le sue cose preferite da fare, soprattutto da quando aveva quel piccolo problema della licantropia, che la tirava decisamente giù di morale ogni volta che arrivava la luna piena, o che qualcuno la incolpava di essere “uno dei più grandi problemi della società”.
    “Ma secondo te quanto rompono le palle, scusa…le scatole i miei? molto o moltissimo?”
    Altra domanda retorica alla quale, fossi stata in lui, avrei risposto assecondandola perché i cuscini erano vicini e lei aveva una mira da dieci e lode. Però poteva anche non rispondere e stare alla sorte, magari Nirvana si sarebbe potuta scordare della domanda da lì a pochi secondi visto quanto era imprevedibile, anche se quegli M&M’s, che ormai erano diventati degli antistress, venivano buttati giù come se fossero popcorn per la rabbia che l’aveva portata lì, ovvero il litigio con i suoi genitori.


    Edited by Nirvana^ - 9/1/2022, 21:18
     
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    Pochissime volte si ritrovava a Londra per le festività natalizie, ma l’aver messo in pausa la sua carriera musicale per iniziarne non una, ma ben due nuove era un motivo in più per godersi del sano riposo. Aveva passato per la prima volta la vigilia ed annessa festa in famiglia. Un momento piuttosto raro per il Bennett che solitamente evitava come la peste quei momenti di riconciliazione. Non aveva più ottimi rapporti con la madre, la sentiva sì, ma ogni volta che parlava con lei era come presentarsi davanti ad un totale sconosciuto. Con il padre invece aveva avuto modo di ritagliarsi un piccolo spazio per quelle vacanze, non per lui che lo aveva bellamente ripudiato quando ebbe l’overdose, ma più per Nirvana, motivo principale della riconciliazione con il padre.
    Dopo aver passato le feste con la sorella ed il padre si era rintanato nel suo appartamento per rinfrescare le idee per i mesi successivi. L’idea di ritrovarsi dietro una cattedra in quel del college era stata presa forse fin troppo rocambolesca, ma nella testa del serpeverde aveva già qualcosa in progetto.
    Stava seduto sul divano di casa con le gambe sul tavolino posto di fronte a lui. Sia Caesar che Jonathan stavano appallottolati con la testa poggiata su entrambi i fianchi mentre Eth con la bacchetta in mano faceva scorrere alcuni progetti che i suoi studenti avevano lasciato per le vacanze. « Queste cose non si correggono. » Pensa ad alta voce mentre uno dei sample musicali dei suoi studenti partiva dallo stereo dolby sorround posto al di sotto del televisore. « Non è male, ma è ancora grezzo. » La produzione musicale non era per tutti, lo riconosceva, ma apprezzava comunque gli sforzi che i ragazzi facevano per affrontare la sua materia. « Ci sta un lavoro di sound design da fare. Per i prossimi mesi ci divertiremo. » Sorride beffardo posando la bacchetta ed accarezzando prima la testa del gatto bianco e poi di quello nero: « Vi godete il vostro schiavo, nevvero? »
    « ETHAAAAN, SEI IN CASA? » La chiave gira e la porta si apre con l’uragano Nirvana che entra in casa Bennett.
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    « No sono uscito. Quello che vedi è un ologramma. » Si volta a guardare verso la porta ritrovandosi davanti la sorellina.
    « Quanto fa schifo la neve da uno a dieci? Secondo me dieci » Ride di gusto nel vedere Van pulirsi le scarpe davanti alla porta. Riprende la bacchetta e con un gesto veloce fa sparire la sporcizia dal tappeto e dalle scarpe della sorella: « Immagina New York in questo periodo. » Risponde lesto, ma la sorella non sembra preoccuparsi della sua frase. Van aveva constatato che la neve facesse schifo la neve e si era fiondata in cucina a prendere qualcosa da mangiare. « No, grazie niente per me. » Guarda il tavolino davanti a se con un pacco di patatine svuotato qualche ora prima, quella casa era sempre piena di schifezze, bisognava riconoscerlo.
    « Che fai nella tua vita noiosa da prof? » Van si siede sul divano solo dopo aver lanciato il cappotto ed aver fatto centro posizionandolo perfettamente nell’appendi abiti. « Magari dopo ti faccio vedere in cosa consiste la mia vita noiosa da prof.» Alza un sopracciglio ed osserva la sorella compiacersi del gesto tecnico che aveva fatto lanciando il cappotto: « Il basket non è uno sport per maghi, ma hai provato con il quidditch?» Ethan giocava quando era uno studente come lei al castello, se la cavava pure bene, ma alla stessa età di Nirvana già era in tour per tutta l’Inghilterra.
    Scende le gambe dal tavolino tanto da far spostare via i suoi due gatti che, infastiditi dal gesto del serpeverde si stiracchiarono davanti a lui e si allontanarono via salendo per la camera da letto.
    « Ma secondo te quanto rompono le palle, scusa…le scatole i miei? molto o moltissimo? » Allunga il braccio verso la spalla di Nirvana e la tira a se scompigliandole i capelli: « Rompono cosa, scusa? Le scatole? Quali? Quelle del trasloco che hai preparato quando ti ho dato una copia delle chiavi di casa? » A sedici anni non era facile dialogare con i propri parenti. Si viveva in pieno quella fase di ribellione che passavano tutti gli adolescenti ed alla minima cosa che i genitori dicevano scattava molte volte il litigio: « Quindi sei arrivata qui come un uragano perché hai litigato con i tuoi? » Prende una piccola pausa: « Non è che ora papà chiama per sapere dove sei? » Sospira guardando Nirvana ormai stesa sulle sue gambe che mangiava M&M’s come se fossero popcorn: « Che è successo? » Di una cosa era certo: sua sorella parlava apertamente con lui, lo vedeva quando passavano il tempo insieme e, ogni volta che di mezzo c'era un litigio con i genitori, correva da lui per parlarne.


    Edited by Klaustrophobic - 9/1/2022, 19:47
     
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    Gli M&M’s quel giorno sembravano più introvabili del solito, tanto che Nirvana aveva aperto almeno tre sportelli prima di trovare quello giusto, neanche suo fratello li nascondesse apposta per mantenersi a dieta. Non che Nirvana si sarebbe stupita, se fosse davvero stata una metodica per non mangiare cibo spazzatura, i maschi erano così difficili da capire, che a Hogwarts aveva visto un giocatore di Quidditch di corvonero il mese prima mangiare come un lupo e quello dopo mantenersi a stecchetto, che neanche una modella di Victoria Secret. Che senso aveva?.
    I maschi sono davvero stupidi.
    Ormai era da almeno un anno che questo pensiero albergava nella sua mente, come anche al 70%della popolazione femminile di Hogwarts tra i 14 ed i 16. Ormai era diventato così evidente che non poteva fare a meno di pensarlo ogni volta che le succedeva qualcosa di strano. Inciampava per la sala comune? Era colpa di un ragazzo che aveva lasciato il tappeto alzato. Trovava le pagine dei libri della biblioteca tutte stropicciate? Di sicuro qualche ragazzo aveva preso il libro prima di lei e non aveva fatto attenzione. Per non parlare di tutte le altre volte che non sto ad elencare perché probabilmente sarebbero infinite.
    Per questo Van sentiva l’estrema necessità di salvare suo fratello dall’essere messo per sempre nella lista nera dei maschi stupidi. Quindi decise di provare a chiederlo, nella speranza che la risposta fosse “NO, non l’ho fatto.”.
    “Ethan, dimmi che non hai nascosto gli M&M’s perché sei a dieta.”
    Affermò Nirvana cercando di ridere per far sembrare la situazione meno imbarazzante, anche se era inevitabile.
    In ogni caso, la licantropa prese il pacchetto e con un'alzata di sopracciglio che per lei voleva semplicemente dire:“Ma chi te l’ha chiesto?”, rispose a suo fratello con un semplice “Ok”, quando le disse che non voleva niente dalla cucina.
    Così, mentre lanciava il suo cappotto direttamente sull’appendiabiti, Van si fermò per ascoltare la cavolata di Ethan, che le fece assumere un’espressione a metà tra il contrariato e lo stupefatto. Ma che commento è.
    Non credeva alle sue orecchie, l’aveva sentito dire davvero una cosa così all’antica? Per una persona che, come Van, aveva vissuto gran parte della sua vita al negozio in cui lavorava la madre ed in cui passava ogni tipo di babbano possibile ed immaginabile, sentire quella frase le dava proprio sui nervi.
    “Come se giocare a basket fosse proibito solo perché è uno sport babbano. Ma quanto sei invecchiato? Siamo nell’800?”
    Tagliente. Van falciava anime ogni giorno andando in giro per la scuola ad esprimere i suoi pensieri senza avere un minimo filtro e non aveva problemi a fare lo stesso anche a casa. La sua opinione era quella più importante e nessuno riusciva mai a mettere una fine alle sue parole per quanto ci provassero. Anche quando finiva una discussione, per esempio quando i suoi la mandavano in camera sua a “riflettere sui propri errori”, lei continuava a borbottare tra sé e sé e molto spesso si convinceva di aver ragione, anche quando in realtà era palese che avesse torto.
    Però, da quando a tredici anni aveva provato quel senso di leggerezza, che ormai era diventata quasi una dipendenza, per essere riuscita finalmente a liberarsi dei suoi pensieri ed esprimerli a gran voce, non riuscì più a tornare indietro ad essere la ragazza pacata e timida da proteggere, al contrario lottava, parlava e si esponeva quando qualcosa non le tornava, forse anche troppo. L’unica eccezione era il suo gruppo di amici, che per lei sono state le prime persone, dopo l’incidente del morso, ad essere riuscite a tenerla salda alla realtà. Infatti, nonostante Van non fosse più d’accordo con le finalità del gruppo, visto che non reclutavano più le persone emarginate ma ormai erano diventati solo dei teppisti che andavano ad attaccare briga con ogni abitante del castello, non voleva lasciarli, perché ancora non era pronta psicologicamente a prendere le distanze da delle persone con cui aveva passato degli anni della sua vita ed aveva legato così tanto da poter rischiare di entrare in una rissa e prenderle di santa ragione per proteggere anche solo uno di loro. Ovviamente non tutti, perché le nuove reclute per lei erano dei tipi loschi da cui prendere le distanze, ma sicuramente i pochi rimasti della vecchia generazione, di quella originale, avrebbero potuto contare al 100% su di lei.
    Di conseguenza Van, riprendendo la calma, perché stava parlando con suo fratello e non uno dei suoi soliti compagni di scuola rintronati, decise di mangiare il primo M&M’s e di raccontargli quello che le avevano messaggiato alcuni del gruppo poco prima di entrare in casa. Tra l’altro, visto che erano entrati nella discussione Quidditch, non poteva non prendere il telefono per fargli leggere cosa le avevano mandato.
    “Ah! Cavolo! A proposito di Quidditch, sai che il capitano di Grifondoro ha picchiato due ragazzi del settimo l’altro giorno alla festa di natale? Che figata! Succede sempre tutto quando non ci sono.”
    Nirvana prese entusiasta a scorrere le chat accanto al fratello, soffermandosi anche ad alcuni video dove si vedevano solo un ammasso di teste ed alcuni ragazzi con il pugno alzato che mandavano in su ed in giù il braccio ma non si vedeva contro chi. Di sicuro però deve essere stata una bella scena per essere stata ripresa anche dai suoi compagni, visto che di risse ormai ne avevano viste abbastanza e non avevano bisogno di immortalarne altre.
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    “Oddio, deve essere sta… Nooooooo, si è ghiacciato! Hai visto? Qualcuno deve avergli tirato un incantesimo. No vabbé ora anche dei fuocherelli, sembra carnevale invece che una rissa.”
    Affermò Nirv mettendosi una mano davanti alla bocca per lo stupore, per poi cercare lo sguardo del fratello per vedere se era attento.
    “Beh, comunque mi sembra una bella motivazione per non giocare a Quidditch, no? Quello di sicuro mi boliderebbe in tre secondi… Ma poi guarda come è alto, di sicuro 1 e 90, come minimo, mi ingloba. ”
    Nirvana per la prima volta dopo i suoi tredici anni sentì un brivido di paura attraversare tutta la sua spina dorsale. Fronteggiare un ragazzo come lui? Pazzia. Facendo un rapido calcolo delle sue probabilità di sopravvivenza ad uno scontro corpo a corpo con Asa, il risultato era meno che zero, forse con la bacchetta aveva più chance di bloccarlo e scappare o forse anche di prevalere ma non ne valeva assolutamente la pena, avere un nemico così grosso non ne valeva la pena.

    « Rompono cosa, scusa? Le scatole? Quali? Quelle del trasloco che hai preparato quando ti ho dato una copia delle chiavi di casa? »
    Ormai, dopo diversi anni di conoscenza, Nirvana pensava che non fosse più il caso di ripetere quanto le desse fastidio il contatto fisico, che fosse una cosa del tutto appurata e che sapeva il mondo intero. Però era ovvio che a volte le persone, come suo fratello ed i suoi genitori, non potessero ricordarselo, perché erano gesti così naturali, che non potevano essere controllati, succedevano e basta. D’altro canto, anche quella sensazione, che le bloccava tutti i pensieri e le faceva aumentare il battito cardiaco fino a scoppiare in un urlo, neanche Nirvana riusciva molto a controllarla, anche se in quegli anni si era allenata abbastanza per riuscire a resistere almeno dieci minuti con piccole pause nel mezzo.
    “Dai…Eth, lo sai che mi dà fastidio”
    Però mettere un appunto, Van poteva di sicuro farlo, senza ovviamente fargli pesare la situazione. Tanto che si sciolse i capelli per poi riportarli in un pocchio, visto che Ethan glieli aveva tutti destrutturati, lanciandogli una breve occhiata truce.
    « Quindi sei arrivata qui come un uragano perché hai litigato con i tuoi? »
    Sveglio il ragazzo
    Nirvana si alzò a sedere, continuando a mangiare M&M’s per rilasciare la tensione. Sì, decisamente era lì per quello e riportare il litigio alla memoria la faceva ancora più arrabbiare, rispetto a quando era entrata in casa. Non potevano continuare a parlare di Quidditch? No, eh?.
    “Chi? Io? Nah… ti sbagli” Commentò Nirvana, cercando di sorvolare l’argomento anche se sembrava impossibile, visto che Ethan continuava con la sua teoria dell’essere scappata di casa… ed in effetti non è che avesse tutti i torti.
    “Sì, ok, dai, potrebbe e dico potrebbe, essere andata così.”
    Affermò Nirvana, guardando da tutt’altra parte fuorché negli occhi del fratello, che di sicuro in quel momento non voleva incrociare. Van sapeva che non era un comportamento consono o da persona matura andare via così, di botto, ma l’aria in quella casa era diventata decisamente pesante e le stanze l’opprimevano, come se la volessero spiaccicare. Per non parlare del fatto che voleva far sentire i suoi genitori in colpa per averle risposto male per aver preso soltanto una T, che non era neanche la prima T tra l’altro, per cui Nirvana non capiva proprio quale fosse il problema e perché dovessero essere tutti così arrabbiati.
    “Beh, puoi dirgli che sono andata in Islanda per quanto mi riguarda. E comunque io sinceramente non ho capito perché abbiano dovuto arrabbiarsi così tanto, ho preso solo una T, non è che cade giù il mondo o ho fatto iniziare l’apocalisse.”
    Van girò la testa di lato di scatto in modo orgoglioso, come se quella vicenda le avesse ferito l’animo e l’onore. Di sicuro anche se suo fratello in quel preciso momento le avesse spiattellato davanti la verità, lei non l’avrebbe accettata o comunque avrebbe fatto finta di non capirla. Primadonna mode on.

     
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