A Study in Scarlet

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    ORE 7.00 Quando il maggiordomo della famiglia Malfoy bussa sulla porta dell'ufficio di Draco è molto tardi. L'uomo è abituato a fare le ore piccole specie perché il suo esigente datore di lavoro tende a restare sveglio a tarda notte per lavorare. A cosa stia lavorando Draco Malfoy negli ultimi tempi è per molti un mistero, così come è un mistero per quale ragione sia diventato così irrequieto. Tra la servitù, diverse cameriere giurano di averlo visto perdere le staffe; alcuni sussurrano negli anfratti della casa dicerie di ogni sorta. Pare abbia tenuto molto attentamente d'occhio i suoi figli - c'è chi dice addirittura che Draco li fatti seguire per accertarsi di chissà cosa. Ultimamente è diventato paranoico e più scorbutico del solito; una reazione comprensibile, considerando che la moglie l'ha lasciato e vive altrove da diversi mesi. Uno degli elfi domestici giura di averlo sentito urlare dal suo ufficio diverse volte « Lo ammazzo, lo ammazzo, è la goccia che ha fatto traboccare il vaso. ». A cosa si stesse riferendo nello specifico e cosa lo avesse turbato così tanto negli ultimi mesi, a nessuno era chiaro. Certo è che quella notte, dall'ufficio di Malfoy Senior, si rigettò sull'intera magione uno spasmodico silenzio senza precedenti e quando il maggiordomo non ricevette alcuna risposta dopo diversi colpi sulla porta, tastato il pomello diverse volte, comprese che quest'ultima era chiusa a chiave. Un atteggiamento piuttosto consueto per un uomo che custodiva i propri segreti gelosamente.
    Un'attenta ricognizione della mattina successiva diede seguito a una macabra scoperta. Draco Malfoy venne trovato morto, rigettato sulle diverse carte su cui lavorava nel suo ufficio. Un omicidio che si lasciò dietro non poche tracce, a detta degli Auror che vennero chiamati non appena uno degli elfi domestici di famiglia trovò il corpo esanime. La macabra scena poi, risultò di una tale violenza da non sembrare nemmeno opera di un mago. Draco Malfoy non era stato messo a tacere da un'Anatema che uccide; il suo era stato un omicidio in pompa magna che avrebbe dato filo da torcere anche ai maghi più esperti. Una delle cameriere, fattasi il segno della croce, volse lo sguardo verso una delle altre sussurrando al suo orecchio con voce tremante « Ne avremmo da pulire per almeno una settimana. ». La giovane ragazza venne immediatamente zittita dal maggiordomo che, assicuratosi di aver chiamato gli Auror, aveva poi fatto chiamare anche i figli dell'ormai defunto Draco, così come la moglie. Nessuno di loro era presente nel vecchio maniero al momento dell'omicidio. E in cuor suo, l'uomo si disse che forse era meglio così. Nessuno di loro si meritava di assistere a quella scena.
    Mentre gli Auror continuavano a passare in rassegna la scena del crimine interrogando la servitù, il resto della famiglia venne attesa sull'uscio della porta principale dal maggiordomo, che li avrebbe accolti, spiegando loro la situazione nella maniera più lucida possibile. Orde di giornalisti si stanno ormai rigettando ai cancelli della magione; qualcuno deve aver mandato la soffiata ai principali giornali di tutto il Mondo Magico. « Avete tutta la mia solidarietà; io e il resto del personale restiamo a vostra disposizione per qualunque cosa dovesse servire ai fini delle celebrazioni funebri. Siamo profondamente addolorati per la vostra perdita. » Asserisce infine l'uomo, dopo aver spiegato tutta la situazione. Ed è allora che il corpo dell'ormai defunto Malfoy fluttua fuori dall'ufficio. Viene riposto con attenzione all'interno di una sacca nera, mentre ancora molti Auror continuano a vorticare in giro per la casa perquisendone ogni ancoglo da cima a fondo. Non ci sono dubbi; si tratta di un omicidio, e seppure Draco Malfoy si fosse fatto diversi nemici, quella sembrava più di una faida di ordine politico.

    Potete giocarvela come più preferite; reagire alla questione a caldo oppure fare un salto temporale di qualche ora/giorno e ruolarvela quando i vostri pg saranno più lucidi. Potete interagire con gli Auror, che in ogni caso non diranno molto sulle indagini, oppure parlare con i giornalisti. Qualora lo vogliate, potete anche far intervenire altri pg alla role, a patto che vengano chiamati in on sulla scena del crimine. Tutto è concesso, purché venga scritto.



     
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    L'acqua della vasca in cui era immersa era ormai fredda, al punto che la sua pelle era attraversata da piccoli brividi; brividi a cui nonostante tutto era insensibile. Era talmente gelida dentro che nemmeno si rendeva conto di quanto fosse fredda l'acqua. Si lasciò scivolare sotto il livello dell'acqua, trattenendo il respiro, mentre con gli occhi aperti osservava la superfice dell'acqua incresparsi. L'unica cosa che udiva in quel liquido era il battito del suo cuore e il ritmo del suo respiro. Suoni ritmici e ripetitivi che vennero spezzati dal suo urlo, un urlo che venne soffocato dall'acqua. Era la prima vera emozione che manifestava da giorni, da quando era stata costretta a correre a Malfoy Manor per scoprire che suo padre era stato crudelmente assassinato. Si era quasi burlata di quel richiamo alla casa paterna, chiedendosi quale stratagemma avesse inventato il padre questa volta per riportarla sotto il suo controllo. Draco infatti, non aveva mai fatto mistero del suo disaccordo con la decisione di vivere da sola. Aveva percepito che qualcosa non andava quando aveva scorto i giornalisti che affollavano l'ingresso protetto da alti cancelli; cancelli su cui il simbolo dei Malfoy spiccava con orgoglio. I flash l'avevano accecata mentre l'auto proseguiva sul viale alberato, la stampa aveva assaltato la macchina, scattando foto e facendo domande ad una velocità tale che non ne aveva compresa una. Qualcosa non andava. Aveva lo stomaco stretto in una morsa la ragazza, una sorta di presagio. Nell'esatto momento in cui la sua auto si fermò di fronte all'ingresso vide sua madre smaterializzarsi sugli scalini; una delle poche persone a cui le protezioni lanciate sulla casa permetteva di smaterializzarsi all'interno dei confini della proprietà. La comparsa di Scorpius non fece altro che stringere il suo stomaco in una morsa peggiore, quasi come se qualcuno le avesse tirato un pugno. Ci dispiace di informarvi, che questa mattina il signor Malfoy è stato trovato morto assassinato nel suo studio. Parole che ancora oggi tormentavano i suoi sonni. Da quel momento era diventata quasi insensibile, del tutto estranea a qualsiasi cosa la circondasse. Suo fratello aveva stretto la madre in un abbraccio, sorreggendola; come qualsiasi figlio avrebbe fatto. Vorremmo farvi qualche domanda se non vi dispiace. Dietro l'auror un taccuino incantato galleggiava nell'aria, pronto a prendere appunti. La serpeverde l'aveva preso in uno scatto fulmineo e lo aveva letteralmente fatto a pezzi, pagina dopo pagina; sotto gli occhi sconcertati della sua famiglia. Ignorando le molteplici voci che cercavano di farla ragionare si fece strada a passo di carica in quella che era la sua casa, la casa dei Malfoy. Solo la stretta di suo fratello le impedì di irrompere in quella che, a detta degli auror, era la scena del crimine. Le sussurrò brevi parole all'orecchio, convincendola che quello non era l'ultimo ricordo di suo padre che voleva serbare. Si era appoggiata contro il suo petto e aveva cercato respirare, ingoiando le lacrime e le urla che premevano per uscire; che sembravano divorarla dall'interno per vedere la luce. Solo il lieve gemito della madre la spinse a voltarsi, a tornare sui suoi passi; al fianco di Astoria. Da quel momento in poi, ogni avvenimento era stampato nella sua memoria; ogni parola e gesto si ripetevano in sequenza nella sua mente. L'ala principale della casa era stata posta sotto sequestro mentre la squadra auror proseguiva le indagini, mentre torchiava i dipendenti e portava via scatole e scatole di prove. Da quello stesso giorno era tornata a vivere in quella stessa casa che aveva abbandonata, decisa a far sì che nessuno la oltraggiasse. Si era ritirata in un'ala secondaria, veniva aperta raramente, solitamente per accogliere gli ospiti più cari ai Malfoy. Passava le sue giornate immersa nel suo mutismo, senza perdere di vista le mosse degli auror, ma guardandosi bene dall'intromettersi. I giornali nel frattempo sembravano letteralmente impazziti, impegnati nella ricerca dello scoop migliore; mentre le supposizioni sulla morte di Draco non facevano altro che arricchirsi di ora in ora. Per giorni furono costretti a vedere ciò che era rimasto della scena del crimine, il sangue ormai rappreso e tanto scuro da sembrare nero, mentre l'ufficio di suo padre era stato privato di ogni ninnolo e documento che avrebbe potuto aiutare a capire chi fosse il colpevole. Nell'esatto momento in cui ricevettero il via libera decise di sigillare quella stanza, fino a quando non avrebbe trovato il coraggio di varcare la sua soglia. Sua madre si era lasciata assalire da un mutismo peggio del suo, lo sguardo limpido era talmente vacuo da sembrare vitreo, mentre occhiaie scure accentuavano il suo dolore. La stampa non era stata clemente con lei, ma nessuno di quei giornali da quattro soldi poteva capire la profondità di quel dolore. Draco non era un uomo perfetto, l'aveva ferita più e più volte, eppure sua madre l'aveva sempre amato; a discapito della propria felicità. Aveva lasciato che fosse Scorpius ad occuparsi di lei, mentre Lyra la vegliava le poche volte che si permetteva di chiudere gli occhi. Aveva contatto i Mortimer, certa che avrebbero reso omaggio alle volontà di Draco.
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    Era ancora immersa nell'acqua quando un leve colpo alla porta la spinse a riemergere dalla vasca. « Miss Malfoy, i Mortimer sono arrivati... » Pronti a seppellire Draco Malfoy, a restituire le sue spoglie mortali all'abbraccio eterno. « Dì loro che scendo subito. » L'acqua sciabordò all'interno della vasca mentre si alzava, avvolgendosi in un morbido asciugamano bianco. La sua stanza era esattamente come l'aveva lasciata qualche mese prima e così era rimasta negli ultimi giorni. L'unica traccia del suo passaggio era l'abito nero appoggiato sul letto. Si preparò velocemente con l'ausilio della magia, decisa a non perdere altro tempo. L'abito di pizzo nero un tempo avvolgente e fasciante era ora leggermente grande, troppo morbido in alcuni punti, chiaro segno dello scarso appetito che ultimamente mostrava. Le guance erano più incavate del solito e un occhio più attento non avrebbe avuto difficoltà nel notare la spigolosità delle sue spalle. Era dimagrita Lyra, non in maniera drastica, ma abbastanza da spingere il fratello ad osservarla con severità quando la vedeva scansare il cibo nel piatto. Prima di abbassare la veletta di pizzo aprì il cassetto della sua toletta e sollevò un doppio fondo che aveva creato quando era una semplice adolescente viziata. Prese la piccola bustina trasparente e si lasciò scivolare sul palmo della mano una piccola pasticca. Farmaci che in passato le avevano permesso di affrontare un altro tipo di perdita e che ora le servivano per non crollare a pezzi; per arrivare alla fine di quella lunga giornata. « Mia madre? » Chiese alla cameriera, anch'essa indossava una livrea completamente nera, chiaro segno del lutto che aveva colpito la casa. « E' nel giardino d'inverno. » Il giardino d'inverno era sempre stata la sua ala preferita, era una sorta di serra completamente di vetro in cui anche d'inverno si poteva sentire l'odore della primavera. Al suo interno erano state sistemate la numerose corone di fiori inviate come segno di cordoglio e vicinanza. « Dille che la raggiungo subito. » Disse mentre si affrettava ad accogliere le onoranze funebri che si erano occupate di gran parte dei dettagli. Strinse le mani all'impiegata dei Mortimer, una sorta di assistente tutto fare che aveva segnato ogni sua parola, facendo da ponte tra lei e i signori Mortimer. « I signori hanno predisposto ogni coa come avete richiesto, come vostro padre voleva...aspettiamo solo voi per entrare nella cripta... » Dopo la morte dei suoi nonni, Lucius e Narcissa, Draco aveva fatto costruire una nuova tomba di famiglia; proprio all'interno di quella stessa proprietà. Tomba nella quale anche lui avrebbe riposato d'ora in poi. Ad un occhio esterno sembrava una semplice cappella, una riproduzione in scala del pantheon, ma una volta al suo interno si scendeva all'interno di una cripta scavata nella roccia e ricoperta di marmo bianco. Sul pavimento faceva bella mostra di sé il simbolo dei Malfoy, scolpito nel marmo verde del Guatemala. Lì, al centro della stanza era stata sistemata la bara di Draco, una bara nera ricavata dall'onice. Aveva visto la salma del padre la sera prima, quando i Mortimer l'avevano riportata finalmente a casa. Stentava a credere che quel corpo immobile e freddo partenesse a suo padre, ma quando si era avvinata per carezzargli il volto aveva ritratto la mano velocemente, quasi come se si fosse scottata. « Aprite pure le porte, io, mia madre e mio fratello arriveremo a breve. » Non si sarebbe messa alla testa di un corteo funebre, non avrebbe guidato tutti nella cripta, chiunque volesse rendere omaggio a Draco era più che ben accetto; ma tutto ciò di cui la ragazza aveva bisogno erano sua madre e suo fratello. Trovò il secondo inginocchiato di fronte alla madre, mentre la incoraggiava a seguirlo. Si inginocchiò anche lei di fianco a Scorpius, posando le mani su quelle di Scorpius e la madre. « Scorpius ha ragione mamma, dobbiamo andare... » Dobbiamo dirgli addio, piangerlo per poi chiuderci nel nostro dolore. Per poi smettere di dover accettare condoglianza e rammarichi da chi di Draco non conosceva assolutamente nulla. Si portò le mani della madre alle labbra, rammaricandosi di sentirle così fredde. « Aspettare non cambierà le cose...renderà solo più difficile lasciarlo andare. » E mentre pronunciava quelle parole sapeva di essere una bugiarda, di mentire spudoratamente. La morte di suo padre le si era aggrappata addosso, avvinghiandosi a lei con artigli profondi. Aspettava solamente un segno da parte di Astoria, un cenno; qualsiasi cosa potesse risvegliarla dallo stato catatonico in cui sembrava essersi rifugiata.
     
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    "La nostra morte non è una fine se possiamo vivere nei nostri
    figli e nella giovane generazione. Perché essi sono noi: i nostri
    corpi non sono che foglie appassite sull’albero della vita."

    Non conosceva più la donna che la stava fissando. Lo sguardo spento nascosto da lunghe ciglia colme di mascara. Percepiva i suoi occhi addosso, taglienti come centinaia di lame affilate. L'accusava di non aver fatto niente, di non essersi esposta abbastanza, di aver lasciato vincere gli altri, gli altri. Avrebbe voluto dirle di di smettere di guardarla così, che non era a causa sua se era finita in quel modo. Lei non aveva nessuna colpa. Quelle poche parole erano diventate una preghiera che recitava ad ogni ora. L'abito bianco le fasciava il corpo esile in modo così impeccabile da dare l'impressione di esserle stato cucito addosso. Osservò con calma struggente la trama dei merletti ricamati nel punto vita e dei migliaia di brillanti che le illuminavano il corpetto. Dei piccoli fiori bianchi le erano stati sistemati tra i capelli. Era bella, bellissima, ma questo non bastò a farsi perdonare dalla donna allo specchio, che continuava a guardarla in modo severo. «Signorina Astoria dobbiamo andare in chiesa adesso.» Il riflesso di Margaret, la balia che si era presa cura di lei fin da quando era in fasce, comparse nel vetro, alle spalle della giovane sposa. Sentì le sue mani gentili muoversi tra i capelli, delicate come il battito di ali di una farfalla. Ma lei non riusciva ancora a respirare. Aveva bisogno d'aria. «Ieri pensavo che avrei avuto un matrimonio felice. Ora mi sembra di essere presa dalla marea e spinta in mare aperto.» Draco Malfoy era il suo mare aperto. Ignoto. «Il mare porta in molti posti, tesoro. Forse troverai una riva migliore.». Desiderava crederle, con ogni fibra del suo corpo. Quando suo padre la accompagnò lungo la navata della chiesa le disse che era bellissima. Più tardi, al cospetto di Dio e di centinaia di invitati, giurò di essere la moglie devota di Draco Malfoy finchè la morte non li avrebbe separati. [...]
    Infondo, Margaret aveva avuto ragione. Quel mare in tumulto, quello nel quale Astoria aveva creduto di dover essere intrappolata per l’eternità, si era gradualmente pacato, con straordinaria lentezza come se desiderasse far passare quel cambiamento in modo inaspettato. Il cielo aveva iniziato a schiarirsi, con pigrizia, ed il placido dondolare delle onde l’aveva cullata fino a spiagge più sicure nelle quali mai avrebbe pensato di approdare. Il relitto di una nave. Con il tempo aveva imparato ad amare quell’uomo che un giorno di tanti anni fa era apparso nel salotto di casa sua, fiancheggiato dai suoi genitori che non vedevano l’ora di concludere un accordo con i Greengrass. Aveva amato tutto di lui, i suoi pregi e le sue mancanze, il suo chiamarla per nome e il suo modo impacciato di cercare la sua mano anche quando non si trovavano in pubblico. Erano due ragazzini non troppo avvezzi alle tenerezze e che avevano finito per cercarle l’uno nell’altra, tentando in un modo assai bizzarro di colmare un vuoto che si era scavato nella loro fragile anima. A volte si era chiesta se tutto quello fosse accaduto veramente, se non fosse stato solo un sogno, un falso ricordo creato dalla sua mente e che ora custodiva con gelosia senza volerlo condividere con qualcuno.
    Perché un giorno anche quei difetti ai quali non aveva dato peso si erano ingigantiti riempendo la sua testa, diventando ingombranti, difficili da non notare anche con una benda sugli occhi. Le bugie e i tradimenti avevano schiacciato con prepotenza quei ricordi più belli, lasciandola sola, strappandole via la vita che ingenuamente aveva pensato di poter vivere per sempre. Amareggiata e ferita, si era aggrappata a ciò che aveva di indubitabile e di più caro, provando a curare i lividi con l’amore per i loro figli, impacchi lenitivi che le davano sollievo. Avrebbe voluto tenerli con sé per sempre a curare i suoi mali, innocentemente convinta che bastasse quello per far da collante ad una coppia che ormai stava andando in pezzi. Ma, con dolore, aveva capito che non poteva caricare su Scorpius e Lyra quel peso, la responsabilità di dover tenere in vita il matrimonio dei coniugi Malfoy. Anche Astoria aveva le sue colpe. Infinite, imperdonabili, vergognose colpe. Avrebbe sempre provato affetto per Draco. In fin dei conti era l’uomo con cui aveva vissuto insieme per più di vent’anni e che le aveva regalato la gioia di diventare madre. Quando aveva deciso di andarsene di casa, quando aveva stabilito che sarebbe stato positivo per entrambi concedere alla vita una seconda possibilità, gli aveva chiesto di non dimenticarla e che anche lei avrebbe fatto lo stesso. Anche se in posti diversi sarebbero sempre stati la famiglia in cui i suoi figli avrebbero sempre trovato un rifugio sicuro. [...]
    Erano passati due giorni dal momento che aveva stravolto per sempre le loro vite, dall’attimo in cui Draco Malfoy era stato rinvenuto privo di vita all’interno del proprio studio al Maniero dei Malfoy. Astoria era seduta alla scrivania quando due Auror erano entrati nel suo ufficio, chiedendole di seguirla. Quando aveva chiesto loro il motivo, i due uomini si erano scambiati un’occhiata fugace, rispondendole che doveva recarsi immediatamente al Maniero. Lei aveva eseguito, prendendo il cappotto e scendendo a passo rapido verso l’Atrio del Ministero, diretta ai camini che l’avrebbero portata in paese dove si sarebbe potuta Smaterializzare. Aveva pensato a tante cose, in quel momento. Forse c’era qualcosa che non andava coi ragazzi, con la scuola. Si era costretta a non immaginare gli scenari peggiori, quelli che ogni madre pensa quando succede qualcosa del genere. Aveva provato a contattare Draco, mandandogli un messaggio e chiedendogli se avesse avuto notizie di Scorpius e Lyra. Il messaggio vocale fu inviato nemmeno un minuto prima da quando la donna si Materializzò al Maniero dei Malfoy. Il suo sguardo fu richiamato verso la folla all’ingresso dai flash dai quali fu costretta a coprirsi gli occhi con la mano. Nel momento in cui vide Lyra scendere da un’auto e Scorpius apparire accanto a lei il suo cuore ebbe un tuffo per il sollievo. Stavano bene. Ciò che non si aspettava fu ciò che venne comunicato loro dopo aver messo piede dentro casa. Ci dispiace di informarvi, che questa mattina il signor Malfoy è stato trovato morto assassinato nel suo studio. Fu come se qualcuno le avesse scagliato addosso un incantesimo con una violenza tale da scaraventarla dall’altra parte della stanza. Lo sentì chiaramente. Il rumore che fece quella notizia esplose nelle sue orecchie come un colpo di arma da fuoco. Le sue esili gambe avevano ceduto sotto il peso schiacciante di quella notizia. Aveva percepito le braccia di suo figlio stringerla, sorreggerla, e lei gli si aggrappò addosso, con tutte le sue forze per non crollare. Davanti ai suoi occhi offuscati dalle lacrime, Lyra stava facendo a pezzi il taccuino di qualcuno. La vide scappare verso il corridoio che portava nello studio del padre e in quel momento pensò che no, non doveva farlo, non doveva vederlo. Scorpius parve leggerle nel pensiero. Scivolò via da lei inseguendo la sorella. La Greengrass era immobile, le mani poggiate, premute sul ventre coperto dall’ampio cappotto e i conati di vomito che sembravano non darle pace. A passo incerto aveva raggiunto i suoi figli e li aveva stretti a sé, così forte come non aveva mai fatto prima d’ora. Da quel momento i suoi ricordi erano offuscati. L’unica cosa di cui riusciva a preoccuparsi era che i suoi figli fossero accanto a lei. Si era fatta premura di contattare Aleksandr, di assicurarlo sulle sue buone condizioni fisiche, di dirgli che i suoi bambini avevano bisogno di lei e che nonostante lo desiderasse lì con lei non era giusto per entrambi. Erano più che consapevoli che da quel momento la stampa avrebbe provato in tutti i modi a scovare qualsiasi cosa interessasse la loro relazione, a prenderla e ad usarla contro di loro. Sapeva che non sarebbero stati clementi con lei e per quanto poteva desiderava solo tenerlo, tenerli, al sicuro, ancora per un po’. Tutto ciò che doveva fare era restare accanto ai suoi figli, essere forte per loro, ripetergli che sarebbe andato tutto bene e che la loro mamma sarebbe sempre stata lì con loro. Era stata Cécile ad aiutarla a vestirsi, a pettinarla, ad accorgersi che qualcosa era cambiato in lei, qualcosa che con lo sguardo Astoria la implorò di non fare domande, ma che forse in poco tempo sarebbe diventato il chiacchiericcio tra le domestiche. Le era sempre piaciuto il giardino d’inverno. Era il luogo dove trovava sempre la pace. Quella volta, però, la voce nella sua testa sembrava non volerla lasciare in pace neppure là dentro. Forse sarebbe ancora vivo se tu non te ne fossi mai andata. Il suo labbro inferiore tremò impercettibilmente. Forse avresti potuto sentire qualcosa ed entrare in tempo. Aveva smesso di contare i minuti. Il tempo era improvvisamente divenuto un concetto astratto che chiunque avrebbe potuto modellare a proprio piacimento, con il semplice uso delle mani, allungandolo fino a farlo divenire una linea sottilissima, traslucida, o accartocciandolo in una figura dagli angoli smussati, come la creata plasmata dalle mani inesperte di un bambino. Sapeva che se solo avesse provato ad afferrarlo, questo si sarebbe tramutato in tanti microscopici granelli di sabbia impalpabili, impalpabili, in grado di sfuggire via dalle sue dita. Provare a raccoglierli, a rimetterli insieme dando loro un senso logico, avrebbe solo contribuito ad aumentare il suo profondo senso di frustrazione. Ci aveva provato, ma era risultato vano. In quel momento Astoria si accorse che non sentiva niente, come se, tutto a un tratto, suoi sensi non fossero più connessi al mondo circostante. La mente fluttuava in mare aperto, dove si faceva trasportare dalle onde, galleggiando -galleggiando-, in balia della marea. Scorpius era davanti a lei, le mani sulle sue. Il silenzio era ciò che là dentro avevano trovato dopo due giorni di solo brusio. Giornalisti, Auror. Solo chiacchiericcio, domande ed un funerale da organizzare. Silenzio. Altre mani si unirono alle loro. « Scorpius ha ragione mamma, dobbiamo andare... » Glielo leggeva dentro, ad entrambi. Quel dolore così insaziabile da nutrirsi di loro senza pietà. Avrebbe voluto prenderlo e strapparglielo via, tenerlo solo per sé. « Aspettare non cambierà le cose...renderà solo più difficile lasciarlo andare. » Il suo sguardo si spostò prima su uno poi sull’altra figlia e viceversa. In quel momento di dolore stavano facendo più loro per lei che lei per loro. Lei che dal primo momento che li aveva stretti tra le braccia aveva promesso di proteggerli da tutto il dolore del mondo. Lei doveva reagire. Si sporse in avanti, cingendoli per le spalle, stringendoli entrambi nel medesimo abbraccio e posando la testa tra le loro chiome bionde. «Scusatemi..» Se non sono stata forte. Se sono crollata. Se non sono stata all'altezza. Se non ero qui ad impedirlo. La sua voce parve un sussurro. Emise un lungo sospiro stringendo anche le loro mani. «Andiamo.» Si alzò in piedi, senza lasciare le loro mani, procedendo verso la Cappella di famiglia fuori dalla quale si sarebbe svolta la cerimonia. [...]
    Il funerale si era svolto nel giardino davanti alla cripta. I Mortimer avevano subissato il giardino di splendide rose bianche, poste numerose anche sopra la bara. Faticava ancora a pensare che il corpo immobile e freddo di Draco si trovasse lì dentro. La testa bionda adagiata su un cuscino di seta, il tempo che si era fermato sul suo viso, lì dove da qualche tempo erano comparse delle piccole rughe. Non sarebbe più invecchiato. Sarebbe rimasto così per sempre. Nessuno lo avrebbe mai immaginato. Ora anche il suo corpo avrebbe trovato pace accanto alla sua famiglia. Ricordava che, dopo la morte dei genitori, Draco era solito vagare in quel luogo, lasciando che lo sguardo scivolasse con pigrizia sui nomi dei suoi antenati, quasi si aspettasse di accorgersi, all’improvviso, di un particolare al quale non aveva mai fatto caso. La bizzarra forma di una lettera, l’angolo di una foto rovinata. Chiuse gli occhi, sospirando. Lei, Scorpius e Lyra erano seduti in prima fila, le mani strette l’una con l’altra. Non le aveva mai lasciate. Fuori dalla sua bolla le persone parlavano. Lo facevano sottovoce, come se avessero paura di svegliare un infantile che dormiva nella stanza accanto. Di tanto in tanto, più spesso di quanto avrebbe voluto, qualcuno le passava accanto posandole una mano sulla spalla e facendole le sue condoglianze che le scivolavano addosso come una carezza gentile che però non era in grado di percepire. I Mortimer avevano pensato a tutto, anche ad allestire il ricevimento lì, nell’ala ovest, quella più lontana dall’ufficio del defunto capofamiglia. Aveva apprezzato quell’accortezza, quella piccola sagacia che avrebbe scongiurato a probabili curiosi di ficcanasare in giro. Fece scorrere lo sguardo sull’enorme salone, sulle persone presenti, tra cui quella che le era stata presentata come la figlia di mezzo del signor Mortimer, una ragazzina dai capelli dal colore insolito, che si muoveva ai lati della stanza sistemando i fiori passando inosservata. Si mosse verso un tavolo, afferrando tra le dita un bicchiere d’acqua. Ne bevve un sorso, umettandosi le labbra. Tra poco sarà tutto finito.
     
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    L'ennesima notizia sconvolgente aveva stravolto in un batter d'occhio l'equilibrio della piccola famigliola Potter-Carrow. Era una domenica uggiosa e pigra; i bambini non si erano ancora svegliati quando Mun decise di scendere dal letto controvoglia, posando un leggero bacio sulla spalla della dolce metà dai capelli arruffati. « Preparo il caffè. » Disse solo stiracchiandosi ancora assonnata, godendosi il silenzio mattutino che sapeva già sarebbe stato rotto da un'invasione di urletti, schiamazzi e lamentele. Osservò per un istante Albus, sorridendo tra se e se colta da un'improvviso senso di tenerezza che espresse attraverso un lungo sguardo colmo di affetto. Non capitava spesso che potessero restare a letto fino a tardi, specie di quei tempi, ma quando accadeva, il risveglio appariva più dolce e tenero. Gettatasi addosso la vestaglia blu notte, venne colta dalla curiosità di strappare un veloce fotografia mentale delle stanze dei suoi piccoli che dormivano ancora beatamente. Richiuse le porte di entrambe le stanze silenziosamente, inumidendosi le labbra lungo il tragitto verso il piano inferiore. Potevano dormire ancora - e il suo non era del tutto puro spirito di sopravvivenza. Scesa di sotto, un magnifico gufo dalle piume argentate consegnò in fretta e furia la posta di fronte alla porta finestra che dava sul giardino, volando via dopo essersi abbeverato a dovere. Ancora un po' intontita dal troppo sonno di bellezza che si era concessa, Mun sbadigliò sonoramente mettendo su il caffè e roteando la bacchetta affinché lo spremiagrumi iniziasse il suo rituale mattutino senza alcun ausilio. Di lì a poco l'umore sarebbe cambiato. Scorrere la posta di quei tempi era diventato più che un semplice dispiegare il giornale e passare in rassegna qualche bolletta o invito per questo e quell'altro evento. Albus e Mun si erano guadagnati uno status del tutto nuovo. Col gruppo editoriale attivo a pieno ritmo, casa loro era diventata un via vai di gufi. Nonostante avessero concordato che il lavoro restava a Cherry Island, capitava piuttosto spesso che alcuni messaggi giungessero direttamente a casa loro. Quelli di quella mattina comprendevano l'edizione domenicale del Gruppo Peverell più un'altra montagna di giornali, riviste e lettere. Una in particolare attirò la sua attenzione. Era un anonimo pezzo di pergamena arrotolato all'interno di un sottile spago color cremisi. Vuoto. Solo quando Mun vi passò le sottili dita sopra, toccando la pergamena con la propria bacchetta, le poche righe scritte in una calligrafia elegante comparvero sotto i suoi occhi. "Draco Malfoy è morto stanotte nella villa di famiglia." Nessuna notizia era stata ancora riportata sui giornali. Immaginò che da lì a poco un'orda di giornalisti si sarebbe riversata ai cancelli del maniero della nobile casata dei Malfoy. Un groppo alla gola la portò a deglutire pesantemente, sporgendosi verso le scale per chiamare Albus di sotto. Versate due tazze abbondanti di caffè gliene allungò una assieme al biglietto. Lo sguardo di apprensione, divenne quasi ansiogeno, mentre pensava già a Scorpius e Lyra. Non poteva empatizzare pienamente con la perdita di un padre, ma nonostante questo sentiva comunque un velo di tristezza e compassione nei confronti della famiglia Malfoy, che al di là di tutto le suscitava una smisurata compassione. Perdere le spalle su cui si posa un'intera famiglia è sempre destabilizzante. Non sapeva come comportarsi di preciso; seppure i Carrow e i Malfoy fossero da sempre in ottimi rapporti, Mun non sembrava essere in grado di valutare lucidamente i passi da fare senza risultare invadente o ipocrita. Dovremmo esprimere la nostra vicinanza ai nostri amici e alla signora Malfoy. Ma noi sappiamo cosa ha fatto Draco. Sappiamo chi era Draco.. Una situazione scomoda, specie quando si era a capo di una piccola fetta del mercato dell'informazione che si era posto come obiettivo fare la differenza offrendo una prospettiva differente sulle notizie del mondo magico. « Qualcuno dovrà occuparsi.. della notizia. » Asserì infine in maniera macchinosa e sconsolata volgendo lo sguardo fuori dall'ampia finestra che dava sul giardino. E qualunque cosa verrà scritto sarà sbagliato, indelicato nei confronti della famiglia oppure contro i principi del Gruppo Peverell « Chiamo il fioraio per preparare una corona. » Un rituale impersonale e freddo, che tuttavia sembrò l'unica consuetudine a cui riuscì ad appigliarsi per non farsi domande né sul come era successo, né sul come si sarebbe comportata. [...] Più tardi sono in veranda. I bambini scorrazzano allegramente oltre il porticato mentre Albus e Mun siedono in veranda leggermente infreddoliti con una tazza di tè in mano per uno. Anche Garrett, uno dei loro reporter ne ha una tra le mani. Per tatto ha deciso di non mandare ancora nulla alla famiglia, in attesa che la notizia diventasse di dominio pubblico. Sarebbe stato poco delicato. « L'hanno trovato in una pozza di sangue nel suo ufficio. La casa pullula ancora di Auror. » « E non si sa nulla in merito? » Garrett scosse la testa stringendosi nelle spalle, gettando uno sguardo eloquente ai due. « Qualunque cosa sia successa là dentro è una storia brutta. Malfoy aveva un sacco di nemici, ma aveva altrettanti amici potenti. Dubito fortemente che la squadra del regime si è del tutto disciolta. » Certo che non si è disciolta. « A maggior ragione ora, dopo la vittoria del Progetto Minerva, con l'Astra in ginocchio. » Gettarono diverse ipotesi sul piatto per tutto il pomeriggio senza giungere a grandi risposte. Di una certa Garrett sembrava essere certo: si tratta di omicidio. E ultimamente un omicidio in pompa magna non è mai solo un omicidio. [...] Quella sera, dopo aver raccontato la storia della buonanotte a Lily e Jay, Mun cadde pesante sul divano in salotto accanto ad Albus, allungando le gambe sul tavolino da caffè. Percepì nettamente l'aura satura di pesantezza, motivo per cui sollevò lo sguardo verso il pallido volto del giovane Potter ripercorrendo a memoria le linee di inchiostro nero che conosceva ormai a memoria sul avambraccio di lui. Sbatté le palpebre un paio di volte, tentando di carpire il suo stato d'animo mentre un pensiero del tutto irrazionale la costrinse a stringere le sue dita con fermezza. La mente sembrò distaccarsi dalla dimensione corporea per qualche istante, volando lontano tra le pieghe di ricordi ovattati, là dove si celava la figura di Astoria Malfoy esattamente come se la ricordava. Fiera al fianco del marito, con due bei ragazzi biondi che sedevano al loro fianco. E lì, sul momento, per un istante la figura di Draco scomparve dalla fotografia mentale che si era fatta, lasciando Astoria da sola. Istintivamente la mora avvolse un braccio attorno al torso di Albus, aggrappandosi alla figura di lui in una morsa morbosa. « Io non so cosa farei senza di te. » Quelle parole giungono all'improvviso, mentre corruga la fronte posando il mento contro il suo petto. Forse non vale molto alla luce della facilità con cui ho dimostrato di essere pronta a gettare la spugna, ma è così. Senza di te non riesco a respirare. « Draco Malfoy non era uno qualunque.. » Come tanti altri. Tanti altri che abbiamo visto cadere negli ultimi anni. « Le persone attorno a noi continuano a cadere.. io.. io non voglio nemmeno pensare a.. » ..al fatto che prima o poi potrebbe accadere a qualche nostro caro. A qualcuno a cui ci teniamo davvero. Non voglio pensare al fatto che potrebbe essere uno di noi. Quella notte Mun dormì incollata al fianco del suo futuro sposo, aggrappandosi con le unghie e i denti al senso di equilibrio che quel contatto riusciva a donarle.
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    A sguardo basso osserva i volti tetri con aria assente. Stretta in un tubino nero dalle linee morbide, giocherella con una rosa bianca che attende di posare sulla tomba dell'ormai defunto Draco Malfoy. Nessuno parla; il giardino di casa Malfoy sembra essere sospeso nel tempo dietro una pesante cortina di fumo tetro che impedisce il godimento della bellezza dei luoghi dell'infanzia di Lyra e Scorpius. La piccola Carrow avverte una leggera morsa allo stomaco. Non ha pranzato. L'idea di partecipare a un altro funerale le ha tolto l'appetito mettendola nelle condizioni di dimenticare di supplire ai bisogni fisiologici necessari alla sussistenza. E' pallida e leggermente e spenta mentre si alza in piedi grattandosi insistentemente l'avambraccio, là dove una serie di nuove ingarbugliate linee nere confluiscono a formare un inedito contorto arcano, pegno della permanenza per diversi giorni in un altro mausoleo - quello della sua di famiglia. Per un istante lo sguardo corre su quello che le appare come un palese inestetismo di cui nessuno sembra essersene accorto al di fuori di Albus. Giunto il momento degli ossequi Mun si avvicina alla pregiata bara, posando la rosa al di sopra di tante altre, captando lo sguardo di diverse presenze funeste che osservano con disincanto e disapprovazione la sua presenza e quella di Albus in quella circostanza. Forse quello non è il loro luogo; in altre circostanze sarebbe stata la prima a restarne ai margini, ma Draco Malfoy non era solo uno degli ex mandanti del Regime. Era anche un padre, e anche uno di due dei suoi amici d'infanzia. Mentre segue le orde di invitati dirigersi verso il ricevimento si stringe al braccio di Albus, rivolgendo un timido sorriso in direzione di Ginny e Harry, a loro volta presenti all'evento, salutandoli con un cenno del capo. Il mondo magico al completo sembra essersi mobilitato per quell'evento. Da quando la notizia era uscita sui giornali, le voci su quanto accaduto erano circolate alla velocità della luce. C'era chi giurava che si trattasse di una faida finanziaria e chi invece era certo che si trattasse di un delitto passionale. Mun non sapeva cosa pensare. Negli ultimi anni aveva partecipato a troppi funerali per riuscire a distinguere un semplice evento sventurato da una strana consecutio degli eventi che si lasciava dietro una lunga scia di cadaveri. Infine individuò la famiglia Malfoy in mezzo alla folla; lo sguardo corse ancora una volta sulla figura di Astoria. Per una ragione che non riusciva a spiegarsi razionalmente, aveva interiorizzato sin troppo il dolore che immaginava dovesse provare la donna. La prima cosa che fece, avvicinatasi al piccolo nucleo privato dalla presenza di Draco, Mun gettò le braccia al collo di Scorpius abbracciandolo con gentilezza. « Mi dispiace tantissimo. » Disse in un sussurro all'orecchio di lui prima di carezzargli il braccio con affetto, sfilandosi dall'imbarazzo di guardarlo negli occhi per osservare il volto tetro della giovane signora Malfoy. « Signora Malfoy, da parte di tutta la nostra famiglia ha tutta la nostra solidarietà. Qualunque cosa dovesse servirle può contare su di noi.. » Gettò uno sguardo alle proprie spalle. Anche sua madre, Sagitta Carrow, e la nonna, Delfine Rosier, attendevano di poter esprimere il proprio dispiacere. « Sono certa di poter parlare per tutta la mia famiglia quando dico che le siamo vicino per qualunque cosa. » Anche per i Carrow. E i Rosier. Le concesse un cenno del capo con un che di rituale prima di volgere lo sguardo verso Lyra, posando le dita fredde sul avambraccio di lei. La prese appena in disparte gettandole uno sguardo per quanto possibile rassicurante. « Volevo chiamare.. ma non mi sembrava molto.. » ..consono. Si stringe nelle spalle e sospira. « So come ci si sente.. » ..purtroppo non posso dire che per me è stato altrettanto doloroso. « Semmai dovessi aver bisogno di parlare con qualcuno, chiamami.. mi farebbe piacere.. recuperare.. » ..in un modo o nell'altro.


     
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    C'era stato un tempo in cui, per Albus, le domeniche non passavano mai. Troppo lente, troppo noiose, non c'era nulla da fare. Da ragazzino aveva sempre odiato quel giorno della settimana che si traduceva o in lunghi pranzi di famiglia o nel triste ozio del castello. Tuttavia, da un po' di tempo a quella parte, e specialmente da quando aveva iniziato a lavorare al Gruppo Peverell, le domeniche avevano improvvisamente assunto un'importanza fondamentale nella sua vita. Aspettava tutta la settimana per assaporare quella tanto agognata sensazione di breve panico che ti fa aprire gli occhi all'improvviso, timoroso di essere in ritardo, solo per poi essere sostituita dalla profonda soddisfazione di rendersi conto che non hai nulla da fare e puoi permetterti di dormire un altro po'. Che poi, se un tempo il suo concetto di dormire a lungo poteva estendersi finanche alle prime ore del pomeriggio, adesso Albus vedeva come un gran lusso l'idea di svegliarsi alle otto di mattina; ma per quello erano bastati i bambini - nulla ti cambia le prospettive e le abitudini come un neonato a cui badare.
    Era già sveglio quando sentì la voce di Mun chiamarlo dal piano di sotto. Steso a letto, fissava il soffitto a mente completamente sgombra, crogiolandosi tra le coperte nel silenzio mattutino. Dalle tapparelle filtrava solo un raggio di luce tenue ad illuminare la stanza di luce soffusa, evidenziando il pulviscolo lì dove il cono dei raggi tracciava la propria traiettoria. Prese un respiro profondo, dandosi la spinta per mettersi a sedere e strofinarsi gli occhi ancora gonfi dal sonno. « Dai.. » disse sottovoce a se stesso, quasi a darsi coraggio per scivolare con le gambe fuori dal tepore delle coperte e mettersi in piedi, raggiungendo il piano inferiore. « Buongiorno. » disse, con un sorriso ancora assonnata, avvicinandosi a Mun per scoccarle un bacio sulla guancia. Tuttavia la faccia di lei sembrava tutto tranne che rilassata, portandolo ad entrare immediatamente in allarme e a fissarla guardingo con tanto di fronte aggrottata. Non era la faccia di quando era incazzata con lui - il che era un bene - ma più quella di quando le sorgeva una preoccupazione. « Mh..oppure no? » azzardò, prendendo un sorso dalla tazza di caffè che lei gli aveva preparato e buttando un occhio sul pezzo di carta passatogli con essa. Le iridi del giovane scorsero velocemente tra le righe, mutando presto colore in un grigio opaco dalla sfumatura triste. « Non ci credo. » fu il suo primo commento, espresso in un soffio. Sollevò gli occhi ormai vigili e sgranati in quelli di Mun, quasi a chiederle conferma di quella notizia. Per quanto Albus fosse ormai abituato ad essere circondato da morte, c'erano alcuni punti fermi nella sua vita che ai suoi occhi sembravano essere granitici e immutabili; Draco Malfoy faceva parte di quella schiera di certezze, di quelle entità sempiterne che si dà quasi per scontato faranno sempre parte della propria vita in un modo o nell'altro. Eppure in quel momento c'era solo un'equazione nella sua testa: quella che equiparava Draco Malfoy a suo padre. Un'equazione introdotta dal pensiero immediato che rivolse al proprio migliore amico. Scorpius ha appena perso suo padre. Come avrebbe reagito, lui, al suo posto? Come avrebbe affrontato una simile perdita? Sembriamo dare quasi per scontato che i nostri genitori ci saranno sempre, che non gli succederà mai nulla, ma non è così. Un giorno ci sono e l'altro..chissà! Non importa quali siano le circostanze, se se ne vadano di morte naturale o non. La vita può estinguersi da loro come da chiunque altro, in qualunque momento. E prima che ce ne rendiamo conto, il tempo è scaduto. Il giovane Potter sembrò bloccarsi a quel pensiero. Il tempo è scaduto. La frase rimbombò nella sua testa come il rumore di un pallone che rimbalza in una palestra vuota. Albus e Harry non si parlavano dal giorno in cui Byron era stato arrestato. Deglutì, tirando su col naso mentre ripiegava velocemente il pezzo di pergamena e si affrettava a mandare giù un altro sorso di caffè: sarebbe stata una giornata più impegnativa del previsto. « Qualcuno dovrà occuparsi.. della notizia. » Annuì velocemente. « Me ne occuperò personalmente. Voglio che la situazione venga gestita con il massimo del tatto. » Eppure lo sapeva, che non sarebbe stato facile, perché Draco Malfoy non era morto di arresto cardiaco: era stato assassinato, e un evento di questo tipo tende a portare a galla tutta la polvere nascosta sotto al tappeto. « Chiamo il fioraio per preparare una corona. » « Vado a fare qualche chiamata. »
    Di fatto la sua giornata fu occupata per metà proprio da quello: chiamate. In primis a Scorpius, a cui manifestò la propria solidarietà, rendendosi disponibile per qualunque cosa volesse o necessitasse. Poi fu il turno di Victoire e Dash, a cui diede l'ingrato compito di maneggiare la faccenda. In seguito vennero tante altre chiamate di lavoro: il Gruppo Peverell era chiaramente in subbuglio, ansioso di dare la notizia e di capire come gestire uno dei primi grossi scoop dalla propria apertura. E poi si mise semplicemente il cappotto, smaterializzandosi alla volta di Godric's Hollow. [..] Faceva freddo, e i silenzi sembravano acuire ulteriormente quella sensazione di gelo alle ossa. Harry e Albus passeggiavano fianco a fianco per le stradine del villaggio, accompagnati dal solo rumore dei propri passi nella neve e da quei respiri che uscivano dalle loro labbra bluastre in piccole nuvolette di condensa. « Al Gruppo... » disse a un certo punto, a voce e occhi bassi « ..al Gruppo ho dato l'ordine di non presentarsi al funerale. Né telecamere né giornalisti. » Fece una pausa, voltando appena lo sguardo in direzione del padre. « Ho fatto bene? » In cuor suo credeva di sì, almeno a livello umano. Ma forse aveva ragione Mun. Forse non sono tagliato per gli affari. Certo, i miei non ci saranno, ma tutte le altre testate sì. Praticamente è stato come dare una pistola carica ai miei concorrenti. « Onestamente? » Un'altra pausa. Harry guardava dritto di fronte a sé, ma a un certo punto si strinse nel cappotto, scoccando uno sguardo al figlio con un tiepido sorriso. « Avrei fatto la stessa cosa. » Fu un istante, quello in cui i due si guardarono e, dopo diversi tempi, condivisero nuovamente tra loro un sorriso sincero. Non c'era bisogno che Albus gli dicesse quali pensieri gli passassero per la testa: Harry li aveva già capiti. Bandiera bianca. Era sempre stato così il loro rapporto: non si capivano, ma in qualche maniera si comprendevano più di chiunque altro, forse perché intrinsecamente troppo simili. Sospirò, il giovane, riportando lo sguardo di fronte a sé. « Subiremo delle perdite per questa scelta. » Altro silenzio. « È vero. Ma suppongo che l'alternativa ti sarebbe costata di più. » Mi sarebbe costata l'amicizia di Scorpius. Tirò un sospiro, stringendosi nel cappotto per fronteggiare la ventata gelida che percorse la strada. « Hai agito seguendo la tua etica: non c'é nulla di sbagliato in questo. Non saresti riuscito a perdonarti, altrimenti. Ma ti conosco abbastanza bene da sapere anche che non saresti comunque stato capace di fare diversamente. » No, non ne sarebbe stato capace. Non voleva diventare quel tipo di persona. « Ma oggi era facile. Relativamente, ma lo era, perché la situazione mi toccava da vicino: Draco è - era - il padre di Scorpius. Ma se non lo fosse stato? Se al suo posto ci fosse stato qualcuno di cui non mi importava nulla o che addirittura biasimavo? Avrei mostrato la stessa accortezza? » Prese un profondo respiro, concedendosi una pausa in quel discorso. « Ho agito secondo coscienza oppure ho solo fatto un favoritismo? » Qualcuno la vedrà così. E in realtà mi sono già preparato a riceverla, questa critica. Lo so cosa si dirà in giro: che ho riservato un trattamento privilegiato ai Malfoy in virtù dell'amicizia che mi lega a Scorpius e che quindi, sotto sotto, sono esattamente ciò contro cui vado predicando. E se lo fossi sul serio? Mai nella mia vita ho immaginato che mi sarei trovato di fronte a simili responsabilità, a simili dilemmi. Ogni mia mossa è potenzialmente sbagliata, ogni mia scelta andrà necessariamente a tradire un principio oppure un altro. « Questo puoi saperlo solo tu. Ma se devo dare il mio parere.. » Albus lo guardò, ricercando la continuazione di quella frase « ..non sei uno sciacallo, Albus. » Sollevò velocemente le sopracciglia, stendendo le labbra in una linea che aveva solo la parvenza di un sorriso. A quel punto affondò le mani nelle tasche, rivolgendo lo sguardo di fronte a sé e scuotendo leggermente il capo. « Speriamo che non sia la mia rovina. » Per alcuni lo è stata. [...] « Io non so cosa farei senza di te. » Sospirò, avvolgendo un braccio intorno alle spalle di Mun e stampandole un bacio sulla tempia. Era distratto, immerso nei suoi pensieri da quando aveva appreso della morte di Draco Malfoy. Avrebbe voluto dirle che non si doveva nemmeno porre il problema, ma a quel punto sarebbe stato un'ipocrita se lo avesse fatto. Una promessa del genere..nessuno la può mantenere. Lui men che meno, che più volte aveva sfiorato la morte per la propria stessa avventatezza. « Draco Malfoy non era uno qualunque.. Le persone attorno a noi continuano a cadere.. io.. io non voglio nemmeno pensare a.. » « Oggi sono andato a trovare papà. » disse di getto, con lo sguardo fisso di fronte a sé, piombando poi nuovamente nel silenzio per qualche istante. Scosse il capo, veloce, passandosi una mano sul volto stanco. « Non lo so. Tutta questa situazione mi ha fatto pensare. » Era chiaro a cosa si riferisse, cosa lo turbasse nel profondo. Era stato chiaro anche ad Harry, sebbene i due avessero preferito non parlarne sotto tacito accordo. Si erano capiti e quello bastava. « È successo all'improvviso. Nessuno poteva aspettarselo. E se..se fosse capitato.. » deglutì « ..a lui? » Appoggiò la guancia sul capo della mora, stringendola di più al suo fianco. « Mi sono ostinato a non parlargli per mesi. Come avrei potuto..? » non riuscì ad articolare le parole necessarie a completare quella frase, ma a quel punto era sicuro che non ce ne fosse bisogno. Come avrei potuto far pace con me stesso sapendo di non avergli detto addio? Sapendo che le ultime attenzioni a lui riservate fossero sguardi colmi di astio e risentimento?
    Un'atmosfera surreale, quella in cui Albus si trovò immerso. Il funerale di Draco Malfoy sembrava accogliere personalità di ogni calibro e orientamento, nemmeno si trattasse di un evento istituzionale. La tensione, di conseguenza, si poteva tagliare con un coltello, e Albus poteva percepire con particolare precisione la pressione che gravava sulle sue spalle in quel momento. D'altronde non era più solo un Potter, non era più solo il figlio di Harry o il migliore amico di Scorpius: aveva delle responsabilità e dei doveri a cui assolvere in qualità di figura pubblica. Alla luce di ciò, la sua presenza o la sua assenza, così come anche il suo comportamento, sarebbe stato oggetto di scrutinio e avrebbe influenzato più di una variabile nel futuro prossimo. In quel momento così delicato, Albus desiderò avere il potere di uscire da quei panni a proprio piacimento. Vorrei davvero poter scegliere cosa essere e quando esserlo. Oggi, ad esempio, vorrei essere solo l'amico di Scorpius: vorrei stargli vicino senza preoccuparmi di nient'altro, senza farmi assorbire dall'egoismo che queste responsabilità comportano. Durante la cerimonia, il suo sguardo silenzioso andò a cadere sul biondo con cui aveva diviso la stanza e innumerevoli momenti della propria vita. Vorrei poter tornare indietro a quei tempi così spensierati, quando i nostri drammi ruotavano intorno alle interrogazioni, ai compiti, alle ragazze e alle schermaglie tra studenti. Quante cose diamo per scontate! Quanto impietoso è lo scorrere del tempo! Ero un ragazzino che voleva mettere il mondo a ferro e fuoco, poi ho sbattuto le palpebre ed eccomi qui. Volse lo sguardo al padre, il quale sembrava assorto nei propri pensieri e gravato da una profonda tristezza. Sebbene il rapporto con Draco non fosse mai stato dei migliori, Albus sapeva quanto quella morte lo andasse a colpire - molto più di quanto potesse colpire Ginny o Ron. Pensò che, con ogni probabilità, Harry si stesse arrovellando intorno a pensieri non molto dissimili dai suoi.
    Finito il rito, Albus si avvicinò alla famiglia Malfoy insieme a Mun. Per prima salutò Lyra, rivolgendole un tiepido sorriso dai tratti amari e sporgendosi in avanti quanto bastava a darle un abbraccio contenuto. Sebbene con lei non ci fosse lo stesso rapporto che c'era con Scorpius, erano comunque amici, anche a dispetto di ciò che era successo con suo fratello. « Mi dispiace molto. » disse a bassa voce prima di lasciare che anche gli altri ospiti le porgessero i propri saluti. A quel punto fu il turno di Astoria, con la quale non si concesse un contatto fisico, rimanendo dritto con le spalle e osservando la distanza necessaria a non apparire invadente o fuori luogo. « Le porgo le mie più sentite condoglianze, Signora Malfoy e.. » il suo sguardo corse velocemente a Mun, con cui la donna aveva parlato poco prima. « ..rinnovo le parole di Amunet. Se possiamo fare qualcosa, qualsiasi cosa, può contare su di noi. » A quel punto si congedò dalla vedova con un cenno rispettoso del capo, avvicinandosi al miglior amico con un sospiro. Non erano mai stati tipi da grandi effusioni o gesti d'affetto, difficilmente si sarebbero scambiati un abbraccio. E infatti non sembrò strano il poggiargli una mano sulla spalla, stendendo le labbra in una linea che sperava dare al compagno almeno un po' di conforto. « Ehy.. » disse, a voce bassa, lasciando cadere quel saluto in un breve silenzio. Già all'arrivo della notizia si era premurato di chiamarlo per porgergli le proprie condoglianze, assicurarsi che stesse bene e rendersi disponibile per qualsiasi cosa - tutte quelle formalità, quindi, non aveva bisogno di rinnovarle. Lanciò uno sguardo veloce alla fila di persone dietro di sé. « Ti lascerò ai tuoi doveri. E probabilmente, dopo, vorrai passare del tempo con la tua famiglia. Ma se ti dovesse andare di farci una chiacchierata - per dieci minuti o qualche ora.. » inclinò il capo di lato, rivolgendogli un tenue sorriso mentre si stringeva nelle spalle « ..mi sono preso la giornata libera. »

     
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