Some will seek forgiveness, others escape

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    In quei mesi aveva cercato di occupare il proprio tempo tra studio e progetto BOA. Si era ritrovato solo o almeno così pensava il giovane serpeverde. La cosa non gli dispiaceva affatto poteva avere più tempo per pensare a se stesso, ma nonostante tutto l’unico pensiero che non riusciva a distogliere dalla propria mente era quel bacio alla torre di astronomia con Alice.
    Non ne aveva parlato con nessuno. Si era tenuto tutto dentro, ma quando parlava con Asa ed usciva il discorso Alice, il suo migliore amico a mo di battuta se ne usciva sempre con un: “Mi chiedo ancora perché non state insieme voi due.” Di pronta risposta Bart lo fulminava con lo sguardo. Asa era l’unico che conosceva e condannava quel comportamento da vigliacco del Crouch. Per tenersi buone più persone decideva di nascondere le cose agli altri dimostrandosi a tutti gli effetti un bugiardo non solo con le persone che reputava care a lui, ma anche con se stesso.
    Aveva discusso pesantemente con Max il mese successivo a quello che era successo alla torre e piano piano tutte le sicurezze che si era costruito negli anni andarono in frantumi. Non parlava più con la sua migliore amica né tanto meno lo aiutava il continuo ignorarsi nei corridoi con la Watson. Si sentiva solo e disperso in quella situazione creata solo dal suo essere un codardo. Infondo, riflettendo sulle parole dette da Max qualche mese prima, non era diverso da sua madre. Lo aveva pensato anche lui riflettendo sulle sue azioni su ciò che le sue scelte nel corso degli anni si erano rivoltate contro di lui in un battito di ciglia.
    La vacanza a Gstaad ed alcune cose successe precedentemente lo avevano rivitalizzato, ma solo in parte. Si era divertito a partecipare per quella settimana a quel gioco proposto da Derek. Aveva avuto modo di fare nuove conoscenze di persone con la quale aveva scambiato appena pochissime parole, ma ogni volta che incrociava lo sguardo con Alice, anche lì, succedeva la stessa cosa che era successa ormai per tutti quei mesi: cambiava strada, volgeva lo sguardo altrove senza mai incontrare quello di Bart.
    Se i primi mesi non gli dava così tanto peso, più passava il tempo più iniziava a fare del male al serpeverde.
    Per circa due mesi dal rientro a Gstaad aveva cercato di fermare Alice più e più volte, ma con scarsi risultati. Persino Asa che se ne usciva con quella frase alquanto strana per Bart non nominava più la grifondoro in sua presenza e lì il serpeverde capì che forse bisognava prendere in mano la situazione cercando direttamente la Watson.
    Aveva cercato di scriverle negli ultimi giorni, ma ogni volta che buttava giù un messaggio non arrivava a scrivere le parole giuste. In una delle sue solite notti insonni arrivò a scriverle, solo dopo aver cancellato il primo messaggio mandato pensando di esser stato forse fin troppo aggressivo. La risposta arrivò la stessa notte, persino Alice non riusciva a dormire, tanto da decidere quella notte di vedersi il giorno dopo. Attese per il resto del giorno l’orario dell’incontro, ma una volta salito sulla torre, Alice gli scrisse che non poteva raggiungerlo. Era rimasta bloccata in biblioteca con una sua compagna per studiare gli ultimi argomenti per l’esame che si sarebbe tenuto la settimana dopo, ma che si sarebbero visti il giorno dopo approfittando del castello semi-vuoto per la partita che si sarebbe svolta. Non è una scusa. Per il resto della sera si era ripetuto nella testa quella frase sapendo benissimo che la Watson non era solita mentire, almeno non a lui.
    La giornata del primo di Marzo l’aveva passata in dormitorio attendendo l’orario per poter finalmente vedere Alice e discutere di ciò che era successo mesi addietro. Era una cosa che lo tormentava tanto da arrivare a rinunciare all’invito di vedere la partita ad Hogsmeade insieme ad altri compagni di casata. Fanculo il quidditch per una volta. Ed in effetti la Watson non aveva tutti i torti. I pochi rimasti al castello erano quelle persone che poco si curavano dello sport magico ed avevano approfittato di quel giorno per rilassarsi e godersi meglio il castello senza tutte quelle persone dentro.
    Era arrivato da un po’ alla torre di astronomia, il loro luogo d’incontro da quasi sei anni ormai. Un luogo che entrambi definivano speciale non solo per lo spettacolo notturno delle stelle, ma per i tanti momenti condivisi insieme.
    Era appoggiato al balconcino della torre osservando da lontano il campo di Quidditch che man mano si riempiva sempre più di persone. Aveva anticipato di gran lunga l’orario dell’incontro perché voleva arrivare subito a chiarire la cosa. La tensione lo portò ad accendersi la quinta sigaretta nell’arco di mezz’ora di tempo. Stesso meccanismo: ne accendeva una fumandone metà e la spegneva. La cosa si ripeté nell’arco di dieci minuti come un gesto continuo. Guardava lo schermo del cellulare in attesa di un messaggio. Qualcosa che gli annunciasse che Alice stava arrivando, ma non arrivò niente. Nessun messaggio, nessuna notifica per cercare di farlo calmare un po’.
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    Sbuffò nervosamente rientrando dentro la torre ed iniziando a girare in cerchio a braccia conserte e con sguardo pensieroso. Credo che dovremmo parlare di quello che è success- «No, magari non è la cosa migliore da dire subito » Si rispose da solo fermandosi di botto mentre nella sua testa cercava le parole giuste da dover dire una volta che la grifondoro l’avrebbe raggiunto. Magari è meglio iniziare con un: Ciao Alice, come stai? « Però ieri mi ha detto che ha dei pensieri. » Sbuffò continuando con quella sua discussione interiore. Se qualcuno fosse stato lì presente lo avrebbe preso per pazzo, una persona che parla da sola solo così poteva essere definita, ma fortunatamente era lì da quasi 1 ora ed era rimasto solo sin da quel momento.
    Quando sentì dei passi provenire dal piano di sotto capì che forse la persona che tanto aspettava stava arrivando. Non appena la figura di Alice salì le scale gli occhi scuri del serpeverde si illuminarono per qualche secondo di felicità. Le era mancato condividere quei momenti insieme, ma in realtà non erano quei momenti che gli erano mancati. Gli era mancata lei, Alice.
    « Hey… » Si avvicinò piano alla grifondoro rimanendo con le braccia conserte trattenendosi. Avrebbe voluto abbracciarla, in cuor suo voleva che la loro situazione tornasse come prima, com’era sei mesi prima, ma si limitò ad osservarla con un mezzo sorriso abbozzato in volto: «Come stai? Com’è andato lo studio ieri? Lo sai… Se hai bisogno posso aiutarti anche io. » Gli occhi scuri osservavano la grifondoro, ma non appena disse l’ultima frase si andò a grattare la testa nervosamente e spostò lo sguardo verso il balconcino. Sì aiutarla. Sicuramente in questi mesi sei stato il primo che ha cercato, no?
     
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    Perché Alice Watson avesse iniziato il suo sesto anno con una sorta di reazione ribelle ed opposta alla Alice Watson che era stata fino a quel momento, era un mistero anche per Alice Watson stessa. Curioso, sicuramente, persino bizzarro poteva apparire il comportamento di una persona tendenzialmente timida e riservata, che improvvisamente decideva di rovinare ben due rapporti di amicizia, perché uno non era sufficiente. Non che non avesse mai avuto tendenze masochiste, la Grifoncina, che di solito pensava troppo ed agiva poco, spingendosi in situazioni estreme senza paura di risultare diversa rispetto alle sue coetanee. Era abituata a privarsi di tutto, perché non pensava di aver poi bisogno di molto, se non la volontà ferrea ed ostinata di tenere intatta ciò a cui più teneva al mondo: la sua famiglia. Era fatta così, Alice: per paura di aprirsi davvero con qualcuno, non lo faceva mai con nessuno - se non con le amicizie più strette, in determinati contesti -, abituata com'era ad affrontare le situazioni da sola sin dai tempi dell'orfanotrofio. Il problema nei primi mesi del suo sesto anno al castello era diventato proprio quello, però: Alice Watson era per tutti quella Alice, non la nuova ragazzina spavalda che aveva preso a baciare persone che reputava amiche fino al giorno prima del misfatto. Certo, per lei c'era una gran differenza tra l'amicizia con Louis e quella con Bart, non c'era proprio da metterle a paragone. Il Corvonero era entrato recentemente nella sua vita per via dell'amore incondizionato di entrambi per l'Erbologia, scoperto per caso, e per una sorta di innegabile attrazione fisica. Era partita per la tangente soprattutto per effetto dell'alcool, a cui non era abituata e senza il quale sarebbe rimasta nel suo: tutti i suoi amici, capitanati da Lucy, erano infatti rimasti di sbieco a vederla prendere un'iniziativa del genere ad un tipo di party a cui non era solita prendere parte... mai. Bart, a differenza della più recente amicizia con Paciock, c'era sempre stato. Fin dal primo anno ad Hogwarts nella sua nuova vita. Insieme a Nana, l'avevano accolta ed iniziata al mondo della magia, guidandola con attenzione ed amore. Anche se alla fine la scelta del Cappello li aveva separati, per Alice, una simile gentilezza avrebbe avuto per sempre un valore inestimabile. Certo, l'amico di Serpeverde era sempre stato una sorta di doppiogiochista per rientrare nei favori di tutti, di lei e dei suoi compagni, ed Alice aveva sempre tollerato quell'atteggiamento per il rotto della cuffia, solo perché alla fine nel momento del bisogno c'erano sempre l'uno per l'altra. In maniera diversa rispetto ad Asa, che era suo amico e da là non si smuoveva: il rapporto con Bart era sempre stato quel tipico rapporto altalenante di coppia, anche se Alice non aveva mai davvero pensato a Bart in quel modo prima di decidere di rovinare tutto, proprio in cima alla Torre di Astronomia.
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    Il loro posto speciale. Il perché fosse stata così avventata era ancora più difficile da decifrare rispetto a quello che riguardava il Corvonero, che la Grifondoro ignorava da mesi così come aveva preso ignorare anche Crouch Jr. Sospirava sempre, la sera, nella sua stanza nella Torre dei Grifondoro, al rientro di una giornata come tante altre passata a fare lo slalom tra i corridoi. Louis in aula? Bene, mi piazzo dalla parte opposta. Bart in Sala Grande? Okkk, sparisco tre la folla. Bart sulla Torre? Non ci vado più sulla Torre. Rinunciare a quegli incontri, per Alice Watson, era stata una tortura: lei, naturalmente propensa ad alzare il nasino all'insù verso le stelle, a godersi il silenzio della sera o una chiacchiera in compagnia di qualcuno così diverso da lei, beh... Le mancava terribilmente. Non si era nemmeno chiesta perché il Serpeverde l'avesse in un certo senso rifiutata, perché non sapeva nemmeno perché avesse azzerato le distanza tra di loro quel giorno. Era convinta, ottusa per via del dolore che aveva provato in quei mesi, di aver sbagliato lei stessa a monte, al principio. Certo, lui le aveva detto che era bella, ma non è che uno si metteva a baciare tutti quelli che reputava prestanti, come qualcuno avrebbe potuto dire criticando il comportamento di Alice. Ci doveva essere dell'altro, ma non era pronta ad affrontarlo, anche se aveva accettato di vedere Bart sulla Torre, rinunciando al Golden Match. Sì, perché togliere tempo allo studio non se ne parlava proprio, chiarire con un amico rinunciando ad un evento mondano... Era un sacrificio che si sentiva di poter compiere, nonostante tutto. Per Bart. Indugiò al principio delle lunghe scale a chiocciola per qualche minuto, appoggiando la mano affusolata sul marmo che la costeggiava. Aveva paura, Alice, come forse non ne aveva mai avuta prima nella sua vita. Era stato più facile imparare a restituire senza paura le botte ai bulli dell'orfanotrofio, imparare l'arte del nascondersi o mettere in chiaro i suoi sentimenti con Domiziana. Era stato più facile andare a Gstaad in un corvo di serpi o perdere la spilla di Caposcuola contro la Carrow. Era stato più facile sfogarsi con lui di Louis e farsi prendere dal momento e baciarlo, che adesso dover affrontare le conseguenze del suo gesto apparentemente stupido. Non appena la grifoncina raggiunse la Torre vuota, lo vide di spalle appoggiato al balconcino che dava sulla radura, esitando ancora un attimo prima di palesare la sua presenza. Inspirò, espirò ed al terzo respiro, lui si voltò verso di lei. Come se fosse inevitabile. « Hey… » Disse lui, avvicinandosi ad Alice con un'aria abbattuta in viso che lei non gli aveva mai visto prima addosso. Era perfettamente in linea col fatto che, dopo tanto tempo, era stato lui a scriverle nel cuore della notte. Lei non lo avrebbe fatto. Era arrabbiata con lui per tantissime cose che non concernevano il fatto che l'avesse respinta. Piuttosto per Max, Nana, i suoi amici di Serpeverde che lo pressavano da sempre, mettendolo in condizione di scegliere. E lui che si faceva condizionare così facilmente da persone che, agli occhi della Grifondoro, apparivano fragili ed insicure. In più, se ci si aggiungeva anche il carico emotivo, era un vortice da cui non sarebbe voluta uscire senza un aiuto reale da parte sua. Non quella volta. « Hey. » Gli sorrise appena, sulle labbra sempre tinte di rosso, per poi distogliere lo sguardo. Si avvicinò verso il balconcino, constatando il numero di testoline che stavano prendendo parte all'evento a cui ci sarebbe stato anche Percy. Sorrise, immaginando che il fratellastro potesse percepirla. « Come stai? Com’è andato lo studio ieri? Lo sai… Se hai bisogno posso aiutarti anche io. » Non lo guardò, abbassando lo sguardo verso il punto immediatamente sotto la sua visuale. Si sforzò di aprirsi appena, ricordandosi che erano sempre loro, sempre là. Visti di spalle, lui alto e lungo, lei piccola ed esile. « Bene è andato... bene, sì. A te come sta andando lo studio? » Domandò, incrociando per un attimo il suo sguardo per poi riabbassarlo di nuovo, ed osservare il via vai di persone al Campo da Quidditch, reso spettacolare per l'evento. « Ci siamo aiutate con Ronnie, ci siamo ripetute gli argomenti fino allo sfinimento. Tuo padre è molto severo quando si tratta di esami. » aggiunse, per sollevare un po' l'umore dell'incontro, sapendo quanto fosse atteso da entrambi, in segreto. Con la consapevolezza che non era stata l'unica a perderci il sonno, ad impiegare le notti a pensare di scrivergli. E non solo a quello. « Mio fratello mi aveva chiesto di andare. » fece indicando con il nasino il Campo che trasmetteva un grande senso di festività, senza riuscire a contenere un commento sul grande evento che, da Giocatrice di Quidditch della squadra di Grifondoro, non poteva almeno un po' non rimpiangere di perdersi. « Secondo me sarà qualcosa di epico. » Era quasi una sensazione, che non riusciva a decifrare. Bella, brutta, disarmante allo stesso tempo. Non avrebbe saputo spiegarlo, se non affermando che lo sentiva. « Tu come stai? Come va con lui? » domandò curiosa, abbozzando finalmente un sorriso, intendendo con lui il Professore di Erbologia che Bart aveva la fortuna di poter chiamare padre. Tutto, pur di non parlare del motivo per cui non dormo. E di noi.


    Edited by watson - 27/3/2021, 16:56
     
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    « Bene è andato... bene, sì. A te come sta andando lo studio? » Gli occhi smeraldini della grifondoro incrociarono per un attimo quelli scuri del serpeverde. Un contatto visivo che mancava da troppo tempo per quei due ragazzi, quasi si dispiacque il momento stesso in cui ritornarono a fissare il pavimento della torre. Perché continuiamo ad annegare in questo imbarazzo? E’ sollevato di aver rivisto Alice, quello sì, ma gli dispiace molto che il loro rapporto era rimasto in freddo per così tanto, forse troppo, tempo, ma era consapevole che se non avesse preso il toro per le corna, non si sarebbero più visti. « Ci siamo aiutate con Ronnie, ci siamo ripetute gli argomenti fino allo sfinimento. Tuo padre è molto severo quando si tratta di esami. » « Sì, con lo studio tutto bene. Inizio già a pensare ai M.A.G.O. da ora. » Incrocia le braccia al petto sentendo quelle parole rispondendo secco alla prima domanda che la grifondoro gli aveva posto e rimanendo un po' sorpreso da quella conferma che la grifondoro diede nei confronti del professore di erbologia. Alice era l’unica persona che conosceva i sospetti di Bart nei confronti del professor Tarrant Crouch. Era arrivato da qualche anno ad Hogwarts occupando la cattedra di erbologia ed ogni volta che presenziava ad una sua lezione notava qualche somiglianza con lui. Sia fisica che caratteriale. Non arriviamo a conclusioni affrettate però Ricordava di aver detto questo ad Alice quando i primi sospetti sul professore di erbologia iniziavano ad affiorare nella testa del serpeverde. Non aveva il fiuto dell'investigatore, ma la conferma era arrivata da circa un anno. Suo fratello più piccolo gli aveva mandato una foto di una coppia: sua madre insieme ad un uomo. Non era una persona presente nella sua testa, la madre aveva fatto obliviare lui ed i suoi fratelli per eliminare qualsiasi ricordo del padre, ma se i sospetti sul cognome avevano portato Bartholomew a pensare che il professore fosse un suo lontano parente; una volta ricevuta quella foto le sue certezze iniziavano ad avere un costrutto più solido. L’uomo in foto era tanto simile al professore di erbologia con una sola particolarità: era più giovane ed estremamente somigliante a Bart, somiglianza che la Watson aveva fatto notare al serpeverde durante uno dei loro incontri classici lì alla torre. « Terry? Sì quando si avvicinano gli esami è leggermente più severo, ma poi è una persona alla mano. » Annuisce rifiutandosi ancora di chiamare il professore, papà. Apprezzava il metodo d'insegnamento del professore di erbologia, capace di esporre apertamente l'argomento nonostante per molti suoi compagni di casata risultasse una persona un po' strana. Però Bart gli riconosceva una cosa: aveva la miglior erballegra di tutta Hogwarts.
    Bart osserva Alice muoversi ed avvicinarsi al balconcino. La segue la figura piccola ed esile della grifondoro con lo sguardo tenendo sempre le braccia incrociate al petto. Si avvicina lentamente sempre mantenendo una piccola distanza dalla mora. « Mio fratello mi aveva chiesto di andare. » Vede la grifondoro indicare verso il campo di quidditch con il piccolo naso riferendosi al Golden Match che si sarebbe tenuto quel pomeriggio. Durante le partite di campionato scolastico si era ritrovato faccia a faccia con la Watson. Lui da cacciatore per i serpeverde e lei da portiere per i grifondoro; non mancava mai di ricordare alla Watson di doversi allenare di più quando le segnava, un monito che richiamava i primi anni ad Hogwarts dove i due si ritrovavano ad allenarsi insieme una volta conquistati i posti all’interno della squadra. Bart non era uno da ammettere la cosa, ma quei momenti sul campo le mancavano ed era da molti anni che non si allenavano più insieme. Inutile nascondere che avrebbe partecipato volentieri alla partita per vedere non solo la sua tutor giocare, ma anche per vedere certe vecchie glorie del mondo magico e del quidditch presenti.
    « Sarebbe piaciuto anche a me partecipare. Anche June – la mia tutor del Boa – gioca titolare. » Annulla la distanza che lo separa dalla grifondoro mettendosi di fianco a lei sul balconcino poggiandosi con le braccia sul ferro per poter osservare da lontano il campo ben sistemato per l’evento del giorno: « Sai se Lucy andrà al match? » Non conosceva benissimo la sua compagna di tutoraggio, ma dai loro incontri con la Rosier aveva capito che era una super fan dello sport magico. Probabilmente un giorno oltre a studiare nella stessa facoltà sarebbero diventati colleghi e compagni di squadra o addirittura avrebbero continuato ad essere avversari come già succedeva lì ad Hogwarts. «Chiedo perché durante i nostri incontri per il BOA sembrava sempre entusiasta di allenarsi ed è molto ferrata sul quidditch. » Cerca di riparare subito alla frase di prima senza lasciare intendere dei fraintendimenti. Sapeva che la Weasley e la Watson erano molte amiche.
    « Secondo me sarà qualcosa di epico. » Annuisce al solo pensiero di un match che avrebbe regalato spettacolo non solo per i giocatori presenti, ma anche per l’atmosfera che si era venuta a creare durante quelle settimane prima dell’annuncio ufficiale. « Lo penso anche io. » Sul volto del serpeverde si accenna un sorriso mentre pensa ai tanti scontri che quel giorno si sarebbero formati in quel campo che per loro non solo era un luogo d’allenamento, ma dove erano uscite partite combattute durante gli anni: « Ci pensi? Rudolph Black che difende gli stessi anelli che difendi tu. » Il nome del portiere dei Falcons è il primo che gli salta in mente pensando al ruolo della Watson nella squadra di grifondoro: « Credo che per i junior sia solo un ritorno alle origini. » In effetti molti dei giocatori titolari avevano calcato il terreno del campo di Hogwarts. Alcuni nomi erano persino riportati nella sala dei trofei del castello: « Però cazzo anche io avrei voluto giocare contro Victor Krum. » Disse con aria sognante il Crouch pensando al dover volare di pari passo su una scopa contro uno degli idoli più famosi dello sport magico.
    Bart stava iniziando a pensare che forse era meglio non arrivare subito al punto del discorso, la grifondoro sembrava voler evitare il motivo del loro incontro incalzandolo in discorsi che lo avrebbero sicuramente portato fuori strada dalla reale motivazione per cui in quel momento si ritrovavano nel loro posto speciale.
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    « Tu come stai? Come va con lui?» Il discorso ritornò all’improvviso su Terry continuando a prendere una piega totalmente diversa: « Ho visto tempi migliori.» Tempi in cui tu eri presente e non così distante. Taglia corto sulla prima domanda sapendo benissimo che non era una risposta facile da dare. Da settembre Bart sembrava più una persona allo sbando facendo più casini che altro; cercando rifugio in persone che per quei sei mesi gli erano stati accanto ed altre cose successe subito dopo l’allontanamento dalla grifondoro e la discussione con la Picquery. « Con lui? Non sa che esisto Alice. Cioè sì sono un suo studente, ma nient’altro. » Fa spallucce pensando che forse prima di uscire dal castello per quell’ultimo anno avrebbe dovuto affrontare suo padre almeno una volta: « Non credo sappia di avere figli se no mi avrebbe riconosciuto. » Si volta per guardare la figura esile della grifondoro soffermandosi sul suo bel profilo. Inutile negarlo. Sono un codardo, perché continuo a scappare quando dovrei affrontare la cosa? Riflette nell’osservare la grifondoro, sospira e rientra dentro lo spazio che la torre di astronomia offre agli studenti da quell’altezza. « Era carina l’idea del travestimento a capodanno, direi azzeccata la scelta di Alice nel paese delle meraviglie » Si mette una mano dietro la testa grattandosi la nuca nervosamente. Cerca anche lui di allontanare il discorso da quello del padre; un discorso che non riesce ancora ad affrontare sapendo cosa aveva fatto sua madre per tenerli lontani da quella persona imputandola come il male assoluto quando vedendo Tarrant poteva sembrare tutt’altro. « Pensa che è stato divertente vedere Nessie fuori dai suoi schemi vestita da Poison Ivy. » Se ripensa ai momenti con la serpeverde per decidere i travestimenti gli viene quasi un collasso, ma fortunatamente aveva comprato i favori della D’arcy per quella gara coprendole le spalle sulla palla di neve lanciata ed i loro travestimenti da villain di Batman erano quasi divertenti in particolar modo nel vedere la piccola Nessie in imbarazzo nell’indossare qualcosa di totalmente diverso dai suoi soliti canoni.
     
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    Forse potrei essere ancora in tempo per fare un blitz al Golden Match con mio fratello ed i suoi amici, pensava la Grifoncina mentre aveva abbassato lo sguardo, sottopressione. La consapevolezza di non poterlo - o volerlo? - rialzare, bruciava come uno spillo appuntato nella testa e nel petto: aveva passato troppo tempo lontana dal suo migliore amico, Alice (e per giunta per colpa sua) che adesso la voglia di parlargli e di aprirsi con lui, come aveva sempre fatto, la stava spingendo nell'estrema direzione opposta. Nonostante si approcciasse a lui come la so-tutto-io, piccola e sferzante ragazzina che era, come appariva nel mondo, aveva sempre avuto bisogno come l'aria del suo parere contrario ed opposto al suo: la prospettiva di Bart, lontana rispetto alla sua come il giorno dalla notte, l'aveva sempre indotta a riflettere più di quanto non facesse normalmente. Ad ascoltare di più. A mettersi più in discussione. A valutare che tutto si potesse fare anche diversamente, come lo faceva lui. Ma ora che faceva lui? « Sì, con lo studio tutto bene. Inizio già a pensare ai M.A.G.O. da ora. » Non potè fare a meno di trattenere il sopracciglio destro che andò a sollevarsi deciso, per esprimere un sentimento di reale stupore alla nozione appena appresa sulla vita che Bart stava conducendo senza di lei. Davvero ci voleva la mia assenza per farti studiare? Gliel'avrebbe detto, l'avrebbe provocato senza scrupoli un po' come facevano sempre loro, se solo non avesse avuto un macigno nello stomaco ed uno strato invisibile di colla tra le labbra rosse come il sangue vivido. Tutte le notti che avrebbe voluto prendere il telefono e chiamarlo giacevano su quelle labbra, silenziose. Serrate perché altrimenti si sarebbero lasciate andare, come le veniva naturale fare in presenza del Serpeverde. « Bene, fai bene. » Disse, leggera e titubante, ma sincera: Alice era stata colta alla sprovvista dalla dichiarazione dell'amico ed aveva perfino dovuto soffocare la risatina che la sua stessa provocazione le avrebbe suscitato. Pensava che non fosse ancora il caso di iniziare ad abbattere il muro di rispetto che aveva innalzato con tanta fatica, fragile e permalosa com'era, smettendo di scrivergli per settimane cosicché lui capisse. Scomparendo della sua vita, cosicché lui rivedesse alcuni punti fondamentali del loro rapporto. Il problema era che, anche per lei, non era ben chiaro, stravolgendolo, quale piega stesse prendendo. Era come se il destino di quell'incontro, su in cima alla Torre di Astronomia, potesse essere proprio di ridisegnarne i confini, ristabilire i limiti, decidere cosa fossero diventati e cosa avrebbero fatto di tutto quello che erano stati fino al bacio inaspettato. Per quanto ancora la spaventasse l'idea di aprirsi così tanto al riguardo, persino con lui, doveva ammettere che saperlo l'avrebbe resa più tranquilla in generale. Nella vita. Magari anche nell'affrontare gli esami della fine del suo sesto anno che certo, non apparivano minacciosi come i M.A.G.O., ma nemmeno tranquilli come uno snaso rinchiuso in una camera blindata. « Terry? Sì quando si avvicinano gli esami è leggermente più severo, ma poi è una persona alla mano. » Ascoltando il Serpeverde, Alice abbassò lo sguardo smeraldino, corrucciato da pensieri che si aggiravano attorno alla vita ed i misteri del Professor Terry Crouch. Un tipo così curioso da risultare sbadato e distratto nelle cose della vita, così com'era preparato ed elegantemente scaltro nel campo di sua pertinenza. Forse il miglior professore che c'era ad Hogwarts dopo ls Branwell ed Alice lo aveva sempre detto, anche prima di scoprire il segreto sulla storia di Bart. E la sua valutazione non si basava soltanto sull'aspetto fisico, che già contribuiva a suscitare metà dell'interesse che le sue coetanee provavano per la materia che insegnava. Il boom di Erbologia ad Hogwarts coincideva storicamente, a quanto pareva, proprio con l'insediamento della cattedra di Mr. Crouch Senior che... davvero non si era mai domandato come mai uno dei suoi studenti avesse il suo stesso cognome? « Mi piace molto tuo padre. C'è feeling tra noi, credo. » gli disse dubbiosa, riemergendo da quello stato nebuloso di meditazione in cui aveva pensato a tutto al contrario di tutto su una figura così difficile da decifrare come quella del vero padre di Bart. Un segreto che, in ogni caso, Alice si era premurata di conservare nel propio petto, senza condividerlo con nessuno, sapendo quanto fosse difficile affrontare situazioni che prevedevano riconcialiazioni familiari inaspettate, almeno da una delle due parti. L'attenzione della Watson navigò oltre il balconcino in ferro, sul lato della radura che pullulava di grida che, di tanto in tanto, già si alzavano in standing ovation, nonostante la partita d'oro non fosse ancora ufficialmente iniziata. « Sarebbe piaciuto anche a me partecipare. Anche June – la mia tutor del Boa – gioca titolare. » Sgranò gli occhi, voltando il corpo esile verso la figura del Serpeverde, vorace di scoprire qualsiasi dettaglio. « Hai Juniper Rosier come tutor?! È verooo, Lucy me lo aveva detto! Che figata! » esclamò a voce piena, senza riuscire a trattenere lo stesso entusiasmo che aveva rivolto all'amica quando aveva appreso la notizia, ricomponendosi il secondo dopo, come a non volergli dare soddisfazione che gli fosse capitato il tutor migliore sulla piazza. E cavolo se la Rosier lo era! Era un'appassionata di Quidditch ad intermittenza, Alice, ma era precisa ed intransigente a priori, dunque aveva imparato a riconoscere la tecnica ed il talento dei giocatori professionisti. « Io ho Albus Potter... » disse fiera, Alice, come la piccola leoncina dal pelo arruffato che era, entusiasta almeno come lo era stata per lui, mentre però il suo viso dolce passava da essere sereno a corrucciato nel mentre che terminava la frase. « ...ma siamo io e Max. Sì, ehm... » Proprio io e Max, sì. Ma scommetto che già ne sai qualcosa. Lo guardò, curiosa di conoscere la sua reazione alla notizia, trattenendosi mezzo secondo prima di sputare il rospo su come stesse effettivamente andando. Abbozzò un mezzo sorriso a labbra strette: aveva bisogno di sdrammatizzare tutta quella situazione assurda in cui si era ritrovata nel tempo, in cui la sua vita e quella di Max viaggiavano su due binari simili ma sempre lontani. « Manteniamo una pace apparente ignorandoci a vicenda, per il momento. » Si era appoggiata con i gomiti stretti sulla ringhiera, mentre il suo sguardo verdastro si perdeva nella radura, chissà dove. Magari un giorno capiremo perché ci sia questo bisogno di impegnarci per mantenere la pace, pensò, mentre tutto lo stress del Progetto in sé le ricordava quanto fosse difficile portare avanti tutto senza poter abbassare mai la guardia. « Sai se Lucy andrà al match? Chiedo perché durante i nostri incontri per il BOA sembrava sempre entusiasta di allenarsi ed è molto ferrata sul Quidditch. » Le sembrò che il giovane Crouch, per qualche motivo, tentasse come di giustificare il suo interesse sull'ubicazione della sua amica; Alice pensò che non ce ne fosse bisogno. E pensò anche che gliel'avrebbe esternato stuzzicandolo senza problemi, se i problemi in quel momento non fossero stati altri. « Sì, sì: ci andava tutta la sua famiglia! Tra giocatori, giornalisti, allenatori... Oh sì, Lucy è la migliore di noi. Ma penso che questo tu l'abbia potuto notare da te sul campo da gioco. » Spostò il suo sguardo su di lui - finalmente! ma non come avrebbe dovuto, no - incrociando i suoi occhi in maniera bonaria, ma a mo' di sfida: quello stesso sguardo fulmineo che si scambiavano sempre prima di una partita a mezz'aria su quel campo ora gremito di persone, nonostante avessero passato il tempo ad allenarsi insieme. Nonostante non tutti i giocatori di Hogwarts fossero a conoscenza che c'era anche sempre una sfida privata tra loro in corso, mentre ognuno tentava in tutti i modi di portare la sua squadra alla vittoria. E quando la pluffa di Bart trapassava uno dei suoi anelli, era sempre anche un bruciore per una sconfitta personale ad ardere dentro di lei. « Stai seguendo il progetto BOA sia per Quidditch che per DCAO anche tu, immagino... » domandò, abbastanza sicura di conoscere la risposta, guardandolo mezzo secondo prima di affacciarsi di nuovo verso il Campo e continuare a fingere una sorta di complice indifferenza. « Chi ti è capitato come tutor? » gli domandò, pensando (ma anche sperando) che fosse molto basso il rischio che il Serpeverde avesse potuto incontrare suo fratello come tutor di Magisprudenza, magari ritrovandosi a parlare di fatti suoi. O male di lei. Ecco, anche no, grazie. Fortuna che leggi e decreti non rientrano nelle sfere d'interesse di Bart.
    « Lo penso anche io. » Alice immaginò che Percy potesse in qualche modo avvertire che lei lo stesso scrutando dall'alto: sorrise appena, sospettando che fosse preso nell'osservare Tris, che quel giorno giocava da titolare. « Ci pensi? Rudolph Black che difende gli stessi anelli che difendi tu. » Le parole di Bart contribuirono a spingere la sua fantasia ancora un po' più in là: già, come aveva detto lui, era bello pensare che un giorno anche lei avrebbe trovato il suo posto nel mondo come Rudy, che facendo quello che faceva lei normalmente, durante le partite, doveva aver capito che quello fosse il suo. Era bello immaginare che facessero le stesse cose, le stesse roteate per proteggere gli anelli e che lui, così, aveva reso il suo futuro un po' più chiaro e meno spaventoso. « Ci vorrebbe un Rudolph Black in ogni Squadra di Grifondoro che si rispetti. Parerebbe le tue pluffe impazzite tipo... sempre? » Non se ne accorse nemmeno, ma Alice tornò a sorridere e punzecchiarlo come faceva sempre. Non se ne accorse, non lo calcolò, di base aveva sperato non accadesse così facilmente ma non poté fare a meno di sorridergli guardandolo, se possibile allentando nell'aria la tensione di parecchi nodi. Era tutto ancora ingarbugliato, ma erano sempre là. Erano sempre loro. « Credo che per i junior sia solo un ritorno alle origini. Però cazzo anche io avrei voluto giocare contro Victor Krum. » Lo guardò rapita perdersi nello stesso mondo fantastico in cui era scomparsa lei poco prima, sorridendo all'idea sempre più concreta che un giorno una partita del genere, così importante e così attesa, sarebbe stata giocata da una persona così talentuosa come Bart Crouch. Non glielo diceva mai, ma per lei era stato sempre naturale sostenerlo in quella che era da sempre la sua più grande passione. Da quando lei era arrivata ad Hogwarts e lui smaniava per entrare come titolare nella Squadra di Quidditch Serpeverde, guadagnandosi non molto più tardi il ruolo di cacciatore. « Ahah, beh, certo. E magari un giorno potrai farlo... » continuò perdendo di nuovo gli occhi verdi verso l'orizzonte, sulla stessa scia leggera di quel nuovo modo spensierato di pensare al futuro insieme, quando di nuovo la sua mente immaginò di percepire il fratellastro. Era un sogno, un pallino, una delle sue solite sensazioni? Chissà. « A me sarebbe piaciuto commentarla con Percy. Mi mancano queste cose, sai... tra fratelli. Ne ho vissute talmente poche con loro che per me sono oro colato. » Era così, era la verità e sentiva il bisogno di dirla ad alta voce, scaldando l'aria di un marzo rigoroso. Non ne aveva forse mai parlato liberamente, ma era poi quello che succedeva ogni qual volta la testolina irrequieta di Alice pensava di perdersi dei momenti preziosi con i fratelli maggiori. Forse c'era bisogno che Bart sapesse a cosa avesse rinunciato, per essere lì quel giorno. Che la Grifondoro non aveva semplicemente preferito lui a Percy, ma che il Golden Match era un tipo di frivolezza a cui poteva rinunciare rispetto ad altri eventi che prevedevano la presenza del fratello. Eventi che non si sarebbe persa per nulla al mondo. « Ho visto tempi migliori. » Ci pensò un attimo, aggrottando le sopracciglia com'era suo solito fare quando non capiva qualcosa e ci rifletteva su, arrovellandosi: che mi stai dicendo, Bart? Che dovrei sapere? Cosa non mi dici? « Sicuramente. Quello che... » ...vedo nel sonno e mi ruba del tempo di notte o quando meno me l'aspetto, lasciandomi più confusione che altro... « ...succede negli ultimi tempi non promette bene. » Svagheggiò, dunque, tornando a far finta di osservare il Campo come aveva fatto fino a quel momento, generalizzando il tutto riguardo alla situazione nel mondo magico che tutti conoscevano dopo gli eventi al faticosissimo rave a cui aveva partecipato. L'unica volta in cui aveva bevuto, consentendo alla sua testa di ragionare poco e soltanto per una sera. « Con lui? Non sa che esisto Alice. Cioè sì sono un suo studente, ma nient’altro. Non credo sappia di avere figli se no mi avrebbe riconosciuto. » Gli occhi verdi tornarono a terra, sulla pietra della Torre a definirne i contorni, come delusi e malinconici all'idea di quel casino familiare che Bart doveva affrontare, specchio del suo. Forse non peggio, ma comunque abbastanza incasinato da spingerla ad empatizzare e sforzarsi di trovare una soluzione concreta. Anche se c'entrava poco e si sentiva impotente, si chiedeva: era davvero possibile non sentire, non percepire, non riconoscere la presenza di un figlio? Terry era davvero la persona che sembrava agli occhi di tutti, così innocente? « Era carina l’idea del travestimento a capodanno, direi azzeccata la scelta di Alice nel paese delle meraviglie. Pensa che è stato divertente vedere Nessie fuori dai suoi schemi vestita da Poison Ivy. » Non riuscì a nascondere un altro sorrisetto, Alice: avrebbe tanto voluto fermarlo e far sì che non si palesasse mai sulle sue labbra rosse, ma l'idea che Bart, nonostante tutto, l'avesse osservata a fondo a casa Hamilton, la sorprese. « Oh. Banale, dai. Alice travestita da Alice, wow! Però Harvey non è così male, ci siamo divertiti. Anche tu stavi... » Eri un fighetto, dai. « ...bene. Poi Joker è uno dei miei supercattivi preferiti di sempre. Di chi non lo è? » Gli chiese rivolgendogli uno sguardo eloquente, riferito a tutti i film che lui l'aveva costretta a guardare sull'argomento. « Stavate molto bene, tu e Ness, sì... » Continuava a sorridere, cercando di ricordare i dettagli dei rispettivi travestimenti dei due Serpeverde, troppo impegnata com'era stata a scappare da lui. Sia in casa che sulle piste. Tipo ovunque. « E-e se fossimo capitati insieme? Da chi mi avresti proposto di travestirci? » E lo smeraldo dei suoi occhi sembrava ora ancora più chiaro, quando Alice, illuminata dal sole della bella giornata che era, li trattenne per più di qualche secondo in quelli del Serpeverde. Erano puri, grandi, veri: non sapevano bene cosa cercavano, ma parlavano per lei prima che desiderasse farlo, dunque poi forse non c'era così tanto bisogno di parole tra loro. « Penso che dovresti farglielo sapere in qualche modo. » disse così, riaprendo il discorso perché sapeva quanto potesse far male. E dunque quanto ne potesse aver bisogno: al suo uragano lei c'era ancora dentro. « Quando sarai pronto, dovresti dirgli che ci sei e spiegargli tutto quello che non sa. O non vuol sapere. Chissà! » Si voltò appena verso il Campo, attratta da un coro che si era alzato all'improvviso per la squadra dei Junior. « Al Professor Crouch, intendo. » Occhi negli occhi del Serpeverde, ancora. « Lo sai, ormai sono esperta in famiglie incasinate... » E piuttosto abituata a negare cose lampanti a me stessa e al resto del mondo.
     
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