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Forse potrei essere ancora in tempo per fare un blitz al Golden Match con mio fratello ed i suoi amici, pensava la Grifoncina mentre aveva abbassato lo sguardo, sottopressione. La consapevolezza di non poterlo - o volerlo? - rialzare, bruciava come uno spillo appuntato nella testa e nel petto: aveva passato troppo tempo lontana dal suo migliore amico, Alice (e per giunta per colpa sua) che adesso la voglia di parlargli e di aprirsi con lui, come aveva sempre fatto, la stava spingendo nell'estrema direzione opposta. Nonostante si approcciasse a lui come la so-tutto-io, piccola e sferzante ragazzina che era, come appariva nel mondo, aveva sempre avuto bisogno come l'aria del suo parere contrario ed opposto al suo: la prospettiva di Bart, lontana rispetto alla sua come il giorno dalla notte, l'aveva sempre indotta a riflettere più di quanto non facesse normalmente. Ad ascoltare di più. A mettersi più in discussione. A valutare che tutto si potesse fare anche diversamente, come lo faceva lui. Ma ora che faceva lui? « Sì, con lo studio tutto bene. Inizio già a pensare ai M.A.G.O. da ora. » Non potè fare a meno di trattenere il sopracciglio destro che andò a sollevarsi deciso, per esprimere un sentimento di reale stupore alla nozione appena appresa sulla vita che Bart stava conducendo senza di lei. Davvero ci voleva la mia assenza per farti studiare? Gliel'avrebbe detto, l'avrebbe provocato senza scrupoli un po' come facevano sempre loro, se solo non avesse avuto un macigno nello stomaco ed uno strato invisibile di colla tra le labbra rosse come il sangue vivido. Tutte le notti che avrebbe voluto prendere il telefono e chiamarlo giacevano su quelle labbra, silenziose. Serrate perché altrimenti si sarebbero lasciate andare, come le veniva naturale fare in presenza del Serpeverde. « Bene, fai bene. » Disse, leggera e titubante, ma sincera: Alice era stata colta alla sprovvista dalla dichiarazione dell'amico ed aveva perfino dovuto soffocare la risatina che la sua stessa provocazione le avrebbe suscitato. Pensava che non fosse ancora il caso di iniziare ad abbattere il muro di rispetto che aveva innalzato con tanta fatica, fragile e permalosa com'era, smettendo di scrivergli per settimane cosicché lui capisse. Scomparendo della sua vita, cosicché lui rivedesse alcuni punti fondamentali del loro rapporto. Il problema era che, anche per lei, non era ben chiaro, stravolgendolo, quale piega stesse prendendo. Era come se il destino di quell'incontro, su in cima alla Torre di Astronomia, potesse essere proprio di ridisegnarne i confini, ristabilire i limiti, decidere cosa fossero diventati e cosa avrebbero fatto di tutto quello che erano stati fino al bacio inaspettato. Per quanto ancora la spaventasse l'idea di aprirsi così tanto al riguardo, persino con lui, doveva ammettere che saperlo l'avrebbe resa più tranquilla in generale. Nella vita. Magari anche nell'affrontare gli esami della fine del suo sesto anno che certo, non apparivano minacciosi come i M.A.G.O., ma nemmeno tranquilli come uno snaso rinchiuso in una camera blindata. « Terry? Sì quando si avvicinano gli esami è leggermente più severo, ma poi è una persona alla mano. » Ascoltando il Serpeverde, Alice abbassò lo sguardo smeraldino, corrucciato da pensieri che si aggiravano attorno alla vita ed i misteri del Professor Terry Crouch. Un tipo così curioso da risultare sbadato e distratto nelle cose della vita, così com'era preparato ed elegantemente scaltro nel campo di sua pertinenza. Forse il miglior professore che c'era ad Hogwarts dopo ls Branwell ed Alice lo aveva sempre detto, anche prima di scoprire il segreto sulla storia di Bart. E la sua valutazione non si basava soltanto sull'aspetto fisico, che già contribuiva a suscitare metà dell'interesse che le sue coetanee provavano per la materia che insegnava. Il boom di Erbologia ad Hogwarts coincideva storicamente, a quanto pareva, proprio con l'insediamento della cattedra di Mr. Crouch Senior che... davvero non si era mai domandato come mai uno dei suoi studenti avesse il suo stesso cognome? « Mi piace molto tuo padre. C'è feeling tra noi, credo. » gli disse dubbiosa, riemergendo da quello stato nebuloso di meditazione in cui aveva pensato a tutto al contrario di tutto su una figura così difficile da decifrare come quella del vero padre di Bart. Un segreto che, in ogni caso, Alice si era premurata di conservare nel propio petto, senza condividerlo con nessuno, sapendo quanto fosse difficile affrontare situazioni che prevedevano riconcialiazioni familiari inaspettate, almeno da una delle due parti. L'attenzione della Watson navigò oltre il balconcino in ferro, sul lato della radura che pullulava di grida che, di tanto in tanto, già si alzavano in standing ovation, nonostante la partita d'oro non fosse ancora ufficialmente iniziata. « Sarebbe piaciuto anche a me partecipare. Anche June – la mia tutor del Boa – gioca titolare. » Sgranò gli occhi, voltando il corpo esile verso la figura del Serpeverde, vorace di scoprire qualsiasi dettaglio. « Hai Juniper Rosier come tutor?! È verooo, Lucy me lo aveva detto! Che figata! » esclamò a voce piena, senza riuscire a trattenere lo stesso entusiasmo che aveva rivolto all'amica quando aveva appreso la notizia, ricomponendosi il secondo dopo, come a non volergli dare soddisfazione che gli fosse capitato il tutor migliore sulla piazza. E cavolo se la Rosier lo era! Era un'appassionata di Quidditch ad intermittenza, Alice, ma era precisa ed intransigente a priori, dunque aveva imparato a riconoscere la tecnica ed il talento dei giocatori professionisti. « Io ho Albus Potter... » disse fiera, Alice, come la piccola leoncina dal pelo arruffato che era, entusiasta almeno come lo era stata per lui, mentre però il suo viso dolce passava da essere sereno a corrucciato nel mentre che terminava la frase. « ...ma siamo io e Max. Sì, ehm... » Proprio io e Max, sì. Ma scommetto che già ne sai qualcosa. Lo guardò, curiosa di conoscere la sua reazione alla notizia, trattenendosi mezzo secondo prima di sputare il rospo su come stesse effettivamente andando. Abbozzò un mezzo sorriso a labbra strette: aveva bisogno di sdrammatizzare tutta quella situazione assurda in cui si era ritrovata nel tempo, in cui la sua vita e quella di Max viaggiavano su due binari simili ma sempre lontani. « Manteniamo una pace apparente ignorandoci a vicenda, per il momento. » Si era appoggiata con i gomiti stretti sulla ringhiera, mentre il suo sguardo verdastro si perdeva nella radura, chissà dove. Magari un giorno capiremo perché ci sia questo bisogno di impegnarci per mantenere la pace, pensò, mentre tutto lo stress del Progetto in sé le ricordava quanto fosse difficile portare avanti tutto senza poter abbassare mai la guardia. « Sai se Lucy andrà al match? Chiedo perché durante i nostri incontri per il BOA sembrava sempre entusiasta di allenarsi ed è molto ferrata sul Quidditch. » Le sembrò che il giovane Crouch, per qualche motivo, tentasse come di giustificare il suo interesse sull'ubicazione della sua amica; Alice pensò che non ce ne fosse bisogno. E pensò anche che gliel'avrebbe esternato stuzzicandolo senza problemi, se i problemi in quel momento non fossero stati altri. « Sì, sì: ci andava tutta la sua famiglia! Tra giocatori, giornalisti, allenatori... Oh sì, Lucy è la migliore di noi. Ma penso che questo tu l'abbia potuto notare da te sul campo da gioco. » Spostò il suo sguardo su di lui - finalmente! ma non come avrebbe dovuto, no - incrociando i suoi occhi in maniera bonaria, ma a mo' di sfida: quello stesso sguardo fulmineo che si scambiavano sempre prima di una partita a mezz'aria su quel campo ora gremito di persone, nonostante avessero passato il tempo ad allenarsi insieme. Nonostante non tutti i giocatori di Hogwarts fossero a conoscenza che c'era anche sempre una sfida privata tra loro in corso, mentre ognuno tentava in tutti i modi di portare la sua squadra alla vittoria. E quando la pluffa di Bart trapassava uno dei suoi anelli, era sempre anche un bruciore per una sconfitta personale ad ardere dentro di lei. « Stai seguendo il progetto BOA sia per Quidditch che per DCAO anche tu, immagino... » domandò, abbastanza sicura di conoscere la risposta, guardandolo mezzo secondo prima di affacciarsi di nuovo verso il Campo e continuare a fingere una sorta di complice indifferenza. « Chi ti è capitato come tutor? » gli domandò, pensando (ma anche sperando) che fosse molto basso il rischio che il Serpeverde avesse potuto incontrare suo fratello come tutor di Magisprudenza, magari ritrovandosi a parlare di fatti suoi. O male di lei. Ecco, anche no, grazie. Fortuna che leggi e decreti non rientrano nelle sfere d'interesse di Bart. « Lo penso anche io. » Alice immaginò che Percy potesse in qualche modo avvertire che lei lo stesso scrutando dall'alto: sorrise appena, sospettando che fosse preso nell'osservare Tris, che quel giorno giocava da titolare. « Ci pensi? Rudolph Black che difende gli stessi anelli che difendi tu. » Le parole di Bart contribuirono a spingere la sua fantasia ancora un po' più in là: già, come aveva detto lui, era bello pensare che un giorno anche lei avrebbe trovato il suo posto nel mondo come Rudy, che facendo quello che faceva lei normalmente, durante le partite, doveva aver capito che quello fosse il suo. Era bello immaginare che facessero le stesse cose, le stesse roteate per proteggere gli anelli e che lui, così, aveva reso il suo futuro un po' più chiaro e meno spaventoso. « Ci vorrebbe un Rudolph Black in ogni Squadra di Grifondoro che si rispetti. Parerebbe le tue pluffe impazzite tipo... sempre? » Non se ne accorse nemmeno, ma Alice tornò a sorridere e punzecchiarlo come faceva sempre. Non se ne accorse, non lo calcolò, di base aveva sperato non accadesse così facilmente ma non poté fare a meno di sorridergli guardandolo, se possibile allentando nell'aria la tensione di parecchi nodi. Era tutto ancora ingarbugliato, ma erano sempre là. Erano sempre loro. « Credo che per i junior sia solo un ritorno alle origini. Però cazzo anche io avrei voluto giocare contro Victor Krum. » Lo guardò rapita perdersi nello stesso mondo fantastico in cui era scomparsa lei poco prima, sorridendo all'idea sempre più concreta che un giorno una partita del genere, così importante e così attesa, sarebbe stata giocata da una persona così talentuosa come Bart Crouch. Non glielo diceva mai, ma per lei era stato sempre naturale sostenerlo in quella che era da sempre la sua più grande passione. Da quando lei era arrivata ad Hogwarts e lui smaniava per entrare come titolare nella Squadra di Quidditch Serpeverde, guadagnandosi non molto più tardi il ruolo di cacciatore. « Ahah, beh, certo. E magari un giorno potrai farlo... » continuò perdendo di nuovo gli occhi verdi verso l'orizzonte, sulla stessa scia leggera di quel nuovo modo spensierato di pensare al futuro insieme, quando di nuovo la sua mente immaginò di percepire il fratellastro. Era un sogno, un pallino, una delle sue solite sensazioni? Chissà. « A me sarebbe piaciuto commentarla con Percy. Mi mancano queste cose, sai... tra fratelli. Ne ho vissute talmente poche con loro che per me sono oro colato. » Era così, era la verità e sentiva il bisogno di dirla ad alta voce, scaldando l'aria di un marzo rigoroso. Non ne aveva forse mai parlato liberamente, ma era poi quello che succedeva ogni qual volta la testolina irrequieta di Alice pensava di perdersi dei momenti preziosi con i fratelli maggiori. Forse c'era bisogno che Bart sapesse a cosa avesse rinunciato, per essere lì quel giorno. Che la Grifondoro non aveva semplicemente preferito lui a Percy, ma che il Golden Match era un tipo di frivolezza a cui poteva rinunciare rispetto ad altri eventi che prevedevano la presenza del fratello. Eventi che non si sarebbe persa per nulla al mondo. « Ho visto tempi migliori. » Ci pensò un attimo, aggrottando le sopracciglia com'era suo solito fare quando non capiva qualcosa e ci rifletteva su, arrovellandosi: che mi stai dicendo, Bart? Che dovrei sapere? Cosa non mi dici? « Sicuramente. Quello che... » ...vedo nel sonno e mi ruba del tempo di notte o quando meno me l'aspetto, lasciandomi più confusione che altro... « ...succede negli ultimi tempi non promette bene. » Svagheggiò, dunque, tornando a far finta di osservare il Campo come aveva fatto fino a quel momento, generalizzando il tutto riguardo alla situazione nel mondo magico che tutti conoscevano dopo gli eventi al faticosissimo rave a cui aveva partecipato. L'unica volta in cui aveva bevuto, consentendo alla sua testa di ragionare poco e soltanto per una sera. « Con lui? Non sa che esisto Alice. Cioè sì sono un suo studente, ma nient’altro. Non credo sappia di avere figli se no mi avrebbe riconosciuto. » Gli occhi verdi tornarono a terra, sulla pietra della Torre a definirne i contorni, come delusi e malinconici all'idea di quel casino familiare che Bart doveva affrontare, specchio del suo. Forse non peggio, ma comunque abbastanza incasinato da spingerla ad empatizzare e sforzarsi di trovare una soluzione concreta. Anche se c'entrava poco e si sentiva impotente, si chiedeva: era davvero possibile non sentire, non percepire, non riconoscere la presenza di un figlio? Terry era davvero la persona che sembrava agli occhi di tutti, così innocente? « Era carina l’idea del travestimento a capodanno, direi azzeccata la scelta di Alice nel paese delle meraviglie. Pensa che è stato divertente vedere Nessie fuori dai suoi schemi vestita da Poison Ivy. » Non riuscì a nascondere un altro sorrisetto, Alice: avrebbe tanto voluto fermarlo e far sì che non si palesasse mai sulle sue labbra rosse, ma l'idea che Bart, nonostante tutto, l'avesse osservata a fondo a casa Hamilton, la sorprese. « Oh. Banale, dai. Alice travestita da Alice, wow! Però Harvey non è così male, ci siamo divertiti. Anche tu stavi... » Eri un fighetto, dai. « ...bene. Poi Joker è uno dei miei supercattivi preferiti di sempre. Di chi non lo è? » Gli chiese rivolgendogli uno sguardo eloquente, riferito a tutti i film che lui l'aveva costretta a guardare sull'argomento. « Stavate molto bene, tu e Ness, sì... » Continuava a sorridere, cercando di ricordare i dettagli dei rispettivi travestimenti dei due Serpeverde, troppo impegnata com'era stata a scappare da lui. Sia in casa che sulle piste. Tipo ovunque. « E-e se fossimo capitati insieme? Da chi mi avresti proposto di travestirci? » E lo smeraldo dei suoi occhi sembrava ora ancora più chiaro, quando Alice, illuminata dal sole della bella giornata che era, li trattenne per più di qualche secondo in quelli del Serpeverde. Erano puri, grandi, veri: non sapevano bene cosa cercavano, ma parlavano per lei prima che desiderasse farlo, dunque poi forse non c'era così tanto bisogno di parole tra loro. « Penso che dovresti farglielo sapere in qualche modo. » disse così, riaprendo il discorso perché sapeva quanto potesse far male. E dunque quanto ne potesse aver bisogno: al suo uragano lei c'era ancora dentro. « Quando sarai pronto, dovresti dirgli che ci sei e spiegargli tutto quello che non sa. O non vuol sapere. Chissà! » Si voltò appena verso il Campo, attratta da un coro che si era alzato all'improvviso per la squadra dei Junior. « Al Professor Crouch, intendo. » Occhi negli occhi del Serpeverde, ancora. « Lo sai, ormai sono esperta in famiglie incasinate... » E piuttosto abituata a negare cose lampanti a me stessa e al resto del mondo.
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