It takes two to make an accident.

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    Con i libri stretti al petto e la borsa a tracolla che le dondolava fastidiosamente sulla spalla, una Nessie più trafelata del solito spalancò la porta della camera da letto. « Hey, Mia! » Trillò, allegra, gettando tutto ciò che aveva in mano sul proprio letto, le cui coperte aveva rincalzato quella mattina stessa, lisciando meticolosamente ogni piega del lenzuolo. Si chinò sulle ginocchia e spalancò il baule, mormorando qualcosa tra sé e sé, come talvolta capitava quando temeva di dimenticarsi qualcosa di importante. Oh, accidenti! Sono sicura che è qui da qualche parte! Sbuffò, irritata, lanciando qualche copia di Teen Witch sul pavimento. « Non è che hai visto i miei appunti di Pozioni, vero? Ero sicura di averli messi nel baule ma non ci sono. » Mentre parlava lanciò un’occhiata sconsolata al suo angolo della stanza, talmente pulito ed ordinato che il passaggio degli elfi sarebbe stato superfluo. « Dopo cena devo incontrarmi con Grace in biblioteca per studiare e se non li trov- » Si bloccò all’improvviso, notando un rotolo di pergamena che sbucava da dietro il piede sinistro del letto a baldacchino. « Ah! » Si sporse ad afferrarlo, gli occhi olivastri illuminati di soddisfazione e sollievo quando, srotolandolo, si accorse che era proprio ciò che cercava. Grazie a Merlino, Morgana e tutti i Maghi! Gracie avrebbe avuto un esaurimento nervoso se lo avessi perso! Sistemò tutto nel baule con un rapido movimento di bacchetta e si rialzò, soffermandosi davanti allo specchio per controllare il proprio riflesso. « Comuuunque » Iniziò, lisciandosi i capelli. « abbiamo quasi finito le caramelle. Domani le andiamo a comprare insieme? Se è bello potremmo anche fare un pic-nic! » Saltellò sul posto, troppo entusiasta all’idea per accorgersi realmente delle risposte a monosillabi della Wallace. Proprio in quel momento la porta si spalancò, annunciando l’arrivo di Alyssa. Nessie le sorrise dallo specchio. « Alyssa! Stavo proprio dicendo che abbiamo finito le c- » Non riuscì nemmeno a terminare la frase perché, a passo svelto, Alyssa si rinchiuse in bagno con la stessa velocità con cui Mia lasciò la camera, sbattendo le porte all’unisono e lasciando la povera Nessie con un palmo di naso. « Beh, vorrà dire che le sceglierò io! » Sbottò, leggermente piccata, alzando la voce per farsi sentire da chissà chi.

    […] Alla fine aveva fatto una scappata ad Hogsmeade da sola, durante le due ore vuote subito dopo pranzo, scambiando qualche galeone per un generosissimo sacchetto colmo di caramelle assortite che, come da tradizione, avrebbe spartito nel comodino di ciascuna. Una piccola abitudine che era nata quasi per caso, al primo anno, e a cui Nessie sembrava essersi affezionata a tal punto da assicurarsi che la scorta venisse rifornita puntualmente. Rientrata nella camera deserta solamente prima di cena, sistemò il sacchettino colorato ai piedi del proprio letto, in bella vista assieme ad un piccolo bigliettino su cui aveva scribacchiato rapidamente un “Se siete in quel periodo del mese, prendete la mia parte di cioccolatini.” Non era certa di cosa stava succedendo tra Alyssa e Mia, ma giunta in Sala Grande per la cena, ebbe la conferma che qualcosa non andava. Praticamente sedute ai lati opposti del tavolo delle Serpi, le due ragazze si ostentavano a comportarsi come se niente fosse, evitando però accuratamente di guardare l’una in direzione dell’altra. A disagio, Nessie tentennò per qualche istante prima di decidere dove accomodarsi e, alla fine, si sedette accanto a Domiziana, ben attenta a non interrompere il racconto di cui Savannah Hamilton era la protagonista indiscussa. Come al solito, smangiucchiò poco e lentamente, avendo cura di mantenere le porzioni di cibo ben distanziate le une dalle altre e, dopo aver giocato ininterrottamente con il contorno, infilzandolo con la forchetta per metà della cena, si scusò e abbandonò la Sala Grande in contemporanea a Grace, pronte a rintanarsi in biblioteca per l’ennesima sera di fila. Ad essere onesti, Agnés non era mai stata una vera e propria secchiona; la sua media era buona, migliore in alcune materie rispetto ad altre, ma in vista dei M.A.G.O. aveva chiesto a Grace di aiutarla con alcuni argomenti che le risultavano particolarmente ostici o disgustosi. Tra questi, la piccola D’Arcy rifuggiva soprattutto l’utilizzo di componenti animali nella preparazione delle pozioni, specialmente quando erano ancora vivi. Una necessità che trovava crudele, antiquata e – nella maggior parte dei casi – inconcepibile. Peccato che il Preside non la pensi allo stesso modo. Armata di pazienza e rassegnazione, nonché richiamata all’attenzione dall’instancabile dedizione di Grace, impiegò un paio d’ore a scrivere due rotoli di pergamena estremamente dettagliati sulle proprietà dei lombrichi. Uno sbadiglio la colse a metà di una frase, costringendola a posare la piuma per evitare di macchiare il foglio. Si stiracchiò contro il rigido schienale della sedia di legno e prese a strofinarsi l’occhio sinistro con il pugno, lasciando vagare lo sguardo sulla biblioteca ormai vuota, illuminata fiocamente solo dalle candele che lei e la giovane Moore avevano sparso sul tavolo. « Gracie » Richiamò l’attenzione della Tassorosso, soffocando un secondo sbadiglio. « dobbiamo tornare in Sala Comune, il coprifuoco inizia tra dieci minuti. » Le indicò il grande orologio a pendolo ed entrambe iniziarono a raccogliere il materiale, lasciando per ultimi i fogli di pergamena, ancora umidi di inchiostro. Con la borsa a tracolla sulla spalla, Nessie li afferrò per un angolo e, a passo svelto, affiancò Grace sino ai sotterranei, dove le rese una delle pergamene e si salutarono con un piccolo bacetto sulla guancia. Quando mise piede in Sala Comune, l’orologio aveva appena iniziato a battere i dodici rintocchi della mezzanotte. Assonnata, abbandonò borsa e pergamena sul bordo del letto e si infilò in bagno per cambiarsi, facendo attenzione a non svegliare le compagne di stanza. Si era già infilata sotto le coperte quando, afferrata la pergamena per rileggerla a lume di candela, si accorse che la scrittura ordinata e lineare non era la sua. Gli occhi chiari, arrossati per la stanchezza, schizzarono all’angolo del foglio, dove spiccava il nome Grace Moore. « Oh, no! » Scattò a sedere, afferrando il cellulare e iniziando a scrivere un messaggio dopo l’altro alla Tassorosso, nessuno dei quali venne visualizzato. Merlino, di sicuro Gracie è già a letto! E ora? Esitò un istante, indecisa sul da farsi, ed infine lasciò la stanza a passo svelto, premurandosi unicamente di gettarsi un cardigan sulle spalle. Nessie non era mai stata il tipo da infrangere le regole alla leggera, salvo quando era convinta che fosse strettamente necessario. In quel caso, si trattava di una vera e propria emergenza. Il mio compito non è certo al pari di quello di Grace e la mattina abbiamo orari diversi! Tendendo l’orecchio per captare il minimo rumore, si sporse oltre l’ingresso della Sala Comune di Serpeverde per assicurarsi che il passaggio fosse libero, e sgattaiolò il più silenziosamente possibile verso quella dei Tassorosso, i piedini nudi che sembravano ancor più pallidi in contrasto con il pavimento freddo. Non ci credo che ho scordato persino le ciabatte. Nella fretta aveva recuperato solamente la pergamena, la bacchetta ed il cellulare, ansiosa di restituire a Grace il suo compito e assai poco preoccupata di venir colta in flagrante fuori dal letto. E’ per una buona causa. Un’emergenza. Non sto andando in giro per il Castello per divertimento personale. Giunta davanti all’entrata della Sala Comune dei Tassi, però, si ritrovò indecisa sul da farsi. Come al solito, sorvolando sulla questione essenziale, si rese conto che non aveva idea di come fare per entrare o raggiugere Grace. Tentò invano di indovinare la parola d’ordine e quando il quadro si rifiutò di farla passare, cercò di spiegargli la situazione, mostrandogli addirittura la pergamena su cui spiccava il nome di Grace. Fu tutto inutile e, con le braccia incrociate al petto in segno di stizza, Nessie iniziò a battere nervosamente il piedino nudo sul pavimento. « Si tratta di un’emergenza! E – m – e – r- g – e – n – z – a. » Scandì, infastidita dalla poca comprensione del dipinto. « Mi spiace, signorina. La questione dovrà essere risolta domattina. » Ormai irritata, Nessie sbuffò sonoramente, roteando gli occhi al cielo. « La questione dovrà essere risolta domattina. » Ripetette, polemica, imbronciandosi ancora di più. « Non posso aspettare domattina, è una cosa imp- » Si bloccò, improvvisamente colta da un lampo di genio – o qualcosa di simile. Ma certo! Sbloccò lo schermo del telefono e scorse sino alla chat con Teodor, a cui inviò un’infinità di messaggi, uno dietro l’altro. Con un po’ di fortuna il Caposcuola di Tassorosso poteva essere ancora impegnato nella ronda e, se l’avesse raggiunta, Nessie avrebbe potuto consegnargli la pergamena di Grace. Come ho fatto a non pensarci prima! Soddisfatta, si appoggiò contro il muro, ingannando l’attesa leggendo qualche articoletto su internet. Si era talmente distratta da accorgersi quando ormai era troppo tardi del rumore di passi che proveniva da in fondo al corridoio, accompagnato dalla luce di una bacchetta che, infastidendola, la costrinse a ripararsi gli occhi con una mano. « Theodor? » Chiamò, strizzando le palpebre. « Finalmente! Non ero sicura che avresti letto i messaggi, devi assolutamente dare q- » Si bloccò prima di terminare la frase quando, una volta abbassata la bacchetta, la figura maschile di fronte a lei non si rivelò essere il Caposcuola di Tassorosso, bensì Friday Mortimer. Oh, no. No, no, no! Nessie ammutolì, investita dall’imbarazzo per essere stata scoperta fuori dal dormitorio, per di più in condizioni poco presentabili. Il fatto che lei e Mortimer non si parlassero praticamente da un anno, poi, la fece sentire ancora più a disagio. Per non parlare di quando l’ho colpito con una palla di neve. Fortuna che Bart se ne è assunto la colpa! « Mortimer. » Mormorò, salutandolo con un leggero cenno del capo. « Scusa. Pensavo fossi Theodore. Lo… lo hai visto per caso? » Si mordicchiò nervosamente il labbro inferiore, tormentandosi il bordo della camicia da notte nella speranza che il compagno di Casa, nonché Caposcuola, fosse abbastanza solidale da non toglierle dei punti. Era una speranza vana ma forse il suo piano avrebbe anche potuto funzionare, se non fosse stato per il dipinto. « Oh, un Caposcuola. Buonasera. La signorina ha cercato di entrare nella Sala Comune di Tassorosso. È tardi, non è saggio che si avventuri in giro per il Castello. »
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    Nessie arrossì furiosamente, scoccando un’occhiata inceneritrice in direzione del dipinto. « Non è vero! Non ho cercato di entrar- cioè, sì. Ho cercato di indovinare la parola d’ordine, ma solo perché si tratta di un’emergenza! » Si piazzò le mani sui fianchi, irritata e, probabilmente, piuttosto buffa ad occhi esterni. « Io e Grace abbiamo scambiato inavvertitamente le pergamene. Domani abbiamo orari diversi e devo assolutamente restituirle la sua, altrimenti dovrà consegnala incompleta. » Gesticolò appena, chiaramente nervosa. Stupido quadro. « H-ho scritto a Theodor per consegnargliela, per questo ti ho scambiato per lui. » Abbassò lo sguardo sul pavimento, conscia di aver comunque infranto il coprifuoco. Sapeva di non trovarsi in una bella situazione ma, al contempo, era convinta di non aver fatto nulla di grave. Sollevò lo sguardo chiaro su Mortimer, titubante.« Puoi fargliela avere? » Biascicò, insicura. Era consapevole di non potersi spingere tanto in là da chiedergli un favore, eppure ci provò comunque. « Per favore. » Aggiunse, con una flebile nota di speranza. Se non per me, almeno per Grace.
     
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    C’era un silenzio disumano a quell’ora della notte. Era più semplice apprezzare quei corridoi che erano sempre troppo pieni di gente mal vestita e che si sentiva alla moda nel tenere le camicie sbottonate e la cravatta appoggiata attorno al collo, come se fosse una sorta di sciarpa. Era in grado di ascoltare e soprattutto ragionare in quel silenzio tombale. Non che amasse circondarsi da persone loquaci, ma sapeva che era bene non condividere con nessuno, il più delle volte, i desideri e i pensieri più reconditi del suo essere. A Friday non dispiacevano le veglie notturne: era bello andarsene in giro quando tutti gli altri erano rinchiusi nelle loro stanze. Non succedeva mai nulla di particolare: il più delle volte, gli unici rumori che sentiva erano i suoi passi o, decisamente troppe volte, il russare dei quadri che si indispettivano se la punta della sua bacchetta illuminava troppo a lungo i loro volti. Era sempre stato un tipo anormale sotto quel punto di vista: gli piacevano le feste, gli piaceva fare la bella vita, riempiendola di casino ed esperienze, ma era in grado di isolarsi anche in un posto dove le persone sgomitavano da ogni lato. Gli capitava fin troppo spesso di lasciare scorrere i propri pensieri e di rintanarsi nella sua stessa testa, pur di prendere le distanze dalle persone che gli erano intorno. Gli capitava continuamente, anche quando era a lezione e la professoressa perdeva più di cinque minuti a spiegare lo stesso argomento che a lui era parso lineare sin dal primo momento. Aveva sempre bisogno di nuovi stimoli, eppure stava cercando di trovare una sorta di suo personale equilibrio in quella monotonia. E decisamente, in quello la sua testa era di grande aiuto dal momento che gli permetteva di vedere mondi inesistenti e inesplorati. Non succedeva mai nulla durante le sue ronde. Gli era capitato raramente di incontrare qualcuno e qualora fosse successo, si era limitato a guardarlo male, mentre il malcapitato se ne andava farfugliando qualcosa di incomprensibile. Aveva presto capito che in realtà, molto spesso, le persone avevano paura di lui. Insomma, probabilmente avevano paura di tutta la sua famiglia e li avevano sempre considerati come dei tipi strani. Se questo serviva a tenere gli idioti lontano da lui, Friday era ben felice di essere rappresentato come un inquietante spilungone. « Finalmente! Non ero sicura che avresti letto i messaggi, devi assolutamente dare q- » Non succedeva nulla durante le sue ronde. Non succedeva mai nulla. Quella volta, però, non gli era andata bene. Dinanzi a lui, in abiti ben poco consoni, c’era proprio Agnès, la stessa ragazza che stava evitando da mesi ormai. Da quando lui si era esposto e le aveva rivelato che gli interessava e che pensava che fosse una ragazza speciale e dallo stesso giorno in cui aveva avuto un grandissimo palo, non aveva fatto altro che evitarla. Come si era sentito? Uno stupido. Un vero e proprio imbecille che cercava di inseguire una persona che in realtà non aveva la minima intenzione di partecipare a quella corsa. E lui, aveva avuto davvero i salami davanti agli occhi per non rendersi conto che a Agnès lui non interessava nemmeno minimamente. E quindi era ritorno al suo posto, a leccarsi le ferite del suo orgoglio ferito e maturando l’idea che si sarebbe aperto con qualcuna soltanto se fosse stato su un tavolo, pronto per la sua autopsia. Erano compagni di casata, eppure, negli ultimi mesi non si erano rivolti minimamente la parola e Friday aveva ben curato di non avere alcun contatto con lei. Però, in quel momento, era decisamente in trappola. Non poteva di certo scappare ed evitarla, doveva pur sempre fare il suo lavoro. « Mortimer. » Salutò la ragazza con un cenno del capo, cercando di tenere il suo sguardo fisso sul suo viso. Perché era mezza nuda, davanti al dormitorio dei Tassorosso?? « Scusa. Pensavo fossi Theodore. Lo… lo hai visto per caso? » Stava per andare da Theodore? Erano forse una coppia quei due? Questo spiegherebbe perché era praticamente svestita a un orario in cui non era permesso andare in giro.
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    « Probabilmente, lo vedi molto più di me. » Una frecciatina? Probabile. E nemmeno troppo velata. Il suo orgoglio era ancora così ferito che al momento stava provando solo molto fastidio e disagio. Eppure, aveva lui il coltello dalla parte del manico: Agnès non stava indossando vestiti consoni ed era fuori dal dormitorio a un orario proibito, Friday poteva decisamente vendicarsi in ogni modo – cioè, punirla per l’inosservanza delle regole. « Oh, un Caposcuola. Buonasera. La signorina ha cercato di entrare nella Sala Comune di Tassorosso. È tardi, non è saggio che si avventuri in giro per il Castello. » Quindi aveva cercato di corrompere il quadro pur di entrare nella sala comune? Aveva davvero tutta questa voglia di vedere il suo…ragazzo? Si sentiva decisamente nauseato, anche se la sua espressione rimaneva impassibile come sempre. Quindi, mentre lui si era fatto avanti e lei gli aveva chiesto tempo per capire, aveva deciso di capire insieme a Theodore? Quanto era stato stupido. Aveva pensato di provare qualcosa nei confronti di quella ragazza perché la considerava diversa, mentre era soltanto come tutte le altre. Magari, semplicemente lui non era il suo tipo. Perché non gliel’aveva detto dritto in faccia invece di prendere soltanto tempo? Era più sadica di quanto immaginasse… Amava tenere gli altri sul filo del rasoio? L’aveva decisamente sottovalutata. « Non è vero! Non ho cercato di entrar- cioè, sì. Ho cercato di indovinare la parola d’ordine, ma solo perché si tratta di un’emergenza! » Oh, sì. Si chiamano così ora. Anche io quando ho voglia di scopare la considero “un’emergenza”. Continuò ad ascoltarla, rimanendo completamente in silenzio. Che razza di storia assurda e fantasiosa. Di certo, non poteva dire che non fosse originale. « Puoi fargliela avere? » Aggrottò le sopracciglia, decisamente stupito dalla sua domanda. Per poco non scoppiò a riderle in faccia per quanto assurda fosse la sua richiesta. « Quindi, ora sono diventato un gufo? » Probabilmente era davvero quella la considerazione che aveva di lui. Insomma, anche lei non aveva fatto chissà quali passi verso di lui in tutto quel tempo e ora aveva il coraggio di chiedergli un favore. Che cosa carina. Peccato che Friday non era mai stato un tipo particolarmente generoso. « Ma prima di arrivare a questo. Stai infrangendo almeno tre regole, non posso chiudere un occhio. » Aveva infranto il coprifuoco, era decisamente poco vestita e aveva cercato di irrompere in un altro dormitorio. Non poteva decisamente fare finta di nulla. Insomma, era risaputo che amava far rispettare le regole. « Sei molto amica dei Tassorosso, giuso? » Una costatazione più che una vera e propria domanda.

     
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