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    dauntless

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    In altre circostanze avrebbe pensato che Mia fosse scappata dall'imbarazzo. Non nel senso di una vera e propria fuga senza ritorno - opzione difficile da contemplare, dato che prima o poi sarebbero comunque dovuti tornare entrambi a casa Wallace - quanto piuttosto di un temporaneo nascondiglio nei bagni volto a riflettere su come affrontare una simile situazione. Tuttavia il cambio di colore nei capelli della ragazza lasciava davvero poco su cui dubitare riguardo lo scatto con cui si era alzata dalla sedia, correndo verso il bagno e lasciando Raiden a ridacchiare tra sé e sé e giocherellare con la forchetta da dolce ancora intonsa. Si divertiva smisuratamente a calare Mia in quei giochi, forse perché le reazioni della mora erano sempre impagabili, o forse perché sotto tutte le provocazioni che lei gli rilanciava di continuo, era evidente che ci fosse un cuore tenero. Sì, la trovava tenera. Non nella medesima maniera in cui era abituato a trovare tenere le ragazze che aveva frequentato sporadicamente a suo tempo, ma non per questo da meno - tutt'altro. Mia viaggiava su una linea di perfetto equilibrio che agli occhi di Raiden appariva irresistibile: non era un'ingenuotta in completa balia del divertimento altrui, ma non era nemmeno incapace di stupirsi o di arrossire quando il gioco prendeva una certa direzione. E questo, al giovane Yagami, piaceva tantissimo, tanto che lo portava a stuzzicarla in continuazione per comprendere i suoi limiti e cosa le piacesse, un po' come aveva fatto qualche sera prima al negozietto nello scantinato ad Hogsmeade.
    Quando la Serpeverde tornò al tavolo, la baked Alaska era già stata portata loro da qualche minuto, tanto che il gelato aveva iniziato a farsi più morbido e sciogliersi ai lati della fetta servita. Il giapponese non l'aveva toccata, aspettando il ritorno di Mia mentre osservava il dolce con un sorrisino enigmatico. « Stavo iniziando a preoccuparmi. » buttò lì, noncurante, sollevando le iridi castane sul volto della ragazza, i cui capelli avevano preso una sfumatura rossa fiammeggiante. Sorrise, smettendo di rigirarsi la forchettina tra le dita per impugnarla dal manico. « Te lo devo proprio dire, questa torta è la fine del mondo. Non mangerai da nessuna parte una Baked Alaska come a New Orleans. » « Ero davvero tentato di cominciare senza di te: questa torta ha un aspetto davvero squisito e sarebbe stato un peccato se si fosse sciolta del tutto. » disse, mettendo su un piccolo broncio ironico prima di riabbassare lo sguardo sul dessert. Lasciò la forchetta sul tavolo, avanzando un indice verso un lato della fetta e facendovelo scorrere in un movimento tanto lento quanto eloquente, atto a raccogliere parte del gelato sciolto che colava da quella parte. Gli occhi di Raiden guizzarono automaticamente sul viso di Mia nel portarsi l'indice alle labbra e metterselo in bocca, leccandovi via il gelato con un leggero risucchio che si concluse in un mugolio gratificato. « Mh.. deliziosa. » Sottolineò quella parola assottigliando leggermente le palpebre sulle pupille palesemente dilatate in due pozzi scuri che indagavano maliziosamente il viso di Mia. Lei, dal suo canto, decise di prendere una bella cucchiaiata di dolce, porgendola in direzione del giovane. « Tranquillo.. nessun contatto.. » Non se lo fece ripetere due volte, avvicinandosi alla posata per inglobarla con le labbra e ingurgitare il pezzo di dessert - chiaramente senza dimenticarsi di ripulire il cucchiaio con un giro di lingua. Annuì tra sé e sé, pensieroso, prima di decretare solenne. « Dovresti provare con le mani. Non sarà il massimo dell'eleganza, ma ti assicuro che è tutta un'altra esperienza. » Sbatté leggermente le palpebre con un sorrisino angelico, lasciandole quindi il tempo di gustare il dessert a propria volta. « Sei proprio un bravo ragazzo, Raiden. » Sospirò, stringendosi nelle spalle con semplicità. « Faccio solo del mio meglio. » Pure modesto, ve'? Mamma mia, il ragazzo che ogni genitore vorrebbe per sua figlia. « Ci ho riflettuto anche io mentre ero via.. » Annuì, poggiando il mento sul palmo della mano come a volerle prestare più attenzione. « ..e hai proprio ragione. Tutto questo contatto non mi aiuta a capire più di tanto cosa voglio fare. » Le labbra di Raiden sembrarono illuminarsi in un sorriso fanciullesco mentre, ancora una volta, annuiva con convinzione. « Esatto! » Sospirò, ostentando una certa contentezza che, tuttavia, derivava molto di più dall'aver ricevuto la prova concreta del fatto che Mia avesse accettato quel gioco. « Certo, qualcuno di completamente esterno potrebbe pensare che il tuo è un ricatto bello e buono, considerato che nessuno dei due sa tenere le mani al proprio posto. Ma io mi fido di te, e so che hai solo buone intenzioni. Quindi ci sto. Nessun contatto. Di nessuna natura. » « Ti fa onore, sai? È molto maturo da parte tua. Un sacco di gente l'avrebbe preso come una stupidaggine, o si sarebbe addirittura offesa. Ma tu.. » scosse il capo, finendo per inclinarlo di lato e fissarla con un misto di malizia e divertimento « ..tu sei proprio una brava ragazza. Molto, molto brava. » Il tono di Raiden scese di qualche ottava nel sottolineare quelle parole, che pronunciò fissandola da sotto le ciglia senza nasconderle nulla nella propria sfera emotiva. In fin dei conti era quello il gioco: una roulette russa in cui non era davvero contemplato né un vincitore né tantomeno un perdente. Qualunque cosa il singolo facesse per stuzzicare l'altro, gli si sarebbe ritorta contro come un boomerang per forza di cose; non poteva essere altrimenti, dal momento in cui ciascuno poteva percepire esattamente ogni sensazione ed emozione dell'altro come se fosse propria. Si trattava davvero di una sfida a chi resistesse di più? Non proprio. In realtà, il gioco non aveva chissà quale finalità se non quella di rendere la serata più intrigante. E chissà, forse una risposta la otterrò davvero. Ma non è quello il punto. « Però, ammetto che un po' sono delusa. Voglio dire.. tra pochi giorni torneremo a Hogwarts e - sai - nella previsione in cui dovessi diventare il mio ragazzo, stavo riflettendo sul fatto che non potremmo vederci tutti i giorni. » Arricciò le labbra in un sorriso, lasciandola parlare per capire dove volesse andare a parare di preciso con quel preludio. « Ti ricordi quel regalino che mi hai fatto l'altra sera? » Annuì, chiudendo brevemente le palpebre. « Si dà il caso che a New Orleans sono molto più reperibili senza finire in scantinati bui. Quindi sai.. mi ero fatta questa idea che potessimo.. capire se funziona.. tra le tante cose.. sai.. da qui a giugno i giorni aridi sono tanti. » Inutile dire che quelle parole sortirono nel moro esattamente l'effetto sperato da Mia, perché il suo sguardo si fece più fosco e un senso di noto calore iniziò a formicolargli all'altezza dell'addome, portandolo a desiderare di buttare in terra qualunque cosa ci fosse sul tavolo e avventarsi su di lei con fame animalesca. Tuttavia si contenne dal fare un qualunque movimento, limitandosi ad umettarsi le labbra e fissarla con muta malizia. « Mi sembra un buon compromesso. » proferì quindi con voce arrochita, infilzando poi la forchetta nel dolce e gustandone uno degli ultimi assaggi prima che lei richiamasse l'attenzione del cameriere. « La notte è giovane.. ed io devo ancora sdebitarmi con te per una cosa nello specifico. Mi era parso di capire che ti piacesse andare a ballare, no? Visto che ti ho fatto saltare una seratona di rimorchio qualche settimana fa, mi sembra giusto rimediare. » Ridacchiò, rivolgendole un veloce cenno d'assenso prima che il cameriere si palesasse accanto a loro, iniziando a chiacchierare con lui riguardo un po' tutto quanto. Inutile dire che la cosa lo lasciò un po' stupito: per quanto gradevole potesse essere quel naturale calore con cui la gente di New Orleans trattava i turisti, era pur sempre vero che Raiden era abituato a tutt'altro tipo di servizio, molto più formale e discreto. Discrezione, già; l'ultimo briciolo di ciò che ne era rimasto andò presto a farsi benedire quando si rese conto dell'effettivo piano architettato in bagno dalla Wallace. Lo percepì sotto forma di una lieve vibrazione che iniziò a stuzzicare le sue terminazioni nervose, creando un senso di strisciante piacere sotterraneo che non gli apparteneva del tutto. Ma sapeva da dove provenisse, tanto che lanciò un'occhiata a Mia, nel mentre di quella conversazione, mantenendo la faccia seria sebbene fosse piuttosto evidente che un gorgoglio di eccitazione stesse ribollendo sotto la superficie. Di per sé l'interazione col cameriere durò solo pochi minuti, ma Raiden ne percepì ogni istante con estrema e dolorosa lentezza, cercando il più possibile di combattere contro una manifestazione più evidente del piacere che il proprio corpo stava sperimentando. I battiti accelerati e il respiro leggermente spezzato sembravano rendere i suoi pensieri più sconnessi, difficile da riordinare in frasi di senso compiuto che non tradissero il suo stato d'animo. E infatti, probabilmente, il cameriere dovette interpretare a un certo punto le risposte più secche del giapponese come un indizio del fatto che la sua presenza cominciasse a farsi sgradita. Ecco, adesso penserà che sono un cafone. E infatti, quando arrivò il momento di pagare il conto, Raiden decise di mettere una pezza a quell'incidente lasciando al ragazzo una mancia più generosa del dovuto. Menomale che c'è stata quella fottutissima lotteria, altrimenti starei già in rosso. Una volta lasciati soli, il moro rivolse nuovamente lo sguardo alla Wallace, sorridendo sornione mentre scuoteva piano il capo. « Ritiro ciò che ho detto prima riguardo il tuo essere una brava ragazza. » « Te lo lascio in custodia.. sai.. non vorrei mi venisse la tentazione di essere poco pura. » Prese il cellulare senza farselo ripetere due volte, mettendoselo nella tasca libera prima di alzarsi dal proprio posto e scoccarle un'occhiata, sollevando un sopracciglio. « A tuo rischio e pericolo. »
    Per un po', la situazione tra Mia e Raiden sembrò acquietarsi su un equilibrio tranquillo, senza eccessivi sbalzi o provocazioni. Non era semplice stare a quel gioco e trattenersi dall'instaurare un qualsiasi contatto fisico - anche il più piccolo e innocuo - con la mora, ma di certo non fu doloroso come lo era stato al ristorante. Per il momento, il giapponese non toccò l'app sul cellulare della ragazza, aspettando a vedere come la serata si sarebbe dipanata e quali piani lei avesse in serbo per lui. Tutto a tempo debito. Non tardò comunque a scoprirlo quando, dopo aver preso un paio di birre, Mia lo condusse in quello che sembrava un luogo completamente abbandonato. Sollevò un sopracciglio, scoccandole un'occhiata. « Stiamo per farci di eroina? » chiese ironico, scoppiando a ridere prima che lei battesse alcuni colpi precisi, lasciandogli scoprire un locale decisamente diverso da ciò che ci si potesse aspettare. « Appartiene al Credo da centinaia di anni. La prima testimonianza della presenza dei cacciatori in città. Vivevano qui, i miei antenati, prima di decidere di allargarsi nel Bayou. Oggi è solo un posto di baldoria. » Sorrise estasiato, il giovane Yagami, facendo vagare lo sguardo intorno a sé per l'ambiente parzialmente illuminato dalle luci soffuse che danzavano al ritmo battente della musica. Il suo genere di musica, per la precisione. Tanto che fu naturale, per il ragazzo, muovere leggermente il capo a tempo, mordicchiandosi il labbro inferiore mentre i suoi occhi si riempivano di estatico apprezzamento. « Chi è il DJ? Sa il fatto suo. » urlò sopra la musica, avvicinandosi quanto poteva all'orecchio di Mia per farsi sentire meglio. « Quello è Jason.. Sa il fatto suo, però, ci ho parlato, e vorrebbe conoscerti. Gli ho fatto sentire alcuni dei tuoi pezzi e secondo me gli è partita un po' di sana invidia. » Le iridi del ragazzo si illuminarono di curiosità, piacevolmente colpito da quell'attenzione inaspettata che Mia gli aveva dedicato. Per quanto potesse sembrare stupido e scontato, Raiden rimaneva sempre stupito quando qualcuno gli dimostrava di aver davvero ascoltato ciò che diceva e di averlo colto, utilizzandolo per giunta per fargli una piccola sorpresa. Sorrise, genuino, spostando per qualche istante lo sguardo sulle labbra di Mia. Avrebbe davvero voluto baciarla, in quel momento, e non si vergognò affatto di lasciarglielo intendere, aprendo completamente la propria sfera emotiva e lasciandola in bella vista per la ragazza. « Visto che siamo in fase nessun contatto, potresti almeno farmi ballare. Tipo.. uno di quei mashup.. Oppure.. puoi chiudere la partita, e chiedermi di portarti di sopra. Sono belli questi appartamenti. E qui non ci sentirà proprio nessuno. » Per qualche istante, Raiden non disse nulla, mordendosi il labbro inferiore mentre teneva lo sguardo piantato negli occhi di Mia. Che fosse combattuto era evidente, così come era evidente che nel suo corpo stesse ribollendo un miscuglio di ormoni e sentimenti che lasciava ben poco all'immaginazione. Abbassò lo sguardo sul leggero contatto che le dita di Mia avevano instaurato con la sua camicia, indugiando con l'immaginazione sull'idea di vederle andare oltre - molto oltre. Riusciva quasi a sentire il calore della sua mano, così vicina al proprio petto da poter annullare ogni distanza con il più piccolo dei movimenti. E ne aveva bisogno. Desiderava sentire il contatto tra le loro pelli con bruciante desiderio. Un tipo di desiderio che conosceva bene, perché gli era sempre appartenuto e che sembrò riportarlo indietro nel tempo, provocandogli le stesse sensazioni che aveva sentito la prima volta che era stato toccato. Sentiva la stessa elettricità, quella che precedeva un punto di incontro tanto piccolo quanto decisivo. E lo bramava più di ogni altra cosa. Ciò che era successo con Ellie, all'epoca, era stato bellissimo non soltanto perché era stata la sua prima volta e perché l'aveva condivisa con qualcuno che per lui era davvero speciale, ma anche perché Raiden aveva dimenticato come ci si sentisse ad essere toccati con affetto e dolcezza. Per molti anni il giovane Yagami aveva sperimentato il contatto fisico solo nella sua forma più violenta e dolorosa; prima erano venuti gli schiaffoni a piena mano del patrigno e poi le ancor peggiori percosse e angherie subite durante il duro addestramento sull'isola di Iwo Jima. Ai tempi nemmeno ricordava quando fosse stata l'ultima volta in cui sua madre gli aveva lasciato una carezza sul viso - Hanna, in fin dei conti, non era mai stata una donna che dimostrava il proprio affetto col contatto fisico. Eppure, di quel contatto, Raiden ne aveva davvero bisogno. Non lo sapeva, allora, ma era così. Tanto che alla fine, uscito da quel campo, lo aveva ricercato ovunque con bramosia spropositata. Era quanto di più bello ci fosse, per lui - nulla era più assuefacente di sentire le mani affusolate di una ragazza scorrergli con gentilezza sul petto, sulle spalle, sul viso. Nulla lo faceva sentire meglio di quel calore corporeo che si imprimeva sulla pelle con gentilezza, senza bisogno di ricorrere alla forza. Per lui aveva lo stesso effetto di una droga, sentire le morbide rotondità femminili sotto le proprie dita e percepire il piacere che quelle carezze andavano a provocare sul corpo altrui. Io avevo bisogno di sentire il mio corpo e di sentire quello altrui. Ma non nella maniera dolorosa che mi era stata fatta conoscere. No, io volevo sentirmi umano. Volevo sapere cosa si provasse, a lasciarsi toccare senza avere paura.. e a toccare senza che l'altro mi temesse. Era anche per quella ragione che Raiden piaceva molto alle ragazze di Mahoutokoro: perché i suoi approcci potevano sì apparire a tratti un po' sfrontati per le rigide regole sociali giapponesi, ma non erano mai irruenti - cosa affatto scontata, data la condotta di certi soldati. I contatti di Raiden erano morbidi e gentili, guidavano senza imporsi e prestavano attenzione a non fare mai del male. Ma del male, inutile dirlo, spesso e volentieri lo facevano comunque, seppur non di tipo fisico, dato che non di rado questa sua indole era stata fraintesa come sintomo di amore. Ma amore non lo era. No, era pura dipendenza mista a una dose massiccia di erotismo - gentile, sì, ma non per questo snaturato dalla propria vera forma e ragion d'essere. Di queste cose, Raiden non era del tutto consapevole: credeva fosse soltanto naturale provare quelle sensazioni e quel desiderio. E di per sé non aveva torto, ma era anche vero che in lui quelle cose fossero decisamente più accentuate e che ricoprissero un'importanza diversa, concretizzandosi come un bisogno spasmodico e totalizzante che conduceva all'assuefazione. Era quindi naturale che per lui, quel gioco, avesse connotati ben precisi ed effetti fisici e psichici di grande rilevanza e impatto - tutte cose che, ovviamente, si riversavano di rimando su Mia. Con ogni probabilità, anche lei in quel momento doveva sentire i medesimi effetti: palle di cannone in pieno stomaco che non avevano un nome o una spiegazione precisa, ma che a loro modo avevano senso. Dovette quindi forzarsi molto, Raiden, per non cedere allo stimolo. Tuttavia decise comunque di metterci il proprio, allungando una mano con calcolata cautela. Si inumidì le labbra, inclinando leggermente il capo di lato mentre faceva scorrere le dita dalla spalla al braccio di Mia, senza però mai realizzare un vero contatto. Le loro pelli erano così vicine da assaporare il reciproco calore, creando una tensione elettrica che si lasciava dietro brividi di anticipazione frustrata e puntualmente disattesa. Fece guizzare lo sguardo in quello di Mia, sospirando prima di farsi ricadere il braccio lungo il corpo e distanziarsi di un passo. « Penso proprio di volerti vedere ballare, sai? » disse, sollevando il mento a mo' di sfida prima di far sciabolare le sopracciglia e concludere il tutto con un occhiolino, allontanandosi in direzione del DJ.
    Jason era un tipo a posto e la conversazione con lui, per quanto breve, fu sciolta e naturale. Condividevano gusti piuttosto simili, sebbene avessero prospettive diverse; prospettive che si scambiarono, imparando l'uno dall'altro come avrebbero dovuto fare due persone con la loro stessa passione. A Raiden piaceva quel tipo di gente: quella che si sapeva mettere in gioco senza preconcetti o categorie scolpite nel marmo, disposta ad arricchirsi e a scoprire un punto di vista che non aveva considerato in precedenza. Era così che il giovane Yagami intendeva la musica: come un qualcosa che i confini doveva trascenderli, piuttosto che crearli. E fu piacevole scoprire che Jason, a riguardo, era del suo stesso avviso, tanto che a un certo punto lo invitò a prendere possesso della postazione e a mettere qualcosa di proprio. Raiden non aveva mai fatto il DJ, sebbene negli ultimi mesi gli fosse più volte stata offerta l'occasione. Una parte di lui voleva cimentarsi nell'impresa, mentre l'altra non riusciva a vedercisi del tutto, come se quella possibilità fosse stata tranciata ad un certo punto della sua vita e ora la sola idea apparisse ridicola. E un po', ridicolo, ci si sentì quando si infilò le cuffie, schiarendosi la gola e aggrottando la fronte per concentrarsi sull'attrezzatura a sua completa disposizione. Sto davvero facendo questa cosa? Era forse il Sottotenente Yagami dentro di sé, a parlare in quel momento. Ma d'altronde, quando mai non parlava? Era semplicemente ciò che era. Ok, Raiden. Devi farli ballare. Questo già restringe il campo e va ad eliminare almeno tre quarti della roba che fai. E poi ebbe l'illuminazione. O più che altro un paio di illuminazioni. Sorrise, inumidendosi le labbra mentre cominciava a lavorare su una canzone che di certo a Mia sarebbe stata nota - e non solo perché la conoscevano anche i muri. Quando la musica partì, facendo tremare le casse per i bassi, Raiden alzò lo sguardo sulla pista con un sorriso, cercandovi la figura di Mia mentre, a propria volta, cominciava a muoversi a ritmo. Si abbandonò al ritmo, spensierato, preoccupandosi solo di far incastrare le canzoni scelte e di regolare i vari parametri, concedendosi tuttavia di far a sua volta un salto in pista con la mente. Ballava e rideva accanto a Mia, lasciandosi circondare da qualunque altro lycan decidesse di unirsi loro da ovunque si trovasse. Fu un ballo divertente, senza pensieri, che coinvolse più di una presenza nota nella sfera di Raiden e Mia. Ballarono con Miguel, con Savannah, con Lotte.. con chiunque fosse lì, disposto a comparire nelle loro teste e partecipare al divertimento. E alla fine, il giovane Yagami, si ritrovò coi vestiti appiccicati addosso e un sorriso genuino che lasciava trapelare alcuni respiri pesanti infusi di endorfine. « Un'altra e poi torno, ok? » Lo disse con tranquillità, senza lasciar presagire nulla di particolare, sebbene un piano lo avesse. Un piano che non aveva bisogno di chissà quale lavoro, dato che di per sé la canzone l'aveva già lavorata a suo tempo, quindi aveva solo bisogno di ricercarla nel proprio repertorio di soundcloud. Non era esattamente l'opera di cui andava più fiero, ma d'altronde non aveva chissà quale interesse a impressionare nessuno: il suo punto era un altro. « Ehy Jason, potresti andarmi a prendere un gin tonic mentre lavoro alla prossima, per piacere? » Il ragazzo non si fece troppe domande e acconsentì, dileguandosi verso il bancone e lasciandolo così da solo alla postazione. L'atmosfera in pista cambiò radicalmente quando le prime note della melodia si diffusero nel
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    locale. Schiacciato play, infatti, Raiden poté rilassarsi, umettandosi le labbra mentre si appoggiava coi gomiti alla balaustra di ferro che dava sulla pista. Col cellulare di Mia tra le mani, puntò lo sguardo su di lei da quella postazione privilegiata, mostrandole l'aggeggio con un sorriso sornione e un sopracciglio alzato. Le vibrazioni cominciarono piano, seguendo lentamente il crescendo della musica per farsi sempre più intense. Ma per quanto quegli effetti scuotessero anche il corpo del ragazzo con il piacere di Mia, a lui non sembrò comunque bastare. Non gli bastava far scorrere il dito sulla barra che gli permetteva di aumentare la frequenza del giocattolo. No, decise piuttosto di aprire la galleria del telefono, scorrendo quanto bastava a ritrovare le foto che, qualche sera prima, lei si era inviata col cellulare del ragazzo. Si mise a guardarle, alzando di tanto in tanto lo sguardo dallo schermo alla figura di Mia in pista e mordicchiandosi la nocca del pollice mentre tanto il desiderio quanto il piacere di quel sostenuto vibrare gli montavano in corpo, riempiendogli gli occhi di una brama morbosa. Mia sapeva esattamente cosa Raiden stesse facendo - o meglio, cosa stesse guardando. E forte del suo starsene in solitaria, coperto da quel grosso bancone di ferro rialzato, cominciò a giocherellare con un bottone della camicia, solo per solleticarsi leggermente la pelle scoperta del petto con le dita. Lasciò scendere la mano leggera lungo la stoffa che copriva il proprio addome, arrivando piano al cavallo dei pantaloni mentre passava a una foto più scoperta di Mia e, al contempo, alzava l'intensità del giocattolo tramite l'app. Un gemito roco e sommesso risalì dalla sua gola, accompagnato dall'istintivo stringersi della mano sul cavallo, prendendo come poteva la presa della propria intimità e facendovi scorrere piano il palmo. Il miscuglio delle sensazioni di entrambi fu deleterio e portò Raiden ad affondare con forza i denti nel labbro inferiore, puntando lo sguardo su Mia con aria famelica. Are you enough of a good girl to touch yourself just a bit? Just enough to let me taste how sweet you are on your own tongue? Le parole uscirono senza vergogna dalle sue labbra tramite il canale privilegiato tra le loro menti che lo fece comparire alle spalle della ragazza, abbastanza vicino da poter sentire il suo calore e soffiare ciò che aveva da dire nel suo orecchio, ma non abbastanza da farli toccare. But bad enough to come in front of everyone, just for me? I denti di Raiden scintillarono in un sorriso che grondava malizia, illuminato dalle luci stroboscopiche del locale. Rimase lì, alle sue spalle, seguendo il ritmo della canzone tra i respiri affannati che il suo corpo - quello concreto - produceva sotto i diversi stimoli che aveva messo in campo. Un crescendo di tensione che sembrava obbligarli ad andare oltre, ma a cui Raiden impiegò ogni briciolo di forza di volontà per resistere. Portò le vibrazioni del giocattolo al massimo, intensificando al contempo il contatto con cui si stuzzicava; tutto per arrivare a quel punto, quello di massima tensione. Interruppe le vibrazioni. E poi le riaccese. E poi le interruppe di nuovo. Un gioco che creava una lenta tortura nei loro corpi. « Voglio sentirtelo dire. » Pronunciò al suo orecchio, con voce arrochita dal desiderio e la sopportazione giunta ormai al limite. « Dimmi che sei la mia ragazza. » Dimmi che sei mia e mia soltanto, che vuoi solo me.

     
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    L'indecisione che percepì nell'indole di Raiden la lasciò sorprendentemente soddisfatta, quasi come se percepirsi come una sua forte tentazione la mettesse in una posizione privilegiata. Le piaceva, sentirsi in grado di suscitare quelle reazioni in lui ed essere al contempo a sua completa disposizione. Perché in fondo, Mia gli aveva consegnato il suo cellulare, concedendogli in quella maniera la possibilità di fare qualunque cosa volesse; una libertà, quella, che sembrava suscitare in lei un senso di perenne attesa e aspettativa. Sapeva non fosse questione di se, ma di quando e come avrebbe deciso di utilizzare il suo cellulare, perché in fondo conosceva abbastanza bene Raiden da sapere che non se lo sarebbe fatto ripetere, e in fondo, Mia un po' lo sperava. L'ignoto sembrava acuire i suoi sensi, renderla più vigile, più viva, più cauta, addirittura più calcolata. Sotto pressione, con i giusti incentivi, Mia sembrava individuare lucidamente i suoi obiettivi, soppesare le situazioni con più attenzione. Almeno finché la sua parte più animalesca non veniva stuzzicata. E fu ciò che effettivamente successe nell'esatto momento in cui le dita di lui sorvolarono la lunghezza del suo braccio senza mai stabilire un contatto. Brividi incontrollati attraversarono la sua schiena, mentre manteneva lo sguardo fisso in quello di lui, tentando di comunicargli l'intenso desiderio che provava. Aveva voglia di scappare assieme a lui lontano da occhi indiscreti, sentirlo fino all'ultima terminazione nervosa, unirsi a lui in una danza disperata, lasciandogli percepire ogni goccia del suo piacere e cibandosi al contempo del piacere di lui. Le sarebbe bastato spostare appena il braccio per percepire il calore dei suoi polpastrelli; una tentazione di fronte alla quale quasi cedette diverse volte. Decise tuttavia di socchiudere appena le palpebre esalando un sospiro profondo, ispirando il fresco profumo di lui, come se fosse l'unica forma di aria di cui avesse bisogno. « Penso proprio di volerti vedere ballare, sai? » Davvero? Fu con uno spirito sorpreso che accolse quella sua scelta. Però in fondo, un patto e un patto. Hai scelto. Complice il palese senso di autocontrollo schiacciato da un desiderio che Mia riusciva a percepire alla perfezione, si strinse nelle spalle con apparente noncuranza, scuotendo la testa con aria plateale. « Sempre che tu riesca a trascinarmi in pista. » Rispose al suo guanto di sfida con altrettanta lungimiranza, intenzionata a non cedere. Perché in fondo, Raiden doveva sapere che Mia era indomabile e non faceva assolutamente nulla a meno che non lo volesse fino in fondo. E probabilmente è ciò che ti piace vero? Io non ti dico mai di si, a meno che non ne abbia veramente voglia. E anche quando ne ho voglia, te lo faccio sudare, non perché mi piace tirarmela, ma perché conosco un cacciatore innato quando lo vedo. Il punto è chiedersi qui chi è la preda, o se ce ne è una. « Stupiscimi! » E su quelle note, Mia gli diede le spalle, facendosi spazio nella calca di gente per raggiungere il bancone. « Oh! Ce l'hai fatta. Belli 'sti capelli! » Stacey era seduta al bancone in compagnia di diversi loro coetanei. Tutte persone con cui Mia era cresciuta e che conosceva bene. Salutò diversi dei suoi compari, ridendo e scherzando tra battute e chiacchiere insignificanti. In fondo, nonostante gli evidenti problemi che coinvolgevano la città e di cui molti di loro erano protagonisti, quella era pur sempre una serata allegra, e non c'era motivo alcuno per cui rabbuiarsi. Della sua gente le piaceva proprio quello spirito intriso di positività. Non importa quanto le cose vanno male. In un modo o nell'altro, questa gente troverà sempre un motivo per cui vale la pena continuare a vivere, spremere l'esistenza di ogni goccia di gioia e felicità che ci sia ancora da ottenere. « Sedotta e abbandonata stasera? » Mia scosse la testa scoppiando a ridere, prima di indicargli la postazione di Jason dove Raiden stava già allegramente parlottando con il padrone di casa. Stacey annuì sciabolando le sopracciglia, notando l'espressione decisamente insistente con cui gli occhi ambrati della giovane Wallace si posarono sulla figura di Raiden. Non c'era nulla attorno a lui agli occhi della giovane Wallace, e non aveva bisogno che ce ne fosse dell'altro. Chiese un cocktail, appoggiando i gomiti sul bancone, continuando a parlare del più e del meno, semplicemente per il piacere di dire qualcosa, senza sentire il bisogno di esplorare argomenti significativi. Scrutarono per un po' le diverse persone in pista, trovando così il tempo di aggiornarsi su alcuni gossip succulenti. C'erano nuove coppie in città, e anche nuovi drammi. Gente che si lasciava e coppie che sbocciavano dal giorno alla notte in piena primavera. Un po' come Mia e Raiden, che in fondo doveva essere comunque una gran sorpresa per tanti motivi. Una coppia nello specifico attirò la sua attenzione. Si trattava di Tina Maulvey che ora usciva con il suo sin eater, e che al momento gli stava divorando la faccia muovendosi sinuosamente a tempo, incollata al corpo di lui. Spostò istintivamente lo sguardo altrove, evitando la sfera emotiva della ragazza. Col tempo s'impara a stare lontani dagli altri nei loro momenti più intimi, nonostante la sfera della giovane lycan emanasse ormoni a palla e promiscuità a gogo. « E quella roba che mi hai chiesto oggi? Gliene hai già parlato? » Era stata Stacey ad assisterla a distanza nell'acquisto del giocattolo. Tra loro non c'erano poi molti segreti, né si vergognava di ammettere che aveva voglia di provare quell'esperienza. La bionda le gettò uno sguardo eloquente che venne immediatamente contraccambiato da quello di Mia. Fu piuttosto evidente la sua risposta anche senza il bisogno di aggiungere nulla; e se la sfera di Tina Maulvey emanava un determinato miscuglio di sensazioni seppur estremamente ovattate dallo specifico desiderio di starne alla larga, altrettanto doveva succedere con quella di Mia. Immaginava d'altronde che la domanda dell'amica non fosse del tutto casuale, e infatti, scoppiò a ridere annuendo con un moto di muto orgoglio. « Buon per te. » Disse solo squadrandola dalla testa ai piedi per qualche istante prima di passarle la sigaretta alle erbe magiche che le era giunta da qualcun altro. Mia fece un paio di tiri prima di passarla oltre stringendosi nelle spalle. E fu proprio in quel momento che la musica cambiò, e Mia non poté fare a meno di riconoscere all'istante la scelta come un qualcosa che la richiamava, volente o nolente, in pista. Scosse la testa, e saltò dallo sgabello, trascinando in pista chiunque conoscesse. « Questa la devo ballare. » E infatti, buttatasi in pista, venne travolta da un mare di persone, presenti sia fisicamente che nella propria mente. Un miscuglio di interiorità pronte a scatenarsi come se non ci fosse un domani, dimenticandosi anche solo per pochi istanti che il legame che li univa, li richiamava anche a compiti ben specifici che tutto erano tranne che gioiosi. E quando individuò Raiden al suo fianco, per un istante si fermò; il desiderio di avvicinarsi e baciarlo fu talmente forte che quasi non riuscì a resistere. Voleva tornare a rivivere quel ricordo al Parco della Liberazione con occhi diversi, senza la triste conclusione che effettivamente aveva avuto quella serata. Voleva tornare a volteggiare assieme a lui, ridere mentre le faceva fare i casqué e incastrarsi al corpo di lui aderendo alla perfezione alla sua figura. Scandagliò la sua statyra da cima a fondo, inumidendosi le labbra mentre tornava a ballare, osservando con indiscrezione le piccole goccioline di sudore che imperlavano la sua pelle, beandosi del suo sorriso e della serenità, l'immensa felicità con cui aveva accolto l'idea esibire il suo talento di fronte a un pubblico pulsante, e non solo virtuale. Ecco io penso davvero che tu ai margini non ci stai per niente bene. Non dovresti stare ai margini; non dovresti nascondere questi piccoli tesori che coltivi di notte nella tua stanza. Dovresti condividerli col mondo, lasciare che tutti ti vedano esattamente come ti vedo io. Era felice Mia, e spensierata, in mezzo a suoi simili, persone che la capivano e che non l'avrebbero mai giudicata, in compagnia della persona più bella che potesse definire il suo ragazzo. « Un'altra e poi torno, ok? » Stirò un leggero sorriso portandosi il bicchiere alle labbra, mentre volgeva nuovamente lo sguardo verso l'alto. Tutto attorno a lei cambiò sul colpo. Le luci si abbassarono ulteriormente, creando soffuse note rosse e viola sotto i colonnati, portando le coppie ad avvicinarsi ulteriormente, alienandosi da tutto il resto. Gli occhi della giovane Wallace, saettarono sulla figura di Raiden percependo il leggero senso di tensione dovuto all'attesa. Non appena il Grifondoro azionò le vibrazioni, Mia chiuse gli occhi intrappolando il labbro inferiore tra i denti, sollevando tuttavia poco dopo lo sguardo nella sua direzione, costringendosi a muoversi con estrema sinuosità seguendo il ritmo della musica che rimbombava dentro di lei. Comparire alle sue spalle, alla ricerca di una vista migliore, fu istintivo, e nell'esatto momento in cui gli occhi ambrati di lei scesero sullo schermo del cellulare, un verso di puro piacere sconfinò dalla dimensione del legame per sprigionarsi dalle sue labbra insistentemente. Tremava al suo fianco, Mia, beandosi dell'immagine di lui intendo a scorrere le foto scattate da Mia, e nell'esatto momento in cui i polpastrelli di lui solleticarono la pelle umidiccia, Mia fece altrettanto, soffermandosi sin troppo insistentemente sul seno, desiderando liberarne la sensibilità dal filtro opprimente del reggiseno. Liberò completamente la mente, muovendosi come se il suo mondo iniziasse e finisse su quella pista, mentre, mentalmente era altrove, intenta a scandagliare con uno sguardo famelico la schiena di lui, la sua figura leggermente ricurva che ricercava un contatto sempre più profondo con la propria intimità. Il piacere di lui rimbombava dentro di lei, e quello di lei si sprigionava con sempre più forza nel bassoventre di lui. E per un istante, Mia volle solo di più; voleva osservarlo da quella posizione privilegiata, strapparlo all'intimo momento con se stesso, solo per il puro gusto di ricercare nel piacere di lui il proprio, alla stessa maniera in cui lui divorava le sensazioni scardinanti che le provocava con un semplice tasto. E lo sapeva che lui era consapevole di tutto, ma non le importò affatto, anzi, semmai, sembrò ancora più propensa a osservarlo, fissarlo come se quell'immagine avesse la stessa carica erotica di un qualcosa di proibito. Venne strappata da quell'immagine - da una scena che sembrava farle tremare le cosce fino al punto in cui reggersi in piedi sembrava addirittura uno sforzo - solo quando fu lui a trovarsi alle spalle di lei. Are you enough of a good girl to touch yourself just a bit? Just enough to let me taste how sweet you are on your own tongue? But bad enough to come in front of everyone, just for me? Una richiesta quella che per poco non la fece cedere. Le guance ormai accaldate, la pelle imperlata da leggere goccioline di sudore, i capelli leggermente umidicci. Era grodante di desiderio Mia; un desiderio che a quel punto non sapeva neanche come nascondere, e che non era certa nemmeno di voler celare. Indietreggiò solo di pochi passi, uscendo leggermente dalla calca, appoggiando la schiena contro una delle colonne del cortile interno dello stabile, restando tuttavia ben in vista, proprio davanti alla postazione del DJ. Lo sguardo erto verso l'alto mentre con lentezza lasciava scorrere lo mano dal seno, sul ventre piatto fino a raggiungere l'orlo del vestito, continuando a seguire il ritmo della musica, contando ognuno dei respiri di lui. Per un istante, pensò addirittura di non guardarsi attorno; sprezzante del pericolo e noncurante di cosa succedesse attorno a lei, manteneva lo sguardo fisso sulla figura di lui, consapevole di cosa stesse facendo, di quali sensazioni si provocava, provocandole di rimando a lei. Nessuno faceva caso a lei; diverse coppiette appartate intente a scambiarsi effusioni piuttosto eloquenti, persone in pista intente a lasciarsi completamente andare. Le sensazioni che Mia e Raiden provavano, non erano solo dentro di loro; erano anche attorno a loro. Uno stato d'animo generale che in parte si aspettava, ma che non pensava potesse creare una tale complicità. Fu allora che Mia oltrepassò l'orlo del proprio vestito, raggiungendo con lentezza la propria intimità, stimolata ulteriormente da vibrazioni sempre più intense. Constatare la portata del proprio desiderio l'accese ulteriormente; costringendola a respiri sempre più frammentati mentre ricerca un contatto più approfondito con se stessa stimolando inebriata il suo punto più sensibile abbandonandosi ad altri versi di puro piacere, guardandosi istintivamente attorno prima di portarsi indice e medio di fronte al viso saggiandone solo i polpastrelli col chiaro intento di portare a termine quel compito solo in parte. Si mordicchia insistentemente il medio fino al punto in cui quell'incastro le provoca un leggero quanto piacevole dolore. Un dolore quello che divenne sempre più persistente man mano che i rimbombi nel suo bassoventre si intensificavano, rallentando poi di colpo. « Voglio sentirtelo dire. Dimmi che sei la mia ragazza. » Un altro verso si liberò dalle labbra di lei, colta di sorpresa da quei continui stimoli interrotti. Si voltò quanto bastasse per incontrare lo sguardo di lui alle proprie spalle, sorridendo con fare malizioso, giunta ormai allo stremo. « No. » Disse solo ridendo appena inebriata dalla continue stimolazioni violenti che si interrompevano proprio quando il era sul punto di giungere all'estremo. « No. » Continuò una seconda volta mentre il respiro si faceva sempre più cadenzato. Di scatto schiuse e labbra liberando sospiri sempre più insistenti, che si infransero di colpo contro il collo di lui al piano superiore. Posò il mento contro la spalla di lui raggiungendo la propria intimità senza remora alcuna, abbassando lo sguardo sui movimenti di lui, che andarono in sincrono con quelli di lei. Unzip your pants, babe. Show me what did you do when I wasn't there for you. Lo sguardo insistente non lo lascia neanche per un istante, mentre accarezza la propria intimità con movimenti lenti, atti a ritardare un piacere che vuole accrescere ulteriormente. Did you stroke yourself before thinking about me? Mantiene una distanza minima col corpo di lui, costringendosi a restare lì, col mento posato sulla spalla di lui e lo sguardo complice intento a saettare dal suo viso alla sua intimità. How many times? Quelli di Mia sono sussurri a tratti strozzati dalla qualità del piacere che condividono. Tonight I'll make it up for each and every one of them. Di scatto la pressione iniziò a essere troppa; il piacere unito alla visione del ragazzo la portò a uno stato di palese estasi, ricercando il contatto con se stessa sempre di più, fino al punto del non ritorno, provando sensazioni uniche miste a indoli che non appartenevano a nessuno dei due. Lì, attorno a loro, la tensione era palpabile, il piacere, l'odore di lussuria unito a qualcosa di nuovo, qualcosa che Mia non conosceva e che non aveva mai incontrato prima di allora. Una forma di condivisone che teneva ben distanziate tante indoli differenti, unite tuttavia da filo conduttore unico. Sospinta da quella sensazione unica, circondò il collo di lui col braccio libero, posando la fronte contro la sua tempia, sospirando profondamente contro il viso di lui, ispirando il dolce profumo dei suoi capelli sudaticci, inebriandosi della sua vicinanza, incapace di stargli lontano. I fucking love you! Parole dette nel momento più genuino di sempre, senza pensarci, messe lì in piazza, senza pensarle, senza soppesarle, senza chiedersi se fosse o meno il momento giusto. E lì il climax giunse, violento e squisito, e Mia provò una sensazione talmente liberatoria da sentir esplodere tutte le sue sinapsi all'unisono. Aggrappata alla colonna, Mia si girò quanto bastasse per incollare la fronte contro la pietra alle proprie spalle allo stesso modo in cui posava la fronte contro la sua tempia, ispirando ed espirando in modo cadenzato, noncurante di cosa succedesse attorno a sé. Le ci volle qualche minuto per riprendere fiato, tempo in cui nessuno fece caso a lei. C'era chi continuava a ballare, chi condivideva momenti più intimi in un angolo più buio, e chi invece sorseggiava qualche drink in gruppo. Eppure, nonostante ciò, non vi era un solo sguardo che si posasse in maniera insistente sulla sua figura, tanto quanto lei non lo faceva con gli altri. Una specie di patto di non belligeranza che la portò alla fine a sollevare lo sguardo nell'unico punto di suo interesse. Si sistemò il vestito lisciandoselo appena per poi scuotere la testa inumidendosi le labbra. Era rossa in viso e accaldata, ma per una volta tutto ciò non ebbe nulla a che vedere con l'imbarazzo. Non ne sentiva il bisogno, Mia; nonostante avesse pensato a tante cose in passato come a un tabù, in quel momento non gliene venne in mento uno che potesse porre come limite tra lei e Raiden.

    Tornò al bancone, dove lo aspettò ordinando un secondo cocktail. A quel punto l'alcol in circolo era sufficiente affinché si sentisse estremamente allegrotta, ma nonostante ciò, quando il giovane Yagami la raggiunse, Mia non rise, né sembrò in vena delle solite battute. Lo osservò in silenzio, con le gote ancora calde e rosse, mettendo a soqquadro la sua figura dalla testa ai piedi. « Sei stato bravo là sopra.. » Disse di scatto, spostando lo sguardo di lato, mordendosi il labbro inferiore. Per un istante sorvolò con lo sguardo la pista da ballo, portandosi la cannuccia alle labbra. Pur ballando pressoché a tempo, le coppie in pista sembravano ballare in maniere completamente differente, e lì, sul momento, scostò istintivamente lo sguardo, sorridendo tra sé e sé, convinta che Raiden avesse capito quel suo improvviso imbarazzo. Una cosa era trovarsi all'interno, un'altra era guardare tutto ciò dall'esterno. « Come dire.. » Cercò con attenzione le parole da utilizzare in quel momento. « ..hai proprio carpito l'essenza di questo posto. » Si schiarì la voce mantenendo lo sguardo basso. « Mi è piaciuta un sacco.. » Pausa, mentre deglutisce. « ..la canzone. » Si massaggia istintivamente il collo schiarendosi la voce prima di bere ancora; coraggio liquido. « Però hai perso.. » Asserisce di scatto con un tono più scherzoso, sollevando un sopracciglio. C'è un velo di sfida negli occhi di lei, mentre solleva il mento trovando finalmente il coraggio di osservarlo con ardore, ricercando i suoi occhi scuri. « Se questa fosse stata una vera sfida, sarebbe stato un brutto guaio per te. Non vi insegnano proprio niente.. » Assottiglia appena lo sguardo Mia, rivolgendogli un sorriso dalle tinte maliziose. « ..abbiamo appurato che sei un soldato senza autocontrollo, Sottotenente Yagami. » Si morde l'interno della guancia sospirando pesantemente. « E non sei neanche un bravo ragazzo. » Male.. malissimo, Sottotenente Yagami. E infatti scuote la testa, Mia, pervasa da una finta aria di delusione. « E' vero.. avevo proprio ragione a non darti una risposta. » Finta aria afflitta mentre alza gli occhi al cielo. Fa finta di niente; quasi come se prima non avesse detto niente. Sorvola sull'argomento, per paura che possa aver superato il segno. Ma di scatto si sporge comunque nella sua direzione, posando il palmo sulla coscia di lui. Accarezza il tessuto dei jeans, esercitando una leggera pressione sull'aria interessata, prima di sollevare lo sguardo nel suo. Per qualche istante non dice niente, vagando sui tratti gentili di lui con improvvisa serietà. Ardono gli occhi ambrati della giovane Wallace, non contenta di quanto appena successo. Perché nulla può raggiungere la perfezione di un contatto vero. Io voglio te. Non la tua proiezione, non una sensazione artefatta. Posso farmela bastare per un po', ma alla fine torno a cercare comunque solo te, nella tua interezza. Anima e corpo. « Voglio di più.. » Il suo è un sussurro, prima di alzarsi di colpo dalla sedia svuotando il proprio bicchiere con aria eloqente, allungando in seguito una mano nella sua direzione per invitarlo ad allontanarsi dal bancone. Ed è lungo il tragitto che li vede attraversare il cortile che estrae la chiave dell'appartamento all'ultimo piano, meta della loro serata. « Volevo una notte in città. Lontano da tutti. » Asserisce di scatto, lasciando dondolare la chiave di fronte ai suoi occhi. Perché non ho mai auspicato che questa serata finisse in maniera differente. Si morde il labbro inferiore, abbassando di colpo lo sguardo, colta da un improvvisa raffica di imbarazzo. Non vuole dargli l'impressione di aver pensato solo a quello per tutto il tempo. La cena era stata squisita, e condividere del semplice tempo con lui l'aveva resa estremamene felice. Eppure.. voleva davvero non dargli quell'impressione? Mia lo desiderava, talmente tanto che non riusciva a nasconderlo in alcun modo. E forse in fondo non voleva neanche farlo. Di scatto si avvicina, gli accarezza con gentilezza la nuca, mentre posa la chiave nella sua tasca, avvicinando le labbra rosse all'orecchio di Raiden. I want to taste you. Bite you. Feel you. Si inumidisce le labbra mentre cerca un contatto più tangibile col corpo di lui. « E vorrei ballare. Con te. » Intreccia le dita ai capelli di lui, tirandoli appena all'indietro per incontrare il suo sguardo sorridendo. I want to see how hard you can get. How bad do you want to fuck your girlfriend. La mano raggiunse lentamente il cavallo dei suoi pantaloni, incollando il più possibile il corpo a quello di lui, per mascherare le carezze esercitate sull'intimità di lui, mentre lo osserva con uno sguardo che lascia poco spazio all'interpretazione.



     
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    Il sesso ha un odore specifico. Non è solo quello degli umori intimi o di un generico sudore che ti basterebbe entrare nello spogliatoio di una qualsiasi palestra per sentire. No, era molto più preciso e circoscritto, ben distinguibile. Era sì sudore, ma di un tipo diverso, impregnato di ormoni con specifiche caratteristiche, volte a stimolare un senso di eccitazione che aveva la sua via privilegiata tramite l'olfatto. Quell'odore, gli umani potevano riconoscerlo tra mille, e avrebbe sempre fatto loro lo stesso effetto. Raiden lo sentiva, in quel locale: era ovunque, e di certo il fatto che i suoi sensi fossero leggermente accentuati dalla natura di lycan non aiutava affatto né ad ignorarlo né a minimizzarne gli esiti. Era un cane che si mordeva la coda: il suo corpo produceva quell'odore in stato di eccitazione e, al contempo, lo alimentava tanto in se stesso quanto in chi avesse di fronte. Non avrebbe saputo descrivere quella peculiare sensazione olfattiva. Era un profumo? No di certo. Ma non si trattava neanche di una puzza sgradevole, anzi! C'era un'impronta fortemente naturale e istintiva in quell'esalazione, qualcosa che sapeva di sporco ma che al contempo era connotata da un irresistibile magnetismo capace di assuefare i sensi e far crollare qualunque costrutto logico. Ti riempiva le narici e obnubilava la mente, rendendoti materialmente impossibile pensare a qualunque altra cosa al di fuori dello schiacciante desiderio di connetterti, di sentirtelo ovunque - quell'odore. La natura è davvero, terribilmente perfetta. Ovunque Raiden si voltasse era lì, quell'odore: impregnava l'aria, la carne, i vestiti e le pareti. La pista era presto diventata un groviglio di corpi tra chi era fisicamente presente, chi no e chi era entrambe le cose. Il ritmo pulsante della musica rimbombava nei battiti cardiaci e nel pressante flusso sanguigno di tutte quelle persone ammassate le une sulle altre in un miscuglio di respiri carichi e sudore. E in tutto ciò, Raiden e Mia non erano affatto da meno, né si configuravano come i peggiori esponenti di quel generico lasciarsi andare. Il giovane Yagami chiuse gli occhi, buttando la testa all'indietro mentre si umettava le labbra per godersi quel sapore che sulle proprie, di labbra, non c'era davvero, ma che riusciva a percepire tramite le papille gustative di Mia. Un mugolio soddisfatto risalì lungo la sua gola, rimbombandogli roco nel petto. A guardarlo dall'esterno, sarebbe apparso come un tossico in piena crisi d'astinenza che si era appena iniettato una dose di eroina: assuefatto dallo stato d'estasi che il sapore degli umori di Mia gli lasciava in bocca. Ne voleva di più, molto di più: voleva sentirla davvero sotto le proprie labbra, sulla propria lingua. A quel punto dubitava perfino che qualcosa gli sarebbe mai bastato. « No. No. » Fu istintivo, per Raiden, rispondere a quel diniego facendo scorrere il pollice sul pulsante che regolava l'intensità del giocattolo, portando le vibrazioni al massimo come se una parte di lui volesse quasi punirla per avergli ancora una volta negato ciò che desiderava. Ma lo era davvero, una punizione? Oppure era tutto il suo opposto? Di certo i limiti di quella definizione potevano apparire molto sfocati e, altrettanto certamente, al giovane Yagami importava ben poco di giocare in maniera strategica. Forse la verità è che anche io faccio un po' quello che mi pare. E in quel momento voleva che Mia provasse piacere, facendolo provare di rimando anche a lui. Non appena il mento di lei toccò la sua spalla, fu evidente che la partita era stata chiusa. Ciò che provò Raiden a quel contatto non sarebbe davvero descrivibile come un senso di sollievo: il sollievo è un sentimento tranquillo, che va per sua definizione a quietare l'animo di chi lo prova. Ma l'animo del giapponese era tutto tranne che quieto. Piuttosto, in quel momento, si sentì come un animale feroce che era stato tenuto al guinzaglio troppo a lungo e sulla cui catena era stata finalmente lasciata la presa. Scattò in avanti, premendo i polpastrelli sulle cosce di lei per far scorrere le mani sotto alla sua gonna, arpionandole sui suoi glutei e attirandola a sé con un certo impeto. Unzip your pants, babe. Show me what did you do when I wasn't there for you. Non se lo fece ripetere due volte, slacciando velocemente la cintura quanto bastava a procedere verso la zip e liberare la propria intimità da quell'involucro di vestiti che si era fatto improvvisamente troppo stretto sul suo cavallo. La guardò fissa negli occhi, portandosi il pollice alle labbra per inglobarlo piano e rotearci intorno la lingua. Un movimento, quello, necessario al passo successivo. Riportò la mano alla propria intimità, facendovi presa salda mentre portava il pollice a disegnare piccoli cerchi sulla sommità umida. Un gemito sfuggì naturalmente dalle sue labbra, mentre gli occhi vagavano senza remore sulla figura di Mia, facendole risalire la stoffa del vestito sulle gambe quanto bastava a permettergli di osservare le azioni speculari di lei. Did you stroke yourself before thinking about me? How many times? Le labbra di Raiden andarono a scoprire i denti in un sorriso colmo della stessa lussuria che gli traboccava dagli occhi, mentre le parole gli sgorgavano fuori col tono basso imposto dai respiri affannati che tutti quegli stimoli contemporanei producevano in lui. Lost the count, baby. Il che non era affatto una menzogna. Mia lo eccitava, e su questo non poteva farci assolutamente nulla, né tantomeno voleva. Aveva davvero perso il conto delle volte che si era ritrovato steso sul proprio letto, con lo sguardo al soffitto mentre i suoi pensieri vagavano al ricordo di ciò che aveva condiviso con lei, portandolo inevitabilmente a trascinarsi una mano fin sotto l'elastico dei boxer. Alla stessa maniera, non erano da meno le volte in cui si ritrovava invece a scorrere il profilo wiztagram della ragazza, soffermandosi su alcune foto più intriganti che lo conducevano al medesimo risultato. Il dodici Luglio sì che ne ha viste di avventure! Si vergognava della cosa? Forse un pochino. Sapeva fosse normale e sapeva che tutti i ragazzi lo facessero, ma non era proprio il tipo di attività di cui si andava in giro a parlare con nonchalance. In quel momento, tuttavia, non provò vergogna ad ammettere i propri misfatti; anzi, lo trovò eccitante. Perché io ti trovo eccitante. Non riesco a staccarti gli occhi di dosso e non riesco a tenere le mani a posto quando sei nei paraggi. Voglio toccarti sempre, sia quando stai con me, sia quando stai altrove. A volte, a lezione, perdo la concentrazione a pensarti in classe, annoiata, con le gambe accavallate sotto la gonna corta della divisa. Dio solo sa cosa mi trattiene dal piombarti in testa e ficcarmi sotto quel banco, affondando il viso tra le tue gambe. Già, lo sapeva solo Dio. Non formulò tutti quei pensieri, forse perché in quel momento gli sarebbe riuscito davvero difficile articolare una frase di senso compiuto - figuriamoci un intero discorso! - ma il succo fu comunque evidente da quel primo singolo enunciato che emise e dal modo in cui la guardava: come se non ci fosse nulla che desiderasse di più sulla Terra. Tonight I'll make it up for each and every one of them. Più andavano avanti e più i loro pensieri si facevano sconnessi, le emozioni più forti e i desideri più sporchi e totalizzanti. Incollò la fronte contro quella di Mia, abbandonandosi totalmente al piacere di quel crescendo che li stava portando sempre più vicini ad un apice inevitabile. Le dita di Raiden andarono ad arpionarsi sul fianco di Mia, attente a tenere la stoffa del suo vestito abbastanza sollevata da permettergli la visuale di ciò che stava avvenendo. I fucking love you! Le labbra del ragazzo si lasciarono sfuggire un gemito simile a un lamento roco, avventandosi su quelle di lei per morderle con una certa voracità famelica. God, you're so fucking hot! I love you so much, baby. Bastò quel miscuglio di parole e sensazioni violente per condurli ai reciprochi climax, che andarono a mischiarsi fino a creare un'intensità così totalizzante da fargli girare la testa in un senso di vertigine che sembrava minacciarlo di togliergli ogni stralcio di equilibrio. Con un gemito roco, Raiden premette la fronte contro il collo di Mia, percependo la nota sensazione di naturale calore umido sulla propria mano. Si prese qualche istante per raccogliere il fiato, rallentando il ritmo sulla propria intimità fino a lasciarvi pian piano la presa e ricoprirsi. Gli bastò passarsi l'altra mano tra i capelli per constatare che erano umidicci, appiccicati alla propria fronte dal sudore in cui immerso. L'odore acre che ben conosceva andò a impregnare le sue narici: odore di un'eccitazione chimica che poco aveva a che fare con i loro effettivi umori. Sospirò, puntando lo sguardo negli occhi di Mia mentre si portava l'indice alle labbra, leccandone via un po' del proprio fluido per permettere alla ragazza di percepire il sapore salino sulle proprie papille gustative. Esalò una risata veloce e un po' ansimante, incurvando le labbra in un sorriso tanto genuino quanto malizioso. « Vado un attimo in bagno. » disse, ridacchiando ancora prima di avviarsi verso la toilette per ripulirsi e sistemarsi un attimo. Ne approfittò anche per buttarsi un po' d'acqua fredda sul viso accaldato, passandosi le mani bagnate tra i capelli per rinfrescarsi e poi raggiungere Mia al bancone bar. Mentre nel locale suonava una nuova canzone che Raiden aveva lasciato nella coda dal proprio account soundcloud, Jason era tornato a scrutare la sala dalla postazione DJ, ma al giovane Yagami gli bastò un'occhiata per constatare che accanto a lui non c'era alcun gin tonic: segno evidente del fatto che il ragazzo avesse colto l'antifona. Sorrise tra sé e sé, scuotendo il capo mentre si avvicinava alla Wallace, prendendo posto su uno sgabello accanto a lei. « Sei stato bravo là sopra.. » Il gin tonic, tuttavia, lo ordinò comunque, facendoselo servire a tempo record mentre si stringeva nelle spalle con semplicità. « L'importante è che la gente si sia divertita. » E si è divertita. Ammazza se si è divertita! « Come dire.. hai proprio carpito l'essenza di questo posto. » Non disse nulla, limitandosi a fissarla dritto negli occhi mentre prendeva un sorso dal proprio drink. « Mi è piaciuta un sacco.. la canzone. » Sollevò un sopracciglio, senza tuttavia riuscire a trattenersi dal lasciarsi scappare una piccola risata. « L'ho notato, sai? » « Però hai perso.. » Corrugò leggermente la fronte, inclinando il capo di lato con un'espressione tra il divertito e l'interrogativo. « Se questa fosse stata una vera sfida, sarebbe stato un brutto guaio per te. Non vi insegnano proprio niente.. abbiamo appurato che sei un soldato senza autocontrollo, Sottotenente Yagami. E non sei neanche un bravo ragazzo. » Sospirò, ostentando un'ironica mestizia. « Tragico. » « E' vero.. avevo proprio ragione a non darti una risposta. » Per qualche istante non disse nulla, limitandosi a fissarla con aria enigmatica mentre si umettava le labbra. Poi fece schioccare la lingua contro il palato e si appoggiò meglio con un gomito al bancone, sporgendosi di poco in avanti verso il viso di lei. « Mh.. strano. A me è sembrato proprio che fossi tu, quella che non ce l'ha fatta a tenere le mani al proprio posto. » Il sopracciglio di Raiden saettò verso l'alto. Tuttavia scrollò le spalle con un sospiro, portandosi il bicchiere alle labbra per prenderne un sorso prima di continuare. « Comunque sono magnanimo e accetto almeno in parte la sconfitta, ma solo perché so riconoscere un rifiuto quando ne vedo uno e hai reso piuttosto chiaro che non vuoi essere la mia ragazza. » Ricoprì quelle parole con una certa teatralità, come se ne fosse veramente afflitto, mentre però il suo sorrisino malizioso diceva tutto il contrario. Hai scelto le tue carte, Wallace. Non fece nulla per fermare la mano di lei sulla sua coscia, inspirando l'aria dalle narici mentre l'eccitazione tornava a montargli nel petto, ribollendogli sotto la pelle. « Voglio di più.. Volevo una notte in città. Lontano da tutti. » Gli occhi di Raiden si posarono per qualche istante sulla chiave, saettando poi in quelli di Mia come due pozzi scuri piuttosto eloquenti. I want to taste you. Bite you. Feel you. Quel soffio sul proprio orecchio provocò una scia di brividi lungo il corpo del ragazzo, sensibilizzandone ogni terminazione nervosa mentre la sua testa cominciava a vorticare intorno a pensieri intrisi di un desiderio spiazzante e assoluto. « E vorrei ballare. Con te. » I want to see how hard you can get. How bad do you want to fuck your girlfriend. Il respiro di Raiden cominciò a farsi sempre più pesante mentre le carezze di Mia si spostavano sul cavallo dei suoi pantaloni, inducendolo a spingere istintivamente il bacino contro il suo palmo per ricercare un contatto più tangibile. Si morse il labbro inferiore, fissandola con aria di sfida. « Però tu non sei la mia ragazza.. o sbaglio? » In fin dei conti era stata lei a negargli quella definizione, pur se nello spirito di un gioco. E a me non piace mica darle per scontate certe cose. Mi sembra un po' troppo facile, rifiutarti di dirmelo quando te lo chiedo, per poi lasciarlo ad intendere così in sordina. No, Mia, se devi darmi una risposta, io voglio sentirla forte e chiara. Cazzo, voglio che la senta tutta New Orleans e pure il Bayou. Si avvicinò col volto a quello di lei, fissandola negli occhi con lo sguardo illuminato da una luce mefistofelica. « Cosa sei, Mia, mh? » la stuzzicò con quella domanda posta a fior di labbra, come un soffio caldo sul volto di lei, mentre le sue mani andavano a posarsi sui fianchi di lei, saggiando la stoffa del suo vestito solo per farla poi ruotare di scatto. Incollò il petto alla sua schiena, premendo il bacino contro i suoi glutei e la guancia contro la sua tempia. Are you Friday's fuck? Well, it's not Friday but I'm still gonna fuck you, so that's out of the table. Pronunciò quelle parole al suo orecchio, trattenendola con un braccio avvolto intorno alla sua vita e gli occhi puntati sulla pista, a cui tuttavia non stava davvero prestando attenzione. Lasciò trapelare la punta della lingua dai denti, percorrendo la lunghezza dell'orecchio di lei per poi avventarsi sull'incavo del suo collo, mordendo e succhiando la pelle inumidita dal sudore e dalla generale calura madida di New Orleans. Then I guess you're just a sweet girl who likes to be told to finger herself in front of everyone. Nel parlare, il bacino di Raiden si strofinava lentamente contro di lei, creando una frizione che aumentava di secondo in secondo il desiderio pulsante nel suo petto, rendendo la sua voce progressivamente più roca. La mano che non era impegnata a stringerle la vita vagò dal fianco di lei fino al suo interno coscia, spingendo quanto bastava a rendere ancor più tangibile il contatto tra il cavallo dei pantaloni di Raiden e il fondoschiena di Mia. Still not my girlfriend. So I think I'll do too, whatever the fuck I want. Fece una pausa, esalando un respiro pesante sul collo di lei. And right now I really want to stick my tongue inside your beautiful pussy, so I think I'm gonna do just that. E senza ulteriore preavviso, la fece ruotare di nuovo, chinandosi sulle ginocchia in un veloce movimento fluido atto a caricarsela in spalla senza troppe mezze misure. « Ci hai scherzato un po' troppo su questa cosa dell'uomo con la clava che ti trascina nella caverna. Comincio a pensare che fosse un suggerimento, più che uno sfottò. » disse, ridacchiando maliziosamente nell'assestarle un colpetto col palmo sulle natiche prima di iniziare a salire le scale senza fatica. Individuare la stanza non fu chissà quanto difficile, dato che le porte erano state numerate e alla chiave era appeso un piccolo ciondolo di legno dalla forma rombica con intagliato il numero dell'appartamento corrispondente. Una volta trovato, quindi, infilò la chiave nella serratura, aprendola velocemente e richiudendosi poi la porta alle spalle con un calcio preciso. Non fece troppo caso all'ambiente, dandogli solo una veloce occhiata per individuare cosa gli servisse. A prima vista appariva piuttosto accogliente, con un arredamento vissuto, diversi tocchi di verde e numerose candele che spargevano nell'aria un profumo intenso ma delicato. Gli bastò comunque poco per scandagliare l'ambiente e trovare il punto più adatto, tirando dritto verso un morbido pouf ricoperto da una stoffa patchwork sui toni del rosso e dell'arancio. Fece quindi scendere Mia dalla propria spalla, guidandola comunque a chinarsi col busto sul pouf, le ginocchia a terra. Movimenti piuttosto veloci, i suoi, che arrivarono presto a fargli scorrere le mani dalle cosce di Mia alle sue natiche, portando con sé il vestito per sollevarlo quando bastava a lasciare completamente scoperta la parte inferiore del corpo della ragazza. Con la piccola spinta di un ginocchio la aiutò a divaricare ulteriormente le gambe, dandosi un istante per ammirare lo spettacolo. Sospirò, carezzando leggero il gluteo della ragazza e premendo appena il pollice sull'apertura della sua intimità. So pretty. Lo mormorò, estatico, prima di portar via la mano. Non tenne immediatamente fede alla dichiarazione di intenti che le aveva fatto al piano di sotto, prima di portarla lì. Preferì invece prendere una strada più lunga, lasciando scorrere le mani dai fianchi fino alla zip del vestito, facendola scendere per sfilarglielo dal capo. Inutile dire che il reggiseno fece la stessa fine nel giro di poco. A quel punto si chinò sul corpo di lei, premendovisi sopra per lasciare qualche bacio leggero sul suo collo e sul profilo del suo viso mentre le mani continuavano a scorrere, arrivando a chiudersi sui suoi seni. Ne stuzzicava le punte tra le dita, disegnandovi piccoli cerchi e pizzicandole di tanto in tanto in un gioco lungo e lento che si preoccupava di tenere il bacino ben distante dall'intimità di lei se non per poche frazioni di secondo in cui andava volontariamente a sfiorarla appena col cavallo dei pantaloni, distanziandosene subito. Evidentemente, a un certo punto, dovette ritenersi soddisfatto di quella lenta opera di preparazione, perché pian piano lasciò la presa e scivolò sempre di più verso il basso, lasciando diversi baci sulla schiena di Mia nel farsi strada verso la sua intimità. Yeah.. so pretty. Esalò nuovamente, prima di far scorrere la lingua lungo la linea dell'intimità della Serpeverde, chiudendovi poi le labbra per stamparvi un umido bacio che risucchiò con sé gli umori di lei. Fuck, you taste so good. Non era di certo la prima volta che glielo diceva, ma ogni volta era vero. Raiden amava il sapore di lei sulle proprie labbra e amava sentire come la vibrazione della propria voce sulla sensibilità di lei contribuiva a stimolarle ulteriore piacere. Le labbra del ragazzo tornarono quindi a quell'amata opera, spingendosi con la lingua fin dentro di lei per arrotolarla sulle sue pareti. Un gioco, quello, che si fece sempre più intenso e a cui si unì presto il contatto più tangibile di una mano, che andò a posarsi sulla sensibilità esterna di lei per stimolarla in un crescendo progressivamente più veloce e pressante. Il piacere di Mia pervadeva il corpo di Raiden come se fosse il proprio, creando un ping pong continuo di stimoli e sensazioni che fungevano da lama a doppio taglio: lui aumentava sempre di più l'intensità di quei contatti, lei provava piacere, lui lo provava di rimando e dunque il suo corpo reagiva producendo respiri pesanti e gemiti sommessi che stimolavano ulteriormente l'intimità di lei, creando un loop continuo di crescenti sensazioni talmente forti da far crollare tutto il palazzo. Please, baby, you're so close. I wanna drink you off the fucking floor. Ansimò quelle parole contro la sua pelle, spingendosi sempre più oltre in quel gioco di stimoli che non prendeva alcun prigioniero. A quel punto a Raiden non interessava più di andarci coi piedi di piombo e tastare il terreno per capire quale fosse il limite, ma voleva piuttosto vedere fino a quale estremo quel loro legame potesse portarli. E fino all'estremo, infatti, se la giocò.

     
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    « EDDAI RAGA'! FINITELA STA PARTITA, HO FAME! » All'indomani del suo compleanno, una partita di paintball aveva messo tutti d'accordo. Jeff aveva avuto la magnifica idea di proporre uno scontro maschi contro femmine, trovando la totale disapprovazione di Delilah che ovviamente voleva giocare con lui. Non sembrava nemmeno essere poi tanto in vena; aveva l'aspetto di una che era stata letteralmente trascinata per fare numero. Inutile dire che Jeff era stato il primo a lasciare la partita, prima ancora della sua ragazza; non a caso ora se ne stava a bordo campo, fuori dalla fitta vegetazione che circondava l'arena, lamentandosi di quanto Mia e Raiden ci stessero mettendo per concludere quel momento ludico. Uno ad uno i contendenti erano stati eliminati, finché in campo erano rimasti soltanto loro due. Ai tempi non si conoscevano poi molto, né avevano contezza di quanto sapessero il fatto loro. La Walace, abituata a prendere la mira con fucili di grosso calibro, trovava quell'arma un giocattolino, con cui puntare e sparare era sin troppo facile. Ne aveva fatti fuori tre su sei, prima che le sue compagne venissero eliminate una ad una. Ora correva tra le fronde veloce come il vento, fermandosi di tanto in tanto ad ascoltare i suoni della natura che la circondavano; il rumore di un ramo spezzato o il fruscio del fogliame sarebbero stati il suo segnale. E infine eccoli; dopo un lungo inseguimento stremante, si trovano finalmente faccia a faccia. Mia solleva la propria arma colta alla sopravvista, ma Raiden è più veloce; mira e spara. La mora alza gli occhi al cielo e scoppia a ridere, prima che la sua figura scompaia nel nulla. La percepisce la leggera confusione di quella mossa nell'animo di Raiden, ma prima che lui possa capire cosa è appena successo, una chiazza di vernice verde lo colpisce alle spalle. « Te l'avevo detto! Dovevi arrenderti mezz'ora fa. » Ride di gusto mentre abbassa il fucile adagiandolo sulla spalla. « No va beh! Ora tocca pure pagare da bere. » Ma nonostante le lamentele provenienti da fuori campo, per un istante Mia lo osserva. E' la prima volta che entra nella sua sfera emotiva, seppur in maniera superficiale, e non può fare a meno di provare una genuina curiosità nei confronti del ragazzo. Un misterioso forestiero, lycan, giunto lì da lontano, e di cui la giovane Wallace non sa proprio niente. Il primo pizzico di curiosità si era insinuato nella sua testa già allora. « Furba. Ma anche disonesta. » Una perfetta rappresentazione della giovane Mia Wallace, la quale aveva difficoltà a stare alle regole. « Non c'è niente di male nel fare quello che ti pare; dovresti provarci qualche volta. In tanto ho vinto. » Un profondo silenzio calò per qualche istante, e Mia ebbe la netta sensazione di trovarsi di fronte a una situazione dalla quale avrebbe dovuto distogliere lo sguardo. Era come se guardasse se stessa e Raiden dall'esterno, e sentisse il bisogno di guardare da un'altra parte per non risultare troppo invasiva nei confronti di quei lunghi sguardi che si lanciarono. Era sul punto di dire altro quando venne nuovamente interrotta. « OH ANDIAMO A PAGARE. Su che il Tokyo ci lascia senza tavolo se arriviamo in ritardo! » Scosse la testa ritornando in sé; e così si incamminò verso l'uscita al fianco del moro, incrociando le braccia al petto mentre rideva sommessamente divertita dalla situazione. « Ma se ne sta mai zitto? » « Non ne sono sicuro. » Solleva lo sguardo nella sua direzione con un filo di incertezza, seppur sia piuttosto tranquilla; e allora sorride, e quel leggero momento di silenzio la lascia un po' spaesata. « E' stato divertente. Dai, ti sei solo fatto fregare alla fine. » Lo stava prendendo in giro. Raiden non solo si era dimostrato un ottimo giocatore, ma aveva anche lasciato intendere di essere un buon stratega. Eliminava le vittime con criterio, non certo per caso. Giocava però per divertirsi, non con la smania di vincere, seppur fosse chiaro che era superiore a tutti i giocatori - persino nettamente superiore rispetto a Mia. Dove avesse imparato quel metodo di approccio, la giovane Wallace ai tempi non lo sapeva; lo avrebbe scoperto in seguito, durante una delle tante chiacchierate in mezzo alle uscite di gruppo. Di certo non si fece fregare una seconda volta; non con quel trucchetto almeno. Mi sei piaciuto da subito. Non era solo il fatto che fossi bello; è che eri estremamente genuino e sincero. Ci tenevi sì alla competizione, ma non ne facevi un dramma. Giocavi perché volevi divertirti - almeno questo quello che ci ho visto io. Non tentavi mai di dimostrare di essere bravo, e lo eri. So di almeno un paio di volte in cui alcuni ti sono passati davanti, e tu hai fatto finta di sbagliare mira. Io ti sono passata davanti e mi hai lasciato andare. Avevi davvero mancato l'obiettivo? Nah! È che se il gioco finiva troppo in fretta, tu non eri contento. Giocavi mettendo in conto che non si può vincere sempre, anche se il più delle volte restavi l'ultimo in piedi. Sì, sei sempre stato bello. È solo che io non riuscivo a capire in quale modo. Mi piaceva la tua compagnia, mi piaceva parlare con te. Eri paziente, mite, gentile, ma sapevi anche stare allo scherzo. Cazzo, mi faceva rosicare il modo in cui vincevi quasi in tutto; ma più di tutto mi faceva rosicare il fatto che non ti impegnavi neanche, mentre le persone attorno a te se ne stavano arroccate in attesa di trovare il modo per giungere alla vittoria. Credo che mi piacevi perché mi ci rivedevo. Ai tempi non mi rendevo conto di cosa ci trovassi di così simile. Ora lo capisco - non avevamo pretese. Non davvero. Non in quel contesto. Quale pretesa puoi avere in fondo dalla vita, quando non hai nulla? E ora? E ancora così? Continuiamo a non avere nulla? Nulla di nostro. Di mio e tuo. « Però tu non sei la mia ragazza.. o sbaglio? » Sollevò un sopracciglio Mia, inclinando la testa di lato. Si sentì sfidata, in seguito alle parole eloquenti che gli aveva rivolto. Pur nello scherzo, si sentì presa in contropiede, non a caso, intensificò le proprie carezze, mantenendo lo sguardo fisso sul volto di lui, incurvando appena all'insù le labbra rosse, ricercando negli occhi di lui e nel substrato delle sue emozioni le sicurezze di cui aveva bisogno. Le aveva quelle sicurezze - le aveva sempre avute - e sapeva che non poteva essere diverso nemmeno per lui. Non potevano nascondersi, specie in quel momento. Ogni terminazione nervosa di lei riecheggiava nel campo sensoriale di Raiden e viceversa, in una commistione di anime e corpi che non sentivano più il bisogno di nascondersi. Perché avrebbero dovuto, d'altronde? « La vuoi mettere così allora.. » Non vi fu una sola traccia di emozione negativa in quelle parole; solo un famelico desiderio di approfondire quei movimenti. Voglio toccarti, sentirti torcere solo per me. Io voglio di più.. voglio tutto. « Cosa sei, Mia, mh? » Are you Friday's fuck? Well, it's not Friday but I'm still gonna fuck you, so that's out of the table. Forte del fatto che non potesse vederla, chiuse gli occhi, Mia, colta da un'espressione di dolorosa estasi, mentre ricercava un contatto più approfondito col corpo di lui, schiudendo appena le labbra cercando di prendere boccate d'aria abbastanza consistenti da mantenere per quanto possibile l'equilibrio. La razionalità era ormai su un pianeta differente rispetto al suo; viaggiava su un binario differente rispetto alla lucidità. Non tentava nemmeno di nascondersi dietro a un dito, tale era il desiderio che la animava. Ogni bacio, ogni morso, ogni carezza smembrava la capacità di compiere pensieri coerenti. Then I guess you're just a sweet girl who likes to be told to finger herself in front of everyone. Still not my girlfriend. So I think I'll do too, whatever the fuck I want. And right now I really want to stick my tongue inside your beautiful pussy, so I think I'm gonna do just that. Ogni parola rimbombava nelle sue tempie portandola all'esasperazione; si dimenava tra le braccia di Raiden, percependo distintamente il fruscio dei tessuti che li ricoprivano. Un filtro di troppo a quel punto. Voleva saggiare la sua pelle, toccarlo, sentirlo nella sua versione più genuina e animalesca. E infatti, non appena gli occhi di lei incontrarono nuovamente quelli di lui, si sporse a incastrare il labbro del Grifondoro tra i propri denti, lasciando guizzare la lingua ad accarezzarlo. Di colpo, tuttavia, venne caricata sulla spalla di lui, provocandole così un'improvviso senso di ilarità, tentando inutilmente di abbassarsi la gonna, consapevole di essere completamente scoperta. « Raiden! » Esclamò con apparente tono imperioso, prima di scoppiare a ridere, scalciando appena. « Ci hai scherzato un po' troppo su questa cosa dell'uomo con la clava che ti trascina nella caverna. Comincio a pensare che fosse un suggerimento, più che uno sfottò. » Non protestò più di tanto. Il giusto per fare scena. Ad un certo punto tuttavia, durante il breve tragitto, la giovane Wallace ben pensò di continuare a prenderlo bonariamente in giro. « Sei proprio un barbaro, altro che Sottotenente! » Che fosse a suo agio era abbastanza evidente; il desiderio crebbe man mano che le distanze con l'appartamento si accorciavano. Nella sua mente rimbombarono solo ed esclusivamente le parole di lui; una dichiarazione di intenti, una promessa alla quale sperava desse seguito subito. Giunti nell'appartamento la musica si attutì sul colpo, fino a quasi sparire man mano che si allontanavano dalla porta d'entrata. Conosceva bene quell'ambiente, Mia, ma nonostante ciò lasciò Raiden esplorare per conto proprio, trovando insolito che avesse trovato di suo gradimento un semplice pouf al centro del salotto. Ginocchia a terra, Mia non poté fare a meno di gettare uno sguardo alle proprie spalle, provando una sensazione del tutto inedita. Esposta sotto gli occhi di Raiden, non provava alcuna vergogna, nessun imbarazzo. Sembrava piuttosto bearsi dell'ammirazione con cui la osservava, incanalando tutto il desiderio con cui misurava i suoi movimenti in attesa di toccarla. Lei sollevava il proprio bacino quasi come se non riuscisse ad attendere oltre, impaziente e smaniosa, a tal punto che, nel momento in cui il primo contatto tangibile giunse, un leggero verso di puro piacere saettò nell'aria notturna. So pretty. Spostare ulteriormente di lato il ginocchio fu istintivo, quasi a voler pretendere di più da un contatto così leggero da risultare una tortura. Privata ormai da ogni orpello, inarca la schiena ricercando il contatto ravvicinato col petto di lui mentre si respira pesantemente, ricercando la morbidezza dei suoi capelli accarezzandogli con tocchi a tratti più leggeri a tratti più rimarcati. Ad ogni contatto col bacino di lui rabbrividisce; ha la pelle d'oca Mia, mentre il desiderio cresce ancora e ancora. Babe.. please! Touch me. Il suo è un lamento; si abbandona alle sue braccia, conta i suoi respiri, si immerge in quell'esperienza ai confini della realtà in cui si sente al contempo se stessa e qualcun altro. Mia e Raiden sono una persona sola, uniti da un unico desiderio che si dirama lungo le terminazioni nervose di entrambi. E sa dove toccarla, come farlo; è come trovarsi da soli con se stessi di fronte a uno specchio, e sapere esattamente cosa fare. E quando infine le labbra di lui toccarono la sua intimità, Mia incrinò ulteriormente la schiena, inumidendosi le labbra con un senso di profonda goduria. Fuck, you taste so good. Riusciva a percepirlo, il proprio sapore, così come il piacere, la soddisfazione e la goduria che suscitava in Raden; quella sensazione sembrava valere più degli stessi tocchi che esercitava su di lei. I know.. Disse solo con un sorriso sfrontato, rivolgendogli uno sguardo di aperta sfida da dietro la spalla prima di sorridere. Ma il sorriso lasciò ben presto spazio a un'espressione dalle sopracciglia corrugate e le labbra dischiuse in un lamento di pura lussuria. Non tratteneva i versi dovuto a quel piacere intenso, anzi, constatato l'effetto che provocavano in lui, sembrò ancora più propensa a manifestarli. Ed ad ognuno di essi, le sensazioni sembravano più viscerali, sospinte dalla palese goduria e dedizione di lui. Richiama il suo nome, Mia, Raiden, e ha un sapore così dolce sulle labbra di lei; se lo pregusta, spezzato a tratti da un verso o da sospiri pesanti. Don't stop. Baby, please, don't stop. Era completamente dipendente da quei tocchi, smantellata dalla fondamenta, spogliata di ogni sua convinzione. Nulla poteva raggiungere quel grado di perfezione, in cui il piacere proprio era anche quello dell'altro e viceversa. Ad ogni verso di lui, rabbrividiva, rispondeva con un sospiro altrettanto scomposto, chiamandolo e richiamandolo a sé tra gemiti e lamenti. Please, baby, you're so close. I wanna drink you off the fucking floor. Due tossici, Mia e Raiden, posti di fronte alla qualità più squisita di eroina; una droga che contorceva le loro ossa, tendendo i loro muscoli all'estremo. Un tale grado di piacere, Mia, non pensava potesse essere concepibile. E quando il punto massimo del piacere arrivò, fu più inteso di quanto si aspettasse. Tremava e si contorceva, trovando a stenti la forza di sorreggersi in quella posizione; si aggrappò al pouf adagiandovi la guancia contro, mentre accoglieva quel miscuglio alienabile di sensazioni in maniera scomposta, completamente disinteressata da quanto sonore fossero le sue manifestazioni. Riusciva a percepire il sapore dei suoi umori sulle labbra, trovando quegli odori squisiti, alla stessa maniera di Raiden. Il cuore sembrava imploderle nel petto, scosso da un intenso sforzo che non pensava umanamente possibile. Di colpo era stata scaraventata in universo parallelo, alienante, in cui quelle sensazioni sembravano smembrare ogni certezza, creando una comunione con se stessa e col giovane artefice del suo piacere, che era quasi sconsolante. Non aveva mai provato nulla di simile, Mia, nemmeno con Raiden; forse perché in fondo, fino a quel momento non si erano mai percepiti come completamente in balia dell'altro, convinti che quella loro dimensione non fosse solo passeggera. E resta lì per un po', Mia, senza il bisogno di muoversi, concentrandosi solo sul suo respiro, tendendo l'orecchio a constare che il battito di lui, correva ancora a tempo col suo. Riprese contatto con la terra dopo un po', mettendosi a sedere sul pavimento, seguendo la sua figura del moro con un'espressione beata, mentre dondolava le ginocchia a destra e a sinistra, cercando l'appoggio dei palmi contro il parquet per poterlo osservare meglio. Era bello, Raiden; bello e incasinato. « Perché non siamo mai andati a ballare io e te? » Chiede di scatto con un tono canzonatorio che svela un'espressione divertita. Si inumidisce le labbra secche prendendo a scandagliare la sua figura da capo a piedi. Con estrema lentezza, si rimette in moto, constatando di avere i muscoli indolenziti; nonostante ciò, non ne ha abbastanza, Mia. Man mano che avanza un passo dopo l'altro nella sua direzione, lo sguardo viene illuminato da una luce meno rassicurante. « Dovresti portarmici quando torniamo.. anche se non sono la tua ragazza. »
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    Giunta di fronte a lui solleva lo sguardo ricercando il suo, ispirando con bramosia l'odore di lui; percorre con le dita la linee del collo imperlate da minuscole goccioline di sudore, prima di scostargli i capelli bagnatici dal viso. Tocchi leggeri e gentili quelli di Mia, mentre gli getta uno sguardo di sfida. Maybe I'll touch myself again - in front of your friends - under the table - while we eat that shitty food you hate. Ad ogni pausa, la Serpeverde libera un altro bottone della sua camicia, finché, presa dall'impazienza sull'ultima parte, ne afferra i lembi facendo saltare gli ultimi a terra. E lì prende le distanze; un solo passo atto a riservarle la visuale migliore da cui osservare il torso di lui. E non nasconde affatto il famelico desiderio con cui lo fissa, percorrendo le linee nette della sua figura. Cazzo la prima volta che ti ho visto così mi sono chiesta che problemi avessi. Mi sono anche chiesta che problemi avessi io. Cristo santo qualcuno ha lavorato di squadra e compasso con te e tu nascondevi tutto questo sotto quelle montagne di felpe. Che poi a me piacciono le tue felpe. Ma non quando stiamo così. Quando stiamo così non dovresti avere nulla addosso. Giocherella distrattamente col proprio indice, accarezzandosi distrattamente il labbro inferiore; è chiaro abbia qualcosa in mente, e non tenta neanche di nasconderlo. E infatti, ad un certo punto riprende la sua posizione di fronte a lui, lasciando scivolare lentamente le dita sulle sue spalle e sulle braccia, liberandosi della camicia. I - want - to - play - with - you. Un sussurro cadenzato, che va al di là delle mere promesse. Ogni parola e scandita da un bacio lungo lo sterno, finché giunta all'altezza dell'ombelico, lascia guizzare fuori la lingua, indugiando su quel pezzo di pelle scoperta, ridacchiando appena. E' la pelle d'oca di lui a provocarle quell'ilarità; un effetto che riesce a percepire forte e chiaro e che scatena un moto di profondo orgoglio. Sgancia con una certa velocità la sua cintura, ma invece di andare oltre, si sporge per mordicchiargli il labbro prima di premere contro il suo petto obbligandolo indietreggiare di diversi passi, guidandolo verso un'area del salotto che non avrebbe potuto notare dall'ingresso. Posto davanti ad ampie vetrate velate da morbide tende di raso bianco, vi è un tavolo da biliardo dall'aspetto antico. E Mia lo conduce a indietreggiare finché la sua figura non ci entra in contatto. A quel punto sospira, posando i palmi sulla superficie in legno, incastrandolo tra il proprio busto e il pezzo di mobilio, gettandogli uno sguardo smanioso, che celava una famelica voglia di giocare, ascoltando e sentendo con attenzione ogni reazione di lui. You know.. that first night.. I wish you'd fucked me on that pool table - no questions asked. Ed è in quel momento che prende ad accarezzare con bramosia il cavallo dei suoi pantaloni, lavorando con improvvisa impazienza a slacciargli i pantaloni, fiondandosi sulle sue labbra in un bacio atto a inglobarlo completamente. Continua a stimolare il desiderio in divenire di lui, mentre lo aiuta a liberarsi di quell'indumento di troppo, scostandosi dalle sue labbra per abbassare lo sguardo solo quando le dita vengono a contatto col suo intimo. Per qualche istante lo osserva da sotto le ciglia, colta da un improvviso senso di goduria ed eccitazione, mentre tasta con famelica bramosia, il desiderio di lui attraverso l'intimo, deliziata da una scoperta che non aveva mai considerato. E lì ride appena, con una nota maliziosa, mentre si fa più vicina, intenta a raggiungere il suo il suo orecchio; e incolla il petto nudo contro il suo, stimolando le proprie sensibilità contro il petto di lui. So when I come, it's the same for you.. Una scoperta che sembra inebriarla; sensazioni così forti, come il momento appena condiviso, sembrano destinate a condurre a un esito simile per entrambi, e da ciò, la giovane Wallace sembra più che intrigata. Un sospiro più profondo si infrange contro il suo lobo, mentre percepisce il piacere di quello stimolo superficiale. Sa che vuole di più, lo sente; anche Mia vuole molto di più. A quel punto scendere con una scia di baci umidi verso il basso, cercando una posizione più comoda tra le sue gambe è naturale. Posa prima un ginocchio a terra, e poi l'altro, mentre segue con la punta della lingua la linea dei suoi boxer, lasciandoli scendere lentamente per scoprirlo, seguendoli al contempo con la bocca fino in basso, lungo una delle gambe. Lo sta stuzzicando, Mia, e un po' alla volta, sente quel piacere dell'attesa crescere sempre di più dentro di sé. E quindi risale con allo stesso modo fino a giungere alla base della sua intimità per racchiuderne le rotondità in un risucchio che esegue assaporandosi le sue espressioni con occhi colmi di desiderio. Vi indugia per diverso tempo, mentre prende a percorrerne la lunghezza con tocchi troppo leggeri, atti a stuzzicarlo, solleticandone la sommità a intervalli regolari, senza tuttavia renderlo un contatto troppo approfondito. Quando si sente soddisfatta, si scosta per qualche istante, sorridendo con un leggero senso di gioia, prima di baciare con gentilezza la zona più prossima alla sua intimità, mentre una mano raggiunge la sua natica, stringendone le carni con vivido desiderio, sospirando pesantemente, mentre gli assesta un colpo preciso sulla stessa natica che ha stretto. Con lo sguardo lo sfida, lo incalza, brama tutto ciò che ha; non accetta altro se non vederlo perdere ogni briciolo di controllo che ha nel corpo. La punta della lingua sale lungo la sua lunghezza, ma si ferma prima di giungere sulla sommità. Ed è allora che ricerca il suo sguardo con più insistenza, mentre si concentra, lasciando che una parte di sé confluisca alle spalle di lui. La proiezione della giovane Wallace è ora seduta sul tavolo da biliardo alle spalle di Raiden; circonda il suo busto con le gambe, incollando la propria umida intimità contro la pelle di lui, mentre una mano intreccia le dita tra i suoi capelli stringendoli con decisione, lasciando che l'altra vaghi lungo il suo petto, fino a incastrarsi attorno al suo collo in una stretta leggera, atta più a sentire il battito accelerato del suo cuore. Look at me, babe. I'm about to blow you until you fucking fill my mouth. Still not your girlfriend? Racchiude le labbra attorno al suo lobo mordicchiandolo appena, prima di scendere a lasciare sulla sua spalla una serie di baci umidi. E a quel punto lo ingloba, dando seguito ad ognuna delle parole appena sussurrare all'orecchio di lui. Si arpiona ai suoi fianchi mentre si sente solleticare ogni stimolazione nervosa. A volte si aiuta con una mano, indugiando con sadico piacere sulla sommità della sua intimità, giocherellandoci con la punta della lingua, sospirando profondamente, prima di tornare a inglobarlo con più convinzione, spingendosi sempre di più a ricercare un contatto più profondo. Esplora il suo piacere e il proprio, ricercando i suoi punti deboli, premendo il suo punto più sensibile contro l'interno delle guance, risucchiando con delizia quei primi umori di lui - segno di un cedimento che sa arriverà. Lo sente; mattone dopo mattone, la sua dimensione viene decostruita, inebriata dal piacere che gli provoca, a tal punto che, giunge a spingersi sempre più oltre, testando senza vergogna alcuna ciò che può fare, con la voglia di donargli sempre di più, di accoglierlo sempre di più. E si bea delle sue espressioni, di quel dolce tormento che provoca ad entrambi. Quando sente il principio della fine giungere, stringe i capelli di lui in proiezione con più decisione, abbandonandosi a movimenti sempre più meccanici e cadenzati. That's it baby. Please be good and let me taste you.Lotta contro il desiderio di lasciarsi andare, Mia, concentrandosi sul piacere di lui, donandogli tutta se stessa, tutti i suoi desideri, le sue fantasie, nel bene e nel male, senza filtri, né ritegno. Si spinge fin dove non si è spinta con nessun altro fino a quel momento, col chiaro intento di imprimere nella sua mente e in quella di Raiden, un ricordo indelebile. Perché noi non siamo di passaggio.


     
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    Il bello dello studentato era che a nessuno importava davvero chi tu fossi o cosa facessi. Lì, in quella terra di nessuno, più o meno tutto quanto appariva lecito e all'ordine del giorno. Sulle prime la cosa aveva lasciato Raiden di sasso, portandolo a chiedersi che problemi avesse la maggior parte della gente in quel maledetto paese; tuttavia, col tempo, non solo ci aveva fatto l'abitudine, ma aveva anche imparato ad apprezzare quel generale menefreghismo. La gente si presentava in cucina in pigiama e ciabatte, senza alcuna voglia o interesse di rivolgerti la parola se non per questioni di stretta necessità. Nessuno ti chiedeva per quale ragione la tua maglietta fosse messa al contrario, né sembravano prestare alcuna attenzione al fatto che sotto i pantaloni della tuta fosse piuttosto palese l'assenza di mutande. Le regole dell'umana decenza, lì, non esistevano davvero - tanto che Raiden aveva perso il conto delle volte in cui aveva adocchiato qualche coppietta intenta ad avere rapporti intimi non troppo in bella vista ma nemmeno nascosti. Evidentemente nessuno lo riteneva un problema, e dopo un po' iniziavi quasi a non farci più caso, a queste cose, tanto diventavano ordinarie. « Buongiorno stellina. » Raiden, che sveglio lo era già da un pezzo e di ritorno dal proprio allenamento mattutino, si tolse una cuffietta dalle orecchie, tamponandosi il collo leggermente sudato con un asciugamano mentre rivolgeva un cenno di saluto a Jeff, intento a far colazione e completare un cruciverba. Non disse nulla, avviandosi subito verso il frigo in cui aveva lasciato del riso la sera prima e mischiandovi uovo e salsa di soia. « Raiden? » « Mh? » chiese, mentre gustava un boccone della propria colazione, appoggiato col bacino al bancone della cucina, in attesa che il caffè si preparasse. « È gustoso e viene dal Giappone. » Masticò con cura, il giovane Yagami, ingoiando il riso prima di asserire con fermezza convinta. « Il mio cazzo. » La tizia sconosciuta che stava preparando un tè accanto a lui sbottò a ridere, uscendo dalla cucina con la propria tazza fumante mentre scuoteva piano la testa tra sé e sé e ridacchiava, aggiustandosi le mutande da sopra la stoffa pesante del pigiama. Jeff, dal canto suo, sorrise, sollevando le iridi sul compagno. « Non ci entra. » Ma fu evidente che se ne pentì subito dopo averlo detto. E vabbè, allora me le servi proprio. Raiden si avvicinò, ruotando la sedia accanto al concasato per mettervisi a sedere a cavalcioni. Sospirò, poggiandogli pesantemente una mano sulla spalla e fissandolo intensamente negli occhi. « Tranquillo. Può fare un po' male all'inizio, ma ci entra, baby. » proferì, sciabolando le sopracciglia con aria allusiva prima di prendere un altro boccone di riso. « Fai schifo. » Fece spallucce. Battute stupide di quell'ordine erano più o meno la prassi all'interno del bislacco gruppo di amici che si era andato a creare nel campus, e Jeff, di norma, era il capo indiscusso di tali uscite balorde. « Che poi.. a proposito di fare schifo.. » E già quello, come incipit, poteva preannunciare moltissime cose, tanto che Raiden sollevò un sopracciglio, masticando mentre fissava l'amico con aria guardinga. Amico che, come tipico di lui, stava già ridendo sotto i baffi nel dargli di gomito. « ..ti ho capito, mascherina eeeeh. » In pieno stile Antonio Colombo, Raiden chiuse una mano a becco, scuotendola leggermente. « Ma hai capito cosa, che manco sai completare un cruciverba pallino uno di difficoltà? È sushi, comunque, dai. Cinque lettere. Ovvio. » Cioè bo, pure l'undicenne dislessica a cui faccio ripetizione ci sarebbe arrivata. Ma a Jeff sembrava importare più poco del cruciverba sul retro della Gazzetta. « Eeh, ho capito che hai puntato la ragazzetta. » « Quale? Guardate che la mezza ispanica l'ho prenotata io, eh. Non facciamo scherzi. » « No no, secondo me ha puntato l'amica. » « La pazza? » « No, quella che ha fatto il compleanno. » Arricciò il naso, Bartosz, inclinando il capo di lato. « Quella con la retromarcia. » Le labbra di Raiden si incurvarono all'ingiù, spinte dal mento a creare una smorfia mentre lanciava un'occhiata veloce al polacco. « Il tè lo serviamo alle cinque, comunque. » Ridacchiarono brevemente, ma Jeff non sembrava intenzionato a mollare la presa sulla questione. « Oh! Non sviare. Rimaniamo sull'argomento di te che fai schifo. » A quelle parole, Raiden alzò gli occhi al cielo, nascondendosi le labbra dietro un generoso sorso di caffè. « Non capisco l'interrogatorio, sinceramente. » « Su, si vede che glielo vuoi buttare. Guarda che a noi puoi dirlo. Anche perché in caso ti acchittiamo le circostanze giuste. Che te lo dico a fare? » Passò lo sguardo da Jeff a Bartosz, in silenzio, più volte. Entrambi lo fissavano come se stessero aspettando da lui la risposta alla domanda fondamentale della vita. Io proprio non ho parole. « Raga, ma pure se fosse - no? - mica ho bisogno che mi acchittiate la roba. Faccio da solo. Ma tu guarda questi! » Silenzio. « Vabbè quindi è una conferma. Te la vuoi scopare. » Non era una domanda, quella di Bartosz. Ingurgitata l'ultima cucchiaiata di riso, Raiden si alzò dal proprio posto, raggiungendo il lavello per far scorrere acqua e sapone sulla ciotola vuota. « Guarda che secondo me ti ci sta. L'ho vista, sai? L'occhio l'ha buttato. » « Eh ma poi quelle battutine che vi fate? Dai, proprio semaforo verde. » Disse quello che l'insegna luminosa di Taahira non l'ha vista neanche per sbaglio. Tuttavia non si fece chissà quali problemi a fare spallucce, pulendosi le mani su uno strofinaccio prima di tornare al proprio posto e buttare giù un altro sorso di caffè. « Onestamente? » chiese loro, fissandoli da sotto le ciglia e attirandosi subito dei veementi cenni d'assenso. Quanto siete pettegoli. Fece altre spallucce. « Penso sia figa e ci andrei, data l'opportunità. » Già lì, Jeff andò a sbattere il pugno sul tavolo, come a conferma di averci visto giusto sin dall'inizio. « PERÒ.. » lo fermò subito Raiden, lasciando un istante di dovuta suspence mentre prendeva un altro sorso di caffè, inclinando poi il capo di lato « ..la mia umilissima opinione è che sia una di quelle che parla tanto ma alla fine non conclude. Per intenderci: quel genere di ragazza con cui ci provi tutta la sera perché ti dà corda e flirta a stecca, ma poi quando ti avvicini, si scansa. » Non era di certo né la prima né l'ultima ragazza che Raiden aveva incontrato su quel genere: il campus ne era pieno, e così il mondo intero. Ragazze a cui piaceva il gioco, ma solo quello. Ed era normale, specialmente tra quelle più giovani, che fosse così: che gli riuscisse difficile lasciarsi davvero andare e arrivare fino in fondo alle situazioni. Ognuno ha i propri tempi e i propri modi. Si strinse nelle spalle con semplicità. « Ma magari mi sbaglio. »

    Ed effettivamente, Raiden si era almeno in buona parte sbagliato su quel punto. Erano infatti altre le cose su cui Mia Wallace tirava il sasso e nascondeva la mano, ma non quelle che lui credeva all'inizio. E questo, lei, glielo aveva dimostrato più e più volte, rispondendo alle provocazioni e agli stuzzicamenti del ragazzo con altrettanti. Il giapponese sembrava averci preso gusto in quel gioco volto ad alzare sempre un po' di più l'asticella, a spostare il limite sempre un po' più in là per vedere fin dove lei fosse disposta ad arrivare. E lei? Beh, lei lo seguiva, facendo lo stesso a propria volta. Persino le parole di Raiden, che in precedenza non si era rivolto a lei con così tanta frequenza e sfacciataggine durante i loro rapporti intimi, vennero colte e rimandate indietro, creando in lui un senso di appagamento senza precedenti. Con Mia, il Grifondoro, voleva condividere tutto: il lecito e l'illecito, il puro e lo sporco. Cose che potevano tranquillamente intrecciarsi l'una all'altra fino a rendersi indistinguibili, ponendo la domanda su quale fosse davvero una cosa o l'altra e se le categorie fossero effettivamente antitetiche. Agli occhi di Raiden, ciò che loro due stavano condividendo altro non era se non la propria intimità - tutto compreso e nulla escluso, qualunque cosa ciò comportasse. Non c'era vergogna nel suo animo, né tanto meno un venir meno al rispetto reciproco. C'era semplicemente la volontà di unirsi, di far parte l'uno dell'altra fino in fondo, fino a smussare completamente le linee di demarcazione tra le loro singolari entità. Era sporco, tutto ciò? Forse, se lo si prendeva dal punto di vista più tecnico e freddo. Ma faceva parte di loro come di qualsiasi altro essere umano. E umana, quella dimensione, lo era fin nel profondo: così tanto che qualunque altra cosa appariva robotica e artificiale al suo confronto. Noi siamo questi. Siamo così. Bello o brutto che possa sembrare ad un occhio esterno - perché alla fine, non è per un occhio esterno che condividiamo tutto ciò. Lo facciamo per noi, per ciò che vive sotto questo strato di pelle che ci porta in giro nel mondo. Io voglio starti sotto la pelle, e voglio che tu stia sotto la mia. Ti voglio qui, con me, in ogni momento, tra il sangue e le ossa. Un bisogno di comunione così totalizzante fu ciò che lo spinse a ricercare il contatto con lei con crescente bramosia, seguendo ad occhi chiusi la strada di un piacere che percepiva come proprio e di cui sembrava conoscere a menadito la via. Quando i movimenti di Mia iniziarono a farsi scomposti, Raiden gorgogliò di piacere, ancorando il braccio libero alla coscia di lei e spingendosi col viso ad approfondire sempre di più quel contatto. Fu estasi pura, la sensazione che lo pervase, sprigionando nel suo corpo un effetto dall'intensità devastante che strappò più di un gemito dalle sue labbra umide. Fu lento, il decrescere di quelle sensazioni, così come lo fu anche il loro allontanarsi per riprendere fiato. Scivolò piano all'indietro, Raiden, appoggiandosi con una mano a terra mentre la propria cassa toracica veniva spinta in su e in giù ritmicamente, sotto la pressione di un respiro alla ricerca della propria stabilità. Buttò la testa all'indietro, chiudendo gli occhi per assaporare gli ultimi strascichi di quel piacere mentre si faceva scorrere la lingua sulle labbra per assaporarlo ancora. Madido di sudore e col viso almeno per metà bagnato dagli umori di Mia, Raiden si sentiva in pace con se stesso e col mondo, come se stesse sperimentando la più concreta e basilare forma di umanità che fosse concessa all'uomo. « Perché non siamo mai andati a ballare io e te? » Aprì gli occhi, inclinando il capo di lato per fissarla con un misto di divertimento e confusione mentre si rimetteva pian piano in piedi. « Dovresti portarmici quando torniamo.. anche se non sono la tua ragazza. » Maybe I'll touch myself again - in front of your friends - under the table - while we eat that shitty food you hate. Bastarono quelle parole a riempire di smaniosa malizia le iridi di Raiden, che percorsero senza vergogna il corpo di lei nel mentre di inumidirsi le labbra. Le scoccò un'occhiata, sollevando il mento e inarcando un sopracciglio nel prendere un respiro profondo. Or maybe I'll eat something else. Who knows? Sciabolò le sopracciglia, allusivo, mentre le lasciava pieno spazio per sbottonargli la camicia. Ad ogni bottone liberato dall'asola, la pelle di Raiden sembrava scaldarsi, desiderosa di essere toccata dalle dita di lei, che tuttavia preferì prendere le distanze per osservarlo scrupolosamente. Sorrise, il giovane, lasciandosi guardare senza vergogna. Il giovane Yagami non era uno sciocco: aveva consapevolezza del proprio corpo, per quanto la sua attenzione non si fosse mai davvero rivolta al lato estetico di esso. Non se ne era mai preoccupato, nemmeno da ragazzino, quando di certo la sua figura appariva più smilza e dalle forme meno delineate. Ai tempi, Raiden era timido e riservato, ma non aveva comunque problemi col proprio fisico: mangiava quanto si sentiva di mangiare, giocava a Quidditch nella squadra scolastica e in estate gli piaceva tenersi attivo giocando a tennis nel circolo sportivo per maghi di Osaka. Il suo fisico, insomma, era quello di un ragazzo magrolino ma in salute. Era bello? Non lo sapeva, non ci aveva mai pensato - forse perché una parte di lui non riusciva ancora a vedersi sotto quella luce, come un corpo da svelare all'occhio e al giudizio altrui. Le cose erano cambiate radicalmente con l'addestramento militare, che al corpo metteva particolarmente l'accento. Eppure, anche lì, la visione di Raiden era comunque lontana dalla riflessione estetica: il giovane Yagami, così come tutti i suoi compagni, guardava al proprio corpo come si guarda ad uno strumento che deve essere funzionale ad uno scopo ben preciso. Solo dopo diverso tempo ed esperienze, il giovane aveva compreso che quello stesso corpo potesse essere visto come piacevole, che potesse essere apprezzato sotto altri punti di vista. Non se ne faceva motivo di vanto, ma di certo la cosa aveva permesso lui di raggiungere un nuovo livello di consapevolezza di sé. Una consapevolezza che non sfociava nell'aperto orgoglio, tanto che il Grifondoro non sentiva di dover sventolare il proprio fisico in faccia a tutti, sottolineandolo con un vestiario volto a metterlo in mostra. Tuttavia non stava nemmeno lì a nasconderlo: semplicemente, a Raiden piaceva stare comodo e si sentiva a posto con se stesso, tanto che avrebbe potuto buttarsi addosso qualsiasi cosa e gli sarebbe stata bene comunque in virtù di quella sicurezza interiore con cui andava in giro. I - want - to - play - with - you. Alcuni sospiri pesanti sfuggirono dalle labbra del ragazzo nel seguire con lo sguardo il tracciato di baci e carezze che Mia lasciava sul suo corpo. Brividi di piacere iniziarono a scorrergli sotto la pelle mentre la sua testa si svuotava velocemente di ogni pensiero logico, lasciandolo in balia di un desiderio totalizzante. « Ti fa ridere? » chiese ironico, sollevando un sopracciglio alla reazione vagamente ilare della Wallace nei confronti delle sensazioni che gli stava provocando. Ma l'unica risposta che ebbe l'onore di ricevere, fu quella di essere condotto verso il tavolo da biliardo, incastrato tra il corpo di lei e l'area da gioco. Ridacchiò sommessamente, avventandosi sulle labbra di lei e mordicchiandole l'inferiore. You know.. that first night.. I wish you'd fucked me on that pool table - no questions asked. Un gemito roco si infranse nel contatto scomposto tra le loro bocche, mentre il bacino di Raiden sembrava ricercare istintivamente il tocco di Mia. Ridacchiò ancora, Mia, strappandogli ulteriori malizie di bocca. Kinda want to see if you'll still be able to laugh with your mouth full. Parole di sfida che mormorò sull'orlo di un sorriso, soffiandole sull'orecchio della Serpeverde. So when I come, it's the same for you.. L'aveva provato su di sé. Era così. Poteva provare le sue stesse sensazioni, anche quando la risposta fisiologica non era la medesima. In fin dei conti, non aveva gli organi necessari a sperimentarla - e viceversa - ma poteva comunque percepire come ci si sentisse e avere la totale impressione che quel piacere fosse proprio. Sapeva che per lei fosse lo stesso, e questo sembrò animarlo di un ulteriore soddisfazione, nel momento in cui le labbra di Mia ruppero l'attesa ed entrarono in contatto con la sua intimità. Un altro gemito risalì dal petto del giapponese, che gettò la testa all'indietro e strinse le dita di una mano sul bordo del tavolo da biliardo fino a farsi sbiancare le nocche. Quando la proiezione di Mia apparve alle sue spalle, circondandogli il busto con le gambe e con gentili carezze, Raiden era in balia di un senso di vertigine tanto piacevole quanto insopportabile. Lei lo stuzzicava e lui, semplicemente, non ce la faceva più. Please baby, I need your mouth. Esalò in quella che suonava come una preghiera disperata, sottolineata dal modo in cui le dita della mano libera andarono a intrecciarsi ai capelli di lei e il suo bacino a spingersi maggiormente in avanti sotto l'impulso naturale di un desiderio che lo obnubilava. Look at me, babe. I'm about to blow you until you fucking fill my mouth. Still not your girlfriend? Ricercare una risposta da lui, una qualsiasi, in quel momento, era quanto di più assurdo si potesse concepire. E infatti Raiden non rispose, se non con un forte gemito roco che lo scosse non appena il loro contatto si fece più approfondito, portandolo a intensificare la stretta sulla nuca di lei e ad andarle incontro col bacino. Il giovane Yagami alternava momenti in cui chiedeva gli occhi per l'intenso piacere ad altri in cui fissava le proprie iridi scure in quelle di Mia, mordendosi con forza il labbro inferiore come se quel desiderio lo animasse di un impeto quasi animalesco che gli bruciava nelle pupille. Fuck! You're so good. Fu tutto ciò che riuscì a dire, appena udibile tra i respiri pesanti che minacciavano di fargli perdere l'equilibrio se solo non fosse stato per quella presa salda sul bordo del tavolo. A un certo punto non avrebbe nemmeno saputo dire se fosse lei ad andargli incontro, o se fosse lui a spingersi contro le sue labbra; forse entrambe le cose erano vere. Man mano che il contatto si faceva più profondo, l'impulso involontario ma puntuale della gola di Mia che andava a stringersi intorno alla sua intimità iniziò a spingerlo sempre di più verso l'orlo del tanto agognato precipizio. That's it baby. Please be good and let me taste you. Fu quella la risposta di Mia al montante piacere di Raiden, che si esprimeva sotto forma di respiri affannati, gemiti sommessi e preghiere senza alcun senso che si mischiavano al nome di lei. Da lì fu solo una questione di pochi istanti prima che il climax arrivasse velocemente al proprio apice, portando ogni muscolo che Raiden aveva in corpo a contrarsi e formicolare nello stato di più estrema sensibilizzazione che avesse mai provato. Un piacere così intenso che, senza nemmeno rendersene conto, la presa delle sue dita sul tavolo si fece talmente forte da staccare il bordo di legno dal resto della superficie con un secco crack. Man mano che quelle sensazioni cominciavano a decrescere, la tensione dai muscoli del giapponese iniziò a sciogliersi e i suoi polmoni a riprendere respiro su quel battito cardiaco che gli pompava nel petto ad un ritmo assordante. Sciolse lentamente la presa dai capelli di Mia, abbandonandosi di più contro il tavolo mentre un'espressione di pura pace e profonda soddisfazione andava ad illuminargli angelicamente il viso madido di sudore. Teneva gli occhi puntati nei suoi, beandosi di quell'immagine che sembrò voler fotografare nella propria memoria tanto era bella ed eccitante al tempo stesso. Le dita del ragazzo si spostarono sulla guancia di lei, carezzandola dolcemente mentre sgusciava pian piano fuori da quel contatto, attento a non perdere un singolo fotogramma di quel momento estatico. Sorrise, passando il pollice sulle labbra di Mia per raccogliere ciò che di lui vi era rimasto e spingerlo delicatamente tra i denti di lei. La aiutò quindi a rialzarsi in piedi, attirandola a sé in un bacio che non aveva bisogno di parole. Intenso e passionale, ma a suo modo delicato. Un contatto che andò a mischiare saliva, sudore e ciò che rimaneva del sapore dei reciproci umori. E gli piaceva, quel sapore. Sapeva di estasi e di un'intimità che tutto avrebbe definito tranne che sporca. Quando si staccò, fissandola per qualche istante negli occhi in silenzio, una risata cristallina sfuggì imprevista dalle sue labbra mentre appoggiava con leggerezza la fronte a quella di Mia. Un lieve cenno del capo a indicare il tavolo. « Mi sa che il sogno del biliardo è andato in fumo così. » E non sento nemmeno di prendermene tutta la responsabilità. Tuttavia quella risata si esaurì presto sulle sue labbra, lasciando posto a un respiro che si faceva sempre più lento e regolare nel ricercare il contatto con la pelle di Mia. Contatti leggeri, piccoli baci che le labbra di Raiden lasciavano senza fretta sul collo di lei, sulla sua clavicola e sul suo seno, disegnando i contorni del suo corpo con la punta delle dita. « Se non sei ancora la mia ragazza?! » chiese a bassa voce, citando le parole che lei gli aveva rivolto poco prima, mentre le sue labbra continuavano a lasciare piccoli baci lungo un tragitto che non aveva una meta vera e propria. « Non lo so, Mia. Sei tu che dovresti dirmelo, non credi? Io le ho già scoperte, le mie, di carte. » Sorrise sardonico, facendo guizzare lo sguardo sul viso di lei mentre prendeva la sommità sensibile del suo seno tra i denti, stuzzicandola con la punta della lingua. Il sopracciglio di Raiden andò a inarcarsi, eloquente. « Non vorrai mica dirmi che sei una di quelle ragazze a cui piace farsi pregare?! » Sulla scia di quelle parole, le labbra di Raiden si chiusure sull'areola di Mia, succhiandola appena mentre vi faceva roteare la lingua sulla punta. E ancora una volta, senza preavviso alcuno, la sollevò da terra, questa volta passando un braccio sotto le sue ginocchia e uno intorno al suo busto. Ridacchiò, stringendola a sé per stamparle un bacio sulle labbra prima di farsi largo verso l'altro capo del salotto, in direzione del divano che richiamava in stampa e colori il medesimo stile del pouf. I piedi di Mia toccarono nuovamente il pavimento solo quando furono di fianco al pezzo di mobilio. Raiden stava alle sue spalle, con un braccio a circondarle la vita e il viso immerso nell'incavo del suo collo, intento a succhiare quel punto sensibile di pelle su cui aveva tutta l'intenzione di lasciare un segno ben visibile.
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    Maybe I should just accept the fact that you don't want to be my girlfriend. Mormorò quelle parole con un sospiro sulla sua pelle, avvicinando piano il bacino alle natiche di Mia mentre pian piano l'eccitazione cominciava a diventare sempre più fisiologica e tangibile. Quel piccolo passo in avanti sospinse a propria volte le cosce di Mia a toccare il bracciolo del divano. What should I call you, then? Chiese, stuzzicandole il lobo con piccoli morsi leggeri mentre iniziava a spingersi col busto in avanti, portandola di rimando a chinarsi fin quando il bacino di lei non arrivò a poggiarsi sul bracciolo, creando col corpo una curva il cui punto più alto veniva segnato dalle natiche sollevate. La mano di Raiden la carezzò tutta, quella curva, a partire dalla spalla fino ad arrivare al gluteo, che strinse leggermente nel sussurrarle un altra domanda all'orecchio, intrecciando le dita della mano libera ai capelli di lei. Perhaps.. my little slut? Parole, quelle, che vennero subito seguite da uno schiocco, un colpo che si infranse dal palmo di lui sul gluteo di lei - non chissà quanto forte, ma abbastanza da essere sentito. Ridacchiò, avventandosi nuovamente sul collo di lei per lasciarvi un veloce morso leggero prima di drizzarsi in piedi e osservare il corpo di Mia da quella posizione privilegiata. Inclinò il capo di lato, umettandosi le labbra incurvate in un sorriso mentre posava i palmi sulle sue natiche, divaricandole le gambe quanto bastava per permettergli di avvicinarsi col viso all'intimità di lei e lasciarvi un bacio umido che ne percorse la lunghezza con tutta la lingua. Mugolò soddisfatto nel constatare lo stato dell'eccitazione di Mia, rimettendosi subito in piedi per avvicinare la propria, di intimità, a quella di lei, facendovela scorrere esternamente con lentezza. « Penso che d'ora in poi ti toccherà essere più esplicita con me, sai? Altrimenti potrei interpretare le cose un po' così.. come mi pare. » Ogni parola veniva scandita da un movimento lento che si portava sempre vicino a superare l'ultima barriera tra loro, senza però arrivarci mai. Scivolava sempre oltre, Raiden, conducendo quel movimento lento come una tortura tutto all'esterno, alimentando così la propria eccitazione e quella di lei fino all'inverosimile. Quando la propria intimità andò a premersi un po' più sull'apertura di Mia, dandole per un istante l'impressione che fosse sul punto di entrarvi, solo per poi continuare lo stesso gioco fatto fino a quel momento, Raiden sbuffò una piccola risata dalle narici. Look at you: ass up and purring like a kitten. Maybe I was right. Maybe you really are my little slut. Continuava e continuava, conscio del fatto che quel gioco fosse una lama a doppio taglio, ma non per questo meno piacevole. What, baby? You want me to fuck you? Spinse ancora, e ancora una volta rimase su quei contatti esterni che si facevano progressivamente più umidi, al punto da provocargli un gemito sommesso di soddisfazione, stringendo ulteriormente i glutei di Mia sotto le dita. Un gioco, quello, che Raiden portò fino all'estremo, fin quando non la sentì sul punto di raggiungere un evitabile climax. Solo a quel punto, finalmente, poggiò un ginocchio sul bracciolo del divano, facendo presa con le mani sui fianchi di Mia per darsi meglio la spinta e affondare in profondità all'interno di lei con un gemito roco. Spinse quanto più a fondo potesse, scivolando poi all'esterno solo per ripetere d'accapo l'azione - una, due, tre volte, quattro. Sempre più veloce e con sempre più forza fin quando il livello a cui il suo desiderio era arrivato non gli permise più di uscire, instaurando piuttosto un ritmo sostenuto che faceva cozzare le loro pelli con umidi schiocchi sonori. La stretta sui fianchi di Mia si fece più pressante mentre gli occhi di Raiden non riuscivano a distogliere lo sguardo da quell'immagine paradisiaca che andava - se possibile - ad eccitarlo ulteriormente. I colpi di bacino del ragazzo erano precisi e sostenevano un ritmo ben scandito, volto a toccare i punti più profondi e sensibili di Mia per scatenare in lei reazioni che andavano inevitabilmente a mischiarsi a quelle di Raiden, accrescendole al punto di rendere quel piacere talmente intenso da non essere umanamente concepibile. Io tutto questo l'ho voluto fin dal primo giorno in cui ti ho vista. Forse all'epoca non c'era nient'altro tra di noi e non ci avevo nemmeno visto chissà quanto giusto su di te. Non ti conoscevo, non avevo imparato ad amarti come ti amo adesso. Però, pur se in maniera superficiale, ti volevo comunque. Ti ho sempre voluta. Ti ho sempre trovata bellissima. Mi hai sempre eccitato, sotto ogni punto di vista. La gente mi ha sempre detto che è odiosa, la mia capacità di ottenere puntualmente ciò che voglio come se mi cascasse tra le braccia dal cielo. Ma la verità è che nulla mi è mai semplicemente arrivato così, dal niente. Ho sempre fatto tutto ciò che era in mio potere per avere quello che desideravo. Solo che stavolta sono stato fortunato, perché nell'ottenerlo, ho avuto anche molto di più. E non sono così stupido da lasciarmelo scappare. Tu sei mia, e io sono tuo. È così e non c'è nessuno che possa convincermi del contrario.

     
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    Portare Raiden al punto massimo del piacere la condusse in uno stato di smisurata estasi. Ogni sensazione di lui riecheggiava in lei e sentire quel grado di smisurato piacere che riuscì a donargli l'avrebbe fatta riflettere in seguito. Non lì, non sul momento. In quegli attimi di puro istinto, Mia non pensò a nulla se non a gettare lo sguardo sul volto di lui assaporandosi ognuna delle sue espressioni, beandosi di ogni verso, fotografando mentalmente ogni piccolo cambiamento nell'aura di lui. Era attenta Mia, al di là del soddisfacimento personale, traeva piacere dal piacere di lui, come se quel climax fosse suo tanto quanto di lei. E lo fu; nell'esatto momento in cui Raiden giunse all'apice, Mia sentì una netto senso di completa alienazione, chiudendo gli occhi e intensificando quei movimenti nel chiaro intento di protrarre quel momento il più possibile. Di colpo si sentì leggera, in pace col mondo, stanca e sudata, ma felice e serena come non lo è mai stata. Io ti piaccio così tanto vero? Non aveva un termine di paragone con altre esperienze; tutto ciò che riguardava quell'intesa, per Mia era del tutto nuovo. Non sapeva se era ciò che i ragazzi provavano ogni qual volta si trovassero in compagnia di una ragazza, né se Raiden avesse avuto esperienze così intense. Eppure lo sentiva: nonostante la loro intesa fosse inevitabile per via del contatto lycan, la loro compatibilità era reale, così come il modo in cui rispondevano l'uno agli stimoli dell'altro. Si. Ti piaccio davvero un sacco. In fondo, entriamo in contatto con tanti altri dei nostri a intervalli regolari; questo non significa però che abbiamo voglia di stare così con tutti quanti. Ti piaccio; e si dà il caso che anche tu mi piaci davvero tanto, quindi sono contenta che le cose vadano così. E quindi lo baciò, Mia, posando una mano sulla sua guancia, mentre l'altra andava a intrecciarsi ai suoi capelli, accarezzandoli con un che di smanioso, prima di lasciar scendere le dita lungo il suo petto, tastando ogni centimetro della sua pelle quasi come se volesse tracciare una mappa tattile di lui. « Mi sa che il sogno del biliardo è andato in fumo così. » « Gillian Wallace ne sarà molto contenta. Magari non lo ripariamo e le spieghiamo insieme com'è successo.. uhm? Che dici? Ti considererebbe ancora un ragazzo d'oro? » Fu la sua risposta seguita da una leggera risata, prima di posare un bacio sulla spalla di lui, strofinandovi contro la punta del naso. Piccoli gesti atti a rimettere in moto una vicinanza di cui Mia continuava ad avere bisogno. Gesti a cui si unirono quelli di lui, e che suscitarono quasi automaticamente sospiri pesanti nel petto della Serpeverde. « Se non sei ancora la mia ragazza?! Non lo so, Mia. Sei tu che dovresti dirmelo, non credi? Io le ho già scoperte, le mie, di carte. Non vorrai mica dirmi che sei una di quelle ragazze a cui piace farsi pregare?! » Per un istante la giovane Wallace gettò la testa all'indietro mordendosi il labbro inferiore, mentre un leggero gemito fuoriusciva dalle sue labbra. « Non mi pare che tu ti stia.. » Sospirò appena colta da un'improvvisa ondata di calore, man mano che i tocchi di lui si facevano più insistenti. « ..lamentando. » E sapeva, Mia, che almeno per la serata, quello di tirarsela senza motivo alcuno, era diventato un grosso quid; e quindi, ancora una volta non rispose, scoppiando a ridere non appena venne sollevata da terra. Maybe I should just accept the fact that you don't want to be my girlfriend. Ripreso contatto con il pavimento, Mia scostò appena la testa per agevolargli l'incastro col proprio collo, permettendogli così quel segno che sarebbe rimasto impresso sulla sua pelle. Le interessava? Non più di tanto; anzi, non intendeva nemmeno nasconderlo il giorno seguente. Perché avrebbe dovuto? C'è davvero qualcosa di cui vergognarsi in tutto questo? E' una cosa bella, ed io ci sto bene. E questo è tutto ciò che conta. Il resto del mondo può andare a farsi fottere. Spinse istintivamente il bacino di lui contro il proprio, esercitando una presa possessiva sulla natica di lui, ridacchiando sommessamente, beandosi di ogni attenzione che riceveva. What should I call you, then? Venne portata ad adagiarsi contro il bracciolo del divano, e di colpo, venne colta da un'ulteriore ondata di calore all'altezza del bassoventre. Le piaceva essere guardata da lui, lasciarsi osservare in tutta la sua femminilità, esposta solo ed esclusivamente per gli occhi di Raiden. Perhaps.. my little slut? Un leggero lamento acuto fuoriuscì dalle labbra di lei seguito da un profondo sospiro, nello stesso momento in cui un colpo improvviso si infranse contro il proprio gluteo. Era in balia di sensazioni uniche, Mia, di un attesa che la portava a impazzire. A quel punto Raiden avrebbe potuto dire qualunque cosa e lei avrebbe risposto comunque di sì, perché lo voleva, voleva sentirlo dentro di sé, avvolgerlo, ricordare l'intensa unione dei loro corpi che sembrava non bastarle mai. « Penso che d'ora in poi ti toccherà essere più esplicita con me, sai? Altrimenti potrei interpretare le cose un po' così.. come mi pare. » Ma a quel punto era del tutto irrilevante, quelle parole Mia riusciva a razionalizzarle a stento, colta del tutto impreparata prima dalle labbra di lui e poi dal leggero contatto tra le loro intimità. « Rai.. » Vene percossa da profondi brividi, mentre si torceva, incrinando la schiena, tentando di andargli incontro, inebriata da quel contatto che sembrava voler andare oltre senza tuttavia superare mai la soglia. Look at you: ass up and purring like a kitten. Maybe I was right. Maybe you really are my little slut. Gettò lo sguardo oltre la propria spalla; il volto disteso in un'espressione tormentata da quella lenta quanto piacevole tortura. Si inumidì le labbra seguendo con lo sguardo i movimenti di lui, quasi come se in quel modo avrebbe potuto anticipare il momento esatto in cui lui avrebbe superato quella soglia. Raiden conduceva un gioco sporco, a cui Mia si prestava senza combattere, con la consapevolezza di volerlo proprio così, di voler essere tratta così. La eccitava, la accendeva ulteriormente; mostrarsi in quella maniera la contagiava di una lussuria che inebriava il suo corpo, creando un aspettativa che sapeva, appena fosse stata attesa, si sarebbe dimostrata ancor più totalizzante.
    Please, baby.. just.. Il suo fu un sussurro tra profondi respiri, e versi di puro piacere, che si intensificarono man mano che Riaden portava avanti il suo lento quanto martellante giochino. What, baby? You want me to fuck you? La portò quasi all'estremo, Raiden, prima di ascoltare le sue preghiere, i profondi lamenti e i movimenti che gli andavano incontro con sempre più convinzione. Yes.. please. I need your cock inside me. Erano come due poli opposti; quell'incontro era inevitabile e per frenarlo ci voleva una certa dose di volontà. Volontà, che sentiva, Mia, stesse cedendo man mano che era più vicina all'apice. E infatti non ci volle molto prima che anche Raiden non potesse farne a meno di andare oltre; quando quel contatto divenne completo, Mia incrinò la schiena, andandogli incontro come una belva affamata. Voleva tutto, senza remore. Ringhiò, un verso gutturale che si ripeté per ogni affondo, muovendo il bacino per prendersi tutto, senza filtro alcuno. Per un istante, la giovane Wallace, fu più vicina che mai alla sua duplice natura; la lupa dominava i suoi istinti, ne dettava i desideri, la rendeva complice del suo partner all'ennesima potenza. Si impose tra loro un ritmo incessante che scombinava qualunque cosa ci fosse attorno a loro; tutto iniziava e finiva all'interno di quel contatto totalizzante, che la portava a tratti a contrarre le pareti attorno a lui, rendendo il suo piacere ancora più estremo. Non riusciva a parlare, non riusciva a connettere un solo pensiero che non avesse a che fare con Raiden, con quei movimenti impellenti, sconnessi, ormai in preda a una veemenza che sembrava difficile da frenare. Solo ad un certo punto, convinta che ben presto sarebbero arrivati all'apice, si voltò di scatto venendo meno a quell'unione. Scivolò velocemente lungo il divano, distesa sulla schiena, attirandolo a sé per un mano. I want to look you in the eyes. Sussurrò di colpo, posando la nuca contro il bracciolo opposto della divano, accogliendolo tra le proprie braccia. Non c'era vergogna, o paura o imbarazzo in quello sguardo; solo un desiderio smisurato che andava a rigettarsi tutto sul moro. Trovarono ben presto l'incastro giusto, e a quel punto Mia strinse le gambe attorno al suo bacino, avvinghiandosi al suo collo, incollando la fronte a quella di lui. Non lo baciò; voleva guardarlo, perdersi negli occhi di occhi, lasciare che i loro respiri cadenzati si mischiassero, mentre le scontro delle loro pelli si faceva sempre più sconnesso. I want it. Disse di colpo in un sussurro disperato, abbassando lo sguardo solo per un istante sulle loro intimità a contatto. Una visione che la portò a rabbrividire, sentendo un riverbero simile sulla schiena di lui. I want it all. I want to be your little slut.. - Fuck! - Non importava quanto irragionevole era quel impeto. Mia lo pensava, e non aveva bisogno di un momento più razionale per dirglielo. Non c'è un momento adatto per dirti che ti voglio, che sei mio, e che io sono tua. Semmai, questo è il momento più giusto. Venne percorsa da una nuova ondata di piacere che la portò a schiudere le labbra, lasciando guizzare la lingua oltre i denti per solleticare le labbra di lui. I want to be your girlfriend. I want it - fuck baby, just please don't stop. Soffiò sul suo viso, accarezzandogli la fronte sudaticcia, mentre premeva le labbra sulle sue con impeto. I'll be whatever you want me to be. Just please, take care of me. And I'll take care of you. Always. Una promessa dalla quale, sapeva Mia, non si sarebbe mai sottratta, a meno che non fosse stato lui a farlo. Sorrise appena incastrando il labbro inferiore tra i denti soffiando ancora sul suo volto. See? You just had to fuck me properly to get an answer. Who knows what you might ask me next time if you keep being so fucking good. Ma di lì a poco, i respiri sarebbero diventati talmente scomposti e le sensazioni talmente intense che Mia avrebbe smesso di parlare, chiamando il suo nome tra versi di puro piacere e momenti di estasi totale. Arrivare fino in fondo fu come se non l'avessero mai fatto, come se quel contatto non avesse mai raggiunto una simile comunione. Spogliati di ogni filtro, Mia e Raiden si erano uniti nel più puro contatto che ci fosse; c'era vita in quei loro occhi, nei baci spasmodici e i respiri scomposti che si scambiavano, nelle parole scomposte che ogni tanto si sussurravano. E quando giunse, Mia non si trattenne, incanalando tanto le proprie sensazioni quanto quelle di lui; c'era un universo in quel climax, la sensazione più appagante e liberatoria che avesse mai provato. Un vivido complesso di emozioni e sensazioni che la portò ad arpionarsi al corpo di lui per mantenere quel contatto più a lungo possibile. E allora lo baciò, e lo baciò ancora, finché tra carezze e dolci sospiri non si addormentò senza dire nulla. Non c'era nient'altro da dire. Per il momento voleva solo sentirlo. E' perfetto così com'è.
    Venne svegliata dall'improvviso bacano di una tromba seguita da un rullo di tamburi in strada. A New Orleans, semmai il Quartiere Francese andava a dormire, si risvegliava comunque troppo presto. Troppo presto di certo per quella pigra mattinata che si erano concessi. Aveva i muscoli indolenziti, Mia, ma nonostante ciò, ad occhi ancora chiusi, sorrise beatamente stiracchiandosi appena in un scomposto abbraccio che andò a intrecciare la gamba a quella di Raiden. I raggi del sole penetravano dalle ampie finestre semiaperte che donavano alla camera da letto un aspetto idilliaco. E così schiuse un occhio, posando il mento sul petto di lui, prendendo ad accarezzargli il fianco con gentilezza, mentre piano piano apriva anche l'altro occhio sempre di più per osservarlo con un moto di profonda ammirazione. Era bello al risveglio, Raiden, talmente tanto che si chiese come avrebbe fatto a tornare alla sua quotidianità per i prossimi mesi. La sua stanza nei sotterranei di Hogwarts le sarebbe apparsa così triste, e la compagnia delle sue compagne di stanza così poco adatta alla condizione che stava vivendo. Vorrei svegliarmi sempre così. Non mi va di tornare in una camerata; non mi va di svegliarmi lontana da te. Spostò appena la bocca verso il basso, per posare un bacio sul petto di lui che venne ben presto sostituito da un leggero morso che la portò a ridacchiare appena; una risata cristallina, quella di Mia, smossa da una sentimento di pura serenità.
    « Sarà un guaio tornare a Hogwarts.. » Il suo fu un sussurro, mentre percorreva coi polpastrelli le linee del suo viso, premendo appena con un moto di tenerezza la punta del suo naso ridacchiando. Restò lì per un tempo che non quantificò, tempo in cui lo osservò senza dire niente; sprazzi della serata appena passata le tornarono in mente a più riprese, portandola ad abbassare di tanto in tanto lo sguardo consapevole di quanto intima e totalizzate quell'esperienza era stata. Non sembrava tesa, né particolarmente preoccupata, ma una parte di lei continuava a provare una forma di genuino imbarazzo, come se al di là di tutto, quelle cose fossero nelle retrovie della sua mente una sorta di tabù di cui poi non si doveva parlare, o che bisognava in buona parte ignorare. Non si vergognava del modo in cui si era lasciata andare la sera prima, ma al contempo si sentiva esposta, come se avesse affidato a Raiden una parte di cui non sapeva fino in fondo cosa ci avrebbe fatto. Ti ho proprio affidato tutto, vero? E ora ne puoi fare quello che ti pare. Affondò il viso nell'incavo del suo collo, ispirando il suo profumo mentre posava le labbra sulla pelle di lui gonfiando appena le guance in un'espressione goffa che la portò a ridere ancora. Poi di colpo, colta da quella forma di imbarazzo sotterranea, balzò sulle ginocchia intrecciando le dita a quelle di lui mentre lo osservava con un'espressione divertita. « Preparo il caffè. » E così si ritrovò giù dal letto con aria frizzate, superando la camera da letto per entrare nel salotto. Avevano fatto un gran bacano la sera prima, tant'è che tutti i loro vestiti erano ancora a terra un po' alla bell'e meglio. Mia afferrò la camicia di lui gettandosela addosso, richiudendo i bottoni ancora ancora intatti, per poi recuperare dalla tasca dei pantaloni di lui il proprio intimo. E fu in quel momento che si rese conto di una cosa piuttosto basilare che non aveva considerato fino a quel momento. Ricomparve infatti sulla soglia della camera da letto facendo capolino un po' confusa, seppur serena. « Raiden? Come lo prendi tu il caffè? » Non si era mai soffermata su cose così quotidiane; e in quel momento si rese conto che c'erano sin troppe cose che voleva sapere. Tipo vorrei sapere qual è il tuo colore preferito, che cosa ti piace leggere. Vorrei sapere se sei più tipo da mare o da montagna. Ecco io lo so che sono cose piccole e futili, come questa del caffè, ma io vorrei saperle comunque. So anche che so cose ben più importanti di te. Ma io voglio sapere comunque le cose piccole, quelle che ti rendono carino, quelle che fanno tenerezza. Quelle che posso utilizzare tutti i giorni per strapparti un sorriso. Una volta appurate le sue preferenze, Mia gli diede le spalle con un improvvisato hair flip, dirigendosi in cucina, dall'altra parte della casa, dove preparò alla bell'e meglio due tazze di caffè di tutto rispetto. In cucina, Mia era tutto fuorché un'impedita, e si sarebbe persino prodigata nella preparazione di una colazione di tutto rispetto se solo non avesse sentito un improvviso coro di risate oltre la porta d'entrata. Attese che Raiden la affiancasse porgendogli la propria tazza, prima di aprire la porta d'entrata sporgendosi verso il cortile interno dello stabile oltre la ringhiera metallica. Al centro era stata allestita una lunga tavolata, attorno alla quale sedevano ora tanti loro coetanei. Il profumo di dolci appena sfornato e della cioccolata la inebriò sul colpo e così comprese che aveva veramente tanta fame. Diversi suoi compagni di armi, si erano radunati attorno a un area in cui erano state disposte decine di barattoli di colori alimentari. Individuò la chioma color grano della migliore amica accanto alla figura del sin eater, un certo Larrie Wood. Lui le gettò di scatto in faccia un po' di azzurro, e Stacey in tutta risposta lasciò perdere l'uovo che stava decorando, prendendo a inseguirlo in giro per il cortile. « Tu guarda se non ti ficco sto pennello su per il culo, Larrie! VIENI QUA! » « E' o non è il primo aprile? Oggi vale tutto! » Era un'atmosfera distesa quella che stavano osservando, in cui tutti sembravano di buon umore nonostante i presenti fossero gli stessi partecipanti alla festa dell'altra sera. E forse erano tutti di buon umore proprio per questo motivo. « E' una nostra tradizione.. » Spiega quindi indicandogli i diversi ragazzi che si stavano prodigando nella decorazione delle uova di cioccolato. « ..i fanciulli e le fanciulle decorano uova di Pasqua da impartire ai più piccoli e agli anziani. Un tempo si usavano le uova vere.. ma capirai da te che oggigiorno non sono poi una grande attrattiva per i più piccoli. » Prova a propinare a Grace un uovo vero al posto delle uova di Pasqua. « Guarda che Gillian lo vuole il suo uovo di Pasqua. Altroché fiori. Se non le porti un uovo con tutti gli ossequi del caso, puoi anche considerarti bannato dalla vita. » Iniziò a scendere le scale, non prima di avergli rivolto un occhiolino scoppiando a ridere. « Scherzo! Andiamo a fare colazione. » Ed effettivamente scesi nel giardino interno, la situazione era tranquilla. C'è chi li salutò come se si conoscessero da una vita, e chi rivolse loro solo un veloce cenno del capo. Jason, andò a sedersi di fronte al posto su cui si fiondò Mia, già pronta ad azzannare una brioche appena sfornata; a loro si unirono anche Billy Benoit, Gabriel e Meredith, che ovviamente la sera prima avevano presenziato ben poco prima di ritirarsi nelle loro stanze. Il lupo perde il pelo, ma non il vizio. I due fratelli Wallace si scambiarono un sorriso d'intesa, prima che Mia alzasse gli occhi al cielo prendendo un primo morso del dolce prescelto, indicando di tanto in tanto a Raiden cosa provare, versando con naturalezza un bicchiere di succo d'arancia tanto per se stessa quanto per lui, e discorrendo del più e del meno. Era una situazione in cui si trovava a proprio agio, e che era contenta contenta di poter condividere col giovane Grifondoro, a cui assestava di tanto in tanto qualche gomitata, rubandogli cose dal piatto e ridendo beatamente. « We, lover boy allora.. io non vedo nessun anello. » Stacey si sedette accanto alla giovane Wallace assestandole immediatamente un calcio sugli stinchi, gettando uno sguardo in direzione di Gabriel e Meredith. Il giovane Wallace abbassò lo sguardo sulla mano di Mia, per poi soffermarsi sul volto di Raiden. Mia ingurgitò a malapena il boccone, portandosi di scatto il bicchiere di succo alle labbra. « Ma tutto apposto? » Stacey le assestò un secondo calcio sullo stinco sotto il tavolo, prima di scuotere la testa continuando a decorare il suo uovo parlando con una certa indifferenza, quasi come se stessero discorrendo del tempo. « Guarda che Gillian se l'aspetta eh. Diglielo Gabe! » E a quel punto Gabe si schiarì la voce con un velo di improvvisa serietà, mentre Meredith gli accarezzava il braccio quasi come se volesse calmarlo. « La mamma ne ha parlato per tutta la mattina. Dai Mia, non fare l'ingenua. Porti un ragazzo a casa, lo presenti ufficialmente e ci dormi insieme nella dépendance. Mica casa nostra è un puttanaio. Raiden, guarda che noi siamo gente seria, eh! » E lì Mia diventa tutta rossa, non comprendendo fino in fondo la piega che ha preso quel discorso. « We! Ma che davvero devo stare a giustificarmi con quello che si stava per far sparare dal vecchio Campbell per aver colto il prezioso fiorellino della figliola? » E lì metà della tavolata scoppia a ridere; Billie stenta a malapena a trattenere le lacrime. « Avevo quattrodici anni! » « E hai fatto comunque schifo! » Tenta di scandagliare lo stato d'animo di tutti i presenti, ma tutti sembrano essersi chiusi ermeticamente al di fuori di Raiden. « Vi siete bevuti il cervello.. è così. Io non ho parole.. Raiden, andiamocene. » E dicendo ciò allunga la mano in direzione del giovane Yagami pronta ad alzarsi. « Ma io pensavo.. boh.. dopo la prova dell'abito.. » E lì la mora corruga la fronte, mentre inizia a divorare voracemente una seconda brioche, osservando Raiden con un'espressione completamente confusa e allarmata; è rossa come un peperone e completamente in imbarazzo. Giuro che non è così. Non ti ho mica.. incastrato. Ma che davvero devo stare qui a giustificarmi? Non ho fatto proprio niente. E lì Gabriel scoppia a ridere di colpo seguito a stretto giro da Meredith e Stacey, e poi da tutti gli altri che si trovano attorno a loro. « Pesce d'aprile! » Esclama di colpo allungando gli indici in direzione di Mia e Raiden. « Ma sei proprio un deficiente, allora! Dai, ma che scherzi sono.. » Incrocia le braccia al petto nascondendosi dietro al bicchiere di succo, mentre alza gli occhi al cielo. Vorrebbe sotterrarsi dalla vergogna. « Dai Speedy, si scherza! Mamma mia, tu indossi un vestito così perché ti va, e io non posso farti uno scherzo. Avrai fatto prendere un colpo a sto povero ragazzo. » « Ribadisco: sottilissima. » Pure tu Billie? Davvero? E lì le va incontro la migliore amica, che le mette un braccio attorno alle spalle abbracciandola appena. « Eddai, fossero questi i problemi della vita. Piuttosto ci venite al falò di questa sera? Si aprono le botti di bourbon buono. » Stacey le assestò una gomitata per poi rivolgersi direttamente a Raiden. « Raiden, la convinci tu a non fare la girata di culo? Eddai che dopo un paio di bicchieri stasera sarete allegrissimi. » « Mi avete rovinato la giornata. Siete dei coglioni. » « Dai dai che stasera ci divertiamo. Il tuo ragazzo regge bene, eh, quindi attenta a te Speedy che sei la più quotata a crollare come una pera cotta. Non so come vi trattate lì in Inghilterra con l'alcol, ma qui si beve ancora. Te lo ricordi? » « Dai Gabe, smettila di darle fastidio. » E a quel punto Mia sospira e assottiglia lo sguardo con un moto di palese odio tipicamente fraterno. Quell'espressione denota un palese guarda che lo dico alla mamma, che non può però dire, cosciente di non voler fare una figuraccia. Afferra svogliatamente una delle uova di cioccolato, e preso un pennello, inizia a disegnarci sopra ghirigori senza senso, mentre gonfia le guance e ribolle internamente. Lentamente molti di loro trovano altre occupazioni. C'è chi abbandona lo stabile per tornare nella riserva, e chi invece, si dirige verso i piani superiori per ripulire lo schifo della serata precedente. Mia resta lì a dipingere il suo uovo, prestandogli più attenzione di quanto necessiterebbe, e ogni tanto getta qualche sguardo a Raiden, sorridendo appena, o ridacchiando sottovoce. « Scusali.. fanno sempre così. Credo sia il loro modo di dare alla gente il battesimo del fuoco. » E aspetta di vedere stasera. Ti metteranno in mezzo ad ogni gioco e ti daranno da bere finché crollerai malamente. « Mi dispiace se ti hanno messo in imbarazzo. Ignorali. » In confronto, conoscere Gillian è stato proprio un gioco da ragazzi. Si schiarisce la voce e si inumidisce le labbra. « Cosa vuoi fare oggi? Possiamo andare al lago, oppure possiamo vagare ancora per la città. Ci sono ancora un sacco di cose che possiamo vedere. » Oppure posso anche tranquillamente sotterrarmi, e vivere sotto il mio sasso per il resto della vita. E infatti lascia cadere tra loro una pausa piuttosto lunga, tempo in cui disegna l'ennesimo ghirigoro viola scuro. « Scusa se ti ho fatto prendere un colpo l'altro giorno. » Altra pausa. « Gabe però esagera.. con le prese per il culo. Però non volevo farti prendere un colpo in ogni caso. Ecco. » Ho già detto che non volevo farti prendere un colpo.


     
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    I want to look you in the eyes. Il cuore di Raiden martellava come un tamburo contro la sua cassa toracica mentre procedeva a chinarsi sul corpo di Mia, gli occhi fissi nei suoi come se volesse annegarvi dentro. E lo voleva. Voleva tutto quanto, da lei, così come voleva darle altrettanto. Tutto se stesso, corpo e anima, per quanto imperfetto e assurdo potesse dimostrarsi alle volte agli occhi di Mia. Cose che forse, per qualcun altro, sarebbero state scontate, perché in fin dei conti, si sa: nessuno è perfetto. Eppure per Raiden non lo erano. Per lui non era affatto banale quel passo: scoprirsi, rendersi vulnerabile agli occhi di qualcun altro e mostrare le crepe che si celavano sotto quella scintillante armatura che sembrava indossare sempre. Il giovane Yagami aveva fatto dell'impeccabilità la propria ragion d'essere, un po' per natura e un po' per la forza dell'educazione che gli era stata impartita dall'adolescenza in avanti. Essere irreprensibili non gli aveva mai portato lodi o grandi elogi: semplicemente, era ciò che ci si aspettava da lui, nulla di meno. La vedeva come una propria responsabilità, quella di essere sempre perfetto e inattaccabile, di non essere scalfito da nulla e di non mostrare alcuna debolezza. Un qualsiasi errore o scivolone da parte sua sarebbe stato sottolineato e ingigantito, percepito come molto più grande rispetto al reale, proprio in virtù di quella sua inapprensibilità. E nel percorrere quella strada, Raiden era arrivato a un punto tale da non aver nemmeno più bisogno della pressione altrui: era lui stesso ad esercitare quel controllo ossessivo su di sé, a regolare ogni azione e rapporto sulla base di quell'imperativo categorico. Nemmeno si era reso conto di quanto di se stesso avesse perso nel processo, di quanto si fosse precluso per paura di essere visto come.. beh, come un semplice essere umano, fallibile e pieno di inevitabili contraddizioni. Non si sarebbe saputo spiegare come Mia fosse riuscita a insinuarsi sotto la sua pelle e scoperchiare senza grande difficoltà le fragilità che vi si celavano. Lo aveva fatto e basta, e ad un certo punto, quando Raiden se ne era reso conto, era semplicemente troppo tardi per tornare indietro; non voleva tornare indietro, forse perché dentro di sé si sentiva al sicuro con lei: si sentiva come se quei suoi tratti più labili fossero comunque ben custoditi tra le mani della giovane Wallace, che gli aveva permesso in cambio di vedere i propri.
    Aiutò la ragazza ad agganciare le gambe intorno al suo busto e incollò la fronte alla sua, scivolando lentamente dentro di lei con un respiro pesante mentre teneva lo sguardo fisso nel suo. Non riusciva a capacitarsi di come si potesse desiderare così tanto una persona, ma lo sentiva, ed era destabilizzante. Ma forse, ancor di più, lo era quella netta sensazione di essere desiderato con la stessa intensità. Di norma la gente non dovrebbe avere certezza su queste cose: dovrebbe intuirlo, sì, o comunque fidarsi abbastanza dell'altro da crederlo, ma nel loro caso era diverso. Sentire tutto ciò che sentiva l'altro comportava anche quello: avere la sicurezza matematica di sentimenti confusionari e potenti che non ci appartengono. Cosa succede in questi casi? Cosa capita quando si è così tanto consapevoli di ciò che si prova l'uno per l'altro? Non so se sono in grado di gestirlo. Non so cosa fare. Ho paura di approfittarmene almeno tanto quanto ho paura che tu, a tua volta, te ne approfitti. Perché io non sono abituato, a sentirmi amato così: davvero, completamente. Però allo stesso tempo voglio che tu ti ci senta, anche se mi fa paura. I battiti cardiaci di Raiden andarono a mischiarsi a quelli di Mia, creando un unicum potente e inscindibile che scandiva il ritmo sostenuto impostato dai movimenti di bacino del ragazzo. I want it. I want it all. I want to be your little slut.. - Fuck! Un gemito roco sfuggì tra i denti del moro - quasi un ringhio di piacere. I want to be your girlfriend. I want it - fuck baby, just please don't stop. E non si fermò, Raiden - anzi! Il ritmo con cui si univa a lei si faceva progressivamente più intenso, scandito da gemiti e respiri pesanti. Un piacere che andava a condensarsi nei loro sguardi, fissi l'uno sull'altro come se volessero fondervisi all'interno, bruciando di qualcosa che andava oltre il semplice desiderio carnale. I'll be whatever you want me to be. Just please, take care of me. And I'll take care of you. Always. La testa del moro ciondolò scompostamente in un veloce cenno d'assenso che fece da anticamera a un lungo bacio di cui sentiva un bisogno quasi spasmodico. I will, baby. I always will. Parole, quelle, che uscirono dalle sue labbra come un respiro affannato, ma che intendeva fino in fondo. Raiden non era mai stato il tipo che diceva le cose tanto per dire, lanciandole sul piatto senza esserne sicuro: preferiva stare in silenzio, oppure essere anche brutalmente onesto, piuttosto che proferire parole in cui non credeva fino in fondo. E lui, di Mia, voleva davvero prendersi cura: ne aveva tutta l'intenzione e lo avrebbe fatto, a meno che la vita non si fosse messa loro di traverso per altre ragioni. Ma te l'avevo già detto che se me ne avessi dato l'opportunità, di me non avresti mai dovuto dubitare. Su tutto il resto non ho molto potere, ma su me stesso sì.. e ho scelto di donarmi a te, Mia, col bello e il cattivo tempo. Fu su quella scia di pensieri che i loro movimenti si fecero sempre più pressanti e approfonditi, fino a raggiungere un climax che li avvolse all'unisono con un'intensità totalizzante e potente. Si strinse al corpo di lei, ricercando il suo calore all'interno di un abbraccio e di baci che mano a mano si facevano sempre più teneri e dolci fin quando non scivolarono in un placido sonno, avvolti l'uno all'altro come se non ci fosse nient'altro al mondo che contasse. E in fin dei conti, Raiden era proprio così che si sentiva.
    La luce che trapelava dalle finestre sembrò risvegliarlo naturalmente, colpendo i suoi occhi prima che il baccano giungesse alle sue orecchie. L'immagine di Mia stretta tra le sue braccia sembrò disegnare un sorriso tanto sereno quanto intorpidito sulle labbra del ragazzo, che sbatté leggermente le palpebre ancora incollate dal sonno per metterla meglio a fuoco. « Buongiorno. » mormorò con voce impastata, inspirando a pieni polmoni nell'intrecciare il corpo a quello di lei con movimenti teneri, solleticandole il profilo del piede col proprio in una gentile carezza affettuosa. Era già successo che i due si risvegliassero nello stesso letto, eppure quel giorno sembrava diverso, come se il cambiamento della dinamica tra loro e ciò che avevano condiviso la sera prima avesse modificato totalmente la percezione di Raiden. La mia ragazza. Fu quello il suo primo pensiero: un pensiero che si stringeva al petto come un tesoro unico di cui solo lui era a conoscenza - almeno per il momento. Non disse nient'altro, rimanendo per qualche istante a fissarla in religioso silenzio con lo stesso sguardo con cui si ammirerebbe un'opera d'arte, mentre avanzava una mano a carezzarle i capelli e il viso con la punta delle dita. « Sarà un guaio tornare a Hogwarts.. » Ridacchiò, appoggiando la fronte a quella di Mia per stamparle un bacio leggero sulle labbra prima di riportare lo sguardo nei suoi occhi, sollevando un sopracciglio con aria tanto complice quanto divertita. « Un motivo in più per darci sotto con il lavoro per i M.A.G.O. » ironizzò, prima di sciogliersi in un sorriso, inumidendosi le labbra e guardandola con tenera serietà. « Se non conti i fine-settimana, mancano meno di due mesi. Passeranno alla svelta e poi.. » Sospirò, lasciandole una carezza gentile sul volto. « ..beh, poi mi avrai tra i piedi così spesso che finirai per stufarti di me. » disse, scoccandole un sorriso divertito pima di ridacchiare velocemente e stamparle un altro bacio sulle labbra. Per il momento non se la sentiva di fare progetti: non sapeva cosa sarebbe successo da lì a un paio di mesi, ma sapeva di volerle rimanere accanto.. ovunque fossero. Però un passo alla volta. Direi che per oggi posso gongolare abbastanza sul fatto che sei ufficialmente la mia ragazza. « Preparo il caffè. » Annuì, lasciando suo malgrado la presa da quell'abbraccio per permetterle di sgusciare giù dal letto. « Grazie. » Preso un respiro, Raiden si mise a sedere, sollevando un cuscino per appoggiarvisi con la schiena mentre controllava lo stato del cellulare. Cazzo, mi sono dimenticato di metterlo in carica. Sospirò, cercando la bacchetta per richiamare a sé il caricabatterie e infilarlo nella presa più vicina prima di mettersi a scorrere i messaggi persi nel mentre di rigirarsi una ciocca di capelli intorno all'indice. « Raiden? Come lo prendi tu il caffè? » Sollevò lo sguardo dal cellulare. « Lunghissimo e senza zucchero. » E poi sembrò ricordarsi qualcos'altro di importante. « Ah, senza latte! Sono un po' intollerante. » Nulla di preoccupante, semplicemente il suo stomaco mal sopportava i latticini alla mattina. A quel punto il ragazzo si alzò dal letto con uno slancio, buttandosi sotto il getto fresco della doccia per poi ricomparire in cucina. Poggiò un bacio sulla spalla di Mia, appropriandosi con un ringraziamento della tazza che lei gli porse e da cui prese un sorso più che generoso. Tuttavia la loro non fu una colazione oziosa in appartamento, anzi, prima che Raiden potesse davvero rendersi conto di cosa stesse accadendo intorno a lui, si ritrovò seduto a un lungo tavolo con tutti i giovani lycan di New Orleans, intento a decorare uova di Pasqua come se sapesse davvero cosa stesse facendo. Ci mise un pizzico del suo, nel proprio lavoro, aggrottando la fronte nel concentrarsi e tratteggiare con impegno peschi e ciliegi in fiore. Ogni tanto distanziava il proprio viso dall'uovo di turno, osservandolo con occhio critico sotto diverse angolazioni per poi rimettersi al lavoro. « Ah quindi sei pure un artista. Disegni da tanto? » Si rese conto con qualche istante di ritardo, che Billy si stava rivolgendo proprio a lui. Lo fissò per un istante, confuso, scuotendo poi il capo. « Mh.. in realtà non disegno. » Il cacciatore sembrò rimanere interdetto da quell'affermazione, gettando uno sguardo all'uovo di Raiden e poi al giapponese. « Beh, non si direbbe. » A quel punto il moro fece semplicemente spallucce con un sorriso, rimettendosi all'opera. « We, lover boy allora.. io non vedo nessun anello. » Sulle prime rise, Raiden, continuando a pitturare come se nulla fosse, convinto che Stacey stesse semplicemente scherzando goliardicamente. Ci stava: Mia e Raiden avevano un ottima intesa, i ragazzi erano tutti in rapporti amichevoli e inoltre la scenetta della Wallace nella boutique non era passata inosservata a nessuno in quella cerchia. « Che palle, Stacey! Mi hai rovinato la sorpresa per l'uovo di Pasqua di Mia. Era geniale. » disse serio come la morte, solo per poi sciogliersi in una risata che, tuttavia, non sembrò essere granché colta dagli astanti. Oddio.. ho detto qualcosa che non dovevo dire? Ho offeso qualcuno? Volse istintivamente lo sguardo a Mia, cercando di cogliere segnali d'allarme nel suo volto per capire se avesse toccato involontariamente qualche nervo scoperto. Eppure lei sembrava tranquilla. Bah. Magari semplicemente non l'hanno trovata divertente come battuta. Ci può stare. « Guarda che Gillian se l'aspetta eh. Diglielo Gabe! » Quelle parole lo gettarono nella più completa confusione, portandolo ad aggrottare la fronte con fare disorientato mentre volgeva lo sguardo pieno di interrogativi a Gabriel. « La mamma ne ha parlato per tutta la mattina. Dai Mia, non fare l'ingenua. Porti un ragazzo a casa, lo presenti ufficialmente e ci dormi insieme nella dépendance. Mica casa nostra è un puttanaio. Raiden, guarda che noi siamo gente seria, eh! » Sguardo interrogativo che, a quel punto, si spostò su Mia. Non era la cosa in sé a giungergli come strana - perché in fin dei conti lui veniva pur sempre da un contesto in cui tutto ciò era normale se non addirittura dato per scontato - quanto il fatto che lì gli giungesse totalmente nuova e in contrasto rispetto al modo in cui Mia si era comportata fino a quel momento. Cioè, mi hai fatto venire mille pippe mentali sulle differenze tra i nostri paesi e il modo in cui avresti potuto percepire il mio passo nelle relazioni, solo per poi scoprire che in realtà queste differenze sono praticamente inesistenti? D'altronde poteva aver senso come cosa, alla luce dello stampo culturale dei cacciatori e di quella scenetta nella boutique che, in quel momento, la testa di Raiden iniziò ad interpretare diversamente. « Vi siete bevuti il cervello.. è così. Io non ho parole.. Raiden, andiamocene. » Parole, quelle, che non lo aiutarono affatto a capire cosa stesse accadendo. Doveva essere buffo, ad un occhio esterno, vedere i grossi occhioni di Raiden muoversi così spaesati da una persona all'altra nel tentativo di afferrare un concetto da cui si sentiva come tagliato fuori. « Ma io pensavo.. boh.. dopo la prova dell'abito.. » A quel punto Raiden si sentiva in imbarazzo, così tanto che, senza rendersene conto, cominciò a strofinarsi piano il petto in quel suo tic inconsapevole, evitando lo sguardo di Mia con aria colpevole mentre si affannava a produrre una scusa per mascherare il vero problema che sentiva come principale. Non voleva dare un'idea sbagliata di sé, facendo pensare a quelle persone che non fosse intenzionato ad andare in quella direzione nel futuro. Io però non ho un soldo. Cioè, con qualche sforzo riuscirei a comprartelo pure, un anello carino, però non potrei comprare una casa e provvedere in modo adeguato alla vita quotidiana. Io vorrei offrirti quanto meno una prospettiva dignitosa, nel momento in cui ti chiedo di fare quel passo. Altrimenti per quale ragione dovresti farlo? Ma tutto ciò che riuscì a dire, forse per non scoprire la ferita all'orgoglio che quei pensieri comportavano, fu un semplice « È che da noi di solito si aspetta che la ragazza si diplomi, prima di fare la proposta. » Una mezza verità a cui sperava che gli altri abboccassero, prendendo quella sua mancanza come una semplice questione di differenze culturali e smettendo così di indagare oltre su temi che era evidente fossero piuttosto sensibili per Raiden. Alla fine dei conti, non era stato lui quello che aveva toccato un nervo scoperto, ma si era invece verificato l'esatto opposto. E forse, se qualcuno fosse stato attento alla sua sfera emotiva, avrebbe notato che l'emozione principale in Raiden non era tanto l'imbarazzo di un ragazzo che vuole viversi la vita come viene, quanto piuttosto un profondo senso di vergogna e inadeguatezza. Di certo, tuttavia, non si aspettava che quel suo disagio venisse accolto con uno scoppio di risa che lo lasciò almeno per un istante un po' offeso e, se possibile, ancor più in imbarazzo. « Pesce d'aprile! » Ci mise qualche istante a processare quelle parole, rendendosi conto del fatto che tutto quel siparietto altro non fosse stato se non uno scherzo. Le labbra del ragazzo si incurvarono leggermente all'insù, sorridendo più per obbligo sociale che altro. Si sentiva sollevato? Forse un pochino, ma a quel punto contava davvero poco: il colpo al suo orgoglio era già stato inferto e non importava che gli altri lo avessero visto o meno, lui lo aveva sentito e tanto bastava. Al giovane Yagami non era mai mancata l'ironia, anche quando era a proprie spese, ma in quel frangente la questione era diversa, perché andava a toccare non solo una nozione culturale che nel bene o nel male gli stava a cuore, ma anche una vera e propria debolezza che in quel preciso momento della sua vita lo faceva sentire fragile. Non che se la fosse presa con loro, ovviamente: non potevano saperlo, d'altronde. Però il suo animo si rabbuiò comunque, perché il problema, per l'appunto, non era tanto nei confronti degli altri, ma verso se stesso. « Non so se siete più infami voi o più pollo io per esserci cascato. » disse, tentando al meglio di sdrammatizzare per coprire quel senso pervasivo di insicurezza che continuava a strisciargli sotto la pelle. Lo so che per voi queste cose vanno diversamente. E so che pure in caso contrario, non avreste comunque modo di conoscere la mia situazione per capire quanto faccia male e quanto in questo momento io mi senta come se non valessi nulla. Come un acquisto sconveniente. Non ho niente da offrire se non parole - ma alla lunga uno che se ne fa, delle parole? Pensieri che comunque tenne per sé, un po' perché non li avrebbe condivisi comunque, e un po' perché seppur Mia conoscesse la sua situazione a riguardo, Raiden si sentiva comunque a disagio a parlarne più approfonditamente. E quindi fece ciò che sapeva fare meglio: finta di nulla, rimettendosi a dipingere, assorto nei propri pensieri. « Eddai, fossero questi i problemi della vita. Piuttosto ci venite al falò di questa sera? Si aprono le botti di bourbon buono. Raiden, la convinci tu a non fare la girata di culo? Eddai che dopo un paio di bicchieri stasera sarete allegrissimi. » Sollevò lo sguardo su Stacey, annuendo con un sorriso cordiale. « Conta pure una botte solo per me. » ironizzò, sbuffando una breve risata dalle narici. In tutta risposta, la bionda annuì soddisfatta. « Ecco! Questo è lo spirito giusto. » Tra un punzecchiamento, una risata, qualche chiacchiera e battuta, pian piano i loro conoscenti iniziarono a dileguarsi, lasciandoli soli col loro silenzio. Un silenzio, quello di Raiden, che non aveva nulla a che fare né con Mia né con i ragazzi, ma che denotava comunque quel suo modo di affrontare certe situazioni: rimuginandoci sopra e lasciando che lo divorassero dall'interno, ingigantendosi fino a diventare dei veri e propri mostri. Inutile dirlo: in quello il giovane Yagami non era affatto un asso. Difficilmente parlava dei propri problemi, specialmente quando a questi non sapeva dare un nome o una qualche forma di tangibilità. Quei concetti erano difficili da mettere a parole per lui in primis, e in secundis era ormai cosa risaputa che avesse degli evidenti problemi a parlare di ciò che lo faceva sentire fragile. Non fu dunque strano, se toccò a Mia spezzare il silenzio col quale Raiden dipingeva il proprio uovo accortamente. « Scusali.. fanno sempre così. Credo sia il loro modo di dare alla gente il battesimo del fuoco. Mi dispiace se ti hanno messo in imbarazzo. Ignorali. » Si strinse nelle spalle, rivolgendole un sorriso sereno. « Ma figurati! Ci sta un po' di bonaria presa in giro. » Lo pensava davvero, Raiden. Sapeva non ci fosse nulla di male in quello scherzo e che il suo averlo recepito male fosse una questione che poco aveva a che vedere con loro. « Cosa vuoi fare oggi? Possiamo andare al lago, oppure possiamo vagare ancora per la città. Ci sono ancora un sacco di cose che possiamo vedere. » Ci pensò sopra, continuando a concentrarsi sui dettagli di quel ciliegio che improvvisamente era diventato un intero paesaggio capace di far fermare qualche passante ogni tanto alla vista dell'elaborato intrico di colore. « Possiamo anche prendercela con calma, oggi, se vuoi. Anche perché se stasera vogliono far festa, non vorrei crollare sopra al falò. » Pausa. « Quindi non so.. anche una semplice passeggiata in qualche parco per me andrebbe bene. » Non se la sentiva di fare chissà cosa: gli ultimi due giorni erano stati pieni zeppi e per quanto Raiden fosse pieno di energie, gli piaceva comunque prendersi il tempo necessario per tirare un respiro e apprezzare anche un passo più lento e calmo, senza doversi necessariamente riempire fino all'orlo di esperienze e nozioni che altrimenti avrebbe potuto non trattenere o non gustare appieno. « Scusa se ti ho fatto prendere un colpo l'altro giorno. » Voltò lo sguardo in direzione di Mia, corrugando la fronte con aria confusa mentre inclinava leggermente il capo di lato e si grattava il capo con l'estremità di legno del pennello. « Gabe però esagera.. con le prese per il culo. Però non volevo farti prendere un colpo in ogni caso. Ecco. » Aprì appena le labbra, annuendo. « Ah quello! » esclamò, ricollegando lentamente i puntini della situazione. Ora che ci prestava attenzione, sentiva dell'imbarazzo nella sfera emotiva di Mia. Probabilmente anche per lei lo scherzo - sebbene per altre ragioni - era andato a scavare sul vivo: nello specifico, quella che lei percepiva come una figuraccia. Raiden scosse il capo, sorridendo prima di dare un ultimo tocco di rosa al vero e proprio dipinto in cui aveva trasformato quell'uovo pasquale. « In realtà non mi ha spaventato. » disse semplicemente, lasciando il pennello sul tavolo mentre si puliva le bani alla bell'e meglio con uno strofinaccio. Sbuffò una risata dalle narici, inclinando il capo di lato e lanciandole uno sguardo di sottecchi. « Mi ha sorpreso perché ecco, diciamo che non me lo aspettavo.. però non mi è preso un colpo. » Non voleva comunque spendere molte altre parole a riguardo. Stupido non lo era e sapeva che se avesse detto a Mia che in realtà a lui l'idea non metteva alcun senso di panico, il panico sarebbe venuto a lei. Non che fosse intenzionato a sposarsi lì su due piedi, chiaramente, né che avesse chissà quale fretta di farlo in generale: l'obbligo morale di accasarsi non lo aveva più, la loro frequentazione era comunque ancora giovane persino per gli standard giapponesi, e in ogni caso riteneva che certe sicurezze materiali fossero fondamentali per un passo serio come quello del matrimonio. Ciò non toglieva che se quelle sicurezze le avesse avute, Raiden si sarebbe trattenuto con una certa serietà sull'idea ipotetica per un futuro nemmeno troppo distante - e questo faceva un po' parte delle motivazioni per cui lo scherzo di Gabriel lo aveva colpito così a fondo: perché in fin dei conti, per lui, la cosa non era poi così assurda e impensabile, pur con i dovuti distinguo. Pensieri, quelli, che continuavano a tormentarlo, trascinandolo in un gorgo senza capo né coda dal quale gli riusciva difficile uscire. Piombò quindi nel silenzio, giustificato solo dal modo compulsivo con cui continuava a mangiucchiare o bere qualunque cosa gli capitasse a tiro, anche a dispetto del fatto che il suo stomaco fosse a posto per la colazione. Sentiva il bisogno di fare qualcosa per dare un senso a quel silenzio che Mia avrebbe potuto interpretare in mille modi se avesse prestato orecchio alla sfera emotiva del ragazzo; e lui non voleva che lei si facesse strane idee, finendo magari per darsi le colpe di un qualcosa che non riguardava nessuno se non se stesso. Fu forse proprio per evitare ciò, che a un certo punto il giovane Yagami intrecciò distrattamente le dita a quelle di lei, giocherellandoci nel mentre di tormentarsi il labbro inferiore, mordicchiandoselo nervosamente. « Comunque stavo
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    pensando a una cosa.. »
    disse piano, con lo sguardo puntato sulle loro dita - o meglio: su quelle di Mia. La mano liberà andò ancora una volta a raggiungere il petto, strofinandolo in quei lenti movimenti atti a infondersi un po' di confortante calore che voleva placare quel pervasivo senso di disagio e inadeguatezza che provava. « ..al di là degli scherzi sugli sposalizi, mi farebbe comunque piacere farti un piccolo regalo, se per te va bene. » Fece guizzare lo sguardo negli occhi di Mia solo per un istante, tentato dalla curiosità di leggerle una reazione volto, solo per poi riabbassarlo sul modo in cui le sue dita carezzavano quelle di lei. Strinse appena la stoffa della propria camicia, riprendendo subito dopo quel movimento quasi involontario che andava da un pettorale all'altro. « Un anello.. o quello che preferisci. Una cosa semplice, comunque. » Si strinse leggermente nelle spalle. « Non è che deve avere questo gran significato. Però mi piacerebbe se portassi qualcosa che ti ricordi di me, nel quotidiano. » Si umettò le labbra, scoccandole un piccolo sorriso. Ci credeva a quelle parole, e in generale prima o poi gliele avrebbe dette comunque: lo scherzo di Gabriel aveva solo accelerato di poco i tempi. Eppure una parte di lui non poteva evitare di sentirsi intimamente in imbarazzo di fronte alla questione, come se fosse consapevole del fatto che in ogni caso non sarebbe stato abbastanza. « Puoi sceglierlo tu. È a te che deve piacere, in fin dei conti. Quindi non so, se ti va, e se l'idea ti piace.. potremmo fare questo, oggi. » Sospirò, mordicchiandosi il labbro nervosamente mentre continuava a fissare le loro mani. Nonostante quelle parole e quelle sue intenzioni fossero genuine, c'era comunque qualcosa che continuava a turbarlo, un pensiero fisso e ossessivo sul quale vorticava senza freni, avvitandovisi intorno. Lo so che a te non importa nulla di queste cose più.. materiali. Me lo hai detto, ti ho ascoltata e ci credo. Però è anche vero che io ti ho promesso che mi sarei preso cura di te, e in questo momento mi sento manchevole sotto quell'aspetto, come se non ne fossi davvero in grado e pure questa mia proposta risultasse ridicola. So che è solo nella mia testa, ma una parte di me ha comunque paura che tu possa pentirtene. Io un regalo voglio fartelo, e non è che per me sia importante fartene uno costoso - non è quello il punto - è che ho solo paura che ti deluda. Ho paura di non poterti dare tanto quanto vorrei o di metterti nella condizione di doverti sempre accontentare di qualcosa di meno rispetto a ciò che meriteresti. Qualcosa che andrebbe a riflettersi su di me, rendendomi automaticamente, a mia volta.. meno rispetto a ciò che meriti. E io questo non lo vivo bene. Mi scoccia. Mi scoccia, essere un poveraccio senza arte né parte, senza sicurezze o stabilità. Mi fa sentire insignificante. Un fallito. Tra quei pensieri, la sfera emotiva di Raiden sembrò venir colpita da una forte ondata di frustrazione mista a vergogna, come se sentisse di non aver fatto abbastanza, di non essere abbastanza. Serrò le palpebre e tirò su col naso, mordendo un po' più forte l'interno del labbro inferiore e scuotendo il capo con un solo vigoroso movimento, a testa bassa. Per quanto sapesse di non doverlo fare, era più forte di lui: il giovane Yagami sentiva il bisogno di giustificarsi e dare una spiegazione a quella che lui percepiva come una mancanza. « Non è molto, ma ci tengo e.. farò comunque di meglio in seguito, ok? » disse in un filo di voce, senza guardarla negli occhi, continuando a scartavetrarsi il petto come se ciò potesse davvero aiutarlo a sentirsi meglio con se stesso. E forse tutte quelle cose potevano sembrare scollegate l'una dall'altra a un occhio esterno, ma per lui non lo erano affatto, non nel momento in cui lo scherzo innocuo di Gabriel e Stacey lo aveva messo di fronte alla propria percepita inadeguatezza, in un modo o nell'altro. Questa mia situazione è solo temporanea. Poi sarà tutto diverso, te lo prometto. Ho solo bisogno di un po' di tempo e pazienza.

     
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    « Ma figurati! Ci sta un po' di bonaria presa in giro. » No. Non ci sta. Mia conosceva abbastanza bene Gabriel da sapere che tendeva a passare il segno un po' troppo facilmente. Tra i fratelli era il più espansivo, e anche il più grande combina guai della famiglia. Durante l'infanzia, Mia non avrebbe potuto desiderare un compagno di giochi migliori. Ogni qual volta ci fosse da fare uno scherzo o malefatta, Gabe era il suo miglior alleato. Sua madre diceva sempre che lui le dava sempre troppo spago, alimentando quell'iperattività che da sempre ha contraddistinto la minore di casa. Solitamente apprezzava il suo senso dell'umorismo; era politicamente scorretto e scomodo e non faceva prigionieri. Non si poteva considerare irrispettoso, Gabe, eppure, in quell'occasione, Mia lo percepì come tale. Aveva messo sotto pressione Raiden, a tal punto che si era sentito in dovere di giustificarsi. E la risposta che gli aveva dato, aveva lasciato di sasso anche Mia. È che da noi di solito si aspetta che la ragazza si diplomi, prima di fare la proposta. In circostanze differenti, quello sarebbe stato il punto centrale su cui il suo cervello si sarebbe soffermato. In fondo, il giovane Grifondoro aveva reagito nella maniera completamente opposta a quella che tutti sarebbero aspettati, e un leggero senso di stupore, Mia negli altri l'aveva percepito. Raiden era impanicato non tanto perché si parlava del matrimonio, quanto piuttosto perché preso in contropiede rispetto alle sue usanze e costumi. Doveva preoccuparsi? Forse. Tuttavia, colta da un profondo senso di autoconservazione, decise di non chiedersi quanto serio fosse il suo impegno, né quanto tempo ci sarebbe voluto prima che Raiden sentisse il bisogno di dar seguito a tutto ciò che le aveva detto in precedenza. È scegliere di stare accanto a una persona non perché ti piace scoparci o perché ti porta al cinema, ma perché dentro di te pensi di poterci costruire qualcosa che abbia un valore - qualcosa che duri. Ed è una responsabilità, è vero. È impegnativo e richiede uno sforzo incredibile, perché non puoi pensare solo per te stesso. Ma quanto seria è la serietà per Raiden? Piombò in in un silenzio tombale di fronte a quell'intrinseco quesito, mentre la sua testa iniziava ad arrovellarsi attorno a una serie di domande che fino a quel momento non si era posta, o non aveva davvero realizzato. Tu vuoi fare così tanto sul serio con me? Perché? Come fai a sapere che questa cosa "pagherà"? Come fai a sapere che sono adatta, che sarò mai pronta. Come fai a sapere che non manderò tutto a puttane? Dal punto di vista di Mia, niente era destinato a durare, e nonostante in quel momento stesse bene e impegnarsi con Raiden non le pesava affatto, non era certo convinta di essere la persona adatta su cui scommettere. Perché nonostante io abbia capito cosa mi hai detto l'altro ieri, quelle cose per me sussistono ancora. Io so di essere precaria.. di non avere una sola sicurezza nella vita. Ed è vero, tu potresti essere la prima sicurezza che mi concedo, ma non basterà mai. Non basterà a me, e non basterà nemmeno a te. C'erano cose, insomma, nella condotta di Raiden e nel suo modo di condurre le cose, che Mia aveva bisogno di metabolizzare, di comprendere un po' alla volta, cose a cui abituarsi e cose da tastare piano piano, in punta di piedi. Perché nonostante lui fosse convinto di non avere altro se non una forza di volontà disumana e una ferrea ambizione, Mia vedeva molto di più. Molto più di quanto penso di meritarmi. Per un sacco di tempo, pensando al futuro ho visto una strada abbastanza deplorevole. Una cosa scelta a casaccio nel mucchio tanto per non rischiare di restare triste, sola e disperata. Ricordo il matrimonio di Brian come se fosse ieri; era così felice e così innamorato. E lui era convinto delle sue scelte. Era convinto di volersi sposare nonostante tutte le ragazze del Bayou gli corressero dietro. E gli correvano dietro anche se lui e Olivia avevano già una bambina che scorrazzava allegramente sul prato di casa. Era il partito più auspicabile di tutta la riserva; tutte lo volevano. Ecco, io lo guardavo e pensavo che il massimo a cui potevo aspirare io, era un ragazzetto mediocre che mi sarei rigirata un po' come mi pareva. Prima o poi ne avrei scelto uno tanto per, e l'avrei sposato per far stare tranquilli i miei. Mio padre non l'avrebbe mai accettato, ma io mi sarei comunque impegnata a convincerlo che invece questo ragazzetto mediocre mi piaceva. Uno tipo Kevin-posso-venirti-dentro. E lui alla fine avrebbe acconsentito e io me ne sarei andata di casa. Immagino che le cose non sono andate proprio così, vero? Tu a papà saresti piaciuto davvero tantissimo. Anche più di quanto piaci alla mamma. Oh, cavolo, papà avrebbe fatto carte false per assicurarsi che non scappassi. A Gabriel, per uno scherzo del genere, avrebbe mollato uno scappellotto, nonostante i suoi ventitré anni suonati. Si.. sarebbe stato bello. E forse mi avrebbe anche convinta che non c'è nulla di cui avere paura, che affidarsi a qualcuno non è necessariamente un male. « In realtà non mi ha spaventato. Mi ha sorpreso perché ecco, diciamo che non me lo aspettavo.. però non mi è preso un colpo. » Continò a tratteggiare pennellate senza senso sulla superficie curva del lucente cioccolato fondente che aveva di fronte, buttando di tanto in tanto l'occhio all'uovo di Raiden. In altre circostanze sarebbe scoppiata a ridere scuotendo la testa; era davvero fastidio il modo in cui qualunque cosa gli altri facessero, il giapponese la faceva semplicemente meglio. Era bello il suo uovo, a differenza di quello di Mia che appariva come l'opera di un bambino dell'asilo che pasticciava senza capo né coda, nella speranza che prima o poi qualcosa di buono venisse fuori. Annuì alle parole di lui, tentando di concentrarsi maggiormente sulle proprie decorazioni, quasi come se, improvvisamente sentisse la pressione di aver fatto casino, ancora una volta. E durante quella pausa, i pensieri della giovane Wallace ripresero a vorticare. Quindi è vero. A te non spaventa.. fare sul serio. Non ti spaventa nemmeno un po'. E nonostante il panico che avrebbe voluto provare di fronte a quella realizzazione, quell'allarme rosso nella testa della giovane Wallace non partì. C'era altro, nella sfera emotiva di Raiden, a richiedere più attenzione; e per quanto ingenua e poco attenta, andando per esclusione, Mia comprese almeno in parte qual era il problema. Glielo aveva reso palese in maniera piuttosto evidente quando avevano parlato per la prima volta del senso di una relazione. E di fronte a quelle convinzioni di Raiden, sapeva Mia, che non c'era nulla che potesse fare. Non per davvero. Non so come convicerti ad essere più paziente con te stesso. « Non era comunque una cosa che mi aspettavo vedessi.. » Asserì di scatto dopo un silenzio lacerante, che scavò in profondità. Lo sentiva, le menti di entrambi brulicavano di pensieri; probabilmente non gli stessi, ma pur sempre ricondotti alla stessa sfera di interessi. « Cioè.. uhm.. era solo molto bello. Stavamo provando tutti questi vestiti e boh.. mi è venuta la curiosità. » Non c'era una vera ragione per cui l'aveva fatto, e l'idea che Gabe l'abbia presa in giro in merito, un po' l'aveva mortificata. Chissà che battute del cazzo avrà fatto in merito. Io invece volevo vedermici. Non è che sono proprio tipa da vestitini bianchi e tessuti leggiadri su base quotidiana. Non diventerò mai la nuova influencer del mondo magico; non diventerò mai una fashion icon, perché sinceramente non m'interessa. Lo trovo uno spreco di soldi ed energie. Però ogni tanto mi parte la curiosità di capire. Ecco in quell'occasione, dopo aver visto Meredith in abito bianco, mi è partita la curiosità di capire come mi ci vedrei io. E non si era vista male, Mia. Nonostante non avesse la pazienza di stare diverse ore davanti allo specchio ogni giorno, né intendeva imparare a sistemarsi più di tanto, ammetteva che c'erano determinate cose che le piacevano, pur reinterpretandole a modo suo. Le piacevano i vestiti e i rossetti, quelle piccole sciocchezze da ragazze; i fermagli e i nastri. Le perline. Ma tutto a piccole dosi. Piccolissime. Le dita di Raiden raggiunsero le sue, e a quel punto Mia non poté fare a meno di prestargli tutta la sua attenzione volgendo il capo verso di lui. « Comunque stavo pensando a una cosa.. al di là degli scherzi sugli sposalizi, mi farebbe comunque piacere farti un piccolo regalo, se per te va bene. Un anello.. o quello che preferisci. Una cosa semplice, comunque. Non è che deve avere questo gran significato. Però mi piacerebbe se portassi qualcosa che ti ricordi di me, nel quotidiano.» Sollevò le sopracciglia in un'espressione sorpresa. Lo sguardo scese automaticamente sulla mano libera di lui all'altezza del petto. Non era la prima volta che lo faceva, e se all'inizio poteva sembrare una cosa come un'altra, iniziava a comprendere Mia, che quella era una specie di ancora a cui si aggrappava in momenti di forte sforzo emotivo. Faceva tanta fatica a parlare, Raiden; questo lo aveva capito, e aveva anche capito che ogni qual volta il discorso vertesse su ambiti più delicati, diventava come un bambino senza punti di riferimento. Mia, dal canto suo, non poteva dire di avere un carattere poi tanto dissimile, ma a modo suo era al polo opposto in quelle situazioni. Non ce la faceva a tenersi per sé nulla, né era in grado di tacere e attendere in silenzio risposte o esiti di qualunque natura. « Puoi sceglierlo tu. È a te che deve piacere, in fin dei conti. Quindi non so, se ti va, e se l'idea ti piace.. potremmo fare questo, oggi. » Ciò che percepì nella sfera emotiva di Raiden le fece di colpo accartocciare il cuore. C'era imbarazzo, frustrazione e difficoltà di esprimersi, e c'era una profonda amarezza. Le sensazioni che che riusciva a carpire le davano l'impressione di una gabbia. E che si sentiva in gabbia, lo sapeva; sapeva fosse troppo qualificato per fare la recluta Auror, troppo qualificato per stare ancora al college. Ti senti fuori luogo coi tuoi amici, perché non senti di voler passare la tua vita a vagare di notte senza una meta. E tante altre cose.. me lo hai detto. L'ho capito. Però io non voglio che tu ti senta fuori luogo con me, perché non lo sei. « Non è molto, ma ci tengo e.. farò comunque di meglio in seguito, ok? » Di scatto venne colta da un'improvvisa emergenza che dimostrò esercitando una leggera presa sulle dita di lui, allontanandole dal petto. Si alzò lentamente dalla propria sedia, sedendosi sulle sue gambe, sciogliendo la presa delle loro dita per circondargli le spalle con un braccio, sentendo comunque la necessità di mantenere salda la presa sulla mano con cui aveva continuato a massaggiarsi ossessivamente il petto. « Raiden.. guardami. » Prese ad accarezzare lentamente i capelli di lui con gentilezza mentre ricercava il suo sguardo. Attese che le sue iridi scure incontrassero quelle ambrate di lei e sospirò; per un istante le mancò il respiro, tanto era presa da quella visione. Provava una forma di magnetismo smisurato nei suoi confronti, che non riusciva a esprimere a parole. Non era semplice attrazione fisica, non era neanche semplice necessità di liberarsi di quelle vibrazioni negative per lavarsi la coscienza dal senso di colpa, né voleva consolarlo semplicemente perché non le piaceva vederlo in quella maniera. C'era molto di più in quello sguardo, nelle sensazioni che le suscitava; un substrato emotivo a tratti sconvolgente, che la coglieva impreparata ogni volta. Cavolo sei una scommessa, ma io mi rendo conto che non avrei potuto esimermi dallo scommettere nemmeno se mi fossi sforzata. Però, tu hai scommesso di più; hai scommesso un po' su una causa persa. E questo, nonostante tutto, sembrava responsabilizzarla più di quanto Raiden potesse immaginare. Perché in fondo, Raiden, la verità è che nessuno ha mai scommesso su di me. La gente non mi dà quattro soldi. Vuole vederci la ragazzetta che fa ridere e non ha peli sulla lingua, ma alla fine è tutto fumo e niente arrosto. E magari tutto fumo e niente arrosto lo sono davvero. Magari in fondo non sono né carne, né pesce.. questo non lo so. Ma tu hai scommesso comunque su di me; e non so fino in fondo cosa ci hai visto, o perché ci vedi così tanto, ma siamo comunque qui. E a me non solo basta, ma è più di quanto molta gente ha fatto per me. « Io sono cresciuta con tradizioni di stampo contadino. Qui viviamo tra coltivatori e pescatori. » Siamo gente che ama la terra, sporcarsi le mani; non ci piace ostentare, né amiamo il lusso e lo sfarzo. Ci piace circondarci solo di ciò che ci serve. « Da piccola ho imparato ad apprezzare la pioggia.. tantissimo. Quando vivevo qua, i giorni di pioggia erano una gioia. Mi piaceva starmene sul davanzale della mia finestra a osservare il prato sotto casa germogliare in primavera. Mio padre era felicissimo.. ogni anno diceva che che il suo orto gli avrebbe dato grandi soddisfazioni. » Lui il suo orto continuava a curarlo anche se aveva mille altri impegni, anche se la sua vita non era destinata a svolgersi nei campi. « Però c'erano anni in cui non pioveva quasi mai. E noi.. ce l'abbiamo un po' nel sangue questa cosa che un anno di siccità è un anno povero. Quando non pioveva, il raccolto del nostro orto era sempre scarso, e per quanto potessimo irrigarlo, non era la stessa cosa. » Papà amava il suo orto, ma alla fine si affidava sempre alla forza della natura per farlo germogliare. Non aveva tempo di stargli dietro come avrebbe voluto, e forse, in fondo, non voleva neanche farlo. Gli piaceva lasciare che la natura facesse il suo corso, come facevano suo padre e suo nonno, che dei campi veri li gestivano per davvero. E quando succedeva, quando la natura faceva il suo corso, noi ci facevamo queste grandi mangiate bellissime. Erano belli i nostri pranzi, tutti assieme. « Noi, papà, l'abbiamo sempre preso in giro per questa sua fissa dell'orto.. il campo.. le cose.. le robe.. » Scoppia a ridere, seppur la sua risata conservi una dose non indifferente di amarezza. « Ma era proprio negli anni di siccità che riuscivamo ad apprezzare di più ciò che faceva per noi. Aveva questa fissa del provvedere.. ma non nel senso letterale del termine. No.. lui voleva portarci in tavola qualcosa che aveva raccolto con le sue mani. E aveva ragione. I pomodori del mercato non avevano nulla a che vedere con quelli dell'orto. » Si stringe nelle spalle, mentre lo sguardo si perde di colpo nel vuoto, colta da un'improvvisa nostalgia.
    « Il punto è che al di là di tutto, non puoi decidere quando pioverà, Raiden. Non sai se sarà abbastanza o sarà troppo - perché poi anche se piove troppo è un problema. E' vero che ciò che semini, raccogli, ma è comunque una scommessa anche questa. » Compie una leggera pausa tempo in cui torna a osservarlo, alzando la mano per carezzargli lentamente la guancia, scostandogli i capelli dalla fronte. « I miei non ci hanno mai viziati proprio per questo. Perché ai periodi di siccità bisogna essere sempre pronti. Appena mi sarò diplomata non avrò più una paghetta - e fidati che già così fa veramente schifo! » Scosse la testa alzando gli occhi al cielo. Gillian non scherza quando dice che bisogna imparare a gestire le proprie finanze. « Dovrò iniziare a vedermela da sola, come hanno fatto tutti i miei fratelli prima di me. » Si inumidisce le labbra e si stringe nelle spalle. « Certo.. so di non avere le spalle completamente scoperte.. so che mia madre si venderebbe anche l'anima per darmi una mano. Però.. al di là di tutto.. sarò per conto mio. E boh.. a me non fa paura. » So cosa significa risparmiare per un paio di scarpe nuove, o non avere abbastanza soldi per comprarsi il biglietto del cinema e giocare anche a bowling nella stessa serata, semplicemente perché ho speso troppi soldi da Mielandia. Magari non mi sono soffermata troppo a decidere come destinare le mie finanze in passato, però io con i soldi contati ci vivo da una vita. E non è perché i miei sono tirchi o perché non mi vogliono abbastanza bene. L'hanno fatto per non crescermi come una totale disgraziata. E una disgraziata lo sono comunque ma non per queste ragioni. « Ciò che mi fa paura è la gente arida.. i menefreghisti. E mi fanno paura i pregiudizi.. » Mi fa paura non essere abbastanza, e capisco che è la stessa cosa per te, ma io vorrei che tu non ti sentissi così con me. « Ecco magari tu pensi che non è la stessa cosa, e magari per te il punto non era nemmeno questo però.. » Di scatto prende a sfregarsi le mani iniziando poi a giocherellare distrattamente con le dita di lui, abbassando lo sguardo su quel contatto. Corruga la fronte, mentre il suo tono di voce si fa quasi un sussurro impercettibile. « ..ecco a me piace quando quando mi regali i fiori, o mi porti a cena.. » Deglutì nel fargli quella confessione. Era stato divertente prenderlo in giro su tutto l'episodio delle mimose; Mia aveva alzato gli occhi al cielo quando Raiden si era presentato di ritorno dalla città con quella rosa blu, e aveva minimizzato il suo gesto di portarla a cena rispondendogli con uno sfrontato potrei abituarmici, ma la verità è che come l'aveva fatta sentire lui, non si era mai sentita. « E' bello sapere che qualcuno pensa a te. » Io non sono abituata a ricevere questo genere di attenzioni, e di rimando non so nemmeno offrirle. Però è davvero una cosa a cui potrei abituarmi. Potrei imparare a farlo. « Però.. conta davvero il pensiero. Se vuoi farmi un regalo che mi ricordi di te.. regalami qualcosa di tuo. » Fece una leggera pausa tempo in cui sollevò di colpo la propria mano sinistra sotto i raggi del sole che penetravano dall'alto sul cortile. « Tipo.. » Si schiarì la voce di colpo, Mia, togliendosi l'anello che aveva sull'annullare della mano sinistra misurandone ad occhio il diametro. Ne portava meno del solito, quel giorno, e di molto più semplici; li aveva trovati adatti al vestito, e in quel momento ne fu più che lieta. Portava sempre bigiotteria a buon mercato; nulla di costoso o di troppo impegnativo, a riprova del fatto che non era davvero una a cui interessassero le etichette. Di colpo sguainò la bacchetta che aveva assicurato all'interno delle converse nere, e la punto contro l'anello, roteandola appena in un movimento che andò ad allargarlo di poco. Incastrò la punta della lingua tra le labbra corrugando la fronte, durante quella semplice operazione, attenta a non danneggiarlo e concentrata oltre miusra a fare un buon lavoro. E quando fu contenta, prese la mano sinistra di Raiden e sorrise appena. Non si curò di pensare a nulla; né a quanto quel gesto potesse sembrare strano ad occhi esterni, né al significato che poteva assumere tra loro. Mia aveva voglia di farlo e lo fece. Infilò quindi l'anello sull'annullare di lui alzando gli occhi nei suoi. Si mi piace. Ora tu hai qualcosa di mio. A quel punto allungò le dita verso il lobo di lui, solleticando appena la sua pelle, iniziando a giocherellare con i suoi orecchini tondi. « Questi mi sono sempre piaciuti. E starebbero bene su tutto. Secondo me uno di loro si può adattare. » Disse semplicemente posando l'indice sulla punta del naso di lui osservandolo con tenerezza. Sarebbe speciale. E sarebbe qualcosa di tuo. Infine posa la tempia contro la fronte di lui, avvolgendo nuovamente il braccio attorno alle sue spalle, accarezzandogli di tanto in tanto la schiena in modo lento, cullandolo con fare rassicurante. A me non serve molto. Davvero. Credo che in gergo, i circoletti di ragazzi ci chiamano "low-maintenance". Ma a me non dispiace. Non me la sento di pretendere nulla di materiale. In quello compenso pretendendo altro. Ed io da te ho preteso un sacco, e tu avresti potuto semplicemente sbattermi la porta in faccia. Ma non l'hai fatto. Ed io sono contenta che sia andata così. Si lascia avvolgere dal silenzio per diverso tempo, senza sentire il bisogno di dire assolutamente nulla. E' tranquilla, e in pace con se stessa. Ma una cosa che vorrebbe dirgli ancora c'è; e allora sospira e volge lo sguardo lungo il pavimento antico del cortile, seguendone le linee contorte con fare pensierosa. « Saresti piaciuto tanto a papà. » Dice di colpo con semplicità. Ha voglia di dirglielo, perché forse sta iniziando ad intuire che per Raiden, sapere certe cose è importante. « Avreste avuto un sacco di cose in comune. E avrebbe apprezzato tante cose di te. » Anche lui era un uomo mite e affettuoso. Era davvero difficile fargli perdere la pazienza. Sembrava pronto ad affrontare qualunque cosa. « Mi piacerebbe pensare che ora starà più tranquillo, visto che da sola non ne combino una giusta. » Si.. lo sarebbe davvero. Non ha però voglia di continuare ancora su quella scia, non tanto perché non ne vuole parlare, quanto piuttosto perché è certa che sono rimasti tristi anche per troppo tempo. Scuote la testa tentando di ricomporsi, posando poi un bacio sulle labbra di lui. « Va beh.. a parte tutto questo giro nostalgico, io avrei scelto il mio regalo. E non intendo cambiare idea. Voglio qualcosa di tuo. Così giusto per iniziare a capire cosa significa farsi spolpare dalle donne. » E lì scoppia a ridere posando il palmo sugli occhi di lui solo per stampargli un secondo bacio tra le risate. Non mi va che tu sia triste. Non per queste cose. Sono piccolezze. Sono dettagli. E a me non interessano. Fattene una ragione.


     
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    Capita a tutti, prima o poi, di prendere un brutto voto. A volte succede perché non ci si è impegnati abbastanza nello studio, altre perché si è incappati in un imprevisto che ha scombinato i piani o la concentrazione, e altre ancora perché si è stati semplicemente un po' sfortunati. Capita a tutti.. tranne che a Raiden. Lui oscillava sempre tra Oltre Ogni Previsione ed Eccezionale, senza alcuna esclusione di colpi. I professori gli dicevano sempre che di questo passo sarebbe potuto arrivare a ricevere la tunica d'oro entro il settimo anno, ma Raiden quella tunica non la voleva per via della sua stupida crociata contro il patrigno. Con gli occhi di adesso, il giovane Yagami sa di essere stato infantile da quel punto di vista, ma del senno del poi son piene le fosse. Tuttavia non era nemmeno il tipo da far naufragare la propria media e negarsi un futuro lavorativo brillante per delle scaramucce con un uomo che non rispettava e che detestava più di chiunque altro al mondo; ci teneva ai propri voti e non tanto per una questione di punteggio, quanto piuttosto perché era consapevole del fatto che l'impegno applicato nello studio altro non fosse se non un investimento su di sé e sul proprio futuro. In quell'uggiosa mattina di fine Luglio, tuttavia, Raiden prese posto al proprio banco nell'aula di Pozioni - terzo nella fila di sinistra, vicino alla finestra - con la spiacevole sensazione di non aver dato del suo meglio nel compito consegnato qualche giorno prima. Mentre il professore faceva il proprio ingresso in classe, procedendo all'appello, il giovane Yagami batteva nervosamente il piede sul pavimento, abbastanza piano da non disturbare nessuno ma non a sufficienza da non venir notato da Minakata Misa, la compagna di classe che sedeva dietro di lui. Misa era brava a scuola ed era gentile con tutti, specialmente con Raiden: venivano entrambi da Osaka, erano stati compagni di giochi fin da quando ne avevano memoria, si facevano spesso compagnia nello studio, e nei periodi di vacanza giocavano insieme a tennis. A Misa, Raiden rivolgeva la parola perché non l'aveva mai vista come una ragazza - o meglio, come un potenziale interesse romantico. Lo stesso non si poteva dire per lei, ma a quel punto della sua vita, il giovane Yagami non avrebbe saputo identificare una cotta per lui nemmeno se gli fosse stata letteralmente urlata in faccia. Il che era piuttosto ironico, data la fila non indifferente dietro al ragazzo. Come poteva essere altrimenti? Era carino, gentile, aveva ottimi voti, una buona vita sociale, giocava a Quidditch e non usciva mai con nessuna: bello e impossibile. « Pst.. ehy! Yagami-kun? » Si voltò appena, Raiden, rivolgendo un'occhiata interrogativa alla compagna. « Sei nervoso? » In tutta risposta, il giovane tirò un sospiro, adocchiando il professore per accertarsi che non lo stesse guardando, prima di proferire a bassa voce. « Sovrappensiero. Tranquilla, nulla di preoccupante. » Le stirò quindi un veloce sorriso tirato prima di riportare lo sguardo al professore, che nel frattempo aveva iniziato ad elencare i nomi degli studenti e annunciare loro il voto preso al compito. Lo schema era sempre lo stesso: i voti venivano detti di fronte a tutta la classe e l'elenco partiva dal migliore fino ad arrivare al peggiore. Il nome di Raiden era sempre tra i primi tre. Ma non quel giorno. Il suo stomacò affondò quando il professore superò il podio senza nominarlo. Quarto nome. Nulla. Quinto. Niente. Forse mi ha saltato. Qualche volta capita.. Sesto, settimo, ottavo, nono, decimo. Ancora niente. « Yagami Raiden. Accettabile. » Pausa. « Dopo lezione vorrei ti trattenessi qualche minuto in aula. » Incassò il colpo senza muovere muscolo, ma dentro di sé, Raiden avrebbe voluto sprofondare nel pavimento e giù per tutta la roccia che dalla cima di quella montagna lo avrebbe portato fin sotto il livello del mare. I compagni lo fissavano, mormorando tra di loro. Sentiva il bisogno spasmodico di portarsi la mano al petto, ma non lo fece, stringendo piuttosto la matita tra le dita mentre controllava il compito che nel frattempo gli era stato consegnato, setacciandolo con occhi da falco alla ricerca degli errori fatti. Si vergognava come un cane, e quella vergogna se la sentiva ancor di più addosso in virtù di quegli sguardi e chiacchiericci che la sua performance scolastica aveva attirato. Perché Raiden, un Accettabile, non lo aveva mai preso in vita propria. Lui era sempre tra i primi tre della classe, gli riusciva tutto bene e nessuno aveva mai una parola di rimprovero da rivolgergli - se non il patrigno, chiaramente, ma quello era un altro paio di maniche. Che poi Accettabile non fosse nemmeno chissà quale brutto voto, non aveva alcuna importanza: per lui era una tragedia, e per gli altri era una macchia sulla sua immagine altresì impeccabile. Finalmente una. « Ehy.. non tormentarti. La settimana scorsa ci hanno messo un sacco sotto con gli allenamenti di Quidditch e le interrogazioni. Recupererai subito. » furono le parole che Hiroshi, seduto accanto a lui, gli mormorò per consolarlo, ma per Raiden scivolarono come pioggia sul bagnato. Sapeva che avrebbe recuperato. Ci avrebbe messo il doppio delle forze per far sì che quella macchia sparisse fino a non contare più nulla. Però la macchia c'era lo stesso: la vedeva lui e l'avevano vista anche gli altri. Si sa: sul bianco fresco di bucato, anche la più minuscola chiazzetta appare come una gigantesca onta. E aveva ragione a pensarlo, dato che da quel piccolo e insignificante incidente di percorso, nacque per almeno un paio di settimane un'attenzione ossessiva su di lui: il professore era convinto che dovesse essergli successo qualcosa di terribile per portarlo a un simile risultato, i compagni si dividevano tra chi non perdeva occasione di sottolineare quel suo scivolone con intensa goduria e chi invece faceva pure troppo per non farglielo pesare, e infine il patrigno.. beh, lui ci provò un gran gusto nel redigere un permesso, organizzare una cena con tutta la famiglia e organizzare una bella gogna pubblica del suo pessimo risultato, solo per poi mettere mano alla cintura dietro porte chiuse. In seguito a quella parentesi, Raiden arrivò persino a considerare di mollare il Quidditch così da potersi concentrare solo ed esclusivamente sulla scuola, ma alla fine non lo fece, probabilmente perché la sua testa lo portò ad un altro tipo di considerazioni. Se lasciassi il Quidditch diventerei un tipo che molla. Nulla di tutto ciò avrebbe una fine perché la gente penserebbe che non sono in grado di gestire due cose contemporaneamente. E non è così. Io non sono così: l'ho sempre dimostrato, ogni giorno.. tranne quello, tranne quella singola e minuscola volta. Ho capito. La mia lezione l'ho imparata. Devo lavorare sempre di più ed essere sempre migliore perché questo è ciò che ci si aspetta da me. L'unica direzione che mi è concessa è verso l'alto. Quello che per gli altri è solo un intoppo o un piccolo passo indietro, su di me verrebbe visto come una clamorosa caduta. So per certo che io la vedrei come tale. E guardali! Dopo settimane, ancora non mi lasciano dimenticare quell'Accettabile. Quindi la risposta è solo una: resistere e lavorare il doppio, pure il triplo o il quadruplo se necessario. No, io il Quidditch non lo lascio. Anzi, ho deciso: l'anno prossimo sarò io il capitano della squadra, costi quel che costi.

    Raiden viveva i propri fallimenti come una vergogna. Fallimenti: così li chiamava lui. Che poi per gli altri fossero solo piccoli e trascurabili incidenti di percorso, questo contava ben poco nell'economia generale della percezione che lui aveva di sé. L'innocente scherzo di Gabriel era di per sé, appunto, innocente, ma era comunque riuscito a colpirlo sul vivo; perché lì sul momento, nell'abboccarci, Raiden era stato messo di fronte al fatto che se pure avesse avuto l'intenzione immediata di fare un simile passo con Mia, non avrebbe comunque potuto metterci tanto quanto sentiva di doverci mettere. Tu ti saresti dovuta accontentare. È così. È questo il punto. Io non voglio che tu ti accontenti. E alla stessa maniera non voglio essere io, a mia volta, un contentino. Non che le singole piccolezze siano importanti di per sé. Semplicemente vorrei darti il meglio, quando arriverà il momento giusto. E in questo, di momento, mi sento come se stessi dando a malapena la sufficienza. Si irrigidì per un attimo quando Mia gli tolse con delicatezza la mano dal petto, sentendosi come denudato senza saper veramente perché. Fragile come un bambino a cui era stato tolto dalle braccia il proprio orsacchiotto. « Raiden.. guardami. » E infatti dovette forzarsi un po', per sollevare lo sguardo nelle iridi di lei, lasciandosi confortare dalle sue carezze in sostituzione a quel contatto appena perso. Trattenne il fiato per un istante, oscillando ossessivamente in quelle proprie insicurezze corrosive che tentava ogni giorno di spingere via e nascondere - agli altri, ma a se stesso in primis. Raiden, un insicuro, non lo era mai stato: conosceva il proprio valore e aveva una consapevolezza molto precisa di sé. Eppure, in momenti come quello, sembrava come diventare improvvisamente cieco alle proprie qualità, focalizzandosi solo ed esclusivamente su difetti ed errori. Un lato di sé, quello, che di certo lo aveva aiutato a correggersi e perfezionarsi in continuazione, chiedendo tuttavia in pegno fin troppo. E infatti eccolo lì, a vivere come una tragedia personale il fatto che Mia potesse aver colto quelle sfumature e capito cosa lo tormentasse sotto la superficie. Quasi ironico per uno che ha sbandierato in tutte le maniere il proprio desiderio di condividere un po' tutto quanto con lei. « Io sono cresciuta con tradizioni di stampo contadino. Qui viviamo tra coltivatori e pescatori. Da piccola ho imparato ad apprezzare la pioggia.. tantissimo. Quando vivevo qua, i giorni di pioggia erano una gioia. Mi piaceva starmene sul davanzale della mia finestra a osservare il prato sotto casa germogliare in primavera. Mio padre era felicissimo.. ogni anno diceva che il suo orto gli avrebbe dato grandi soddisfazioni. » Stese le labbra in un piccolo sorriso, ascoltandola in silenzio mentre gli raccontava quella storia di cui poteva già individuare il punto. Ma non importava: voleva sentirgliela raccontare comunque. « Però c'erano anni in cui non pioveva quasi mai. E noi.. ce l'abbiamo un po' nel sangue questa cosa che un anno di siccità è un anno povero. Quando non pioveva, il raccolto del nostro orto era sempre scarso, e per quanto potessimo irrigarlo, non era la stessa cosa. » Ame futte ji katamaru. Non c'entrava nulla, in realtà, ma le parole di Mia riportarono nella sua mente quel proverbio giapponese. Dopo la pioggia il terreno si rassoda. Suo nonno lo diceva spesso: era un uomo semplice e per lo più si esprimeva così, con proverbi e sentenze popolari. Nella sua vita aveva lavorato moltissimo e fatto grandi sacrifici per permettere al figlio di seguire i propri sogni e realizzarli, riuscendo a risparmiare quanto necessario per mandarlo a studiare in un rinomato conservatorio in Germania. Perché se doveva fare quella cosa, allora doveva farla per bene. In fin dei conti, si sa, la carriera del musicista è incredibilmente incerta. E infatti più e più volte nel proprio percorso lavorativo, il padre di Raiden si era ritrovato a fronteggiare ostacoli e problematiche che gli avevano tolto il sonno per qualche notte, portandolo in certi casi persino a considerare di mollare tutto per qualcosa di più stabile - di più normale. Ma l'anziano Yagami gli diceva sempre le stesse parole: ame futte ji katamaru. Sorrise tra sé e sé, Raiden, a quel ricordo. Non staremo parlando della stessa pioggia, ma forse le due sono complementari l'una all'altra. « Noi, papà, l'abbiamo sempre preso in giro per questa sua fissa dell'orto.. il campo.. le cose.. le robe.. Ma era proprio negli anni di siccità che riuscivamo ad apprezzare di più ciò che faceva per noi. Aveva questa fissa del provvedere.. ma non nel senso letterale del termine. No.. lui voleva portarci in tavola qualcosa che aveva raccolto con le sue mani. E aveva ragione. I pomodori del mercato non avevano nulla a che vedere con quelli dell'orto. » Riusciva a capire quel concetto: portare in tavola qualcosa che aveva raccolto con le sue mani. Era una spinta che il giovane Yagami sentiva forte dentro di sé. Il punto è proprio questo: io non voglio lavorare e sperticarmi fino alla perfezione per sentirmi al di sopra degli altri. No, io voglio farlo per qualcosa di concreto. Voglio che i miei sforzi siano la base su cui costruire una vita piena per me e chi mi sta accanto. Dei soldi e dei titoli non me ne faccio poi molto. Ma dell'affetto, della famiglia e della soddisfazione di poter dare a qualcuno ciò che desidera e merita.. beh.. c'è davvero qualcosa di più prezioso di questo? « Il punto è che al di là di tutto, non puoi decidere quando pioverà, Raiden. Non sai se sarà abbastanza o sarà troppo - perché poi anche se piove troppo è un problema. E' vero che ciò che semini, raccogli, ma è comunque una scommessa anche questa. I miei non ci hanno mai viziati proprio per questo. Perché ai periodi di siccità bisogna essere sempre pronti. » Sospirò, accostando di più la guancia al palmo di Mia e voltandosi quanto bastava a stamparvi un piccolo bacio. Sapeva che avesse ragione. Coscientemente, Raiden aveva cognizione del fatto che non tutto potesse essere sempre controllato. Eppure lui ci provava lo stesso, a controllarlo. Voleva farlo, perché forse gli riusciva semplicemente difficile accettare la terrificante idea di essere in balia di qualcosa più grande di lui, qualcosa di imperscrutabile e ignoto che poteva scombinare ogni piano in qualunque momento a prescindere da quanto impegno lui ci mettesse per portarlo a termine. « Appena mi sarò diplomata non avrò più una paghetta - e fidati che già così fa veramente schifo! Dovrò iniziare a vedermela da sola, come hanno fatto tutti i miei fratelli prima di me. Certo.. so di non avere le spalle completamente scoperte.. so che mia madre si venderebbe anche l'anima per darmi una mano. Però.. al di là di tutto.. sarò per conto mio. E boh.. a me non fa paura. Ciò che mi fa paura è la gente arida.. i menefreghisti. E mi fanno paura i pregiudizi.. » Sorrise, fissandola in volto con muta ammirazione. Per quanto Mia potesse ricercare la spensieratezza della propria età nelle più svariate maniere, questo non faceva di lei una sciocca. E infatti, Raiden, come una sciocca non l'aveva mai vista. La giovane Wallace non si comportava come la tipica diciassettenne cresciuta a pane e privilegi che sentiva come se le fossero dovuti insindacabilmente. Secondo me tu non l'hai ancora capito, che stai diverse spanne sopra ai tuoi compagni. Ho cercato di fartelo capire già da quella sera all'Hound Dog, ma a te passa proprio sotto al naso senza che te ne renda conto. I tuoi coetanei non parlano così, Mia - non qui e non di questi tempi, quanto meno. Queste cose nemmeno gli passano per l'anticamera del cervello. E invece tu sei qui, a parlarne con naturalezza, come se ti fossero sempre state chiare e limpide. Se solo tu trovassi la volontà di guardarti allo specchio in maniera onesta, senza pregiudizi o preconcetti, scopriresti di essere più matura di quanto pensi. « Ecco magari tu pensi che non è la stessa cosa, e magari per te il punto non era nemmeno questo però.. ecco a me piace quando quando mi regali i fiori, o mi porti a cena.. E' bello sapere che qualcuno pensa a te. » A quelle parole, Raiden sentì distintamente un senso di calore irradiarsi nel proprio petto. Per quanto intuitivamente fosse già a conoscenza di tutto ciò, il punto rimaneva sempre quello su cui avevano già più volte dibattuto: sentirsele dire era tutta un'altra cosa. Perché in fin dei conti c'è un abisso tra il non potersi nascondere e lo scegliere di condividere. Un abisso che fa eccome la differenza all'interno di un rapporto. « Però.. conta davvero il pensiero. Se vuoi farmi un regalo che mi ricordi di te.. regalami qualcosa di tuo. Tipo.. » Seguì con lo sguardo i movimenti di Mia, in silenzio, cercando di capire dove volesse andare a parare. Perché lui, di suo, non sapeva davvero cosa avrebbe potuto regalarle. Cioè non è che per 'qualcosa da portare nel quotidiano' intendessi tipo una felpa. Quella, dal mio armadio, te la puoi fregare a prescindere quando ti pare. Insomma, mi hai visto, ho solo quelle e sono pressoché tutte uguali: non è che una in meno mi faccia la differenza. Anzi, trovo pure carino quando indossi la mia roba. Però sì, ecco, intendevo qualcosa di diverso. Tuttavia non si sarebbe aspettato di vedersi mettere un anello sull'anulare. Sorrise, guardandosi la mano con un misto di soddisfazione e tenerezza, prima di sollevare le iridi negli occhi di lei. « Grazie. » mormorò. Una semplice parola che espresse con un tono di voce carico di emozione. D'altronde a lui non era mai stato regalato nulla, non in quei termini quanto meno. Non era davvero abituato all'idea che qualcuno potesse volergli donare qualcosa, un pezzetto di sé da portarsi dietro nella vita di tutti i giorni. E sperimentare per la prima quel sentimento sembrò fargli piacere, scaldandogli il cuore più di quanto si sarebbe aspettato. L'unico oggetto significativo che porto sempre addosso, sempre con me, nel quotidiano, è la targhetta con nome e matricola militare che ho appesa al collo. Il pensiero sembrò colpirlo con una certa forza, come se si fosse improvvisamente reso conto di quanto condizionata fosse la propria percezione e di quanto si fosse perso fino a quel momento. « Questi mi sono sempre piaciuti. E starebbero bene su tutto. Secondo me uno di loro si può adattare. » « Questi? » chiese conferma, indicandosi gli orecchini con aria vagamente stupita. « Saresti piaciuto tanto a papà. » sbuffò una piccola risata dalle narici, abbassando lo sguardo sulle loro dita intrecciate mentre poggiava la tempia contro la spalla di lei, lasciandosi cullare dal suo abbraccio. « Avreste avuto un sacco di cose in comune. E avrebbe apprezzato tante cose di te. Mi piacerebbe pensare che ora starà più tranquillo, visto che da sola non ne combino una giusta. » « Mi sarebbe piaciuto, conoscerlo. » proferì in un soffio, venendo colto da un misto di dolcezza e malinconia che quel discorso andava inevitabilmente ad aprire. Sapeva cosa si provasse a perdere un padre, specialmente quando vi si era legati da un forte attaccamento. Raiden, nel suo piccolo, non aveva mai davvero superato la perdita del proprio, sebbene fossero passati ormai tanti anni. Nessuno avrebbe mai potuto sostituire quel pezzo mancante nel proprio cuore, e di certo il patrigno non era andato nemmeno vicino a colmare quel tipo di affetto che gli era stato tolto. Non so se sia nato prima l'uovo o la gallina, se sia stato io il primo ad odiarlo o viceversa. So di non averlo mai accettato, né rispettato. L'ho sempre visto come un estraneo, un impostore che si era arrogato il diritto di occupare un posto sacro che non gli spettava. Odiavo vederlo seduto lì dove un tempo si sedeva mio padre. Odiavo sapere che dormiva al suo posto. Ma il momento in cui l'ho odiato di più è stato quando ha preso il suo ufficio, l'ha distrutto e l'ha trasformato in qualcosa di completamente diverso. I suoi strumenti sono stati buttati tutti in strada e io, nel mio piccolo, sono riuscito a salvare solo un decimo di ciò che nel tempo aveva accumulato. Roba che probabilmente, adesso, avrà fatto la stessa fine di tutto il resto. Una damnatio memoriae. Sospirò. Non aveva mai davvero capito come sua madre avesse potuto accettare un uomo del genere dopo aver condiviso il proprio tetto e la propria vita con qualcuno che a lei e alla famiglia che avevano creato non aveva dato nient'altro che amore. Penso che a un certo punto si sentisse semplicemente sola, in balia dell'incertezza e terrorizzata dall'idea di non poter dare alcuna sicurezza a me e a mia sorella. Il dolore di una perdita ti porta a fare cose assurde, a cambiare anche radicalmente. Non giustifico il suo silenzio, ma posso comprenderlo. Il lutto l'ha resa una vittima.. e da un certo punto in poi, non è riuscita ad essere altro se non quello: una vittima. Decise tuttavia di non condividere quello spaccato di sé, non in quel momento quanto meno, per non appesantire l'atmosfera creatasi tra loro due. « Va beh.. a parte tutto questo giro nostalgico, io avrei scelto il mio regalo. E non intendo cambiare idea. Voglio qualcosa di tuo. Così giusto per iniziare a capire cosa significa farsi spolpare dalle donne. » Riportato alla realtà da quelle parole, si tolse un orecchino, avvolgendole un braccio intorno alla vita mentre estraeva la bacchetta e la puntava contro il piccolo cerchietto di metallo. Lo modellò ad occhio, confrontandolo di tanto in tanto con l'anulare di Mia per essere certo che fosse della dimensione giusta. Completata l'opera ripose la stecca e prese la mano della mora, puntando gli occhi nei suoi con un sorriso mentre le infilava al dito quell'anello di fortuna. Avvicinò quindi il volto a quello di lei, stampandole un bacio leggero sulle labbra. « Per ora può andar bene così. » disse in un filo di voce, sorridendole. Perché nonostante tutto,
    Raiden voleva comunque fare di meglio - e lo avrebbe fatto, con un po' di tempo, lavoro e pazienza. Sospirò, intrecciando nuovamente le dita a quelle di lei e rimanendo per qualche istante in silenzio, con la fronte aggrottata, mentre cercava di riordinare i propri pensieri e metterli in fila. « Comunque lo so che hai ragione. » si sentì di dire, per non farle pensare che avesse semplicemente sorvolato le sue parole. Prese quindi un respiro profondo. « E non voglio darti l'impressione di essere un tipo a cui interessano le robe costose o lo sfarzo. Cioè.. io potrei dormire sul pavimento e non mi farebbe alcuna differenza. » Si strinse nelle spalle con semplicità, giocherellando distrattamente con le dita di lei. Si rendeva conto di quanto fosse difficile farle capire quel concetto senza darle quanto meno il contesto giusto. E infatti si ritrovò a sospirare di nuovo, dandosi la spinta per parlare in maniera più precisa di qualcosa che Mia ancora ignorava. « Quando ho detto quella cosa, prima, della proposta dopo il diploma.. non è che stessi mentendo, ma non era nemmeno la precisa verità. Cioè, sì, un sacco di gente in Giappone si sposa presto, però a me si applicavano regole un po' diverse. » Si mordicchiò l'interno del labbro inferiore, riflettendo sul modo migliore per raccontarle quello spaccato che fino a quel momento aveva completamente ignorato nei loro discorsi - un po' perché non vedeva la necessità di condividerlo, e un po' perché di base Raiden non raccontava chissà quanto di sé e del suo passato. « Quando mi hanno dato la carica di Sottotenente era chiaro che dovessi sistemarmi. L'adeguatezza a una simile responsabilità lavorativa andava di pari passo anche col dare il buon esempio nella vita privata. » Fece una pausa, inumidendosi le labbra prima di continuare. « Insomma, sì, era una tappa come un'altra, una cosa che dovevo fare. E cioè, non è che mi pesasse: mi sentivo pronto. Quindi ecco, nel momento in cui me ne sono andato stavo immerso nella fase di esplorazione. Dovevo trovare la ragazza giusta e sposarmi abbastanza in fretta. » Scosse il capo, anticipando subito quella che avrebbe potuto stagliarsi come una problematica. « Chiaramente questa cosa non sussiste, fuori da quel contesto. Io, di mio, non ho questa gran fretta: quindi puoi rilassarti. Ma comunque sto divagando.. non è la questione delle tempistiche, il punto del discorso. » Aggrottò la fronte, tornando a concentrarsi per rimettere in fila i propri pensieri e tornare sul tracciato iniziale. D'altronde non era semplice spiegare quelle cose senza aprire diverse parentesi: quel mondo, per Mia, era completamente sconosciuto, e darne un veloce spaccato poteva risultare riduttivo se non addirittura scorretto. « Ciò che voglio dire è che a un certo punto io avevo tante sicurezze: la mia carica mi dava uno stipendio di tutto rispetto, stellari prospettive di carriera e un ottimo livello sociale. Avevo una casa bellissima, ma ogni mattina, al mio risveglio, ero solo. E.. non so.. tutte quelle cose mi sembravano insignificanti senza qualcuno con cui condividerle. » Fece un'altra pausa, ritrovandosi ad annuire alle proprie stesse parole. « Io volevo qualcuno con cui condividerle. » Volevo svegliarmi e avere accanto qualcuno che fosse felice di stare con me. Qualcuno che a quelle cose desse un senso e uno scopo, ma che non ne avesse necessariamente bisogno. Io volevo solo che tutta quella roba non andasse sprecata nella mera logica dell'accumulo. Volevo rendere più confortevole la vita di qualcun altro e offrirgli il meglio ogni giorno. Altrimenti che senso avrebbe avuto, tutto quanto? « Mi piaceva pensare di aver qualcosa da offrire - materiale e non. E quello scherzo.. » sospirò, stringendosi leggermente nelle spalle « ..mi ha ricordato che non posso più farlo. » D'altronde, per quanto le situazioni e i contesi potessero cambiare, di certi condizionamenti non era semplice liberarsi. Scosse piano il capo, puntando lo sguardo in quello di Mia. « Da certe cose non è semplice tornare indietro. Quando puoi e vuoi dare tutto, ma il giorno dopo ti ritrovi con un pugno di mosche in mano.. accettarlo non è semplice. » Sospirò, sperando intimamente che Mia capisse per quale ragione la cosa l'avesse colpito così tanto. « Io ho lavorato sodo per costruirmi una vita. Ho dato via anni ed energie per realizzare qualcosa di solido e duraturo. E ora mi ritrovo al punto di partenza. Tutti quegli sforzi.. ne sento il peso e il punto psicologico a cui mi hanno portato: quello che mi ha reso pronto a certi traguardi. Però adesso è - appunto - solo psicologico, perché per il resto, ogni cosa guadagnata l'ho persa. » Era difficile spiegare quel senso di spaccamento, quella discontinuità tra ciò che aveva dentro e ciò che esisteva realmente al di fuori. « È come.. come se stessi coi piedi in due scarpe diverse: una della mia misura e l'altra troppo stretta. La mia realtà interiore non coincide con quella esteriore. Non so come spiegarlo e mi rendo conto di quanto sia confuso come concetto, ma forse può aiutarti a comprendere meglio perché.. perché per me sia tutto così difficile e perché mi comporto in un certo modo. » Ci rifletté un attimo, corrugando le sopracciglia con aria pensosa prima di scoccarle uno sguardo interrogativo. « Non so.. ha senso? » La fissò in silenzio, alla ricerca di una risposta, rimanendo serio per diversi istanti prima che le sue labbra iniziassero a incurvarsi lentamente e progressivamente in un sorriso sempre più largo che sfociò infine in una risata. « Mio Dio, mi ha colpito adesso. Ma ci pensi? Cazzo, a quest'ora sarei stato sposato e probabilmente pure con un figlio in arrivo. » Sollevò le sopracciglia, passandosi una mano sul volto che, nel frattempo, aveva preso un'espressione tra il divertito e lo sconvolto. « Chissà come sarei stato. » Sbottò a ridere, scoccandole un'occhiata divertita mentre faceva cozzare leggermente il ginocchio contro il suo per ironizzare. « Sicuro senza tutti questi orecchini e coi capelli più corti. Quindi direi che le cose forse sono andate meglio così: mi piace potermi scegliere lo stile da solo. »

     
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    Non aveva fatto poi molto caso al significato intrinseco di quel suo gesto. Quando si era tolta l'anello, modellandolo affinché calzasse a pennello sul dito di Raiden, nella testa di Mia non c'era alcun pensiero sotterraneo. Non per questo quel gesto aveva meno significato. Trovò l'idea di portare qualcosa che appartenesse all'altro, estremamente tenera e appropriata, specie perché, una volta tornati a Hogwarts, quella commistione completa sarebbe venuta meno per cause di forza maggiore. Era certa che avrebbero trovato un modo, e che, a quel punto studiare sarebbe diventata paradossalmente la scusa perfetta per rivederlo - non che avessero più bisogno di scuse per farlo; quanto meno però, se ci fermiamo fino a tardi in biblioteca, nessuno dirà nulla. E a quel punto era certa che pur di vederlo, sarebbe stata pronta a prendere un po' più sul serio i suoi impegni scolastici - non troppo, però, perché in fondo si trattava pur sempre di Mia, la ragazza dall'attenzione di un criceto, sempre pronta a combinarne una delle sue. E quella vena creativa in negativo, era certa non potesse cambiarla poi tanto in fretta nemmeno Raiden. Insomma, al di là di tutto, non avrebbero più avuto la possibilità di risvegliarsi ogni mattina uno accanto all'altra, né avrebbero più potuto stabilire quei piccoli rituali che lentamente si stavano creando tra loro. Avere qualcosa che appartenesse all'altro poteva essere una specie di ancora, qualcosa di tangibile da poter tastare correndo con la mente a ricordi più lieti e sentimenti più positivi, a un legame che indipendentemente da quanto tutto il resto andasse male, entrambi avevano. E alla giovane Wallace, nonostante tutte le sue reticenze e insicurezze, quella sensazione piaceva. Sa di sicurezza. Sa di qualcosa che persiste. Non è poi così male, nonostante tutto. Nonostante non ne capisse il senso e la profondità fino in fondo, e nonostante esplorasse istante dopo istante la portata di qualunque cosa lei e Raiden stessero costruendo - una relazione, che Mia faceva ancora difficoltà a definire in quel modo, convinta che fosse una parola da vecchi. Osservò con estremo orgoglio il momento in cui Raiden si tolse l'orecchino, acconsentendo alla sua richiesta. Si sentiva fiera di se stessa, Mia, come se avesse escogitato la più grande trovata della sua vita; un modo per distoglierlo da tutto quel vorticare e sforzarsi per un gesto che in fin dei conti poteva essere realizzato senza il bisogno di grandi spese. Ed effettivamente una volta completato il lavoro, la mora osservò l'anello improvvisato con estrema tenerezza, sollevando appena le sopracciglia nell'allungare la mano osservando il cerchietto in lega argentato con estrema delizia, quasi come se avesse appena detto il grande sì e ora doveva osservare quel monumento all'amore da ogni angolazione possibile. « Per ora può andar bene così. » Ridacchiò appena scuotendo la testa, prima di strofinare il naso contro quello del ragazzo, lasciandosi stampare un leggero bacio sulle labbra. « Su! Sarai mai contento di qualcosa? » Alza gli occhi al cielo e incolla la fronte contro la sua, arricciando il naso in una smorfia buffa. « A me piace tantissimo. » Ed era vero. Non era tanto l'estetica il punto della questione, quanto piuttosto il fatto che a regalarglielo fosse stato Raiden, e infatti, prese ad accarezzarsi l'annullare col pollice, in un gesto che roteava lentamente l'anello sul dito. Un gesto che sembrava confortarla, qualcosa che immaginava potesse diventare molto simile a un tic. « Comunque lo so che hai ragione. E non voglio darti l'impressione di essere un tipo a cui interessano le robe costose o lo sfarzo. Cioè.. io potrei dormire sul pavimento e non mi farebbe alcuna differenza. » Non ha mai pensato il contrario, Mia; se lo avesse reputato un tipo superficiale, probabilmente non si sarebbe mai avvicinata così tanto a lui. Di Raiden le piaceva anche quello; non era un tipo che faceva molto caso a cosa si buttava addosso la mattina, né si formalizzava molto in generale. E per me questa cosa è rassicurante, perché io nella mia quotidianità voglio piazzarmi sul pavimento con un piatto monouso e mangiare sfogliando una rivista di merda. Voglio mettere i piedi sul tavolo mentre studio e voglio dormire con addosso una vecchia maglietta slavata. Voglio parlare a bocca piena se mi va, e lavarmi i denti nel lavandino della cucina se mi è più comodo. Voglio scendere con la spazzatura in pigiama e mettermi i calzettoni di lana della nonna d'inverno - perché, cazzo, in Inghilterra fa un freddo cane - senza preoccuparmi del fatto che tutto questo potrebbe rendermi trasandata agli occhi di qualcuno, specie della persona con cui ho scelto di stare. Voglio decidere di non mettermi i capelli in ordine di continuo, perché sono crespi da una vita e ormai ci ho perso le speranze e voglio decidere di non truccarmi se non mi va di farlo. Ecco, io voglio essere me stessa, e dubito che con una persona attaccata alle cose materiali potrei mai esserlo. Non disse tuttavia niente, lasciandogli spazio per parlare. Stava ormai iniziando a capire che quando Raiden iniziava a parlare, era meglio dargli spazio, lasciarlo navigare tra i suoi pensieri senza grandi interruzioni. « Quando ho detto quella cosa, prima, della proposta dopo il diploma.. non è che stessi mentendo, ma non era nemmeno la precisa verità. Cioè, sì, un sacco di gente in Giappone si sposa presto, però a me si applicavano regole un po' diverse. » Sollevò le sopracciglia colta da un'improvvisa curiosità. Non pensava sarebbero tornati sull'argomento, e a dirla tutta, per adesso, Mia era anche piuttosto disposta a passarci sopra. Non avrebbe comunque saputo come affrontare l'argomento. Per dire cosa poi? Persino l'idea che Raiden potesse chiederle di sposarlo, le appariva fuori discussione in quel momento. Si frequentavano da poco e Mia aveva già dimostrato una certa reticenza persino nei confronti dell'idea di definirsi una coppia stabile. « Diverse in che senso? » A ben guardare anche in America la gente si sposava presto. A volte pure troppo presto. Ma guardando a se stessa, per molto tempo, Mia non ha considerato nemmeno l'idea di vedersi in una cosa a due, figuriamoci pensare a cose a lungo termine in grado di portare a matrimoni e tutto ciò che ne consegue. « Quando mi hanno dato la carica di Sottotenente era chiaro che dovessi sistemarmi. L'adeguatezza a una simile responsabilità lavorativa andava di pari passo anche col dare il buon esempio nella vita privata. Insomma, sì, era una tappa come un'altra, una cosa che dovevo fare. E cioè, non è che mi pesasse: mi sentivo pronto. Quindi ecco, nel momento in cui me ne sono andato stavo immerso nella fase di esplorazione. Dovevo trovare la ragazza giusta e sposarmi abbastanza in fretta. » A quel punto la domanda poteva sorgere spontanea. E quindi sei ancora nella fase della ricerca? Venne tuttavia anticipata, prima che la responsabilità di chiederlo passasse a lei. « Chiaramente questa cosa non sussiste, fuori da quel contesto. Io, di mio, non ho questa gran fretta: quindi puoi rilassarti. Ma comunque sto divagando.. non è la questione delle tempistiche, il punto del discorso. Ciò che voglio dire è che a un certo punto io avevo tante sicurezze: la mia carica mi dava uno stipendio di tutto rispetto, stellari prospettive di carriera e un ottimo livello sociale. Avevo una casa bellissima, ma ogni mattina, al mio risveglio, ero solo. E.. non so.. tutte quelle cose mi sembravano insignificanti senza qualcuno con cui condividerle. » Abbassò lo sguardo sulle proprie dita intrecciate a quelle di lui con fare pensieroso. Non riusciva a immaginarselo, un Raiden già sistemato, adulto non solo nel modo di gestire determinate situazioni, ma nella totalità delle sue azioni. Mia lo aveva conosciuto come un tipo che sapeva stare allo scherzo, che si buttava un po' a capofitto nelle sfide che quella sgangherata compagnia di amici continuava a proporre. Lo aveva visto giocare a strip poker e a bowling, fare battute sconce e gettare provocazioni a gogò, ridere a crepapelle e fare casino. Non poté fare a meno di chiedersi quale fosse l'altra faccia della medaglia e quanto la società giapponese mutasse ciò che lei conosceva. Era certa che con lei, Raiden era andato su una via di mezzo; pur sempre sbarazzino, ma senza tradire quelli che aveva capito fossero dei punti cardine del suo codice etico. Una scia di pensieri che portò con sé altre domande, che decise tuttavia di tenersi per il momento per sé. « Io volevo qualcuno con cui condividerle. Mi piaceva pensare di aver qualcosa da offrire - materiale e non. E quello scherzo.. mi ha ricordato che non posso più farlo. Da certe cose non è semplice tornare indietro. Quando puoi e vuoi dare tutto, ma il giorno dopo ti ritrovi con un pugno di mosche in mano.. accettarlo non è semplice. » Annuì, seppur quel ragionamento sembrò crearle un leggero disagio. Il ragionamento filava perfettamente, eppure, per Mia c'erano sin troppe cose che andavano forse in contraddizione con quelli che alla lontana poteva considerare eventuali piani, sogni e desideri. Si inumidì le labbra e annuì, consapevole del fatto che non aveva finito. « [...] È come.. come se stessi coi piedi in due scarpe diverse: una della mia misura e l'altra troppo stretta. La mia realtà interiore non coincide con quella esteriore. Non so come spiegarlo e mi rendo conto di quanto sia confuso come concetto, ma forse può aiutarti a comprendere meglio perché.. perché per me sia tutto così difficile e perché mi comporto in un certo modo. » All'idea di una perdita ingiustificata e ingiusta però, Mia poteva dare un senso. Anche tu sei rimasto.. indietro. In un modo o nell'altro. E di fronte a quella scia di pensieri, Mia ricerca il suo sguardo e sospira, colta da un improvvisa frustrazione che condivide con lui e che si mischia inesorabilmente alla sua. « Non so.. ha senso? » E lì non poté fare a meno di annuire ciondolando leggermente la testa tormentandosi il labbro superiore. « Purtroppo si.. ha senso. » Vorrei non poterti capire. Ma non è così. « Mio Dio, mi ha colpito adesso. Ma ci pensi? Cazzo, a quest'ora sarei stato sposato e probabilmente pure con un figlio in arrivo. Chissà come sarei stato. » Per quanto profonde e meritevoli di attenzioni le parole di lui, su quella frase non poté fare a meno di chiudere gli occhi ridendo sommessamente. « Ancora più esaurito e rompipalle di ora? » Azzardò alzando gli occhi al cielo, prima di stampargli un bacio sulla fronte scoppiando a ridere più copiosamente. « Forse non saresti stato così male. Un po' riesco a vedertici. » Anche se non so esattamente che cosa dovrei immaginarmi. Però ti ci vedrei.. si. Tanto. Parole a cui non pensò più di tanto e che gettò lì nel discorso con naturalezza. « Sicuro senza tutti questi orecchini e coi capelli più corti. Quindi direi che le cose forse sono andate meglio così: mi piace potermi scegliere lo stile da solo. » No ti prego, ti hanno veramente tagliato i capelli? Che bestemmia! « Per carità, lode alla divisa, però, credo mi piaccia di più questa versione. » Prese ad accarezzargli i capelli mentre sollevava appena il mento, osservandolo con un'espressione più sorniona.
    Cedette il passo ben presto a un breve silenzio, tempo in cui prese a giocherellare ancora con le sue dita, osservandolo di tanto in tanto con sorrisi più o meno accennati. Tentava di processare tutto ciò che le aveva riferito, mettendolo in ordine nella sua testa per fargli le domande giuste in merito. Ci tengo a chiederti le cose giuste. Perché in fondo non voglio farmi idee strane, né voglio che tu te le faccia da te, visto che a quanto pare sei bravo nei viaggi mentali almeno quanto me - seppur per cose differenti. «Ok, ho due domande; o meglio ho un'osservazione e una domanda. » Poi vado a sindacare su quanto è rompipalle lui, assurdo. Scosse la testa e puntò lo sguardo davanti a sé, rendendosi conto di non essere poi molto brava a parlare di quelle cose. Stava percorrendo una strada nuova, Mia, e anche piuttosto tortuosa dal suo punto di vista, che in quel senso non aveva la più pallida idea di quali fossero le mosse giuste e quali quelle troppo azzardate. In fin dei conti si disse che forse una strada giusta o sbagliata non esisteva veramente, né esistevano regole specifiche per affrontare determinati temi. « Inizio dall'osservazione. » Ok. Inizio. « Però.. tipo.. ok, capisco quello che dici - hai lavorato un sacco e ora tutte quelle cose non ci sono più. E' uno schifo, lo capisco. E' un po' come quando metti da parte per comprarti un paio di scarpe, ma poi all'ultimo arriva una sfilza di diciassettesimi e tu devi partecipare a tutti i cazzo di regali e niente, poi devi ricominciare. » Scoccò la lingua contro il palato e lo osservò alzando gli occhi al cielo. « Ok - è un esempio un po' di merda.. » Poco rispettoso, però rende l'idea. « Ora che le cose stanno così però.. hai mai pensato di ricostruire con qualcuno e non per qualcuno? » Si stringe nelle spalle e deglutisce inumidendosi le labbra mentre chiude gli occhi. « Cioè io so che tu non sei così.. e non voglio che tu pensi che mi sono fatta chissà quale idea, però.. secondo me non devi per forza avere qualcosa da offrire per iniziare a condividere. Oggi condividi un pasto, domani l'account di Netflix e prima che te ne accorgi avete una libreria piena di cose che avete comprato insieme e andate a caccia di posate e piatti a buon mercato. » Scoppia a ridere e si copre il volto arrossendo appena. Mio dio, sto veramente facendo questo discorso del cazzo. « Io per dirti, non so quanto mi sentirei a mio agio a entrare nella vita di una persona che si è già fatta da sé. Non lo so.. mi sentirei un po' come se me ne approfittassi, come se fossi sempre un passo indietro. Ci metterei del mio sì, ma la base non sarebbe comunque anche mia. » E non so.. questa cosa mi crea un sacco di disagio. Perché non ho visto evolversi quella bella casa. Mi troverei la pappa pronta, sulla base del nulla. Ecco perché a me non dispiace il fatto che non riesci a fare di meglio adesso; non mi dispiace il fatto che non puoi comprarmi anelli, e portarmi a cena tutte le sere, e fare tutte quelle cose che evidentemente a te piace tanto fare, e che io ti lascerei fare dalla prima all'ultima se solo non sapessi che potrebbero iniziare a renderti la vita un po' difficile. Io ci credo quando dici che vuoi fare di meglio, che tu vuoi offrire di più, che vuoi fare molto di più, e sono convinta che troverai il mondo di farlo - cazzo, se non ci riesci tu, nessuno ci riuscirà mai! Però, io ho bisogno di restare al passo; non voglio restare indietro anche in questo, essere trascinata, ritrovarmi a considerare la mia indipendenza una mera questione di principio. Ho bisogno di offrire tanto quanto mi viene dato, altrimenti le cose mi stanno strette.
    « Ecco, sulla scia di questo, arriva la domanda. » E lì si schiarisce la voce sospirando. « Tu.. uhm.. ti senti te stesso con me? Dico - ti senti a tuo agio? Ti ci vedi in questa cosa.. nostra? » Una domanda stupida, che le creò una dose piuttosto evidente di imbarazzo. Non le faceva piacere chiederglielo, né metterlo in discussione in quella maniera. « Perché, ecco, io non mi faccio problemi di alcun tipo. Boh.. faccio un po' quello che mi viene.. immagino che faccio quello che mi pare.. » Abbozza un leggero sorriso per poi stringersi nelle spalle con fare impacciato, parlando in completa onestà, senza filtro alcuno. Si lascia trasportare da quella scia di pensieri senza una rete di salvataggio, pur non sapendo quale potrebbe essere la sua risposta. « Però.. non vorrei che tu ti sentissi in qualche maniera frenato da questo mio essere così. » Forse un po' indecisa, noncurante di sin troppe cose e soprattutto incapace di seguire mezza regola che sia mezza. « Io.. no vorrei che tu ti sentissi veramente come se io ti trascinassi davvero a fondo. » E lì deglutisce, ispirando profondamente, sentendo una leggera tensione in grado di tenderle leggermente i muscoli. Era stato lui a chiederle di non trascinarlo a fondo; ed io ammetto che un po' ho paura di farlo, e ho paura che un giorno tutto ciò mi verrà rinfacciato. Ti dirò che è stata una tua scelta, ma ci resterò comunque male. Ed io non voglio arrivare a cancellare questo ricordo di te. Sarebbe pure un cazzo di casino; siamo nello stesso branco. Con noi puoi evitare le cose per un po'.. ma puoi veramente evitarle? « Dico - al di là del fatto che sono la tua ragazza.. io.. non vorrei trascinarti a fare cose che magari non senti come tue. Feste.. cazzate.. non so.. queste cose qua.. » Non sa nemmeno lei a cosa si riferisce; però, sotto sotto, Mia sa di voler ancora esplorare e vivere la sua parte più infantile. A me piace fare festa, divertirmi, stare fuori tutta la notte, cazzeggiare. Mi piace fare queste cose stupide e futili, che magari un giorno, quando sarò più grande, ricorderò con un velo di imbarazzo. Sento di essermi persa così tanto; ho fame di svago, ho fame di fare cose folli, ho voglia di non pormi alcun limite, sotto nessun punto di vista. « Ecco.. io un po' ho paura che tu ti faccia una certa idea di me - tipo.. anche dopo ieri sera.. » Si morde l'interno delle guance, mentre il colorito sul viso di lei si ravviva ulteriormente. « Cioè.. - quello - per esempio non è una cosa che faccio con tutti - o che ho fatto con qualcun altro, a dirla tutta. » Non sa nemmeno perché ha bisogno di spiegarsi in merito. Forse perché in fondo, nonostante la sera prima non si è posta appunto alcun limite, vive quella dimensione in ogni caso come qualcosa che in parte dovrebbe svolgersi in maniera differente. Io a volte sono proprio un a cazzo di ipocrita. Ronnie direbbe che sono femminista ma col culo delle altre. Cioè davvero mi sto giustificando? Va beh.. no words, Mia. No words. « Non mi sento a disagio, e non ritiro nulla, eh, sia chiaro. Mi è piaciuto.. tutto.. » Forse anche troppo. A questo punto mi chiedo come si fa a tornare al sesso triste di prima che ti incontrassi. Il sesso che capitava un po' così, alla come viene.. quando capitava e soprattutto se capitava. « Però ecco, io non vorrei che tu fossi abituato ad altro, e ti aspettassi altro.. cioè in quel caso risulterei veramente una delusione. E a me farebbe male. » Mi farebbe male scoprire che in realtà volevi una tipologia di ragazza diversa. Più tranquilla, più pacata, che sa stare al proprio posto. Capirei, pur non condividendo questa cosa. In fondo ciascuno è libero di desiderare ciò che preferisce, ed io sono certa che tante ragazze pacate e tranquille farebbero carte false per stare con e. « Quando stasera andremo a questa festa.. ecco, per esempio, non aspettarti nulla del tipo le serate che facciamo con gli altri a Hogsmeade. A me piacciono questo tipo di feste.. - va beh ora non aspettarti un'orgia, però ecco, è una roba un po' sopra le righe. » Alza gli occhi al cielo e sorride appena. « Boh, non so se ha senso ciò che ti sto chiedendo, però.. ciò che voglio dire è che ho paura di renderti questa scarpa ancora più stretta. Perché a me fare certe cose piace, e vorrei farle con te.. e vorrei farne anche tante di nuove, sempre con te. » Pausa. « E poi, io non voglio che tu abbia qualcosa da offrirmi, e non voglio che tu pensi che adesso non hai nulla da offrirmi, e quindi sei da meno. Nel mio mondo ideale, le cose stanno proprio come sono ora - nessuno dei due ha niente, nulla di proprio almeno, però ce lo costruiamo insieme. Ce lo offriamo a vicenda, come possiamo e quando possiamo. Alla pari. » Deglutisce, Mia, perché sa si tratti di una pretesa che parte in partenza abbastanza sbilanciata. Io so di non essere brava quanto te, so di non avere le capacità che hai tu. Probabilmente non ci arriverò mai. Però, non m'importa.. voglio comunque fare la mia parte, altrimenti sono al punto di partenza. « Io so di avere un sacco di cose da imparare da te.. so anche che tu da me hai poco e niente da imparare. Però mi piacerebbe pensare che possiamo offrirci qualcosa a vicenda, sia materialmente che non.. ed ecco, vorrei saperlo se ciò che fino ad ora hai visto mette in conflitto la tua realtà interiore con la mia realtà esteriore. O perché no, viceversa. Perché io sono anche così.. » E certe cose di me, a me piacciono tanto. E so che piacciono anche agli altri. Quindi non voglio privarmene, né voglio privare gli altri.



     
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    Toc toc. « La colazione è pronta, Yagami-Sama. » trillò la voce dell'elfo domestico dall'altro lato della porta che divideva la camera da letto dal resto della casa. Non disse altro, la creatura, né tanto meno fece il proprio ingresso nell'ambiente: era istruito bene e sapeva di non dover disturbare. La luce fioca della prima mattina filtrava dalle tapparelle abbassate, illuminando la penombra dello spazioso ambiente in cui Raiden si ritrovò ad aprire gli occhi, stiracchiandosi. Era domenica e, dunque, si era potuto permettere un riposo più lungo - che per i suoi standard significava svegliarsi alle otto di mattina. Si rigirò ancora intorpidito tra le lenzuola, facendo scorrere un braccio intorno alla vita di Penelope per farsi più vicino e stamparle un piccolo bacio sul collo. « Buongiorno. » disse in un filo di voce increspato da un sorriso. Nonostante le convenzioni sociali non gradissero troppo la convivenza pre-matrimoniale, loro due avevano scelto diversamente. Con pochi mesi a separarli dal matrimonio, la giovane coppia aveva deciso di accelerare un po' i tempi e condividere la casa: d'altronde c'era molto da organizzare e il tempo che ciascuno aveva a disposizione su base quotidiana non era tanto, quindi conveniva ad entrambi sfruttare ogni possibile ritaglio di tempo per far sì che tutto fosse impeccabile. Senza contare i lavori sulla casa, in cui dovevano ancora essere portati alcuni effetti personali di lei, e dove dovevano trovare il modo di far entrare una nursery per quell'evento futuro su cui ancora non si erano decisi ma che prima o poi sarebbe sicuramente arrivato.
    Dopo un tranquillo rituale di risveglio, la coppia si avviò verso la cucina, dove un abbondante colazione tradizionale giapponese era stata già preparata per loro da quel paio di elfi domestici che vivevano sotto il loro stesso tetto. Alle volte non sembrava nemmeno che ci fossero, per quanto erano silenziosi e attenti ad incrociare il meno possibile il passo del padrone di casa; l'unico segno della loro presenza era quella costante pulizia impeccabile, i pasti sempre pronti e - di tanto in tanto - le poche parole che pronunciavano per stretta necessità. Prima di allora il giovane Yagami non aveva mai avuto elfi domestici, e inizialmente - quando gli erano stati affidati - aveva accolto l'idea con una certa reticenza, convinto del fatto che non gli avrebbe fatto piacere avere degli estranei in mezzo ai piedi per casa. Inutile dire che quei due elfi lo avevano provato nel torto, facendogli cambiare radicalmente idea sulla tematica. In fin dei conti era pur vero che ne avesse bisogno: Raiden non ne aveva di tempo per pulire, cucinare e fare altre faccende o piccole commissioni di natura quotidiana. Lì, al tavolo imbandito, mentre mangiava un pezzo di pregiato salmone cotto e leggeva i diversi Bādī che gli erano stati recapitati di prima mattina, constatò ancora una volta quanto quella scelta fosse stata una manna dal cielo. Sbuffò, ad un certo punto, attirandosi un'occhiata da Penelope che nel frattempo era impegnata a fare le medesime cose. « Problemi col catering. Non ne posso più di questa tiritera assurda. » E per lui, infatti, la cosa era piuttosto ridicola. Scrollò le spalle, chiudendo l'ologramma. « Lascerò che ci pensino gli elfi. Sinceramente mi sono stancato. Non voglio buttare l'unico giorno di riposo a barcamenarmi tra la lista di allergie degli invitati. » Una lista bella lunga, che comprendeva anche gente di cui Raiden e la futura consorte non avevano mai sentito parlare. Nessuno dei due aveva dimostrato una gran passione per quei preparativi: le loro priorità erano ben diverse, e il giovane Yagami era contento di avere accanto a sé una donna che non si lasciava trasportare da quell'isteria collettiva. Aveva visto diversi suoi amici sposarsi e sapeva come potessero andare quelle situazioni: spose incontentabili, che buttavano soldi su soldi nel cambio continuo di fiori, location e chi più ne ha più ne metta. E infatti l'alzata di occhi al cielo della Shigeko arrivò puntuale come un orologio svizzero, portando il moro a sorridere mentre avvicinava di più la sedia a quella di lei, poggiandole un bacio sulla spalla e intrecciando le dita alle sue per osservare con soddisfazione quella pietra sobria che lei portava al dito. « Non possiamo sposarci e basta? Invitiamo la gente che ci preme e ce ne andiamo in luna di miele - fanculo a tutti: catering e fioristi inclusi. » Un'idea, quella, a cui la bionda non sembrava per nulla avversa - anzi! Eppure lo sapevano entrambi, che le cose dovevano necessariamente essere fatte in un certo modo. Col polpastrello del pollice, Raiden accarezzò piano l'anello sull'anulare di lei, tornando a sorridere pacatamente tra sé e sé prima di far schioccare la lingua contro il palato e stringere la mano di Penny tra le proprie mentre risollevava lo sguardo sul suo volto. « Parlando di cose più interessanti: raccontami un po' di ieri. Hai parlato col tuo superiore? Insomma.. quando pensi che arriverà quella promozione di cui mi dicevi? » E così, tra una chiacchiera e un'altra, passò anche quella tranquilla colazione domenicale. Un quadretto forse un po' atipico per gli standard di coppia giapponesi, ma che Raiden aveva tratteggiato con le proprie mani e con quelle di Penelope secondo ciò che riteneva giusto e voleva nella propria vita. Ero felice, a modo mio.

    « Ancora più esaurito e rompipalle di ora? » Rise di gusto, dandole un altro piccolo colpetto al ginocchio col proprio, solo per poi ciondolare piano il capo come ad accettare quella risposta. « Molto probabile. » Conoscendomi mi starei calando nell'obiettivo di diventare il massimo esperto globale in quanto a gravidanze e paternità. « Forse non saresti stato così male. Un po' riesco a vedertici. » La sua risata si esaurì lì, nell'alzare il mento e arricciare leggermente le labbra mentre puntava lo sguardo in quello di Mia con un misto di orgoglio e divertimento. Checché se ne dicesse, quelle parole gli fecero piacere. In fin dei conti lui, nel suo piccolo, si sentiva pronto a quel tipo di responsabilità, e scoprire che anche ad occhi altrui quel suo lato fosse visibile e riconosciuto gli dava comunque una certa soddisfazione. Quindi accolse quella frase, decidendo di prenderla come una sorta di complimento, e archiviò la questione, limitandosi a sdrammatizzare un po' il tutto. « Per carità, lode alla divisa, però, credo mi piaccia di più questa versione. » Si strinse nelle spalle con semplicità. « Due tipi diversi di fascino. » disse, sorridendo tra sé e sé. D'altronde a Raiden non era mai stato davvero concesso di scegliersi uno stile: prima c'era stata la divisa di Mahoutokoro e poi quella militare. Poche erano le volte in cui aveva indossato capi di vestiario diversi da quelli. Andare in Inghilterra, invece, gli aveva permesso di interrogarsi su cosa fosse nei suoi gusti e come gestire la propria apparenza. Ciò che ne era venuto fuori era quello: un ragazzo a cui piacevano i vestiti larghi e comodi, non troppo elaborati, un taglio di capelli un po' più lungo e qualche accessorio sparuto. Penso che come prossimo passo mi piacerebbe farmi un tatuaggio. O forse più di uno. Mi sono sempre piaciuti i tatuaggi, ma non ci ho mai pensato troppo perché sapevo di non potermeli fare. « Ok, ho due domande; o meglio ho un'osservazione e una domanda. » Venne riscosso dai propri pensieri con la voce di Mia, a cui volse un'occhiata curiosa, facendole cenno col capo di procedere. « Inizio dall'osservazione. Però.. tipo.. ok, capisco quello che dici - hai lavorato un sacco e ora tutte quelle cose non ci sono più. E' uno schifo, lo capisco. E' un po' come quando metti da parte per comprarti un paio di scarpe, ma poi all'ultimo arriva una sfilza di diciassettesimi e tu devi partecipare a tutti i cazzo di regali e niente, poi devi ricominciare. » Non disse nulla, ma la sua occhiata fu piuttosto eloquente. Sollevò un sopracciglio, incurvò un angolo delle labbra e la fissò da sotto le ciglia con uno sguardo tra il divertito e lo scettico. Eh sì, proprio la stessa cosa. « Ok - è un esempio un po' di merda.. » Ridacchiò, inclinando il capo di lato. « Giusto un pochino. » « Ora che le cose stanno così però.. hai mai pensato di ricostruire con qualcuno e non per qualcuno? » Non sapeva se quella fosse più un'osservazione o una domanda, ma nel dubbio aggrottò leggermente la fronte, come se non fosse certo di aver capito o di essersi ben spiegato. « Beh.. oddio, per come l'ho sempre vista io, non è che le cose si escludano automaticamente a vicenda. » E in effetti Raiden aveva dato piuttosto per scontato che le due parti fossero reciprocamente integranti, o che comunque non facessero necessariamente parte di categorie antitetiche e incapaci di coesistere. Non è che io abbia mai voluto fare tutto da solo. Penso che le cose si costruiscano insieme, quando si fa parte di una coppia. Poi ogni coppia è diversa e decide da sé come questa cosa va a realizzarsi nel pratico. Per me, nello specifico, non è mai stato chissà quanto importante cercare un ruolo particolare nella compagna che mi sarei messo accanto. Finché mi sarei sentito a posto con lei, con una comunanza di valori ed obiettivi e la certezza di poterci far conto tanto quanto lei avrebbe potuto far conto su di me.. il resto mi era indifferente. Se avesse voluto portare qualcosa di materiale sul tavolo, benissimo. Se invece avesse preferito fare altro e star dietro alla famiglia, idem. Per me l'importante era che facesse delle scelte proprie e che volesse costruire qualcosa insieme a me mettendoci il proprio impegno - qualunque cosa ciò significasse per lei. Quando Raiden si era interrogato sulla propria persona ideale, era giunto semplicemente alla conclusione di non volere qualcuno che fosse interamente dipendente da lui: qualcuno incapace di scegliere per sé e di definirsi al di là di ciò che l'essere la Signora Yagami comportava. Tuttavia non si sentiva di giudicare in toto quelle donne che preferivano dedicarsi alla famiglia: se quella era la via che sentivano come più giusta per loro, era altrettanto giusto che la seguissero. Non lo so. Io non ho mai dato importanza al come nella sua estrinsecazione più pratica. Semplicemente non volevo ritrovarmi a condividere la mia vita con l'incarnazione umana di un elfo domestico sforna-bambini con cui non avrei avuto nient'altro da condividere se non soldi e letto. « Cioè io so che tu non sei così.. e non voglio che tu pensi che mi sono fatta chissà quale idea, però.. secondo me non devi per forza avere qualcosa da offrire per iniziare a condividere. Oggi condividi un pasto, domani l'account di Netflix e prima che te ne accorgi avete una libreria piena di cose che avete comprato insieme e andate a caccia di posate e piatti a buon mercato. » Una prospettiva che Raiden comprendeva, sebbene lo facesse piuttosto alla larga. In fin dei conti quelle cose non avevano mai fatto davvero parte della sua vita. Lui era abituato a un mondo in cui ci si diplomava e il giorno dopo si era già adulti alla ricerca di un lavoro e di una casa. Non c'erano tappe intermedie: ti mettevi insieme a qualcuno e dopo nemmeno troppo tempo la tua condivisione con quella persona comportava bollette da pagare, gestione della casa, obiettivi carrieristici e figli. Io continuo a vedere comunque come un po' strane queste relazioni che vedo qui: gente che sta insieme da un sacco di anni e che non si decide mai su nulla. Cosa aspettano? Un segnale dal cielo? Non so. Io credo che le persone abbiano troppa paura di fare delle scelte e lavorarci sopra. Appena qualcosa va male, si lasciano. Neanche ci provano, a farla funzionare. È normale che poi tutto naufraghi. Ma che senso ha stare con qualcuno se il tuo occhio va sempre alla data di scadenza? « Io per dirti, non so quanto mi sentirei a mio agio a entrare nella vita di una persona che si è già fatta da sé. Non lo so.. mi sentirei un po' come se me ne approfittassi, come se fossi sempre un passo indietro. Ci metterei del mio sì, ma la base non sarebbe comunque anche mia. » La ascoltò con attenzione, storcendo leggermente le labbra e aggrottando la fronte con aria pensosa, come se stesse accogliendo quelle parole dentro di sé per rifletterci sopra in maniera più ponderata. Una parte di lui capiva quel tipo di discorso, mentre l'altra voleva integrarlo con una prospettiva diversa - non tanto antitetica, quanto piuttosto complementare. « Secondo me uno se ne approfitta se se ne vuole approfittare. Però ecco: pensa a una coppia tipo. Chiamiamoli.. mh.. Jenna e Carl. Jenna e Carl hanno qualche anno di differenza. Carl ha già un lavoro e una casetta. Jenna invece si è diplomata da poco ed è solo agli inizi. Stanno bene insieme e hanno obiettivi comuni nella vita. » Fece una pausa, facendo scoccare un sopracciglio verso l'alto per fissarla con un'aria interrogativa e vagamente divertita. « Carl dovrebbe lasciare il lavoro e giocarsi la casa a poker per far sentire Jenna più al passo, oppure Jenna potrebbe affiancarsi a Carl e metterci del suo per costruire un futuro insieme? » Ridacchiò, inclinando il capo di lato. « Do queste due opzioni perché non voglio pensare che Jenna e Carl siano del tutto incompatibili solo sulla base della denuncia dei redditi. » Si strinse nelle spalle con una certa semplicità. Io penso che nella vita, quella di camminare insieme sia una scelta. Qualche volta capita che uno inciampi e rimanga più indietro, oppure che faccia un salto in avanti. Non si ha sempre lo stesso passo in ogni momento, ma va bene così. L'importante è sapere che l'altra persona sta camminando con te sullo stesso percorso, che sia disposta a sorreggerti quando ti fai male ma anche a farti il tifo quando corri. « Ecco, sulla scia di questo, arriva la domanda. Tu.. uhm.. ti senti te stesso con me? Dico - ti senti a tuo agio? Ti ci vedi in questa cosa.. nostra? » Lo sguardo di Raiden si fece improvvisamente più interrogativo a quella domanda, come se non ne avesse colto bene il senso. Forse perché dopo tutto ciò che si erano detti nei giorni precedenti, dava piuttosto per scontato che la risposta fosse affermativa e che lei dovesse esserne consapevole. « Perché, ecco, io non mi faccio problemi di alcun tipo. Boh.. faccio un po' quello che mi viene.. immagino che faccio quello che mi pare.. Però.. non vorrei che tu ti sentissi in qualche maniera frenato da questo mio essere così. Io.. no vorrei che tu ti sentissi veramente come se io ti trascinassi davvero a fondo. Dico - al di là del fatto che sono la tua ragazza.. io.. non vorrei trascinarti a fare cose che magari non senti come tue. Feste.. cazzate.. non so.. queste cose qua.. » Si morse il labbro inferiore, trattenendosi dall'interromperla sotto la spinta di una convinzione che lo portava a pensare che Mia avesse parzialmente frainteso le sue parole. « Ecco.. io un po' ho paura che tu ti faccia una certa idea di me - tipo.. anche dopo ieri sera.. Cioè.. - quello - per esempio non è una cosa che faccio con tutti - o che ho fatto con qualcun altro, a dirla tutta. Non mi sento a disagio, e non ritiro nulla, eh, sia chiaro. Mi è piaciuto.. tutto.. Però ecco, io non vorrei che tu fossi abituato ad altro, e ti aspettassi altro.. cioè in quel caso risulterei veramente una delusione. E a me farebbe male. » Ed ecco che tornò a sentirsi confuso, in balia di un discorso di cui non era certo di aver colto del tutto il senso. Se prima aveva inteso una cosa, la menzione alla sera precedente lo portò a ritrattare, pensando che magari lei potesse riferirsi ad altro.. sebbene non fosse davvero certo di cosa nello specifico. Per questo rimase in silenzio, dandole la più completa attenzione e sviscerando ogni sua parola nel tentativo di carpirne l'obiettivo ultimo e rispondere in merito, con puntualità e precisione. « [..] Boh, non so se ha senso ciò che ti sto chiedendo, però.. ciò che voglio dire è che ho paura di renderti questa scarpa ancora più stretta. Perché a me fare certe cose piace, e vorrei farle con te.. e vorrei farne anche tante di nuove, sempre con te. E poi, io non voglio che tu abbia qualcosa da offrirmi, e non voglio che tu pensi che adesso non hai nulla da offrirmi, e quindi sei da meno. Nel mio mondo ideale, le cose stanno proprio come sono ora - nessuno dei due ha niente, nulla di proprio almeno, però ce lo costruiamo insieme. Ce lo offriamo a vicenda, come possiamo e quando possiamo. Alla pari. » Una parte di Raiden sembrò non recepire quelle parole al meglio, ma la lasciò comunque parlare. Quindi mi stai dicendo che mi preferisci così, in balia delle circostanze e privo di appoggi concreti, perché altrimenti ti farei sentire inferiore? « Nel tuo mondo ideale la nostra relazione è.. un regime comunista. » fu tutto ciò che disse, serio come la morte, con un tono tra lo scettico e l'amaro. Annuì, umettandosi le labbra mentre abbassava lo sguardo sulle loro dita, fissando quell'anello di occasione all'anulare di lei. Per un istante gli sembrò di sperimentare come una veloce e improvvisa sensazione di deja-vu. L'immagine rapida e fuggevole di una mano sottile che portava al dito un anello raffinato ma semplice, con un piccolo diamante incastonato. Fu solo un attimo, una sensazione: l'odore di pietanze note e la vaga idea di una familiarità a cui non riusciva tuttavia a dare un nome. Tuttavia l'esperienza fu così passeggera che il cervello di Raiden riuscì a malapena a registrarla, cogliendola solo come un'impressione momentanea che si lasciò dietro un vago senso di disorientamento. « Io so di avere un sacco di cose da imparare da te.. so anche che tu da me hai poco e niente da imparare. Però mi piacerebbe pensare che possiamo offrirci qualcosa a vicenda, sia materialmente che non.. ed ecco, vorrei saperlo se ciò che fino ad ora hai visto mette in conflitto la tua realtà interiore con la mia realtà esteriore. O perché no, viceversa. Perché io sono anche così.. » Rimase in silenzio per qualche istante, senza dire nulla. Stava cercando di processare al meglio quel discorso senza prendere posizioni troppo nette sulla scia di quella momentanea emotività. Deglutì, annuendo tra sé e sé in un movimento lento e appena percettibile, per poi prendere
    un respiro e tornare con lo sguardo a Mia, serio in volto. « Io quando sono con te non mi sento come se mi stessi sforzando ad essere qualcun altro. Ho ben presente chi sono, e quello che non mi va di fare non lo faccio e basta. » Non so se è questa la risposta che cercavi, ma è la verità, quindi questa ti darò. « Vorrei dare di più, e questo fa semplicemente parte di me, ma non mi sento definito come persona da ciò che possiedo. Né tanto meno credo che questo debba definire te o la tua scelta di essere la mia ragazza. » Fece una pausa, scrutandola negli occhi con intensità seria. « Lo fa, Mia? Questa mia condizione attuale è per caso necessaria? » Prese un respiro, cercando dentro di sé le parole per esprimersi meglio. « Metti il caso che mi avessero assunto al QGA fin dall'inizio. Adesso avrei un buono stipendio e probabilmente vivrei in affitto in qualche appartamento carino. Sarebbe stato diverso, tra noi? Ti avrei fatta sentire da meno? » Non voglio pensare che sia davvero così. Che il mio essere un poveraccio senza alcuna sicurezza o punto di appoggio sia una condizione necessaria a farti sentire al mio stesso livello. Si strinse nelle spalle. « Non lo so, Mia, forse ho capito male io e in quel caso ti chiedo scusa, però mi sembra un discorso un po' paradossale. Cioè, a me non importa quale sia il tuo passo o cosa tu ti senta di fare - né credo di aver mai dato l'impressione contraria. Mi basta solo sapere che vuoi stare insieme a me e che ti interessa provare a renderla una cosa duratura. Tutto qui. Per il resto te la devi decidere tu la tua strada: io ti supporterei in ogni caso.. certo, a patto che non sia una roba autodistruttiva à la "Raiden voglio darmi al narcotraffico". » In quel caso ti direi che sei una cretina, sperando che tu sia quel tipo di persona che apprezza l'onestà. Sospirò, passandosi velocemente una mano tra i capelli mentre riordinava i propri pensieri in merito a quel discorso e cercava di metterli in fila coerente per rendere il senso del proprio intervento. « Cioè.. io non mi aspetto che tu abbia una quota specifica da mettere mensilmente nella nostra relazione. Sono il tuo ragazzo, non il recupero debiti. Tu devi metterci ciò che puoi e vuoi - e queste sono cose che nel tempo non sono sempre uguali e identiche per entrambe le persone coinvolte. Essere alla pari non significa trovarsi sempre nello stesso punto della vita, non significa staccarsi a correre per raggiungere il punto in cui sta l'altro oppure fermarsi per aspettare che quello recuperi. » Pausa. « Rimanere insieme significa affrontare momenti in cui uno sarà più solido dell'altro. Ma è normale. Anzi, è inevitabile. » Fa semplicemente parte del pacchetto. E il punto è un po' quello: che quei momenti di debolezza - materiale o psicologica - li affronteresti con qualcuno accanto che è pronto a sostenerti. « Guarda me. Io sono attualmente in uno di quei momenti bassi - un minimo storico, oserei definirlo. Tutta la forza di volontà e le belle parole non possono cancellare il fatto che ho comunque perso tutto ciò per cui ho lavorato. Ma non voglio pensare che il mio minimo storico faccia parte del tuo mondo ideale. » Alzò leggermente gli occhi al cielo, conscio del fatto che se avesse lasciato quelle parole alla libera interpretazione, Mia avrebbe potuto coglierne tutt'altro. E infatti pensò subito a precisare ulteriormente. « Non ti sto accusando di volermi vedere col culo per terra per tutta la vita. Sto dicendo che se pure fosse una cosa riferita a questo preciso momento, mi lascerebbe un po' male pensare che una mia ipotetica stabilità avrebbe potuto fungere da deterrente o addirittura da minaccia. Cioè.. io voglio tornare ad essere stabile - per me stesso innanzitutto. In questo limbo ci vorrei rimanere il meno possibile, perché non credo che mi si addica e perché francamente mi fa sentire insoddisfatto e mortificato. » Prese un respiro, intrecciando nuovamente le dita a quelle di Mia mentre le posava una carezza delicata sul viso, rivolgendole un sorriso tenero. « Però questa è una cosa tutta mia. È la mia vita. E vorrei condividere con te tutto il meglio, mi capisci? È quello il senso. Non era mia intenzione.. condizionarti. » Né importi qualcosa o farti sentire come se questa roba tra di noi fosse un test a crocette in cui c'è una sola risposta giusta mentre tutto il resto è errore. Io voglio stare con te perché mi piaci tu, Mia Wallace, come persona. E so che non sarai la stessa in eterno: che cambierai mille volte, crescerai, prenderai le tue decisioni e farai i tuoi errori. Ma questo fa parte del pacchetto e non mi spaventa. È un percorso e mi piacerebbe condividerlo con te. Sospirò, profondamente, appoggiando la fronte contro quella di Mia ad occhi chiusi. « Non sei tu la scarpa stretta. Ma tutto il resto. » Fece una pausa, inumidendosi leggermente le labbra senza ancora aprire gli occhi. Era come se stesse cercando di focalizzare di fronte a sé i propri desideri, di renderli tangibili per descriverle quell'immagine con la massima accuratezza. « Io voglio tornare ad avere un lavoro stabile. Ad avere una casa mia. A vedere uno scopo in ciò che faccio tutti i giorni. Sono stanco di sentirmi sulle sabbie mobili, come se stessi buttando via il mio tempo in qualcosa che non porta a nulla. » È come se un giorno sei al settimo anno di scuola e quello dopo ti dicessero che devi tornare all'asilo. Sulle prime ti diverti pure, ma a lungo andare è una continua frustrazione. Ecco. Io è così che mi sento. « Però è chiaro che ciò che ne otterrei, mi piacerebbe condividerlo. Altrimenti sarebbe una vita da automi. Non sarebbe nemmeno vita. » Aprì lentamente le palpebre, puntando intensamente lo sguardo in quello di lei per cercare di leggerne le espressioni tramite le sfumature di colore e di emozione. Calmo ma serissimo, Raiden, come lo era stato per tutta la durata di quel discorso. « È qualcosa che potresti vederci, nel tuo mondo ideale? »

     
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    Boarding School Oltreoceano; così la chiamava. Era deciso; gli amici di Inverness l'avrebbero accolta nonostante Gillian avesse espresso diverse preoccupazioni circa la stabilità politica della Città Santa. Beatrice non è Richard. Si sta mettendo contro tutto il Conclave. Così diceva Gillian, ma Isaac Wallace dalla sua sembrava avere le idee piuttosto chiare. Mia aveva bisogno di passare un periodo fuori, come tutti gli altri; forse la scelta era giunta per lei molto prima degli altri, ma in fondo, era già stata iniziata un anno prima. Non c'era motivo per cui quella decisione dovesse risultare strana. La piccola Wallace dal canto suo, non ancora quattordicenne, non accolse con altrettanto entusiasmo quella notizia; si sentiva come se venisse strappata dalla sua culla troppo presto. New Orleans era tutto il suo universo; lì vivevano i suoi amici e quelle erano le uniche terre che conoscesse come le proprie tasche. La viveva come un'ulteriore punizione, dopo tutte quelle che riceveva a scuola, e così, di fronte a quella notizia, la sua iperattività non aveva fatto altro che sconfinare ulteriormente. Era una giornata rovente di metà giugno quando Logan giunse nella casa che Gabriel e Robert condividevano e dove Mia trascorreva ormai la maggior parte del tempo. Sembrava avere un diavolo per capello; le nocche scorticate e l'aspetto di uno che aveva appena fatto a pugni. « Ma che davvero? Cioè abbiamo evitato di fare a pugni ieri sera e tu decidi di farlo oggi? » « Azzuffate in post sbornia; questa si è una storia che vogliamo sentire, vero scriocciolo? » Robert le passa una mano attorno alle spalle, mentre Mia dal canto suo continua a sfogliare svogliatamente una rivista, almeno finché Logan afferra uno dei cuscini del divano gettandoglielo violentemente contro. Ai tempi Mia aveva appunto neanche quattordici anni, Logan ne avrebbe compiuti diciotto a breve, Gabe era nel pieno dei suoi venti e Robert sfiorava i ventitré. Erano tempi diversi. I problemi erano diversi. « Ooooo!! Guarda che fa male! » Ma in tutta risposta Logan le punta l'indice contro, osservandola con un velo di puro astio. « Ci dovevi pensare ieri sera che fa male! » « Ma di cosa sta parlando? » Mia sgranò di colpo gli occhi richiudendo la rivista e scattando in piedi. Tutti e quattro erano andati a una festa; una situazione disastrata a suo parere. La minore di casa aveva fatto carte false per concludere con Abel Greyson, uno degli amici di Logan. In realtà Abel non le piaceva nemmeno così tanto, ma lei piaceva a lui, a detta sua, e ad un certo punto le era bastato perché andasse fino in fondo. Quasi tutte le sue amiche a quel punto l'avevano già fatto, e Mia, nonostante fosse la minore della compagnia, era giunta alla conclusione di non voler essere da meno. Era imbarazzante sentirle parlare di continuo di sesso, senza avere la più pallida idea di cosa tutte quelle cose significassero. « Dei cazzi miei. Ecco di cosa sta parlando. » « Cazzi tuoi, eh? FOTTUTISSIMI CAZZI TUOI! Sei proprio scema, Mia! Abel Greyson si sta vantando con mezzo mondo del fatto che ieri sera si è scopato la mia sorellina. » Silenzio generale. E lì comprese; Logan aveva appena menato Abel. Gabriel sembrava il più scioccato di tutti. « Nchesenso? » Se va beh ciao, Gabe! Robert dal canto suo si voltò verso Mia con maggior delicatezza rispetto agli altri. « Mia.. è vero? » Provò un senso di profonda umiliazione, non solo perché la sua prima volta - decisamente ridicola e per nulla simile a ciò che le avevano raccontato in merito - era stata sbattuta non solo in pubblica piazza, ma era anche e soprattutto diventata oggetto di discussione in quel ristretto gruppo di famigliari. Strinse i pugni, Mia, e abbassò lo sguardo. « No niente, non ce la fa. Sei proprio stupida, cazzo. Abel Greyson? Ma che davvero? Come se non lo sapessero tutti che si scopa qualunque cosa respiri. » Divenne rossa come un peperone, incassando quei colpi uno ad uno implodendo interiormente. Si sentiva giudicata, umiliata e soprattutto messa alla gogna. « Ah io sono stupida, eh? Io sono stupida! Certo. E tu, Logan, dove cazzo eri eh? Ah giusto.. ricordo. Ti stavi piangendo addosso perché Tommy non te lo dà. Eravate tutti ubriachi lerci, cazzo! Una massa di rincoglioniti cronici. Praticamente, dopo aver scopato, vi ho dovuto raccogliere uno ad uno, perché voi non avete un cazzo di limite che sia uno. DOVRETE ESSERE VOI A BADARE A ME, NON VICEVERSA! » Buttò fuori tutto quel veleno, concentrandolo in maniera particolare su Logan. Chi cazzo sei tu per giudicarmi così? Sei mio fratello, dovresti essere dalla mia parte. « Speedy.. » « No senti.. Speedy un cazzo! Tu come una puttana non mi ci tratti, capito? » Si rivolse direttamente al penultimo di casa Wallace puntandogli il dito contro. Tra loro c'era sempre stata una forma di amore odio; forse perché si passavano pochi anni di differenza, e in casa sono sempre stati come cane e gatto. Gabriel sembrò particolarmente colpito da quello scontro, che negli anni non si sarebbe mai del tutto appianato. « We we weeeeee! » « Calmiamoci un secondo. » Certo, adesso calmiamoci. « No. Col cazzo. Adesso voi tre mi ascoltate molto attentamente: vi dovete fare i cazzi vostri. Tu specialmente. » Disse di scatto puntando il dito contro Logan. « Io vi raccolgo in un cucchiaino dalle feste da quando ero alta un metro e un cazzo. Vi difendo di continuo, vi copro quando fate stronzate e mi faccio sempre i cazzi miei anche quando fate le peggio cose. » Deglutisce mentre passa lo sguardo da uno all'altro con la fronte aggrottata e le guance paonazze. « Io una cosa mi aspettavo da voi! Che cazzo ragà, nessuno ha detto nulla su questa cosa che vengo spedita affanculo con quei coglioni inglesi.. oh, ma Abel Greyson si sta vantando col suo gruppetto di amici sfigati di aver colto il fiorellino di Mia Wallace - dramma! Si vantano di me e di tre quarti delle ragazze. » « Ah allora non dovevo fare niente, è questo quello che dici. » Ma allora sei un coglione tanto quanto Abel Greyson. « Dico solo che non mi devi sbracare il cazzo. Io faccio quello che mi pare. » Non erano giunti ad alcuna conclusione in quella circostanza. L'unico ad aver avuto una certa lungimiranza in quel senso era stato Robert che, con un intervento piuttosto provvidenziale aveva fatto intercedere l'altra donna di casa per aiutare Mia a essere più pronta in quel senso. Robert è sempre stato quello saggio. Il più paziente di noi. Ci gioverebbe ancora tanto la sua presenza. Gabriel e Logan erano tornati a dare una lezione a Abel, e nel giro di qualche giorno, la notizia del fatto che gli Wallace gli avesse lasciato come pegno due occhi neri e qualche costola rotta, aveva chiuso la questione sul nascere. Che avesse fatto una cosa stupida, Mia lo avrebbe capito molto dopo, ma nonostante ciò, di quella cosa non si pentì mai fino in fondo. Ecco io sono la più piccola di una cucciolata di sette, che nel mentre è diventata una cucciolata di tre. Sono arrivata per ultima e sono arrivata in ritardo di quasi due settimane rispetto al termine. Nonostante mia madre fosse una veterana, io sono venuta fuori con molta calma, dopo quasi due giorni di pura tortura. Credo che la mia parabola di vita si riconduce al costante sforzo di restare in pari, di non rimanere indietro, di non essere la piccolina del gruppo che inciampa e cade di muso mentre tutti gli altri vanno avanti. Credo che in quella circostanza non ho voluto aspettare per non restare indietro; e perché in fondo sapevo, che una volta lasciata New Orleans, indietro rispetto a casa mia ci sarei rimasta comunque. Certo, ai tempi non sapevo che sarei diventata una lycan, né che questo cambio sarebbe diventato una benedizione e la mia più grande chimera. Ecco io credo di avere da sempre questa foga di non restare indietro, perché io "in ritardo" rispetto agli altri ci sono arrivata da sempre per cause di forza maggiore. Vorrei arrivare per prima su qualcosa; non so.. qualunque cosa. Non è che questo mi porta ad essere in competizione con qualcuno. Però mi definisce - nel bene e nel male. Ho sempre l'impressione di perdermi i pezzi e di non essere abbastanza sul pezzo. Appena metto la testa su qualcosa, mi sfuggono di mano cento altre, e via così, in un ritardo continuo. Vorrei semplicemente non essere in ritardo.. di continuo.

    « Io quando sono con te non mi sento come se mi stessi sforzando ad essere qualcun altro. Ho ben presente chi sono, e quello che non mi va di fare non lo faccio e basta. Vorrei dare di più, e questo fa semplicemente parte di me, ma non mi sento definito come persona da ciò che possiedo. Né tanto meno credo che questo debba definire te o la tua scelta di essere la mia ragazza. Lo fa, Mia? Questa mia condizione attuale è per caso necessaria? » Si rese conto di aver intrapreso un confronto senza gli strumenti adatti per affrontarlo. Era chiaro che avesse scelto le parole sbagliate per spiegargli quello che intendeva. « No.. » Asserì immediatamente, colta da una forma di urgenza atta a frenare sul nascere quel germoglio. « ..certo che no! » Non era affatto ciò che intendevo. Io.. ah, ma perché scelgo sempre le parole più sbagliate! Un giorno avrebbe imparato ad esprimersi, Mia, senza incartarsi, e senza arrovellarsi girando intorno senza sapere nemmeno lei quale fosse il punto del discorso. « Metti il caso che mi avessero assunto al QGA fin dall'inizio. Adesso avrei un buono stipendio e probabilmente vivrei in affitto in qualche appartamento carino. Sarebbe stato diverso, tra noi? Ti avrei fatta sentire da meno? » Su quel punto, Mia arricciò le labbra, puntando lo sguardo davanti a sé con un filo di incertezza. Quella situazione ipotetica metteva di per sé troppe variabili, a cui, Mia, giusto o sbagliato che fosse, pensò in ogni caso, anche se non era quello il punto. Se tu fossi già assunto al QGA e vivresti in un bel appartamento, probabilmente noi no ci saremmo mai incontrati. E anche se fosse accaduto, non so, io credo che non mi avresti mai considerata. Perché un Auror dovrebbe considerare una stupida studentessa dell'ultimo anno? Insomma.. realisticamente, non saresti stato al college, probabilmente avresti cercato altrove qualcuno con cui trascorrere il tuo tempo e le cose avrebbero avuto un esito completamente differente. Improvvisamente, senza neanche volerlo, nella testa di Mia si andarono a ricrearsi centinaia di scenari differenti. Forse ci saremmo incontrati comunque.. forse al QGA, semmai avessi deciso di prendere il Corso Auror. Semmai in un ipotetico futuro fossi riuscita a ottenere dei voti abbastanza alti. Semmai non avessi già trovato qualcun altro nel fra tempo. E tante altre ipotesi che per un istante la fecero distrarre. « [...]Cioè.. io non mi aspetto che tu abbia una quota specifica da mettere mensilmente nella nostra relazione. Sono il tuo ragazzo, non il recupero debiti. Tu devi metterci ciò che puoi e vuoi - e queste sono cose che nel tempo non sono sempre uguali e identiche per entrambe le persone coinvolte. Essere alla pari non significa trovarsi sempre nello stesso punto della vita, non significa staccarsi a correre per raggiungere il punto in cui sta l'altro oppure fermarsi per aspettare che quello recuperi. Rimanere insieme significa affrontare momenti in cui uno sarà più solido dell'altro. Ma è normale. Anzi, è inevitabile. Guarda me. Io sono attualmente in uno di quei momenti bassi - un minimo storico, oserei definirlo. Tutta la forza di volontà e le belle parole non possono cancellare il fatto che ho comunque perso tutto ciò per cui ho lavorato. Ma non voglio pensare che il mio minimo storico faccia parte del tuo mondo ideale. » E lì Mia chiuse gli occhi, colta dalla frustrazione e dalla consapevolezza di essere stata incapace di esprimersi in maniera corretta. « Raiden.. » Posò istintivamente una mano sul dorso della mano di lui ricercando il suo sguardo. Guardami negli occhi e tenta di capire che non intendevo questo. Ma d'altronde, come poteva aspettarsi che capisse. Di certo i lycan non erano giunti ad esplorare un potere simile a quello dei legilimens. « Non ti sto accusando di volermi vedere col culo per terra per tutta la vita. Sto dicendo che se pure fosse una cosa riferita a questo preciso momento, mi lascerebbe un po' male pensare che una mia ipotetica stabilità avrebbe potuto fungere da deterrente o addirittura da minaccia. Cioè.. io voglio tornare ad essere stabile - per me stesso innanzitutto. In questo limbo ci vorrei rimanere il meno possibile, perché non credo che mi si addica e perché francamente mi fa sentire insoddisfatto e mortificato. Però questa è una cosa tutta mia. È la mia vita. E vorrei condividere con te tutto il meglio, mi capisci? È quello il senso. Non era mia intenzione.. condizionarti. » Ricercò la sua carezza strofinando la guancia contro il palmo di lui prima di posarvi un bacio leggero chiudendo gli occhi. Ogni qual volta le imposizioni sociali si mettevano di traverso, Mia aveva solo bisogno di chiudere gli occhi, focalizzarsi sul battito del proprio cuore e tendere l'orecchio a quello di lui. E quindi Incollò la fronte contro quella di Raide, percependo il suo respiro caldo sul proprio volto; una carezza leggera e gentile, che la portò a circondare il volto di lui con entrambe le mani. Nonostante ci fossero sin troppe cose che non capisse, troppe che rendevano la sua personalità irruenta e affatto riflessiva, le sembrava ogni volta che quel loro incastrarsi in maniera così perfetta, superasse tutto il resto. Che gli volesse bene era evidente; che quell'affetto avrebbe superato comunque tanti dei suoi tarli, e probabilmente anche quelli di lui, era probabile. Ma vorrei comunque capirti. Meglio e sempre di più. E vorrei capire meglio anche me stessa. « Non sei tu la scarpa stretta. Ma tutto il resto. Io voglio tornare ad avere un lavoro stabile. Ad avere una casa mia. A vedere uno scopo in ciò che faccio tutti i giorni. Sono stanco di sentirmi sulle sabbie mobili, come se stessi buttando via il mio tempo in qualcosa che non porta a nulla. Però è chiaro che ciò che ne otterrei, mi piacerebbe condividerlo. Altrimenti sarebbe una vita da automi. Non sarebbe nemmeno vita. È qualcosa che potresti vederci, nel tuo mondo ideale? »
    Lo sguardo color miele di lei sprofondò in quello scuro di di lui, mentre i polpastrelli tastavano il suo volto con gentilezza, spostandosi infine ad accarezzare lentamente il suo collo fino a lasciar intrecciare le dita tra i suoi capelli, lasciando al contempo che la stretta con l'altra mano sulle dita di lui si facesse più ferrea. Un contatto, quello, che si portò automaticamente al petto. C'era una forte dicotomia in quell'animo piccolo e spaesato; una lotta che sembrava protrarsi avanti ormai da giorni, tra la consapevolezza di non essere mai stata una bambina, e la necessità di aggrapparsi all'età dell'infanzia con le unghie e coi denti. Non si era mai sentita simile ai suoi coetanei; come avrebbe mai potuto, d'altronde? Le responsabilità che investivano i bambini di quel loro mondo intricato facevano crescere chiunque troppo in fretta; eppure, in un certo qual modo, alla sua giovialità, all'irresponsabilità e al desiderio di restare un'eterna Peter Pan, sembrava volersi aggrappare anche quando, sapeva di aver sempre agito in maniera sin troppo consapevole. Una duplice personalità, in grado di sfoderare artiglieria pesante e porsi davanti al pericolo con la consapevolezza di una guerriera scelta, vigile, controllata, meticolosa, ma anche sfoderare un marker indelebile e incidere il nome di un compagno di classe antipatico nei bagni della scuola, seguito da un appellativo poco lusinghiero. Aggrappata ora più che mai alla dimensione infantile e adolescenziale, eppure convinta di volerla superare a tutti i costi; perché Mia non ha mai gradito essere trattata come una ragazzina, ma al contempo ha fatto di tutto per celare qualunque forma di atteggiamento o inclinazione propensa a una maturità che sotto sotto preservava. « Certo che lo vedo.. » Un sussurro delicato, che si infranse contro il volto di lui con estrema cautela; parole quelle che sembrava voler destinare solo ed esclusivamente a Raiden, quasi come se si trattasse di un segreto inestimabile. « Raiden.. io.. io non intendevo questo. Cioè.. non voglio dire che tu devi frenarti per aspettare me. Non è questo il punto. » Deglutì Mia, osservandolo con leggero timore mentre si stringeva appena nelle spalle. « E' che io so che tutte queste ipotesi che tu hai fatto, probabilmente non ci avrebbero portato qua. » Perché dovrebbero? E' vero che non ci saremmo mai incontrati così se solo tu non fossi venuto al mio compleanno. « E quindi, egoisticamente, non mi dispiace che le cose siano andate così. Ed io voglio che tu abbia tutto ciò che desideri e tutto ciò che ti fa stare bene. Però.. ecco.. ciò che volevo dire è che se anche non dovesse piovere, per qualunque ragione, per me i fiori, e le cene, e le case belle e gli anelli.. » Si morde appena il labbro inferiore mentre accarezza col pollice quello di lui. « ..non sono una cosa di cui non posso fare a meno. E non voglio che tu te ne faccia un crucio, o che tu faccia salti mortali per quello. » Ecco, è tutto bellissimo, ma non è indispensabile, e io non ci tengo per forza. Non è per questo motivo che siamo qui; e so che tu lo sai già, so che lo senti, però vorrei che lo sentissi fino in fondo. « Mi piacerebbe pensare che diventerai un po' più gentile con te. Perché a me quei farò di meglio suonano come un questo non è abbastanza. » Guida le sue dita a posarsi sull'anello improvvisato che le ha infilato sull'annullare poco fa. « Per me non è così. Volevo giusto spiegarti che per me il tuo conto alla Gringott non significa assolutamente nulla. » E' così semplice. Punto. Su questo non ci voglio nemmeno tornare. Non lo dico per altruismo, né perché mi sento una persona particolarmente magnanima. Non sono Madre Teresa, né voglio fare la santarellina. Lo so che non si vive di dichiarazioni d'amore, ma se non sarà mai possibile navigare nell'oro me ne farò una ragione, e non mi sentirò comunque con l'acqua alla gola. « Io sento di volerti aiutare, di metterci il mio.. tutto qua. Io voglio esserci.. e sarò la tua prima supporter. » Perché non mi piace vederti così. Insoddisfatto. Perso. « Tutto il resto.. boh.. immagino sia una pippa mentale. Oppure semplicemente un doversi abituare. » Non lo so. « Tu mi parli del tuo mondo, dei tuoi principi, dei tuoi valori.. e un po', io a volte mi sento confusa. » Sospira appena e lo osserva con un'espressione leggermente accigliata. « Immagino che un po' ho paura del fatto che magari potresti renderti conto che la tua tipologia è diversa. » Pausa. « Boh.. io vedo te, vedo questo, e mi piace ciò che vedo e ciò che sento. E tu vedi me.. ma vedi anche il mio mondo. Ora stai vedendo addirittura dove sono cresciuta. Io invece posso solo intuire, e quindi a volte non so come comportarmi. E non voglio.. uhm.. fare come ha fatto quel coglione di Gabe. » Posso ricostruire parzialmente attraverso i tuoi racconti, ma non sarà mai la stessa cosa. Ed io so che probabilmente nemmeno tu capisci certe cose di questo mondo in cui sei approdato. Però almeno puoi vederlo. Puoi chiedere avendo un riscontro effettivo. Io a volte non so nemmeno cosa chiedere. E avrebbe voluto chiedergli molto di più, Mia. Solo che le parole non venivano. Non le aveva ancora elaborate.

    Alla fine aveva cambiato argomento e il pomeriggio l'avevano davvero passato oziando in un parco con un panino, stesi all'ombra di una vecchia quercia. Erano tornati a casa nel tardo pomeriggio, e per un po', Mia era rimasta in compagnia di sua madre. Sembrava fosse più pensierosa del solito, ma non per questo si dimostrò meno propensa a chiacchierare con Mia e Raiden. Rispetto ai giorni precedenti, non si era trattenuta dal prenderlo per mano e posare il capo sulla spalla di lui mentre allungava i piedi sul tavolino da caffè in veranda, sorseggiando una limonata fresca, parlando del più e del meno. Gillian aveva fatto tante domande a Raiden; nulla di particolarmente invasivo. A differenza della figlia, la signora Wallace, la discrezione l'aveva imparata col tempo. Si era piuttosto interessata al sistema scolastico giapponese, a notizie sul Credo all'Oriente, dimostrando a sua volta una cospicua padronanza di molti dei sistemi insiti tra le comunità locali di ex cacciatori. Era stato un dialogo piacevole e rilassante, al quale Mia aveva partecipato con le sue solite battute, prendendo bonariamente in giro tanto la propria gente quanto quella di Raiden, tempestando lo scambio con commenti scherzosi qua e là. Sua madre aveva ben pensato di sottolineare che poteva fare poco la spiritosa, considerando la sua scarsa capacità di conformarsi, commento a cui Mia decise di rispondere con il solito idealismo che la contraddistingueva. « Insomma, mi stai dicendo che sono destinata a dare il via a una nuova corrente di pensiero del Credo. » « Prima vediamo di diplomarci. » Frecciatina a cui Mia rispose alzando gli occhi al cielo, decretando fosse tempo di andare a cambiarsi per il falò al lago. E come aveva ben anticipato a Raiden, giunti alla festa, fu abbastanza evidente che a New Orleans sapevano davvero divertirsi. Fiumi di alcol e non solo erano cominciati a scorrere sin dal tramonto. I più giovani si erano riuniti per sparare al bersaglio, gettarsi nel lago in acrobazie di ogni sorta, e pompare musica nelle casse a tutto volume. Al loro arrivo, il gigante falò scoppiettante, raccoglieva già tante delle personalità della sera prima, ma anche molti altri, che intendevano darsi alla pazza gioia per una serata che si prospettava all'insegna di tanto alcol, e altro ancora. « Hey Raiden, ciao Raiden. I ragazzi stanno dillà. » E dicendo ciò, Stacey portò via per un braccio Mia, lasciandole giusto il tempo di gettare uno sguardo in direzione del moro prima di venire trascinata nel fiume di persone, verso un punto in cui un barile di birra era già stato aperto. « Abbiamo già i primi infrascati. Dicono che Richie e Todd.. » Si si si va beh, come ti pare. « Oh grazie tante per stamattina, eh! Gran bello scherzo. Praticamente per colpa vostra siamo finiti per parlare dell'iperuranio. Ma io dico, ma che problemi avete! » La bionda la osservò con un leggero senso di confusione sollevando un sopracciglio. « Ma dici la cosa dell'anello? » Certo che sì. Strabuzzò infatti gli occhi, Mia, rivolgendole uno sguardo eloquente. « Io in realtà stavo scherzando relativamente. Boh, quando ti becchi il tipo che non vuole solo farsela sganciare e ti prende pure, non capisco proprio cosa ci vuole. » Restò interdetta, osservandola con un filo scetticismo. Certo, Stacey non aveva mai fatto mistero del fatto che intendeva sistemarsi piuttosto presto. Ma così mi sembra esagerato. La bionda le indicò il barilotto di birra, nonostante l'espressione basita della migliore amica, e le rivolse un sorriso sornione. « Che ne dici? Come ai vecchi tempi? » Per un istante, lo sguardo di Mia brillò nel buio. I vecchi tempi; i vecchi tempi di New Orleans, quando nonostante la sua giovane età, la mora amava fare festa coi suoi amici, quando si scatenava a volte anche scioccamente più del dovuto. Le piaceva quella parte di sé, appunto, quella che sapeva liberarsi di ogni costrizione e filtro. Per alcuni fare festa in questo modo è una roba da animali. Perché sfasciarsi in questo modo? Beh, io non lo vedo come uno sfasciarsi, lo vedo come un liberarsi. E quel che viene viene. Non c'è nulla di male nel farlo con persone di cui ci si fida. « BEVI! BEVI! BEVI! » Al coro si aggiunsero altri, finché Mia non posò i palmi sul barilotto, sollevandosi senza troppe difficoltà a testa in giù. Uno dei ragazzi la affiancò per assicurarsi che non perdesse l'equilibrio, mentre Stacey avvicinava il tubo del barilotto alle labbra della ragazza. E fu solo l'inizio della fine. Con l'alcol in circolo, Mia era diventata più allegra e invogliata a bere. Aveva accettato di buon grado uno spinello che le avevano passato ad un certo punto durante una conversazione e si era lasciata sfidare a sparare contro bersagli di pezza, prendendo comunque la mira. Ridevano e scherzavano, Mia e Raiden, tant'è che ad un certo punto, per dimostrare il fatto che fosse ancora in grado di reggere, si era persino decisa di dimostrare che fosse ancora in sé smontando con movimenti da manuale una pistola, e rimontandola da capo. Un gioco da ragazzi, aveva detto, seppur, avesse avuto una serie difficoltà ad un certo punto a trovare gli incastri giusti. Si erano lasciati e ritrovati diverse volte, durante la serata, rapiti di tanto in tanto da qualcuno per gettarsi in questa e quell'altra attività e infine, dopo aver assistito a una partita di poker in cui il giovane Yagami aveva ripulito un po' di gente di qualche spicciolo, Mia gli era saltata sulle spalle, guidandolo verso la riva del lago, dov'era crollata sull'erba scoppiando a ridere senza motivo alcuno. « Oh mamma.. quella roba della pistola poteva finire malissimo. » Asserisce prima di ridere ancora coprendosi il viso colta ormai da un'attacco di risate incontrollato. Era rimasta lì a ridere per un po' senza motivo alcuno, mentre ricercava il pacchetto di sigarette nella tasca dei shorts rimettendosi a sedere a stento. Il mondo stava girando ormai senza sosta, ma lei stava bene e si sentiva leggera come una piuma. Accesa la sigaretta, il sorriso di lei si fece più tenero, mentre allungava una mano ad accarezzare la coscia di lui.

    « Lo sai che sono un sacco contenta che sei qui? Te l'ho già detto? » Certo che gliel'aveva già detto, Mia, ma ripeterlo in quel momento non le sembrò comunque una brutta idea. Si fece più vicina posando il mento contro la spalla di lui, mentre se ne stava lì, in quella posizione un po' scomoda, ma pur sempre bisognosa di una qualche forma di contatto. « Io sto troppo bene con te. Mi prende proprio a male quando penso che mancano pochi giorni. » Pochi giorni e sarebbero tornati alla solita vita; non era una brutta vita, quella a Hogwarts, ma era stretta, e scomoda. E non sembrava calzare a tratti su nessuno dei due. « Boh ma non possiamo tipo non tornare? Sticazzi di Hogwarts e di quei coglioni. Sticazzi del QGA. Secondo me la US Auror Division è meno cogliona degli inglesi. » Qui ti prenderebbero sicuro. « Ci troviamo un bel posto col giardino.. ci mettiamo a lavorare e sticazzi della scuola e del college. » Posa un bacio sul collo di lui, prima di tornare a guardarlo intensamente. « E poi.. se dovrai andare.. » Deglutisce sgranando gli occhi. « ..io vengo con te. E poi decidiamo. Faremo un po' e un po'. Oppure capiremo.. boh non lo so. » Si stringe nelle spalle mentre l'espressione di lei sembra rabbuiarsi appena. « Non è che mi va tanto di scappare come un ladro nella notte per due mesi. Tu dici che non è così, ma due mesi sono tanti. » E lo erano davvero, e poteva succedere di tutto. E se tornassero i giri di silenzio? Se non riuscissimo a comunicare di nuovo? Mia sapeva, persino nel suo stato confusionale attuale, che Hogwarts rappresentava una forte pressione sociale per lei. « Vorrei poterti rimpicciolire, tanto tanto, e metterti in tasca così da portarti sempre con me. Tipo piccolo così » Gli mostrò quindi la misura esatta compresa tra indice e pollice arricciando le labbra in un'espressione divertita. « Così potresti dirmi sempre.. » Dicendo ciò, si schiarì la voce alzando lo sguardo verso l'alto, pronta a destreggiarsi nella migliore interpretazione di Raiden che le venisse. « Miaaaaaaaaaa hai rotto il cazo. » E rise, ma solo per poco, prima di abbassare lo sguardo, giocherellando distrattamente con le sue dita, ciondolando la testa senza un motivo apparente. Non era certa che in condizioni normali quelle parole le sarebbero uscite con altrettanta facilità, né era certa che le avrebbe dette con così tanta convinzione. Però sticazzi, le penso. « Tutti questi mesi potevamo viverci, e invece abbiamo fatto i coglioni. E ora io ho tanta tanta tanta voglia di viverti.. voglio proprio stancarmi di te. » Non credo sia possibile, ma voglio anche stancarmi di te. Istintivamente prende a roteare l'anello che ha sull'annullare pensierosa, per poi raggiungere il bicchiere che ha appoggiato a terra una volta giunti in quel punto più tranquillo. Il bourbon è pesante, ma è più pesante l'incertezza nell'animo di Mia. « Vorrei tanto poter rubarti. Tipo per sempre. Rubare del tempo.. sospeso - un tempo che non sta da nessuna parte e che nessuno ci può chiedere indietro. Boh, una roba su cui nessuno può mettere bocca. Si.. io vorrei tanto poterti rubare. Se non per sempre, almeno per un po'.. anche poco. Anche pochissimo. Un po' credo che anche l'averti portato qui era perché volevo rubarti.. anche solo per pochissimo. »


     
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    « Certo che lo vedo.. » Sorrise, Raiden, nel sentirle pronunciare quelle parole. Le sue labbra si incurvarono in una linea tanto composta quanto dolce mentre avvicinava il naso a quello di Mia per strofinarlo appena, quasi a volerle comunicare in quel modo il suo apprezzamento. Eppure sento comunque un però, nel modo in cui me lo hai detto. « Raiden.. io.. io non intendevo questo. Cioè.. non voglio dire che tu devi frenarti per aspettare me. Non è questo il punto. E' che io so che tutte queste ipotesi che tu hai fatto, probabilmente non ci avrebbero portato qua. » Inspirò profondamente, frenandosi comunque dal parlare per non interromperla. Era ovvio che anche il minimo cambiamento nel paradigma generale avrebbe potuto cambiare tutto, forse cancellando persino la possibilità di un loro incontro, ma il discorso che Raiden aveva messo in campo era chiaramente su una linea ipotetica. Quello che io volevo esprimere era: ti sarei comunque piaciuto se fossi stato più stabile oppure mi avresti automaticamente escluso per paura? Perché a me non sarebbe importato nulla in ogni caso del tuo essere una studentessa. Cioè.. da noi questa è una dinamica di coppia abbastanza normale, se non addirittura scontata. « E quindi, egoisticamente, non mi dispiace che le cose siano andate così. Ed io voglio che tu abbia tutto ciò che desideri e tutto ciò che ti fa stare bene. Però.. ecco.. ciò che volevo dire è che se anche non dovesse piovere, per qualunque ragione, per me i fiori, e le cene, e le case belle e gli anelli.. non sono una cosa di cui non posso fare a meno. E non voglio che tu te ne faccia un crucio, o che tu faccia salti mortali per quello. Mi piacerebbe pensare che diventerai un po' più gentile con te. Perché a me quei farò di meglio suonano come un questo non è abbastanza. Per me non è così. Volevo giusto spiegarti che per me il tuo conto alla Gringott non significa assolutamente nulla. » Si morse il labbro inferiore, abbassando leggermente lo sguardo. Raiden sapeva che Mia avesse ragione su quel punto, ma era anche vero che si conosceva abbastanza bene da sapere che non si sarebbe accontentato di nulla di meno di ciò che lei aveva appena elencato. Chiaramente gli piaceva l'idea che Mia non fosse una di quelle ragazze che danno troppa importanza alle questioni venali e si impuntano per avere l'anello più costoso rispetto a quello dell'amica: in fin dei conti era proprio un tipo come lei, che Raiden aveva sempre cercato e che voleva accanto a sé. Però io lo so che i salti mortali non ci riesco proprio a non farli. Li faccio da una vita su tutto quanto. Appena qualcosa mi preme anche solo un pochino, ci metto ogni sforzo. E fidati, per quanto sembri poetico sulla carta, è una vera lama a doppio taglio. Durante la vita del giovane Yagami, quella sua impeccabilità perenne sembrava essere diventata una sorta di grottesco luogo comune, un'entità vaga ma ben presente che lo perseguitava ad ogni passo. Nel suo piccolo, lui non ci si sentiva affatto, impeccabile; piuttosto si vedeva come un perfezionista, come uno che ha una bella forza di volontà e sa scindere tra il momento di lavorare e quello per cazzeggiare. Di certo, però, non era infallibile né privo di difetti - nessuno lo è. Eppure quelle continue lodi, quel modo in cui tutti sembravano reagire a lui, marchiandolo con epiteti volti a sottolineare quanto ineccepibile fosse in qualsiasi cosa, sembravano aver creato una sorta di mostro sacro agli occhi altrui. Era ormai venuta a nascere quella malsana concezione seconda la quale Raiden fosse quanto di più vicino alla perfezione; un'immagine, quella, che scatenava negli altri due sole possibili reazioni: l'ammirazione che si faceva quasi cieca idolatria e il puro odio che si accaniva alla ricerca del più piccolo difetto o errore. Entrambe le cose creavano un senso di pressione non indifferente sulle spalle del ragazzo, che a quel punto non poteva più nemmeno accontentarsi del proprio di perfezionismo, ma sentiva di doversi mantenere all'altezza di un'immagine irraggiungibile che gli era stata suo malgrado affibbiata. Quando le aspettative su di te sono così alte, le scelte sono due: dimostrarti un totale fallimento, oppure provare a soddisfarle. E quando scegli la seconda, a un certo punto smetti di vedere gli altri e cominci ad interiorizzare la pressione stessa. Diventa tua. Sei tu il carceriere. Io sono partito con l'idea di non voler deludere chi riponeva in me così tanta fiducia e speranza, chi vedeva nella mia persona qualcosa di speciale. Alla fine, però, sono diventato io il mio critico più aspro ed esigente. « Io sento di volerti aiutare, di metterci il mio.. tutto qua. Io voglio esserci.. e sarò la tua prima supporter. Tutto il resto.. boh.. immagino sia una pippa mentale. Oppure semplicemente un doversi abituare. Tu mi parli del tuo mondo, dei tuoi principi, dei tuoi valori.. e un po', io a volte mi sento confusa. Immagino che un po' ho paura del fatto che magari potresti renderti conto che la tua tipologia è diversa. » Scosse velocemente il capo, come a voler scansare subito quelle parole. « Se è questo che ti fa paura, allora puoi smettere di averne già da ora. Mi conosco, Mia. Mi conosco molto bene. Se scelgo di stare con qualcuno non è per provarmi una scarpa e vedere come mi sta, ma perché ciò che ho visto mi ha convinto. » E Raiden era piuttosto certo anche del fatto che Mia fosse quasi completamente inconsapevole delle qualità che lui aveva scorto in lei. Chissà, forse anche io sono cieco a ciò che tu hai visto in me. Forse lo siamo un po' tutti quanti, sempre. « Boh.. io vedo te, vedo questo, e mi piace ciò che vedo e ciò che sento. E tu vedi me.. ma vedi anche il mio mondo. Ora stai vedendo addirittura dove sono cresciuta. Io invece posso solo intuire, e quindi a volte non so come comportarmi. E non voglio.. uhm.. fare come ha fatto quel coglione di Gabe. » Sbuffò una risata dalle narici, avvicinandosi per stamparle un bacio leggero sulle labbra, poi sulla punta del naso e sulla fronte. Appoggiò il palmo sulla guancia di lei, sorridendole intenerito. « Queste sono cose che si scoprono pian piano. Non devi camminare in punta di piedi intorno a me, ok? » E su questa nota, i due giovani archiviarono serenamente il discorso, tornando ad attività più leggere fin quando non decisero di levare le tende e passare il proprio pomeriggio a passeggiare in un parco senza alcuna preoccupazione o pesantezza addosso.

    « Sottotenente Yagami, qual buon vento! » lo salutò allegramente - anche un po' troppo - Billy, mettendogli un braccio attorno al collo e scompigliandogli i capelli in un gesto confidenziale che per un istante lasciò Raiden un po' di sasso. Si sciolse comunque presto in una risata, anche perché gli bastò un'occhiata al ragazzo per rendersi conto che la punta del suo naso e delle sue orecchie fossero colorate da un rosso intenso che lasciava ben ad intendere il livello alcolico del giovane Benoit. « Bella Raiden. Prendi da bere. Noi stiamo già un pezzo avanti quindi ti toccherà metterti al passo. » Quando si trattava di bere, il giapponese non era il tipo che faceva complimenti. Anche perché c'era stato un tempo in cui pure se avesse voluto farne, non gli sarebbe stato concesso. Il suo paese sembrava prendere piuttosto sul serio la cultura del bere, a cui aveva dato un vero e proprio nome: nominication. In ambito lavorativo specialmente, non ci si poteva astenere dalla puntuale bevuta con colleghi e superiori dopo la lunga giornata di lavoro: dovevi andare, dovevi bere e dovevi farlo tutte le volte in cui ti veniva versato. Il rifiuto non era contemplato come valida opzione. E quindi, per forza o per amore, il fegato di Raiden si era allenato a stare al passo, sviluppando una tolleranza ben sopra la media. Infatti, non appena Gabriel gli mise in mano un bel bicchiere colmo di birra, il giovane Yagami se lo scolò tutto di un tiro tra il gaudio generale degli astanti. « Ve'? Che ti avevo detto che sapeva bere? » « Eh ma ci credo ci credo. Li ho visti i Giapponesi, quando sono andato lì in missione. » Ridacchiò, Raiden, facendosi subito servire altra birra. « Scommetto che i Cacciatori ti avranno portato a bere tutte le sere. » « Fino a scoppiare. » Inclinò il capo di lato, sorridendo e annuendo tra sé e sé. « È il nostro modo di dare il benvenuto e dirti che fai parte del gruppo: ti uccidiamo il fegato. » « Così ti rendono inappetibile per il traffico d'organi della Yakuza, capito? C'ha il suo senso. » « Esatto! » Risero tutti insieme a quello scambio di battute, dando così inizio al resto della serata. E la serata di Raiden, nello specifico, venne scandita da innumerevoli bicchieri che si svuotavano e si riempivano ad un ritmo costante. Mentre tutti pian piano intorno a lui cominciavano a perdere colpi e farsi scomposti, il giovane Yagami sembrava subire a malapena gli influssi dell'alcol, mantenendosi su una linea costante di allegria serena che gli permetteva di essere se stesso ma in maniera più sciolta. Stava con Mia e poi si dividevano, cimentandosi in giochi e chiacchiere con tutti i presenti, che pian piano Raiden imparò a conoscere un po' meglio. Fu solo a un certo punto, dopo Dio solo sa quanti bicchieri scolati, che arrivò la tipica frase che segnava l'inizio della fine. « Io devo andare a pisciare. » Una frase innocua, chiaramente. In fin dei conti con tutti i liquidi ingeriti era solo normale che la vescica si fosse riempita. Il punto però era diverso: che Raiden, in circostanze normali, non avrebbe mai sentito il bisogno di annunciare i propri bisogni fisiologici. « Vengo con te che me la sto facendo sotto. » E con la condivisione arrivò pure l'andatura sbilenca e la risata perenne con cui Raiden e Billy si fecero strada verso il lago, come fossero amici da una vita e nulla potesse più separarli. Tanto forti di quel legame appena nato, che pisciare insieme nel lago comportò tutte le tappe tipiche di una solida amicizia maschile: scambiarsi occhiate ai reciproci membri, incrociate il getto dell'altro e ridere come due bambini di cinque anni, commentare la qualità della pisciata esternando il proprio livello di soddisfazione e così via. « So tornati i fidanzati. Come è stato sto inchiappettamento al chiaro di luna? » « Magico. » « Molto romantico. » « Era la prima volta, quindi ci sono andato gentile. » « Alla prossima ce lo buttiamo a crudo. » « Chiaro. » Risero, dandosi qualche pugno perché.. beh sì.. perché no? « Niente, Mia. Billy ti ha inculato il ragazzo. Letteralmente e non. » L'arrivo della mora venne accolto dal giapponese con un largo sorriso, seguito subito da un bacio. E così, finita la partita di poker momentaneamente interrotta dal richiamo della natura e scolato altro alcol, la giovane coppia decise di allontanarsi dalla festa e lasciarsi cadere sulle rive del lago. « Oh mamma.. quella roba della pistola poteva finire malissimo. » Rise, Raiden, avvolgendo le braccia intorno al busto della ragazza e cominciando a stamparle tanti piccoli baci tra i capelli, sulla tempia, sul collo e sulla spalla. Che il moro fosse una persona a cui piaceva esternare il proprio affetto romantico col contatto fisico, questo era risaputo, ma di certo lo stato d'ebbrezza lo rendeva molto più appiccicoso del normale. « Lo sai che sono un sacco contenta che sei qui? Te l'ho già detto? » Sollevò il mento con aria sbarazzina, fissandola sull'orlo di un grosso sorriso. « Sì ma mi piace sentirmelo dire, quindi continua pure. » Ridacchiò, scattando in avanti col volto per rubarle un bacio veloce dalle labbra. « Io sto troppo bene con te. Mi prende proprio a male quando penso che mancano pochi giorni. » Pochi giorni di quella dimensione completamente non filtrata tra loro due. Una vacanza, una vera, non come quella che Raiden si era illuso di prendersi con la parentesi inglese. Spinse le labbra all'ingiù in una smorfia triste, constatando dentro di sé che presto sarebbero dovuti tornare alla normale amministrazione delle giornate. E a me non va. Perché vorrei vederti quando mi pare e dormire con te quando voglio. Non mi piacciono tutte queste regole del cazzo. « Boh ma non possiamo tipo non tornare? Sticazzi di Hogwarts e di quei coglioni. Sticazzi del QGA. Secondo me la US Auror Division è meno cogliona degli inglesi. Ci troviamo un bel posto col giardino.. ci mettiamo a lavorare e sticazzi della scuola e del college. E poi.. se dovrai andare.. io vengo con te. E poi decidiamo. Faremo un po' e un po'. Oppure capiremo.. boh non lo so. » Assottigliò le palpebre, come se ci stesse davvero pensando sopra, solo per poi annuire vigorosamente. « Secondo me potrebbe funzionare. Sì. Basta. Rimaniamo qui e ci facciamo i cazzi nostri. Fanculo al coprifuoco di Hogwarts e alla loro polizia delle scopate. » disse, scoppiando poi subito in una fragorosa risata e facendo cozzare la spalla contro quella di lei. « Dai.. davvero: al diploma manca poco. Gli ultimi sforzi e poi potrai sul serio fare un grosso dito medio a tutta quella roba. » Sospirò, fissandola negli occhi con un sorriso. « E saremo liberi di vederci quanto e come ci pare. » « Non è che mi va tanto di scappare come un ladro nella notte per due mesi. Tu dici che non è così, ma due mesi sono tanti. » Per quanto esiguo fosse come arco di tempo, anche Raiden in quel momento lo sentiva come un'eternità infinita. Quella libertà assaporata negli ultimi giorni lo portava a desiderare che fosse sempre così tra loro, che non ci fossero orari da rispettare o ronde da evitare. Saranno l'inferno, questi due mesi, non è così? « Vorrei poterti rimpicciolire, tanto tanto, e metterti in tasca così da portarti sempre con me. Tipo piccolo così. Così potresti dirmi sempre.. Miaaaaaaaaaa hai rotto il cazzo. » Scoppiò a ridere ancora una volta, a quell'imitazione un po' improvvisata di se stesso. « Non sarebbe più semplice avere sempre il canale aperto? Prometto di non distrarti durante le lezioni. » Pausa. Ci pensò un attimo, arricciando le labbra pensieroso per poi scoccarle uno sguardo e scuotere il capo, sorridendo sornione. « No, non è vero, non posso prometterlo. » Però ci proverei. Quello sicuro. « Tutti questi mesi potevamo viverci, e invece abbiamo fatto i coglioni. E ora io ho tanta tanta tanta voglia di viverti.. voglio proprio stancarmi di te. Vorrei tanto poter rubarti. Tipo per sempre. Rubare del tempo.. sospeso - un tempo che non sta da nessuna parte e che nessuno ci può chiedere indietro. Boh, una roba su cui nessuno può mettere bocca. Si.. io vorrei tanto poterti rubare. Se non per sempre, almeno per un po'.. anche poco. Anche pochissimo. Un po' credo che anche l'averti portato qui era perché volevo rubarti.. anche solo per pochissimo. » Rimase in silenzio a fissarla per diversi istanti, riflettendo, ripetendo nella propria mente ciascuna di quelle parole come se la stesse traducendo e digerendo pian piano. « Beh se devi rubarmi fallo per sempre. Sennò che furto è? Mi rubi e poi mi restituisci? » Aveva senso? Probabilmente no, ma a quel punto della serata la testa di Raiden sembrava fluttuare su un altro piano della realtà, seguendo strade proprie immerse nel fitto di un'imprecisata boscaglia che rendeva davvero difficile intravederne la conformazione o la meta. Il giovane Yagami stava parlando letteralmente a casaccio, lasciando che le proprie parole scorressero più velocemente del proprio pensiero. « Ti posso fare una domanda? » E infatti saltò subito da un punto all'altro, senza alcuna connessione logica apparente. « L'altra sera - no? - .. quando ci siamo detti quella cosa.. » sottolineò le due parole con un'eloquente alzata di sopracciglia e sgranata di occhi, come ad alludere a qualcosa di grosso ed evidente che per qualche ragione ignota non voleva nominare in quel preciso momento « ..cioè, le parole erano le stesse che ci siamo detti da me la settimana scorsa.. però stavolta era diverso, vero? » Anche nell'ubriachezza, Raiden dovette rendersi conto di essere stato un po' troppo vago nella propria domanda, e infatti scosse leggermente il capo, avvicinandosi di più a Mia e piazzandosi a sedere di fronte a lei per guardarla meglio in viso. La fissò così per qualche istante prima di tagliare del tutto la testa al toro. « Noi siamo innamorati, non è così? » Una domanda, quella, che forse poteva suonare assurda, ma che per Raiden era piuttosto lecita. Lui, quel tipo di amore, non lo aveva mai conosciuto in vita propria. Non sapeva come ci si sentisse, e ciò rendeva i suoi sentimenti del tutto nuovi e difficili da catalogare. « Te lo chiedo perché io penso di sentirmi così.
    Zg2842n
    Cioè.. è questo, vero? Io sono innamorato di te e tu sei innamorata di me. »
    Aspirò l'aria tra i denti, chiudendo le palpebre come se avesse detto qualcosa di doloroso che però, al contempo, lo faceva sorridere. Prese le mani di Mia tra le proprie, chinandosi in avanti per affondarci dentro il viso come a nascondersi da quella che sentiva al pari di una verità tanto bella quanto scomoda. L'ho detto. È così. Adesso è reale, è sul piatto. « Fanculo, Mia! Io non dovevo innamorarmi qui in Inghilterra. Mi hai fatto innamorare. » il tono ironicamente lamentoso misto alle leggere risate fuoriuscì dalle sue labbra ovattato dall'infrangersi contro i palmi di Mia. Non raddrizzò la schiena, ma di colpo sollevò il viso da quel nascondiglio, puntando gli occhi in quelli della Wallace con un sorriso genuino che sembrava dare al suo volto una luce quasi infantile. Fece quindi presa sulle mani di lei per attirarla di più a sé, aiutandola a sedersi a cavalcioni su di lui per avvolgerle le braccia intorno alla vita e appoggiare la tempia contro il suo petto. Chiuse gli occhi, farfugliando qualcosa a mezza voce che suonava più o meno come un « Gira tutto quanto. » misto ad un « Sei molto bella e ti amo tanto. » Si strinse al petto di lei, soffiando sereno come un bambino sul punto di addormentarsi. Solo che Raiden non aveva sonno, semplicemente gli sembrava che tutto intorno a lui stesse vorticando freneticamente.. ma non gliene importava nulla. Rimase per un po' così, in silenzio tombale, prima di tornare a farfugliare altre parole sconnesse. « Dopo il diploma cerchiamo un appartamento. Un appartamento col giardino. E l'orto. » Molto semplice da trovare, specialmente ad Hogsmeade. « E ci prendiamo dei conigli. Ho sempre voluto dei conigli. » Sospirò, sorridendo tra sé e sé come un ebete. « E cerco un lavoro perché il college mi ha rotto. Studio roba che so già. Non va bene. Mh-mh.. » scosse leggermente il capo, stringendo le labbra con un tenero fare contrariato « ..sono troppo qualificato. Lascio il college e mi cerco lavoro, sì. » E qui, invece, annuì tra sé e sé, come a darsi ragione da solo. « E col primo stipendio ti compro un anello per bene e ci sposiamo. Ci sposiamo con quel vestito che hai provato, che era molto bello. » Sospirò. Per un momento la sua testa ciondolò verso il basso, rialzandosi poi di scatto per risistemarsi meglio contro il petto di lei. « Mhh.. sì sì. Bello. Molto bello. Mi piace. A te piace? Sposarsi. Mh.. vuoi sposarmi, Mia? »


     
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    Odiava le lezioni di danza. Miss Finneas era la persona più esigente che avesse mai incontrato - non che Mia sapesse effettivamente come erano fatte le persone esigenti. Poteva paragonarla giusto a Todd, giù all'Alveare, che si occupava del suo gruppo; da lui però se lo aspettava. Sin da quando le avevano messo un coltello in mano, Todd era stato una specie di gerarca nazista. Metteva lei e gli altri bambini sotto costante pressione per migliorarsi, e nessuno lo aveva mai conosciuto in maniera differente. Miss Finneas, dal canto suo, passava dal sembrare la signora più amorevole sulla faccia della terra, a una specie di mostro baffuto, pronto a scagliarsi contro qualunque bambina osasse uscire dalle fila. Era stato un anno difficilissimo, specie perché la maggior parte delle bambine nella sua classe avevano sui dieci o addirittura undici anni. Era la più piccola Mia, ma nonostante ciò non sfigurata in mezzo a loro; superava in altezza molte di loro, nonostante gli anni di differenze, e a tratti, era nonostante tutto la meno timida del gruppo. Era stata lei a prendere d'altronde uno dei volantini della scuola di danza di Miss Finneas che ritraeva la sua faccia per disegnarci sopra i baffi sotto lo sguardo divertito delle compagne. Dopo tutte le umiliazioni e le gogne subite, l'ultimo spaventoso giorno dell'anno, era giunto. Il saggio di danza; la testolina della moretta, si era affacciata già da prima che lo spettacolo iniziasse oltre le quinte di un teatro minuscolo stipato nel Quartiere Francese, cercando con lo sguardo la sua famiglia. Gabe e Logan scoppiarono a ridere, nel vederla con quel ridicolo chignon, reazione di fronte alla quale entrambi si beccarono uno scappellotto. Una persona però mancava. Il suo posto giaceva vuoto accanto a suo padre. Provò un velo di sconforto che la portò a intristirsi di colpo. Brian mancava spesso da casa già da parecchio; il primo distacco che aveva avuto risaliva a due anni prima quando il ragazzo era stato mandato in missione in Australia. Da allora, le cose erano andate peggiorando. In America, Brian non era tornato da solo, bensì con Olivia, quella che ora era la sua fidanzata. Da quando poi era rimasta incinta, Mia, il maggiore di casa non lo vedeva quasi mai. Lui però me lo ha promesso. E così, aveva affrontato quel saggio con l'animo nero; non era stata malaccio, ma neanche la migliore. Nessuno però gliel'aveva fatto pesare; in fondo faceva tenerezza. Mia in mezzo a tutte quelle bambine più grandi che gonfiava il petto quasi come se dieci anni li avesse anche lei. Ed era sempre stato così; sembrava essere ossessionata dall'idea di essere più grande, o quanto meno di darne la parvenza. Quella sera si erano radunati tutti in giardino godendosi il piacevole venticello serale, condividendo una cena di tutto rispetto. Mia però era rimasta taciturna per tutta la serata, specie perché al ritorno, anche sua madre e suo padre erano letteralmente spariti dopo un veloce sei stata bravissima, tesoro. Poi aveva capito: il bambino di Brian e Olivia stava arrivando e tutti erano eccitatissimi all'idea. Tutti tranne Mia, che conclusa la cena, aveva deciso di attraversare il giardino di casa e inoltrarsi tra le antiche querce dietro casa verso il ruscello. Era arrabbiata e delusa, a tal punto che si accanì contro la scorza di uno degli alberi fino a scorticarlo completamente, a tal punto che non riuscì neanche a percepire i passi di Robert che le si affiancò. « Di questo passo lo abbatterai. » Nonostante i suoi quindici anni, Robert era già il germoglio dell'uomo mite e pacato che sarebbe diventato. A Ilvermorny era il primo della classe e a tratti sembrava di gran lunga più maturo di molti altri della famiglia. « Sei stata brava oggi. Non vuoi festeggiare con noi? » Il grugnito di Mia gli bastò come risposta. « Immagino sia un no. » Mentre lo dice, le corregge la presa sul coltello prima di lasciarglielo lanciare contro l'albero. « Mi dici perché sei arrabbiata? » No, non voleva dirglielo, però in realtà voleva dirglielo. E quindi alla fine gonfia le guanciotte rosse, si volta verso di lui con la fronte aggrottata e arriccia le labbra in un'espressione contrariata. « Da quando è arrivata la stupida Olivia, Brian non mi vuole più bene. E ora avranno un bambino. » La confusione negli occhi di Robert è evidente. « Lui aveva promesso che ci sarebbe stato stasera. E poi non è venuto.. » Gli occhi della bimba si riempiono di lacrime, mentre sposta lo sguardo di lato. E' abituata a non piangere. Solitamente se lo fa, qualcuno tra i maggiori la prenderà sicuramente in giro e le darà della femminuccia. Non sono una femminuccia. Io sono una guerriera. « Quando si sposeranno si scorderà completamente di me. » Robert sospirò, togliendole il coltello dalle mani per poi circondarle le spalle. La portò al ruscello, dove presero a gettare sassolini nell'acqua; man mano che tentava di spiegarle cosa di preciso succedesse tra Olivia e Brian, e che nulla aveva a che fare con lei o con gli altri, Mia sembrava sempre più confusa. Robert non era d'altronde la persona più indicata a spiegarle la differenza tra l'amore fraterno e l'amore romantico. « Se è questo, allora io non m'innamorerò mai. » E Robert, che ai tempi stava sperimentando la sua prima cotta adolescenziale, scoppiò a ridere gonfiando il petto, come se sapesse qualcosa che alla sorellina sfuggiva. « Secondo me quando sarai più grande ti piacerà. Provi un forte calore qui, all'altezza del petto; sei sempre felice e hai tanta voglia di ridere. Hai presente quando papà fa ridere la mamma? Ecco quello credo sia amore. E dal loro amore siamo nati noi. Come adesso sta nascendo il bambino di Brian e Olivia. Un giorno tutti noi ci innamoreremo e avremmo delle famiglie. Come mamma e papà. » Mia corruga la fronte scuotendo la testa. « Ma noi ce l'abbiamo già una famiglia. » « E l'avremmo sempre. Brian ci sarà sempre, anche se ora è un po' occupato. Noi tutti ci saremo sempre. Però, anche se ci saremo sempre, un giorno anche tu vorrai una famiglia tutta tua. » Non è molto convinta, la piccola Wallace. Sente quei concetti come estremamente astratti e lontani. « E come faccio a capire che ne voglio una mia? Io sto apposto così. Bob, dillo che mi dici le fregnacce per scusarlo. Lo scusi sempre, tu! » E lì Robert alza lo sguardo verso l'alto, osservando le stelle con fare pensieroso. « Hai presente quando non volevi più dormire in stanza con Logan perché eri troppo grande? Ti sei sfogliata con Stacey un sacco di riviste per scegliere cosa metterci dentro, volevi per forza quella poltrona a forma di coniglio e tutto il resto.. ecco, poi alla fine cosa hai pensato? » Si stringe nelle spalle la moretta, cercando di ricordare l'esatto momento in cui aveva messo piede nella sua nuova stanza. Non era passato poi molto tempo da allora. E' successo durante il suo compleanno passato. Un passaggio di rito. A sette anni, si inizia a dormire da soli per forza. Senza contare che Logan non la voleva più tra i piedi. « Che era bella, e mi piaceva, e che sarebbe stato bellissimo colorare su quella nuova moquette. » La moquette color pastello che era riuscita a macchiare dopo neanche due settimane. « Ecco.. è più o meno la stessa cosa. Un giorno tu incontrerai qualcuno, lo conoscerai e deciderai che la sua poltrona a forma di coniglio e la moquette rosa pastello ti piaceranno tantissimo. E vorrai restarci insieme, come hai voluto restare nella tua nuova stanza. Non importa che tu vuoi comunque bene a Logan.. ad un certo punto hai voluto comunque avere un posto tutto tuo. » Non era stata propriamente la spiegazione migliore che potesse ricevere, né ciò aveva scansato più di tanto la delusione che aveva provato nel non vedere Brian al suo saggio di danza. A conti fatti però inizio a capirlo. Inizio a capirlo davvero.

    Viveva quella situazione di incertezza con una leggera pesantezza. Forse l'alcol aveva reso quei suoi pensieri più ossessivi e drammatici di quanto non lo fossero in realtà; di certo però, in quel momento a Mia, due mesi sembravano un'eternità, e ogni piccolo cambiamento nel piccolo ecosistema che si erano ricreati attorno a loro, le appariva come una punizione divina. Sbuffò infatti nel rendersi conto che Raiden non aveva preso affatto sul serio la sua proposta di rimanere lì. Che dovesse diplomarsi, sapeva da sé fosse importante, quanto meno per non finire a fare la cameriera per il resto della sua vita; non che trovasse l'idea di fare un lavoro del genere poi tanto spiacevole. Del duro lavoro, Mia, non aveva paura, e l'idea di stare a contatto con le persone non le dispiaceva. Dopo tutte le fandonie di cui era stata vittima, scegliere di fare la cameriera sembrava la cosa più normale e priva di imprevisti che potesse venirle in mente. Aveva anche sogni più lungimiranti, la Serpeverde, ma erano tutti nascosti in un cassetto che non osava neanche aprire per paura di restare delusa dalla sua effettiva mancanza di capacità. « Dai.. davvero: al diploma manca poco. Gli ultimi sforzi e poi potrai sul serio fare un grosso dito medio a tutta quella roba. E saremo liberi di vederci quanto e come ci pare. » Sbuffò alzando gli occhi al cielo, scuotendo la testa con fare sconsolato. « Ma tanto è inutile. Prenderò dei voti di merda.. non potrò neanche fare ciò che voglio dopo.. » Si strinse nelle spalle. « Non so neanche se vale la pena iscrivermi al college. Mi sembra di passare di pezzo di carta in pezzo di carta. Dei pezzi di carta mediocri. » Decise tuttavia di non approfondire la questione, alzando lo sguardo verso l'alto, scuotendo la testa come a fargli capire che non aveva voglia di parlarne. Si sarebbe intristita, le sarebbero venuti mille scompensi, e alla fine la loro serata sarebbe stata rovinata. Quindi decide di passare oltre, concentrandosi su altro, nello specifico su quanto avesse voglia di viverlo, e quanto Hogwarts le appariva in quel momento un impedimento inutile. In fondo che senso ha? Stiamo lontani solo perché io possa - forse - diplomarmi, giusto per dire che ho fatto qualcosa nella vita. « Beh se devi rubarmi fallo per sempre. Sennò che furto è? Mi rubi e poi mi restituisci? » Scoppiò a ridere, la giovane Wallace, scuotendo la testa con convinzione. « Niente soddisfatto o rimborsato? E' un grosso impegno, eh! » S'inumidì le labbra prima di portarsi nuovamente il bicchiere di bourbon alle labbra aspirando dalla sigaretta. Era tranquilla, mentre lo osservava con un'espressione sognante e leggermente pensierosa. Un giorno ti ruberò davvero. Per sempre. E tu non potrai più liberarti di me. Sì, succederà. « Ti posso fare una domanda? » « Mh-mh.. » Disse chiudendo gli occhi quasi come se volesse assaporarsi quel quesito con più attenzione. « L'altra sera - no? - .. quando ci siamo detti quella cosa.. » Quale cosa? Aprì infatti di scatto gli occhi mentre il suo sorriso si faceva leggermente più malizioso. Scoppiò a ridere, nonostante Raiden sembrasse parecchio serio. « ..abbiamo detto un sacco di cose.. se vuoi posso ricominciare.. » Sollevò tuttavia un sopracciglio, capendo relativamente che in realtà stava parlando di altro. Ok, niente cosacce, ho capito. Inclinò quindi la testa di lato osservandolo con un'espressione leggermente confusa. « ..cioè, le parole erano le stesse che ci siamo detti da me la settimana scorsa.. però stavolta era diverso, vero? Noi siamo innamorati, non è così? » Deglutì, Mia, sorpresa da quella domanda. Si sentì completamente impreparata. Non conosceva la risposta specifica a quella domanda, né l'esperienza poteva dirle molto in merito - non che in quel momento fosse poi molto razionale. Lei è certa di non essersi mai innamorata prima. Si è presa decine di cotte negli anni passati; una nello specifico l'ha fatta trincerare per anni. Ma lei, quella sensazione di entrare in un posto e dire sì, qui ci sto bene e ci voglio restare, la stessa che Robert le aveva descritto molti anni addietro, non l'aveva mai sentita. Non era stato bravo a spiegarle cosa fosse l'amore, il fratello maggiore, ma d'altronde, se un adolescente non era stato bravo a spiegarlo a un bambino, nemmeno gli adulti erano più bravi a spiegare come fosse fatta di presciso quell'emozione. L'immagine della sua camera da letto restava l'associazione più vivida che le venisse in mente. Mia aveva passato settimane a consultare assieme alla migliore amica riviste di ogni sorta dicendo voglio questo e quell'altro. Ovviamente, alla fine l'aspetto del suo nuovo nido non somigliava affatto a ciò che si era immaginata; i mobili non erano uguali a quelli delle riviste, né tanto meno la posizione della stanza sembrava permettere una luminosità simile a quella delle foto su cui aveva continuato a fantasticare. Eppure, quando l'aveva vista, Mia se ne era completamente innamorata e aveva deciso che lì le piaceva stare, e che su quella moquette lei avrebbe colorato davvero bene. Col tempo l'avrebbe arricchita con tanti cimeli e ricordi. Sarebbe diventata vissuta. Un piccolo mausoleo della sua esperienza. E nonostante a volte cambiasse sistemazione dei mobili e decidesse che certe cose non le piacessero, lei alla fine quella sua stanzetta l'ha sempre amata sin dal primo giorno e ha sempre voluto restarci. « Te lo chiedo perché io penso di sentirmi così. Cioè.. è questo, vero? Io sono innamorato di te e tu sei innamorata di me. » Lo sguardo di lei si ammorbidì oltremisura, schiudendo appena le labbra, profondamente colpita da quelle parole. Non se le aspettava, eppure, Mia le sentiva. Le sentiva in una maniera viscerale, soprattutto in quel momento, in cui diceva qualunque cosa le passasse per la testa senza alcun filtro.
    « Io.. credo di sì. Deve essere questo.. » Un sussurro, quello della mora, seguito da un sorriso delicato che lasciò scoprire lentamente i denti. « Fanculo, Mia! Io non dovevo innamorarmi qui in Inghilterra. Mi hai fatto innamorare. » Scoppiò a ridere a quel punto, sentendo la testa vorticare sempre di più; non sapeva se fosse tutto dovuto all'alcol o a quella rivelazione. Non importava però; era felice, Mia, così tanto che il cuore sembrava scoppiarle nel petto. « Siamo in America però.. » Una puntualizzazione tempestata da un sorriso ebete, prima di incontrare nuovamente il suo sguardo. E lì, l'espressione di Mia assunse una nota ancora più intenerita; accolse il suo volto tra le proprie mani, stringendogli appena le guance. « Guarda come sei carino! Io non ce la faccio! » E rise nuovamente, mentre si lasciava attirare nella sua direzione, incrociando le braccia attorno al collo di lui, mentre cercava una posizione comoda sulle sue gambe. E così prese ad accarezzargli i capelli, stringendolo a sé con tenerezza e un affetto che non riusciva a contenere. Sembrava un bimbo in quel momento, e nella testa di Mia, da qualche parte, la necessità di stringerlo e proteggerlo la sentiva intensamente. Era come se avesse un oggetto estremamente prezioso tra le mani e si sentisse di dover fare di tutto per non farlo cadere, per non farlo rompere o anche solo scheggiare. « Ti amo tanto anche io » Soffiò ad un certo punto tra i suoi capelli, rispondendo di tanto in tanto ai deliri di Raiden con altri altrettanto sconclusionati. « Dopo il diploma cerchiamo un appartamento. Un appartamento col giardino. E l'orto. » « Oddio sì! Lo voglio troppo un orto.. anche piccolo. » « E ci prendiamo dei conigli. Ho sempre voluto dei conigli. » E lì Mia scoppiò a ridere. « Però non li mangiamo i conigli, eh. » « E cerco un lavoro perché il college mi ha rotto. Studio roba che so già. Non va bene. Mh-mh.. sono troppo qualificato. Lascio il college e mi cerco lavoro, sì. » « E diamo un nome al tuo povero gattino. Dai, non se ne può più di questa storia di gatto di merda. » Povero gattino. « Oddio Raiden, ideona! Lo chiamiamo Coniglio! » E lì era chiaro che iniziava quella parte della serata in cui Mia avrebbe avuto costanti lampi di genio. « E col primo stipendio ti compro un anello per bene e ci sposiamo. Ci sposiamo con quel vestito che hai provato, che era molto bello. » Prese a baciare i suoi capelli lentamente per poi posare il mento sopra il suo capo stringendolo di più a sé. « Era bello vero? Mi piaceva davvero tantissimo. Non te lo volevo dire, perché non volevo spaventarti, ma era bellissimo. » E' sovrappensiero. Pensa a quelle balze bianche con un moto sognante. Quasi riesce a percepire ancora la qualità del tessuto tra le dita. « Mhh.. sì sì. Bello. Molto bello. Mi piace. A te piace? » « Era bello, sì. Bellissimo. » « Sposarsi. Mh.. vuoi sposarmi, Mia? » Il petto di lei venne attraversato da una risata ebete, mentre lo abbracciava accarezzandogli la schiena. Sospirò per qualche istante, lasciando scorrere lo sguardo sull'ambiente circonstante con fare pensieroso. Non stava pensando a nulla nello specifico, mentre osservava le luci della festa in lontananza. Ascoltava piuttosto il respiro di lui e continuava a ridere di tanto in tanto. « Che poi ci pensi? Smetterai di essere un rifugiato. Finalmente non avrai più rogne e non dovrai più compilare tutte quelle carte di continuo. » Parole che disse senza pensarci realmente. Una volta Raiden le aveva spiegato che essere rifugiato politico non era come decidere di emigrare. I rifugiati politici vivevano sotto un regime particolare; ai tempi aveva pensato che fosse una grandissima cazzata. Gli aveva persino chiesto perché non aveva semplicemente detto di essere un immigrato qualunque. Ciò che aveva capito, tra le righe, era che non poteva fare altrimenti. Anche quando Olivia si è trasferita qui all'inizio è stato un casino. Ed è rimasto un casino finché non ha sposato Brian. Restò per un po' in silenzio, provando un profondo senso di tristezza nel pensare alla condizione di Raiden. Doveva essere davvero triste non appartenere a nessun posto, non poter tornare a casa, non sentire nessun posto come suo. Vorrei tanto tanto che tu ti sentissi voluto da qualche parte. Qui ti vogliamo davvero. La mia famiglia ti adora, e gli altri vogliono davvero farti sentire come se fossi uno di loro. Tu sei uno di noi. E vorrei tanto che ti ci sentissi anche tu. Speravo ti trovassi bene. Non è che ci ho proprio pensato; io volevo solo stare per un po' con te. Però è successo, ed io lo vedo che tu stai bene. Scherzi coi ragazzi, vi capite. Magari tu da qualche parte hai altri ragazzi, altre persone con cui hai condiviso e con cui ti manca condividere, però io sono contenta di averti dato la possibilità di farlo anche qui. In realtà non ho fatto niente, però sono felice comunque. E' che tu ti fai volver bene. E poi ti fai amare. E poi alla fine uno non riesce più a staccarsi, e diventa un casino. « RAIDEN! » Il tono di voce fu accompagnato da un improvviso sgranare gli occhi. Fu folgorata, di colpo. E poco importava che aveva gli occhi allucinati e stesse ciondolando la testa a destra e a sinistra in maniera sconnessa. « Raiden.. guardami! No va beh, ho appena capito. E' la svolta. » Prese il suo viso tra le mani per farsi guardare attentamente negli occhi. « No dai, non sto scherzando, non farmi quel musetto da coniglio sofferente, ho avuto un'idea. » Si colpì la fronte col palmo posando poi entrambe le mani sulle spalle di lui. « No va beh, ma perché non ci abbiamo pensato prima! » Forse non ci avevano pensato perché era un'idea folle e deleteria, che solo sulla scia di una sbronza coi fiocchi poteva venire. « Se noi ci sposiamo tu non sei più un rifugiato. Cioè praticamente puoi chiedere la cittadinanza, come ha fatto Olivia. Ti sposti come ti pare come cittadino americano. Cazzo Raiden, con la green card non ti possono dire un cazzo.. ma proprio niente di niente di niente! Ti pare che quei dementi del QGA rischiano i conflitti con il MACUSA per una roba così. » Sgrana gli occhi, sbattendo le palpebre in maniera allucinata per un paio di volte prima di sorridere. « Potresti lavorare dove ti pare, fare quello che ti pare. Potresti aspirare al lavoro dei tuoi sogni. » Si inumidisce le labbra facendo ciondolare la sua testa nel tentativo di scrollargli le spalle in maniera scomposta. « Raiden. » Lapidaria e seria, seppur le risulti difficile trattenere l'accenno di un sorriso che sfocia di tanto in tanto in una risata leggera. « Secondo me dobbiamo sposarci. » Cazzo sono un genio. L'arte di fregare il sistema ce l'ho nel sangue. « Fottiamo sto cazzo di sistema! E poi ci prendiamo l'appartamento, e i conigli, e facciamo vivere i gatti insieme. E diamo un nome a gatto di merda. » Pausa. « Io vado al college, prendo un lavoretto, e curiamo insieme l'orto. E ci facciamo un bel barattolo dei risparmi per le vacanze. Voglio troppo andare a visitare un sacco di posti fighi. » Ma sembra che le idee geniali non sono finite qui. E infatti il suo sorriso sembra allargarsi ulteriormente, come se quel flusso di coscienza a ruota libera non avesse fine. Dovrei fumare l'erba prima delle interrogazioni, cazzo. « Magari a Hogwarts c'è un permesso speciale se sei sposato. Tipo che vado a lezione ma poi stiamo insieme. Si è mai sposato qualcuno mentre era ancora a scuola? Dai, secondo me ci sta.. ci facciamo due mesi di visite coniugali. » E scoppia a ridere, nascondendo il viso contro il collo di lui. « Ma t'immagini che ridere se torniamo sposati? » Un disastro annunciato dall'inizio alla fine. Ma questo non sembrava attraversare nemmeno lontanamente la testa di Mia in quel momento, che pareva camminare sulle nuvole. « Sticazzi che da te si aspetta fino al diploma. Qui siamo in America.. the land of the free. » E infatti si schiarì la voce sollevando la testa e raddrizzando appena le spalle. Mimò un saluto militare mentre iniziava a intonare il verso più iconico dell'inno nazionale. « O'er the land of the free and the home of the brave » Senti che poesia. E lì per un istante resta in silenzio osservandolo con più serietà, ricercando il bicchiere di bourbon per inumidirsi le labbra. « Potresti essere libero. Niente fogli di via speciali o cazzate di questo tipo. » Pausa. « Potremmo essere liberi insieme. E innamorati. E io prometto di non restituirti mai. Ma proprio mai mai. » Ma proprio mai.


     
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    « Che poi ci pensi? Smetterai di essere un rifugiato. Finalmente non avrai più rogne e non dovrai più compilare tutte quelle carte di continuo. » Sospirò, annuendo piano a quelle parole che registrò solo superficialmente. Raiden, in quel momento, avrebbe probabilmente convenuto persino con un'osservazione assurda quale gli asini volano, trovandola estremamente probabile e legittima. Si sentiva la testa leggera, e al contempo tanto pesante da doversi puntualmente sforzare a tenerla su per non batterla in terra. La nausea, quella ancora non la avvertiva, ma a quel punto sarebbe stata solo una questione di tempo prima che lo stomaco del giovane decidesse di rivoltarsi su se stesso ed espellere tutto ciò che vi era contenuto. Teneva gli occhi chiusi, fluttuando in uno stato di semi-incoscienza nel quale non si rendeva nemmeno conto di star farfugliando un mucchio di cose insensate riguardo carte da compilare e documenti, inveendo di tanto in tanto contro quell'ufficio o quell'altro con toni anche decisamente coloriti. Tutte cose che fece, ovviamente, mischiando le tre diverse lingue nella sua testa fino a crearne una di somma che di per sé aveva davvero poco senso. « RAIDEN! » Alzò di scatto la testa, sgranando gli occhi e guardandosi intorno come se si aspettasse di vedere qualcosa di assurdo o minaccioso. « Raiden.. guardami! No va beh, ho appena capito. E' la svolta. » Puntò le iridi in quelle di Mia, fissandola con un'aria vagamente confusa come se stesse cercando di comprendere una ad una le parole che lei gli aveva appena rivolto. « Mh.. dove si svolta? » Perché lui di svolte, in quella spianata di terra presso lo specchio d'acqua dolce, non ne vedeva nemmeno una. « No dai, non sto scherzando, non farmi quel musetto da coniglio sofferente, ho avuto un'idea. No va beh, ma perché non ci abbiamo pensato prima! » « EDDAIII, DIMMELAAA! » si lamentò, facendo sporgere il labbro inferiore in avanti in quella che doveva essere un'espressione imbronciata capace di convincerla a vuotare il sacco su qualunque cosa avesse partorito. « Se noi ci sposiamo tu non sei più un rifugiato. Cioè praticamente puoi chiedere la cittadinanza, come ha fatto Olivia. » « Chi è Olivia? » « Ti sposti come ti pare come cittadino americano. Cazzo Raiden, con la green card non ti possono dire un cazzo.. ma proprio niente di niente di niente! Ti pare che quei dementi del QGA rischiano i conflitti con il MACUSA per una roba così. Potresti lavorare dove ti pare, fare quello che ti pare. Potresti aspirare al lavoro dei tuoi sogni. » Le parole di Mia sembrarono risvegliarlo pian piano, riempiendogli gli occhi di una scintilla sempre più luminosa di speranza. Si sentiva come lo spettatore di una televendita particolarmente convincente, una in cui cercano di venderti un set di pentole di cui non hai affatto bisogno, adducendo al fatto che il prezzo scontato sia solo un'offerta limitata e che dovresti immediatamente alzare la cornetta per comprare prima di essere battuto sul tempo o di perderti una simile occasione irripetibile. « Raiden. Secondo me dobbiamo sposarci. » In circostanze normali, Raiden avrebbe capito che un simile piano non era poi così intelligente e che le situazioni in ballo erano decisamente più complesse per essere risolte in quattro e quattr'otto con un tale escamotage. Senza contare che, sempre in circostanze normali, si sarebbe sicuramente rifiutato di compromettere qualcosa che gli stava così tanto a cuore solo per rendersi la vita più semplice. In fin dei conti, che Raiden ci tenesse alla serietà di un tale passo, era qualcosa su cui non aveva lasciato alcun mistero. Di grandi festeggiamenti sfarzosi non gliene importava nulla, ma di sposarsi al momento giusto e nella maniera consona, quello sì. Tuttavia in quel momento, sulla scia di un'ebbrezza decisamente pronunciata, gli sembrò come se Mia stesse offrendo lui di prendere due piccioni con una fava: da un lato coronare la serietà del loro legame, e dall'altro facilitarsi la strada in quel mondo occidentale che sembrava essergli avverso. « Fottiamo sto cazzo di sistema! E poi ci prendiamo l'appartamento, e i conigli, e facciamo vivere i gatti insieme. E diamo un nome a gatto di merda. Io vado al college, prendo un lavoretto, e curiamo insieme l'orto. E ci facciamo un bel barattolo dei risparmi per le vacanze. Voglio troppo andare a visitare un sacco di posti fighi. » Fomentato da quelle parole, il sorriso di Raiden si allargò fino a tracciare una linea che gli andava da un orecchio all'altro. Pose le mani sulle guance di Mia, incorniciandole il volto per stamparle un lungo bacio sulle labbra. « Mia Wallace, sei un genio! UN GENIO! Aaah quanto ti amo! » Una confessione che ormai sembrava spargere come prezzemolo in qualunque cosa dicesse, ma che comunque sentiva nel cuore. Certo, fosse stato sobrio non avrebbe accolto con tale zelo quell'idea, ma d'altronde nella sobrietà questa non sarebbe nemmeno stata proposta, essendo evidentemente folle e disastrosa. « Magari a Hogwarts c'è un permesso speciale se sei sposato. Tipo che vado a lezione ma poi stiamo insieme. Si è mai sposato qualcuno mentre era ancora a scuola? Dai, secondo me ci sta.. ci facciamo due mesi di visite coniugali. » Annuì con convinzione, trovando quell'argomento decisamente sensato. « Per forza. Non possono mica dividere marito e moglie. Credo che.. mh.. per legge ci sia qualcosa a riguardo. » Molto chiaro, molto puntuale. Però lui sembrava esserne convinto, e tanto bastava. « Sì sì, l'istituzione del matrimonio è una roba. Cioè, passa un po' sopra a tutto. »
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    Ridacchiò, picchiettandosi l'indice sulla tempia con fare sornione, come a sottintendere la genialità di quel piano. « Eh perché non se lo aspettano che uno si sposi prima di diplomarsi, capito? Ma noi è su questo che li inculiamo: su ciò che non si aspettano. » You didn't see this one coming, Pius. « Ma t'immagini che ridere se torniamo sposati? » Sbuffò una risata dalle narici, crescendo poi in ilarità fino a trovarsi qualche lacrima sparuta agli angoli degli occhi. « Immaginati le facce dei nostri amici! Ma te li vedi? Secondo me gli prende un colpo. » Pausa. « Il signore e la signora Yagami. » disse, scoppiando poi a ridere come se la cosa fosse particolarmente divertente. « PENSA AD HOLDEN! » Si schiarì la voce, gonfiando il petto e mettendo su un'aria seria mentre imitava la voce del maggiore dei Morgenstern. « Signora Yagami, all'interrogazione! » E giù a ridere di nuovo. « Sticazzi che da te si aspetta fino al diploma. Qui siamo in America.. the land of the free. O'er the land of the free and the home of the brave. Potresti essere libero. Niente fogli di via speciali o cazzate di questo tipo. Potremmo essere liberi insieme. E innamorati. E io prometto di non restituirti mai. Ma proprio mai mai. » Rimase per qualche istante in silenzio, a guardarla come commosso da quelle parole che sembravano vendergli un sogno custodito da qualche parte negli angoli più profondi del suo cuore. Raiden quelle cose le voleva tutte: voleva essere libero, voleva riprendersi la propria vita e voleva condividerla con qualcuno che lo amasse. Tutto ciò, in quel momento, gli sembrava così a portata di mano che gli sarebbe bastato allungare una mano per prenderselo. A mente lucida avrebbe ovviamente visto la miriade di falle in quello sciocco piano, capendo che nulla di tutto ciò era così semplice e che, pure se lo fosse stato, avrebbe comunque preferito attendere un momento più consono per ottenere quelle cose in maniera giusta, dandogli il giusto valore e rispetto. In quel momento, per Raiden, l'impressione dominante era quella di poter coronare tutte le proprie aspirazioni e i propri sogni con una semplice mossa, prendendosi tutto ciò che aveva sempre voluto dalla vita. Non si rendeva minimamente conto di quanto se ne sarebbe pentito all'indomani e di quanto il reale se stesso avrebbe visto una simile mossa come un aver invece sciupato ciascuno di quei sogni. La sola idea di sposarsi in quel modo, ma soprattutto in quello stato - a malapena capace di reggersi in piedi e articolare frasi di senso compiuto - avrebbe creato in lui un immediato quanto forte moto di repulsione, facendolo sentire come se avesse buttato via qualcosa di speciale. Ma Raiden, sobrio non lo era per nulla, e dunque a tutte queste cose non sembrò prestare minimamente attenzione. Si alzò quindi di scatto, aiutando a sua volta Mia - come poteva - a mettersi in piedi assieme a lui. « Facciamolo subito. Sposiamoci. Adesso. Non voglio aspettare neanche un altro secondo. Porca puttana, voglio essere tuo marito! Voglio la nostra cazzo di vita e la voglio subito. » Le parole si accavallarono l'una sull'altra in un crescendo emozionato, portandolo a stampare più di un bacio sulle labbra della ragazza nel frattempo. La prese quindi per mano, puntando lo sguardo nel suo. « Dobbiamo trovare una chiesetta. La più vicina. O quello che è. E ci servono due fedi. E due testimoni. Potremmo chiedere a Billy e.. non lo so.. Stacey. Sì, mi sembrano i più adatti. Sono sicuro che ne sarebbero un sacco felici. E magari possono aiutarci a trovare le altre cose. » Proferì quel discorso mentre iniziava a camminare rapidamente insieme a lei alla volta della festa, ansioso di portare a compimento il loro piano quanto prima. « E tu dovresti trovare un vestito bianco. Se lo vuoi. La boutique sarà chiusa, ma possiamo arrangiarci con qualcos'altro, non importa. Più che altro la questione è quella delle fedi. Ma Gabriel ne parlava l'altro giorno e da quello che ho capito i Cacciatori ne hanno di loro, quindi potremmo bussare ai tipi che le fanno e farcele dare. Sì sì, è la cosa migliore. Appena li troviamo dobbiamo dividerci: ognuno fa qualcosa e poi ci ritroviamo tutti davanti alla chiesa. » Uno stratega nato, Raiden Yagami. Nel giro di due minuti aveva messo a punto il piano per il matrimonio ubriaco perfetto, e sembrava andarne anche particolarmente fiero. Giunti quindi alla festa, dove ormai tre quarti delle persone se ne stavano accasciate alla bell'e meglio o si cimentavano in qualche impresa assurda, i due tirarono dritto verso i papabili testimoni. « BILLYYYYYY! VIE' QUA! » urlò sopra la musica, facendo cenno sbrigativo al biondino di avvicinarsi a loro, che nel frattempo si dirigevano alla volta della chioma bionda di Stacey. Inutile dire che i due amici non sembravano messi affatto meglio: Billy si reggeva in piedi per miracolo e Stacey aveva lo sguardo assente di chi non avrebbe saputo sillabare il proprio stesso nome nemmeno sotto tortura. « Ragazzi, senza troppi giri di parole: io e Mia abbiamo deciso di sposarci. Stanotte. E ci servite come testimoni. » Parole, quelle, che fecero scoppiare la bionda in un pianto isterico tra il felice e il commosso. Raiden non riuscì ad interpretare ciò che lei disse, forse per via del tono acuto con cui lo farfugliò, tanto alto da appartenere ad una frequenza percepibile solo dall'orecchio animale. Tuttavia sembrava piuttosto eccitata dall'idea, che accolse con fin troppo zelo. Billy, dal canto suo, fu abbastanza uomo da trattenere - a malapena - le lacrime, buttandosi su Raiden per abbracciarlo con fare fraterno. « Bro. Cioè. Congratulazioni bro. Cioè io sono commosso bro. Hai pensato a me come tuo testimone e io.. cioè.. io ne sono onorato bro. » Pausa. « Bro.. ma l'hai messa incinta? » Una domanda che evidentemente Billy sembrò trovar lecita, alla luce dei recenti sviluppi. In risposta Raiden scosse velocemente il capo, portando il giovane Benoit a sorridere. « Allora sei proprio un uomo bro. Cioè. Hai tutta la mia stima bro. Il cazzo più duro del Giappone sei, bro. » Sorrise, Raiden, seppure in maniera un po' sbrigativa. Le priorità erano altre, in quel momento. « Grazie, bro, lo apprezzo. COMUNQUE.. » riprese, voltandosi a guardare anche gli altri mentre parlava « ..ci servono le fedi, una chiesa e il vestito bianco se Mia lo vuole. Quindi direi di dividerci: io e Billy pensiamo alle fedi, voi due alla chiesa. Vi sta? »
    Evidentemente il piano venne accolto, perché nel cuore della notte, Raiden e Billy si trovarono a buttar giù dal letto un signore sulla sessantina nel villaggio dei Cacciatori: nello specifico, quello che l'americano gli aveva spiegato essere l'uomo che si occupava di preparare gli anelli nuziali per gli sposalizi della comunità. « Pure aggratis, bro. Cioè, cascate proprio alla grande. » aveva spiegato, convincendo ulteriormente il giapponese della genialità di quel piano. Inutile dire che l'uomo si era mostrato un po' scettico a riguardo, chiedendogli più volte se fosse sicuro di quella scelta e se si sentisse nelle condizioni giuste per affrontarla. Ma di fronte alle sconclusionate orazioni ciceroniane dei due ragazzi, decise probabilmente che la cosa migliore fosse assecondarli e tornare al proprio letto il prima possibile. Fornì dunque loro un paio di fedi con alcuni simboli del Credo, evitando di fare domande a quel bislacco straniero che si era visto piombare in casa nel cuore della notte. Se solo avesse saputo chi era la sposa, probabilmente ci avrebbe pensato due volte prima di aiutarlo a procedere, ma del senno del poi son piene le fosse. E così, ottenuti gli anelli, i due fecero una chiamata alle ragazze per farsi comunicare il punto di incontro, raggiungendo la chiesetta sotto la guida di Billy - che aveva capito benissimo dove dovessero andare e quale fosse la strada migliore per arrivarci. Per rendere il tutto ancor più puntuale, il giovane Benoit decise di passare da casa propria per prestare a Raiden qualcosa di più formale da buttarsi addosso e, nel percorso, sradicarono metà coccia di margherite dal davanzale di qualche sconosciuto: un bouquet di occasione per la sposa, ovviamente. Insomma: il matrimonio perfetto. « ECCOCI ECCOCI! Scusate il ritardo, ci siamo fermati a prendere il bouquet. » Se bouquet si poteva effettivamente chiamare, quel mazzo decisamente fatiscente che Raiden mise in mano a Mia con un sorrisone. « Avete parlato col parroco? Siamo pronti? Noi abbiamo le fedi. Se non ci sta altro direi di procedere. » Quelle parole furono il pretesto perfetto per voltarsi verso Mia, sorridendole luminosamente con l'aria di chi si stava già pregustando quel passo elettrizzante. « Io sono pronto. Ti aspetto all'altare, Wallace. » disse, scoccandole un occhiolino e facendo per chinarsi in avanti a darle un bacio. Tuttavia ci pensò Billy a fermarlo, tirandolo per un braccio con un « Ooh, risparmiati il limone per dopo. » E così, ridendo, lanciò un mezzo sguardo di scuse a Mia, lasciandosi trascinare da Billy nel correre oltre le porte della chiesetta e piazzarsi di fronte al prete, in attesa.


     
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