Twelfth Night

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    lello

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    Erano passati dodici giorni. Dodici giorni da quando il Grifondoro aveva lasciato l'esile manina di Dory Weasley, la quale aveva volteggiato con lui un'ultima, leggiadra volta al Campo da Quidditch prima di recarsi alla tana, con la restante parte della sua numerosa famiglia. Dodici interminabili giorni e dodici lunghe notti in cui Leonard Lynch si era domandato che fare, e soprattutto se fare. Se restare coerente con sé stesso e la propria personalità - almeno, quella che era stata la sua compatta maniera di porsi nel mondo per la maggior parte della sua breve esistenza - o adeguarsi ad una realtà che cambiava di giorno in giorno, imprevedibile come una roulette russa. Se ricercare coerenza con una volontà strenua e testarda o lasciarsi andare alla sua umana realtà contraddittoria, che era ancora in fase di personale accettazione. O comprensione: se Leonard era la perfetta metafora di una pallottola pronta a partire in qualsiasi momento, duro e cocciuto come il piombo com'era, niente di ciò che lo circondava gli permetteva di mirare in qualunque direzione per centrare un bersaglio che fosse uno. Nè le persone, né le circostanze: nel mondo magico un po' tutte le situazioni parevano tese come le corde di una viola, ma Leonard non poteva premere il grilletto perché non sapeva esattamente in quale direzione concentrare i suoi sforzi. Da una parte c'era Olympia, che doveva essere sconvolta, fuori di sé, impegnata a cercare di trovare escamotage legali per contrastare l'ingiustizia dell'arresto del fratello maggiore. Oltre qualche messaggio di conforto all'amica, Leo non aveva intenzione di rallentare le operazioni della famiglia Potter: la tensione che aleggiava attorno al loro nome era già alle stelle, senza considerare che la rossa era tornata nella casa che condividevano ad Hogsmeade (ormai scevra delle sue cose recuperate da Rudy al secondo giorno) solo mezza volta e non ne era nemmeno sicuro, dovendo stare dietro al polverone che aveva come sede centrale la tana dei Weasley-Potter. Dall'altra la sua Junie, che con la cugina dovevano sicuramente star cercando di smuovere insieme i fili della giustizia magica inglese dall'interno in soccorso di Albus, che si era ritrovato impreparato di fronte a quel brutto finale, proprio come tutti gli invitati del Golden Match. Sam invece gli aveva fatto capire, liquidandolo quando ancora Leo stava cercando di capire che diavolo fosse successo dopo aver intercettato il patronus di un leone bianco, che i presenti potevano tranquillamente far a meno del suo intervento. Che in fondo se lui parlasse o no, era uguale. Bell'amico, cazzo!, pensava Leo scuotendo la testa, impossibile da allontanare dall'idea che ce l'avesse ancora un po' con lui per averlo trattato come un coglione. E poi c'era Lily. Lily, che da quello che aveva approfondito sui giornali dopo quella caotica serata, era stata colpita sul fatto, trapiantata con la forza fuori da un momento agognato con tanto ardore, condiviso col giovane ora prigioniero ad Azkaban; se l'esito fosse stato diverso, se tutto il mondo magico non fosse stato in subbuglio, probabilmente Leonard ne avrebbe persino gioito. Sì, l'avrebbe visto come un segno del destino, una risposta alle domande che non trovavano pace ed un segnale che nessuna strega dell'occulto si potesse sbagliare, essendo arrivato nei mesi precedenti addirittura a dubitare della parte più oscura e nascosta della magia stessa. Aveva cercato di tirare la piccola Scamander su di morale già quella fatidica sera, sconvolto e toccato, più di quanto avrebbe pensato mai, da quegli occhioni verdi gonfi di lacrime: mai Lilac gli era sembrata così vulnerabile, emotivamente esposta, senza scudi di parole affilate, di graffi o di occhiatacce scure e feline a proteggerla dal mondo. Due o tre anni prima, l'avrebbe forse scimmiottata - più o meno - scherzosamente, su quanto la natura femminile fosse fragile e delicata, e dunque anche la sua: su quanto non potesse farci granché, era fatta come era fatta. Ma da quasi un anno a quella parte era cambiato tutto, ed il tormento che aveva accompagnato Leonard per dodici giorni era stato quello di sapere se lei stesse bene e se, nonostante la beffa nei suoi confronti ed il distacco dal mondo intero, la Serpeverde avesse bisogno del suo aiuto. E alla dodicesima notte, chiederle d'incontrarlo e proprio nel luogo del misfatto.
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    « Lilac... Sei venuta. Non pensavo. » tagliò così il silenzio il Grifondoro, con un'espressione di reale stupore ma pulita, senza accenni dell'influenza guerrigliera di Marte; un'espressione autentica, assunta addirittura prima che lei arrivasse al centro del Campo da Quidditch, ripristinato nella sua originale forma. Ma deserto, desolato: le ovazioni e i chiacchiericci di quella sera di inizio marzo, quando Lilac non aveva potuto trattenere James Potter alla violenza ingiusta agli occhi di tutti dell'attuale Ministero, iniziavano a sembrare un ricordo più lontano di quanto non fosse. La guardava, il Grifondoro, appoggiato con il viso dai lineamenti puerili al manico della sua scopa, quasi andando in combustione per le riflessioni che gli annebbiavano la solita lucidità, senza riuscire a capire cosa fosse più opportuno domandarle. Se avesse fatto bene a chiederle di vedersi. Se quei giornalisti che erano piazzati sotto casa sua alla ricerca ossessiva di Olympia e che probabilmente seguivano la Scamander con la stessa tenacia, non l'avrebbero scovata anche lì. Anche se, un luogo così colpevole di dolore per lei - aveva pensato Leo - doveva essere l'ultimo posto al mondo dove qualcuno si sarebbe aspettato di trovarla in quel momento. La guardò ancora, facendo per parlare, ma non gli uscì nulla che gli sembrasse intelligente da dire. Tornò ad ascoltare il silenzio del vento sferzante di metà marzo della sera, tenendo il suo sguardo blu fisso sulla terra del campo, per poi parlare solo quando si sentì di poter disturbare il silenzio. « Sta per succedere qualcosa di molto grave là fuori, vero? Tutto questo... le ultime, le recenti... le dinamiche! Mi ricordano qualcosa di già visto. O forse di peggiore. Penso... » Incrociò di nuovo i suoi grandi e bellissimi occhi malinconici, prima di far uscire parole che per lui costituivano una verità lampante, senza che però potessero ferirla in alcun modo. I loro rapporti erano compromessi da talmente tanto tempo che forse non compromessi non lo erano mai stati ed ora, invertire la rotta, sarebbe forse potuto risultare più brusco del previsto. « Che non si azzarderebbero ad arrestare James Potter senza prove, altrimenti. Perché è innocente, vero...? Merlino, sì che lo è! » esclamò, quasi stupito dalla sicurezza del suo verdetto sull'innocenza del maggiore dei Potter. Non sapendo se Lily avrebbe deciso di accettare la sua proposta di farsi una partita di Quidditch in solitaria, per distrarsi dai rumori di un mondo che reclamava le sue testimonianze, Leonard aveva portato con sé oltre alla sua scopa anche la vecchia Firebolt del padre, a cui l'aveva sottratta di nascosto. Con estrema delicatezza, avvicinandola a lei un centimetro alla volta, mise il manufatto storico del Cercatore irlandese Lynch nella mani della Scamander, con un sorriso leggermente teso, che nascondeva il terrore di essere scoperto. Lily non distruggerà la scopa di Aidan Lynch, Leo. Tranquillo. Respira. « Mi dispiace che tutto questo ti possa far stare così male. Davvero. » Occhi negli occhi, le sorrise ancora con lo stesso calore che le aveva rivolto poco prima, tanto generoso con lei da non sembrare lui, da non sembrare loro. In fondo ci aveva messo solo dodici giorni per raccogliere il suo coraggio da leone, sepolto dietro al terrore di quel sentimento che la ragione allontanava ancora, dopo quasi dodici mesi.
     
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    Lily indugia interminabili minuti prima di rispondere al messaggio di Leonard: per inciso, l'ultima persona al mondo da cui si sarebbe attesa la proposta di vedersi. D'altro canto, ha forse torto a crederlo, essendo l'ottanta per cento dei loro incontri caratterizzato da qualche inutile bisticcio? Scuote la testa, scoraggiata all'idea dell'ennesimo litigio, in un momento di crisi come quello. Eppure, alla fine, vuole fidarsi del buon senso di Lynch - della speranza che non infierisca ulteriormente. Non adesso, non in una situazione in cui non combatterebbero ad armi pari. Perché Lily è sempre in prima linea, quando si prospetta all'orizzonte una battaglia: solo, non adesso. E' al limite della stanchezza, della fragilità e della fiducia in se stessa. Proprio quando dovrebbe crederci di più, farsi forza e andare avanti. Attivarsi per risolvere quel cruccio inestricabile: l'arresto di James. Ma più in generale, il mondo intorno a sé che si ostina a scivolare verso un totale oblio. Si avvolge in un mantello da strega, uno di quelli riposti nel solito baule scolastico che mai ha tollerato troppo: sono fastidiosi, strisciano per terra! - questa la sua giustificazione, dettata forse da un'altezza un pelo sotto la media. Quasi come segno del destino, proprio il mantello che tanto ha criticato, adesso la nasconde agli occhi attenti della gente, subito pronta a individuarla e a puntare il dito contro di lei. Nella gran parte dei casi, per chiederle come si senta: cosa ne pensi dell'arresto di Potter? E' davvero lui il colpevole? La tua fama nel mondo del Quidditch ne ha risentito? Ti hanno minacciata? - da parte della Scamander, chiaramente, silenzio stampa. Ha liquidato tutti con labbra serrate e tentativi di smaterializzazione - per altro non sempre andati a buon fine: una volta un fotografo ha cercato di seguirla, arpionandola al braccio, finché lei non ha castato un Confundus per liberarsene. Il giorno dopo, ovviamente, in un trafiletto di Strega Moderna è stata riportata la sua reazione spropositata. « Lilac... Sei venuta. Non pensavo. », a dir la verità, non lo pensava neanche lei. Si avvicina a Leonard spinta da una forza invisibile che non le appartiene - da un lato inerzia, dall'altro la curiosità di scoprire cosa abbia da dirle. Dall'altro ancora, il desiderio che la provochi. Sì, esatto. Ha bisogno di prendersela con qualcuno, Lily: di sfogare la rabbia ed il dolore che sente montare dentro di sé. E al contempo ha bisogno di evitare ogni forma di battaglia. Due sentimenti contrastanti e che non possono coesistere tra loro - eppure, in qualche modo, ci riescono. Stringe i pugni, trattenendo l'ennesima reazione spropositata che i giornali sarebbero certamente pronti a registrare. Tuttavia, proprio quella sera, non sembra esserci alcun fotografo all'orizzonte, né tanto meno il custode del campo. Sono soli, lei e Leonard. «Pensi troppo.», e male - vorrebbe aggiungere, ancora piccata per un'infinità di motivi. Comunque, sceglie di non calcare la presa, perché in fondo, nonostante tutto, Lily ha deposto l'ascia di guerra già da tempo. Forse il momento cruciale è stato dopo il rave, quando Leo è andato a trovarla in Scozia, mostrandosi preoccupato per lei. Almeno il beneficio del dubbio glielo deve, per quanto sospettosa che il loro incontro possa trasformarsi in un insieme di urla e caos. E' per questo che lascerà che si spieghi, che sveli le carte in tavola. A quel punto, Lily si regolerà di conseguenza. « Sta per succedere qualcosa di molto grave là fuori, vero? Tutto questo... le ultime, le recenti... le dinamiche! Mi ricordano qualcosa di già visto. O forse di peggiore. Penso... » «Troppo.», si azzarda a ipotizzare la Serpeverde, poggiando le spalle su uno degli spalti cui si è avvicinata. Quasi le viene da ridere per la battuta che ha appena fatto e che richiama la frase detta poc'anzi: pensi troppo. Ad ogni modo, per il tono triste che la discussione prende, Lily - la persona che ha sempre qualcosa da dire - ammutolisce. « Che non si azzarderebbero ad arrestare James Potter senza prove, altrimenti. Perché è innocente, vero...? Merlino, sì che lo è! », è un attimo confusa dalle sue parole. Forse perché abituata a stare sulla difensiva quando si tratta di Leo: è attenta a individuare dove sta la fregatura, dove si trova l'interruttore per spegnere le loro incomprensioni e potersene stare in pace. Tuttavia, ad un'analisi più attenta, capisce che le sta dicendo il contrario. Capisce che la tesi da lui sostenuta - incredibile a dirsi, ma vero - è quella dell'innocenza di James. E proprio in virtù di questa innocenza, Leo afferma l'innegabilità di un dato di fatto: sta per succedere qualcosa di molto grave, anzi, è già successa. O non si spiegherebbe come mai sia stato incolpato un innocente. «Perché me lo stai chiedendo, Leo?», sbotta poi, improvvisamente. Ennesima reazione spropositata. Aveva giurato che si sarebbe trattenuta, ma l'istinto è più forte di lei: prende possesso di tutti i circuiti neuronali, quasi costringendola a dire cose che non vorrebbe dire. Perché Leo si è mostrato sincero, davvero, eppure Lily sta per prendersela con lui. Senza motivo. «Guarda che se sei venuto a cercarmi per la notizia dell'ultima ora, c'è l'edizione del Daily Prophet di mezzanotte. Leggi direttamente da lì, cazzo, no?», non sa davvero perché lo sta dicendo, Lily. Forse per quel desiderio viscerale di potersela prendere con qualcuno - e allora perché non con Lynch? Tanto tra loro va sempre così, no? Sarebbe solo il ripetersi di un pattern infinito: non importa chi inizia, prima o poi uno dei due lo farà, per qualche motivo. Matematico. « Mi dispiace che tutto questo ti possa far stare così male. Davvero. », si blocca, Lily, stretta in quel mantello nero che tanto le appare anonimo. Si blocca perché Leo, anziché inveire contro di lei, sceglie di non rispondere. Sceglie di mostrarsi comprensivo: una qualità che Lily, in lui, prima d'ora non aveva mai visto. Neanche sapeva la possedesse. Adesso si sente in colpa, la Serpeverde: in colpa per aver letto, nelle intenzioni del ragazzo, il desiderio asettico di capirci qualcosa in più in tutto quel casino, senza tenere conto dei sentimenti della Scamander - una dei diretti interessati. Invece no. Per quanto incredibile appaia, Leonard è lì per assicurarsi che lei stia bene. E basta. Senza doppi fini. Sospira a lungo, Lily, cacciando le mani in tasca per evitare di stropicciarle per il nervosismo.
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    «Scusa. Non volevo aggredirti.», dice infine, mordendosi l'interno del labbro inferiore. E' solo che non capisco più niente, in primo luogo le intenzioni della gente. Come se avessi perso ogni forma di empatia. Siede nella gradinata in prima fila oltre gli spalti, in attesa che Leo la raggiunga. «E' tutto un casino.», dice soltanto, reprimendo il bisogno di ribadire un "te l'avevo detto" - in riferimento a quando gli aveva urlato contro di aver davvero visto Eric Donovan: non era solo un sogno. «Certo che James è innocente -», riprende il discorso di prima, per poi aggiungere: «Ed altrettanto certo che è già accaduta qualcosa, Leo.», te l'avevo detto o no? - la sua fierezza da mancata Grifondoro, ancora una volta, viene tenuta a freno dalla lucidità Serpeverde. «Immagino che finalmente Vostra Suprema Intelligenza si sia convinta del fatto che al rave non circolavano "sostanze stupefacenti e basta". O sbaglio?», e alla fine eccolo lì, l'impulso riesce a venire a galla. Ma solo in parte: Lilac lo seda all'istante. «No, non voglio riprendere il discorso. Dico soltanto che arrivi tardi.», quanto meno, questo è innegabile. Allora tira fuori una sigaretta - nell'ultimo periodo a ripreso a fumare, forse un po' più del dovuto. La accende e cerca di silenziare la voce di Rocket Dragomir dentro di sé: "certo, fumatene un'altra così poi non riesci a concludere neanche il secondo giro di corsa del campo!" - voce che avrebbe una fottuta ragione. «Come sta Lympy? June?», domanda infine, il senso di colpa che si fa ancora più minaccioso, risucchiandola senza pietà. Mi sono isolata da tutto e da tutti. E questo è il risultato.
     
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